la Repubblica DIARIO GIOVEDÌ 12 SETTEMBRE 2013 DI REPUBBLICA ■ 52 Le polemiche recenti sulle azioni contro la Tav in Val di Susa riaprono la questione del confine tra diritto al dissenso e forme illegali di opposizione SABOTAGGIO Quando le proteste diventano violenza GUIDO CRAINZ LIBRI ANNA BRAVO La conta dei salvati Laterza 2013 ERNESTO CHE GUEVARA La guerra di guerriglia Dalai 2003 JACQUES SÉMELIN Senz’armi di fronte ad Hitler Sonda 1999 ANTONIO NEGRI Il dominio e il sabotaggio Feltrinelli 1978 CRISTIANO ARMATI (a cura di) Il libretto rosso dei partigiani Purple Press 2009 ANTONIO GRAMSCI Scritti scelti Bur 2007 Nel tempo della lotta Il Saggiatore 2013 MANUEL V. MONTALBÁN Sabotaggio olimpico Feltrinelli 2006 ORIANA FALLACI Saigon e così sia Bur 2010 MARTIN SPROUSE (a cura di) Sabotaggio negli Usa Derive Approdi 1998 orse, davanti alle polemiche di questi giorni sulle proteste contro la Tav, occorre superare il fastidio per il riemergere di retoriche e stilemi che credevamo sepolti con gli anni Settanta. Forse occorre ritornare ancora su discrimini fondanti: su ciò che divide la battaglia quotidiana per consolidare i diritti e la democrazia dalle derive che possono indebolirla o insidiarla. A un primo sguardo è certo facile tracciare il confine fra le forme illegali e violente di lotta e quelle pacifiche e lecite: anche quelle più “estreme”, come gli scioperi della fame portati quasi oltre il limite o quelle forme di dissenso in climi ostili che espongono a ritorsioni – esse sì – violente (come avvenne nelle lotte per i diritti civili nel sud degli Stati Uniti e in molti altri casi). Sarebbe salutare, anche, che fossero molto più diffuse le ricerche sulle potenzialità di forme non violente di lotta anche di fronte a dittature feroci: ha iniziato a farlo molti anni fa Jacques Sémelin per l’Europa occupata dalla Germania nazista (Senz’armi di fronte a Hitler), da noi lo ha fatto anche di recente Anna Bravo muovendosi fra Italia e Tibet, India e Kossovo (La conta dei salvati): e sottolineando la forza dissacratrice dell’ironia, la sua capacità di accendere la potenzialità realmente eversive della fantasia, non dei roghi. Con altrettanta evidenza, inoltre, la parola sabotaggio evoca sconfitta, debolezza o addirittura impossibilità di esistere del movimento collettivo. Così fu nelle campagne italiane di fine Ottocento ai primi albori del nostro movimento sindacale (che spesso ha nelle campagne appunto la sua origine): erano segnale di debolezza o di impotenza gli incendi dei fienili o il danneggiamento notturno dei raccolti. E lo fu anche il loro isolato riemergere, sconfessato dalle organizzazioni sindacali, all’indomani delle sconfitte del secondo dopoguerra, nel clima della guerra fredda. Per molti versi inoltre il passaggio a forme violente è la negazione, non la prosecuzione della mobilitazione e della presa di coscienza. Agli inizi degli anni settanta, ad esempio, la autoriduzione collettiva del pagamento delle bollette di luce, gas o telefoni fu ampiamente organizzata da comitati di quartieri, organizzazioni sindacali, gruppi di base: alla fine del decennio la possibilità stessa di riprendere quelle forme di lotta fu stroncata dalla pra- F Debolezza Distorsione Sono lotte che testimoniano debolezza invece che forza sconfitta, addirittura impossibilità di esistere del movimento collettivo Una tragica distorsione che si verificò negli anni Settanta La negazione della differenza tra una democrazia e uno stato totalitario tica di autoriduzione violenta, spinta sino all’esproprio, praticata dai gruppi dell’ “autonomia operaia” (gli stessi che stritolarono le potenzialità dell’ala creativa del movimento del ’77). Altre osservazioni possono ri- SILLABARIO guardare poi il rozzo pedagogismo giacobino dell’“atto esemplare”: vi è al fondo la sottovalutazione se non il dispregio della capacità di azione autonoma dei cittadini e – sotto altre spoglie – il vecchio mito della avanguardia GABRIEL GARCÍA MÁRQUEZ SABOTAGGIO utto è diventato politica. Dalla piazza del Rossio, nel cuore di Lisbona, fino all’angolo più remoto della provincia, non ci sono più un centimetro di muro né un cartello stradale né il piedistallo di una statua senza il suo slogan politico. «Unità sindacale», chiedono a caratteri cubitali i comunisti. «Viva Cristo Re», dice la reazione cattolica. «Il voto è l’arma del popolo», dicono i liberali. Gli anarchici correggono: «L’arma è il voto del popolo». Due pescatori pescano a loro piacimento in quel fiume dalle acque torbide. Uno è la bigotteria universale. L’altro è la reazione, con i suoi espedienti immensi e i suoi complici imboscati, che finanziano azioni di sabotaggio in nome di Dio e scagliano bombe di notte contro i negozi e stanno avvelenando il mondo intero con l’infame diceria secondo cui il tranquillo e bel Portogallo delle canzoni è andato in malora. T © RIPRODUZIONE RISERVATA leninista. A ciò si aggiunse negli anni settanta un altra tragica distorsione. Com’è del tutto ovvio il problema delle forme di lotta si pone in forme radicalmente diverse nelle democrazie o nei regimi totalitari (per non parlare, di nuovo, dell’Europa occupata della seconda guerra mondiale, quando la lotta armata fu integrata dalle forme più diverse di sabotaggio: un modo per estendere, non per restringere la partecipazione alla Resistenza). Il dramma degli anni di piombo iniziò proprio dalla negazione, tendenziale o drastica che fosse, di questa distinzione: in Germania come in Italia nell’ideologia e nella propaganda delle nascenti organizzazioni terroristiche fu centrale l’idea di vivere ormai in uno stato autoritario, se non totalitario, o avviato ad esserlo (intrecciata, naturalmente, al mito della rivoluzione). Da questa convinzione inizia il percorso che porta Giangiacomo Feltrinelli sino al traliccio di Segrate, e anche di questo parla un documento delle future Brigate rosse redatto all’indomani della strage di piazza Fontana. A ciò si intrecciarono vie in qualche modo “intermedie”: all’inizio del decennio, nel clima ALLEGORIA Sopra, un’allegoria contro i sabotaggi anarchici alle ferrovie, sul Petit Journal del 1911. Sotto, un treno francese sabotato dai tedeschi nella Renania (1923). In alto a sinistra, illustrazione inglese sulle proteste luddiste Antonio Gramsci Henry Miller Ernesto “Che” Guevara La neutralità assoluta si riduce a un vero sabotaggio come vuole la classe dirigente La civilizzazione è droga alcol, prostituzione, salari bassi cibo cattivo, sabotaggi Con i sabotaggi si possono paralizzare interi eserciti e bloccare la vita industriale Scritti scelti, 1914 L’occhio cosmologico, 1939 La guerra di guerriglia, 1960 ■ 53 LE ORIGINI IL LUDDISMO LOTTA AMBIENTALISTA OGGI Il termine “sabotaggio” deriva da “sabot”, ossia gli “zoccoli” usati dai lavoratori ribelli in Francia e Paesi Bassi Secondo la leggenda nel 1779 l’operaio Ned Ludd distrugge un telaio in Inghilterra È l’inizio del “luddismo” Negli anni gli ecologisti più radicali hanno compiuto anche violenti sabotaggi come lo svizzero Camenisch Tornano alla ribalta i sabotaggi anti Tav Polemiche per le frasi di alcuni intellettuali come De Luca e Vattimo Le tappe Dal luddismo dell’800 alle rivolte contemporanee QUEGLI OPERAI CONTRO LE MACCHINE MASSIMO L. SALVADORI i racconta che nel 1779 Ned Ludd, abitante di un borgo della contea di Leicester, in Inghilterra, avesse distrutto un telaio meccanico, identificato come simbolo dei nuovi e perversi strumenti tecnici che, rendendo obsolete antiche forme di organizzazione del lavoro, aumentavano la produttività causando disoccupazione e aumentando la già tanto diffusa miseria. Non si sa se Ludd sia veramente esistito, ma in ogni caso, personaggio inventato o meno che fosse, egli diventò il mitico eroe di coloro che da lui presero il nome di “luddisti”. Il luddismo fu un movimento eversivo di lunga durata con diramazioni internazionali. Partito dall’Inghilterra e dalla Scozia tra la fine Settecento e gli inizi dell’Ottocento, negli anni seguenti si diffuse in Francia, in Germania e in Svizzera. La vera e propria esplosione del luddismo si ebbe in Gran Bretagna tra il 1811 e il 1816, con il convergere della protesta di artigiani e operai gettati nella più nera disperazione dalla marcia della rivoluzione industriale che creava macchine via via più progredite e meno bisognose di mano d’opera con una repressione S La grande rivolta – testimonianza della disperata protesta umanamente eroica levata dalle tante vittime di un inarrestabile progresso tecnologico figlio del capitalismo moderno e prono alla suprema legge del profitto – ebbe così fine. Essa non aveva e non poteva avere alcun avvenire, poiché la sua aspirazione era la difesa di forme di produzione destinate ad essere inesorabilmente travolte. E del carattere storicamente indifendibile del loro sogno di ritorno ad un passato arcaico finirono per prendere infine coscienza vari ribelli luddisti, che, volte alle spalle alle forme condannate alla sconfitta della loro protesta, entrarono nelle file di un nuovo mondo della resistenza alla miseria, che permaneva estrema, generata dal capitalismo delle macchine e dei modi di organizzazione del lavoro che ne conseguivano. Era il mondo, ancora contraddistinto da incerti e assai difficili inizi, dell’associazionismo sindacale e politico che avrebbe avuto le sue espressioni nelle Trade Unions e da ultimo nella creazione del Partito laburista, trovando una sponda simpatetica nell’intellettualità e nella borghesia britannica liberali di Disperazione della strategia della tensione e in presenza di una gestione rigida (e talora irresponsabile) dell’ordine pubblico, divieti ingiustificati alle manifestazioni favorirono chi tendeva ad “innalzare il li- vello dello scontro” trasformando i cortei in atti di guerra. Di qui una crescente “militarizzazione” dei servizi d’ordine di taluni gruppi extraparlamentari: e da qui verranno alla fine del decen- Gli autori IL SILLABARIO di Gabriel García Márquez è tratto dalla raccolta A ruota libera (Mondadori). Guido Crainz è uno storico italiano, ha scritto Autobiografia di una repubblica (Feltrinelli). Lo storico Massimo Luigi Salvadori è autore di Il Novecento (Laterza) e L’idea di progresso (Donzelli). I Diari online TUTTI i numeri del “Diario” di Repubblica, comprensivi delle fotografie e dei testi completi, sono consultabili su Internet in formato pdf all’indirizzo web www.repubblica.it. I lettori potranno accedervi direttamente dalla homepage del sito, cliccando sul menu “Supplementi”. nio, nel declinare delle speranze di trasformazione, non pochi disperati e giovani flussi verso le organizzazioni terroristiche. È sufficiente evocare quel clima per capire quanto ne siamo abissalmente lontani ma in questa nostra tragedia è iscritto anche l’antidoto più forte, solidamente basato su due cardini. In primo luogo la capacità di alimentare speranza, di contrapporre alle possibili derive la forza e la fiducia nel futuro delle pacifiche mobilitazioni collettive. E al tempo stesso il rispetto intransigente della democrazia, la fermezza nel denunciare ogni abuso anche minimo che possa incrinare la fiducia nello Stato democratico: quel che è successo nel 2001 al G8 di Genova nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto è stato molto più devastante di mille proclami eversivi. Per il resto, a leggere alcune dichiarazioni incendiarie dei giorni scorsi – talora non prive dei toni dannunziani de Il dominio e il sabotaggio di Toni Negri (1978) – vengono solo in mente alcuni versi ironici di Jacques Prévert: «Non bisogna lasciar giocare gli intellettuali con i fiammiferi...». © RIPRODUZIONE RISERVATA A. DE BENEDETTI L. RASTELLO Binario morto Chiarelettere 2013 ÉMILE POUGET Il sabotaggio Massari 2007 KEN FOLLETT Codice a zero Mondadori 2000 R. DI NUNZIO U. RAPETTO Le nuove guerre Rizzoli 2001 LUTHER BLISSETT Mind invaders Castelvecchi 2000 GIUSEPPE GAGLIANO Durante la rivoluzione industriale il progresso tecnico gettava i lavoratori nella più nera disperazione, perché i processi produttivi avevano sempre meno bisogno di mano d’opera che assunse tratti implacabili. Le tappe decisive della lotta luddista furono le rivolte partite da Nottingham nel 1811 e nel 1816, cui risposero la mobilitazione di migliaia di soldati, i processi e le esecuzioni. Nel 1812 venne introdotta la pena di morte per i capi degli agitatori. A nulla valse l’esortazione alla pietà levata in quello stesso anno con toni solenni e commossi alla Camera dei Lord da Byron, il quale invitò a comprendere le cause della protesta di troppi uomini «magri per la fame, scavati dalla disperazione». Occhi e orecchi dei destinatari rimasero ciechi e sordi. La loro logica era la restaurazione dell’ordine con tutti i mezzi e la risposta furono la prigione, la deportazione e le forche. Nel gennaio 1813 vennero emesse 17 condanne a morte. Ciò nonostante, nel 1816 – mentre era in atto una congiuntura che stava pesantemente colpendo la Gran Bretagna – avendo nuovamente il suo centro a Nottingham ebbe luogo l’estrema vampata della rivolta luddista. A Manchester i soldati aprirono il fuoco compiendo la “strage di Peterloo”, nella quale venne ferito e ucciso un gran numero di agitatori. L’impiccagione in novembre del loro leader James Towler fu l’atto simbolico del tramonto e della sconfitta finale del movimento luddista. LIBRI Problemi e prospettive dell'ecologia radicale e dell'ecoterrorismo orientamento progressista – di cui tipico e illustre esponente fu il grande economista e riformatore politico John Stuart Mill – le quali, con una sensibilità sociale e politica più sofisticata e moderna, rilanciarono alle classi dirigenti britanniche l’esortazione inascoltata levata alla Camera dei Lord da Byron. Il luddismo che potremmo definire storico ha lasciato molteplici eredità nella società contemporanea, che ha visto sorgere e propagarsi vari movimenti neoluddisti. È comparso – per fare ricorso a etichette molto generiche ma atte a stabilire una pur sommaria distinzione – un neoluddismo di sinistra e un neoluddismo di destra. Il primo, che ha venature anarchiche e ecologiste, rivolge la sua polemica e le sue azioni dimostrative contro l’attacco portato dai potentati economici ad attività lavorative considerate ancora vitali e soffocate da una distorta modernità; il secondo è improntato alla difesa di tradizioni e costumi che sempre questa stessa distorta modernità minaccia colpevolmente di estinzione. Il comune legame è l’opposizione, con la ripresa di metodi anche violenti, a interessi dominanti accusati di mettere in grave pericolo interessi e valori ritenuti superiori. © RIPRODUZIONE RISERVATA Aracne 2012 L’intellettuale in rivolta L'antagonismo politico Rubbettino 2012 GIANNI VATTIMO Ecce comu Fazi 2007 LORIS MAZZETTI TAV. Il treno della discordia Aliberti 2012 ERIC J. HOBSBAWM Storie di gente non comune Bur 2009