A G O R À s p e t t a c o l i 21
Sabato
1 Agosto 2015
TIZIANA LUPI
ue giornalisti che, decisi a porre alcune semplici domande al “poverello” di
Assisi, si appostano lungo il Cammino
di san Francesco nella speranza di intercettarlo lungo la strada. Accade nell’«intervista impossibile» intitolata Chiara e il Lupo
incontrano san Francesco che aprirà, sabato 1
agosto a Rieti, la 2° edizione del “Cammino di
san Francesco” organizzata dalla Regione Lazio, con il Progetto Abc Arte Bellezza e Cultura e il Comune di Rieti. La manifestazione prevede spettacoli, performance e musica che, nel
mese di agosto, animeranno chiese, santuari,
teatri, castelli e piazze della Valle Santa Reati-
D
L’evento.
Chiara e il Lupo incontrano Francesco
na considerata, con i suoi quatto santuari francescani (Fonte Colombo, la Foresta, Greccio e
Poggio Bustone) una delle “patrie” di san Francesco insieme ad Assisi e a La Verna.
Scritto da Lorenzo Pavolini e diretto da Giorgio Barberio Corsetti, Chiara e il Lupo incontrano san Francesco si presenta come una sorta di dialogo surreale e improbabile fra i tre
protagonisti che danno il titolo allo spettacolo: Chiara, interpretata da Michela Cescon;
Francesco, nell’interpretazione di Giulio Scarpati; e il Lupo, cui presta il volto Edoardo Leo.
I due giornalisti sono animati dalle migliori intenzioni, vogliono parlare con quel santo che
ha cantato la natura e la bellezza del creato come nessuno e, se possibile, trasferire il suo pensiero in un presente che sembra avere ancora
tanto bisogno delle sue parole e del suo esempio. Per questo ascoltano il Cantico delle Creature, rileggono i Fioretti e le vite di san Francesco dei suoi tanti biografi, analizzano le tante
opere dedicate al suo pensiero.
Ma il Lupo si rivela un intervistatore decisamente maldestro che fatica ad entrare nel suo
ruolo e che appare più come ciò che realmente è: un giornalista un po’ sprovveduto e affamato sì come un lupo ma di notizie. E che all’illustre intervistato finisce per chiedere se ha
mai immaginato di poter diventare, un giorno,
così popolare e di vedere un giorno un Papa
scegliere il suo nome e intitolare Laudato si’ la
sua enciclica.
Alla fatica del Lupo, che non riesce a tradurre
il pensiero di san Francesco in articoli per le pagine di economia e finanza del giornale per il
quale lavora, fa da contraltare Chiara, abile pro-
ifondare la cultura investendo sui bambini. È in fase di realizzazione Registro
di classe, il nuovo documentario del regista Gianni Amelio. La cura della memoria, lo sguardo sulla
scuola nascente dell’obbligo, il ruolo centrale dei bambini sono le parole chiave
che accompagnano questo lavoro, nato
all’interno del Festival Vintage della memoria, che «pur non occupandosi della
storia con la s maiuscola – spiega Amelio – si occupa della storia delle persone
e prende vita da un archivio caratterizzato da un’umanità sconosciuta, a volte
molto più illuminante degli stessi grandi eventi».
Un film sulla scuola partendo dalla storia: qual è lo spunto di Registro di classe?
«Dai giornali ai cinegiornali dell’epoca
raccoglieremo e sceglieremo materiali significativi sulla scuola italiana dell’obbligo, concentrandoci solo sulla scuola elementare prima che l’obbligo fosse posticipato alla terza media. Il periodo che racconteremo è un periodo di un’altra Italia,
quando l’analfabetismo, molto esteso, nasceva dalla povertà e dalla necessità di avere braccia di lavoro, anche se braccia di
bambini, nei campi e nelle miniere, come
avveniva in Sicilia. Preso da altri bisogni
come quello del lavoro e della sopravvivenza, il contadino analfabeta degli anni
’20 non era convinto che i figli potessero
avere davvero bisogno di imparare a leggere e scrivere. Senza dimenticare il ruolo limitato che la società affidava alla donna, che doveva essere al servizio del proprio uomo».
Un’Italia ormai lontana e sconosciuta alle nuove generazioni.
«Raccontiamo un’Italia totalmente diversa, caratterizzata da divari enormi tra le regioni e dove i maestri dovevano andare a
cercare gli alunni nelle scuole deserte del
Sud: ci sono stati casi durante gli anni che
hanno preceduto la Prima guerra mondiale fino alla Seconda, in cui il maestro
avrebbe ricevuto lo stipendio solo se sarebbe stato in grado di riunire bambini in una classe».
Nel visionare il materiale
dell’archivio avete trovato
un filo conduttore?
«Insieme a Cecilia Pagliarini, che sarà la montatrice del documentario, vogliamo raccontare il ruolo
insostituibile dell’istruzione per un individuo, legandolo alle condizioni
storiche ed economiche
del nostro Paese. Raccontare una scuola
che con gli anni cresce in una società dove non c’era solo il problema dell’analfabetismo, ma soprattutto c’era il problema
del lavoro. Con questo documentario vogliamo far emergere una necessità vera
della società di oggi: non si può rinunciare alla scuola. Ogni volta che si parla di tagli all’istruzione e a tutto ciò che è cultura, allora si taglia qualcosa di vitale. Un
Paese che ha voglia di crescere dovrebbe
E nella città del Poverello
si canta e si vive la felicità
R
FULVIO FULVI
ual è il desiderio più vero e profondo dell’uomo? La
felicità. Esiste, per esempio, un piccolo Paese ai piedi dell’Himalaya, il Buthan, che ha addirittura inventato l’indicatore chiamato “Felicità interna lorda”... Per dire che il benessere di un popolo non si può misurare in termini di beni prodotti. Anche la Dichiarazione
d’indipendenza americana riconosce a tutti il diritto «alla
ricerca della felicità». E la stessa letteratura, a cominciare
da Epicuro, è una continua ricerca di risposte, più o meno
autentiche, alle esigenze di “compimento” di sè.
Ma cos’è veramente la felicità? Vuol dire assenza di dubbi,
dolori, crisi, malattie per tutta l’esistenza? Oppure è possibile raggiungerla solo... a frammenti? È riconducile all’infinito? Per saperne di più ci soccorre un evento in programma dal 1° agosto al 18 settembre in una capitale mondiale
della felicità, Assisi, la città del poverello, colui che trovò nel
rapporto con Dio e nel contatto con la natura la vera serenità di spirito. Stiamo parlando del Festival Internazionale
della Felicità, rassegna di incontri, dibattiti, concerti, spettacoli di danza, esposizioni d’arte. Il primo appuntamento
in calendario, nella piazza del Comune (alle ore 9.00) è con
i racconti e le testimonianze del gruppo Bento che ha chiesto alla gente di rappresentare questa “esigenza dell’anima”. Poi, alle 18.00, con gli allestimenti dislocati al Foro Romano, nella cripta di San Rufino, nella chiesa di Santo Stefano e nell’Oratorio di San Francesco, inaugura la mostra
d’arte di Stefano Frascarelli intitolata Dalla terra al cielo. Altri luoghi dove essere felici.
L’11 agosto (ore 18.00), in piazza
Chiesa Nuova, concerto dei belgi
Il festival
Vandeau. Domenica 9 agosto
che si apre oggi Ludo
c’è, invece, la prima esecuzione delnella città umbra l’opera Salomè di don Giuseppe
presenta
Magrino, eseguita dalla Cappella
spettacoli,
musicale della Basilica Papale di
dibattiti e opere San Francesco in Assisi. La musica
domina l’intera kermesse. Con l’End’arte
semble Darclée-Concerto a Balcosul desiderio
ne, che propone canzoni napoletapiù profondo
ne; con i Cantori di Assisi diretti da
dell’uomo
Gabriella Rossi in “semper in laetitia cantemus”; con Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi ballate sulle punte dai ragazzi e dalle ragazze dell’associazione Scarpette rosa. Anche i bambini sono coinvolti, con i Laboratori della Felicità nella Sala delle Volte. E se è vero che “Il cuore non ha barriere”, come il concerto dell’aurora (ore 5.30
di Ferragosto, nel prato della Basilica Superiore) eseguito
dal pianista Maurizio Mastrini, è anche vero che “La poesia è musica”, nel chiostro dei novizi del sacro convento (il
25 e 27 agosto alle 19.00) grazie ai versi di Garçia Lorca nel
Romanciero Gitano di Mario Castelnuovo Tedesco. Tra gli
ospiti della manifestazione anche Cristiano de André e il
compositore Luis Enrìquez Bacalov che terrà un concerto
nel sagrato di San Rufino (il 18 settembre alle 21.00). Con
Roberto Giacobbo saranno nominati 12 ambasciatori della felicità “Città di Assisi” nel mondo: personalità che rappresentano categorie professionali ma anche persone “comuni”, riceveranno in dono “La Felicità” di poter aiutare,
con la propria partecipazione, associazioni, istituti di ricerca e onlus del territorio assisano e non solo. L’ultima settimana di agosto si svolge, invece, la rassegna Dal Colle del
Paradiso diretta da padre Giuseppe Magrino, appuntamento che abbraccia arte e fede, con il desiderio di rendere Assisi un modello di pace e dialogo. Il programma su festivalinternazionaledellafelicita.com.
Q
RIGORE. Nelle scuole d’un tempo s’insegnava anche l’igiene personale. Sotto, Gianni Amelio
SCUOLA
La
che ha fatto l’Italia
investire nei bambini, su coloro che saranno i cittadini del futuro».
Il lavoro di ricerca è ancora agli inizi. Cosa vorrebbe scoprire nel materiale a disposizione?
«Vorrei scoprire come nel nostro Paese si
sia fatto di tutto affinché la società fosse
una società migliore, affinché la scuola diventasse, nel tempo, una parte importante
della crescita del bambino e la famiglia
potesse avere un ruolo significativo e riconosciuto. Tramite l’istruzione la società diventa un luogo dove tutti i cittadini hanno gli stessi diritti e doveri, possono credere e investire in un futuro familiare e sociale. Abbandonata dalle istituzioni, la famiglia non hai mai
potuto trovare, da sola, i
mezzi per crescere. Con
il documentario vogliamo evidenziare
come la scuola abbia
giocato un ruolo importante nello sviluppo di una coscienza di un bambino, permettendogli di vivere da cittadino adulto, conoscendo i propri diritti e doveri, inserendosi all’interno di un tessuto sociale, fondato sul lavoro».
Per rifondare la formazione dei bambini
la memoria giova un ruolo importante.
«Riflettere sulle immagini storiche, sugli eventi, avere il compito di riportarli alla luce, di creare un film è la spinta per ricon-
Cinema
Gianni Amelio:
«Nel mio
documentario
le classi
dagli anni 20
al dopoguerra»
siderare il passato come qualcosa di vivo. La storia delle persone e i ricordi familiari possono insegnare e dare stimoli
per riconoscersi e riconoscere se stessi
anche negli altri. È l’idea di base del Festival Vintage che invita giovani liceali a
lavorare sui materiali di “Nos archives”,
l’archivio curato da Cecilia Pagliarani.
Contiene venticinquemila filmati, dagherrotipi, negativi su vetro, diapositive, Polaroid, filmini familiari e di viaggi
e, di fatto, costituisce il primo archivio mondiale di video
ed immagini amatoriali. I giovani
prepareran-
no, con una gara ad hoc, corti dove
scompongono le memorie degli adulti
e le legano con il presente. Nel passato
sono stati realizzati lavori originali e toccanti perché la sfida è quella di legare lo
spettatore alla memoria di uno sconosciuto, unire i due mondi, in un breve
film, realizzato con materiali diversi.
Un’operazione straordinaria che rimette al centro il passato in un mondo
dove la memoria tende ad essere azzerata, dove le generazioni ultime non
conoscono la vita dei loro
padri e di chi li ha preceduti».
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IL FESTIVAL
IL GUSTO DELLA MEMORIA
Giunta alla quarta edizione il festival Vintage della
memoria, organizzato dall’associazione “Come
eravamo”, si svolgerà a Roma il 7 e l’8 novembre
2015 e ospiterà un concorso per registi appassionati
di immagini d’archivio; il tema di quest’anno è “la
storia dal basso”. Attraverso le immagini presenti su
“Nos Archives” giovani studenti delle scuole superiori
potranno raccontare la storia da un punto di vista
alternativo a quello ufficiale, utilizzando materiali
cinematografici realizzati dal 1922 al 1970, presenti in
nosarchives.com e nell’archivio dell’Istituto Luce. Per il
secondo anno consecutivo viene anche lanciato il concorso
dedicato agli studenti under 18 delle scuole medie e superiori
a iscrizione gratuita. L’iscrizione è fissata al 30 agosto,
mentre i materiali possono essere inviati entro il 30
settembre 2015. (E.Gen.)
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Il Festival della Valle d’Itria riscopre la “Medea in Corinto” di Mayer
GABRIELLA FUMAROLA
MARTINA FRANCA
uasi quarant’anni separano l’ultima rappresentazione della Medea
in Corinto di Giovanni Simone
Mayr dal pregevole allestimento
proposto giovedì sera al 41° Festival
della Valle d’Itria di Martina Franca. Melodramma tragico in due atti, su libretto di
Felice Romani, la Medea in Corinto di Mayr
fu eseguita per la prima volta al teatro San
Carlo di Napoli nel 1813 e il successo le arrise finché sulle scene non comparve l’omonimo titolo di Cherubini che ne oscurò
la fama. Si dovette attendere il 1977 per una ripresa della Medea di Mayr, sempre al
San Carlo, affidata al prestigio della celeberrima Leyla Gencer.
Il Valle d’Itria propone la prima rappresentazione assoluta dell’opera di Mayr nella edizione critica di Paolo Rossini (edi-
Q
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Assisi
EMANUELA GENOVESE
Opera.
fessionista alla quale il “poverello” di Assisi si
rivolge desiderando, al di là di ogni logica, che
lei sia davvero la «sua» Chiara per poter rivivere tutto ciò che hanno vissuto assieme. In questo modo, il loro si trasforma presto in un dialogo confidenziale e schietto, perdendo ogni
carattere d’intervista: lui ricorda la notte in cui
lei, giovanissima, è sgattaiolata via di casa per
raggiungere lui e i suoi frati alla Porziuncola e
quella sensazione di protezione che lei, inconsapevolmente, gli ha sempre trasmesso;
lei, dal canto suo, gli assicura che c’è ancora
tanto bisogno di lui nel mondo, arrivando a
chiedergli di prolungare il suo cammino e dirigersi verso nord, almeno fino a Milano.
zioni Ricordi), in un allestimento scenico
in cui la musica, strumentale e vocale, ne
esce protagonista assoluta, esito indubbio
della magistrale direzione di Fabio Luisi,
che sin dalla sinfonia d’apertura ha posto
le premesse per una coinvolgente esperienza d’ascolto. La struttura formale della Medea di Mayr è cesellata da non pochi
e sorprendenti florilegi musicali. Con sapiente abilità di scrittura, il compositore italo-tedesco sfrutta a pieno le diverse sezioni orchestrali e le singole voci strumentali, in costante dialogo col canto, peculiarità che Fabio Luisi coglie e valorizza
attraverso dettagli esecutivi che conferiscono alla narrazione musicale un esito
interpretativo di efficace impatto emotivo.
Non meno ricca si rivela l’invenzione di
Mayr nella tessitura del canto, costantemente impegnato in volate virtuosistiche
di notevole difficoltà e risolte con spiccata agilità dalla compagine vocale. Nel ca-
Dopo il debutto al San Carlo
di Napoli nel 1813,
il melodramma fu poi oscurato
dall’omonima opera di Cherubini
Successo a Martina Franca
per l’edizione critica di Paolo Rossini
st si distingue in primis Davinia Rodríguez,
notevole nel ruolo del titolo. Se già brilla
in Sommi dei, che i giuramenti, aria del
primo atto sostenuta da un pregevole assolo di violino, nella struggente aria con i
figli, nel secondo atto, la sua caratterizzazione scenica e vocale è ancora più convincente e apprezzabile. Al suo fianco, nel
ruolo di Giasone, Michael Spyres conferma le sue riconosciute doti belcantistiche,
ottenendo meritati consensi. Notevole anche la prova di Mihaela Marcu che ha da-
to voce a Creusa, rivale di Medea, di Enea
Scala e Roberto Lorenzi che si distinguono nei ruoli di Egeo e Creonte.
Nella rappresentazione dell’antica tragedia, la regia di Benedetto Sicca si avvale
di pochi elementi scenici, ma carichi di
rimandi simbolici, e rivela l’intenzione
di esaltare il senso drammaturgico della
gestualità (come ha inteso sottolineare
la presenza costante in scena di mimi e
danzatori della Fattoria Vittadini) e della
musica. Uno dei momenti lirici più suggestivi di tutta l’opera si colloca all’inizio
del secondo atto con il canto di Creusa
(intensa l’esecuzione della Marcu) sostenuto dal suono aulico dell’arpa posta
in scena (felice soluzione registica) a sostegno poetico di quel preciso istante della narrazione.
L’azione si svolge in uno spazio nel quale
le stesse architetture del Palazzo Ducale e
gli efficaci effetti di luce diventano parte
integrante della scenografia ideata da Maria Paola Di Francesco. Un grande prato
fiorito, luogo metaforico della memoria,
domina il primo atto. I fiori sono rossi, come la passione che muove l’animo dei personaggi, come il sangue innocente che
verseranno i figli di Medea e Giasone. Il
prato fiorito scompare nel secondo atto
per lasciare posto a un pavimento speculare tratteggiato da crepe ed ombre riflesse e ad un fossato, metafora degli inferi
che rimandano al gesto funesto ed estremo di Medea, rendendo l’azione suggestiva e drammatica. Uno degli elementi musicali di particolare interesse nella Medea
di Mayer è il ruolo coro, reso con efficacia
vocale e scenica dal Coro della Filarmonia
di Stato “Transilvania” di Cluj-Napoca.
Le repliche di Medea in Corinto si terranno il 2 e il 4 agosto alle 21,00 nell’Atrio del
Palazzo Ducale di Martina Franca.
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L`Avvenire - Festival Internazionale della Felicità