George Frideric Handel ESTHER Esther Charlotte Shipley soprano Ahasuerus King of Persia Marco Beasley tenore Mordecai Daniel Turner tenore Haman Marco Bellasi basso Israelite Woman Veronica Pulimeno soprano Priest Raffaele Pe alto First Israelite Ronan Busfield tenore Abdonah Gabriele Barbieri tenore Ufficiale persiano Francesco Galli tenore Cappella Musicale della Cattedrale di Lodi Capella Instrumentalis Guido Morini cembalo Elvira Soresini organo Don Pietro Panzetti direttore Cattedrale di Lodi Sabato 4 Ottobre 2008 - ore 21.00 CAPPELLA MUSICALE Soprano Monica Azab, Federica Belloni, Jonathan Bidzogo, Katterina Bonino, Lara Locatelli, Francesca Salvatori, Raffaella Sfregola Alto Francesca Baioni, Angela Cesari, Claudia Gasparini, Gabriella Maietti, Maria Malabarba, Mariella Paladino, Rosanna Pellicani, Michela Sfregola Tenore Gabriele Barbieri, Francesco Galli, Alessandro Sala Basso Anthony Bidzogo, Filippo Bossi, Stefano Sozzi, Giulio Valenti, Davide Zampatti, Gilberto Zampatti CAPELLA INSTRUMENTALIS Violini Elisa Citterio, Fabio Ravasi, Rossella Borsoni, Claudia Combs, Alberto Stevanin, Silvia Falavigna, Mauro Massa Viola/violino Gianni Maraldi Violoncello Marco Frezzato Basso Vanni Moretto Oboe Aviad Gershoni Fagotto Alberto Guerra Clavicembalo Guido Morini Organo Elvira Soresini Arpa Chiara Granata Corno I e II Gabriele Rocchetti, Fabio Fontana Tromba Simone Telandro Il linguaggio di una cattedrale è fatto di pietre, colori, luci, profumi, silenzi, Presenza... Una cappella musicale non vuole altro che farsi voce di tale armonia. Per la via dei suoni diventa raggiungibile ciò che sta oltre: il cuore di Dio, il cuore dell’uomo. (don Pietro Panzetti) L’ Esther di Handel: “come fiume d’acqua e luce che illumina” Gli studiosi sono stati lenti nel riuscire ad afferrare la ricchezza di Handel; quando vi saranno riusciti, un mondo di fede, di umana sapienza, di arte profonda e di piacere estetico sarà reso accessibile a tutti. (W. Dean) Premessa «Sono così nemico del libro di Ester che vorrei che non esistesse affatto perché è troppo giudaico e contiene molta malvagità pagana». A questo durissimo giudizio di Lutero nei suoi Tischreden (Discorsi a tavola), motivato dalla vendetta degli Ebrei che eliminavano chi voleva eliminarli, si oppone ovviamente l’entusiastica accoglienza della Sinagoga che ha collocato il libro tra le Meghillot, cioè tra i cinque “Rotoli” biblici della lettura liturgica (oltre a Rut, Cantico dei Cantici, Qohelet, Lamentazioni), accanto ai cinque libri fondamentali della Torah, cioè Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Questo scritto è giunto a noi in ebraico e in una versione greca, che è più estesa dell’originale ebraico a noi noto. L’opera ha come sfondo la corte persiana, che l’autore dimostra di conoscere nei suoi cerimoniali, mentre le coordinate storiche sono fittizie e ci riportano al tempo di Assuero-Serse (morto nel 465 a.C.). Si tratta probabilmente di uno scritto sorto nella diaspora orientale degli Ebrei, ma in epoca più recente (forse il II secolo a.C.). L’eroina Ester e il co-protagonista lo zio Mardocheo hanno la funzione di essere strumenti di salvezza nei confronti degli Ebrei, sottoposti a persecuzione e al rischio della stessa eliminazione come popolo, a causa dell’ostilità di un ministro del re di Persia, Aman. L’editto reale di sterminio degli Ebrei, affidato a una data decisa dalle “sorti” (purim), è alla fine cancellato per intercessione di Ester, la bellissima ebrea che Assuero aveva posto al vertice del suo harem, scalzandovi Vasti, la prima moglie. Il libro presenta la tesi cara alla Bibbia del ribaltamento dei destini: l’empio, che sembra trionfare ed avere successo, verrà umiliato e subirà la punizione che egli aveva destinato ai giusti, mentre le vittime assurgeranno alla gloria. Tutto questo rivela l’azione decisiva di Dio all’interno della storia degli uomini. L’opera si trasforma, così, sulla scia della vicenda dell’esodo dall’Egitto, in un appello alla fiducia nel Signore, salvatore del suo popolo, e alla speranza, anche quando le vicende sembrano apparentemente senza soluzione. Anche la cristianità ha amato Ester, facendone una prefigurazione di Maria, la madre di Gesù. Così l’ha raffigurata molte volte nell’arte, nella letteratura. Luminosa è la hermosa Ester, dramma del grande Lope de Vega (1610), potente l’Esther di Racine (1689), simbolo di virtù, pietà e amore per il suo popolo, mentre nel nostro tempo Max Brod col dramma Una regina di nome Ester (1918) esalta il contributo offerto dal giudaismo sull’evoluzione dei costumi e dei sentimenti dell’umanità. Ed anche la musica ha frequentato questo soggetto. Si ricordino alcuni degli oratori musicali dedicati all’eroina, come quelli di Stradella (1677) e di Handel (1718 e 1732), di Malipiero (Esther d’Engaddi) e di Mario Castelnuovo Tedesco (Il libro di Ester 1962). E proprio all’Esther di Handel è riservata la terza tappa del percorso biblico-musicale attraverso gli oratori handeliani iniziato qualche anno fa dalla Cappella Musicale della Cattedrale. Se si scorre il catalogo delle opere di Handel si noterà come, su diciotto oratori sacri di argomento biblico, ben sei titoli sono riservati a figure femminili che, al pari di quelle maschili, certamente più note, hanno avuto un ruolo importante nella storia del popolo di Israele. Questa considerazione può essere utile per suggerire una riflessione. Non vogliamo credere che la tradizione anglicana, al pari di quella rabbinica, fissata nel Talmud1, avesse maturato la convinzione che il popolo di Israele “fu liberato dall’Egitto per i meriti delle donne”2, alle quali riconosce una fondamentale importanza in relazione all’appartenenza al popolo di Israele. 1. Dalla radice l-m-d, “studiare”, significa “studio”, e comprende le discussioni rabbiniche autorevoli a partire dalla Mishnah, la Torah orale codificata. Il Talmud si è fissato in forma scritta fra il V e il VI secolo dell’era volgare secondo una duplice redazione: palestinese e babilonese. 2. Talmud Babilonese, Sotah 11b. Ben altre ragioni, crediamo, sia di carattere religioso che socio-culturale, hanno inciso sul profilo marcatamente femminile di tale scelta. Se prendiamo l’Antico Testamento, si noterà che nella Scrittura non solo si parla di donne che hanno un nome preciso e sono riconducibili a momenti ed eventi particolari, ma si descrivono anche le qualità della “donna di valore” (’eshet chail ) che la caratterizzano come “corona del marito” (Pr 12,4) le quali, per analogia, rimandano alla “corona della Torah” con cui si abbellisce il rotolo della Scrittura per sottolineare la dimensione regale della parola in essa contenuta. Come è stato dimostrato da E. Bartolini “è possibile leggere il testo biblico attraverso la testimonianza dei gesti e delle parole delle donne che hanno saputo interpretare la storia in senso profetico in quanto sono state capaci di accogliere e vivere il dono dello Spirito di Dio su di loro. La tradizione ritiene che chi è raggiunto dallo Spirito profetico assume un ruolo superiore a quello del Sommo Sacerdote del Tempio, e ciò vale per tutti: uomini o donne, schiavi o liberi, pagani o ebrei”3. Nelle narrazioni bibliche sono presenti donne di questo tipo, che compaiono con ruoli diversi e nelle circostanze più varie, delle quali non sempre si dice molto, ma tuttavia emergono come protagoniste e testimoni - spesso coraggiose - nell’ambito di situazioni decisive per il futuro del popolo di Israele. Pensiamo a donne come Sara, Rebecca, Lea e Rachele, le mogli dei patriarchi che la tradizione rabbinica considera “madri di Israele”, e che sono particolarmente ricordate nei canti che accompagnano la celebrazione annuale della Pasqua, evento fondante per la coscienza ebraica. La loro bellezza sta proprio nella capacità di aiutare i mariti a custodire la “promessa” rimanendo fedeli agli impegni derivanti dal “patto” fra Dio e Abramo4. Oppure pensiamo alla profetessa Miriam, sorella di Aronne, che guida le danze celebrative dopo il passaggio del Mar Rosso (Es 15,20-21)5; a Deborah, che ricopre il ruolo di “giudice” e “profeta” e guida il popolo in un momento storico non particolarmente facile (Gdc 4, 1ss.); a Ruth, la moabita che nel rapporto con la suocera Noemi incontra il Dio di Israele e attraverso il matrimonio con Bo’az si inserisce nella stirpe da cui discenderà Davide (Rt 1,1ss.); ad Anna, la madre del 3. Cfr. E. Bartolini, Il ruolo della donna nell’ebraismo, in AA. VV., Le donne nelle culture del mediterraneo. Religione, politica, libertà di pensiero (Quaderni Nangeroni 2006), Associazione Culturale Mimesis, Milano 2006, pp. 23-48, passim. 4. Per un approfondimento al riguardo rimando a E. Bartolini, La bellezza delle Matriarche, in Parola Spirito e Vita 44 (2001) [2] 175-191. 5. Per quanto concerne la danza come gesto liturgico e il particolare ruolo della donna nella medesima si rimanda al saggio di E. Bartolini, Come sono belli i passi... La danza nella tradizione ebraica, Milano 2000. profeta Samuele (1 Sam 2,1-10); alla profetessa Culda, alla quale il re Giosia invia un sacerdote e uno scriba affinché possa “consultare il Signore” sul destino suo e del popolo in relazione alle parole della Torah ritrovata nel Tempio (2 Re 22,1ss.); al coraggio della stessa Ester che rischia la vita per salvare il popolo dalla sventura (Est 1,1ss.). E gli esempi potrebbero continuare. Queste donne talvolta intervengono in maniera discreta e talvolta in maniera audace e intraprendente, dimostrano di saper usare l’astuzia e magari anche l’inganno, e ci sono inoltre situazioni in cui la Scrittura, senza fornire particolari spiegazioni, ci dice che sono interpellate dagli uomini che riconoscono loro un ruolo influente. Tale linea autorevole e quasi profetica al “femminile”, che comincia con le mogli dei patriarchi e si snoda lungo tutta la storia biblica, è la testimonianza di “figlie di Sion” 6 che partecipano da protagoniste alla storia della salvezza in cui è coinvolto il popolo di Israele, separato da Dio dagli altri popoli per un servizio particolare di testimonianza fra le genti (cfr. Es 19,5-6), del quale sono parte viva secondo un ruolo unico e insostituibile proprio in quanto donne7. Alla luce di quanto è stato detto, non sembra fuori luogo ritenere che anche nella interpretazione anglicana settecentesca della Bibbia fosse ormai assodata la consapevolezza che non solo Dio aveva affidato la salvezza del popolo di Israele, nella sua lunga storia, a personaggi spesso di umili origini, ma anche che, diversamente da altre culture, nella tradizione ebraica la donna godesse pari dignità dell’uomo. Questo perché multiformità di opinioni e rispetto delle differenze erano aspetti fondamentali della dialettica ebraica, la quale non solo era attenta ad individuare e a valorizzare tutti i punti di vista possibili, ma coglieva nelle posizioni contrastanti, e quindi nelle antinomie, un criterio di intelligibilità. Proprio riguardo l’uso delle antinomie come criterio di intelligibilità, vale la pena precisare che nell’ebraismo il modo di procedere e argomentare tradizionale non utilizzava il principio di noncontraddizione classico, ma si basava sulla convinzione che Dio stesso aveva creato i “contrasti” affinché gli uomini potessero “conoscere” attraverso l’esperienza delle “differenze”, come è testimoniato dalla narrazione del primo capitolo della Genesi (1, 1-19). È in tale orizzonte che dobbiamo pertanto considerare la com- 6. È un’espressione biblica per indicare le “figlie di Israele”; se usata al singolare può invece designare la città di Gerusalemme. 7. Cfr. E. Bartolini, Il ruolo della donna, cit., passim. prensione della donna e del suo ruolo in rapporto all’uomo, alla famiglia e alla società, quale emerge dai testi veterotestamentari e che le tradizioni religiose di matrice ebraico-cristiana hanno saputo interpretare in modo puntuale. Vogliamo credere che anche la figura di Ester, al pari di quelle certamente più vigorose di Joshua e di Judas Maccabaeus, che gli oratori handeliani eseguiti negli anni scorsi ci hanno fatto conoscere, si inserisce in questa linea di modelli esemplari, utili proprio per la loro valenza profondamente didattica sempre attuale. In altre parole, in ogni tempo, l’exemplum biblico, offerto da figure che alcune culture tendono a sottomettere, conserva la sua carica esortativa grazie alla quale viene sostanziata di valori umani e civili la vita del singolo e di un intero popolo. È in questa prospettiva che dobbiamo accostarci al progetto culturale che la Cappella Musicale della Cattedrale da qualche anno ha avviato. Tutti noi non possiamo nascondere il diletto estetico che le opere d’arte riservano, ma dobbiamo ammettere che esse rappresentano vertici d’intelligenza, di verità di vita, posti davanti a noi come termini di confronto ideali, ma anche concretissimi, destinati ad accompagnarci in qualche modo per tutta l’esistenza proprio a motivo del profondo messaggio spirituale ed etico in esse compresente. 1. Genesi e funzione dell’oratorio handeliano Nel corso del suo lungo viaggio in Italia, compiuto tra il 1708 e il 1710, Handel approdò non solo nelle capitali del melodramma, come Venezia e Firenze, ma soggiornò anche a Roma, dove, a contatto con un mondo musicale ancora profondamente influenzato dalla cultura controriformistica, ebbe modo di sperimentare direttamente con l’ascolto, ma anche con alcune prove compositive, il genere dell’Oratorio. Tornato in Germania e poi stabilitosi definitivamente in Inghilterra, abbandonò questa forma per dedicarsi all’opera seria in stile italiano che il mondo aristocratico inglese sembrava particolarmente gradire, ottenendo significativi successi. Tuttavia la fortuna del compositore in questo campo non durò fino alla fine della sua carriera: egli ancora una volta dovette cambiare orientamento musicale, costretto non, come era accaduto in precedenza, dal cambiamento del luogo di attività, ma dal mutamento del gusto degli ascoltatori. Era accaduto cioè che, a partire dal regno di Giorgio I Hannover, e nel corso del secolo, la classe agiata a Londra non fosse più quella aristocratica, ma il ceto borghese e mercantile. Erano gli appartenenti a questo gruppo sociale ora a frequentare i concerti e i teatri e, di conseguenza, a condizionare gli interessi culturali, il successo o l’insuccesso di un genere musicale. Costoro non capivano o non apprezzavano più l’opera seria in una lingua straniera che parlava di dèi e di eroi che non appartenevano al loro passato, e quindi decretarono il declino del melodramma italiano, portando invece al successo, nel teatro, forme popolaresche come il masque 8. Occorre dire che questa era una classe sociale profondamente religiosa e legata alla chiesa anglicana, che aveva fatto dei precetti biblici, così come erano stati resi disponibili a tutti dalla traduzione in inglese delle Sacre Scritture, il modello di vita e di comportamento quotidiano su cui si basava non solo la forza della chiesa ma anche la compattezza degli ordinamenti statali e delle finalità economiche. In particolare poi l’Antico Testamento non solo era la più diffusa fonte di riflessione religiosa, ma si prestava ad interpretazioni e attualizzazioni politiche e sociali. Sempre, infatti, in quella sezione delle Scritture, il rapporto tra i Re e i loro sudditi era regolato da una Divinità che non tollerava ingiustizie. E sempre nell’Antico Testamento venivano sottolineati tutti i momenti in cui si parlava di potere, di espansionismo territoriale, di nazionalismo competitivo. Insomma: questa rilettura in chiave moderna della Bibbia diventava quadro e specchio, oltre che auspicio, di un momento in cui si stava accrescendo e consolidando la potenza inglese. Dalla Bibbia quindi si traevano esempi, ma venivano anche estrapolati personaggi-simbolo e modelli di comportamento che si potevano in generale adattare alla nazione. Così, proprio per questa ragione così poco legata a fattori artistici, ma che dimostra ancora una volta come sia stretto e fondamentale il legame che unisce 8. Nella letteratura musicale anglosassone il termine Masque (o Mask) indicava un genere teatrale, nato in Inghilterra al principio del XVI sec. come ampliamento delle feste di corte, che raggiunse il maggior sviluppo nel secolo successivo. È una forma composita, costituita da musica, danza, recitazione, su soggetti prevalentemente mitologici e con personaggi allegorici, trame che sono più che altro un pretesto per spettacolari messinscene; nel corso del masque venivano a volte intercalati brevi intermezzi, detti antimasque, del tutto indipendenti, costituiti da scene danzate con personaggi comici o burleschi o grotteschi. Nel periodo del suo maggiore splendore il masque, sfruttando gli apporti del ballet de cour francese e del melodramma italiano, raggiunge una fastosità senza pari, con scenografie, costumi e macchine sceniche di elaborata fattura, e con una grande perfezione coreografica. 10 un artista al suo ambiente e al suo momento storico, Handel cambiò genere, o per meglio dire, inventò un genere nuovo, che ottenne uno straordinario successo e nell’ambito del quale egli riuscì a scrivere capolavori di straordinaria levatura artistica: l’Oratorio inglese. Definito in una cronaca del tempo “Musica in cui la solennità della musica da chiesa è accompagnata dalle più piacevoli arie da teatro”, l’Oratorio ideato per il pubblico anglicano da Handel ha la sua forza artistica nella fusione di elementi apparentemente tra i più eterogenei, dalla Cantata tedesca all’opera italiana, al patrimonio corale anglicano a, infine, l’Oratorio controriformistico di tipo romano. Non manca tuttavia, e anzi diviene fondamentale nella scelta degli argomenti e nella caratterizzazione dei personaggi, la rinascita, tutta barocca, delle forme e delle idealità della tragedia greca, mediata dal teatro elisabettiano di Shakespeare e da quello francese di Racine. Più vicino idealmente all’umanesimo classicheggiante di quest’ultimo, col quale ha in comune anche la scelta di soggetti per i propri lavori, piuttosto che al misticismo bachiano o ai modelli di Carissimi, Handel costruisce un dramma musicale incentrandolo non sulle problematiche di tipo religioso, ma sui grandi temi di carattere universale; e attorno a questi problemi - giustizia e passione, tradimento e fedeltà, grandezza umana e umane debolezze - si dibattono i personaggi tra conflitti e lacerazioni. Gli avvenimenti della storia sacra diventano quindi, secondo la migliore tradizione della tragedia attica, exempla che illuminano l’uomo e il mondo e che, come tali, possono assumere una validità universale in qualsiasi contesto. Ogni elemento musicale è utile al compositore per costruire grandi personalità in un contesto monumentale e ciascun elemento musicale, attinto anche da settori che apparentemente nulla hanno a che fare col repertorio sacro, diventa funzionale alla costruzione di una azione drammatica9. Sono soprattutto le parti polifoniche corali, meno utilizzate nel melodramma, ad assumere in questo contesto una varietà straordinaria, in relazione al ruolo che il 9. Su tutta la questione si veda: R. Smith, Intellectual contexts of Handel’s English oratorios, in Music in Eighteenth-Century England. Essays in memory of Charles Cudworth, edited by C. Hogwood and R. Luckett, Cambridge 1983, p. 126. Si veda inoltre W. Dean, Handel’s dramatic Oratorios and Masques, Oxford 1959 e R. Smith, Handel’s Oratorios and Eighteenth-century Tought, Cambridge 1995. 11 coro, anche qui in aperta analogia con la tragedia greca, costruisce all’interno del lavoro. Con o senza accompagnamento orchestrale, in un unico blocco o, secondo la tecnica della policoralità veneziana, suddiviso in più gruppi contrastanti, con un linguaggio musicale che va dallo stile della canzone corale a quello del recitativo, utilizzato in grandi strutture verticali oppure in polifonia complessa, è certo che questa plasticità dello stile corale handeliano contribuisce non poco alla costruzione degli effetti drammatici e alla pittura di ogni momento, dal più intimo al più grandioso, della vicenda narrata10. Per quanto nell’Esther, intitolato Haman and Mordecai nella prima versione del 1718, risultino non ancora esplicitati tali elementi evocativi e celebrativi, è possibile cogliervi quelli che saranno i caratteri e gli scopi propri dell’oratorio handeliano. 2. Lo sfondo storico del libro di Ester e le vicende della protagonista Lo sfondo storico dello scritto biblico è fittizio: ci riporta all’epoca del re Assuero, il persiano Serse, morto nel 465 a.C. In realtà, il libro riflette un periodo più recente di persecuzioni antisemite, quello siro-ellenistico del II secolo a.C. che vide la rivolta dei Maccabei. Ester, «donna di presenza bellissima e di aspetto affascinante» (2,7), è la protagonista femminile dell’omonimo libro della Bibbia, che si caratterizza per una trama romanzesca ma finalizzata a uno scopo religioso: quello di dimostrare che Dio ha a cuore la liberazione del suo popolo e sceglie sempre gli strumenti più adatti per realizzarla, anche se in modi inaspettati. Ester rappresenta appunto lo strumento di cui Dio si serve al tempo della dispersione degli Ebrei in Persia sotto il dominio del re Assuero. La vicenda inizia coi toni della fiaba: il re emette un bando per trovare fanciulle vergini e belle tra cui scegliere una sposa, al posto della regina Vasti che aveva suscitato la sua collera ed era stata definitivamente allontanata. Tra queste vergini viene a trovarsi l’ebrea Ester, un’orfana allevata come una figlia da un parente di nome Mardocheo, che era anche funzionario della corte (secondo un’altra tradizione confluita nella versione greca del testo, Mardocheo intendeva fare di Ester la 10. Cfr. C. Massimiliano, Georg Friederich Händel “The Harmonious Goldsmith” dell’oratorio inglese, in «Note su Note», 6 (1998), p. 58 ss.. 12 sua sposa). Per la sua eccezionale bellezza e il suo fascino Ester viene prescelta dal re a ricoprire il posto di regina senza che sia nota la sua stirpe, perché Mardocheo le aveva consigliato di tacere questo particolare. Successivamente, grazie all’avvertimento di Mardocheo, ella ha modo di sventare una congiura contro il re ordita da due eunuchi. Ma svolge il suo ruolo decisivo in occasione della persecuzione contro tutti gli Ebrei, decretata dal re per istigazione di un suo plenipotenziario, Aman, irritato con Mardocheo perché rifiutava di prostrarsi davanti a lui in quanto ebreo. Ester viene informata dell’editto da Mardocheo, che si era recato davanti al palazzo regale coperto di sacco e cenere in segno di lutto, ed è da lui supplicata di intercedere presso il re a favore del popolo ebreo. Dapprima esita, perché sa che presentarsi direttamente al re senza essere stati chiamati costituisce una trasgressione punibile con la morte, ma viene ammonita da Mardocheo, che le ricorda il dovere primario di assecondare la volontà di Dio. «Chi sa che tu non sia stata elevata a regina proprio in previsione di una circostanza come questa?» (4,14) sono le parole rivelatrici. A questo punto Ester decide di intervenire presso il re, costi quel che costi; soltanto, chiede che tutti gli Ebrei di Susa digiunino con lei in preparazione all’evento. Quindi si levano al Signore parallelamente le preghiere di Mardocheo e di lei, che invocano la liberazione del popolo dallo sterminio decretato (il testo delle due preghiere è stato aggiunto dalla versione greca e sviluppa l’elemento religioso). Per avvicinare il re e ottenere il suo favore l’eroina si affida al fascino femminile e al sostegno di Dio. La scena cruciale dell’incontro e del colloquio tra i due sottolinea la fragilità fisica della donna (pallore, svenimenti), che si trasforma però in arma vincente perché commuove e intenerisce il sovrano dall’aspetto terribile e lo rende ben disposto verso le sue richieste. Emerge inoltre l’abilità di Ester, che dapprima ricorre a complimenti e poi non manifesta subito il suo desiderio ma chiede di poterlo rivelare durante un banchetto a cui partecipino sia il re sia Aman. Questo espediente dilatorio diventa l’occasione perché Aman, il persecutore di Mardocheo e degli Ebrei, sia ingannato e perisca vittima delle sue stesse trame. Ester esprime infine i propri desideri e ottiene sia la riabilitazione di Mardocheo sia l’emissione di un nuovo decreto a favore degli Ebrei, ai quali viene concesso perfino di vendicarsi contro i persecutori uccidendoli. Nella conclusione Ester e Mardocheo mandano una lettera che fissa con autorità la festa dei Purim per gli Ebrei. Nella versione greca, che introduce elementi di 13 chiarimento e sviluppo rispetto al racconto originario, viene aggiunta all’inizio del libro l’esposizione di un sogno di Mardocheo che alla fine viene spiegato alla luce degli eventi: Ester viene raffigurata come «un grande fiume» che scaturisce da una piccola fonte (1,1 1; 10,3c) e la sua vicenda diventa un’esemplificazione del fatto che «gli umili furono esaltati». Da questo punto di vista la figura di Ester e la sua storia si possono avvicinare a quelle di Giuditta e illustrano un principio fondamentale della fede ebraica. Non si può escludere che il personaggio assuma anche un carattere di modello di femminilità in contrasto con la figura della regina Vasti, criticata per aver dato a tutte le donne un esempio pericoloso di disprezzo verso i mariti (1,17). 3. L’Esther di Handel: origine, fonti e versioni 3.1. La composizione dell’oratorio fra dubbi e certezze Esther è il primo oratorio in lingua inglese. Sarebbe dunque molto interessante conoscere la sua genesi, purtroppo le circostanze che avvolgono la composizione e la prima esecuzione restano singolarmente oscure. Possediamo il manoscritto di Handel (una parte si trova alla British Library di Londra, l’altra al Museum Fitzwilliam di Cambridge), mancano però la prima e l’ultima pagina; il titolo di Handel, se ne diede uno, e la data di composizione, se la iscrisse, sono dunque irrimediabilmente perduti. Non ci è giunto nessun resoconto della prima esecuzione. Recenti ricerche hanno portato alla luce un solo documento: si tratta di una partitura trovata in una collezione privata, che porta il titolo “The Oratorium composed by George Frideric Handel Esquire in London, 1718”. Esso contraddice quindi la data del 1720 attribuita all’opera nel libretto del concerto della ripresa, avvenuta a Londra nel 1732, e tende a confermare l’inautenticità del titolo Haman and Mordecai adottato alla fine dell’Ottocento da Fr. Chrysander nella sua edizione della Händel-Gesellschaft (1882), titolo che si trova soltanto in una vecchia copia manoscritta della partitura. La maggior parte delle copie manoscritte sono intitolate semplicemente Oratorium, ma fin dal 1732 l’opera era conosciuta con il nome di Esther, e sembra preferibile attenersi a questo. Abbiamo un certezza: l’opera fu composta durante i diciotto mesi, dall’estate del 14 1717 alla fine del 1718, che il musicista trascorse a Cannons, la sontuosa residenza che James Brydges, conte di Carnarvon e più tardi duca di Chandos, si stava facendo costruire fuori Londra. Il conte aveva un’orchestra di cui Handel diventò il compositore. Fu un periodo estremamente fecondo per il musicista sassone: gli undici Chandos Anthems 11, il Chandos Te Deum, il masque Acis and Galatea ed Esther (prima versione) videro qui la luce. Poiché era l’opera più lunga e riccamente orchestrata del gruppo, Esther fu forse l’ultima ad essere composta e può essere stata eseguita come omaggio conclusivo della carica che Handel ricopriva presso il conte Brydges. Ma non dobbiamo necessariamente dedurne che sia stata composta a Cannons. L’iscrizione della partitura recentemente scoperta designa Londra come luogo della composizione; è possibile che sia stata eseguita anche sotto il patrocinio del conte. Brydges aveva infatti un palazzo nella capitale e gli era facile organizzare concerti lì, o, come era in uso, in sale prese in affitto12. 3.2. Handel “incontra” Racine Se ci è concesso fare ancora qualche ipotesi, si può supporre che l’oratorio Esther potrebbe essere il frutto di due avvenimenti artistici distinti che si verificarono verso il 1715 e che dovettero destare l’interesse dei letterati e dei musicisti che frequentavano Cannons. Proprio nel 1715, Thomas Brereton pubblicò una sua versione inglese di Esther 13, la tragedia biblica di J. Racine (1639-1699), scritta per le nobili fanciulle di Saint-Cyr, che il drammaturgo francese fece rappresentare nel gennaio 1689. L’opera prescrive un coro di donne israelitiche che prendono parte all’azione e la commenta. Racine si conformava così al modello della tragedia greca, dato che la sua intenzione era “de lier, comme dans les anciennes tragédies grecques, le choeur et le chant avec l’action, et d’employer à chanter les louanges du vrai Dieu cette partie du choeur que les païens employaient à chanter les louanges de leurs fausses divinités”14. Nell’originale, questi inserti corali furono musicati da Jean-Baptiste Moreau, l’organista di Saint-Cyr. 11. Dato che la cappella di Cannons non era ancora stata terminata, si può ipotizzare che la prima esecuzione di questi Anthems avvenne nella vicina chiesa di St. Lawrence, Whitchurch. 12. Per una approfondimento degli aspetti affrontati nel paragrafo si rimanda a W. Dean, op. cit., p. 191 ss.. Si veda pure P. H. Lang, Händel, trad. it., Milano 1985, p. 286 ss., C. Hogwood, Georg Friedrich Händel, Pordenone 1991, pp. 81-82 e D. Burrows, Handel, Oxford 1999, p. 97 ss.. 13. T. Brereton, Esther or Faith triumphant. A Sacred Tragedy, Oxford, 1715. 14. J. Racine, Esther, Préface, in J. Racine, Theâtre complet II, édition de J.-P. Collinet, Paris 1983, p. 346. 15 Scarse erano le possibilità di rappresentare Esther davanti al pubblico londinese, dato il pregiudizio protestante contro ogni rappresentazione biblica sulla scena; ma Brereton aveva vivamente sperato di organizzare alcune rappresentazioni private presso «quelle famiglie virtuose alle quali piace talvolta distrarsi». Egli sosteneva che i cori cantati «procureranno a tutti quelli che sono particolarmente inclini alla musica tutti gli effetti dell’opera moderna, senza nessuna delle sue assurdità». La versione di Brereton avrà suscitato sicuramente curiosità o interesse per quest’opera ed avrà spinto alcuni spiriti eletti a cercare il modo opportuno per farla rappresentare, essa o qualcosa di analogo, in un contesto inglese. 3.3. Esther, la Passione Brockes e la nascita dell’oratorio inglese Nello stesso periodo di tempo - certamente prima del 1717 - Handel compose una Passion su testo di Barthold Heinrich Brockes, consigliere municipale di Amburgo, una copia della quale fu spedita ad Amburgo per essere eseguita insieme ad opere analoghe di altri musicisti tedeschi. Le esecuzioni non ebbero luogo che nel 1719. Come attesta la partitura, quest’opera imponente dovette costare notevole impegno al suo autore. Nelle sue opere precedenti, dall’Agrippina (1709) all’Amadigi (1715), Handel aveva fatto ricorso a molti prestiti della sua musica composta in Italia, mentre la Passione ne è completamente sprovvista, forse perché pensava che i colleghi tedeschi avrebbero potuto conoscere i suoi lavori italiani15. Possiamo credere che, durante il soggiorno di Cannons, la mente di Handel fu molto occupata dal pensiero di portare a termine la Passione - si possono trovare parecchi indizi di ciò nel 'masque' Acis and Galatea - e che tanto lui quanto i suoi colleghi avrebbero avuto certamente il vivo desiderio di ascoltarne almeno alcuni passaggi, ma il carattere sacro dell’opera e la lingua tedesca escludevano ogni esecuzione in Inghilterra. A questo punto sorge una domanda. E’ possibile immaginare che, durante una discussione serale a Cannons, furono abbozzate diverse idee - il dramma biblico, Esther, la Passione, e forse l’oratorio italiano di cui Handel aveva acquistato una grande esperienza durante il suo soggiorno nella penisola - fra le quali emerse quella di trasformare l’opera di Racine in oratorio di lingua inglese con una parte della musica prelevata dalla Passione di Brockes? 15. Cfr. P. H. Lang, Händel, op. cit., p. 153 e P. Degott, Haendel et ses oratorios: des mots pour le notes, Paris 2001, p. 358 ss. 16 Alla domanda si può rispondere in modo affermativo. Ma restano due fatti assodati: da una parte, se il testo dell’Esther di Handel fu preso dalla versione raciniana di Brereton, l’adattamento non dovette certamente essere suggerito solo da un puro interesse letterario; dall’altra, gran parte della musica dello stesso oratorio proviene dalla Passione di Brockes. Il modello di Racine offre quindi una cornice ideale al genio handeliano, perché le relazioni tra i personaggi si traducono perfettamente nei recitativi e nelle arie di cui Handel, compositore di opere, aveva una grande esperienza, e i cori - che non era ancora possibile fare sentire sulla scena lirica del tempo - gli offrivano la possibilità di ricorrere a quei grandi effetti sonori che tanto amava. Nasceva così l’oratorio inglese. Ma dovettero trascorrere ancora quattordici anni prima che il seme gettato da Esther, durante una sera a Cannons, cominciasse a germogliare. 3.4. L’autore o gli autori del libretto Conosciamo dunque un po’ la storia di Esther, ma diversi quesiti riguardanti il libretto non sono ancora stati risolti. Il primo: chi l’ha scritto? All’epoca della ripresa di Esther a Londra (1732), un certo visconte Perceval annotava nel suo diario che le parole erano state “scritte da Pope”, ma in alcuni programmi di sala di concerti tenuti verso il 1740 (senza omettere la ripresa dell’oratorio a Dublino ad opera dello stesso Handel nel 1742), attribuiscono il testo al “Dr. Arbuthnot”, diversamente detto John Arbuthnot, un amico di Pope e destinatario di una delle Epistole di quest’ultimo. È anche vero che la maggior parte dei libretti di concerto non menzionano nessun autore. La spiegazione più probabile è che ce ne furono diversi, ma che sostanziale fu il contributo dei due autori citati. Inoltre, lo stile del libretto risulta in più punti palesemente composito e la qualità della versificazione appare talora così incerta da suggerire una collaborazione fra i due autori; alcuni testi delle arie hanno una energia raccolta che rievoca la maniera di Pope, ma i recitativi sono strutturati in strofe curiosamente irregolari, senza precedenti nella letteratura anglosassone. Forse tale soluzione rappresenta l’equivalente dei versi sciolti, o versi liberi, del recitativo italiano16. 16. Sulla questione si veda P. Degott, op, cit., p. 63 e 147 ss.. 17 Alcune discordanze nella struttura narrativa del libretto possono far pensare che fu assemblato mediante pezzi staccati, forse su proposta dello stesso Handel. Da quanto risulta, nessuno sembra avere cercato di dargli una qualche coesione drammatica. Parte della sua incoerenza è dovuta alla ripartizione delle arie e dei cori: i tre grandi momenti di Assuero, un duetto e due arie, si cantano di seguito uno dopo l’altro e i cori di lamento e di esultanza degli Israeliti sembrano troppo lunghi. Impacciata risulta pure l’assenza di diversi dettagli che spiegherebbero i conflitti razziali e personali nel racconto, così chiari nella Bibbia e in Racine. Tuttavia, la spontaneità con cui sono introdotti i momenti-chiave della storia, merita attenzione e assicura che il contesto drammatico dei più importanti numeri musicali procede senza forzature. Se dunque dal punto di vista letterario e narrativo il libretto non ha particolari pregi, riesce però ad assolvere il suo compito e ispirare al compositore intensi momenti musicali. 3.5. Prestiti dalla Passion Brockes Alla Passion Brockes la musica dell’oratorio deve nove dei ventuno numeri, recitativi esclusi, oppure dieci se si conta un’insignificante somiglianza tra l’aria finale di Aman (How art thou fall’n’ [34]) in Esther e l’aria di Pietro (Heul’, du Schaum) nella Passione. Di questi, sette (cinque arie e due cori) assomigliano molto ai loro originali della Passione, e negli altri due, le arie di Aman Pluck root and branch from out the land [3] e Turn not, o Queen [31], la musica è stata sostanzialmente ricomposta (i salti di settima della linea vocale delle parole di Aman Let Jewish blood dye ev’ry hand [3b] conferiscono un brivido glaciale al materiale tematico desunto da un’aria di Giuda della Passione). In generale la musica passa agevolmente da un’opera all’altra, perché Handel sceglie di preferenza dei numeri il cui effetto si fonda sul valore puramente musicale. Si può trovare che Who calls my parting soul from death [22] - in origine un dialogo tra Gesù in croce e sua madre - è troppo carico di emozione per sostenere un duetto tra Assuero ed Ester, ma le sconcertanti svolte armoniche ed i ritardi inattesi lo rendono irresistibile. I numeri presi in prestito dalla Passion Brockes conservano in generale la loro natura misurata e la loro sobria strumentazione (oboi ed archi), e questi tratti si ritrovano in altri momenti della partitura, in particolare nella Ouverture iniziale [1] (probabilmente fonte piuttosto che derivazione della sonata in trio op. 2 n° 3) e lo 18 straziante lamento del coro Ye sons of Israele mourn [14], il primo di un gran numero di compianti degli oratori handeliani. Ma in gran parte di questo nuovo genere musicale che sta uscendo dalle sue mani, Handel non esita ad avventurarsi in regioni ancora inesplorate della sonorità orchestrale - almeno per quanto riguarda la musica inglese. Ignoriamo l’ordine che Handel seguì nella composizione dell’oratorio, ma la musica dà l’impressione che il suo entusiasmo crescesse con il progredire del lavoro e che fu indotto ad osare una strumentazione che non erano abituati a sentire a Cannons. Nuovi timbri si trovano nell’aria Tune your harps [ 7 ] quando, sotto un pizzicato di archi (chiara imitazione dello strumento ivi menzionato), una intensa melodia si dispiega dall’oboe solista; un’arpa vera poi viene impiegata inaspettatamente in Praise the Lord with cheerful noise [9]. A tale proposito occorre dire che, nonostante il parere di alcuni autorevoli studiosi, non doveva trattarsi di uno strumento rudimentale, dato che Handel, anziché lasciare che la musica percorra le modulazioni usuali, persiste nel riportarla sul do maggiore. L’interesse di Handel per l’arpa deriva dall’incontro e scambio con alcuni arpisti a lui coevi di grande talento. Proprio negli anni trascorsi a Cannons, conobbe Thomas Jones che era stato arpista del duca di Chandos a Cannons. Anche se non ci sono conferme dirette, sembra probabile che abbia scritto per questo arpista la parte di arpa dell’oratorio Esther 17. La welsh harp, che rimarrà in uso come strumento tradizionale fino agli anni 70 del novecento, era strumento di derivazione italiana, già presente in Inghilterra dalla fine del Seicento, come è documentato dalla voce harp nei dizionari inglesi di questo periodo, ed era a tre ordini di corde: due cordiere diatoniche all’esterno ed una completa cromatica nel centro. Come tutte le arpe a più ordini poteva suonare nelle varie tonalità - bastava accordare nella tonalità di partenza le cordiere esterne, come dimostra la letteratura per lo strumento - ma faticava semmai a modulare. Da qui la permanenza nella stessa tonalità dell’aria dell’Esther con una piccola modulazione prima della ripresa del da capo. Non solo lo strumento deriva dall’arpa 17. Poi sarà la volta di William Powell (m.1750), l’arpista del Principe del Galles, che sarà l’interprete delle parti d’arpa del Giulio Cesare, Saul ed Alexander Baulus, nonché il primo interprete nel 1736 del Concerto per arpa. Infine Handel avrà probabilmente occasione di ascoltare in uno dei numerosi concerti inglesi documentati, il maggiore arpista inglese del secolo John Parry (1710-1782) che ricambierà la stima eseguendo quasi sempre nei suoi concerti arie tratte dalle opere di Handel, oltre al famoso concerto. 19 doppia italiana, ma anche il suo uso negli oratori handeliani può essere un ricordo del periodo italiano di Handel, quando negli oratori romani in particolare era ancora molto utilizzata come strumento di basso continuo18. Il massimo splendore orchestrale è riservato agli ultimi cori. L’arioso accompagnato Jehovah crown’d [28] e la sua prosecuzione nel coro He comes to end our woes [29] sono le prime pagine di musica vocale inglese ad essere arricchite da corni - quasi certamente sono gli stessi corni che, un anno prima, risuonarono sul Tamigi nella Water Music, dato che ci sono parecchie somiglianze tra questo coro e il primo Allegro di quella Suite. E nel sorprendente coro finale - un ampio, esaltante, indimenticabile rondò - è richiesto l’uso di una tromba concertante, lo strumento particolarmente caro alla tradizione anglosassone. 3.6. La fortuna di Esther Dal 1720 al 1730, Esther di fatto fu dimenticato. Handel era allora impegnato nella composizione e nella direzione delle sue opere italiane alla Royal Academy of Music. Nel 1732, tuttavia, Bernard Gates, maestro del coro dei ragazzi della Cappella Reale e collaboratore di Handel nei suoi primi anni a Londra, organizzò una serie di esecuzioni private di questo oratorio a partire dal 23 febbraio (compleanno del musicista che allora aveva quarantasette anni) in una sala dello Strand “Crown and Anchor”: erano eseguite “alla maniera antica” dai ragazzi e dagli uomini della Cappella Reale e i cori erano rinforzati dai gruppi corali di Westminster Abbey e di St. James’s, Piccadilly. Handel aveva certamente approvato l’iniziativa di Gates, ma non si può dire altrettanto di un’altra esecuzione, anonimamente organizzata, avvenuta due mesi più tardi nella Great Room in York Buildings. Di fronte a questo abuso, Handel vi pose di nuovo mano e preparò una versione molto rivista ed accresciuta che fu eseguita il 2 maggio al King’s Theater di Londra. Al contrario di quella di Gates, la ripresa del King’s Theater non aveva azione e così l’oratorio inglese a concerto diventò la regola nel suo paese di origine. Tra 1733 e 1757, Handel fece sentire a più riprese la seconda versione di Esther, aggiungendo verso il 1735 alcune arie italiane nuove (in seguito eliminate) e nel 1757, diventato cieco, dettò un 18. Devo queste preziose informazioni al maestro Chiara Granata che questa sera eseguirà la parte scritta da Handel per questo strumento nell’Aria [9]. La ringrazio pubblicamente. 20 nuovo duetto con coro Sion now her head shall raise che fu trasferito l’anno successivo nel Judas Maccabaeus, dove rimase. L’esecuzione proposta questa sera dalla Cappella Musicale della Cattedrale segue il testo della prima versione di Esther (1718), così come è documentata in molte copie manoscritte e in ciò che resta del manoscritto dello stesso Handel. Si avvicina, per così dire, alla versione della prima esecuzione, a dispetto di certe stranezze, come l’illogica relazione tonale tra il recitativo O God, who from the suckling’s mouth [10] e l’aria che segue Sing songs of praise [11]. Sembra molto strano, ma è documentata da tutte le fonti e non si trovano spiegazioni al riguardo. Mentre la seconda versione che assunse definitivamente il titolo di Esther, ampliata da Handel nel 1732, si presenta musicalmente più arricchita, la versione originale del 1718, con le sue sei scene compatte, ha la forza di rendere l’effetto drammatico più grandioso: in essa è attestata l’incomparabile abilità di Handel di creare una grande opera per un organico modesto. 21 4. Guida all’ascolto19 In linea con quella che doveva essere l’originaria natura di questo oratorio, cioè un masque, destinato ad una esecuzione privata e presumibilmente ad uno spazio non eccessivamente ampio (del resto l’organico strumentale in questo primo oratorio appare notevolmente ridotto rispetto a quelli successivi, prevedendo solo oboe, archi e basso continuo, con un solo intervento affidato eccezionalmente all’arpa, a 2 corni e ad una tromba), l’opera si apre con un’articolata Ouverture [1] strumentale che funge da “sipario” sonoro e serve a richiamare l’attenzione del pubblico. Il consueto schema tripartito (Andante - Larghetto - Allegro), distribuito fra due tonalità omologhe (sol minore i primi due tempi, si bemolle maggiore l’ultimo), assolve pienamente tale funzione. Come aveva ben visto F. Crysander, l’editore ottocentesco degli opera omnia di Handel, esso sembra anticipare e commentare musicalmente i tre elementi principali della storia: l’arroganza di Aman, i lamenti degli Ebrei e il trionfo finale della giustizia. Il primo movimento, con i suoi ritmi puntati e nervosi, i continui e arditi salti di sesta e di ottava ascendente e discendente, le note ribattute, descrive il clima di sconforto provocato dal provvedimento di Aman ai danni degli Israeliti e connota le prime scene dell’Oratorio. Tale motivo musicale si ripresenterà, non a caso, anche nella prima Aria dello stesso Aman [3], quale ideale prolungamento di questo primo movimento. Il secondo tempo (Larghetto), anch’esso in sol minore, propone un incedere dal tono lamentoso (affidato all’oboe in dialogo col violino), carico di pathos, ma anche di intensa espressività. Esso ben rappresenta l’angoscia che attraversa la figura di Ester, intesa sia come sentimento condiviso con la comunità perseguitata, sia come espressione dell’indicibile che si nasconde nel cuore dell’uomo nei momenti di maggiore disperazione. Il ribaltamento dei destini, il giusto oppresso che viene salvato, l’esaltazione euforica che esplode con spontaneità in chiunque venga a trovarsi all’improvviso di fronte a un totale “rovesciamento delle sorti” (purim) trova nel tema fugato in si bemolle 19. Per seguire con maggiore facilità lo sviluppo narrativo della vicenda si è preferito conservare l’originaria divisione in scene sia nella guida all’ascolto che nella traduzione, così come doveva essere nella versione, in forma di masque, del 1718. L’esecuzione odierna, al contrario, non prevede pause fra le diverse scene, bensì avverrà dall’inizio alla fine senza soluzione di continuità. 22 maggiore (la tonalità omologa di sol minore) del terzo movimento (Allegro) una vivida riproduzione. Si tratta di una pagina brillante, affidata ad un’idea musicale incisiva, vigorosa e ben profilata, un gesto plastico che si imprime facilmente nella mente: è il «motto» che ha il duplice scopo di colpire la fantasia dell’ascoltatore fissando con chiarezza il carattere dell’intero oratorio e anticipando l’esito della vicenda. SCENA I TRAMA. L’azione si svolge nel IV secolo a.C., a Susa, capitale invernale dell’impero persiano. Il re Assuero ha ripudiato la sua prima moglie per sposare Ester, un’ebrea deportata allevata da Mardocheo, il quale si è assicurato la gratitudine di Assuero avendo svelata una congiura ordita contro di lui. Il primo ministro Aman ordina in modo arrogante che la corte si prosterni al suo passare in segno di omaggio, ma Mardocheo si rifiuta perché Aman discende comunque dagli Amaleciti, antichi nemici degli Israeliti. Aman, per vendicare l’offesa, decreta la loro persecuzione. Aman, respingendo l’invito alla clemenza di uno dei suoi ufficiali, ordina ai soldati persiani il massacro degli Israeliti. La prima scena dell’Oratorio è tutta ambientata alla corte persiana. Il primo ministro Aman, nonostante le parole del suo consigliere Abdonah che invitano alla moderazione [Recitativo 2], è irremovibile: il popolo degli Ebrei deve perire e l’ordine deve essere eseguito subito. Il comando di Aman è consegnato ad un’Aria [3] che descrive la furia omicida del ministro mediante un inseguirsi incessante di quartine di semicrome puntate (che richiamano in parte le stesse figure del primo movimento dell’Ouverture) di tutta l’orchestra, che contrappuntano animatamente con la voce solista (un basso). A quest’ultima è affidata una linea melodica spezzata, agitata, giocata su ripetuti salti dalla terza alla settima, ora ascendente e ora discendente, martellante su alcuni monosillabi semanticamente espressivi. Dopo che un ufficiale persiano ha rassicurato il primo ministro [Recitativo 4], i soldati si apprestano ad eseguire gli ordini [Shall we the God of Israel’s fear?, 5]. La prima scena si chiude con questo che è il primo coro dell’Oratorio. Si tratta di una pagina di grande effetto, che prelude agli affreschi corali degli oratori successivi, per i quali Handel diventerà famoso. Pur nella sua brevità, questo grandioso coro (a 5 voci, come tutti quelli successivi), sostenuto dall’intera orchestra, mima la massa dei soldati in preda al furor distruttivo ripetendo parole e strutture ritmiche già sentite nell’Aria di Aman [3]. 23 SCENA II TRAMA. Gli Israeliti, del tutto ignari del provvedimento di Aman, festeggiano le imminenti nozze di Assuero ed Ester, che dovranno finalmente porre termine alla loro schiavitù. Un israelita predice la fine della persecuzione e del culto dei falsi dèi. Una donna ed un altro israelita invitano tutto il popolo a lodare Dio. Il nucleo drammatico della seconda scena questa volta conduce l’ascoltatore fra il popolo israelitico. Sebbene la minaccia dello sterminio opprima gli Ebrei, una sottile speranza di riscatto e di salvezza li conforta. È quanto dice il primo israelita nel Recitativo [6] e soprattutto nell’Aria successiva [7]. In quest’ultima abbiamo un primo evidente esempio di “ipotiposi” o pittura sonora, quella figura tanto cara alla retorica classica e barocca20 che consiste nel rappresentare fonicamente quanto il testo enuncia. In essa Handel, ricorrendo al pizzicato dei Violini I e II (palese mimesi del suono dell’arpa qui evocata) che fa da sottofondo ad un’intensa melodia affidata all’oboe, intende infondere evidenza icastica, quasi visiva, ai nuclei semantici più sensibili del testo poetico: «tune», «harps», «strains», senza però ricorrere ad eccessive modulazioni e persistendo sulla tonalità base (fa maggiore). Alle parole di fiducia nell’aiuto divino, espresse dall’anonimo israelita, risponde con vigilata esultanza tutto il Coro degli Israeliti con le parole Shall we of servitude complain [8], in una pagina caratterizzata dall’impianto generalmente omofonico e dalla rigorosa scrittura contrappuntistica. Prima che il coro ripeta la stessa acclamazione [8a], seguono due Arie [9 e 11] inframmezzate da un breve Recitativo [10]: in questi tre numeri i solisti insistono sul motivo del canto di lode e del rendimento di grazie dovuti a Dio. Particolare attenzione merita la prima delle due Arie, affidata ad un secondo israelita (presumibilmente una donna, in quanto la voce indicata è un soprano). In essa è espressamente richiesto l’uso di un’arpa, che intrattiene un serrato dialogo con i Violini I e II e il solista. Sebbene la linea melodica dell’arpa risulti abbastanza ripetitiva, con ritorni insistiti sulla tonica e ribattute quartine di semicrome, il gioco contrappuntistico e dialogico fra le diverse parti risulta notevolmente arioso e di incantevole leggerezza. 20. Per un interessante approfondimento di questo problema rimando al coevo trattato di Ch. Avison, An Essay on Musical Expression, Londres 1753. Si veda anche P. Degott, op. cit., p. 219 ss.. 24 SCENA III TRAMA. Un sacerdote si presenta ad annunciare le intenzioni omicide di Aman. Gli Israeliti apprendono la notizia della nuova persecuzione decretata ai loro danni da Aman; la gioia si trasforma in dolorosa disperazione ed il loro sacerdote teme che non rivedranno mai più la terra natale. L’intera terza scena colpisce per la forte impronta patetica e drammatica: tutti e cinque i numeri che la compongono sono contrassegnati da parole di lamento e di pianto e da tonalità minori. Protagonista di questa scena è un sacerdote, l’intermediario fra Dio e gli uomini, cui spetta il compito di annunciare al popolo, in un breve Recitativo [12], la strage ordinata da Aman. Segue un Recitativo accompagnato [13], cantato dallo stesso sacerdote il quale, come in stato di trance e in preda ad oniriche visioni, si abbandona ad immaginarie descrizioni di pianto, di morte e di distruzione. La breve pagina corale che segue, Ye sons of Israel mourn [14a], è senza dubbio la più intensa dell’intero oratorio. L’indicazione agogica di “Adagio”, la tonalità di do minore, il tempo composto (12/8) e un melos straziante scarso di figurazioni sono i mezzi che conferiscono forte espressività al breve testo poetico che invita al pianto. Anche qui Handel, senza enfasi, dimostra particolare abilità nel ricorrere alla retorica degli “affetti”, dando evidenza musicale a quei tratti sensibili del testo. A tale proposito si noterà come la parola-chiave del passo, mourn (“piangete”), sia non solo ripetutamente accentuata dalle diverse voci del coro, ma anche isolata fra pause che ne marcano la valenza semantica. Ne esce un affresco sonoro e verbale fortemente espressivo ed evocativo. Nell’Aria che segue, O Jordan, Jordan, sacred tide [15], il canto della nostalgia della patria lontana, evocato dal ricordo del fiume Giordano, è espresso dal disegno melodico dei Violini I e II che dipanano, in dialogo, un motivo triste e rassegnato, mentre la melodia della voce procede lineare cedendo talora a salti di terza o di quarta discendente e a qualche raro cromatismo. La scena si chiude con la ripresa del Coro degli Israeliti [14a]. 25 SCENA IV TRAMA. Mardocheo rivela a Ester di essere lui la causa del provvedimento di Aman, e tenta di convincerla ad intercedere presso Assuero in difesa del popolo di Israele, a dispetto del fatto che la legge persiana condanni a morte chiunque avvicini il re senza esserne convocato. Ester accetta, sperando nella pietà del re, e gli Israeliti pregano per la sua riuscita. La quarta scena è senz’altro il punto di snodo della vicenda ed è anche la scena nella quale incontriamo per la prima volta i due personaggi principali dell’azione: Ester e lo zio adottivo Mardocheo, responsabile di aver provocato l’ira di Aman. Il breve Recitativo dialogico [16] di inizio scena sintetizza l’incontro fra Ester e lo zio, durante il quale la regina apprende la tragica sorte che incombe sul suo popolo per colpa del primo ministro e che soltanto una sua formale intercessione presso il re Assuero potrà stornare. Tutto ora è nelle sue mani. Per quanto animata da viva sollecitudine nell’adempiere la missione richiesta dallo zio, Ester si mostra dubbiosa perché per la legge persiana a nessuno è permesso accedere a corte senza un esplicito invito del re, e da un mese Assuero non la convoca. Seguono due Arie affidate rispettivamente a Mardocheo e ad Ester. Nella prima [Dread not, righteous Queen, the danger, 17] Handel riserva per Mardocheo un canto dall’espressività misurata e composta, ma deciso, che deve conferire alle parole dell’israelita forza persuasiva nei confronti di Ester. L’Aria di Ester [19], invece, presenta i tratti tipici della preghiera di supplica (Hear, O God, thy servant’s prayer “Ascolta, o Dio, la preghiera della tua serva”) con la quale si affida a Dio. E Dio l’ascolterà, dimostrando che gli strumenti della sua giustizia sono spesso i più deboli e gli umili. In quest’aria, per esaltare la partecipazione accorata e i sentimenti profondi dell’orante, Handel ricorre ad un melos (ancora in sol minore) percorso da una forte tensione armonica, generata da alcune dissonanze tonali che sono figura sonora del dolore e della sofferenza. L’intonazione tratta il testo con particolare attenzione espressiva, sottolineandone con affettiva flessibilità le parole e le immagini salienti. Si ponga particolare attenzione al delicato intreccio tra voce ed oboe solo sui lessemi spare (“risparmia”) e life (“vita”) su cui converge il senso ultimo della preghiera di Ester e della scena. A chiudere questa parte è una breve pagina corale di forte intensità emotiva che vuole esprimere viva partecipazione collettiva all’invocazione della regina [Save us, O Lord, 20]. Si tratta di un Grave in fa minore sostanzialmente bi- 26 partito fra una scrittura omofonica e un accenno imitativo, che disegna un’accorata supplica a Dio perché salvi il popolo e annienti il nemico. SCENA V TRAMA. Ester riesce a pervenire al cospetto di Assuero, ma sviene, impaurita dalle minacce di morte del re che ricorda all’intrusa la pena capitale per aver violato la legge. Assuero, scoperta la vera identità di Ester, la rianima e, scusatosi, promette di soddisfare ogni sua richiesta. Ester allora invita Assuero e Aman a un banchetto; il re accetta con gioia. Gli Israeliti affermano che la virtù di Ester la protegge e, su consiglio del sacerdote, chiedono a Dio di far scendere la sua ira sui loro nemici. Con questa scena entriamo nel cuore della vicenda e dell’intero oratorio. Essa può essere divisa in due parti. Nella prima ci troviamo alla corte del re persiano Assuero, davanti al quale Ester si è presentata senza essere stata da lui convocata. La donna appare davanti al re in tutta la sua bellezza (un topos tipico della letteratura antica, come strumento di persuasione o di seduzione) ma in preda alla paura. Leggendo poi una reazione ostile nelle parole con cui il sovrano le si rivolge, Ester sviene, commovendo Assuero il cui cuore viene toccato da Dio. Dopo averla rianimata, secondo la prassi di corte, il re poggia il suo scettro sul collo della regina, dichiarandola così ammessa alla sua presenza [Recitativo 30]. Il dialogo si svolge ora tra tenerezze reciproche e turbamenti della regina. Alla rappresentazione di tali stati d’animo Handel riserva due dei più bei numeri dell’oratorio: il duetto fra Assuero ed Ester [22] e l’Aria di Assuero [23]. Il primo è un capolavoro di lirismo vocale, dall’incantevole dono melodico e dalle inflessioni patetiche, che sfrutta tutti i mezzi musicali e retorici per regalarci una pagina di assoluta bellezza. La significativa tonalità di fa minore, esaltata dal tempo Adagio e staccato, e le insistite progressioni e diminuzioni cromatiche, spesso associate a salti di terza discendente, sono i mezzi di cui si serve il compositore per guidare il canto accorato dei due sposi. Di diversa intonazione, ma di non minore coinvolgimento per l’ascoltatore, è l’Aria di Assuero O beauteous Queen, unclose those eyes! [23] nella quale il sovrano dichiara di essere disposto ad eseguire ogni richiesta di Ester. Per esprimere lo stato d’animo del re, conquistato dalla bellezza di Ester, questa volta Handel ci conduce 27 attraverso un canto di ampio respiro che promana l’impressione di profonda serenità, sostenuto da un’allure danzante che adombra, anche grazie ad alcune figurazioni dei violini, i sospiri d’amore del re. La seconda parte della scena è introdotta da un breve Recitativo di Ester [24], nel quale la donna, rianimata dalle affettuose dichiarazioni di Assuero, invita il re ad un banchetto, durante il quale potrà smascherare il piano del perfido Aman. Il sovrano risponde all’invito con l’Aria How can I stay when love invites? [25] tutta pervasa da irrefrenabile giubilo che diventa una celebrazione dell’amore. Alla brillantezza del song contribuisce anche un notevole virtuosismo vocale e cromatico. La gioia del re pervade anche il popolo di Israele, il quale, consapevole che la sua sorte muterà, si abbandona per questo al ritmo travolgente di una danza, molto simile ad una giga, disegnata dal reiterato impiego di terzine e dalle continue progressioni tonali, con cui celebra i meriti della giovane Ester [Virtue, truth and innocence, 27]. La scena è conclusa da un dittico diviso tra il sacerdote ed ancora il Coro degli Israeliti. Il primo, in un Arioso in fa maggiore, chiede a Dio di scatenare la sua ira contro i nemici [Jehovah crown’d with glory bright, 28]. Soltanto in questa sede e in quella successiva l’organico strumentale si arricchisce di due corni in fa che, proprio per il loro timbro cupo e per l’impiego di una figurazione ritmica giambica, ravvivano il testo poetico, già di per sé fortemente espressivo, di un andamento marziale, mentre i Violini I e II e l’oboe eseguono nastri di sessantaquattresimi ora all’unisono, ora per imitazione. Alla preghiera del sacerdote, prontamente il coro dichiara di credere nell’azione punitrice di Dio. He comes, He comes to end our woes [29] è una pagina piena di slancio e vitalità in tempo di ¾ e sfrutta magnificamente l’effetto delle note ribattute dagli strumenti che circolano gioiose per tutto il movimento, riallacciandosi idealmente a quelle udite nell’Arioso del sacerdote. In questa irrefrenabile “cavalcata” finale, Handel ricorre con abbondanza a due figure retoriche molto care alla tradizione letteraria classica, l’anadiplosis e la già incontrata hypotyposis. Se la prima consiste nella ripetizione delle stesse parole - come i seguenti sintagmi He comes (“egli viene”), Earth trembles (“la terra trema”) e Jacob, arise (“Giacobbe, rialzati”) - nella medesima frase o verso, valorizzando quei nuclei semantici particolarmente forti del testo e, per dirla col Kircher, in passionibus vehementioribus animi (“per esprimere le passioni più veementi dell’animo”)21, la seconda, invece, è la descrizione 21. Cfr. A. Kircher, Musurgia universalis, II, Romae MDCL, p. 144. 28 sonora, ut pictura, di un’idea verbale, come Earth trembles (“la terra trema”), fonicamente mimata dagli strumenti mediante martellanti sestine in progressione tonale. Il ricorrere alle figure citate, più che sfoggio di abilità, si potrebbe intendere come ispirazione e regola di tutta la musica poetica, intenta sì a delectare, ma soprattutto a movere gli infiniti affetti disseminati nei testi. La musica poetica, che del testo vive e al testo dona seconda vita, trova nella figura l’essenza e la ragione prima del suo agire. Come scriveva Trissino, «dare a un testo questa presenza vitale e visiva è la precipua virtù del poeta»22, del musicista è fare in modo che la sua arte divenga percorso altrettanto visibile e tracciato altrettanto illuminante. SCENA VI TRAMA. Durante il banchetto, Ester implora Assuero di risparmiare il suo popolo e gli ricorda di essere debitore nei confronti di Mardocheo, rivelandogli i veri motivi dell’ira di Aman. Assuero dà ascolto a Ester e ordina che Aman venga messo a morte. Aman si appella alla misericordia della regina, ma Ester lo respinge. Assuero dispone che vengano resi gli onori dovuti a Mardocheo, ed Aman, condotto al supplizio, riflette amaramente sulla propria sorte. Gli Israeliti celebrano la loro vittoria e prefigurano con fiducia il ritorno a Gerusalemme e la ricostruzione del tempio. La scena è aperta da un lungo dialogo fra il re Assuero ed Ester, nel quale la regina trova il coraggio di esplicitare al sovrano la richiesta di revocare il decreto di Aman con cui aveva ordinato lo sterminio del popolo di Israele, e di ricordargli come lo zio lo avesse salvato da una congiura. Assuero riconosce che egli deve a Mardocheo la vita e l’impero e condanna a morte Aman [Recitativo 30]. Il breve Accompagnato di Aman [31] che segue, con cui invoca la clemenza della regina prostrato a terra, è tutto percorso da una forte tensione armonica, generata dal pervasivo cromatismo discendente, immagine musicale della paura e del dolore, nonché emblema del Lamento barocco. L’Aria di Ester, Flatt’ring tongue, no more I hear thee! [32], con cui risponde alla preghiera di Aman, si realizza in un brillante numero che dà voce all’intima gioia della regina nel vedere il trionfo della giustizia. Il canto, che sfrut22. G.G. Trissino, La poetica, VI, Venetia 1529. 29 ta il movimento Allegro e la tonalità di si bemolle maggiore, non cela una sottile ironia, come lasciano intendere le parole del testo opportunamente valorizzate dai mezzi espressivi della retorica musicale. Al breve Recitativo [33] di Assuero con cui il sovrano ordina di condurre via Aman e di assegnare l’onore del trionfo a Mardocheo, segue l’ultima Aria di Aman How art thou fall’n from thy height! [34] in mi minore. Essa può essere considerata una sorta di monologo interiore, nel quale il ministro riconosce l’inutilità delle ambizioni umane e come la fortuna sia volubile, poiché l’ha sperimentato su di sé. Il supporto musicale alle parole di Aman è dato da un inizio cupo e percussivo in ritmo trocaico ostinatamente ripetuto nel corso di tutta l’Aria. Per contro, lo stato d’animo di Aman è musicalmente descritto ricorrendo a continui salti ascendenti o discendenti, spesso diminuiti, che raffigurano la disperazione che abita il suo cuore. L’ampia pagina conclusiva dell’Oratorio, infine, celebra la grandezza di Dio perché ha restituito la libertà al suo popolo e ha fatto perire i suoi nemici. Il coro finale The Lord our enemy has slain [35] esibisce, sin dall’attacco, tripudi festivi di gioia ed esultanza, grazie anche alla compagine strumentale arricchita da una tromba che può sfruttare la solare tonalità di re maggiore. Il motivo della lode corale che promana da tutto il popolo israelitico è stato realizzato mediante una sapiente costruzione della pagina musicale. Dopo una prima sezione che alterna momenti omofonici ad una fuga, il numero si apre ad inserti solistici dell’alto, di Ester e Mardocheo e di due bassi in dialogo con gli strumenti (bellissimo il gioco contrappuntistico fra l’alto e la tromba) e il Tutti del coro che squaderna fino alla fine spazi sonori sempre più distesi e vigorosi in grado di stupire l’ascoltatore. Ettore Garioni 30 George Frideric Handel (1685-1759) George Frideric Handel (1685-1759) ESTHER ESTER Haman and Mordecai (first version) A Masque (1718) Aman e Mordecai (prima versione) Un Masque (1718) HWV 50a HWV 50a Words by John Arbuthnot and Alexander Pope Parole di John Arbuthnot e Alexander Pope DRAMATIS PERSONAE PERSONAGGI Esther (soprano) Ahasuerus, King of Persia (tenor) Mordecai (tenor) Haman (bass) Israelite Woman (soprano) Priest (alto) First Israelite (tenor) Second Israelite (soprano) Habdonah (tenor) Persian Officer (tenor) Chorus of Israelites Chorus of Persian Soldiers Ester (soprano) Assuero, re di Persia (tenore) Mardocheo (tenore) Aman (basso) Donna israelita (soprano) Sacerdote (alto) Primo israelita (tenore) Secondo israelita (soprano) Abdonah (tenore) Ufficiale persiano (tenore) Coro di Israeliti Coro di soldati persiani Traduzione di ETTORE GARIONI 1. Ouverture 1. Ouverture Scene I Scena I 2. Recitative 2. Recitativo Habdonah ‘Tis greater far to spare than to destroy. Abdonah E’ assai più nobile risparmiare che distruggere. Haman I’ll hear no more; it is decreed, All the Jewish race shall bleed. Hear and obey, what Haman’s voice commands. Hath not the lord of all the east Giv’n all his power into my hands? Hear ye, all ye nations far and wide, Which own our monarch’s sway, Hear and obey. Aman Io non intendo più ascoltare; è decretato: tutta la stirpe ebrea perirà. Ascoltate e obbedite a ciò che la voce di Aman ordina. Non ha messo il signore di tutto l’oriente tutto il suo potere nelle mie mani? Udite, voi tutte nazioni in lungo e in largo, che siete sottomesse allo scettro del nostro sovrano, ascoltate e obbedite. 31 3. Air 3. Aria Haman Pluck root and branch from out the land: Shall I the God of Israel fear? Let Jewish blood dye ev’ry hand, Nor age, nor sex I spare. Raze, raze their temples to the ground, And let their place no more be found. Aman Strappate radici e rami dalla nostra terra: temerò io il Dio d’Israele? Il sangue giudeo macchi ogni mano, non risparmierò né sesso né età. Radete, radete al suolo i loro templi, e che non resti più traccia del loro insediamento. 4. Recitative 4. Recitativo Persian Officer Our souls with ardour glow To execute the blow. Ufficiale persiano I nostri cuori s’accenderanno d’ardore per eseguire il colpo. 5. Chorus of Persian Soldiers 5. Coro di soldati persiani Shall we the God of Israel’s fear? Nor age, nor sex we’ll spare. Pluck root and branch from out the land: Nor age, nor sex we’ll spare. Avremo paura del Dio d’Israele? Non risparmieremo né età né sesso. Strappate radici e rami dalla nostra terra: non risparmieremo né età né sesso Scene II Scena II 6. Recitative 6. Recitativo First Israelite Now persecution shall lay by her iron rod; Esther is Queen, and Esther serves the living God. Primo israelita Ora la persecuzione deporrà la sua verga di ferro; Ester è regina ed Ester serve il Dio vivente. 7. Air 7. Aria First Israelite Tune your harps to cheerful strains, Moulder idols into dust! Great Jehovah lives and reigns, We in great Jehovah trust. Tune your harps... da capo Primo israelita Fate risuonare le vostre arpe di gioiose melodie, riducete gli idoli in polvere! Il grande Jahvè vive e regna, noi crediamo nel grande Jahvè. Fate risuonare le vostre arpe... da capo 8. Chorus of Israelites 8. Coro di Israeliti Shall we of servitude complain, The heavy yoke and galling chain? Ci lamenteremo noi della schiavitù, del pesante giogo e della opprimente catena? 9. Air 9. Aria Second Israelite Praise the Lord with cheerful noise, ‘Wake my glory, ‘wake my lyre! Praise the Lord each mortal voice, Praise the Lord, ye heav’nly choir! Zion now her head shall raise: Secondo israelita Lodate il Signore con acclamazioni gioiose, destati, mia lode, svegliati, mia lira! Lodi il Signore ogni voce mortale, lodate il Signore, voi cori celesti! Sion ora alzerà la sua testa: 32 Tune your harps to songs of praise. Praise the Lord... da capo fate risuonare le vostre arpe di canti di lode! Lodate il Signore... da capo 10. Recitative 10 . Recitativo Second Israelite O God, who from the suckling’s mouth Ordainest early praise: Of such as worship thee in truth, Accept the humble lays. Secondo israelita O Dio, che dalla bocca del lattante susciti una precoce lode: di chi ti adora in verità, accetta gli umili canti. 11. Air 11. Aria First Israelite Sing songs of praise, bow down the knee; Our chains we slight, Our yoke is light, The worship of our God is free. Zion again her head shall raise, Tune all your harps to songs of praise. Sing songs... da capo Primo israelita Cantate canti di lode, piegate le ginocchia; disprezziamo le nostre catene, il nostro giogo è leggero, il culto del nostro Dio è libero. Sion solleverà ancora il suo capo, fate risuonare tutte le vostre arpe di canti di lode. Cantate canti... da capo 8a. Chorus of Israelites 8a. Coro di Israeliti Shall we of servitude complain, The heavy yoke and galling chain? Ci lamenteremo noi della schiavitù, del pesante giogo e della opprimente catena? Scene III Scena III 12. Recitative 12. Recitativo Priest How have our sins provok’d the Lord! Wild persecution has unsheath’d the sword. Haman hath sent forth his decree: The sons of Israel all Shall in one ruin fall. Sacerdote Come i nostri peccati hanno offeso il Signore! Una selvaggia persecuzione ha sfoderato la spada. Aman ha proclamato il suo decreto: tutti i figli d’Israele cadranno in una sola rovina. 13. Accompagnato 13. Accompagnato Priest Methinks I hear the mother’s groans, While babes are dashed against the stones! I hear the infant’s shriller screams, Stabb’d at the mother’s breast! Blood stains the murderer’s vest, And through the city flows in streams. Sacerdote Mi sembra di udire i lamenti della madre, mentre i bimbi sono scagliati contro le pietre! Odo le grida ancor più strazianti del bambino, pugnalato sul seno della madre! Il sangue insozza la veste dell’assassino, e scorre a fiotti attraverso la città. 14a. Chorus of Israelites 14a. Coro di Israeliti Ye sons of Israel mourn, Ye never to your country shall return! Mourn, mourn, Ye never to your country shall return! Figli di Israele, piangete, non tornerete mai più nella vostra terra! Piangete, piangete, non tornerete mai più nella vostra terra! 33 15. Air 15. Aria Priest O Jordan, Jordan, sacred tide, Shall we no more behold thee glide The fertile vales along? As in our great fathers’ days, Shall not thy hills resound with praise And learn our holy song? O Jordan... da capo Sacerdote O Giordano, Giordano, sacra corrente, non ti vedremo mai più scorrere lungo le fertili valli? Come ai giorni dei nostri nobili padri non risuoneranno di lodi le tue colline né ascolteranno il nostro sacro canto? O Giordano... da capo 14a. Chorus of Israelites 14a. Coro di Israeliti Ye sons of Israel mourn, Ye never to your country shall return! Mourn, mourn, Ye never to your country shall return! Figli di Israele, piangete, non tornerete mai più nella vostra terra! Piangete, piangete, non tornerete mai più nella vostra terra! Scene IV Scena IV 16. Recitative 16. Recitativo Esther Why sits that sorrow on thy brow? Why is thy rev’rend head With mournful ashes spread? Why is the humble sackcloth worn? Speak, Mordecai, my kinsman, friend, Speak, and let Esther know, Why all this solemn woe? Ester Perché c’è questa tristezza sulla tua fronte? Perché il tuo venerando capo è cosparso di dolente cenere? Perché indossi l’umile veste di sacco? Parla, Mardocheo, padre mio, amico mio, parla e informa Ester, perché questo grave lamento? Mordecai One fate involves us all! Haman’s decree, To strike at me, Hath said that ev’ry Jew shall fall. Go, stand before the king with weeping eye. Mardocheo Un solo destino sovrasta tutti noi! Il decreto di Aman, per colpirmi, ha detto che ogni Ebreo cadrà. Va’, presentati al re con occhi pieni di pianto. Esther Who goes unsummon’d, by the laws shall die. Ester Chi va non convocato, per legge morirà. 17. Air 17. Aria Mordecai Dread not, righteous Queen, the danger; Love will pacify his anger; Fear is due to God alone. Follow great Jehovah’s calling, For thy kindred’s safety falling; Death is better than a throne. Dread not.... da capo Mardocheo Non temere il pericolo, giusta regina; l’amore placherà la sua ira; il timore è dovuto soltanto a Dio. Rispondi alla chiamata del grande Jahvè, sacrificandoti per la salvezza della tua stirpe; la morte vale più di un trono. Non temere... da capo 34 18. Recitative 18. Recitativo Esther I go before the king to stand. Stretch forth, O king, thy scepter’d hand! Ester Vado a presentarmi dinnanzi al re. Tendimi, o re, la tua mano che regge lo scettro! 19. Air 19. Aria Esther Tears assist me, pity moving, Justice cruel fraud reproving. Hear, O God, thy servant’s prayer! Is it blood that must atone, Take, oh take my life alone, And thy chosen people spare. Ester Lacrime, aiutatemi a suscitare pietà, a condannare l’inganno, la crudele giustizia. Ascolta, o Dio, la preghiera della tua serva! E’ il sangue che deve espiare, prendi, oh prendi la mia sola vita, e risparmia il tuo popolo eletto. 20. Chorus of Israelites 20. Coro di Israeliti Save us, O Lord, And blunt the wrathful sword! Salvaci, o Signore, e spunta la spada adirata! Scene V Scena V 21. Recitative 21. Recitativo Ahasuerus Who dares intrude into our presence without our leave? It is decreed, He dies for this audacious deed. Ah! Esther there! The law condemns, but love will spare. Assuero Chi osa venire alla nostra presenza senza il nostro permesso? E’ decretato, egli muore per questa audacia. Ah! È Ester! La legge condanna, ma l’amore risparmierà. Esther My spirits sink, alas I faint. Ester Il mio coraggio vacilla, ahimè, io vengo meno. Ahasuerus Ye powers, what paleness spreads her beauteous face! Esther, awake, thou fairest of thy race. Esther, awake and live, ‘tis my command! Behold the golden sceptre in my hand, Sure sign of grace. The bloody stern decree Was never meant, my Queen, to strike at thee. Assuero O potenze, che pallore copre il suo bel viso! Ester, destati, tu, la più bella del tuo popolo. Ester, destati e vivi, questo è il mio comando! Vedi lo scettro d’oro nella mia mano, sicuro segno di grazia. Il severo decreto non fu mai destinato, mia regina, a colpire te. 22. Duet 22. Duetto Esther Who calls my parting soul from death? Ester Chi richiama dalla morte la mia anima morente? Ahasuerus Awake, my soul, my life, my breath! Assuero Svegliati, anima mia, vita mia, mio respiro! 35 Esther Hear my suit, or else I die. Ester Ascolta la mia supplica, altrimenti io muoio. Ahasuerus Ask, my Queen, can I deny? Assuero Chiedi, mia regina, posso io negartelo? 23. Air 23. Aria Ahasuerus O beauteous Queen, unclose those eyes! My fairest shall not bleed; Hear love’s soft voice that bids thee rise And bids thy suit succeed. Ask, and ‘tis granted from this hour, Who shares our heart shall share our pow’r. O beauteous Queen... da capo Assuero O bella regina, apri questi tuoi occhi! La mia bellissima (regina) non verserà il suo sangue; ascolta la dolce voce dell’amore che ti invita ad alzarti e dice che la tua supplica è esaudita. Chiedi, e ciò è accordato da questo momento, chi è partecipe del nostro cuore, sarà anche partecipe del nostro potere. O bella regina... da capo 24. Recitative 24. Recitativo Esther If I find favour in thy sight, May the great monarch of the east Honour my feast, And deign to be his servant’s guest. The king and Haman I invite. Ester Se trovo grazia ai tuoi occhi, possa il grande monarca dell’Oriente onorare la mia festa e si degni di essere ospite della sua serva. Io invito il re ed Aman. 25. Air 25. Aria Ahasuerus How can I stay when love invites? I come, my Queen, to chaste delights. With joy, with pleasure, I obey, To thee I give the day. How can I stay... da capo Assuero Come posso indugiare quando l’amore invita? Vengo, mia regina, a caste delizie. Con gioia, con piacere io. obbedisco, a te io concedo questo giorno. Come posso indugiare... da capo 26. Recitative 26. Recitativo First Israelite With inward joy his visage glows, He to the Queen’s apartment goes. Beauty has his fury charm’d, And all his wrath disarm’d. Primo israelita D’intima gioia il suo volto risplende, egli si reca agli appartamenti della regina. La bellezza ha incantato il suo furore e ha disarmato tutta la sua ira. 27. Chorus of Israelites 27. Coro di Israeliti Virtue, truth and innocence Shall ever be her true defence. She is Heav’n’s peculiar care, Propitious Heav’n will hear her pray’r. Virtù, verità e innocenza saranno sempre la sua sicura difesa. Ella è la prediletta del Cielo, il Cielo propizio ascolterà la sua preghiera. 36 28. Arioso 28. Arioso Priest Jehovah crown’d with glory bright, Surrounded with eternal light, Whose ministers are flames of fire: Arise, and execute thine ire! Sacerdote O Jahvè, coronato di gloria splendente, cinto di luce eterna, i cui ministri sono fiamme di fuoco, sorgi e scatena la tua ira! 29. Chorus of Israelites 29. Coro di Israeliti He comes, He comes to end our woes, And pour His vengeance on our foes. Earth trembles, lofty mountains nod! Jacob, arise to meet thy God! He comes, He comes to end our woes, And pour His vengeance on our foes. Egli viene, viene per porre fine alle nostre sofferenze e scagliare la sua vendetta sui nostri nemici. La terra trema, le alte montagne vacillano! Giacobbe, alzati per incontrare il tuo Dio! Egli viene, viene per porre fine alle nostre sofferenze e scagliare la sua vendetta sui nostri nemici. Scene VI Scena VI 30. Recitative 30. Recitativo Ahasuerus Now, O Queen, thy suit declare. Ask half my empire, and ‘tis thine. Assuero Ora, o regina, esponi la tua richiesta. Chiedi la metà del mio impero, e sarà tuo. Esther O gracious king, my people spare, For in their lives, you strike at mine. Reverse the dire decree! The blow is aimed at Mordecai and me. And is the fate of Mordecai decreed, Who, when the ruffian’s sword Sought to destroy my royal Lord, Brought forth to light the desperate deed? Ester O re misericordioso, risparmia il mio popolo, perché nelle loro vite tu colpisci la mia. Revoca il tremendo decreto. Il colpo è diretto contro Mardocheo e me. Ed è decisa la sorte di Mardocheo, il quale, quando la spada dello scellerato ha tentato di trafiggere il mio regale Signore, ha denunciato il terribile atto? Ahasuerus Yes, yes, I own, To him alone I owe my life and throne. Say then, my Queen, who dares pursue The life to which reward is due? Assuero Sì, sì, io lo riconosco, a lui solo io devo la mia vita e il mio trono. Dimmi dunque, o mia regina, chi osa perseguitare la vita cui è dovuta riconoscenza? Esther ‘Tis Haman’s hate That signed his fate. Ester E’ l’odio di Aman che ha decretato il suo destino. Ahasuerus I swear by yon great globe of light Which rules the day, That Haman’s sight Shall never more behold the golden ray. Assuero Io giuro per quella grande sfera di luce, che governa il giorno, che gli occhi di Aman non vedranno mai più i suoi raggi d’oro. 37 31. Accompagnato 31. Accompagnato Haman Turn not, O Queen, thy face away. Behold me prostrate on the ground! Oh speak, his growing fury stay, Let mercy in thy sight be found. Aman Non voltare, o regina, il tuo volto. Guardami, prostrato a terra! Oh, parla, ferma il suo crescente furore, fa’ che nel tuo sguardo sia trovata clemenza! 32. Air 32. Aria Esther Flatt’ring tongue, no more I hear thee! Vain are all thy cruel wiles! Bloody wretch, no more I fear thee, Vain thy frowns and vain thy smiles. Tyrant, when of power possess’d, Now thou tremblest, when distress’d. Flatt’ring tongue... da capo Ester Lingua adulatrice, non ti sento più! Vani sono tutti i tuoi crudeli inganni! Miserabile sanguinario, non ti temo più, vane sono le tue minacce, vani i tuoi sorrisi! Tiranno, quando avevi il potere, ora tu tremi, quando ti senti perduto. Lingua adulatrice... da capo 33. Recitative 33. Recitativo Ahasuerus Guards, seize the traitor, bear him hence! Death shall reward the dire offence. To Mordecai be honour paid: The royal garment bring, My diadem shall grace his head, Let him in triumph through the streets be led, Who saved the king. Assuero Guardie, catturate il traditore, portatelo via di qui! La morte ripagherà il suo tremendo crimine. A Mardocheo sia reso onore: portate le vesti regali, il mio diadema ornerà il suo capo, sia portato in trionfo attraverso le strade, lui che ha salvato il re. 34. Air 34. Aria Haman How art thou fall’n from thy height! Tremble, ambition, at the sight! In power let mercy sway, When adverse fortune is thy lot, Lest thou by mercy be forgot, And perish in that day. How art thou fall’n... da capo Aman Come sei caduto (in basso) dalla tua altezza! Trema, ambizione, a questa vista! Nel potere regni la pietà, quando l’avversità è tuo destino, per paura che la clemenza sia dimenticata e perisca in questo giorno. Come sei tu... da capo 35. Chorus of Israelites 35. Coro di Israeliti The Lord our enemy has slain, Ye sons of Jacob, sing a cheerful strain! Sing songs of praise, bow down the knee. The worship of our God is free! The Lord our enemy has slain, Ye sons of Jacob, sing a cheerful strain! For ever blessed be thy holy name, Let Heav’n and earth his praise proclaim. Il Signore ha fatto perire il nostro nemico, voi, figli di Giacobbe, cantate un canto gioioso! Cantate canti di lode, piegate le ginocchia. Il culto del nostro Dio è libero! Il Signore ha fatto perire il nostro nemico, voi, figli di Giacobbe, cantate un canto gioioso! Per sempre benedetto sia il tuo santo nome, cielo e terra proclamino la sua lode. 38 Alto solo Let Israel songs of joy repeat, Sound all the tongues Jehovah’s praise. He plucks the mighty from his seat, And cuts off half his days. Alto solo Rinnovi Israele canti di gioia, tutte le lingue risuonino delle lodi di Jahvè. Egli scaccia il potente dal suo trono, e dimezza il numero dei suoi giorni. Chorus For ever bless’d be thy holy name, Let Heav’n and earth his praise proclaim. Coro Per sempre benedetto sia il tuo santo nome, cielo e terra proclamino la sua lode. Esther, Mordecai The Lord his people shall restore, And we in Salem shall adore. Ester, Mardocheo Il Signore ricostituirà il suo popolo e noi l’adoreremo in Gerusalemme. Chorus For ever blessed be thy holy name, Let Heav’n and earth his praise proclaim. Coro Per sempre benedetto sia il tuo santo nome, cielo e terra proclamino la sua lode. Bass I, II Mount Lebanon his firs resigns, Descend, ye Cedars, haste ye Pines To build the temple of the Lord, For God his people has restor’d. Basso I, II Il monte Libano rinunzia ai suoi abeti, discendete, voi cedri, affrettatevi, voi pini, per costruire il tempio del Signore, poiché Dio ha ricostituito il suo popolo. Chorus For ever bless’d be thy holy name, Let Heav’n and earth his praise proclaim. Coro Per sempre benedetto sia il tuo santo nome, cielo e terra proclamino la sua lode. 39 A pagina 4: Rosanna Pellicani, Ester pigmento e oro su carta, 2008 Editing a cura di Maria Laura Gelmini Finito di stampare nel mese di Settembre 2008 dalla Tipografia Sollicitudo - Lodi