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In ricordo di
Madre Teresa di Calcutta
Madre Teresa chiedeva a Dio che "i
poveri fossero la sua Comunità e la
loro sicurezza fosse la sua; la loro
salute la sua salute, la sua casa fosse
la casa di quelli che tra i poveri
sono i più poveri".
- Così visse povera fra i poveri, fino
all'estrema rinuncia di sé per amore
loro.
Mons, Angelo Comastri
+ Arcivescovo di Loreto
Il segreto di una vita
BIOGRAFIA
Le Missionarie della Carità
Una vita copiata dal Vangelo
Io la ricordo così
Teresa, mistica per eccellenza
Madre teresa, una santa dei nostri giorni
Madre Teresa di Calcutta di Dominique Lapierre
Il suo sari bianco era sempre accanto ai malati
Articolo scritto da Dominique Lapierre per la beatificazione di Madre
Teresa di Calcutta (Piazza San Pietro 19 ottobre 2003)
Il segreto di una vita
Negli Archivi Vaticani esiste una cartellina invecchiata dal tempo: è la
pratica 3650/48, diocesi di Calcutta. Dentro la cartella sono conservati tre
foglietti scritti a mano; sono indirizzati al Cardinale Prefetto della
Congregazione dei Religiosi e sono stati spediti da Calcutta il 7 febbraio
1948. In questi fogli c'è il segreto della vita di Madre Teresa di Calcutta.
Ella scrive così:
"... Chiedo che mi sia concesso di servire gli Indiani poveri vivendo come loro.
Per questo mi è impossibile rimanere nell'Istituto dove sono entrata nell'ottobre
1928 e dove ho emesso i primi voti.Con tutta sincerità, credo di non possedere
nessun merito specifico. Resta per me un mistero che Dio mi mandi questa
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chiamata. Durante tutti gli anni che ho trascorsi nell'Istituto, io sono stata
felicissima e piena di allegria. Perciò mi è doloroso lasciare le Suore di Loreto; ma
devo compiere questo passo in nome di Dio che mi chiede' un radicale
cambiamento di vita. Voglio fare la sua volontà a ogni costo e raccogliere intorno a
me anime disposte a cercare i poveri.
Sono milioni i poveri che vivono qui in India in condizioni abominevoli, lontani
alla grazia di Dio e di Cristo. Io sono una semplice suora e non so come
esprimermi, ma chiedo il Vostro aiuto per poter obbedire alla mia chiamata".
La vita di Madre Teresa - a questo punto è chiarissimo! - non segue una
logica umana, ma segue una chiamata che viene dall'Alto: si può non
credere a questo, si può non condividere la sua scelta, si può non capire !a
sua logica, ma non si può imporre alla vita di Madre Teresa un'altra griglia
di lettura.
Racconta lei stessa: "Nel 1946, mentre ero in treno, diretta a Darjeeling per fare
gli Esercizi Spirituali, sentii una chiamata a rinunciare a tutto e a seguire Cristo
nei sobborghi, per servire i poveri più poveri. Compresi che Dio desiderava
qualcosa da me... Era necessario un tetto per raccogliere gli abbandonati. Mi misi
in moto per cercarlo... Camminai, camminai ininterrottamente, fino a non poterne
più.
Allora compresi meglio fino a che punto di sfinimento devono arrivare i veri
poveri, sempre in cerca di un po’ di cibo, di medicine, di tutto. Il ricordo della
tranquillità materiale di cui godevo nel Convento mi si presento allora come una
tentazione. Pregai con: "Dio mio, per libera scelta e per amor Tuo, desidero restare
qui e fare quello che la Tua volontà esige da me. No, non tornerò indietro. La mia
Comunità sono i poveri. La loro sicurezza è la mia. La loro salute è la mia salute.
La mia casa è la casa dei poveri: non dei poveri, ma di quelli che tra i poveri sono i
più poveri. Di quelli ai quali la gente cerca di non avvicinarsi per paura del
contagio e dei sudiciume, perché sono coperti di microbi e di insetti. Di quelli che
non vanno a pregare, perché non possono uscire di casa nudi. Che non mangiano
più perché non hanno nemmeno più la forza di mangiare. Che cadono per le
strade, sapendo che stanno per morire e accanto ai quali i vivi passano senza
prestare loro attenzione. Di quelli che non piangono più, perché non hanno più
lacrime. Degli intoccabili".
Questa fu la preghiera di Madre Teresa di Calcutta, all'inizio della sua
missione.
E alle sue Suore, come in un solenne testamento, fece quest'ultima
raccomandazione: "La nostra Congregazione avrà una vita lunga quanto
l'esistenza di questa vera povertà. Le istituzioni in cui la povertà si pratica con
fedeltà non hanno da temere nessun declino. Perciò, dobbiamo considerarci
particolarmente fortunate per aver l'opportunità di praticare questa meravigliosa
povertà... Dio ci liberi dai Conventi riccamente ammobiliali, dove i poveri
avrebbero riguardo di entrare per timore che la loro miseria possa costituire un
disonore... ". Alla luce di queste parole, e facile intuire dove sta una delle
radici della crisi della vita 'religiosa'! Mons. Angelo Comastri
+ Arcivescovo di Loreto http://www.parrocchie.it/calenzano/santamariadellegrazie/MadreTeresadiCalcutta.htm
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Quanto avete fatto ad ognuno dei
miei fratelli più piccoli, l'avete fatto
a me.
Gesù di Nazareth
Vedo Gesù in ogni persona che
tocco perché Egli ha detto: "Ero
nudo, ero malato, ero sofferente, ero
senza casa e voi mi avete accudito".
Madre Teresa di Calcutta
Madre Teresa, il cui vero nome era Agnese Gonxha Bojaxhiu, nacque il 2608-1910 a Skopje, capitale del Kosovo. I suoi genitori, di origine albanese,
godevano di una buona condizione economica. Agnese aveva una sorella
ed un fratello maggiori; la sua famiglia, da lei descritta come unita e felice,
era solita praticare la carità, con donazioni ed ospitalità di poveri in casa.
Nel 1919 perse il padre. A 12 anni Agnese sente la prima chiamata alla vita
consacrata, ma sono i 17 anni che vedono nascere in lei l’interesse per le
missioni. Nel 1928, nel santuario di Crna Goria, sente di confermare la sua
vocazione missionaria. Avverte subito sua madre, che si chiude per un
giorno intero in una stanza, ma che poi la incoraggia; avverte il fratello,
con una lettera inviatagli per congratularsi per la sua promozione a
tenente: ella gli scrive: “tu servirai un re di due milioni di persone, io
servirò il re del mondo intero”. Il 12 ottobre 1928 viene ammessa come
postulante nell’abbazia Loretana di Rathfarnahm; è l’ultimo giorno in cui
vede i suoi familiari, che l’avevano accompagnata. Rimane lì 6 settimane,
durante le quali inizia a studiare l’inglese, che sarebbe diventata la sua
lingua corrente. A dicembre parte per l’India, per arrivare a Calcutta il 6
gennaio 1929. Il 23 maggio viene vestita con l’abito religioso a Darjeeling, a
650 Km a nord di Calcutta. Per due anni continua a studiare l’inglese e
inizia ad imparare il bengali e l’hindi. Il 25 maggio 1931, nel convento di
Darjeeling, fa la sua prima professione di fede come suora di Loreto,
acquisendo il nome di Suor Teresa, in onore della protettrice Santa
Teresa di Lisieux. Viene dunque trasferita a Entally, presso Calcutta,
per insegnare storia, geografia e catechesi in una scuola per orfani. Il 24
maggio 1937, sempre a Darjeeling, fa la professione finale di fede,
assumendo il nome di Madre Teresa. Torna immediatamente ad insegnare
alla piccola scuola di Calcutta, della quale diventa direttrice nel 1944. Il 9
settembre di due anni dopo, la Madre parte in treno da Calcutta per
Darjeeling, dove si recava per un ritiro. Il giorno dopo, ancora in viaggio,
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riceve ciò che lei definirà “la chiamata dentro la chiamata”, cioè la
vocazione che avrebbe dato vita alla famiglia delle “Missionarie della
Carità”, l’ordine da lei istituito. Da allora il 10 settembre è festeggiato dalle
Missionarie come il “Giorno dell’Ispirazione”. Inizia dunque l’attività
della Madre, descritta nella sezione “Le Missionarie della Carità”. Nel marzo
del 1950 la Madre fa richiesta di cittadinanza indiana, che le viene
conferita il 14 dicembre 1951. Il 12 aprile prende i voti finali di Missionaria
della Carità mentre il primo gruppo di novizie fa la prima professione di
fede. Per anni lavorerà duramente per la sua fondazione d’origine e per
l’istituzione di altre ancora, non solo come direttrice ma mettendo a
completa disposizione dei poveri gran parte del suo tempo e delle sue
forze fisiche.
Il 2 giugno del 1983 la Madre cade dal letto. Provando ancora dolore dopo
alcuni giorni, viene ricoverata per oltre un mese, perché dal controllo
generale si evidenzia un serio rischio d’infarto. Nel settembre '89 si reca
nel paese dei suoi genitori, l’Albania, su invito del Presidente, per valutare
la possibilità dell’apertura di una casa delle Missionarie. Durante il
soggiorno, la Madre lamenta forti dolori allo stomaco ed al cuore, a causa
di problemi cardiaci. Le viene applicato un pacemaker. Durante il
ricovero, pregava spesso Gesù di farla sentire bene in modo da
permetterle di portare i messaggi di salvezza cristiani anche in Albania.
Nel ’90, sempre per motivi di salute, sente la necessità di dimettersi dal
ruolo di superiora generale delle Missionarie della Carità; il Papa accetta le
dimissioni ad aprile, ma a settembre viene rieletta: lei accetta perché
convinta che quella sia la volontà di Dio. Nel ’91, mentre si trova in visita
in Messico, contrae una polmonite virale. Le viene praticata
un’angioplastica per problemi cardiaci provocateli dalla malattia alle vie
respiratorie. Ad agosto del ’93, a Nuova Delhi, la Madre si ammala
nuovamente: ha febbre e vomito. Torna a Calcutta, dove i medici devono
intervenire per l’occlusione di una valvola cardiaca. Le sue condizioni di
salute migliorano, e la sua attività continua: il 3 febbraio 1994 partecipa al
National Prayer Breakfast a Washington, dove, alla presenza del
Presidente Bill Clinton e della first lady Hillary, esprime la sua contrarietà
all’aborto. Il 10 settembre del ’96, la Madre e l’intera famiglia festeggiano il
50° anniversario del Giorno dell’Ispirazione. Ma il '96 è anche l'anno in cui
le sue condizioni peggiorano notevolmente, inducendola a delle definitive
dimissioni. Il 13 marzo del ’97 suor Nirmala viene eletta superiora
generale, non accettando l’appellativo di ‘Madre’ per rispetto verso la
fondatrice. La suora riceverà l’assistenza di Madre Teresa nella guida e
nell’amministrazione della congregazione, fino al giorno della sua morte, 5
settembre. La salma è rimasta un giorno intero nella casa madre per poi
essere traslata nella chiesa di St Thomas, in attesa dei funerali di stato del
13 settembre, celebrati in uno stadio coperto, ai quali presenziarono decine
di presidenti, ambasciatori, leaders politici. Infine, il corpo viene riportato
alla casa madre per essere deposto in una semplice tomba il cui marmo
riporta una delle frasi preferite da Madre Teresa: “amatevi come io vi ho
amato”.
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In seguito alla “chiamata dentro la chiamata” del 10
settembre 1946, nell’ottobre dello stesso anno Madre
Teresa consegna le pagine con il racconto della sua
ispirazione ad un padre gesuita da lei molto stimato.
La Madre scrive: “…per saziare la sete infinita di
Gesù sulla croce per l’amore delle anime, lavorando
per la salvezza e la santificazione dei poveri…”.
Le Missionarie della carità
Il sacerdote, a dicembre, consegna gli scritti al vescovo di Calcutta, il
quale, leggendo i progetti della Madre, decide che per almeno un anno
nulla sarebbe dovuto realizzarsi. Egli ha però premura di mettersi in
contatto con Roma per consultarsi con uno specialista di diritto canonico.
Il consenso alla realizzazione dei suoi progetti arriva i primissimi giorni
del 1948, e, il 6 gennaio, la Madre chiede alla superiora generale
dell’ordine loretano di essere dimessa dallo stesso. La risposta positiva
arriva a febbraio. Viene tempestivamente inviata a Roma la richiesta di
secolarizzazione; il 12 aprile viene concesso un indulto di esclaustrazione,
in seguito al quale, l’ 8 agosto, viene benedetto il nuovo abito: un sari
bordato di blu, un rosario ed un crocifisso appuntato sulla spalla. Il 21
dicembre inizia il lavoro del nuovo ordine a Miti Jihl, un bassofondo di
Calcutta. Il 2 febbraio 1949, vista la necessità di avere un posto nel quale
svolgere la sua attività, la Madre si trasferisce in via Creek Lane n. 14.
Inizia lì la stesura delle costituzioni delle Missionarie della Carità: ai tre
consueti voti (castità, povertà ed obbedienza) viene aggiunto quello di
“servizio sentito e libero ai più poveri tra i poveri”, caratteristico del nuovo
istituto. Entusiasta per i lavori svolti dalla Madre e dalle sue accolite (che
nel 1950 sono sette), il 7 ottobre 1950 l’arcivescovo di Calcutta riconosce
ufficialmente la Congregazione delle Missionarie della Carità come istituto
religioso. Nei mesi successivi comincia il noviziato per il gruppo di sorelle;
continuano intanto ad arrivare nuove vocazioni dall’India e da altre parti
del mondo. Nel 1952 la Madre chiede al Consiglio Municipale di Calcutta
l'affidamento di un posto adeguato per raccogliere i moribondi senza
dimora. Le viene messa a disposizione una casa che sarebbe stata chiamata
“primo amore della Madre”. Nel 1953 si contano già molte nuove
adesioni, e la casa di via Creek Lane non è più adeguata; l’arcivescovo si
rende disponibile ad anticipare la cifra necessaria per comprarne una più
grande; viene scelta quella situata al n. 54 della Lower Circular Road, che
ancora oggi è la casa madre delle Missionarie, nella quale si trasferirono 28
suore. Viene immediatamente aperta la prima Shishu Bhavan (casa del
bambini), al numero 78 della stessa via della casa madre. Qui vengono
assistiti bambini orfani, malnutriti, ragazze madri e vengono inoltre
contattate organizzazioni per l’adozione dei bambini. Nel settembre del
1957 si inaugura la prima clinica mobile per i lebbrosi, cioè un furgone
attrezzato che gira per i bassifondi di Calcutta. Ma è al di là di questa città
che la Madre vuole portare ed il suo aiuto ed il messaggio cristiano;
purtroppo però, in quanto costituiscono congregazione diocesana, le
Missionarie della Carità non si possono espandere oltre la diocesi
d’appartenenza se non dopo 10 anni dalla fondazione. La prima casa
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missionaria fuori Calcutta viene aperta il 29 maggio 1959 a Ranchi, nello
stato di Bihar; poco dopo ne nasce una a Delhi. Tra il 1960 ed il 1962 ne
sorgono altre 6, tra cui quella di Bombay. Tutte le case sono spesso visitate
dalla Madre, che viaggia in treno in terza classe e possibilmente di notte,
per salvaguardare le ore lavorative diurne. Nel 1963, dopo varie riflessioni
su lavori come l’assistenza dei ragazzi per strada, la Madre capisce che
bisogna fondare un ramo maschile come unione pia, che chiamerà Fratelli
Missionari della Carità. Il 1° febbraio 1965 Paolo VI concede il decreto di
approvazione alle Missionarie della Carità, in modo che si possano
estendere in altri paesi del mondo dei quali il primo che ne beneficerà sarà
il Venezuela: il 26 luglio del 1965 viene fondata a Cocorite la prima
fondazione delle Missionarie fuori dall’India. Nel 1968 la Madre inaugura
due centri in due nuovi continenti: il primo a Tor Fiscale, un quartiere
periferico di Roma, ed il secondo a Talora, in Tanzania. Nel ’69 si apre un
centro in Australia, a Bourke, nel ’70 ad Amman, in Giordania; alla fine del
’72 il numero delle sorelle è 470, distribuite in 56 comunità. Dal ’73 in poi
non nasceranno mai meno di 10 fondazioni all’anno. Nel '78 e ’79 saranno
aperti nuovi centri in soccorso non solo della povertà materiale ma anche
di quella spirituale: si contano 51 nuove fondazioni, il cui numero totale
risulta essere 158. Nel settembre dell’80 viene aperta una fondazione a
Berlino est, la prima in un territorio governato da un regime comunista.
Nel 1981 viene approvata la creazione dei 'collaboratori preti', movimento
internazionale di rinnovamento sacerdotale. Alla fine dell’84 si contano
270 case per un totale di 2440 suore. Il 24 dicembre del 1985 la Madre apre
a New York la prima casa per malati di Aids. Nel dicembre del 1988, nasce
la prima casa in Unione Sovietica. Nel 1990 vengono aperti tantissimi
centri in paesi comunisti: Romania, Slovacchia, Repubblica Ceca,
Ungheria, Siberia, Armenia, Georgia. Il 19 giugno del 1995 viene aperta a
Washington una casa per ragazze madri: si realizza un desiderio che la
Madre aveva espresso l’anno precedente ad Hillary Clinton durante una
visita della capitale statunitense.
Dal 13 marzo 1997 Suor Nirmala è la superiora generale delle Missionarie
della Carità. Due mesi prima di morire, la Madre si recò a Roma per
presentare a Karol Woityla la nuova superiora; alla fine dell'incontro gli
disse scherzando: “…ora non ho più niente da fare…”; egli ribatté: “
proprio tu, fondatrice, non hai più niente da fare!”.
MADRE TERESA DI CALCUTTA
Cordoglio in tutto il mondo per la morte dell'angelo dei poveri
MADRE TERESA, UNA VITA COPIATA DAL VANGELO
È vissuta per i poveri. Ma ora il mondo è diventato più povero da quando,
la sera di venerdì 5 settembre, Madre Teresa non ha retto all'ennesimo
attacco di cuore, ed è spirata nella casa che, a partire dagli anni Quaranta,
accoglieva lei e le sue suore a Calcutta. Aveva 87 anni, e il suo volto minuto come tutta la sua figura, solcato da rughe profonde - era diventato
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la rappresentazione stessa della carità e della totale donazione agli altri. Era
chiamata la madre dei poveri. Ma anche tra le povertà Madre Teresa è
riuscita a spingersi all'estremo, come estremo e totale è stato il suo amore
per Cristo. Ha scelto di stare accanto agli ultimi tra gli ultimi e, in questa
ricerca ha fatto leggere al mondo - credenti e non credenti - pagine di un
Vangelo vivo, di un Vangelo all'opera tra le conquiste e le contraddizioni
dei nostri tempi. La morte di Madre Teresa ha suscitato fortissima
emozione e dolore in ogni angolo della terra. La sua carità ha lasciato
tracce in ogni continente. Ma accanto al dolore, il sentimento che prevale è
la serenità. Madre Teresa è andata a prendersi il posto che le spetta.
«Mi è caro, in questo momento di preghiera, ricordare la cara sorella, Madre
Teresa di Calcutta... Missionaria della Carità. La sua missione cominciava ogni
giorno, prima dell'alba, davanti all'Eucarestia. Nel silenzio della contemplazione,
Madre Teresa di Calcutta sentiva risuonare il grido di Gesù sulla croce: "Ho
sete". Questo grido, raccolto nel profondo del cuore, la spingeva sulle strade di
Calcutta e di tutte le periferie del mondo, alla ricerca di Gesù nel povero,
nell'abbandonato, nel moribondo. Carissimi Fratelli e Sorelle, questa Suora
universalmente riconosciuta come Madre dei poveri, lascia un esempio
eloquente per tutti, credenti e non credenti. Ci lascia la testimonianza
dell'amore di Dio che, da lei accolto, ne ha trasformato la vita in un dono totale ai
fratelli. Ci lascia la testimonianza della contemplazione che diventa amore, e
dell'amore che diventa contemplazione. Le opere da lei compiute parlano da sé e
manifestano agli uomini del nostro tempo quell'alto significato della vita che
purtroppo sembra smarrirsi».
(Giovanni Paolo II all'Angelus di domenica 7 settembre)
IO LA RICORDO COSÌ...
Angelo Comastri
Mi guardò con due occhi limpidi e penetranti. Poi mi chiese: «Quante ore
preghi ogni giorno?». Rimasi sorpreso da una simile domanda e provai a
difendermi dicendo: «Madre, da lei mi aspettavo un richiamo alla carità,
un invito ad amare di più i poveri. Perché mi chiede quante ore prego?».
Madre Teresa mi prese le mani e le strinse tra le sue quasi per
trasmettermi ciò che aveva nel cuore; poi mi confidò: «Figlio mio, senza
Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri! Ricordati: io sono
soltanto una povera donna che prega. Pregando, Dio mi mette il Suo
Amore nel cuore e così posso amare i poveri. Pregando!»
Non ho più dimenticato questo incontro: il segreto di Madre Teresa sta
tutto qui. Ci siamo rivisti tante altre volte (l'ultima il 22 maggio scorso),
ma ogni azione e ogni decisione di Madre Teresa li ho trovati
meravigliosamente coerenti con questa convinzione di fede: «Pregando,
Dio mi mette il Suo Amore nel cuore, e così …».
Nel 1979 ricevette il Premio Nobel per la Pace: lo accolse stupendosi e
restando quietamente piccola nelle mani di Dio. Andò a ritirare il premio
con la corona del Santo Rosario stretta tra le grosse mani, abituate alla
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fatica del lavoro e alla dolcezza della carezza: nessuno osò rimproverarla
per il suo affetto verso la Madonna, neppure in una terra rigidamente
luterana!
Tornando da Oslo Madre Teresa fece tappa a Roma. Vari giornalisti si
accalcarono nel cortile esterno della povera dimora delle Missionarie della
Carità sul Monte Celio. Madre Teresa non si sottrasse ai giornalisti, ma li
accolse come figli, mettendo nella mano di ciascuno una piccola medaglia
dell'Immacolata. I giornalisti furono generosi in foto e domande; una
domanda fu un po' birichina: «Madre, lei ha settanta anni! Quando lei
morirà, il mondo sarà come prima. Che cosa è cambiato dopo tanta
fatica?» Madre Teresa avrebbe potuto reagire con un po' di santo sdegno
ed invece fece un sorriso luminoso, come se le avessero dato un bacio
affettuosissimo. E aggiunse: «Vede, io non ho mai pensato di poter
cambiare il mondo! Ho cercato soltanto di essere una goccia di acqua
pulita, nella quale potesse brillare l'amore di Dio. Le pare poco?».
Il giornalista non riuscì a rispondere, mentre attorno alla Madre si era
creato il silenzio dell'ascolto e della emozione. Madre Teresa riprese la
parola e chiese al giornalista "sfacciatello": «Cerchi di essere anche lei una
goccia pulita e così saremo in due. È sposato?». «Sì, Madre». «Lo dica
anche a sua moglie e così saremo in tre. Ha dei figli?». «Tre figli, Madre».
«Lo dica anche ai suoi figli e così saremo in sei …».
Non c'era bisogno di aggiungere altro: Madre Teresa aveva detto
chiaramente che ognuno di noi ha in mano un piccolo, ma indispensabile
capitale d'amore; è questo personale capitale d'amore che dobbiamo
preoccuparci di investire: il resto è divagazione inutile o polemica sterile o
maschera di disimpegno.
Nel 1988 venne a Porto Santo Stefano (GR), dove ero parroco: fu un dono
immenso, inatteso, meraviglioso. Era il 18 maggio e il cielo, dopo una
insolita burrasca, era tornato limpido e azzurro, confondendosi con il mare
sorridente. Madre Teresa fissò come una bambina lo scenario unico del
Monte Argentario e parlò così: «Come è bello questo luogo! In un luogo
così bello, anche voi dovreste preoccuparvi di avere anime belle».
Bastarono queste parole per far scattare una attenzione e una vibrazione
del cuore di oltre ventimila persone. Madre Teresa, allora, con la coerenza
della fede, aggiunse:
«La vita è il più grande dono di Dio. È per questo che è penoso vedere
quanto accade oggi: la vita viene volontariamente distrutta dalle guerre,
dalla violenza, dall'aborto. E noi siamo creati da Dio per cose più grandi:
amare ed essere amati! Il più grande distruttore di pace nel mondo è
l'aborto. Se una madre può uccidere il proprio figlio nella culla del suo
grembo, chi potrà fermare me e te nell'ucciderci reciprocamente?».
Queste parole sembravano raggi luminosi lanciati nel cielo buio: ciascuno
si sentiva scoperto e ogni briciola di egoismo bruciava e diventava salutare
rimprovero. Al termine della Veglia di Preghiera accadde un fatto, che ho
sempre vivo nella memoria, ricordandolo, ancora mi emoziono
profondamente. Un ricco industriale mi aveva manifestato l'intenzione di
regalare a Madre Teresa la sua villa per accogliere i malati di Aids ed
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aveva in mano le chiavi per consegnarle alla Madre. Riferii la proposta a
Madre Teresa, che prontamente rispose: «Debbo pregare, debbo pensarci:
non so se è cosa buona portare i malati di Aids in un luogo di grande
turismo. E se fossero rifiutati? Soffrirebbero due volte!». Quale saggezza!
Quale libertà interiore!
Però a tutti noi, uomini di poca fede, sembrava che Madre Teresa stesse
per perdere una bella e rara occasione. Un distinto signore, che aveva
assistito al dialogo, si sentì in dovere di consigliare: «Madre, intanto
prenda la chiave e poi si vedrà…». Madre Teresa, senza alcuna esitazione,
forse sentendosi ferita in ciò che aveva di più caro e di più prezioso, chiuse
il discorso dicendo risolutamente: «No, signore! Perché ciò che non mi
serve, mi pesa!»
Queste parole sono un capolavoro. Mi richiamarono alla memoria ciò che
San Bonaventura scrisse riguardo a San Francesco: «Nessuno amò tanto la
ricchezza, quanto Francesco amò la povertà!». Madre Teresa era così. Era
un limpido fiume di fede che sbocciava in opere di carità: la fede, e
soltanto la fede, stava alla sorgente del suo agire.
Nel 1991, sempre nel mese di maggio, venne a Massa Marittima (GR). Con
mia grande sorpresa mi comunicò la decisione di aprire a Piombino una
casa per le Suore Contemplative delle Missionarie della Carità:
«Pregheranno davanti a Gesù nel Tabernacolo – mi disse – e così si
diffonderà attorno la luce della bontà. Ci vogliono cuori puri per
accogliere l'Amore! Cuori puri!».
Da Massa Marittima, in elicottero, andammo all'Isola d'Elba per un
secondo incontro di preghiera. Durante il tragitto indicavo a Madre Teresa
i vari luoghi della costa tirrenica, mentre lei inviava a tutti il regalo di
un'Ave Maria. A un certo punto un uomo, che ci accompagnava nel volo,
cadde in ginocchio accanto a me e, con voce tremante, mi disse: «Padre, io
non so che cosa mi stia accadendo! Mi sembra che Dio, Dio stesso mi stia
guardando attraverso gli occhi di quella donna».
Riferii subito alla Madre le parole appena ascoltate. Ella, con tranquillità
disarmante, commentò: «Gli dica che Dio lo sta guardando da tanto
tempo: era lui che non se ne accorgeva…! God is love: Dio è Amore!». E,
rivolta all'uomo, gli strinse la mano con affetto e gli consegnò alcune
medagliette della Madonna: sembravano baci, che portavano il profumo
dell'amore di Dio. Madre Teresa era così: semplice, umile, limpida,
evangelicamente trasparente.
Il 22 maggio scorso mi scrisse un messaggio per la VI Giornata Mondiale
del Malato, che verrà celebrata a Loreto l'11 febbraio 1998. Il messaggio
dice così: «Cari fratelli e sorelle che soffrite! Voi siete così vicini al cuore di
Gesù Crocifisso che, senza staccarsi dalla Croce, egli può baciarvi e
parteciparvi il Suo Amore. Siate Santi! Tutti per Gesù attraverso Maria». È
il suo testamento: amare… amare! Lasciando però che sia Gesù, Volto e
Presenza dell'Amore di Dio, a riempirci di Carità!
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TERESA, MISTICA PER ECCELLENZA
Teresa, mistica per eccellenza, è, non
meno, un'asceta di prima grandezza.
Digiuni, mortificazioni, preghiere
vocali,
isolamento, meditazioni,
sofferenze abbracciate non solo con
rassegnazione ma con gioia sono, per
tutta la vita il suo esercizio
quotidiano.
Come tutti i mistici, anche Teresa
vede attuarsi l'unione tra anima e
Dio per gradi, in scala ascendente.
Essa paragona i gradi di chi, via via,
si avvicina alla perfetta unione con
Dio ai quattro modi con cui si può
irrigare un giardino, il giardino
dell'anima.
Il primo è di attingere faticosamente, secchio dopo secchio, l'acqua da un
pozzo. Equivale alla via purgativa, cioè allo sradicamento delle passioni e
delle male inclinazioni, dedicandosi alla contemplazione, all'orazione
mentale, dove si medita su Dio infinito amore e sulla miseria che noi
siamo.
Un secondo modo è di ricorrere a canali d'irrigazione: sistema meno
faticoso. In campo spirituale corrisponde alla vita illuminativa, che
consiste nell'orazione di raccoglimento o di quiete
Terzo modo di irrigare il giardino è derivare le acque, abbondanti, da un
fiume o da un ruscello, con poca nostra fatica. Siamo alla vita unitiva, l'anima è spalancata sulla realtà divina. Si ha
l'orazione di unione ordinaria che assorbe l'anima in Dio. Si distingue un
legame silenzioso, di tacita contemplazione amorosa, orante, di
incontenibile effusione.
Il giardino, infine, senza alcuna nostra fatica, può impregnarsi d'acqua
mediante la pioggia. La vita unitiva è ormai giunta alla compenetrazione
perfetta. L'anima e il suo Dio sono tutt'uno: siamo al matrimonio o
sposalizio spirituale.
Questi sono i principali gradi della vita spirituale e l'orazione è l'alimento
per coltivare le virtù.
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MADRE TERESA,UNA SANTA DEI NOSTRI GIORNI
Un articolo di Mons. F. Follo per l'anniversario di Madre Teresa
su Madre Teresa si può vedere anche la biografia, tratta dal libro cui si
riferisce mons. Follo in questo contributo
« Molti quando parlano della Chiesa e della sua
storia intendono quel succedersi di fatti collegati al
Papa, ai Vescovi ed ai loro rapporti con i
Responsabili più alti dei vari Stati.
La storia della Chiesa è pure la narrazione di
quanto i santi e le sante, di quanto persone semplici
o istruite hanno fatto per vivere la fede in Cristo,
praticare la carità e rendere concreta la speranza.
In questa storia, che per la sua prossimità di tempo,
dobbiamo ancora considerare come cronaca, ha certamente un posto di
rilievo la persona di Madre Teresa di Calcutta, di cui -il 5 settembre 1998ricorre il primo anniversario della morte, vale a dire del giorno in cui
"Gesù riporta a casa con sé nostra Madre", come hanno scritto le sue
Suore, le Missionarie della Carità, nel piccolo libro "Ti offro il mio cuore, o
Signore".
Tale volumetto, edito dalla Casa Editrice Arnoldo Mondadori, è stato
preparato dalle Suore di Madre Teresa di Calcutta (questo è il nome con
cui sono familiarmente conosciute in tutto il mondo anche se - come ho
sopra accennato - il loro nome ufficiale è "Missionarie della Carità")
proprio per la celebrazione di questo anniversario.
Si tratta di una data importante, che se, da una parte, è venata di tristezza
perché si ricorda la morte di una persona carissima a molti, è, dall'altra,
carica di serenità. Infatti, con il suo ritorno alla Casa del Padre, questa
piccola, grande Suora, che si definiva "la matita di Dio", ha testimoniato in
modo particolarmente efficace che quanti vivono per amore di Dio e per
rispondere alla Sua sete di amore e di anime, vivono per sempre. La
tomba, quindi, non è tanto l'ultima definitiva stanza di una persona, ma
l'ultima - anche se grandemente drammatica - soglia, per la quale si entra
nella vita che non avrà mai fine.
La celebrazione del 5 settembre, quindi, è stata voluta come momento
forte di ricordo, che nel suo significato etimologico (ri-cor-dare) vuol dire
ridare al cuore il motivo per cui esso ha cominciato a battere per Dio.
Un cuore, che vuol continuare a imitare quello di Cristo, seguendo
l'esempio di questa "matita di Dio". "Sapevo - scrive Madre Teresa - che
era la sua volontà e che dovevo seguirlo verso coloro che, come Gesù, non
avevano un luogo dove posare il capo ... il nudo, il disprezzato,
l'abbandonato, il dimenticato, l'affranto ..." (pag.15 del libretto citato) il cui
amore lo condusse al Getsemani e al Calvario, sulla Croce, dove ha detto:
"Ho sete" e, da allora in poi, era il 10 settembre 1946, l'unico scopo di
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questa Madre fu di rispondere alla sete di Gesù, là dove Egli aveva
maggiormente sete, tra i più poveri dei poveri.
Comunque non va dimenticato che Madre Teresa cominciò ad essere
Missionaria della Carità non solo raccogliendo dalle strade i moribondi,
ma adorando Cristo nell'Eucaristia.
Al riguardo, c'è un episodio significativo. Un giorno mentre Ella compiva
quest'opera di carità soccorrendo chi stava per morire, era accanto a lei un
giornalista che le disse: "Suora, non farei quello che fa lei neppure per
mille dollari al giorno". Madre Teresa senza esitare replicò: "Neppure io".
L'unica cosa che la muoveva era infatti l'amore di Dio. Come ella stessa
dice in molte sue preghiere, ad esempio: "Gesù presente nel mio cuore, Ti
adoro, Ti amo", "Nel nome di Gesù, e per amore di Gesù e perché ha detto
'qualunque cosa chiederete in nome mio vi sarà data ' dammi la grazia di
amare solo Te, la grazia che il mio cuore sia come il cuore di Gesù, mite e
umile, "Maria, madre amatissima, dammi il tuo cuore così bello, così puro,
così immacolato, così pieno di amore e di umiltà, affinché io possa ricevere
Gesù come tu hai fatto e andare con prontezza a donarlo agli altri"(o.c.,
p.45, 58-59). Con queste brevi righe, ho cercato di fare vedere come la
vocazione di Madre Teresa di Calcutta e delle suore, che l'hanno seguita, è
quella di rispondere alla sete di Cristo, con un amore che si dona a Lui ed
ai fratelli in umanità, traendo forza dalla preghiera, che ha scandito la sua
giornata vissuta per Dio ed a servizio dei più poveri dei poveri. Preghiera
che continua a scandire le ore delle giornate di ogni Missionaria della
Carità, perché "la preghiera genera amore e l'amore genera il servizio".
Spero, infine, che il tenere vivo il ricordo di Madre Teresa, anche
celebrando il primo anniversario della morte, sia un modo efficace di
contribuire a che la speranza suscitata da questa donna particolarissima
conduca alla pienezza della gioia, che la sua azione a portato a tantissime
persone in tutto il mondo.»
Mons. Francesco Follo
Dominique Lapierre
MADRE TERESA DI CALCUTTA
Ho visto Madre Teresa di Calcutta pochi mesi prima della morte, durante
una messa mattutina nella cappella del suo convento di Lower Circular
Road. È uno stanzone utilizzato anche come dormitorio da centinaia di
novizie e l'unica decorazione è un crocefisso con la scritta «Ho sete». Osservando Madre Teresa quel mattino, piegata su se stessa, con le labbra
tremanti per una preghiera che sembrava non avere fine, e guardando
quelle ragazze venute dai quattro angoli dell'India per vestire il sari delle
Missionarie della Carità, non ho potuto fare a meno di provare
venerazione per una città come Calcutta che ha prodotto così tante sante.
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Ho seguito molte di loro nelle case della sofferenza, nei lebbrosari negli
orfanotrofi e negli asili della Città della Gioia e di quasi tutte le città
dell'India, oltre che a Beirut, Roma, Parigi, Sydney e nel Bronx. E ogni
volta testimone dello stesso miracolo, come se loro annunciassero ai reietti
del mondo: «Siamo qui, vi vogliamo bene, non abbiate più paura».
Questo è stato il messaggio di Madre Teresa: proclamare all'umanità «che i
poveri devono essere amati, perché sono stati creati dalla mano amorevole
di Dio». Ha cominciato a diffondere il suo credo nel calderone di miseria,
ingiustizia e violenza di Calcutta, dove l'aveva fatta approdare la
vocazione di missionaria. Prima per 16 anni, aveva insegnato geografìa
alle figlie della borghesia bengalese, poi, il 10 settembre 1946, durante un
viaggio a Darjeeling rivoluzionò la sua tranquilla esistenza. Sentì una voce
chiamarla: «Era un ordine», disse. «Dovevo abbandonare i comfort del
mio convento, liberarmi di tutto e seguirlo per servire Lui, Gesù Cristo,
attraverso i più poveri». Aveva 36 anni. Sette mesi più tardi ricevette dal
Vaticano il permesso di fondare un ordine, la cui regola era «aiutare i
malati e i morenti degli slums, educare i bambini di strada, prendersi cura
dei barboni, dare un tetto a coloro che sono stati abbandonati». Così, sotto
l'impulso di una sola suora, che sarebbe stata raggiunta da 10 novizie,
nacque la congregazione delle Missionarie della Carità, un ordine che oggi
conta 5 mila suore e 4 milioni di volontari laici.
Pochi metri separano la clinica dov'è morta dal luogo dove cominciò la
crociata. Le cataratte del monsone si erano spalancate su Calcutta in
quell'estate del 1952: la donna che allora era Sorella Teresa camminava
sotto il diluvio, quando inciampò in una donna morente. Si fermò, chiuse
gli occhi, fece il segno della croce. «In questa città i cani sono trattati
meglio degli esseri umani», disse con rabbia. Il giorno seguente si
precipitò in Municipio. La sua testardaggine suscitò curiosità e uno dei
segretari del sindaco accettò di riceverla. «È una vergogna che la gente
muoia sui marciapiedi», si sfogò. «Trovatemi un posto dove possa
raccogliere le persone morenti e possa aiutarle a presentarsi a Dio con
dignità e soffuse d'amore».
Qualche giorno dopo il consiglio comunale le mise a disposizione una
stravagante costruzione che serviva come ospizio per i pellegrini hindù
che visitavano il vicino tempio dedicato a Kalì. Madre Teresa ci vide lo
zampino di Dio. Era intorno a quella zona che la maggior parte dei
disperati si raccoglieva per morire, sperando di essere cremati sulle pire.
L'arrivo della donna con un crocifisso sul sari destò sorpresa e di lì a poco
gli indù ortodossi protestarono. Le voci erano che lei, e le sue suore, erano
andate là per convertire i morenti. Scoppiarono molti incidenti. Un giorno
una pioggia di pietre si abbatté sull'ambulanza e le suore furono insultate
e minacciate. Madre Teresa si inginocchiò davanti alla folla:
«Uccidetemi!», gridò, alzando le braccia come se stessero per crocifiggerla.
«Così andrò più velocemente in paradiso!».
Una delegazione si presentò alla polizia per chiedere che la suora straniera
fosse allontanata. Il capo della polizia promise di intervenire, ma solo
dopo aver condotto un'indagine. Fu allora che trovò Madre Teresa intenta
a soccorrere un vecchio. Era esausto, scheletrito, incredibilmente sporco,
con le gambe piagate da ulcere sanguinanti. «Mio Dio, come può
sopportare tutto questo?», si chiese,
attonito. Madre Teresa stava pulendo meticolosamente le ferite e parlava
dolcemente al vecchio, ripetendogli che sarebbe stato meglio, che non
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avrebbe dovuto avere paura e che c'era chi lo amava.
Una strana serenità si era dipinta sul suo volto. Il capo della polizia era
commosso. «Vuole che le faccia visitare l'ospizio?», gli domandò Madre
Teresa. «No, non si disturbi». Un gruppo di fanatici"
lo aspettava fuori dal cancello. «Vi prometto di cacciare quella donna —
disse — ma non prima che le vostre madri e sorelle siano venute qui a fare
il lavoro che lei sta facendo».
Pochi giorni dopo Madre Teresa vide una folla davanti al tempio. A terra
c'era un uomo, pallido come un cadavere; era un sacerdote del tempio. Ma
nessuno osava toccarlo: aveva il colera. Madre Teresa lo abbracciò e lo
portò nel suo ospizio. Lo curò notte e giorno.
«Per 30 anni ho venerato una Kalì di pietra. Ora è una Kalì di sangue e
carne che venero», disse l'uomo. Da quel momento nessuno avrebbe più
tirato pietre: la notizia della guarigione aveva fatto il giro di Calcutta.
Il sindaco, molti giornalisti, e diverse personalità andarono a trovarla.
Molte volontarie si offrirono di affiancare le suore. In 45 anni Madre
Teresa avrebbe accolto più di 100 mila disperati. Ma assistere i morenti era
solo il primo passo della sua crociata. C'erano anche i vivi e tra questi i più
deboli, i neonati abbandonati nella spazzatura o davanti alle chiese. Il 15
febbraio 1953 la sua nuova istituzione - la «Sishu Bhavan», la «Casa dei
Bambini» - aprì le porte al primo ospite, un bambino prematuro, trovato
avvolto in un foglio di giornale. Era così debole che non riusciva a
succhiare il latte, ma Madre Teresa si batté disperatamente per salvarlo e
ci riuscì. Un po' alla volta, le culle diventarono decine. Come avrebbe
nutrito tutti?
«Ci penserà Dio», ripeteva. E Dio le diede ragione. I ricchi mandavano
auto cariche di riso, verdura e pesce e Madre Teresa ordinava alle sue
sorelle di dipingere grandi poster per annunciare che avrebbe accolto i
bambini indesiderati. Ma oltre ai morenti e ai bambini, decise di rivolgere
il suo sguardo anche ai più reietti, i lebbrosi. Ce n'erano migliaia a
Calcutta.
Costruì un rifugio per ospitare i casi peggiori. Li andava a trovare ogni
giorno, portando cibo, curandoli, confortandoli con parole d'amore.
Centinaia di persone devastate dalla malattia cominciarono ad affollare i
cancelli di quell'oasi di speranza e Madre Teresa invitò gli abitanti di
Calcutta a unirsi a lei con una raccolta di denaro. Come simbolo
dell'iniziativa scelse una campanella, simile a quella che i lebbrosi
dell'antichità dovevano portare al collo, e inventò uno slogan che fu
riprodotto sui giornali, affisso per le strade e incollato sulle auto:
«Tocchiamo un lebbroso con compassione». Il risultato superò ogni
aspettativa: fu in grado di costruire per i lebbrosi «Shanti Nagar», la «Città
della Pace».
L'impresa attrasse l'interesse dei media. Il giornalista e scrittore inglese
Malcom Muggeridge girò un documentario per la BBC su questa suora e
sulle sue sorelle che praticavano la carità in modo tanto rivoluzionario. Fu
così colpito che si convertì al cristianesimo. Intanto, il film fece il giro del
mondo e Madre Teresa diventò una star. Da molte città indiane e da tutti i
continenti arrivarono richieste per aprire orfanotrofi o centri per i
senzatetto. E tutte le volte che accettava, la prima stanza che faceva
costruire era una cappella: per lei, nulla era possibile senza l'aiuto della
preghiera e il sostegno della presenza divina dell'Eucaristia.
«Abbiamo bisogno di un po' di silenzio ogni giorno per incontrare Dio»,
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ripeteva. «Non c'è ragione di arrendersi, fintanto che c'è un motivo per
credere e sperare».
(«La Stampa», 8 settembre 1997)
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In ricordo di Madre Teresa di Calcutta