Associazione Pensionati La Vostra Voce ISTITUTO BANCARIO ITALIANO n. 3 settembre2012 NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PENSIONATI DELL’ISTITUTO BANCARIO ITALIANO NOTIZIE DI SEGRETERIA In esecuzione di quanto deliberato dal Consiglio Direttivo del 25 febbraio 2012 il Tesoriere ha dato corso alla distribuzione alle Sezioni del premio attribuito a quei Soci che avevano rinnovato l’Associazione 2012 entro il 31 luglio 2012. Si è trattato nel complesso di n. 354 persone che hanno fatto usufruire alle loro Sezioni un premio complessivo di € 3.540,00. Il Consiglio Direttivo, nel congratularsi con le Sezioni per l’importante traguardo globale raggiunto,circa il 70% degli iscritti, invita coloro che non avessero ancora regolarizzato la loro posizione a volervi provvedere con cortese urgenza attraverso il bonifico bancario(€ 25 per il titolare,€ 20 per il coniuge, € 25 per i Colleghi in servizio di provenienza I.B.I.) che può essere effettuato sul c/c che l’Associazione intrattiene presso: la Cassa dei Risparmi di Milano e della Lombardia – Milano IBAN IT07 B033 0101 600C C0000001 375 o Intesa S. Paolo spa – Milano Rete Intesa IBAN IT47 B030 6909 5770 0009 5746 133 indicando chiaramente il nominativo del versante per l’esatta identificazione. Quote maggiorate sono ben gradite per le nostre esigenze finanziarie. Una Santa Messa di suffragio verrà celebrata martedì 6 novembre 2012 alle ore 18 nella Chiesa di S. Tomaso in Via Broletto 29 a Milano, numerosi i mezzi pubblici per raggiungere la Chiesa, siamo quindi sicuri della massima partecipazione !!!!!!ATTENZIONE!!!!!! Ribadiamo che il “Notiziario” viene inviato ai Soci collegati telematicamente, per posta elettronica. Un mezzo che consente alla Vostra Associazione un notevole risparmio economico ed ai Soci di ricevere con una certa celerità, in una forma graficamente perfetta ed anche in modo evoluto (a colori) le notizie che interessano. 1 NOTIZIE DALLE SEZIONI Periodo contraddistinto soprattutto dalle vacanze; l’attività presso le Sezioni è stata logicamente sospesa e riprenderà nell’autunno. Ci riserviamo di aggiornarvi al riguardo nel prossimo “Notiziario”. Milano.- E’ in corso di programmazione dell’attività culturale. Stiamo infatti studiando l’organizzazione della visita alla Mostra di Picasso attualmente presso il Palazzo Reale. Napoli.- I Soci si riuniranno nel prossimo mese di ottobre presso il Ristorante “Al Rifugio” per programmare l’attività futura. Roma.- La Sezione ha preventivato per il prossimo 1° dicembre la celebrazione di una S. Messa in suffragio dei Colleghi defunti. I Soci romani si troveranno poi presso un ristorante per un pranzo nel corso del quale si scambieranno gli auguri per le prossime feste e verrà programmata l’attività della Sezione. EVENTI LIETI Alberto e Lele Panza di Milano hanno celebrato il 12 settembre, fra parenti ed amici, il cinquantesimo anniversario del loro matrimonio. Agli Sposi giunga il più caldo ed affettuoso augurio da parte del Consiglio Direttivo e della Redazione del “Notiziario”. UN SALUTO E UN RICORDO Ci hanno lasciato: Carlo Mendella della Sezione di Milano: responsabile dello sportello titoli della Sede di Milano. dott. Giovanni Merella della Sezione di Milano: Dirigente dell’Istituto. Socio A.P.I.B.I. che avevamo avuto il piacere di incontrare nello scorso mese di aprile nel corso dell’Happy Hour al Ciu’s &Food di Milano. Durante la Sua carriera ha tra l’altro diretto le Sedi di Bologna e di Novara e prima del collocamento a riposo faceva parte della Segreteria del Consiglio di Amministrazione. Ai parenti le più sentite condoglianze da parte dei Soci dell’A.P.I.B.I. 2 VISITARE CATANIA * Il turista che si accinga a visitare Catania si prepari ad una serie di piacevoli scoperte. Una città come questa, al centro del Mediterraneo, con alle spalle 2700 anni di storia, è da sempre un luogo di incontro di popoli e culture: GRECI, ROMANI, ARABI, NORMANNI, SVEVI, ANGIOLINI,ARAGONESI, SPAGNOLI, si sono succeduti, mescolandosi alla popolazione locale e ognuno di questi popoli ha lasciato qualche traccia di sé, nei luoghi, nelle usanze, nelle ricette di cucina. Provenendo dall’aeroporto di Fontanarossa, si giunge alla città potendo intanto osservare la lunga spiaggia di sabbia fine chiamata “playa” e il porto, di grande traffico, cui è attigua la stazione ferroviaria. Si giunge quindi in piazza del Duomo, indubbiamente il luogo più scenografico che mostra svariati monumenti, notevoli elementi del patrimonio artistico della città, caratterizzata dallo stile barocco che la distingue a partire dalla ricostruzione seguita al terremoto del 1683. Sulla piazza si affacciano: il Duomo stesso, dedicato a S. Agata, protettrice della città, molto amata dai cittadini e in onore della quale ogni anno si dedica una festa ed una processione molto suggestive; il palazzo del Comune o degli elefanti è fronteggiato dall’obelisco sormontato da un elefante di pietra, simbolo della città, chiamato dai catanesi “liotru”; in un angolo della piazza si può ammirare la bella fontana del fiume Amenano, detta localmente “acqua o’linzolu”; dietro di essa si snoda un colorito mercato: la pescheria. Da piazza Duomo inizia il percorso della via Etnea che dalla zona portuale conduce, appunto, verso l’Etna, attraversando praticamente tutta la città; percorrendola si osservino: piazza Università, con la sede dell’antico Ateneo (1434) voluto da Alfonso d’Aragona, la bellissima chiesa della “Collegiata”, piazza Stesicoro con i resti dell’antico Anfiteatro romano, uno dei più grandi d’Italia (poteva contenere ben 15.000 spettatori) ed il monumento dedicato a Vincenzo Bellini, le belle facciate barocche; si giunge poi al parco di nome “villa Bellini”, situato proprio al centro della città. Molto interessanti: il castello Ursino fatto costruire da Federico di Svevia quale punto strategico nel Mediterraneo, la chiesa di San Nicola dalle imponenti ed incompiute colonne, la via dei Crociferi con le sue ricchissime chiese. Anche la Catania più moderna merita di essere vista: piacevole una passeggiata sul lungomare che da piazza Europa porta ad Ognina, l’estremità della città in direzione Messina (proseguendo in tale senso si incontrano i famosi faraglioni di Acitrezza). La visita non è completa senza essersi recati in qualche tipico paesino etneo ed avere effettuato un’escursione al cratere. Non mancate di degustare le numerose prelibatezze locali, sia pietanze che dolci, per non parlare delle ottime rosticcerie. Buona gita! * Una simpatizzante della nostra Associazione che desidera mantenere l’anonimato 3 LA LEGGENDA DI NARCISO di Laura de Angelis Ti amo, ti amo, ti amo! Vorrei passare una vita a dirtelo, a ripetertelo all’infinito, riempiendomi la bocca di ogni parola e (riempiendomi) gli occhi di te. Ormai ho imparato, la lezione l’ho capita: non provo neanche più a sfiorarti, ad allungare le mie mani verso le tue per sfiorare quelle così candide ed affusolate dita. Non più affianco il mio volto al tuo, le mie labbra alla tua rosea guancia per deporvi il più tenero dei baci. Mi contento di guardarti, rimirarti, quasi temendo di darti fastidio. So di amarti e so, senza inganni, di essere amato. Il mio amore è grande e si riflette nei tuoi occhi che tuttavia temo di incrociare per paura di non leggervi più quel sentimento che ti dono, che ho bisogno di donarti per vivere. Che sorpresa la prima volta che ti ho vista, scoprendo la sorpresa nei tuoi occhi (dovevi leggerne molta anche nei miei); ho visto una creatura celestiale e subito rispetto e deferenza(si, deferenza) si sono impossessati di me. Ti chiamai la creatura del lago perché è lì che per la prima volta ti ho visto ed è lì che tutte le volte, dapprima solo saltuariamente, poi sempre più spesso, tutti i giorni, e ora ogni istante, torno a farti visita. In questi giorni poi neanche un minuto, un solo secondo, trascorso lontano da te e da quello specchio in cui posso rimirarti. Credi non me ne sia accorto? Per questo non lascio il tuo capezzale nemmeno per mangiare o bere, sordo alle mie necessità: stai male. Non so quando sia iniziata questa malattia e perché, ma mi sono accorto che sei cambiata: il viso rotondo, quasi d’infante, prima pieno e radioso e dalle gote rosse sta pian piano impallidendo. Si è fatto sfilato, scarno; le labbra carnose sono ora secche e screpolate, faticano ad aprirsi per pronunciare parole e sussurri che proprio non riesco a percepire, benché ogni volta io tenda l’orecchio per capirne il significato sperando di sentire, almeno una volta, la tua voce. Per non parlare poi degli occhi, il cui sguardo penetrante, magnetico e cos’ intenso subito mi ha catturato. Il colore: un azzurro meraviglioso tendente al viola, come solo il cielo subito dopo il tramonto sa essere, quando ancora la tenebra notturna non è calata e non ha indossato il suo manto trapuntato di stelle. Che rimane ora di tanta bellezza? Lo sguardo è spento, il colore dell’iride appare smorzato e dell’irruenta vitalità che prima li faceva brillare non restano che le ceneri. E del colore della cenere è il tuo viso, e pesti sono i cerchi che ti circondano gli occhi; persino i capelli castani ramati i cui riflessi lucenti giocavano con i raggi del sole mattutino appaiono ora opache, di un castano smorto, scialbo. Oh meravigliosa creatura, sei ora il ricordo di quel che eri! E tuttavia non svanisce, rimane indelebile quella lieve traccia dell’antica bellezza, ora divenuta melanconica. Ah, quanti istanti felici, quante mattine d’estate trascorse a cogliere fiori l’uno per l’altra! E proprio quando credevo di averne trovato uno magnifico, unico, per fartene omaggio ecco che tu me ne offrivi uno simile (identico, direi, se non la sapessi cosa impossibile); e ci scambiavamo i nostri doni attraverso quello specchio d’acqua che s’increspava in grandi cerchi al solo sfiorarlo. E d’autunno, ti ricordi? Tutte quelle foglie, e gli animali del bosco: era una meraviglia! I pomeriggi passati a mangiare noci e nocciole, a guardarti e farmi guardare, con gli occhi affamati e mai sazi della tua immagine. E ora, a inverno inoltrato, col freddo pungente che mi penetra nelle ossa e mi scuote con lunghi brividi che mi salgono dalla schiena; ora che il laghetto, tua dimora, è ghiacciato e il mio fiato ne fa appannare la superficie; ora, o meravigliosa creatura, dono del Signore, mio unico e vero Amore, 4 che la tua figura sta pian piano svanendo; ora, che la tua fiamma vitale si sta pian piano spegnando; ora ….. Ti prego non lasciarmi. Lotta! Con tutte le tue forze: quelle forze che giorno dopo giorno ti vengono sempre meno. Mi sono accorto di vivere per te, perché senza la tua presenza la mia esistenza perderebbe di significato. Allora ti prego: salvati e salvami da quest’angoscia. Lotta contro questo precoce deperimento e, se puoi, fammi udire una sola volta la tua voce sussurrare quel “Ti amo” che molte volte ho letto sulle tue labbra e che mai ho potuto udire. Ti guardo con infinita dolcezza: le tue labbra sono livide, le tue palpebre si stanno lentamente abbassando. Sei stanca? Dormi, riposa. Dormirò anch’io, riposerò al tuo fianco amore mio: neanche nel sonno ti abbandono. Proprio in quel momento, poco prima di cedere alle lusinghe del sonno, un pensiero mi attraversò la mente. “Che strano, prima non vi avevo mai pensato: preso com’ero a rimirarti non ti ho mai chiesto il nome, né ti ho svelato il mio ….” ….e così cadde nell’incoscienza di un torpore eterno. Nevica. Lentamente grossi, soffici fiocchi si posano sul puerile corpo adagiato sul suolo gelato; una lacrima di ghiaccio gli risplende sulla guancia. E’ primavera, un tiepido sole risplende nel cielo e i suoi timidi raggi si riflettono sulle calme acque di un laghetto silvestre sulla cui riva è spuntato un fiore delicato Il suo nome è Narciso. Mostra.” Il Tiziano mai visto. La fuga in Egitto e la grande pittura veneta” Venezia Gallerie dell’Accademia di Liliana Dal Gobbo Riprendo il discorso iniziato nel numero precedente quando, scrivendo un modesto commento sulla visita alla Mostra di “Tiziano e la nascita del paesaggio moderno” a Milano, avevo confessato i motivi per cui amavo questo pittore. Mi lega a lui la vicinanza territoriale e i paesaggi da lui dipinti a me molto famigliari. E’ ovvio che essendo in vacanza nel Veneto non ho potuto fare a meno di visitare a Venezia la Mostra” Il Tiziano mai visto” alle Gallerie dell’Accademia. Le Gallerie si trovano in quella che un tempo era La Scuola grande di Santa Maria della Carità fondata nel 1260, la più antica insieme a quella di San Marco. Le Scuole, nate come confraternite religiose, negli anni avevano assunto enorme importanza partecipando al sistema cittadino di assistenza sociale e diventando interlocutrici privilegiate della Repubblica. La loro attività si 5 concluse con la fine della Repubblica stessa e Napoleone le soppresse definitivamente nel 1806. Dal 1817, nell’antica sede della Scuola di Santa Maria della Carità, si trovano le Gallerie dell’Accademia, che raccolgono la migliore collezione d’arte veneziana tra il XIV il XVII secolo. Tornando al nostro Tiziano, la Mostra presenta: “ La fuga in Egitto”, imponente dipinto (204 x 324cm) proveniente dopo 250 anni dall’Ermitage di San Pietroburgo. Qui come nei dipinti ammirati a Milano, il paesaggio la fa da padrone. In realtà è un paesaggio irreale perché i boschi e gli animali dipinti non sono certo propri dell’ambiente egiziano. Il Vasari aveva lodato gli animali “quasi vivi” e l’incredibile ambientazione boschiva. Nella “Fuga in Egitto” il paesaggio passa da semplice sfondo a soggetto di primo piano nella narrazione. Il visitatore è colpito non tanto dai soggetti umani ma dalla natura che fa da sfondo: l’asinello condotto da un giovine, le limpide acque, gli alberi importanti. Il quadro fu dipinto da Tiziano nel 1507 per Andrea Loredan, capitano navale della Serenissima, per il suo nuovo palazzo sul Canal Grande. Caterina la Grande lo acquistò nel 1768 per il Palazzo d’Inverno. Il visitatore non è colpito solo dallo straordinario dipinto di Tiziano ma dal contesto nel quale si trova. Prima di giungere al dipinto dell’illustre cadorino, si incontrano: “L’allegoria sacra” di Giovanni Bellini, la stupenda “Tempesta” di Giorgione e dello stesso pittore “Il Tramonto e l’Omaggio al Poeta”. Le Gallerie dell’Accademia meritano una visita, oltre che per l’eccezionale presenza del dipinto di Tiziano, per l’enorme quantità di opere presenti. Al esempio La Sala Capitolare, con stupendo soffitto a cassettoni sede un tempo del Convento, ospita di Tiziano “La Presentazione di Maria al Tempio” dipinto monumentale di eccezionale bellezza. Ora mi congedo dall’amato Tiziano e mi accingo ad organizzare la prossima visita ad un pittore molto diverso ma altrettanto amato: Picasso UNA SETTIMANA NELLA CITTA’ D’ORO di Laura de Angelis “La città di Praga, capitale della Repubblica Ceca e sua città più grande, si sviluppa su nove colli e viene per questo detta la “Roma del nord”. Così si apre la recensione su Praga letta prima della partenza questo settembre e che per diverse pagine ne decanta la bellezza delle costruzioni e dell’arredo urbano, perfetta commistione tra vari stili tra cui Barocco, Gotico, Art Nouveau e Neoclassico fino all’Ultramoderno. Seduta al posto assegnatomi in aereo guardavo le strade di Milano allontanarsi e far posto alle nuvole con un misto di curiosità e timore: curiosità carica di aspettative verso la “Città d’Oro” che a detta di molti mi avrebbe affascinata e timore, forse un po’ infantile, dettato dalla paura di vedere in pochi giorni queste aspettative distrutte: come spesso accade nei viaggi, in cui le emozioni desiderate e gli scenari visti attraverso le parole degli altri non reggono il confronto con la realtà. Realtà che, mi sento di dire, in questo caso ha addirittura superato ogni mia previsione. Sono rimasta incantata non solo dai monumenti e dai castelli di cui Praga è costellata ma anche dalle mille piccole perle che sono le decorazioni con cui ogni facciata è ornata, che sia il Municipio o una semplice casa. Scesa dall’aereo ne ho avuta una prima visione attraverso i finestrini appannati del pullman diretto all’albergo e per quanto il paesaggio scorresse via veloce sotto i miei occhi era facile capire quanta bellezza fosse racchiusa in quei 500 kilometri quadrati, tanto che dopo aver frettolosamente sistemato i bagagli mi sono arrischiata ad uscire per tornare verso il centro storico ed averne un seppur breve assaggio. 6 Dall’alto della collina su cui è sito la prima cosa che si scorge è la Torre delle Polveri, alta sessantacinque metri costruita nel 1475, attraverso la quale il re passava per raggiungere la Cattedrale di San Vito per l’incoronazione. Al tempo era una delle tredici porte che circondavano la città vecchia, deve il suo nome al ruolo cui fu adibita nel XVII secolo ovvero lo stoccaggio delle polveri da sparo. È oggi aperta al pubblico e se i 186 scalini da salire non costituiscono un problema, è più che consigliata per la magnifica vista che offre su gran parte della Città Vecchia. Sospinta dal tiepido vento settembrino, dopo aver ammirato la torre, mi sono recata verso il Ponte Carlo, gioiello di epoca medievale che deve il suo nome al sovrano CarloIV, che nel 1357 ne ordinò la costruzione, durata più di un secolo. Al momento ero inconsapevole di aver scelto un ottimo momento per recarmici: essendo il Ponte una delle più famose attrazioni della città risulta essere sempre affollato, soprattutto durante il giorno; quella sera ho avuto la fortuna di poterci passeggiare con tranquillità essendo quasi deserto e godere appieno delle molte statue che lo abbelliscono e delle luci notturne che, simili a torrenti di oro liquido, scivolano sulla Moldava aumentandone il fascino. Terminata la camminata e rimandati al giorno successivo itinerari più impegnativi sono rientrata in albergo conscia del fatto che la magia di questa città mi aveva già stregata al primo incontro. A detta di molti Praga pur essendo così densa di “attrazioni” resta pur sempre una città abbastanza piccola, nella quale tre giorni sono più che sufficienti per saziare gli occhi. Avevo deciso di trascorrevi una settimana e posso dire di non essere pentita della scelta fatta: per quanto si riesca a visitare in poco tempo, è una città che consiglio di vedere spostandosi per quanto possibile non con i mezzi ma a piedi, e i giorni in più che vi ho passato mi hanno consentito di perdermi per le stradine del centro, arrivare all’osservatorio sito poco sopra la città e riposarmi sulle panchine tra il profumo dei roseti che lo circondano. Trascorrere sette notti mi è anche stato utile per respirare appieno il clima che la permea e che contribuisce a renderla unica e una delle città più belle d’Europa. A differenza di molte altre capitali quella della Repubblica Ceca è pregna di odori e voci e canzoni, che ne costituiscono una colonna sonora apprezzabile da chiunque: gli artisti di strada che si contendono i marciapiedi e le piazzette che ne costellano il centro sono ben diversi dai violinisti stonati che si incontrano con facilità a Milano o in metropolitana: là interi complessi completi di contrabbasso e sax allietano turisti e residenti senza mai creare un frastuono fastidioso ma spargendo note che meritano di essere ascoltate con vivacità e discrezione. Per quanto riguarda invece i monumenti che meritano di essere visitati la lapidaria parola “tutti” non renderebbe giustizia alle meraviglie che offre, eccone quindi un breve elenco. Il centro storico, che nel 1992 è stato incluso nella lista dei patrimoni dell’umanità dall’Unesco e che comprende: la sopra citata Torre delle Polveri. La Chiesa di San Giacomo, costruita per volere di Venceslao I di Boemia nel 1232 in stile gotico, che venne arsa e ricostruita nel 1689 nello stile del tempo: il barocco. Vennero inoltre aggiunti ben venti altari laterali e numerose opere di artisti cechi contemporanei. Una curiosità: tra le ricche decorazioni che ornano questa chiesa vi è una statua della Madonna che si narra indossasse una preziosa catena d’oro; un ladro intrufolatosi nottetempo nella chiesa tentò di rubarlo ma venne fermato dalla statua: quello che si dice essere il suo braccio mummificato risiede in bella vista all’interno della costruzione come monito per chi tentasse di profanare il luogo di culto. La chiesa di Santa Maria di Tyn, secondo santuario praghese dopo la chiesa di San Vito, costruita nel 1365 in stile gotico, divenuto successivamente uno dei centri del riformismo boemo. Questa splendida costruzione resta uno dei miei crucci insieme al Museo nazionale e al Teatro nazionale: per mia sfortuna posso dire di averli ammirati soltanto sulla carta stampata poiché le tre costruzioni erano chiuse per restauro durante il mio soggiorno. Il Bambino di Praga o Gesù Infante di Praga, scultura famosissima realizzata in cera con le sembianze di Gesù infante appunto, costruita in Spagna e arrivata nell’ex Boemia solo successivamente, attira centinaia di fedeli ogni giorno che si spingono in quel di Praga per 7 inginocchiarsi accanto alla teca che lo contiene e pregare. La particolarità dell’Infante sta nel corredo che gli appartiene: un numero considerevole di ricchi abiti cuciti a mano su misura con il quale viene esposto nei giorni di festa. La torre dell’orologio, famosa in tutto il mondo per il complicato meccanismo che allo scoccare di ogni ora rende visibili diverse figure allegoriche che una dopo l’altra sfilano ai lati dell’orologio fino all’ultimo rintocco. Ultimo, ma non per importanza, il Castello, che sovrasta la città in tutta la sua magnificenza e che al cui interno ne racchiude un’altra in miniatura. Molto diverso dai castelli a cui siamo abituati in Italia: arroccati su una collina e con spesse mura a dividerne l’interno dal resto della cittadina, pur avendo mura alte e spesse una volta che le si varca ci si ritrova in un piccolo borgo con chiesa e cappella, viette interne e piazze. Tra le vie meritevoli vi è quella degli Alchimisti, che deve il suo nome agli abitanti delle undici case in origine costruite per le ventiquattro famiglie della guardia reale dell’Imperatore Rodolfo II d’Asburgo, in seguito abitate da orafi, che la leggenda erroneamente confonde con gli studiosi impegnati a ricercare la creazione della famosa pietra filosofale. Del castello sono apprezzabilissimi anche gli enormi giardini che ne cingono il lato nord e in cui è tanto facile perdersi essendo strutturati su più livelli. Le ultime giornate trascorse a Praga le ho passate visitando il quartiere ebraico, in cui si trova il famoso cimitero e in cui ancora adesso, pur essendo divenuto luogo turistico e simbolo della triste storia dello sterminio semitico, si riuniscono rabbini e fedeli a pregare sulle lapidi ricoperte di muschio ed edera; i punti panoramici siti sulle rive della Moldava con una breve tappa al muro di Lennon: simbolo di libertà e ribellione al regime comunista che la opprimeva negli anni 80. Al termine dei sette giorni con rammarico mi sono allontanata dalla Capitale, conscia del posto che si è ritagliata nel mio cuore in così breve tempo. Nonostante del mondo non abbia visto ancora quasi niente, mi sento di dire che pur sperando di visitare altre città con un fascino simile a quello di Praga, temo ne esistano ben poche in cui trovare oltre a monumenti e cattedrali apprezzabili anche un tessuto culturale così vivace: molte le mostre temporanee tra cui quelle di Klimt, Mucha e Dalì, caffè letterari e locali in cui è possibile mangiare gulash, il piatto locale, circondati da istallazioni fotografiche pregevoli e per nulla scontate per non parlare dei già citati artisti di strada che ora allegri, ora malinconici, guidano Praga dritta verso il centro dell’animo. Panorama di Praga 8 Calabria Ionica di Gabriele Pernigo La prima volta che vidi la Calabria fu nel 1976. Allora abitavo a Bolzano ed un mio collaboratore era andato a trascorrere un periodo di vacanza in un villaggio calabrese a Bianco, un paesino sul mare tra Locri e Capo Spartivento, nella Calabria Ionica. Me ne parlava sempre in termini entusiastici perciò quell’anno decisi di andarci con tutta la famiglia. Avendo tre bambini piccoli, per ridurre i disagi di un viaggio di oltre 1500 chilometri, decisi di adottare la formula treno + auto sino a Roma. Partimmo dunque di notte da Bolzano e dormimmo sul treno in vagone letto. Arrivai a Roma, recuperammo l’autovettura, la nostra cara Giulia, purtroppo priva di aria condizionata, e ci mettemmo in viaggio verso la Calabria. Eravamo in luglio e faceva molto caldo, i bambini soffrivano quelle temperature ed ogni tanto bisognava fermarsi. In particolare Alessandro, il più piccolo, soffriva il mal d’auto, e quando diceva che stava male di solito era già tardi per prendere provvedimenti. Fu un viaggio davvero tribolato tanto che mia moglie, più saggia ed equilibrata di me, continuava a chiedere di fermarci per spezzare il percorso in due giorni. Io volevo arrivare a destinazione in giornata, magari di notte anche perché speravo che, dopo il tramonto del sole, l’aria più fresca avrebbe reso il viaggio più accettabile. Arrivammo a Catanzaro verso le 19, facemmo una sosta di una mezz’ora prendemmo fiato tutti, ci rinfrescammo e ripartimmo decisi per Bianco. Arrivammo che erano quasi le 22, stanchissimi e desiderosi di dormire. Ci consegnarono il bungalow di due stanze più il bagno; anche se c’era buio si capiva che si trattava di una struttura pressoché al grezzo, allineata tra il mare e l’arida campagna della Locride verso l’Aspromonte. Appena entrati nella camera mia moglie notò subito alcuni “gechi” sulle pareti (lucertole bianche divoratrici di insetti) e tirò un urlo che spaventò i bambini. La porta di ingresso era staccata dal pavimento di almeno tre centimetri e sicuramente permetteva l’ingresso di lucertole o di altri piccoli animali. Le finestre più alte, strette e rettangolari, non avevano Imposte. Solo la stanchezza infinita vinse la riluttanza di Anna a coricarsi, ma contrariata e delusa disse: “Va bene per questa notte dormiamo qui, ma domattina appena svegliati ce n’andiamo via, non intendo trascorrere le vacanze in questo posto, è come dormire in tenda”. L’indomani verso le sei del mattino fui il primo a svegliarmi, anche perché dalla piccola finestra in alto entrava un fascio di luce, quasi abbagliante, che mi centrava il viso. Scesi dal letto, aprii la porta e vidi il sole sorgente sulla superficie del mare, una enorme palla di fuoco su un piatto d’argento; era così grande che sembrava veramente a pochi passi dai bungalows. Tutto attorno, piante cariche di fichi d’India e agavi rigogliose sembravano essere spuntate veramente durante la notte, mentre un concerto di cicale aveva iniziato 2l’ouverture del mattino”. Rimasi attonito a guardare come un bimbo, che non sa se quello che vede è vero o fa ancora parte dei sogni della notte. Nel frattempo colpita da quella gran luce anche mia moglie si era svegliata, e dietro di lei uno alla volta i tre figli. Anna disse solo: “Che meraviglia…” e rimase anche lei senza parole. I bimbi piagnucolavano e dicevano: “Cos’è questa luce, perché non riusciamo ad aprire gli occhi?”. 9 “Su, su – dissi io provocatorio – facciamo colazione in fretta e andiamocene da qui, la mamma non vuol restare in questo posto così spartano”. Fu un coro di no, mia moglie di fronte a quell’incanto si era ricreduta e pertanto decidemmo di restare. La vacanza fu un’immersione in quello splendido territorio, nella vita e nel costume di quella gente. Di giorno aiutavamo i pescatori a tirare a riva le reti, e di sera poi cuocevamo il pesce allo spiedo sulla spiaggia. Dopo cena, sempre in riva al mare, si cantava intorno al falò, qualcuno suonava una chitarra, si ballava e si ascoltavano le canzoni locali, che alcuni ragazzi calabresi interpretavano con maestria. Per la prima volta in vita mia vidi diversi pesci spada, pescati nella zona di Capo Spartivento, li fotografammo distesi sul tavolo del buffet con un limone in bocca. Una notte uscimmo con i pescatori per la pesca del pesce azzurro, con le “lampare”, e restammo in mare sino all’alba; era una di quelle notti magiche in cui la terra sembra un tutt’uno con il cielo e si potevano vedere e riconoscere tutte le costellazioni. Al mattino, mentre tornavamo a riva, ci seguiva una scia bianca di gabbiani, richiamati dal “profumo” del pesce pescato a quintali e caricato nella stiva. Un altro spettacolo unico fu quello di vedere greggi di pecore scendere verso il mare, accompagnate dal pastore e dal cane; venivano trascinate in acqua per rinfrescarle e lavarle prima di essere tosate, centinaia di pecore su spiagge deserte e immacolate. Mi veniva in mente quella bella poesia di Gabriele D’Annunzio “Pastori” Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d’acqua natia rimanga ne’ cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d’avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lungh’esso il litoral cammina La greggia. Senza mutamento è l’aria. Il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciacquìo, calpestio, dolci romori Ah perché non son io co’ miei pastori? A parte i turisti del villaggio, che provenivano da diverse città del Nord, di gente in giro se ne vedeva poca. I paesi limitrofi, Africo, S. Luca, Bovalino, erano poveri e vivevano di pesca, pastorizia e di artigianato. Non offrivano quindi particolari stimoli al turista, se non quello di conoscere da vicino la vita ed i costumi di quella parte della Calabria. 10 Erano però momenti brutti, cominciavano i sequestri di persona e la raccomandazione del proprietario del villaggio era di informarlo, prima di andare a visitare qualche paese. In effetti, il suo nome era una garanzia, un lasciapassare. Una volta che tornavamo da Gerace, un paesino nell’entroterra di Locri dove avevamo potuto osservare il lavoro artigianale di un vasaio, ci fermò una pattuglia stradale di carabinieri; uno di loro, molto giovane, con la mitraglietta spianata mi chiese patente e libretto. Avevo paura di allungare la mano al cassettino dei documenti, quel carabiniere sembrava quasi avere più paura di me, bastava un attimo che scattasse quel dito sul grilletto. C’erano anche i tre figli sul sedile posteriore, mia moglie di agitò ed invitò l’agente a tenere l’arma all’esterno della vettura. Mi ricordai dei consigli del proprietario del villaggio, feci il suo nome e dissi che eravamo suoi ospiti. Il carabiniere ritirò la mitraglietta e mi fece cenno di proseguire. Ripartimmo lentamente e durante il tragitto di ritorno nessuno fiatò, nemmeno il più piccolo. La paura li aveva ammutoliti. Questo purtroppo era un po’ il clima di tensione che allora si respirava, ma quella vacanza di trent’anni fa, nella Calabria Ionica, resterà sempre scolpita nella mia mente come uno dei momenti di vera, autentica comunione con le bellezze di una natura, selvaggia e incontaminata. , APIBI NOTIZIE PER VIA TELEMATICA Ci farai risparmiare e riceverai prima il giornale inviando il tuo indirizzo e-mail al segretario: [email protected] 11 RECENSIONI LIBRARIE a cura di Federica Zucconi L’indovina di Istanbul – Michael David Lukas – Longanesi 1877 – Costanza, sulle sponde del Mar Nero: è una notte di guerra e di razzia, ma anche di speranza. Mentre una divisione di cavalleria dello zar semina il terrore in città, nella casa di un venditore di tappeti ebreo viene alla luce una bambina. Si chiama Eleonora, e un’antica profezia prefigura per lei un destino straordinario. Eleonora cresce senza la madre e con un padre amorevole ma spesso assente, che la affida a una matrigna rigida e repressiva. Niente però può impedirle di mostrare il suo talento: a soli sei anni Eleonora ha una memoria prodigiosa e una grande abilità nel far di conto, ma soprattutto vive per i libri. E’ nei libri, e nelle diverse lingue in cui sono scritti e che lei impara senza difficoltà, che Eleonora trova il suo destino. Un percorso avventuroso, costellato di entusiasmi ma anche di tragedie, la porterà fino ad Istanbul, maestosa capitale di un impero ormai in disfacimento, e quando inizierà a spargersi la voce dei suoi talenti, la ragazzina varcherà la soglia del palazzo del sultano, legando così indissolubilmente il suo destino a quello di un impero. Cesare imperiale – Rex Warner – Castelvecchi E’ notte. Giulio Cesare non riesce a prender sonno. E’ disteso sul letto accanto alla moglie, Calpurnia, che dorme un sonno tormentato. I pensieri lo portano indietro nel tempo: l’arrivo in Gallia, la prima battaglia, gli amici, le speranze. La sua è soprattutto la storia di un guerriero, di un combattente che ha spinto i confini dell’impero fin sulle rive dell’Atlantico, ma è anche quella di un uomo immerso nelle sue riflessioni, di un pensatore che conosce profondamente la natura degli uomini. Fuori, il cielo di Roma si tinge di foschi presagi. La congiura è a un passo dal compiersi, tra poche ore l’imperatore sarà assassinato. Narrato in prima persona, il racconto del Cesare Imperatore è quello della sua storia intima e politica, dall’ascesa alla congiura, passando per tutti i momenti cruciali del suo governo. Questo libro è il secondo tassello di uno dei più importanti lavori di Rex Warner, un romanzo basato su una meticolosa ricostruzione storica che riesce a restituirci un personaggio in carne e ossa, a raccontarci la vita dell’uomo e dictator Giulio Cesare. Il veleno nel piatto – Marie-Monique Robin – Feltrinelli Gli alimenti contengono il più delle volte prodotti chimici tossici. Si tratta di un dato di cui i consumatori sono all’oscuro. In un’inchiesta choc di un’importante giornalista – pluripremiata in tutto il mondo per i suoi libri – le responsabilità, le omissioni, le complicità che minano la sicurezza dell’intera catena produttiva del cibo. 12