Proprietà letteraria riservata
© 2014 RCS Libri S.p.A., Milano
ISBN 978-88-17-07481-0
Prima edizione: settembre 2014
Redazione e impaginazione: Studio Dispari – Milano
Alla ricerca delle leggi di Dio
Dedicato alla memoria di
Giuliano Toraldo di Francia,
maestro di rigore e di visione.
Premessa
Nello scrivere questo libretto ho tenuto idealmente conto
dell’impostazione del prezioso volume di Giuliano Toraldo di
Francia L’indagine del mondo fisico, edito nel 1976 da Einaudi. Questo saggio non poteva non colpire poiché fin dal titolo
poneva l’accento più sull’indagine, cioè sui procedimenti e il
cammino avventuroso per arrivare alla conoscenza del mondo fisico, che sulla conoscenza stessa, per altro ormai molto
avanzata e dettagliata. Avendo familiarità con l’autore, ciò
non mi stupì per niente, e la cosa è rimasta nella mia mente
come un modello di visione e di chiarezza di idee. La fisica è,
infatti, prima di tutto l’indagine del mondo fisico e delle sue
vicissitudini nel tempo. È proprio questa a costituire l’essenza
della materia indagata. Non solo: «Ogni avanzamento della
scienza è un avanzamento della sua epistemologia». E potrei
aggiungere anche che ogni scienza è contemporaneamente
anche una filosofia della scienza.
La conoscenza scientifica, e in particolare quella fisica
che per secoli ne ha costituito l’avamposto e il prototipo,
non si esaurisce in una serie di dati accertati e di leggi più o
meno stabilite, ma si identifica col viaggio mentale, sempre
più spesso di natura collettiva, che ha portato a tali risultati,
a cominciare dalla convinzione che questi ultimi possano
essere conseguiti. La fisica è allo stesso tempo una combi9
Alla ricerca delle leggi di Dio
nazione di presupposti e convinzioni, di capacità di porsi
certi tipi di domande, di una forma mentis assai peculiare,
di una teorizzazione sempre rinnovata e messa alla prova, di
un metodo di ricerca, dell’attuazione di una serie di indagini
sperimentali condotte in maniera conforme a tale metodo
e del complesso delle risposte così ottenute. Tutto questo
è fisica, anche se spesso se ne enunciano solo gli esiti finali,
che sono veramente impressionanti benché provvisori in
molte loro parti.
Come in ogni vera avventura intellettuale, lo sforzo maggiore viene compiuto all’inizio, proprio quando si deve mettere
a fuoco il tema generale e il filo conduttore degli interrogativi da porsi. Per edificare una scienza occorre innanzitutto
identificare che cosa vi appartiene e che cosa no, scegliendo
accuratamente la più rilevante fra le diverse tematiche che
il mondo presenta in maniera più o meno scoperta. Bisogna
isolare certi fenomeni, individuare alcune entità pertinenti,
meglio se misurabili, e seguirne l’andamento. Il resto viene
quasi da sé con relativa facilità. O almeno così pare in retrospettiva.
Il tutto è sorretto dal rigore, dalla consequenzialità, come
pure dall’immaginazione. Questi tre sono anche i pilastri
del pensiero matematico, che costituisce sempre il filo rosso
e il censore logico di ogni scienza. Da qui muove il viaggio
materiale e mentale della sperimentazione.
Questo libro parla della fisica che è necessario conoscere,
di tutta la fisica che è necessario conoscere, vecchia, nuova
e nuovissima, ma presenta ben tre difetti fondamentali:
non contiene formule né figure, e neppure esercizi. Senza
di essi, la fisica non si può imparare come si deve. Però
si può apprendere di che cosa discetta e come procede.
D’altra parte, le formule e le immagini si possono trovare
molto facilmente in Rete. Penso per esempio alla voce
«rifrazione» su Wikipedia, che contiene una figura animata
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Premessa
del fenomeno, chiarissima e assolutamente spettacolare.
Nella bibliografia si possono trovare inoltre testi con figure
e formule, anche troppe, e in quanto agli esercizi, c’è solo
l’imbarazzo della scelta.
La lettura richiede un po’ di sforzo di memoria e una
notevole capacità di assimilazione, ma sono sicuro che offrirà
a ciascuno preziosi squarci di conoscenza e una certa inclinazione a meditare. Almeno spero.
Il mondo in cui viviamo
Fisica e conoscenza
Viviamo la nostra realtà quotidiana nel mondo che ci circonda, sapendo di questo mondo quanto ci occorre e poco di
più, anche se qualcuno può aver studiato alcune delle cose
che abbiamo imparato al riguardo. Tale mondo avrà quasi
sicuramente una sua realtà autonoma, ma la sua articolazione
e descrizione sono una nostra costruzione mentale collettiva.
Va detto innanzitutto che come animali possediamo una
certa «impressione» del mondo, e questa è senza dubbio
sufficiente a farci vivere in esso e accettare la maggior parte
delle sfide che ci pone.
Come è potuto succedere? Crediamo di saperlo. Gli eventi
capitati agli antenati dei nostri antenati hanno pilotato il loro
sistema nervoso verso una propria «visione» delle cose e
un’aspettativa del corso degli eventi, che si sono fissate con
i secoli nel loro patrimonio genetico e da esso nel nostro. Si
tratta di fare previsioni su ciò che accadrà, ma soprattutto
su ciò che non potrà accadere. Un corpo scagliato contro
un tronco rimbalzerà, o al massimo vi si conficcherà, ma
non potrà compenetrarsi con esso. Se c’è un rumore, ci sarà
qualcosa o qualcuno che lo genera. Un oggetto nascosto
non sparisce. Se a un oggetto qualsiasi ne aggiungo un altro
dello stesso tipo, ne troverò poi due, non uno o nessuno.
Banalità, certo, ma banalità che ci portiamo cucite dentro.
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Alla ricerca delle leggi di Dio
Se non fosse così ci saremmo estinti, e a qualcuno magari è
capitato davvero.
Si parla in questi casi del possesso di una «fisica ingenua» e di una «matematica ingenua», come dire congenite,
indubbiamente già presenti nel bambino piccolo. E in molti
animali superiori, ovviamente. Per alimentare questa visione
molte parti del nostro sistema nervoso, e dei nostri organi di
senso, si sono dovute configurare o «riconfigurare» in una
determinata maniera. Nello specifico, gli organi di senso sono
stati modellati e «sintonizzati» su quanto ci serviva percepire.
Ho detto altre volte, e non ci voglio tornare qui, che i nostri
sensi – intendo quelli degli animali superiori – non osservano
passivamente il mondo, qualsiasi cosa questo voglia dire, ma
lo interrogano. Gli pongono cioè domande specifiche, che
attendono un certo numero di risposte altrettanto specifiche, e quello «risponde» come può con una serie di eventi
materiali che diventano «stimoli» solo se combaciano con
una delle risposte attese dall’uno o dall’altro dei nostri sensi.
Oltre a ricevere queste risposte, e a orientarci quindi nel
comportamento, i nostri organi di senso e il nostro sistema
nervoso stabiliscono in definitiva che cosa è uno stimolo e
cosa no. Ovvero che cosa ha da dirci il mondo. E poiché il
mondo esiste per noi solo attraverso quello che ha da dirci
in una circostanza o nell’altra, sono l’essenza e l’articolazione
stessa del mondo a essere fissate dal nostro apparato percettivo, costituito dagli organi di senso e dalle parti del sistema
nervoso a essi collegate.
Se a tutto ciò si aggiunge la capacità di memorizzare la maggioranza di queste percezioni, si ha la situazione di ciascuno
di noi preso singolarmente – e molto probabilmente di molti
altri animali superiori –, ma in noi ci sono anche una percezione e un’articolazione collettive. La civiltà, cioè il risultato
dell’evoluzione culturale che ci caratterizza e ci distingue dagli
animali, ha avuto e ha tuttora molto da aggiungere a questo
quadro, a livello di analisi, accumulazione e memorizzazio16
Fisica e conoscenza
ne degli eventi e della loro articolazione. Il contatto con gli
altri, specie nella prima età, la comunicazione con essi che la
facoltà del linguaggio ci permette e la possibilità di usufruire
delle conoscenze collettive accumulate negli anni modificano
più o meno profondamente la struttura e il dettaglio della
nostra percezione intellettuale del mondo, arricchendola e
rendendola quasi irriconoscibile.
Se dalla percezione irriflessa e pressoché istintiva si passa
poi a una sua considerazione più ponderata e articolata, si
entra nel campo della scienza o, meglio, dell’investigazione
scientifica della natura del mondo stesso. Questo libro parla appunto della nostra conoscenza del mondo fisico, che
consta, almeno in linea di principio, di tre grandi domini di
conclusioni e di affermazioni: quelle che sono ormai definitivamente assodate e sulle quali non è più ammissibile nutrire
dubbi; quelle semiconsolidate, che potranno arricchirsi e
dettagliarsi, ma anche riservare qualche sorpresa; e infine
quelle provvisorie e più labili, che possono essere aggiornate
e riviste in continuazione e che a volte conducono a grandi
sovvertimenti. I manuali contengono ovviamente buona parte
di quelle del primo dominio e qualche cauto accenno a quelle
del secondo, ma se non esistessero quelle del terzo dominio
non ci sarebbe progresso e avanzamento della conoscenza.
Un’illustrazione tangibile dei diversi domini della conoscenza si può osservare per esempio all’interno di un moderno
acceleratore di particelle, come quello del cern di Ginevra, dove di recente sono state trovate solide indicazioni
dell’esistenza del famoso bosone di Higgs. Le ricerche che
vi si conducono sono d’avanguardia e atte a farci affacciare
su nuove realtà e nuove concezioni. L’attività di complessi
strumentali di punta come questo, per esempio il telescopio
spaziale Hubble, appartiene in pieno al terzo dominio di
indagine. Ma chi entra in un acceleratore si rende immediatamente conto della consistenza e della rilevanza delle
acquisizioni degli altri due domini, soprattutto il primo. Vi
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