Anno II - Febbraio 2006 - N. 2 E 1,00 Quando il fanatismo contagia il cervello Colui che ha delle estasi, delle visioni, e scambia i suoi sogni con la realtà e prende le sue fantasie per profezie, è un entusiasta; colui che sostiene questa sua follia col delitto, è un fanatico. Giovanni Diaz fermamente convinto che il papa era lanticristo dellApocalisse, e che portava il segno della Bestia, era solo un entusiasta; suo fratello Bartolomeo Diaz, che si partì da Roma per andar ad assassinare santamente il proprio fratello, e che infatti lo uccise per lamor di Dio, fu uno dei più abominevoli esempi di fanatismo. Il succitato corsivo dellincipit della voce Fanatismo, nel Dizionario filosofico di Voltaire, chiarisce bene la differenza tra lesagerata ed irrazionale fantasia dellentusiasta (nellaccezione in merito) e il furore sciocco od omicida del fanatico. Riguardo al fanatismo sono innumerevoli i fatti nefasti e/o luttuosi della storia, a partire dalla collera distruttrice di Poliuto nel tempio in un giorno di solennità pagana alla strage degli Ugonotti la notte di San Bartolomeo (citati dallo stesso Voltaire), giù giù fino alle mani armate del turco Mehemet Alì Agca che, in nome di Allah, ferì nel 1981 a piazza San Pietro a Roma Giovanni Paolo II, al giovanissimo (sempre) turco che, per lo stesso Allah, a Trebisonda, ha ucciso, qualche settimana fa, il mite don Andrea Santoro. Ma quanti altri tragici esempi!: dallo sport alla politica alla religione follemente intesi. Anche lentusiasmo, però, pur se meno abominevole, quando è scriteriato e non rispettoso della fede, della ragione o delle ragioni altrui, potrebbe causare gravi conseguenze; lo hanno testimoniato le recenti vignette danesi che, irriguardose verso il profeta Maometto, hanno scatenato la rabbia islamica. Ciò vuol dire che, anche se concettualmente e nellimmediato è meno dannoso lentusiasmo, non lo si deve sottovalutare perché (in un particolare momento di tensioni sociali politico-religiose, come il nostro) potrebbe causare -anche per la velocità e la potenza in tempo reale dellinformazione- un irreversibile scontro violento fra civiltà. E allora? Allora ogni individuo, dal più semplice al più potente, dovrebbe usare la ragione della tolleranza religiosa o laica; essere più testa e meno visceri, per scongiurare ogni convinzione rigidamente precostituita e diffusa. Sono su misura due esempi fatti dal missionario veneto Giuseppe Scattolin (Repubblica,12/02/06) sulla sua esperienza a Khartum, parecchi anni fa, la cui sostanza ancora oggi è attuale; il primo: Nella comunità ecclesiastica lIslam era considerato una calamità, se non uninvenzione di Satana. E il musulmano, un fanatico prossimo alla stupidità, Maometto un bugiardo sanguinario; il secondo: i musulmani erano convinti che occidentali ed ebrei fossero nemici perfidi, guidati dal demonio per distruggere la religione di Dio, lIslam. I due esempi, la cui estremizzazione è riscontrabile in quasi tutte le religioni, riconducono a Voltaire, il quale sostiene che quando il fanatismo ha contagiato il cervello, il male è quasi incurabile per cui- il solo rimedio a questa malattia è lo spirito filosofico, il quale, diffuso pazientemente da uomo a uomo, finirà per addolcire i costumi dellumanità. Voltaire però diffidava delle leggi e delle religioni per guarire questa peste; ma oggi, rispetto a ieri, tante cose sono cambiate; ci sono forti movimenti di opinione e il dialogo è più maturo fra gli Stati, fra le religioni, fra Stato e religioni, anche se certamente è sempre temibile lombra assassina del Vecchio della Montagna che ancora oggi si proiettata sulle concezioni-visioni messianiche: dallIraq allAmerica, da Israele alla Palestina. Rimane allora la fiducia nel dialogo, che trova forza in parole come quelle di padre Scattolin: Per conoscere se stessi inclusi limiti e difetti, non cè nulla di meglio che aprirsi ad una fede e ad una tradizione diverse dalla nostra; o in parole come quelle di Benedetto XVI, allora Cardinale Ratzinger, che pronunciò in una intervista rilasciata a Marco Politi (Repubblica, 19/11/2004): La laicità giusta è la libertà di religione. Lo Stato non impone una religione, ma dà libero spazio alle religioni con una responsabilità verso la società civile, e quindi permette a queste religioni di essere fattori nella costruzione della vita sociale. Pino Pesce EDIZIONE GRATUITA Hamas conquista il potere con le elezioni La storia insegna che lestremismo riscuote consensi in un popolo umiliato Fuori dalle aspettative occidentali che avevano puntato tutto sul partito Fatah, Hamas ha vinto le elezioni palestinesi e si appresta a governare i territori. La notizia ha suscitato un grande clamore in ogni parte del mondo per il fatto che un movimento di ispirazione fondamentalista (che ha sostenuto la lotta armata ad oltranza e il terrorismo contro Israele) abbia conquistato democraticamente il potere. Il voto palestinese ad Hamas ci scandalizza perché ci scandalizza lidea che un popolo pos- sa scegliere liberamente e democraticamente di affidare il potere in mano a dei terroristi. Ma è fin troppo facile provare sdegno e condannare quando si apprendono notizie di stragi avvenute dallaltra parte del mondo standosene comodamente seduti sulla poltrona di casa propria, sapendo che tanto tutto ciò non ci riguarda direttamente. La storia ci insegna (anche la nostra) che i movimenti estremisti riscontrano ampi consensi quando fanno leva sullesasperazione e linsoddisfazione del popolo. Il voto ad Hamas non esprime tanto la preferenza di qualcuno quanto il rifiuto di qualcosaltro: un disaccordo con la politica precedente, che con la sua moderazione è stata incapace di mettere fine alleterna contesa con Israele. Dal punto di vista occidentale, Hamas è un movimento terrorista, ma è probabile che un palestinese veda in esso un movimento nazionalista capace di rimediare allincapacità del potere legittimo. Secondo unideologia propriamente mafiosa, laddove lo stato mostra le sue manchevolezze e la sua debolezza, una forma di con- La televisione dei giochi a premi Le fonti della ricchezza e della moneta RaiUno e Canale5 come dire la TV pubblica e quella privata (bene rappresentata da Mediaset) organizzano giochi a premi con in palio somme dellordine di molti milioni delle vecchie lire fino al miliardo ed oltre. Lo Stato fa anche peggio (basti pensare alle vincite multimilionarie di uro!). La gente non si chiede da dove provenga cotanta ricchezza: semplicemente aspira ad arraffarne un bel po con un colpo di fortuna. Ognuno ha un sogno o, più spesso, un bisogno da soddisfare e si rivolge, per lappunto, alla fortuna piuttosto che alla casa comune (res publica) che dovrebbe essere lo Stato. La questione della ricchezza, ma soprattutto della moneta che la concretizza, resta un rebus, un qualcosa di misterioso, di mistico, in ogni caso per addetti ai lavori di quello strano oggetto, che è il già citato Stato. Quando si investe in azioni o in borsa, si finge di credere che la moneta lieviti insomma aumenti di volume! per non ammettere che, in realtà si gioca a chi ruba di più a vittime che restano sconosciute e, per questo, non meritevoli di pietà. Si finge di credere, abbiamo detto, pur sapendo (almeno questo) che la moneta non si autogenera come per scissione (non partori- sce altra moneta anche se si dice popolarmente che i soldi fanno soldi). Ma limportane è credere che il proprio danaro possa produrre profitti e quindi aumentare quantitativamente. Lazionista e linvestitore non sono necessariamente né economisti (predonomisti) né esperti in finanza (monetocratici) ma gente che, nel migliore dei casi, conosce le regole del gioco settoriale ed ha molta speranza di ricavare più danaro di quanto non ne metta in gioco. Caratteristica per non dire ironicamente metafisica - è poi la ricorrente circostanza che unopera utile -anzi, necessaria- non possa essere effettuata per mancanza di fondi in presenza del materiale occorrente e del personale, dirigenziale, tecnico ed operaio, capace di portare a termine la costruzione del bene-servizio in questione. In un articolo non si può inserire un trattato ma si possono tracciare cenni essenziali per rendere intuitiva lidea di una realtà in cui ci si imbatte tutti i giorni. Allora Noi siamo naturalisti e ci limitiamo a leggere la natura delle cose e della nostra specie: le fonti di ciò che si suole chiamare ricchezza sono tre: a) la natura, b) luomo, c) il lavoro. Carmelo R. Viola, pag. 2 tro-stato, agendo nellillegalità e con metodi non proprio ortodossi, è percepito dal popolo più vicino di quanto non lo sia uno stato corrotto o incapace. Il voto palestinese dovrebbe indurci a queste riflessioni e, poiché non si tratta di un caso isolato (in Iran, in Egitto, in Libano, in Algeria si è già visto qualcosa di simile), dovrebbe anche spingerci ad interrogarci se non ci sia una nostra responsabilità in ciò che avviene nel mondo. Melita Furnari, segue a pag. 2 2 Avvenimenti Febbraio 2006 Storie di un mondo invisibile Fallimento della Bossi-Fini. Si spera nel cambiamento La Legge Bossi- Fini sullimmigrazione è risultata un fallimento, non tanto perché a farla hanno contribui- to un ex missino e uno xenofobo leghista, quanto perché nei fatti non ha portato a nessun risultato favorevole E difficile certe volte riuscire a scrivere il rammarico che si prova nel vedere certe realtà dimenticate dai poteri forti. Vorrei raccontarvi una storia penso sia giusto sapere cosa cè al di là degli allori che troviamo nelle nostre case. Premetto che il mio dire non è contro la classe medica, della quale stimo lamore che spinge a salvare la vita umana, ma contro quei medici che usano il proprio ruolo per non guardare oltre e che, troppo spesso, dimenticano il giuramento di Ippocrate. Il primo di febbraio (mi trovavo in via Plebiscito) vedo una anziana signora che cade a terra come morta, gli occhi sgranati e un marito troppo vecchio per riuscire a fare qualcosa. Torno indietro, consolandomi del fatto che mi trovavo davanti una Azienda Ospedaliera, per nessuno. Infatti, ne sono stati penalizzati gli immigrati senza che ci sia stato quel calo di immigrazione tanto sbandierato; anzi il numero degli sbarchi è nettamente aumentato. Racconto la storia di una donna rumena venuta in Italia per trovare quello che molti italiani, negli anni 50, cercavano in America: una vita migliore. Il nome e la città di abitazione della giovane sono immaginari, perché fare informazione non vuole essere debole con i forti e forte con i deboli. Natalia ha 28 anni e dal 26 settembre 2004 vive in Italia. Incappata in una retata con il suo convivente, è stata rinchiusa nel CPT di Ragusa, solo per un giorno perché era incinta. Sebbene entrambi, per legge, non potevano essere espulsi in quanto genitori di un bimbo di sei mesi, lui è stato forzatamente rimpatriato, mentre lei, che ha un permesso fino al compimento dei sei mesi del bambino, tra poco dovrà tornare in Romania. In Romania- racconta Nataliastudiavo matematica alluniversità, ma non ero ricca e quindi dovevo lavorare. Guadagnavo settantacinque euro al mese, e con questi non riuscivo ad andare avanti. Ci vogliono duecento euro per vivere in modo dignitoso al mio paese. Quando sono arrivata in Italia ho trovato subito lavoro presso unimpresa di pulizia e il mio compagno faceva il muratore. Guadagnavo 400 euro al mese e lui 40 al giorno, con questi soldi ci vivevamo bene, paga- vamo laffitto di una casa ed eravamo tranquilli. Purtroppo non tutto è andato come speravamo. Era una serata di giugno e mi trovavo a casa di altri amici rumeni. Eravamo una ventina di rumeni e un ragazzo polacco. Festeggiavamo un compleanno. La casa era piccola, cerano due stanze e ci vivevamo in venti. Ad un certo punto uno del gruppo che aveva bevuto troppo comincia a litigare con un altro. Molti si sono buttati a capofitto per fermare la lite. Troppo tardi. Paolo era già in strada che urlava e si taglieggiava con una bottiglia di vetro. A quel punto qualcuno chiamò i carabinieri e lambulanza. Molti hanno detto che Paolo fosse morto, ma non è così. Quella stessa notte ci hanno portati presso la stazione dei Carabinieri e, a chi li aveva, hanno tolto i permessi di I medici che trascurano Ippocrate Uno strano caso di Malasanità davanti al Vittorio Emanuele di Catania come molti preferiscono definire gli ospedali. Allora mi precipito a chiedere soccorso (scusi il lettore il bisticcio) al pronto soccorso. Tremavo e provavo quel senso di tenerezza che non si confonde con 50 anni di dominio cattolico sullessere italiano; più precisamente provavo il desiderio di giustizia sociale. Dunque vado allo sportello e mi avvicino a una gentile dottoressa. Chiedo: Cè una signora davanti al vostro ospedale che sta molto male; mi risponde: Signorina chiami il 118. Salto sulle punte delle scarpe e dico: Ma forse non ha capito, è qui fuori; mi risponde: Non possiamo uscire se non avete chiamato lambulanza. Allora continuo: Ma da dove dovrebbe venire lambulanza?; risponde: Dal . Menzionandomi un altro ospedale che si trova in unaltra zona. Mi arrabbio, e chiedo se si ricorda del giuramento di Ippocrate. Perché io credo alla buona fede di chi non può spostarsi da una propria postazione di lavoro, ma non credo che in una pausa pranzo nessun medico entrasse o uscisse dallOspedale. Ritorno, arrabbiata come non mai con il mondo intero, dopo essermi sentito dire che avrebbe chiamato la polizia. Poi penso: Ma la polizia non dovrei chiamarla io?. Esco fuori e trovo la signora ancora a terra e un marito con gli occhi dispersi nel vuoto. La pensione tra le mani avvolta da un filo di scotch, e il tremolio che mi faceva intravedere delle braccia antiche, agricole. Riflettevo sulle lotte del passato: sembrava non fossero servite a niente se per una cosa del genere non si riesce a fare nulla. Dalla prima pagina La televisione dei giochi a premi Luomo ha bisogno di beni e servizi. Tra i servizi cè quello di scambiare i beni stessi. In origine era il baratto: lo scambio di un bene con un altro (sempre possibile). Poi si è passato ad un mezzo di scambio (un bene intermedio): per esempio, il sale (donde salario), le pecore (donde pecunia da pecus). Ci soffermiamo sulloro: metallo speciale per le sue caratteristiche e quindi particolarmente prezioso. Dunque, un metallo o minerale speciale a cui, come agli altri mezzi di scambio, si dava una valenza convenzionale. Tutto ciò è inevitabile in un contesto in cui individui e gruppi tendono ad un possesso senza limite (alias predazione di origine animale) su cui si è creduto di fondare la economia fondando invece la predonomia cioè lartescienza della predazione. Il capitalismo è la teorizzazione e la pratica della predonomia istituzionale: la differenza fra la predazione animale e la predonomia civile è che quella è regolata dallistinto e dalla forza, mentre questa è regolata da regole di gioco dette leggi. Queste inoltre possono essere usate e abusate con capacità e furbizia tali da produrre vere e proprie predazioni ovvero individui e gruppi straricchi (il cui corrispettivo complementare è costituito dalla povertà e dallindigenza). E la predazione intralegale indicata da fenomeni tipo tangentopoli. Una forma particolare di gioco predatorio (alias capitalistico) è costituito dai mafiosi, cosiddetti impropriamente da associazioni estinte (con cui hanno in comune solo le proprietà delle associazioni occulte) e che costituiscono un vero e proprio capitalismo paralegale (ovvero una componente strutturale del capitalismo stesso). Nella delinquenza cosiddetta comune, dedita prevalentemente allappropriazione diretta di beni e soldi (furto, rapine e simili), con luso della forza (soprattutto delle armi e con sequestro di persone), si ha una vera e propria predazione animale in veste antropomorfa. Per indicare la ricchezza di uno Stato è giunto fino ai nostri giorni listituto della riserva aurea che, a ben pensarci, è soltanto una cosa ridicola perché i lingotti doro non sono controllabili nemmeno, a rigore, dagli addetti ai lavori, meno che mai dai cittadini e assolutamente no dagli altri Stati con cui si stabiliscono rap- porti di borsa. Loro rimane tuttavia un bene di scambio prezioso la cui valuta viene stabilita dal gioco del mercato. Resta la grande verità che gli uomini hanno bisogno di accedere ai prodotti del lavoro, cioè ai beni e ai servizi per alcuni dei quali occorre ancora un mezzo (o bene) di scambio, che è appunto la moneta. La ricchezza di un paese non viene più calcolata, almeno così dicono le autorità competenti, sulla ridicola scorta della riserva aurea, ma sulla scorta del prodotto del lavoro ovvero prodotto interno lordo (PIL). Ma dato che siamo ancora in regime predonomico (predatorio istituzionale), non si utilizza il lavoro di tutti gli abili, non si riconosce a tutti un pari potere di acquisto per i prodotti del lavoro acquistabili solo con il danaro. In altre parole i beni prodotti dal lavoro collettivo (impossibile calcolare con esattezza il valore del singolo), più precisamente i servizi, (con qualche eccezione nel campo scolastico e in quello sanitario) non sono gratuiti. Una realtà rimane certa: la ricchezza (con la sola esclusione dei frutti incolti della natura) è il lavoro. Sul piano sociale è il totale dei beni e dei servizi prodotti dal lavoro. Sul piano individuale il potere dacquisto e di possesso, se non limitato da una norma che applichi la distributività secondo equità e bisogno, diventa il prodotto di un gioco predonomico, il primo dei quali è quello del dar lavoro, che è nella realtà un comprar lavoro e che, in regime predonomico (quale è quello capitalista), depreda il lavoratore di una parte del valore del lavoro prodotto. In altre parole, si dà 80 invece di 100. Di quel 20% (facciamo un esempio elementare) una parte può servire per la gestione dellimpresa mentre il resto va ad accumularsi progressivamente costituendo la ricchezza parassitaria tanto più grande quanti più numerosi sono i soggetti sfruttabili contemporaneamente. E la famosa accumulazione capitalista. La storia delle banche motivate dalla menzogna del risparmio è davvero pietosa: è bene parlarne in un articolo a parte. Dietro il preteso risparmio ci sono lusura e il ladrocinio: due strumenti istituzionali per depredare legalmente. Ciò che viene messo allasta (sia detto per esteso) è sempre la ricchezza parassitaria o predatoria, estorta a chi lavora e produce. Il profitto viene sempre dal lavoro. Ciò che si distribuisce attraverso giochi, lotterie e roba del genere, è sempre refurtiva (nel senso di ricchezza depredata istituzionalmente o legalmente ovvero nel rispetto di regole del gioco, alias legalità): la fortuna in investimenti azionari e in giochi di borsa viene sempre da trasferimenti (movimenti) di ricchezza depredata ai lavoratori. Le grandi somme spese per comprare e compensare giocatori di calcio e per pagare gente dello spettacolo, è refurtiva sociale bella e buona divenuta bene possedibile e commerciabile legalmente. Il fisco è una vera predazione di Stato e sostituisce quella moneta di ritorno che manca ad uno Stato che non è il produttore e distributore dei beni e dei servizi. In ogni caso, predazione senza tema di smentita restano le imposte indirette, cioè sui beni e servizi fruiti per acquisto e, in specie, le tasse motivate solo da un dispositivo di legge, quale è il canone Rai. Con i giochi a premi e siamo al punto il sistema sfrutta la speranza della vincita per corrompere la gente, la quale vi accorre sperando di coprire quei bisogni che in una società umana adulta potrebbe soddisfare normalmente. Tali giochi a premi fanno parte del predaludismo: giochi (ludismo) la cui posta equivale ad una preda strappata a cumuli parassitari di propri simili. E uno degli ottundori sociali. La società capitalista (predonomica) diventa tragicocomica quando raccoglie sottoscrizioni per la ricerca (per es. sul cancro) dal momento che i ricercatori potrebbero lavorare a tempo pieno e a tutto vapore senza ricorrere alla carità pubblica, e quando non può costruire un ospedale o illuminare una strada (di strade buie supertrafficate ce ne sono non poche!) per mancanza di fondi. Nel primo caso i sottoscrittori hanno un modo specifico (squisitamente borghese) per tacitare la propria coscienza di predatori (almeno potenziali); nel secondo caso, la gente viene messa davanti a sua maestà la moneta! Difficilmente si pensa che la moneta è un bene di scambio naturalmente elastico quando non è predonomicamente legato ai parametri di una società ad usum domini. Una moneta vera e propria, cioè solo strumentale e quindi passiva, eliminerebbe i ricchi e la pretesa legittimazione giuridica della ricchezza come potere di acquisto parassitario ed anche quella del bisogno e della povertà. In una società adulta non ci sono poveri. Dal punto di vista dei diritti naturali crimine non è solo la distribuzione ludica di refurtiva sociale, messa in palio da grossi predatori configurati da altrettante imprese produttrici (che sponsorizzano un gioco), ma crimine è anche ogni disoccupato o morto di fame che non sa come sbarcare il lunario in un contesto civile dove il contributo lavorativo dei soli abili dovrebbe consentire a tutti i membri della collettività di avere pari opportunità di soddisfare quei diritti naturali di cui sono portatori per il solo fatto di essere nati. Quando lo Stato dice di non avere fondi sufficienti per pagare i propri lavoratori o per costruire un ospedale, semplicemente mentisce. E impossibile affermare che gli attuali legislatori (eletti e quindi onorevoli sic!) e governanti abbiano davvero il senso dello Stato. La sola legge finanziaria di ogni fine anno, è alla luce di una vera scienza sociale - una macrobarzelletta da far scoppiare le interiora, ma la sinistra e il mondo stanno al gioco e limbroglio continua. I fondi ci sono sempre finché esistono la natura, luomo e la capacità di lavorare di questo. Il neoliberismo è la degenerazione massima della predonomia: la scienza per legittimare le differenze, i privilegi e i conflitti. Quando a Rai Uno o a Canale 5 si apprende da un giocatore che spera di vincere per soddisfare un bisogno, si apprende della persistente e crescente condizione di barbarie di una giungla antropomorfa destinata allautodistruzione. Per questo, la lotta alla mafia oltreché alla criminalità promossa dal bisogno, dal vizio e dallemulazione è lultima e più grande cosa ridicola di una società umana bloccata a livello antropozoico che si fregia del titolo totalmente gratuito e grottesco di Stato di diritto. Carmelo R. Viola [email protected] soggiorno. Siamo rimasti per tre ore lì, in silenzio e spaventati. Non sapevamo cosa dire, cosa ci avrebbero fatto. Dopo questa fase di interrogatori ci hanno consegnati ai Carabinieri di un paese vicino. Siamo rimasti chiusi dentro la macchina dei Carabinieri per tutta la notte, e alcuni di loro facevano la ronda per paura che scappassimo. Il mattino seguente ci hanno portati alla questura di Catania per prendere i fogli di espulsione e di via. Dopo quella notte anche il mio compagno è stato rimpatriato. Adesso vivo da sola, col mio bambino. Lavoro ma non riesco a pagare tutto con 360 euro al mese, solo laffitto ne costa 220. E soltantograzie alla solidarietà di connazionali e amici italiani che continuo ad andare avanti. Laura Galesi Guardo la guardia giurata allingresso, poteva avere 25 anni, mi dice di avere chiamato il 118. Intanto vedo arrivare lambulanza. Ma attenzione non era quella chiamata dalla Guardia giurata, ma una che stava rientrando in ospedale. Mi metto in mezzo alla strada a urlare. Sembravo pazza. Ero accecata dalla rabbia. Si ferma e porta con sé lanziana signora. E intanto arriva laltra ambulanza. Tremavo. Avevo davanti a me quegli occhi; il colore di quelle mani. Chiamo la polizia per denunciare il fatto. Mi si risponde: Signorina, lei ha tutto il diritto di fare un esposto alla Procura della Repubblica. Una vera situazione kafkiana! L. G. Dalla prima pagina Hamas conquista il potere con le elezioni Anziché vantarci di esportare la democrazia nel mondo, dovremmo chiederci invece se la nostra presenza in questi paesi non venga vista come uninvasione che esaspera situazioni già estremamente tese. Siamo sicuri che la nostra democrazia, frutto di millenni di storia e progressi sociali e civili, possa funzionare in paesi culturalmente molto diversi dai nostri? Ma soprattutto, siamo sicuri che lipocrisia delle missioni civilizzatrici, a cui tutto lOccidente vuole ancora continuare a credere per non perdere la fiducia della sua superiorità culturale rispetto al resto del mondo, non sia stata smascherata da questi popoli che in esse vedono ciò che realmente sono: guerre di conquista? In che modo si può interpretare laffermazione di un presidente statunitense: non tratteremo mai con un partito che ha unala armata? Forse che anche lui, Bush, non dispone di una sua ala armata, anche se nascosta sotto il nome di esercito di difesa ma che non esita ad usare per uccidere, anche laddove non si tratti di azione di difesa, ma celi sotto lipocrita definizione di missione civilizzatrice uno sterminio di popoli? Tutta la storia occidentale si fonda su un passato di colonizzazione. Abbiamo colonizzato per secoli popoli e paesi che ritenevamo (è esatto limperfetto?) inferiori, li abbiamo depredati, togliendogli qualunque strumento di sviluppo e condannandoli ad un futuro di paesi sottosviluppati. I processi di decolonizzazione appartengono ormai al passato, ma il ricco e potente Occidente ha trovato modi più sottili per continuare la sua dominazione culturale ed economica. E se questo non vogliamo vederlo, è solo perché ci fa comodo tenere gli occhi chiusi. Come possiamo poi stupirci del loro odio nei nostri confronti? Quale essere umano ha mai amato il padrone che lo schiavizza e gli toglie la dignità? O forse il diritto alla libertà, alluguaglianza e alla fratellanza è ritenuto valido solo quando a rivendicarlo siamo noi occidentali? Ci scandalizziamo del voto palestinese così come ci indigniamo per le reazioni dei musulmani contro le vignette satiriche (aventi per oggetto il profeta Maometto) pubblicate dai giornali occidentali. Ma chi ci dà il diritto di mancare di rispetto a poco più di un miliardo di esseri umani? La libertà di stampa e di espressione, così tanto rivendicata da certi giornali europei che sembrano averne fatto una questione di principio, non può tramutarsi in diritto a schernire la dignità altrui. Si può credere o meno ad una religione, si può non credere a nessuna religione, ma non si può non rispettare la libertà degli altri di credere. Cè un confine sottile che separa la mia libertà da quella altrui e quando questo confine viene superato, la mia libertà non è più un diritto inalienabile ma un incitamento allodio. Per questo appare comprensibile la posizione della Chiesa cattolica che si schiera contro questo tipo di libertà. Mi chiedo come reagirebbe lOccidente cattolico (che tuttavia ha un maggiore senso critico e una cultura della satira e dellironia) se i musulmani si mettessero a pubblicare foto oscene della Madonna o di Dio. Se, invece di indignarci sempre per le reazioni eccessive che provengono dallaltra parte del mondo, potessimo almeno una volta mettere da parte lipocrisia, ci accorgeremmo come spesso siamo noi a fomentare questodio che ci si rivolta contro. Melita Furnari Provincia Febbraio 2006 3 Prima mediofondo di Primavera 185 ciclisti in gara nei territori di Motta, Paternò e Belpasso Organizzata dal comitato provinciale Udace-Csain, col supporto del Club ciclistico mottese del presidente Sebastiano Caruso, si è svolta domenica 12 mattina la Prima mediofondo di Primavera con partenza alle 9 dal traguardo collocato nei pressi della sede del Club sul viale della Regione e arrivo a partire dalle 11 sotto lo stesso striscione. Mattinata grigia con cielo plumbeo ma tutto sommato clemente con i 185 corridori presenti al via, per raggiungere con andatura turistica, attraverso i territori di Motta, Paternò e Belpasso, la località Sferro, punto di partenza della fase agonistica su un tracciato che per Giumarra, Ramacca e bivio Iannarella avrebbe portato il serpentone alle porte del paese con limpegnativa arrampicata dei 5 chilometri della provinciale 13 che di solito decidono le corse a Motta, offrendo sempre forti emozioni ai numerosi appassionati del pedale. Da Sferro, dunque, fuoco alle polveri con due batterie avviate a distanza di dieci minuti. Nella prima, categorie Cadetti, Junior e Se- LA LETTERA nior in azione. Dura lotta sin dallinizio, con i migliori sempre lì a controllare la gara bloccando ogni tentativo di fuga. Gruppo compatto sino alla salita finale del pero, come la chiamano i mottesi, dove 4 corridori, Salvatore Coco, Enzo Buccheri, Luigi Timpanaro e Santo Rigano, salutano la compagnia ottenendo un margine costante sino alla volata, vinta con spunto irresistibile da E. Buccheri davanti a S. Coco. La seconda batteria, per Debuttanti, Veterani, Gentleman, Super Gentl. A e B e Donne, fa subito registrare andatura sostenuta e continui tentativi di fuga, che tuttavia non fanno quella selezione che di lì a poco, immancabile, si determina con lerta finale, laddove si assiste allo scatto imperioso di Carmelo Mercante, seguito solo da Sebastiano Zappulla, e alla progressione vincente dei due fuggitivi sino allo striscione rosso, sotto cui sfreccia per primo C. Mercante. Manifestazione riuscita anche grazie al servizio di Carabinieri, Vigili urbani, volontari delle Pantere Verdi e Misericordia di Ognu- Gentile Direttore, la lettura dellarticolo Oltre la Villa Comunale a firma di Melita Furnari, pubblicato sullultimo numero* del Suo bel giornale, mi induce a delle brevi e dovute precisazioni. LAmministrazione da me diretta si è insediata nel maggio del 2003. Riportare qui ciò che allora a Santa Maria di Licodia non esisteva, sarebbe troppo lungo e di poco interesse per i lettori. Ciò che invece abbiamo trovato (ed in abbondanza) erano i debiti! In due anni e mezzo di amministrazione siamo riusciti a pagarne una parte cospicua, reperendo con enorme impegno personale mio e dei miei assessori ulteriori risorse. Sono stati realizzati, o sono in via di completamento, numerose opere infrastrutturali e di immediata fruizione per la cittadinanza licodiese. Sinteticamente, e rimanendo nellambito di interesse dei giovani: con un ingente finanziamento del Mediocredito Sportivo si sono avviati i lavori per il completamento degli impianti sportivi (con campi di tennis, calcio, calcetto in erba sintetica, bar, ecc.), impianti che saranno consegnati presumibilmente il prossimo maggio; con fondi regionali è in corso di realizzazione la zona artigianale con riserva a favore dei giovani; sono state incoraggiate (anche economicamente) iniziative culturali e di avviamento allo sport da parte di associazioni private. Nel settore scolastico sono stati resi pienamente agibili i locali che ospitano la scuola media; si è scongiurato il pericolo dei doppi turni nella scuola elementare con la locazione di un nuovo immobile; in collaborazione con la Provincia Regionale si è realizzata la nuova sede dellIstituto Alberghiero (unica scuola superiore in territorio comunale), così evitandone la minacciata soppressione. A parte questi pochi interventi, che già da soli non mi sembrano denotare alcuna paralisi amministrativa, desidero sottolineare come, sin dallinizio del mandato, vi sia stata unampia disponibilità, mia per- na. Nella giuria, Francesco, Roberto e Giuseppe Mondello, e Daniela Rigano. Premi per i vincitori delle 2 batterie e sino al quinto di ogni categoria. Nei Cadetti: Rosario Ferlito (Asd Città di Misterbianco) precede Domenico Marletta (Asd M. Team Salerno centro squalo Viagrande) e Luigi Timpanaro (Gs Velo club Sicily fruit). Debuttanti: Andrea Di Modica (Asd R. Amarù C. Buccheri) davanti ad Alessandro Marletta (Asd Città di Misterbianco) e Giuseppe Grasso (Asd M. Team Salerno centro squalo Viagrande). Donne: Marinella Cavallaro (Asd Discovery bike Catania) su Lisa Musmeci (Asd Città di Misterbianco) e Kathleen Kinsey (Asd Città di Misterbianco). Gentleman: Salvatore Marini (Asd R. Amarù C. Buccheri), Salvatore Partenope (Asd Città di Misterbianco) e Venerando Sciuto (Asd M. Team Salerno centro squalo Viagrande). Junior: Enzo Buccheri (Asd R. Amarù C. Buccheri), Luca Gullotta (Asd Città di Misterbianco) e Vincenzo Giacchino (Asd R. Amarù C. Buccheri). Senior: Salvato- sonale e del mio Ufficio, a ricevere ogni legittima richiesta proveniente dai miei concittadini, siano essi giovani o meno. Per tale ragione mi ha meravigliato non poco leggere dei ragazzi protagonisti dellarticolo pubblicato sul Suo giornale. Avrei preferito incontrarli direttamente ed ascoltare dalla loro viva voce segnalazioni e suggerimenti. Avrei preferito vedere questi ragazzi, ed i loro coetanei, visitare le mostre organizzate dallAmministrazione comunale, presenziare alle manifestazioni pubbliche che hanno visto intervenire, negli ultimi due anni, importanti personalità nazionali, avrei preferito vedere altri giovani sostenere le iniziative delle associazioni di volontariato e di protezione civile presenti sul territorio e che tanto hanno bisogno di supporto. Avrei e voglio ancora! I sogni si possono e si devono realizzare. Naturalmente la realtà licodiese non è ideale, ma lavorando tutti insieme, con impegno e senza strumentali polemiche, si potrà migliorare sempre più la qualità di vita cittadina. Rammarica sentir contestare unAmministrazione senza cognizione delle vicende cittadine e, soprattutto, senza il necessario contraddittorio. Tanto resta da fare, ma tanto è stato fatto, molto più di quanto non traspaia dalle colonne del Suo giornale. Sarò lieto, ove necessario, di confrontarmi pubblicamente con chi non vuole riconoscere i meriti dellAmministrazione da me diretta. Unultima annotazione mi sia consentita: il richiamo di Melita Furnari ai Dubliners di Joyce non mi turba, né mi offende. La paralisi che avvolgeva i cittadini irlandesi si è infatti oggi trasformata in una vitalità, economica, culturale e sociale, invidiata da tutta lEuropa. Ed i protagonisti principali di questo sviluppo, unico nel suo genere, sono stati e sono guarda caso proprio i giovani. Cordiali saluti. Avv. Francesco Petralia Sindaco di Santa Maria di Licodia * Si fa riferimento al N. 6 de LAlba del mese di Dicembre 2005. (Nota a cura della redazione). Arrivo 1ª batteria re Coco (Asd Città di Misterbianco), Fabio Alessi (Asd R. Amarù C. Buccheri) e Fabio Scalora (Asd R. Amarù C. Buccheri). Super Gentl. A: Salvatore Barbagallo (Asd M. Team Salerno centro squalo Viagrande), Francesco Buccheri (Asd R. Amarù C. Buccheri) e Salvatore Timpano (Asd Città di Misterbianco). Super Gentl. B: Salvatore Pulvirenti (Asd Città di Misterbianco), Nunzio LA RISPOSTA Egregio Signor Sindaco, avendomi passato il Direttore Responsabile la Sua lettera, innanzitutto -a nome della Redazione de lAlba- La ringrazio per lapprezzamento rivolto al nostro periodico. Detto questo, mi preme chiarire alcuni concetti. Vorrei, intanto, sottolineare che il mio precedente articolo non si proponeva di fare polemiche (meno che mai strumentali) nei confronti Suoi, Signor Sindaco, e della Sua Amministrazione. La sfido a trovare in esso lespressione paralisi amministrativa: non la troverà perché non lho mai usata né pensata e questo perché né io né tanto meno i ragazzi di cui ho parlato avevamo intenzione di rivolgere un attacco personale e/o politico alla sua persona. A che pro avremmo dovuto farlo? Noi non siamo suoi rivali politici! Pertanto, mi ha sorpreso leggere nella lettera da Ella inviata alla Redazione una difesa del Suo operato, che io non ho mai tirato in ballo. Lunico riferimento che ho fatto allattuale amministrazione mirava a sottolineare lassenza dei suoi rappresentanti alle manifestazioni organizzate dai ragazzi. Vede, Sindaco, la Sua constatazione a proposito del fatto che questi ragazzi ed i loro coetanei non abbiano presenziato alle manifestazioni pubbliche, di cui Ella parla, dovrebbe spingerLa ad una riflessione: forse invece di ascoltare e vedere le importanti personalità nazionali, i giovani vorrebbero parlare e farsi ascoltare; forse anziché partecipare da spettatori agli eventi, vorrebbero avere un ruolo da protagonisti e crearsi spazi di espressione che siano congeniali ai loro interessi. Se dico questo, Sindaco, non lo faccio per polemizzare ma solo per mostrarLe la questione dallaltro punto di vista: non quello dellAmministratore, che è giustamente il Suo punto di vista e che posso anche rispettare, ma quello dei giovani. La paralisi licodiese a cui mi riferivo ha radici molto più profonde e non è nata nel maggio del 2003. La Sua Amministrazione non ne sarà responsabile ma, in questo momento, dispone degli strumenti per cambiare le cose e, per questo, mi sono permessa di rivolgere a voi unesortazione. Questo era il mio obiettivo e, Le confesso, ritengo in parte di averlo raggiunto, visto che quellarticolo ha suscitato linteresse tanto di privati quanto di personalità pubbliche che hanno premurosamente contattato i ragazzi, mostrando interesse per Cacciola (Asd Città di Misterbianco) e Gesualdo DAgosta (Asd R. Amarù C. Buccheri). Veterani: Carmelo Mercante (Asd Città di Misterbianco), Sebastiano Zappulla (Asd R. Amarù C. Buccheri) e Salvatore Caruso (Asd Città di Misterbianco). Società: 1) Asd Città di Misterbianco; 2) Asd R. Amarù C. Buccheri; 3) Asd M. Team Salerno centro squalo Viagrande. Vito Caruso le loro attività e fornendogli la massima disponibilità, e ai quali, mi sia permesso, rivolgo (anche a nome loro) un pubblico ringraziamento. E visto che quellarticolo ha suscitato una reazione (seppur di dissenso, che spero di aver dissolto con i presenti chiarimenti), da parte dellAmministrazione comunale, mi piacerebbe vedere nella Sua apertura al confronto (con chi non vuole riconoscere i meriti dellAmministrazione da Lei diretta) la disponibilità al dialogo con questi ragazzi piuttosto che quella allo scontro con chi non ha mai cercato lo scontro. Per finire, mi conceda unulteriore precisazione. Mi fa piacere sapere che il mio richiamo a Joyce non lha né turbata né offesa, mi sarebbe dispiaciuto il contrario perché, in tal caso, avrei colpito un obiettivo che non era nel mio mirino. Né tanto meno facevo riferimento alla situazione dellattuale Dublino che so perfettamente essere uno dei centri culturali più dinamici e attivi dEuropa, mi riferivo invece allopera letteraria che, come Lei saprà, riproduce latmosfera di paralisi in cui versava Dublino agli inizi del Novecento, così comera sentita dallo scrittore irlandese che non esitava a denunciare il malessere del paese natale proprio perché lamava e sperava, in tal modo, di poterlo migliorare. Melita Furnari 4 Il Foglio Belpassese Febbraio 2006 Batti e A l Direttore Responsabile, al Di rettore Editoriale, alla Segreteria di Redazione, ai Collaboratori Culturali, In relazione allarticolo, non firmato, Santa Lucia V.M. riportato a pag. 6, n. 6, mese di dicembre 2005, sul periodico dinformazione lAlba, il sottoscritto Avv. Giovanni Barbagallo sente il dovere di fare alcune precisazioni e correzioni in merito allarticolo da Voi pubblicato. LA VITA DI SANTA LUCIA NON E ASSOLUTAMENTE INTESSUTA DI ELEMENTI LEGGENDARI!!! Le vicende biografiche di S. Lucia riportate dagli Atti Latini del 315 sono storicamente esatte. Di poi, si fa presente che il più antico documento archeologico attestante la storicità del martirio di S. Lucia, e cioè liscrizione di Euskia, in greco, risale al quarto secolo e non al quinto, come da Voi riportato!!! Infine, si fa notare che in nessuna redazione della Passio di S. Lucia, né in quella degli Atti Latini del 315 e né in quella degli Atti Greci o codice Pappadopulo del V secolo, è scritto che S. Lucia per sfuggire al carnefice si strappò gli occhi!!! Quanto da Voi riportato è falso!!! Quale devoto e studioso di Santa Lucia dal punto di vista storico - artistico letterario, ad esclusione di quello folckloristico, e che in quasi tre anni di ricerche ha consultato ed esaminato più di 100 volumi, che riporta nella bibliografia del suo Studio, il sottoscritto, per amore alla verità storica, ha il dovere di combattere gli errori, da qualunque parte provengano!!! In mancanza di una Vs. immediata correzione, indice di serietà, la presente raccomandata sarà diffusa fra gli studiosi ed i veri devoti di S. Lucia, la cui fame fa impallidire quella di tutte le altre più celebri Sante inserite nel Canone della Messa. Per Vs. conoscenza, si allegano due copie dellarticolo pubblicato su Archeocultura di Sicilia intitolato Con un anno di ritardo, celebrati i 1700 anni del martirio di Santa Lucia C.M. Belpasso, 15-12-2005 Avv. Giovanni Barbagallo Centro Culturale Risvegli Si è concluso nei giorni 11 e 12 febbraio 206 presso i locali del Centro Culturale Risvegli lo stage creativo grafico pittorico il SENTIERO DI BELLEZZA, che ha visto la partecipazione gradita di Mimmo Cavallaro il quale è riuscito a far relazionare i partecipanti sul tema predisposto Tra Immanenza e Trascendenza. Ecco quanto ci ha riferito lorganizzatore e conduttore maestro Pippo Ragonesi: Attualmente viviamo in un contesto alquanto mutevole e labile, La frammentazione postmoderna, ci sta spingendo alle sue estreme conseguenze; mescolando in tutti i settori, conoscenze, ed elementi del passato per creare non solo (nel campo visivo) qualcosa di unico, così anche nel campo della ricerca spirituale e ovviamente dellìndividuo la necessità di approdare ed individuare un solo centro, che situato dentro ognuno di noi è collegato ad un punto molto più vasto che unifica tutto: chiamato Cosmo o meglio Coscienza cosmica. Il nostro viaggio in questa esperienza attraverso il corpo fisico, ha cercato il sentiero per tornare alla fonte e unirvisi per diventare un immenso, e totale Coscienza Unica. Quindi, noi punto di partenza, ricercatori infaticabili, ci muoviamo tra lImmanente e il Trascendente. Mary Virgilio SE FINO ADESSO NON HAI AVUTO L'OPPORTUNITA' DI DEDICARE UN PO DI TEMPO PER TE, ADESSO LO PUOI FARE FREQUENTANDO I CORSI DI PITTURA E GRAFICA TENUTI DAL MAESTRO PIPPO RAGONESI PRESSO IL CENTRO CULTURALE RISVEGLI DI BELPASSO. TELEFONA ALLO - 095 917674. Ribatti Cordiale avv. Giovanni Barbagallo, lasciandoLe lautocelebrazione e i meriti di studioso devoto di Santa Lucia, la cui fama fa impallidire quella di tutte le altre pur celebri Sante inserite nel canone della Messa, mi permetterei di dirLe che la scrittura della sua missiva, in raccomandata, non è molto ortodossa in termini di rispetto verso gli uomini e verso i Santi; verso gli uomini perché si può arrivare allurbanità (nel suo caso) senza insensate minacce: la presente raccomandata sarà diffusa, cosa che poi ha fatto. Le assicuro che Le avrei risposto: è inconcepibile il batti e ribatti da un numero al successivo in un periodico che oltretutto ha soltanto 12 pagine; verso i Santi meglio tacere Lei è un uomo di fede; aggiungerei anche un avvocato. Larticolo non è firmato! Da uomo di cultura avrebbe dovuto sapere che un articolo non firmato è attribuibile al Direttore Responsabile. Le consiglierei, qualora i suoi ozi culturali glielo consentissero di dare uno sguardo a Come si legge un giornale, Paolo Murialdi, Universale Laterza, Bari. Riguardo alla vita di Santa Lucia Le assicuro, poi, che le notizie non me le sono inventate. Riconsulti le carte. Ancora a precisare ho parlato di storia intessuta di leggenda: di questo nemmeno Benedetto XVI si sentirebbe offeso anche perché conosce bene il rispetto. Capisco il suo entusiasmo. A proposito dia una lettura al mio editoriale; potremmo intenderci meglio. Tanto Le dovevo dire per il corpo e per lo spirito. Cordialmente. Pino Pesce Il Foglio Mottese Febbraio 2006 5 Neck e borgo antico Tavola rotonda della Fidapa: progetto di sviluppo Tavola rotonda ricca di contenuti domenica 22 gennaio nel castello normanno a cura della locale Fidapa su Neck e borgo antico, nellambito del tema annuale fidapino della Bellezza, spiegata dalla presidente arch. Agata Bucalo, nellattinenza allargomento in esame, come virtù cittadina basata sul rispetto di manufatti e beni ambientali da tutelare. La ricerca delle nostre radici- ha concluso la presidente introducendo i lavori è molto importante, e lamore per la città è tra le prime virtù civiche; in ogni città il turista trova questo senso civico. Con laiuto di immagini ben accompagnate da una esposizione divulgativa tipo Quark o Gaia, il geol. Giovanni Privitera ha fatto rivivere la breve eruzione (dai giorni alle poche settimane) che tra 150 e 100 mila anni fa, non dunque, a suo dire, i 550 mila di altre fonti, ha dato vita al condotto eruttivo di Motta oggi chiamato neck, struttura vulcanica complessa con brandelli, bombe, scorie e dicco, capitata in una fase di transizione dal vulcanismo ibleo a quello etneo, bene ambientale da riconoscere. Dobbiamo immaginare -ha spiegato Privitera- una radice di magma sotto il neck, in unarea, quella mottese, dove avviene la collisione tra le placche africana ed europea. Monte Tiritì, per esempio, dalla quota del letto del Simeto, con la predetta spinta, è arrivato oggi a 350 metri di altezza. Il magma, a Motta, prima si incunea e poi determina lesplosione. Con lo stesso taglio il prorompente intervento, ricco di digressioni, dellurbanista Maurizio Erbicella sul percorso metodologico del marketing territoriale per individuare il genius loci del territorio, cioè le sue specificità (per esempio a Motta, neck, borgo, natura, folclore dei rioni, arance, olio, vino, ma anche dolcissimi piselli, ecc.), e costruire attorno ad esso un progetto di sviluppo, basato tra laltro su sinergia pubblico-privato, comunicazione, trasporti e innovazione. Progetto di sviluppo che deve rispecchiarsi in un buon Prg. Fare infatti un piano urbanistico- ha aggiunto lurba- nista è come fare il progetto della casa; quando non funziona la casa, non funziona la città. Genius loci che ling. Erbicella ha subito rinvenuto nella famosa frase di Goethe: Motta è una roccia imponente e pittoresca, la campagna varia Una piacevolissima ragazza, splendida e slanciata, Poi incominciano a prevalere i fiori gialli . Su ipotesi di sviluppo economico del borgo antico il commercialista Giovanni Privitera, che ha riferito su Paese albergo in corso di realizzazione ad Agira (dove un gruppo di giovani ha acquistato alcuni fabbricati nel borgo ed è arrivato a una ricettività di 80 posti letto), idea di albergo orizzontale su più unità abitative sparse, sugli studi del prof. Urbani, nei quali si prevede che 100 paesini e 35 borghi rurali delle aree interne della Sicilia possono dare in 20 anni 120 mila posti letto, e sulle potenzialità dei circa 4000 siti costituiti da bagli e masserie. Penso che con un po di fantasia -ha concluso il commercialista- nelle numerose case abbandonate del borgo di Motta si Foto: Nuccio Guarnera Sopra: borgo medievale; Sotto: neck potrebbero realizzare sia lalbergo orizzontale che alcune vetrine artigianali. Prima degli antipasti finali, nelle temperature sempre più gelide del castello, spazio per i brevi interventi dello studioso di storia patria Santo Gulisano (non ci si limiti a ingabbiare il neck e si faccia intanto pulizia e manutenzione del sito), del sindaco Antonino Santagati (Prg obsoleto e senza sviluppo, ma è meglio averlo per potere poi coinvolgere la comunità nelle opportune modifiche), della vicepresidente distrettuale Fidapa Lucia Chisari (conoscenza delle perle Il Castello di Motta Vicende del XIV secolo nella tesi di laurea di Mirella Neri Consultando, per la ragione di una tesi di laurea, il Codice diplomatico di Federico III dAragona, re di Sicilia, pubblicato a Palermo nel 1885, a cura di Giuseppe Cosentino, la neodottoressa mottese Mirella Neri ha fatto luce su alcuni avvenimenti del XIV secolo che nel piccolo villaggio rurale di circa 600 abitanti hanno interessato il suo emblema: il castello normanno fatto erigere intorno al 1070 dal conte Ruggero degli Altavilla. Nello specifico si tratta dellassedio subito nellagosto 1356 da parte delle truppe del re Federico III (IV, per gli storiografi moderni) e della disfatta del conte Enrico Rosso alla fine del successivo mese di settembre. Su questi fatti darme, fra loro strettamente connessi, la ricerca della Neri per un giusto riguardo alla verità storica e al fine di rettificare il diffuso convincimento che il castello di Motta, mirabilmente difeso dalla posizione naturale, non sia stato mai preso. Ben due diplomi, secondo la studiosa, fanno intendere che Artale Alagona a fine settembre 1356, dopo aver costretto alla fuga gli uomini di Enrico Rosso (per parecchi anni signore del castello di Motta e in conflitto con i Catalani occupanti la roccaforte di Catania), che trovarono in parte rifugio nel castello, entrò nella fortificazione, e forse senza incontrare alcuna difficoltà; ciò sarebbe avvenuto attraverso le porte, che erano il punto più vulnerabile del sistema difensivo. In tale circostanza ci fu la disfatta del conte Rosso e dei suoi armigeri. I fatti raccontati dalle principali fonti storiche (Fazello, Amico, e lo stesso Nicolò Russo, nipote del conte Enrico) e integrati dal Codice di Federico III, descrivono lassedio (tra laltro con una catapulta) portato l11 agosto 1356 da Artale Alagona a seguito della ribellione del conte Rosso, la difesa gagliarda degli assediati, lo sgombero del campo il 13 agosto con incendio dei campi circostanti e lo scontro del 22 settembre in località Mezzocampo tra Artale e circa 200 cavalieri Chiaramontani venuti da Lentini, alleati del Rosso. Questi cavalieri erano forse in attesa di congiungersi con le truppe provenienti da Motta (giunte da Piazza in aiuto del Rosso) e il mancato ricongiungimento avrebbe indebolito a tal punto la capacità offensiva del rissoso Enrico da determinare nel successivo contrattacco di Artale la ritirata del Rosso dentro le mura del castello di Motta, rimasto però senza una difesa adeguata. La svolta decisiva, secondo la ricerca della Neri, si ebbe tra il 27 e 29 settembre, giorno in cui Federico IV scrisse una lettera a Nicolò Abbate di Trapani, comunicandogli che lAlagona era entrato patenter (liberamente) in territorio nemico. Interpretando bene il testo latino della lettera, che parla di penetrazione coraggiosa allinterno delle mura e di ribelli che scompaiono di nascosto (pare attraverso un passaggio segreto di cui quasi tutte le fortezze di quel tempo erano provviste), la studiosa scrive che è lecito ritenere avvenuto lingresso dellAlagona nel castello tra il 27 e il 29 settembre 1356, non prima, perché da una lettera del 27 settembre di Federico IV al conte Francesco Ventimiglia, che attesta la presenza dei nemici nella rocca di Motta, si desume che lo scontro era ancora in corso. Nonostante, dunque, tutti gli accorgimenti (cinta muraria, torrette, merli, feritoie, doppia porta dingresso, necessità di avanzare intorno al perimetro della rupe col fianco destro scoperto esponendosi al tiro di arcieri e balestrieri) e le cronache del tempo abbiano dato al fortilizio di Motta, appollaiato sulla cima di un vulcano spento con strapiombo di circa 65 metri, la fama di rocca imprendibile, la ricerca della Neri qualche dubbio legittimo lo fa sorgere, senza nulla togliere al fascino di un bene che è patrimonio dellumanità. V. C. Vignetta di Alfonso Romano E risaputo che Motta è un paesotto dai mille problemi; non ultimo lesodo degli americani che vi abitavano, i quali con laffitto delle case garantivano un reddito non indifferente a tante famiglie e un economia alquanto dinamica almeno nel settore edilizio. Quindi problemi nuovi che vanno ad aggiungersi a quelli vecchi e mai risolti: come la funzionalità del depuratore, la sistemazione della strada Cangiatore, la rivalutazione della zona Sieli, la frana della zona ponte, lasilo, la scuola, il verde pubblico, il piano regolatore, la zona pedonale, il centro storico ecc. Altri e non per questo meno importanti riguardano la prassi politica-amministrativa: la trasparenza, il rendiconto almeno semestrale del bilancio comunale, la gestione del personale, il sistema poco trasparente delle consulenze (queste ultime molto chiacchierate perché il più delle volte date più che per competenze, per scambio di favori politici). Ci sia- mo mai chiesti gentili lettori e cittadini quanto incidono sulle tasse che paghiamo? Altri ancora riguardano lo sviluppo industriale e quindi il futuro dei nostri figli: perché a Motta non investe nessuno? Cè unarea di sviluppo industriale? un progetto di lungo respiro che possa alimentare la speranza nel futuro? Bisogna rassegnarsi ad essere sempre gli ultimi? Si può essere soddisfatti del rapporto tra il cosiddetto Palazzo e i cittadini? del territorio e impegno concreto nel biennio di servizio per approdare a qualcosa che resti) e del neurologo Giuseppe Zappalà (scientificità e stimoli apprezzabili, nella speranza che i mottesi possano recepire e mettere in pratica). Vito Caruso Ci si può rassegnare ad essere sempre gli ultimi?!!! Cè da mettersi le mani ai capelli ammesso che ancora ne siano rimasti. Molte aspettative aveva suscitato la vittoria del centrosinistra nel nostro paese da sempre sgovernato da giunte diverse. Ma che fine ha fatto quel programma ambizioso della coalizione vincente? Dovè quell humus di sinistra su cui sarebbe dovuta radicarsi la nuova Motta? Davvero si pensa di esaurire lazione di un governo di sinistra solo nel tanto sbandierato progetto del pagare tutti per pagare meno e nella stabilizzazione di qualche precario? E ben poca cosa amici consiglieri e assessori di sinistra. Per chi lavesse dimenticato un governo che si caratterizza di sinistra deve far pendere lasse dellazione amministrativa verso politiche che attenzionano meglio e di più i problemi dei meno fortunati, degli svantaggiati, degli anziani, dei giovani che cercano lavoro, vuol dire togliere terreno alla speculazione per creare spazi sociali ecc., vuol dire, in poche parole, attuare politiche sociali in favore delle fasce popolari che, per ragioni diverse, debbono essere aiutate ecc. Quindi servizi, servizi, servizi. Non si vuole avere la presunzione di trovare laraba fenice, ma vogliamo credere fermamente che nelle vene dei governanti che si dicono di sinistra scorra ancora qualche globulo rosso. Non si chiede di dimostrarlo tagliandosi le vene; basta tentare di fare qualcosa di sinistra. Fino ad ora, lasciatemelo dire, si è fatta ben poca cosa dopo che si è avuto lardire di sbandierare progetti ambiziosi che hanno suscitato delle aspettative nella nostra piccola comunità; daltro canto la comunità stessa non deve essere un corpo evanescente ma dovrebbe mettersi in marcia anche se, forse, non ha ancora abbastanza gambe per farlo. Matteo Ranno Quando la politica è passione I suggerimenti del Primo Cittadino per un impegno costruttivo LUomo moderno passa buona parte della vita in automobile, al telefono, davanti alla TV . Lo sviluppo intellettivo umano dipende dall avanzamento culturale e dalle intuizioni innovative; per cui quando mancano queste prerogative è la crisi della società. La società attuale quindi -non riuscendo a dare tempo alla alla gente di leggere libri, di seguire linee di appartenenza cul- turale, di utilizzare e approfondire tematiche di ammodernamento tecnologico e di raggiungere spazi di avanguardia innovativa, avvalendosi delle radici storiche- è ammalata. Motta SantAnastasia è una prova di questo morbo che coinvolge tutta la società moderna. Una cultura millenaria, una tradizione millenaria, delle radici storiche eccezionali e uniche in provincia di Catania, non bastono a fare emergere lorgoglio di appartenenza della popolazione a questo splendido Comune. Queste splendide risorse non riescono a fare uscire dalla mediocre pigrizia imprenditoriale il mottese medio. Il problema è atavico, le imprese artigiane migrano nelle aree artigianali dei Comuni vicini, perché noi non ne possediamo, gruppi di sbandieratori migrano e rifondano nuovi gruppi nei Comuni vicini, i lavoratori migrano e lavorano in imprese e società per azioni dei Comuni vicini, i pro- fessionisti, le persone laureate, i piccoli imprenditori migrano perché non esiste un area commerciale ed industriale e opportunità di lavoro nel territorio di Motta. Perdiamo risorse umane indispensabili , La colpa è del Sindaco? Certo anche del Sindaco perché lo è di tutta la comunità mottese. La politica basata sulla ricerca delle colpe altrui, la politica basata sulla ricerca di colpe di questa o di quella Amministrazione, sulla ricerca di colpe di questo o quel Sindaco, sulla demolizione degli avversari politici, sulle lacerazioni, sulle calunnie nei confronti di questo cittadino o dellaltro ha portato a questi disastri. Dire basta alle divisioni è fondamentale. La mia politica è contro nessuno. Il mio proggetto politico è di costruire la citta domotica, di realizzare i progetti della produzione pubblica e privata di energia verde, di creare un marchio del tarocco Motta, di creare il marchio doc del nostro olio doliva, di realizzare delle imprese alberghiere orizontali nel centro storico realizzando i parcheggi, di lavorare sul Prg con programmi costruttivi basati sui principi della perequazione sia per ledilizia privata sia per ledilizia sovvenzionata e popolare, sia per le aree commerciali artigianali ed industriali, di realizzare lequità fiscale, di valorizzare le professionalità del personale. Il bene della cittadinanza passa attraverso lo sviluppo economico politico e sociale. Bisogna quindi, in nome di questo sviluppo, dimenticare i nostri passati momenti di divisione e di lacerazione nel Consiglio Comunale, nei partiti politici, nelle organizzazioni sindacali e nei centri di aggregazione della società civile. Lo sviluppo economico e sociale hanno quindi bisogno di pace e di un impegno politico (e non solo) fatto di passione. Nino Santagati 6 Febbraio 2006 Speciale Paternò Antichi documenti identificano i baccanali con le feste carnascialesche Il carnevale di Paternò che negli anni passati si festeggiava con larga partecipazione di folla o di forestieri vanta una tradizione antichissima. In un libretto che si conserva allArchivio comunale si parla di Baccanali per indicare le feste carnascialesche. Il termine baccanale si ricollega al termine Bacco in greco Dionisio che aveva un culto particolare. Il culto del Dio è attestato anche da un monumento che si conserva in pietra lavica nella contrada Civita. Si tratta di una costruzione piramidale con bracci sporgenti cui si appendevano le lampade votive per rischiarare il buio della notte nella quale si svolgevano i balli sacri a Dioni- Le due foto a sinistra sono di Franco Uccellatore sio, durante i quali le baccanti si lasciavano andare sotto leffetto del vino a lascivie di ogni genere. Ma la testimonianza più cospicua è data da pitture vascolari che rappresentano processioni dionisiache con il dio rappresentato con il classico vaso potorio e tralci di vite. La verità è che Dionisio assieme a Venere, Apollo e Demetra faceva parte delle divinità tutelari dellantica Ibla.Alle pendici dellEtna sorgevano fiorenti vigneti che davano unuva pregiata. Durante la vendemmia avvenivano le feste dionisiache. Che il carnevale moderno a Paternò deriva da quello antichissimo lo si può constatare dal fatto che la partecipazione popolare è spontanea. Le maschere, i travestimenti, lo scherzo traggono origine da lontano. Negli anni Sessanta tutti ricordano figure caratteristiche come lavvocato che si travestiva da donna. Il carnevale è nel DNA dei paternesi. Negli anni passati una folla enorme si spandeva sulla Via Vittorio Emanuele e nella Piazza Indipendenza. Le donne indossavano il domino una lunga veste nera e un mantello nero con cappuccio fasciato da una benda bianca. La ragazza metteva una mascherina che la rendeva irriconoscibile ma non tanto. Quel pizzico di mistero la rendeva ancora più affascinante. Portava spesso guanti neri di raso con merletti. Quando la ragazza impegnava un cavaliere lo portava al Bar per ricevere una scatola di cioccolatini o una bottiglia di liquore. Poi concedeva qualche ballo. Con il tempo si è assistito ad un graduale decadimento di questo fenomeno popolare che ebbe un grosso successo anche in età romana. In questo periodo si faceva uso di carne porcina e nacque vero similmente la salsiccia, come noi la intendiamo. Con lavvento del Cristianesimo il carnevale venne considerata una festa pagana e abolita. Non abbiamo testimonianze che i Baccanali si celebrassero. Fu nel 500 che si ebbe una ripresa dellantico rito pagano che esaltava le virtù afrodisiache del vino. Nel seicento si ebbe una ripresa dei carri allegorici con rappresentazioni di miti dellantica Gracia e di Roma. Era assente il carattere satirico che poi assumeranno i carri allegorici moderni. Lottocento fu il secolo della ripresa della manifestazione carnascialesca. Fu il periodo neoclassico quello che volle riprendere modi e usi derivati dal mondo antico. Con questa forte partecipazione popolare è arrivato fino ai nostri giorni. Il questi ultimi anni il carnevale sembra tornato agli antichi fasti. E cresciuta la partecipazione del popolo. E cresciuto il numero dei carri allegorici e di quelli delle macchine fiorate e dei gruppi in maschera. Anche gli Istituti scolastici sono stati coinvolti in questa grossa manifestazione che vede la partecipazione di gruppi sociali sempre più numerosi. I carri allegorici di una volta erano dei piccoli capolavori. Cerano artigiani che plasmavano la carta pesta per ricavarne mascheroni come uno scultore può trattare la materia prima delle sue creazioni. Chi non ricorda i carri di Santo Fallica o di altri bravi artigiani che dedicavano mesi alla preparazione del carro in tutta segretezza per evitare che qualcuno potesse rubare lidea. Foto: www.paternesi.com Il carnevale vanta unantica tradizione Anche le macchine infiorate erano dei piccoli capolavori in cui emergeva la bravura di certi artigiani che costruivano cigni, mulini a vento, cenerentole e altri personaggi di fiabe. Anche i pranzi di carnevale erano tipici. Si mangiavano maccheroni a cinque buchi, sugo, salsiccia, cassate e molto vino. Si ballava nei locali dei vari circoli cittadini ma anche nelle sale cinematografiche. Tutto il paese era investito da questo grande vento che rese Paternò famosa in tutta lisola. Vincenzo Fallica Comune di Paternò Abbiamo lavorato alacremente con lufficio cultura per rilanciare una grande tradizione, facendo tesoro del consiglio degli operatori del carnevale. E prevista la partecipazione di 7 carri allegorici, 10 carri infiorati, 11 gruppi in maschera, e questo crediamo sia di per sé già un grande successo. Abbiamo aumentato la somma base dei contratti per tutti i partecipanti eliminando i premi in denaro per garanzia di trasparenza, inserendola nella categoria B per permettere ai giovani di manifestare la loro creatività carna scialesca, che è sempre un modo artistico culturale di esprimersi. Il tutto è stato organizzato a mo di campionato in modo tale che il primo della categoria B lanno prossimo parteciperà nella A, e lultimo della categoria A parteciperà alla categoria B, al fine di evitare un appiattimento nel mettere su i lavori e di stimolarli nella competizione. Abbiamo aumentato la somma da dare alle scuole per la loro partecipazione con i gruppi in maschera, perché le scuole di Paternò di anno in anno hanno sempre più stupito con i loro lavori ed onorato il nostro carnevale. Anche gli spettacoli stupiranno. Basta fare i nomi dei Matia Bazar, Paolo Meneguzzi, i Brigantini, Salvo La Rosa, Ruggero Sardo, dentro la cornice di tutte le scuole di danza locali. La speranza è che questanno, grazie alla diretta satellitare, si possa rilanciare il nostro carnevale in tutto il mondo. Ringraziamo tutti di cuore: dallufficio cultura agli operatori del carnevale, alle scuole, alle forze dellordine, alle associazioni, alla Provincia Regionale di Catania che anche questanno ha partecipato alla realizzazione del carnevale con un congruo contributo. Buon divertimento. Nino Naso Assessore alla Cultura Pippo Failla Sindaco Il Foglio Paternese Febbraio 2006 7 Aedi successori di Omero Cantavano nelle piazze il melodramma dei poveri Nino Busacca. Alle spalle il cartellone Giulianu Re dei Briganti Paternò, la città dei Cantastorie! titolava, qualche anno, fa il Corriere della sera . Di Cantastorie la città ne ha avuti tanti: da Gaetano Grasso a Garofalo da Paparo- Rinzinu, a Santagelo, per non parlare di Cicciu Bu- sacca, il Re dei cantastorie! Andavano, fino agli anni settanta, nelle piazze a cantare storie! I successori di Omero cantavano a chi nelle piazze i fermava per assistere al melodramma dei poveri (come ebbe ad affermare Pasquale Scimeca, regista cinematografico) storie tristi, fatti di sangue, fatti di cronaca ed anche le gesta dei Paladini. Nino,il picciolo della famiglia Busacca, sinonimo ormai di cantastorie, mi accoglie con il sorriso di sempre e con il limoncello alla Nino Busacca: sbucciare i limoni, mettere le bucce sotto lalcol per 15 giorni/ dopo lo mischia con un litro di acqua, aggiungere un Kg di zucchero e limoncello è. E come fare i versi? «Non ho mai composto versi, sono orgoglioso di essere lultimo dei Busaccca; i versi li faceva Cicciu ed io li imparavo a memoria. Girovagavo con Cicciu per le strade di Paternò e restammo ammaluccati dai versi di Orazio Strano. Fu lì che Cicciu si mise in testa di fare il Cantastorie...» Nino Busacca non ha bisogno di molte domande. Nato lotto novembre del 1933, sotto il segno dello scorpione, naturalmente a Paternò! U cacanitu, u picciulu dopo Turi, Cicciu, Peppino, Concetta felicemente sposato con Francesca DUrso dal 2 novembre 1939. Ha tre figli: Carme- la, Santa, Cettina, Paolo e tanti nipoti. Da ragazzo faceva il bracciante e quando Cicciu Busacca (nato il 28 gennaio del 22, sotto il segno del sagittario) cantava nelle piazze italiane i versi di Buttitta oltre che quelli suoi, si diede un secondo lavoro: Il cantastorie! Quando fu la prima volta? Gli chiedo tra un sorso e laltro di limoncello, alternato da una sigaretta! «Mio fratello mi disse: Caro Nino, cunvinciti, làssulu stu zappuni/ pigghiti la me chitarra e canta gnuni, gnuni/Portiti la me machina/ e laltuparlanti miu/ e nda li chiazzzi prisentiti comu ti dicu iu! Avvicinati populo/Sugnu Ninu Busacca/ Cantu sta bedda storia/ pirchì lu curi mi spaccca!/Sugnu frati, criditimi, di ddu famusu arcanu/Re di li cantastorie//Ca si trova luntanu/ e manna stu frati picciulu ppi diri a tutti pari/ ca vi ricorda sempri/e vi manna a salutari!». E Ninu, il picciulo dei Busacca, accompagnato da Concetto, suo fratello, per la vendita dei libretti, canta Amuri , morti e sirinata amara! Laccoglienza è straordinaria! Lincasso della giornata: tremilacinquecento lire! Siamo nel 1960 a Palagonia! Racconta tra un colpo di tosse e laltro.Un bracciante guadagna 160 lire al giorno! Nel 1993 Pasquale Scimeca lo va a trovare. Nino Giornalismo senza compromessi Alfio Caruso ospite della Biblioteca G. B. Nicolosi Procede degnamente con Alfio Caruso la rassegna culturale dedicata al giornalismo Cronisti e storie, rassegna voluta dai giornalisti Agnese Virgillito ed Anthony Distefano e patrocinata dallIstituzione Biblioteca G.B.Nicolosi e dallAssessorato alla Cultura del Comune di Paternò, rappresentati, rispettivamente, dalla Presidente dott.ssa Marilina Cancelliere e dallassessore Nino Naso. Dopo Gianpiero Mughini, quindi, un altro giornalista siciliano è stato ospite della Galleria dArte Moderna per una serata allinsegna della cultura e del confronto. Catanese trapiantato a Milano da un trentennio, famoso giornalista, scrittore e saggista di successo, negli ultimi anni Caruso si è dedicato a raccontare storie di italiani che non si sono arresi, che hanno pagato con la vita la loro decisione di non chinare la testa, di non subire intimidazioni. Alfio Caruso ha scritto saggi di grande successo sulla storia contemporanea, ed in particolare sulla seconda guerra mondiale, tra cui ricordiamo Italiani dovete morire, In cerca di una Patria, Arrivano i nostri, Tutti i vivi allassalto, e coraggiosi libri sulla mafia di cui Da cosa nasce cosa si può considerare uno dei suoi più pregevoli lavori. Scrittore molto determinato nelle sue accuse al potere, alla mafia, alla società civile che ritiene troppo spesso succube o complice, duro e polemico nei riguardi di una classe dirigente inadeguata che nei suoi libri denuncia senza titubanze. Il suo ultimo lavoro Luomo senza storia segna il ritorno dellautore al romanzo, in questo caso un thriller politico che traccia un quadro impietoso di un Paese vittima della corruzione e oscurato da troppe ombre. Nel corso del dibattito Caruso ha parlato del suo rapporto con Catania, un rapporto doloroso di amore-odio che nasce dalla lucida consapevolezza che la sua città ancora non ha avuto la forza di ri-sorgere, di ri-pulirsi e non soltanto metaforicamente! Ma il filo conduttore dellincontro è stato sempre il giornalismo, di cui Caruso non ha nascosto il grande rimpianto, anzi, come lha definito una ferita aperta nel mio cuore, che non si rimarginerà mai. Un Giornalismo con la G maiuscola quello di cui ha parlato Alfio Caruso, un Giornalismo senza compromessi e/o condizionamenti. Alla domanda come sta il giornalismo oggi? il giornalista risponde con ottimismo: Il giornalismo vive da sempre fasi alterne. Adesso si sta vivendo un momento di reflusso, ma verranno certamente dei tempi migliori! Agata Rizzo Baby Consiglio a Palazzo Alessi Alunni della Virgillito accolti nellAula Consiliare Nella splendida cornice di Palazzo Alessi, Sede istituzionale e di rappresentanza del Comune di Paternò, restituito alla Città in tutto il suo antico splendore da unopera di ristrutturazione durata anni, si è svolta la cerimonia dinsediamento del Baby Consiglio della IV D.D. M. Virgillito di Paternò. Accolti nellAula Consiliare personalmente dal Presidente del Consiglio Comunale Alfio Virgolini, dallAssessore alla P.I. dott. Salvatore Gelardi e da altri Assessori e Consiglieri componenti la Commissione della Pubblica Istruzione e la Giunta, gli alunni e le alunne della baby Istituzione hanno vissuto lemozionante e significativa esperienza di partecipazione attiva alla vita istituzionale della Città. La cerimonia si è svolta alla presenza del Dirigente Scolastico, prof. Salvatore Musumeci, dei genitori dei baby consiglieri, emozionati quanto i loro figli, e della numerosa scolaresca delle classi IV e V dei plessi Ardizzone e Falconieri, accompagnati dai loro insegnanti. Il Presidente del Consiglio Alfio Virgolini, prima del giuramento, ha rivolto ai ragazzi un discorso propedeutico relativamente ai compiti e alle funzioni del Consiglio Comunale della Città e dello stesso Baby Consiglio che ha, nei confronti del Consiglio Comunale e della Giunta, funzioni propositive e consultive su temi che attengono il mondo dei ragazzi. A questo proposito Baby Sindaco e Giunta hanno presentato il loro programma che è stato accolto con grande considerazione e apprezzamenti da parte di tutta lassemblea. Anche il D.S. prof. Salvato- re Musumeci, rivolgendosi ai propri alunni, ha voluto ricordare limportanza di tale esperienza che permette ai ragazzi di maturare un più profondo senso civico e di partecipare attivamente al miglioramento e allo sviluppo della propria comunità. Gli alunni componenti il Baby Consiglio dIstituto, con in capo un Sindaco dai colori rosa (W le Pari Opportunità!), Vice Sindaco, Segretario, Assessori e Consiglieri, seguiti dalle referenti del progetto insegnanti Maria Antonietta Asero e Francesca Caccamo, hanno, infine, prestato giuramento secondo il protocollo dei loro più anziani colleghi. Il Presidente Alfio Virgolini ha ricordato che dopo linsediamento di tutti i Baby Consigli delle scuole dellobbligo della Città, ci sarà un ulteriore incontro per eleggere il Sindaco unico delle scuole ed un Vice Sindaco, mentre tutti gli altri Sindaci formeranno la Giunta. Questa la composizione del Baby Consiglio: Torcisi Valentina (Sindaco)-Rapisarda Giuseppe (Vice Sindaco) - Scapolaro Simone(Presidente del Consiglio)-Paternò Luca(Segretario)-Di Fazio Luca (Assess. AllAmbiente)- Tosto Monica (Assess. Alla Cultura)-Fiorito Riccardo(Assess. Alle Politiche Scolastiche)-Castelli Angelo(Assess. Allo Sport)-Caponnetto Edmea(Assess. Alle Relazioni Sociali) e i /le consiglieri/e: Scudo Fabio, Spoto Luca, Furnari Vanessa, Bongiovanni Giovanni, Bauso Luana, Parisi Agata, Cartalemi Daniele, Emmanuele Giorgia. Ins.Referenti: Maria Antonietta Asero/Francesca Caccamo A. R. Busacca accompagna il regista in campagna: nella casa semidiroccata giacciono ammucchiati dischi, libretti e cimeli che dopo qualche tempo andranno distrutti. Scimeca gli propone la partecipazione ai film: Un sogno perso(Nino Busacca ricorda una bella mangiata di fave!) e Il giorno di San Sebastiano. Con la calda voce che ricorda quella di Cicciu, Nino cita a memoria: Cento anni fa in questo stesso luogo regnava il silenzio! Solo un cane abbaiava, aspettava invano il padrone che aprisse. Un secolo è passato da quel giorno. Cosè un secolo davanti alla storia? Era il giorno avanti la festa di San Sebastianu Anno Domini 1893. In un paese chiamato Caltavuturro viveva una famiglia.! In questo film ho fatto il cuntastorie e non il cantastorie dice Nino al colto Pasquale Scimeca. Siamo nel 1993. Guadagna cinquecentomilalire e lalbergo tutto pagato ! Su invito di Cicciu, continua Nino, incisi a Catania presso il Maestro Aiello Duminicu cardiddu. Cicciu era generoso ogni bollino della SIAE costava 500 lire! Non ho mai preso, come Cicciu , diritti dautore. Tutti a Paternò e dintorni conoscono Nino Busacca. Qualche anno fa lo accompagnammo a Polizzi Generosa. Cantò Giulianu Re dei Briganti. Ci fermammo per due gior- ni: la gente conosceva a memoria le opere di Cicciu Busacca, ci chiedeva i libretti e i dischi... Il successo fu enorme! Ci sono ancora dei cantastorie? «I cantastorie erano quelli che andavano nelle piazze a buscarsi il pane». Appassionato della natura, ogni mattina, dopo aver preso un caffé ai quattro canti, va, accompagnato dalla moglie, in campagna e soffre per le arance che non si vendono. Progetti per il futuro? «Cantare. ma non ho più la bella voce di una volta. Ho una nipote, Pamela Trovato, studentessa universitaria che canticchia!» Nellepoca delle emmesseesse Nino Busacca, sempre accompagnato dalla moglie, quando lo chiamano al circolo degli anziani o nelle scuole, continua a testimoniare la capacità delluomo di recitare versi con la passione di chi vuole ancora cuntare e cantare alle nuove generazioni che rischiano di restare senza memoria. Canta fatti, storie ricche di emozioni che fanno parte delle collettive tradizioni popolari, conservate con geloso orgoglio perché custodi della Banca della memoria della nostra generosa terra. Nino Tomasello Io ho diritto a Educazione alla Legalità alla M. Virgillito Da sx: la D.S.A. rag. Anna Maria Corallo, lins. Maria Antonietta Asero, il giudice Filippo Milazzo, il D.S. prof. Salvatore Musumeci e il Sindaco del Baby Consiglio Valentina Torcisi Nellambito del progetto di Educazione alla Legalità Io ho diritto a della IV Direzione Didattica M.Virgillito di Paternò si è tenuta una relazione/dibattito sul tema Legalità è , rivolta ai genitori degli alunni della Scuola dellInfanzia e Primaria, relatore il giudice dott. Filippo Milazzo. Lincontro, organizzato dallinsegnante Maria Antonietta Asero, funzione strumentale al POF e referente del suddetto progetto, è stato il primo di una serie dincontri programmati nellambito dellEducazione alla Legalità, ovviamente con percorsi differenziati, destinati ad alunni, genitori e docenti. Le tematiche inserite in questo programma fanno riferimento a problematiche di estrema gravità ed attualità quali il bullismo, la pedofilia, la pornofilia . Lesperienza del giudice in campo di tutela ai minori ha messo alla luce situazioni di drammatica quotidianità che hanno chiamato in causa le responsabilità di famiglia, scuola, società, istituzioni. Il rapporto minori/violenza sta assumendo proporzioni sempre più allarmanti,-ha dichiarato il giudice Milazzo-, infatti numerose indagini sul campo dimostrano quanto frequentemente bambini ed adolescenti siano vittime di abusi . E il dato più sconvolgente è che proprio in famiglia si consumano sui minori violenze fisiche e psichiche con una percentuale di frequenza insospettata. Il dott. Milazzo nella sua relazione ha messo a fuoco un altro problema emergente sulla tutela dei minori che oggi merita di essere particolarmente seguito per la sua potenziale pericolosità: il rischio internet, ovvero i pericoli dei cattivi incontri in cui i ragazzi si possono imbattere navigando, senza il controllo degli adulti, su internet. Il D.S. prof. Salvatore Musumeci, nel ringraziare il dott. Filippo Milazzo per la disponibilità dimostrata nellaccogliere linvito della scuola, i genitori intervenuti e linsegnante Maria Antonietta Asero per limpegno profuso nel portare avanti il progetto di Educazione alla Legalità, ha sottolineato la responsabilità della Scuola per quanto attiene la formazione civica degli alunni, futuri cittadini del terzo millennio e la grande valenza educativa dei percorsi sullEducazione alla Legalità che, a partire dalla Scuola dellInfanzia, intendono fare acquisire ai bambini e alle bambine il concetto di norma, ovvero la conoscenza attiva delle regole della convivenza civile e democratica, e i valori fondamentali quali il rispetto per tutti gli esseri umani, lamicizia, la lealtà, lonestà, la pace, lamore universale. A. R. 8 Arte Cultura Tradizioni Febbraio 2006 La donna tra consumismo e rivendicazioni Rosa Luxemburg propose l8 marzo come giornata di lotta internazionale Ogni anno la festa dell8 marzo viene vissuta dalla maggior parte delle donne come un momento di svago, di relax, unoccasione per uscire da sole con le amiche, per concedersi una serata diversa allinsegna dellallegria, del divertimento e talvolta della trasgressione, che assume la forma dello spettacolo di spogliarello maschile. Associare la festa della donna alla compagnia, alle risate, allilarità è praticamente un assioma. Fiorai e ristoratori non mancano di approfittarne per vendere i profumatissimi mazzettini di mimosa e per organizzare serate a prezzi esorbitanti. Questa ricorrenza è entrata, dunque, a pieno titolo nella logica del business e del consumismo, mentre poche sono le persone che ricordano o conoscono lorigine di questa data e le lotte di quelle donne che tanto hanno combattuto, talvolta fino alla morte, per migliorare la condizione femminile. La festa dell8 marzo rimanda ad un accadimento tragico e doloroso, ad un sacrificio umano che non avrebbe dovuto perdersi così facilmente nella coscienza delle donne. Era il 1908 quado le operaie dellindustria tessile Cotton di New York scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, ma l8 marzo il proprietario, Mr Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento fu appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere (tra cui diverse italiane) morirono arse dalle fiamme. In ricordo della tragedia, Rosa Luxemburg propose quella data come una giornata di lotta internazionale a favore delle donne. La decisione di associare a questa festa un simbolo, la famosa mimosa, è tutta italiana e risale al 1946. LUDI (Unione Donne Italiane) stava preparando il primo 8 marzo del Dopoguerra e si pose il problema di trovare un fiore che potesse caratterizzare visibilmente la giornata. La scelta cadde sulla minosa in quanto il giallo esprime vitalità, forza, gioia; il giallo rappresenta il passaggio dalla morte alla vita e ricorda le donne che si sono battute, pena appunto la vita, per la nascita di un mondo giusto. Dal 1908 ad oggi il percorso verso lemancipazione della donna è stato lungo, complesso e tortuoso, ma grandissime sono state le conquiste e gli obiettivi raggiunti. Dopo le lotte per il riconoscimento del diritto di voto, ottenuto nel 1946, è di fatto negli Anni 70 che il movimento di liberazione (MLD) della donna cono- sce unintensa fase di sviluppo, opponendosi al cosiddetto sciovinismo maschile, ossia ad una società diretta esclusivamnete da maschi. Il movimento femminista affida soprattutto al gesto e alla parola il proprio senso e non si pone il problema della trasmissione nè politica, nè storica del suo patrimonio, nella pretesa di essere la politica, di essere la storia. Volantini e manifesti, spesso senza data, nè luogo, nè firme sono documenti consueti prodotti negli anni 70. Linizio del movimento coincide con la crisi di genere del movimento studentesco, nel quale lalleanza tra giovani donne e uomini contro lautoritarismo del modello scolastico e familiare si sfalda alla luce delle contraddizioni di sesso. Nel biennio 1970-71 nascono infatti molti dei gruppi femministi storici, dai quali prenderà le mosse la fitta rete di collettivi che rapidamente si estenderà su tutto il territorio nazionale. Tra luglio e settembre del 1970 nasce Rivolta Femminile che pubblica immediatamente il suo manifesto. Attorno alla figura di Carla Lonzi, forse al mente più geniale del femminismo italiano, si aggrega un gruppo che pone al centro lautocoscienza e che rompe con la cultura patriarcale inaugurando un movimento di deculturizzazione fondato sulla mesa a fuoco di una sessualità autonoma delle donne. Al primo manifesto seguirà la pubblicaziomne di molti scritti: Sputiamo su Hegel (1970), La donna clitoridea e la donna vaginale (19771), Sessualità femminile e aborto (1974) che comporranno assieme ad altri scritti un corpus teorico e politico col quale si confronterà il movimento per tutto il tempo in cui i temi della sessualità femminile saranno al cento del dibattito politico. È pure questo il clima politico in cui i gruppi per il salario al lavoro domestico, nati attorno allesperienza di Lotta Femminista, si moltiplicano a vista docchio. Punto di partenza della riflessione è lindividuazione di due aree di oppressione femminile, la fabbrica e la casa. La rivendicazione della produttività del lavoro domestico approda via via allindividuazione di tutte le questioni correlate: controllo sui tempi di vita e di lavoro, potere dei soldi, salute, autodeterminazione della maternità, tutti fatti che sostengono la necessità di un salario da pagarsi da parte dello Stato, quale strumento di accesso delle donne ad una cittadinanza compiuta. In modo particolare è il tema dellaborto che si impone con forza. LMLD propone di raccogliere firme per presentare una legge di iniziativa popolare che abolisca il reato di aborto. Il punto di partenza è la constatazione che in Italia, su 3000 aborti clandestini praticati ogni anno, solo 200 vengono individuati e perseguiti. Ciò significa che un comportamento femminile ricorrente e secolare nel momento stesso in cui avviene a dispetto di ogni legge, pone le donne di fatto fuori legge. La logica conseguenza è che le donne soffrono di un difetto di cittadinanza a causa di un diritto civile negato: diritto alla salute e allautodeterminazione. Pertanto riconoscere il diritto di aborto significa reintegrare le donne nella legalità, nella cittadinanza. Siamo nel 1971 e Carla Lonzi riassume il nocciolo della questione intorno alla domanda che ogni donna dovrebbe porsi : Per piacere di chi sto abortendo? Ai molti aborti clandestini si risponde con aborti alla luce del sole, autogestione, autocoscienza prima e dopo lintervento, la gratuità e la scelta delle case private attrezzate per la circostanza. Nel maggio 1978 la legge 194 sarà approvata sancendo soprattutto un diritto inaudito fino a quel momento: lautodeterminazione della donna. In molte città italiane si apre una stagione di lotte articolate, che rilanciano la questione femminile alla responsabilità delle amministrazioni locali per chiedere lapplicazione della legge in un quadro più ampio di richiesta: salute, informazione, servizi, spazi. Contemporaneamente, dai centri antiviolenza aperti un pò ovunque dai collettivi e dallMSD arriva la spinta a porre sullagenda del Movimento la questione della violenza sessuale. Anche qui, un comportamento maschile millenario diventa improvvisamente intollerabile alla coscienza mutata delle donne. Agli inizi degli anni 80 due sono gli snodi del dibattito interno al Movimento: il lesbofemminismo, che elabora attraverso alcuni convegni la sua autonomia e i suoi legami con il femminismo eterosessuale; il femminismo antinucleare e pacifista, che prende le mosse dallinstallazione di missili atomici in alcune basi NATO in Europa. Tra gli anni 80 e gli anni 90 il rapporto tra donne e conoscenza si estende a tutti i campi del sapere: cinema, teatro, letteratura, architettura, musica, religiosità e quantaltro. Il pensiero delle donne viene elaborato dalla riflessione filosofica come pensiero della differenza; non differenza-inferiorità ma differenzavalore: la donna non va definita in rapporto alluomo. Luomo non è il modello cui adeguare il processo di scoperta di sè da parte della donna, perchè la donna è altro rispetto alluomo così come luomo è altro rispetto alla donna. Infine, anche se sin dagli anni 80 il tema dei diritti politici e delle libertà delle donne nel contesto della democrazia occidentale riempie i volumi e le sale dei convegni, la questione ancora aperta è quella della cittadinanza femminile incompiuta: il nome dei figli, la sovranità del proprio corpo, linviolabilità, la maggiore presenza nel mondo politico. La difficoltà di tradurre la consapevolezza del diritto in cittadinanza compiuta è quindi il nodo che il Movimento delle donne dovrà sciogliere in questo nuovo millennio. Durante tutti questi anni di lotta e di protesta, la festa della donna è stata vissuta dai gruppi femministi come momento centrale di riflessione, organizzazione e messa a punto di progetti di rivendicazione. Sbalordisce e amareggia, quindi, che al di fuori del Movimento e dei gruppi organizzati la festa dell8 marzo sia vissuta dalle donne semplicemente cone una serata diversa, nello spirito del semel in anno licet insanire, per essere pronte lindomani a riprendere i ruoli di madri, mogli, figlie, sorelle, angelo del focolare, docili e sottomesse al senso del dovere. Occorrerebbe riappropriarsi in modo nuovo di questa giornata, con senso critico. L8 marzo dovrebbe essere un momento di riflessione, non di mero divertimento; la mimosa non dovrebbe essere un dono che lusinga, ma il simbolo consapevole di un sacrificio, di una lotta che dura da anni; dovrebbe essere il grazie sentito che ogni donna rivolge a chi oggi le consente di uscire e viaggiare da sola, di istruirsi, di lavorare, di abortire, di votare, di divorziare, di essere, insomma, una perona compiuta. Chiara Pesce La vie en rose Amore e serenità nei colori dellanima di Emilia Cigno Sarà proprio il volto sorridente di una fanciulla in rosa, simbolo di una auspicata libertà per la donna del nuovo millennio, che accoglierà i visitatori della mostra antologica I colori dellanima del maestro Emilia Cigno che si inaughererà il 4 marzo creando un ideale collegamento con la festa della donna. Emilia Cigno Pesce Villaroel, cugina del famoso poeta Giuseppe Villaroel, vive da ottantanni un intenso ed amoroso rapporto con la pittura. Amore è la parola più indicata per descrivere il suo mondo interiore e pittorico: amore per la vita, amore per larte e amore per il prossimo. Emilia come Emily Dickinson, una delle più grandi poetesse di tutti i tempi, vive nell ortus conclusus del suo grande piccolo cuore in cui tutto accade: passa la nuvola, sbocciano tripudi di peschi, di mandorli, il mare si adombra e si rasserena . Un mondo sotto incantesimo damore, estremamente reale ed al contempo totalmente magico, dominato dalla bellezza, dalla gioia e descritto con pennellate frementi, decise, musicali, personalissime. Esiste unarte al femminile e la Nostra Artista la incarna in tutta la sua raffinata schiva esuberante dolcezza. E quindi un mondo al femminile il suo, fatto di giovani donne, di occhi e sguardi profondi, di aneliti di libertà femminili, di sorrisi e voci di bimbi. Mondo di affetti familiari che è rappresentazione alchemica del macrocosmo nel microcosmo. La Cigno segue i dettami di una pittura piccola, fatta di quotidiano, che nasce dal classicismo ottocentesco italiano di Fattori, di Lega e dei Macchiaioli da cui trae quella scomposizione e rarefazione della materia in luce, come nel delizioso ritratto della nipotina Paola. Proprio quei rosa tenerissimi, quei celesti tenuissimi che Rudolf Steiner nella sua teoria dei colori definisce i colori della spiritualità incarnata. Se gli occhi sono specchio dellanima lo sguardo pittorico di Emilia Cigno ci disvela i colori della sua anima tratteggiando paradisi di quotidiana ed inviolata serenità dove sostare e vivere una splendita vie en rose Alehina Musumeci Operaie invisibili fuori moda Mascalucia vanta ancora lantica tradizione delle ricamatrici Sebastiana Nicoloso Accanto al mondo del consumismo sfrenato e della produzione industriale, ve nè un altro antico e prezioso: è il mondo delle ricamatrici, di cui Mascalucia vanta una lunga tradizione. Queste operaie invisibili, perchè poco conosciute e fuori moda, che hanno fatto del ricamo e del cucito arte e fonte di sostentamento, ancora oggi realizzano con le loro mani anziane e stanche veri e propri capolavori. Destate i quartieri storici di Mascalucia brulicano di queste donne che si riuniscono in strada per ricamare e raccontarsi le storie della loro vita, evocando suggestivamente la vecchiarella leopardiana che sedeva con le vicine a filare e a ricordare i giorni passati. Dinverno, invece, ogni ricamatrice lavora nella sua casa, in solitudine, spesso davanti ad una finestra, per potere sfruttare fino allultimo raggio di sole che le consente di portare avanti il suo lavoro. È proprio vicino ad una porta con grandi vetri che troviamo la signora Jana, intenta a ricamare il corredo per la nipote. Quanti anni aveva, signora, quando ha iniziato a ricamare? «Già a sei anni mia madre mi mandò da quella che noi chiamiamo la mastra, dove ho imparato a cucire e a ricamare. Da allora non ho più smesso». Quanti tipi di lavorazione è in grado di realizzare? «Tutti i diversi tipi di punti del ricamo, ad esempio, punto pittura, catenella, assisi, pieno, ombra, erba, intaglio... . Inoltre so lavorare a maglia, ad uncinetto e a tombolo». Quante cose ha prodotto nel corso della sua vita? «Non è facile contarle tutte. Le basti pensare che ho ricamato il corredo per quattro generazioni: la mia, quella delle mie figlie, quella delle mie nipoti e pronipoti. Così avranno sempre un mio ricordo. Ogni volta che apparecchieranno la tavola, faranno il letto o metteranno le tovaglie in bagno, si ricorderanno di questa mamma e di questa nonna che per loro ha fatto tanto». Dei doni sicuramente preziosi, unici, dal valore affettivo inestimabile e frutto di lungo lavoro e fatica. Infatti, « per realizzare, ad esempio, una coperta occorrono dai due ai tre mesi, lavorando dodici ore al giorno», ci spiega la signora Mimma, probabilmente la più brava ricamatrice del paese che, nonostante i suoi settantasei anni, ricama ancora come il primo giorno. «Ecco perchè una coperta ricamata a mano non costa meno di 1.500 euro. È come se fossimo dei pittori che, usando ago e filo, diamo forma e colore alle nostre piccole meraviglie. Ogni pezzo è unico, realizzato con amore, dedizione, cura e soprattutto grande fatica. Perchè, vede, ormai tutte le ricamatrici abbiamo una certa età, i nostri occhi non sono più quelli di una volta! Lo sforzo è immenso e lattenzione deve essere massima, perchè anche il più piccolo errore può rovinare giorni e giorni di lavoro». Cè molta fierezza in queste donne: è la dignità di chi ha passato gran parte della propria vita piegata su di un telaio, spesso anche per portare il pane a casa. «Mio marito guada- gnava poco», ci racconta la signora Mimma, «avevamo tre bambini, dovevano mangiare, dovevano andare a scuola... . Per questo da lunedì mattina a venerdì sera ricamavo senza sosta, senza avere la possibilità di dedicarmi ai miei figli, alla casa, a mio marito, a me stessa. Anche oggi che sono anziana passo la mia giornata a ricamare per arrivare a fine mese, perchè la pensione non basta. Il ricamo è anche il mio conforto e mi permette di alleviare la solitudine e il dolore per la perdita di mio marito». Ma vi è anche amarezza e malinconia nelle voci di queste donne per- chè consapevoli di essere le ultime depositarie di unarte che va scomparendo. Infatti non cè più nessuno che abbia la voglia o il tempo di impiegare dei mesi per confezionare un lenzuolo, è molto più semplice entrare in un negozio ed acquistarne uno. Così nellarco di poche generazioni le nostre tavole e i nostri letti saranno anonimi, freddi e tutti uguali. Pochi saranno i fortunati che guardando una coperta sentiranno il calore di una mano, rivedranno un dolce sorriso, ricorderanno tutto lamore di una persona cara. C. P. Terza Pagina Febbraio 2006 9 Chiacchierata con Alessandro Quasimodo La poesia è suono, è parola al di là della parola La critica cosiddetta ufficiale, per non parlare di quella accademica, si è macchiata di azioni vergognose che spesso hanno mistificato il senso della poesia e del suo farsi. Gli spaghetti al nero di seppia gli fumano davanti, mentre i suoi occhi chiari scrutano un punto lontano del mare, una nicchia dacqua tra la nera scogliera e le barche in secca dellinverno. Alessandro Quasimodo, attore e regista, vissuto per nascita in un clima ricco di spunti e di raffinate ispirazioni, tra poeti, artisti e critici militanti, ci racconta con la sua voce fascinosa e profonda, della sua familiarità con la poesia e senza lasciarsi ammaliare dal suo piatto preferito continua con straordinario ma pungentissimo aplomb: Pensate a quanto abbia pesato il giudizio di Benedetto Croce su una poetessa come Ada Negri, relegata al ruolo di una modesta maestrina col pallino del verso; lei che con inusuale franchezza, per la società italiana del tempo, fortemente cattolica e conservatrice ruppe con la tradizione non solo lirica di quellItalia E i poeti siciliani? chiediamo noi provocatoriamente I nostri hanno una statura universale, non hanno bisogno del mio patrocinio, risponde lui accingendosi con discrezione ad assaporare una pepata di cozze. Vedi aggiunge la poesia muore quando cominciano le parafrasi, le note a margine, le analisi testuali. Non si possono ridurre Dante e Leopardi ad una questione - come dire - autoptica. La poesia è suono, è parola al di là della parola Cioè la poesia di cui Alessandro Quasimodo si è da sempre nutrito. E proprio in nome della poesia Catania lo ha accolto, per la presentazione di Mediterranea, la plaquette di Paolo Lisi, in occasione della rassegna Interminati Spazi della Biblioteca comunale di Misterbianco. Sono legatissimo a questa terra che è anche mia. Anche se ho sempre vissuto al nord, nella Milano nebbiosa, lamore per questa terra contraddittoria, amara e meravigliosa, mi chiama continuamente. E tra la sua abitazione di Siracusa, gli amici catanesi, i tanti ricordi di famiglia, il lavoro di attore, Alessandro Quasimodo ha fatto dellisola la sua casa ideale Chiarisco subito sottolinea gustando un bicchiere di bianco ghiacciato che non è una scelta solo professionale: nello scorrere degli anni, la mia esperienza di attore-specializzato nella lettura dei versi e membro di un paio di qualificate giurie di premi letterari, mi ha affinato lorec- chio a distinguere tra ciò che arriva ad un esito lirico e ciò che meglio sarebbe lasciare in un cassetto . E le seppie? Anche queste sono poesia Giuseppe Condorelli Viaggio in Sicilia La cornucopia siciliana di Matteo Collura Leggere In Sicilia (Longanesi & C., 2004), di Matteo Collura (scrittore, saggista, studioso e biografo di Sciascia) significa entrare in unavventura intellettuale folta di emozioni, memorie, sollecitazioni letterarie morali politiche. Un po come (ci si passi il frusto topos) rifare il suo viaggio in questa terra dai molti aspetti e seduzioni, dai troppi e coinvolgenti (stendhaliani?) contrasti. Merito di una scrittura fluida calda vibrante; di una flessibilità mimetica capace di aderire alla variabile sostanza (drammatica, pittoresca, grottesca) di eventi, persone e personaggi, Ma anche merito della Sicilia, della sua materia umana storica ambientale, che quasi impone la sfaccettata fitness espressiva qui segnalata. Magari fino ad occasionali trasgressioni cripto-barocche o saltuarie scommesse espressionistiche, che alzano, in ispirata randomness, il livello della misura prevalente. E allora ci si può imbattere in lave che fanno pensare a corsi dacqua pietrificati dun colpo, in una luce che esplode improvvisa con una impressione di tuono [...] e si sfilaccia in una raggiera di vibrazioni, in un castello [di Milazzo] che, investito dallimmenso riverbero marino, sembra imbaldanzirsi. Non basta: su un istoriato promontorio [...] la luce può colpire come uno scudiscio e in cielo lampi squamosi si avvertono, come recassero ostinati riverberi tratti dallimmenso barbaglio intorno Tanta varietà, dunque, in questo viaggio a più dimensioni, ma con una costante, che lautore rivela fin dalle prime pagine, una musa dal nome pesante, più spesso invocata che onorata dai vocati alla penna: insomma, la verità. La quale, di norma, si fa strada a stento, fra molte insidie, e molto seducenti tentazioni mistificanti, che crescono più numerose e insinuanti quando lautore si cimenta con loggetto della passione dominante: come può essere la Sicilia per un siciliano doc. Allora quellimpegno di verità implica una tensione esclusiva che non sarà mai troppa contro le multiformi sirene in agguato: letterarie, estetizzanti, localistiche, ideologiche. A fronteggiare queste ultime, soprattutto, occorre una vigilanza severa fino allo spa- simo: tante sono le storie seduttive e i personaggi memorabili, in perfetta reciprocità di osmosi tra realtà e letteratura, vissuto quotidiano e teatralità in cerca dautore. Una cornucopia di doni dolcissimi e trucidi, colorati delle splendenti tavolozze dei tramonti alpestri e delle aurore marine, odorosi di zagare e alghe, ma anche di zolfo tartareo e di sangue rappreso intorno a corpi stuprati da lupara o kalashnikov, a volti disfatti dal piombo proditorio. La lupara, le lupare: che dalla malavita canonica stendono tentacoli di lava ingrottata fino alleconomia predatoria legale e alla politica, chè tanto fragorosa di altisonanti appelli morali, quanto baldracca di complicità molteplici con i signori del piombotritolo e del prodotto elettorale. A suonare il là per lintero percorso esplorativo è la visita ai luoghi storici della Sicilia recente: in primis quel Cassibile che visse un momento decisivo di storia contemporanea e ne ha praticamente cancellato la memoria. Scomparso luliveto come la tenda che vi fu eretta per firmarvi larmistizio del 3 settembre 1943: gli eredi della marchesa di Cassibile hanno sostituito gli ulivi con aranci e stalle, dove teniamo le mucche. Così, una donna del luogo, che aggiunge, con dimessa ovvietà: Noi viviamo di questo. La buona massaia precisa che in trentasei anni non li aveva mai visti, i mitici ulivi irrigati di storia. Invisibile anche la scritta che ricorda la firma dellarmistizio. Un residuo della quale si trova, quasi nascosto, in una lapide attaccata a un monumentino davanti a una chiesa di San Giuseppe. Un test emblematico per una verità antropologica: noi siciliani siamo tutti inquilini della storia (come recita uno di quei personaggi malati di lucido disincanto), e magari ce ne pavoneggiamo; ma siamo afflitti, anche, dall ansia di esserne sfrattati. Ci pesa quella spropositata mole di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, in venticinque secoli di invasioni, orrori e splendori, false liberazioni (dagli antichi Romani ai marines dalla pistola facile) che ci hanno resi perenne e reiterata colonia. Perciò Il sonno, caro Chevally, il sonno è ciò religione: offre spunto per un cenno più disteso al suo potenziale distruttivo. Religione arcaica, dunque sacrifici umani. Oggi, con religioni tanto evolute (!), si dà per scontata la loro sparizione. Ma ecco il punto: ne siamo sicuri? Di espliciti, certo, non se ne vedono (a parte il caso estremo del martirologio stragista islamico). Ma la religione che li imponeva è proprio morta? Il dio Moloch, ghiottone che preferiva la tenera carne dei bambini fenici, è davvero sparito, dissolto nel simbolismo delleucaristia farinacea? Cè da dubitarne. Si spinga lo sguardo un po sotto la superficie, e si potrà scorgere tutto un pullulare, appena velato, di sacrifici umani indiretti: Portella è uno di questi. Il Moloch in causa è la bulimia midiaca: Moloch è laltra faccia di Mammona. E la sua ingannevole maschera idilliaca è il dogma del libero mercato auto-regolantesi per il bene di tutti. Anche questo è un nome bugiardo, che promette mirabilia, anchesso, ma dà ricchezza o benessere a pochi barracuda e disinvolti affaristi, povertà ai molti e miseria ai troppi variamente svantaggiati nella giungla sociale del bel pianeta azzurro. Anche perché la leale concorrenza è un bel sogno che non sè mai tradotto in realtà, con buona pace delle varie Authority antitrust. Quella scritta in pietra sul massacro per mano della mafia e degli agrari avrebbe potuto essere lo squillo di verità del risveglio isolano: ma i siciliani amano il sonno. Bella metafora il sonno, per dire che, nella maggioranza, se ne strafottono dellinteresse generale, della comunità, dei nobili comandi di unetica sempre lodata in verbis e altretUna scrittura fluida calda vibrante; tanto snobbata in rebus. Come di una flessibilità mimetica capace la storia, le cui guardiadi aderire alla variabile sostanza vestigia mo o come materiali da costrugiurassico (10 maggio 1947)? Uno dei zione del nuovo (magari un Porto di Girmolti (nemmeno il primo) crimini orche- genti) o come molesto impedimento alle strati dal connubio che avrebbe segnato villette abusive. Portella invece di un rila storia della Sicilia otto-novecentesca e sveglio inaugura una lunga catena di morti continua a pesare come macigni inamo- ammazzati, esercizio e prodotto di quel vibili sullincipiente terzo millennio: la volto rumorosamente feroce del capitacomplicità fra malavita, economia e po- lismo perenne (business über alles!) che litica (interna ed estera), i cui (ne)fasti la è la mafia: da Pietro Scaglione a Gaetano cronaca continua a celebrare mentre ne Costa, dal superprefetto Dalla Chiesa scriviamo. Il bilancio di quella viltà as- (fatto venire in Sicilia per approntargli sassina fu di undici contadini uccisi, tra un bel funerale, secondo un più realicui una donna incinta e tre bambine. A stico scetticismo), a Rocco Chinnici e ricordare leccidio restano undici dolmen ai suoi allievi Falcone e Borsellino, eroi e una piccola folla di massi (che ricorda- martiri della Comunità (o ingenui, cioè no la misterica teoria di menhir di Car- cretini, secondo logica e competenza del nac, in Bretagna, segni di una religione giudice Carnevale di buona memoria? La arcaica. stessa, più o meno, dei siciliani sperti Una tentazione, il riferimento alla che con quello spiccio qualificativo liche i siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali. Le celebri parole del principe di Salina risuonano come un refrain di sottofondo in tutto questo, più che lungo, diremmo largo, e forzatamente selettivo, viaggio nella Sicilia. Una terra ricca di aspetti contraddittori, si diceva: nella sua realtà fisica e nella sua tre volte millenaria storia politica economica culturale. Tanto ricca e contraddittoria, questa scaglia di globo, ma anche così fascinosa, nel suo bene e nel suo male, da costringere, a dolorose rinunce. Che riescono a imbarazzare perfino una recensione, per sua natura scarnamente parziale. Ma ci aiuta lautore con il suo incipit tranchant su Portella della ginestra: una sorta di ouverture che annuncia lallure musicale dellintera composizione. Portella, un nome gentile, ma legato a una tragedia sordida. Dice bene Collura: non bisogna credere ai nomi dei luoghi, in Sicilia. Sono bugiardi, a volte, e promettono mirabilia, ma ti danno solo sconforto e desolazione. Quale nome più leggiadro e promettente di Portella, con la sua chioma di leopardiane ginestre dorate dal pungente olezzare? e quale meno veritiero, se offre fisicamente soltanto un ventoso passo di montagna e storicamente la barbarie di una strage di civili al servizio delluomo quidavano lincauto professor Laurana nel giallo di Sciascia, A ciascuno il suo) Ma laccennato è solo uno dei tanti volti della bella Trinacria che caliga/ non per Tifeo ma per nascente solfo: un altro è quello dei personaggi e dei suoi autori. Eccone uno dei più intriganti: Giuseppe Balsamo, gabbamondo geniale, sedicente Conte di Cagliostro, avventuriero capace di affascinare un Goethe, un Carlyle, e altri grandi. Goethe, nella Palermo del suo Viaggio in Italia, volle conoscerne la famiglia, povera, negletta e illusa di faraoniche ricchezze del congiunto lontano. Il poeta del Faust ne ricavò pagine affascinate, largamente citate dal Collura. Langolo di città, dove marciva la povera casa di Cagliostro, simprime nella memoria del Viaggiatore. per la miseria che vi ristagna e il fiero contrasto con labbondanza di barocco di una chiesa che sembra delirare, al suo interno, di decori marmorei e di ogni tipo di ricchezza ornamentale. Scendendo verso i nostri tempi, la figura più seduttiva si identifica nel barone Raniero Alliata di Pietratagliata, scienziato, letterato, scacchista e (ossimoro vivente) cultore di occultismo. Scialacquatore del patrimonio, succhiato dal ventre vorace del gioco dazzardo, si chiuse in sdegnosa solitudine nel suo castello. in cui Collura riesce a penetrare con la preziosa guida di Bent Parodi di Belsito, autore del Principe mago. Altro soggetto memorabile, il nipote di Pirandello, indifferente al valore venale di un autografo dello zio, appesantito più che esaltato dal nome ingombrante, solitario e scostante. Che alla fine della visita confessa allautore. Che mi importa di Pirandello: io ho il cancro. Un vero personaggio pirandelliano, un Uomo dal fiore in bocca in carne e ossa. Lesempio del principe Alliata costituisce una specie di introibo alla constatazione di unevidenza: il contributo maggiore al capitolo personaggi viene, malgrado ogni contraria apparenza, dallaristocrazia, da quei principi marchesi baroni e gattopardi che hanno riempito le loro esistenze privilegiate di riti, miti gesti e interessi variamente mondani, ma anche di vocazioni culturali e passioni letterarie: i cugini Tomasi di Lampedusa e Lucio Piccolo ne sono soltanto i picchi più visibili; ma altri ve ne sono, meno esposti ai soffi (così spesso capricciosi) della gloria mediatica, non per ciò meno significativi. Vite intense e sovente incise da umori ed estrosità al limite della follia pirandelliana: impagabile la festa organizzata dalla famiglia per il ritorno a casa di un nobiluomo palermitano (parente del principe mago) al quale, affetto da una grave malattia circolatoria, erano state amputate le gambe. A quella lugubre dissonanza festaiola fu presente lautore che la descrive: Un elegante ricevimento nel parco della villa, tra fontane e statue silvestri, la luna, ricordo, luminosissima, contro le carnose pareti dellincombente monte Pellegrino. Nel bel mezzo della cena, ecco arrivare il barone: il busto privo di gambe poggiato su una portantina sollevata a braccia da quattro robusti sherpa. Sorrideva come benedicente, stralunato e svanito, quel povero mutilato, che pure era stato un uomo bellissimo, ammirato per la sua eleganza, la sua classe, laudacia nel condurre verso i vittoriosi traguardi le sue automobili da corsa. Si può concepire nulla di più pirandelliano? Una messinscena che davvero mandava tutto alla malora, facendo di quella festa una caricatura blasfema del vivere e del morire, togliendo sia alluno che allaltro ogni mistero e sacralità Folta la galleria di scrittori contemporanei convocati da Collura: da Brancati a Sciascia, da Pirandello a Bufalino, senza dimenticare gli stranieri, da Steinbeck a Borges, per un dialogo e contrappunto suggestivo sui tanti volti della Sicilia impareggiabile: il territorio condizionante il carattere (ma fino a che punto?), in positivo e in negativo; la letteratura e cultura in genere, la storia, tragica da millenni. E piena di menzogne interessate. Come accade, ancora oggi, malgrado tante rivisitazioni storiografiche, col nostro Risorgimento e con quellaltra mistificazione tuttora in pieno vigore che presenta la conquista anglo-americana come una generosa e disinteressata Liberazione, e i liberatori come poco meno che angeli: severi coi diavoli nazi-fascisti, dolcissimi con i liberati. La musa Verità non consente a Collura di ignorare i molti deprimenti quanto feroci e inutili episodi che ebbero come vittime ignari civili e prigionieri di guerra protetti dalla Convenzione di Ginevra. Vere e proprie stragi, che cominciarono con bombardamenti indiscriminati, in uno dei quali furono massacrati trecento bambini. La luce e il lutto: questo titolo di Bufalino riassume in un logo emblematico la sensazione prevalente che lIsola comunica al Viaggiatore con la sua contraddittorietà camusiana (prima che brancatiana), che nel cuore nella luce scorge le tenebre, nel colmo dellaccensione vitale il ghigno fermo della morte: E stato a questo punto che la luce è parsa dirmi qualcosa, e il senso tragico della vita [...] mi è stato finalmente svelato. La luce [...] mi ha mostrato il suo enigmatico doppio [...] la sua componente luttuosa. Pasquale Licciardello 10 Cultura e Società La Fidapa incontra Crepet alle Ciminiere di Catania Febbraio 2006 Lo psicologo Pedofilia, fra storia e realtà Il termine pedofilia deriva dal greco antico e vuol direamore per i bambini. Tale termine nella cultura greca ebbe una connotazione diversa da quella che intendiamo oggi. Infatti, nellantica Grecia le famiglia ricche, non esistendo ancora la scuola pubblica, mandavano i loro figli da anziani precettori che, oltre ad iniziarli alla grammatica, alla storia, alla filosofia ed alla retorica, si curavano della loro formazione culturale e morale, onde formarne ottimi dirigenti. Così fra docente ed allievo nasceva un rapporto di stima ed affetto, che si riferiva alle straordinarie doti morali, che lallievo o il maestro idealizzavano nelluno o nellaltro. A Roma, nelletà imperiale, omosessualità e pedofilia erano diffuse, come lo era la prostituzione sia maschile che femminile, soprattutto di schiavi. Lo storico Svetonio nella vita dei Cesari ci parla dellimperatore Tiberio che, durante il bagno con bambini, soleva fare giochi sessuali. Non sappiamo se questa notizia fosse vera o dovuta a semplice calunnia; tuttavia apprendiamo dalle fonti letterarie che la pedofilia non intesa nel senso pedagogico come in Grecia ma in quello sessuale era una moda diffusa, anche se condannata da tutti. Nel Medioevo gravidanze in età prematura erano nella norma come anche i rapporti fra parenti (nonni, zii, cugini). Ciò era dovuto anche al fatto che gli spazi nelle case erano piuttosto ristretti. Nel 600 e nel 700 i bambini erano seriamente esposti al rischio di abusi sessuali -come si legge nei resoconti sulla condizione dellinfanzia dellepoca- ove si evidenzia la tendenza a ricorrere alla violenza diffusa in tutte le classi sociali. Tutto questo perché era in crisi il ruolo della famiglia come struttura di contenimento delle ansie. Questo clima dincertezza innescava il bisogno di dominare e di costringere con la forza il soggetto più debole; in molti casi loggetto di questa violenza, che spesso era sessualizzata, era la donna, ma era possibile che lo fossero anche i bambini. In epoca vittoriana vi fu in Inghilterra un moralismo esasperato: i medici ed i preti sostenevano che la masturbazione fosse dannosa per lo sviluppo e peccaminosa, al punto da suggerire ai genitori lapplicazione di certe gabbie di contenimento dei genitali, che di notte venivano chiuse ermetica- mente e riaperte la mattina; tali strumenti erano a volte dotate di campanelli per avvertire i genitori o gli educatori se i ragazzi si toccavano le parti intime. Nel 1892 Freud pubblica Eziologia della isteria, un articolo ove afferma che allorigine dellisteria cè quasi sempre unesperienza sessuale precoce e traumatica. Tale tesi portò a due conclusioni:la prima è che una ogni donna affetta da isteria dovesse aver subito una violenza sessuale in età infantile, la seconda è che tali episodi sarebbero avvenuti in ambiente domestico o con persone vicine alla famiglia. Oggi la pedofilia esiste più di quanto noi vorremmo ammettere. Essa ha acquistato spazi ulteriori in cui insinuarsi. Va considerato il ruolo di Internet, lestrema facilità con cui i ragazzi imparano ad adoperare la rete, avendo così la possibilità di visualizzare immagini pornografiche, che possono turbarli, dal momento che non sono ancora in grado di comprenderne appieno il significato. Inoltre, la possibilità di ricevere e scambiare immagini porno li espone al rischio di entrare in contatto con pedofili, che usano tali immagini per adescare i ragazzi e stabilire con loro un dialogo grazie ad apposite chat room in rete. E quindi indispensabile che i genitori vigilino sui siti web visitati dai ragazzi, vedere con chi parlano e di che cosa. In tal senso è necessario dialogare con i figli senza pregiudizi e senza giudicare, ma con lobiettivo di guidare, di consigliare, di vigilare affinché certe fantasie non diventino per i loro figli storie strane. Roma, 8/02/06 Giuseppe Francaviglia Al centro, la difficile comunicazine fra adulti e giovani Le sezioni FIDAPA di Acicatena, Acireale, Catania, Giarre-Riposto, Misterbianco, Motta SantAnastasia, Riviera dei Ciclopi e SantAgata Li Battiati, giorno 28 Gennaio, hanno organizzato, con il patrocinio della Provincia Regionale di Catania, un incontro con Paolo Crepet, psichiatra e sociologo tra i più autorevoli nel campo della psicologia e dello studio di certe dinamiche sociali che stanno alla base di comportamenti molto spesso devianti e di difficile comprensione. Il tema è stato davvero stimolante: Cè ancora ladulto di riferimento? Quale guida per i nostri figli?. Un pubblico attento e interessato, costituito in maggioranza da donne, donne impegnate nel lavoro, donne che cercano in tutti i modi di essere presenti e attive a casa e nella famiglia. Punto di partenza nella riflessione dello stu- dioso il caso di Novi Ligure. Protagonisti Erika ed Omar, alle spalle una famiglia come tante altre. Quanti interrogativi; quante incertezze e perplessità. Quanti silenzi e paure. La solitudine impenetrabile dei giovani, la difficile comunicazione tra genitori e figli, il modo di comportarsi dei giovani che spesso gli adulti non riescono a decodificare. Ormai a stento si entra in sintoniacon il mondo dei giovani, con i nostri figli. Perché? Non siamo più punto di riferimento per loro? Abbiamo perso credibilità ed autorevolezza? Quella credibilità ed autorevolezza che i nostri genitori sono riusciti a tradurre nei nostri confronti? Noi di unaltra generazione, come dicono i nostri figli, non potevamo venir meno a certi doveri: studiare, ascoltare, essere collaborativi, fare sacrifici per un domani migliore. In poche parole i nostri genitori, senza saperlo, sono riusciti a stimolare quella che gli psicologi definiscono autostima. Crepet sottolinea che le maggiori carenze nei giovani sono da individuare nella mancanza di autonomia, di autostima, di creatività, di passione. E come se si lasciassero vivere, come se non fossero i protagonisti della loro stessa esistenza: il computer, le comodità, la discote- ca, il gruppo, la macchina sono diventati non strumenti ma obiettivi verso cui tendere ad ogni costo. I giovani sembrano essere diventati personaggi secondari di una vita che altri pensano e organizzano per loro. Non permettono agli adulti di entrare nel loro mondo, mentre altre volte li rimproverano di non essere in grado di condividere preoccupazioni ed incertezze, gioie ed esaltazioni. Noi genitori siamo proprio sicuri di conoscere i nostri figli? A casa assumono un comportamento, a scuola un altro, nel gruppo un altro ancora; a volte ridono e sono euforici, altre volte piangono e chiedono compagnia e carezze. Chi sono veramente? Uno, nessuno, centomila (Pirandello docet). Poveri figli! Poveri genitori! Barriere, silenzi, incomprensioni da una parte e dallaltra. Cosa deve fare allora ladulto? Stare a guardare? Lasciar perdere e arrendersi? Tanto ormai il mondo va come deve andare?! Assolutamente NO . Crepet sostiene che bisogna comunicare con i giovani, riuscire a tirar fuori quello che di più propositivo cè in loro (e cè tanto), essere autorevoli, metterli nella condizione di fare le scelte più giuste, quasi costringerli, ma soprattutto renderli autonomi, tagliare quel cordone ombelicale fatto di passività, comodità, accondiscendenze che non creano né passione né entusiasmo per la vita. Permettere loro anche di sbagliare, se necessario, per fortificarne personalità e carattere. Margherita Platania Mozart e la profezia di Salieri Spazio 22, i colori della cittadinanza A 250 anni dalla nascita, il Grande Salisburghese continua ad affascinare Durante la seconda metà del Settecento, nei paesi di lingua tedesca, i musicisti ed i compositori avevano lopportunità di fruire di numerose occasioni per mettere in mostra la propria arte, in quanto la particolare situazione politica che si era venuta a creare, con il frazionamento in numerosi stati, aveva fatto sì che nascessero allinterno delle corti svariate cappelle musicali e un gran numero di teatri. Ciò si verificava, al tempo di Mozart, anche a Salisburgo, nel cui principato la musica era tenuta in grande considerazione e veniva praticata dagli stessi componenti della nobiltà e della aristocrazia. In questo contesto il giovane Wolfgang, che nella più tenera età aveva goduto della condizione di bambino prodigio e che per le straordinarie esibizioni a corte aveva ricevuto omaggi da personaggi di rilievo quali limperatrice Maria Teresa e la principessa Amalia, sorella di Federico II di Prussia., più in là negli anni non si accontenterà più degli onori e scriverà, infatti, in una lettera al padre del 10 aprile del 1782: Se limperatore mi vuole, deve pagarmi, perché lonore di essere al servizio dellimperatore non mi basta. Se limperatore mi dà mille fiorini e un conte duemila, porgo i miei rispetti allimperatore e vado dal conte, questo è certo. Il compositore si era recato più volte in Europa nella speranza di trovare una definitiva sistemazione e collocazione professionale e a tal proposito è il caso di menzionare, in particolare, i viaggi realizzati in Francia e in Italia, per la grande influenza che questi due importanti centri propulsori della cultura settecentesca esercitarono sullesperienza del musicista. Mi piace ripercorrere idealmente, ancora una volta, gli even- ti di quegli anni l11 marzo del 1777 Mozart e la madre partono da Mannheim per recarsi in Francia, Parigi, centro intellettuale dEuropa è in fermento, diviso tra razionalismo conservatore ed il naturalismo, si afferma sempre più la Commedia dellarte, emerge la musica italiana oltre frontiera. E una vera rivoluzione culturale! In quel periodo compone le due Sinfonie K 297, un Concerto per flauto e arpa, le cinque Sonate per pianoforte K 310, K 330, K 331, K 332, K333, le sonate per pianoforte e violino in mi minore K304 e in re maggiore K 306, caratterizzate da un dialogo serrato fra i due strumenti e dallaffrancarsi del violino dal ruolo di accompagnamento, a quegli anni risale anche la composizione della sonata K 304 che riflette un avvenimento tragico di quei mesi, la perdita della cara mamma Anna Maria. Affranto dal dolore, il tre ottobre lascerà Parigi per tornare a Salisburgo. A Mannheim, per lamata Aloisia, aveva lasciato una parte del suo cuore; A Parigi lascia una parte della sua giovinezza Il primo dei tre viaggi in Italia risale ad un tempo anteriore, al dicembre del 1769, quando il giovanissimo Mozart riceverà a Rovereto i primi consensi da parte del pubblico italiano, si fermerà quindi a Verona, Mantova, Cremona, Milano dove il ministro plenipotenziario dAustria gli attesterà la sua stima regalandogli una edizione delle opere del Metastasio, invitandolo implicitamente con tal gesto a voler entrare a pieno titolo nel mondo dellopera italiana, le cui componenti stilistiche ritroveremo nelle ope- re teatrali tramandateci dal compositore. Wolfgang Amadeus Mozart, acuto indagatore dei vizi umani, di quel mondo frivolo e galante che caratterizzò le corti dell epoca, autore di capolavori come Le nozze di Figaro, Il Don Giovanni, Così fan tutte, il flauto magico, autentiche gemme musicali frutto del suo genio, visse linfanzia e la giovinezza allinsegna del successo cui si contrappose, negli ultimi anni della sua vita, una profonda solitudine. Sigmund Freud in Der Dichter und das Phantasieren affermava: Se potessimo almeno scoprire in noi stessi o in persone simili a noi unattività in qualche modo analoga alla composizione creativa; sfugge, però, anche alla più attenta analisi psicoanalitica il segreto dietro il quale si celano i meccanismi attraverso il quale il musicista salisburghese riesce a sedurci, traducendo in termini estetici le proprie sensazioni, perché è autentica seduzione quella che si sprigiona dalle sue composizioni. Ne fu consapevole Salieri, la cui famosa rivalità nei confronti di Mozart fu oggetto del dramma di Puskin Invidia, da cui fu desunto il libretto dellopera di Rimskij-Korsakov Mozart e Salieri, il quale avrebbe affermato Egli è destinato a crescere, io a declinare. Così è stato, e oggi come allora la musica di questo straordinario genio, a distanza di 250 anni dal giorno della sua nascita, continua ad esercitare un fascino non offuscato dal trascorrere del tempo. Maria Schillaci Il Progetto Nazionale ha coinvolto 88 Scuole siciliane Spazio 22, i colori della cittadinanza è la sigla che raccoglie ladesione di 88 scuole della Sicilia, dirigenti e docenti referenti i quali hanno partecipato ai corsi di formazione nellambito del Progetto Nazionale di educazione alla cittadinanza attiva e ai diritti umani che coinvolge mille e seicento scuole italiane Presso lIstituto Scolastico Giuseppe Parini di Catania si è svolto il primo seminario regionale, coordinato dallIspettore Sebastiano Pulivirenti, per rilanciare, una volta conclusa la fase nazionale di formazione le azioni progettuali ed operative nelle diverse realtà scolastiche. Le Scuole aderenti si rendono promotrici di una rete operativa di formazione dei docenti con il coordinamento del docente tutor per la attività di formazione in presenza e la validazione del percorso di formazione on-line. Leducazione alla cittadinanza non si può considerare come una materia da studiare e ripetere durante linterrogazione, ma investe tutta la vita sociale e relazione dellalunno-persona che diventa cittadino Lo studio e la conoscenza delle leggi, della Costituzione, della cultura della legalità e del rispetto, vanno ben oltre lambito scolastico e diventano cultura e vero apprendimento, quando producono una vera modifica nei comportamenti dello studente ed in particolare una modifica del modo di pensare, di sentire e di agire. Nel raccontare la storia della scuola italiana si può dire: Cera una volta lEducazione civica diventata disciplina, dopo il 36° convegno nazionale dellUCIIM, celebrato a Catania nei giorni 911 febbraio 1957 Al Castello Ursino, sede della corte di Federico II, nasce appunto lEducazione civica e limpianto organizzativo e didattico di una disciplina che avrebbe dovuto mantenere una trasversalità interdisciplinare educativa e formativa. Il prof. Salvatore Latora ne ha tracciato il percorso rileggendo gli atti del convegno dellUCIIM che aveva come titolo: Il problema delleducazione dei giovani alle virtù civiche e alla democrazia I titoli delle relazioni di Gesualdo Nosengo, Giovanni Gozzer, Franco Bonacina, Vittonino Veronese, Carlo Perucci, Camillo Tamborlini , declinano leducazione al civismo e al saper vivere nella società organizzata come educazione morale, sociale e civica.. Adesso, quella che un tempo era chiamata Educazione civica, ridotta nel tempo a disciplina cenerentola della scuola italiana, nel nuovo impianto della riforma con la Legge n.53/2003 prende il nome di Educazione alla Convivenza civile che si articola in sei campi di interventi educativi che vengono esplicitati nella forma di attività progettuale Il primo di questi è lEducazione alla cittadinanza, seguono leducazione ambientale, stradale, alimentare, alla salute e allaffettività. La diretta esplicitazione di campi ed ambiti progettuali nellazione didattica impegna gli operatori scolastici nella costruzione di un articolato percorso formativo che coinvolge tutti gli operatori scolastici Se è vero che progettare significa mettere in atto un desiderio, chi non ha desideri non ha nulla di dire, nulla da progettare. Formare uomini e cittadini non è soltanto uno slogan, ma un reale impegno che sollecita unazione non solo di apprendimento teorico di nozioni, ma di gesti, stili ed atteggiamenti di vita vissuta. La finalità della scuola, che si formula nellespressione di scuola che colloca nel mondo e prepara i cittadini di domani, si sostanzia di progetti operativi che le stesse indicazioni nazionali tracciano come percorsi da seguire e sviluppare La cultura della partecipazione democratica si impara facendo, e la promozione del Consiglio Comunale dei Ragazzi costituisce una palestra di apprendimento, attraverso un imparare facendo. I ragazzi apprendono, infatti, la cultura della democrazia e della partecipazione responsabile svolgendo i compiti di sindaci, assessori, consiglieri, esercitando il diritto di voto di espressione delle proprie idee e di relazione sociale nel piccolo gruppo della classe, nella scuola e poi ancora nel quartiere, nella città. Leducatore, chiamato a dare ai propri alunni delle certezze, che scaturiscono dal sapere e dalla scienza e dalla lettura in positivo della realtà in cui si vive si opera, propone lo studio della Costituzione italiana ed europea non come contenuti culturali finalizzati ad un semplice arricchimento di conoscenze ma per aiutarli a saper interpretare il presente in maniera critica e con adeguata informazione sui fatti, sulle motivazioni, sulla globalità dei diversi fenomeni ed inserirli nella società come cittadini europei e cittadini onesti. I ragazzi di oggi, figli della televisione, e detentori del telecomando operano anche nella vita culturale lo zapping, che non li radica ad alcuna storia completa, produce frammentazione ed approssimazione senza continuità da una realtà ad unaltra, senza pervenire alla sintesi finale che dà unitarietà ed armonia ai diversi contributi. Lapproccio sistemico ai diversi ambiti educativi delleducazione stradale e alla salute, delleducazione ambientale, alimentare e allaffettività, ben si intrecciano con leducazione alla cittadinanza e ne diventano esplicitazione operativa. Mediante una convergente ed unitaria azione educativa, che coinvolge tutti i docenti delléquipe e gli operatori scolastici, si potranno far acquisire agli alunni gli strumenti per gestire la propria irrequietezza emotiva ed intellettuale, per favorire il processo di ricerca e di affermazione della propria identità, per scoprire le proprie potenzialità e per orientarsi verso scelte responsabili e spendibili nel territorio in cui si opera. Anche la cultura dimpresa, tema trattato dal commercialista Nino DAsero e le problematiche commerciali esposte dal dott. Pugliese, presidente di Etnafiere ed Etnapolis, contribuiscono a dare uno spaccato di ampio respiro alleducazione alla cittadinanza.. Lapertura verso la dimensione europea, come ha dichiarato leuroparlamentare Giuseppe Castiglione, investe anche la scuola che è coinvolta nel processo di globalizzazione, di interculturalità e di gestione delle diversità anche multietniche, non solo attraverso gli aspetti teorici, ma anche attraverso una nuova cultura dellaccoglienza, della tolleranza, della solidarietà disponibile alle diverse etnie e culture. Occorre un pizzico di utopia, la capacità di sognare e di sperare in qualcosa di buono che verrà, anzi ne siamo certi; infatti le piccole conquiste professionali, gli esisti positivi dei diversi progetti ne sono una dimostrazione a conferma del conseguimento di traguardi possibili. La progettualità educativa sollecita la convergenza responsabile di tutte le componenti del fatto educativo: della comunità scolastica nel suo insieme; della dirigenza che guida, coordina e stimola; di tutti i docenti, che operano in maniera convergente verso i comuni obiettivi, con uno stile di cooperazione e di azionismo nella condivisione del gesto, del valore e dellatto educativo; dei genitori, primi e veri responsabili delleducazione dei figli, co-protagonisti della realtà educativa, cooperatori con lazione formativa svolta dalla scuola; degli alunni, che citiamo per ultimi seguendo lordine di età, di funzioni e di ruoli, ma che sono al primo posto nella progettualità educativa, destinatari e attori nel progetto educativo, e se il loro comportamento risulta passivo, se il loro coinvolgimento viene vanificato tutto il progetto educativo perde consistenza e valore. Il professionista della scuola che è sempre un educatore, impara ed insegna, insegna ad imparare, elabora e promuove cultura, aiuta a sviluppare competenze e contribuisce alla formazione e allo sviluppo integrale dellalunno persona che a scuola cresce nella comunità, diventa uomo, apre i suoi occhi al vero, scopre la dimensione dellAssoluto Giuseppe Adernò Cinema e Spettacolo Febbraio 2006 11 Il sole di Aleksandr Sokurov La resa dellimperatore Hirohito come vita illuminante Tokio, 1945, seconda guerra mondiale. Il Giappone è ormai alla disfatta, larrivo degli americani è vicino e limperatore Hirohito è rinchiuso in unaula bunker. Qui tra il servilismo, riflette sul dramma della guerra che sta affliggendo il suo popolo ma anche sul ruolo di imperatore-dio: Il mio corpo è simile al vostro, non ho un barlume di divinità, e nessuno mi ama perché non sono riuscito a far cessare questa guerra. Siamo in guerra e il regista lo sa bene, infatti evidenzia ciò, presentandoci varie sequenze illuminate da una luce opaca e a volte spenta, privando i colori della loro vivacità. Il tutto è immerso in un silenzio di estrema riflessione sulluomo, sul suo essere uguale come gli altri e su come il potere lo privi di questa sua dimensione meravigliosa. Una riflessione che limperatore pone ai ministri, che nonostante lo sfacelo in cui versa il Giappone, si rifiutano di accettare le condizioni di pace. La guerra asiatica nasce a causa delle leggi americane contro limmigrazione degli asiatici, a causa dellodio che spinge ogni uomo a sovvertire laltro, per questo il patriottismo è alle stelle ed ognuno è disposto a perdere la propria vita, pur di far perire gli americani. Ma i versi citati dallimperatore invocano la pace: sia con la neve che in primavera il ciliegio perirà, così anche ogni uomo. A maggior ragione nel confronto con il generale americano, limperatore scopre il suo essere uomo, come gli altri; e la sua dimensione umana di fronte allatrocità di Hiroshima e di Pearl Harbor lo convince che in guerra non ci sono né vinti né vincitori., ma uomini che non si riconoscono nella loro uguaglianza di esseri imperfetti. Il generale MacArthur nelle sue Memorie scrive: «Limperatore si assunse la responsabilità di tutte le azioni del governo giapponese e delle forze armate, sapendo chiaramente che ciò avrebbe determinato la sua condanna a morte. Rimasi colpito. Era imperatore fin dalla nascita, ma in quel momento realizzai che avevo incontrato il primo gentiluomo giapponese processato per il suo straordinario coraggio». In tal modo il generale riuscì ad impedire che limperatore fosse dichiarato criminale di guerra e a porre fine ad un devastante conflitto armato di milioni di soldati giapponesi non rassegnati a perdere. Il regista, elegiaco e nostalgico, si sofferma sugli sguardi e sui gesti affettuosi di questo imperatore inconsueto: piccolo di statura, malaticcio, dalla voce sottile e dalla postura molto comica alla Chaplin, che ammira le foto dei suoi avi e dei grandi divi americani degli anni 20, 30 e 40, per incupirsi alla vista delle foto dei suoi alleati. Limperatore deciderà anche lui di farsi fotografare, affinché il sole appaia nel buio di queste atrocità, riversate sulle strade di Tokio, lui uomo come gli altri per illuminare la pace, scioccando milioni di giapponesi: Voglio rivolgermi al mio popolo per parlare della pace e non della vit- toria a qualunque costo. Nellinteresse del mio popolo rinuncio alla natura divina e pongo fine alla guerra. E rivolgendo lo sguardo alla finestra e ammirando la luna alta in cielo, segno del tramonto del vecchio Giappone, limperatore firma le sue più importanti decisioni storiche: la dichiarazione di resa durante la seconda guerra mondiale e la rinuncia al suo stato divino, vissuta quasi come una liberazione, decisa in occasione del suo incontro col generale americano MacArthur, ben diverso dalluomo malvagio che pensava. Il tutto è filmato dalla maestria registica di Aleksandr Sokurov, che con una inquadratura dallalto chiude magicamente il film, terzo capitolo della trilogia, Moloch, Taurus, presentandoci, avvolta fra le nuvole, una nuova Tokio. Con Il sole Sokurov chiude la trilogia, che ha avuto come elemento unificante la rappresentazione delleroe che vive una tragedia, Hitler in Moloch, incitava il suo popolo alla morte; Lenin in Taurus, lanciava la sua intolleranza e un futuro di disperazione; Hirohito, appunto in Il sole, firma la resa aprendosi alla vita illuminante come il sole. Rocco Roberto Cacciatore A Milano, Artaud, Volti/Labirinti Conversazione in Sicilia: alla riscoperta di se stessi Uneccezionale esperienza di Vita ed Arte in una singolare mostra A Milano il PAC (Padiglione darte contemporanea) ha presentato, dal 6 dicembre al 12 febbraio, una mostra dal titolo Artaud, Volti/Labirinti, dedicata, appunto, alla sovversiva personalità di Antonin Artaud (1896-1948), artista, poeta, attore e regista teatrale. La mostra si è mossa su due binari: da una parte la sua arte (cinema e teatro), dallaltra le crudeltà che luomo Artaud ha subito a Rodes, rinchiuso in una clinica psichiatrica. Ci sono voluti ventanni per realizzare questo evento multimediale, curato da Jean-Jacques Lebel e Dominique Parin. Un anatomia del genio, un lavoro inedito e scomodo che ha mostrato tutto ciò che finora è stato volontariamente taciuto nei vari musei che hanno ospitato i lavori di Artaud. Ad apertura della mostra un inedito provino di Artaud per il film La fin du monde di Abel Gange; una breve sequenza in cui Artaud urla tutto il suo furore: «Cosa aspettate? Che la morte venga da voi? Vi propongo, cari miei, di andare da lei! Di guardarla in faccia!». Accanto una radiografia della sua colonna vertebrale, eseguita a Rodes, quando fu internato nellospedale psichiatrico. In essa si nota unincurvatura della colonna e la frattura di una vertebra lombare causate dalle 51 sedute di elettroshock Lincipit della mostra sottolinea il doppio binario su cui si muove il lavoro dei due curatori: la sofferenza delluomo Artaud, inventore di linguaggi pittorici, teatrali, cinematografici, che si dimena in una vita vissuta di rotture, spaccature e crudeltà. Questo binomio di Arte/Vita lo conducono a decontestualizzare la realtà per arrivare al fondo delle cose e qui cercare la verità. In diverse sale del PAC si distribuiscono le 22 interpretazioni cinematografiche di Artaud fra gli anni 20 e 30, su sette schermi dotati di una duplice facciata, in modo che le interpretazioni assunte dallattore-regista si specchiano sullo schermo successivo creando una mescolanza di sguardi, azioni e gesti in continuo movimento. Sono ruoli che tormentano il cuore e la mente, rivelando un mondo incarnato solo da mali. Seguono alcuni titoli di film interpretati da Artaud. Lenfant de ma soeur, 1932, di Henry Wulschleger. Qui Artaud è Loche, uno studente di legge. Coup de feu à laube, 1932, di Serge de poligny. Qui Artaud è il signor Backman, libraio e capo di una banda. Mater dolorosa, 1031, di Abele Gance. Qui Artaud è il cattivo Hornis. LArgent, 1928, di Marcel LHerbier. Qui Artaud è il segretario Mazaud. Fauborg Montmartre, 1931, di Raymond Bernard. Qui Artaud è il capo della rivolta Follestat. La passion de Jeanne dArc, 1927, di Carl Theodor Dreyer. Qui Artaud è il monaco Jean Massieu. Lucrèce Borgia, 1935, di Abel Gance. Qui Artaud è Savonarola. Napoléon, 1925, di Abel Gance. Qui Artaud è Marat. Fait divers, 1924, di Claude Autant-Lara. Qui Artaud è lelegante Monsieur M. Surcouf, 1924, di Luitz-Morat. Qui Artaud è Jacques Morel. Le Juif errant, 1926, di Luitz-Morat. Qui Artaud è il giovane viaggiatore Gringalet. Les Croix de bois, 1931, di Raymond Bernand. Qui Artaud è il soldato Vieublé. Verdun, visions dhistoire, 1927, di Léon Poirier. Qui Artaud è il fratello intellettuale. Graziella, 1925, di Marcel Vandal. Qui Artaud è il cugino Cecco. Tarakanova, 1929, di Raymond Bernand. Qui Artaud è il giovane zingaro. Mathusalem, 1926, di Jean Painlevé. Qui Artaud interpreta due ruoli: il secondo ufficiale e poi il vescovo. Sidonie panache, 1933, di Henry Wulschleger. Qui Artaud è luomo del deserto Abd-elKader. Koenigsmark, 1935, di Maurice Tourneur. Qui Artaud è il bibliotecario Cyrus Beck. La femme dune nuit, di Marcel LHerbier. Qui Artaud è il traditore russo Iaroslav. Lilion, 1933, di Fritz Lang. Qui Artaud è larrotino ambulante. Die Dreigroschenoper, di Georg Wilhelm Pabst. Qui Artaud è lapprendista mendicante. La mostra, inoltre, ha presentato una selezione di disegni, manoscritti, lettere, fotografie, autoritratti e ritratti su di lui eseguiti anche dai suoi amici Man Ray e Dubeffet e uninstallazione di Jean-Jacques Lebel che ricostruisce la stanza dellospedale psichiatrico di Rodes mettendo a nudo lagghiacciante testimonianza delle sedute di elettroshock a cui lArtista fu sottoposto. Forse, per la forte aderenza al reale, sembrava quasi di sentire lodore tipico dei luoghi ospedalieri. Il percorso di questo evento si concludeva con una sezione dedicata al teatro, una selezione di 40 fotografie di Eli Lotar, una proiezione, con supporto audio, per leggere e sentire lultimo pensiero di Artaud, fatto per una trasmissione radiofonica francese, qualche giornoprima di morire, sulla base del suo testo Pour en finir avec le jugement de dieu (Per farla finita col giudizio di Dio), nella quale mescola alle parole, le urla, i rumori; discorsi mai così attuali. Il primo e vero esempio di teatro della crudeltà, in cui Artaud esplica la vita attraverso linvenzione di un uomo nuovo più vivo e reale della realtà stessa. Prevista per la sera del 2 febbraio 1948, la trasmissione fu sospesa dalle autorità per oscenità. Verrà diffusa successivamente per un pubblico ristretto di invitati, quando Artaud era già morto. Nel suo teatro si ha non la rappresentazione ma la sublimazione del corpo, dei sensi, perché non cè testo ma solo pensiero che vive attraverso il corpo. In tal modo, la crudeltà latente del teatro di Artaud diventa linguaggio poetico nuovo che scardina sul reale per mutarlo; peste che deve far paura per riflettere e cambiare la vita, anche se la vita stessa di questo Genio insegna che non è così facile mutare il reale. Definirei la mostra unesperienza di Vita ed Arte in cui è impossibile non restare coinvolti. R. R. C. In scena al Teatro Stabile di Catania il celebre romanzo di Elio Vittorini Silvestro, Concezione, il piccolo siciliano dalla moglie bambina e tutti gli altri personaggi di Conversazione in Sicilia, romanzo di Elio Vittorini pubblicato nel 1941, tornano a vivere calcando il palcoscenico del Teatro Verga di Catania, dove la compagnia dello Stabile catanese e del Vittorio Emanuele di Messina hanno ridotto e messo in scena uno dei testi simbolo della letteratura italiana del Novecento, una rappresentazione allegorica della condizione umana oppressa dai mali del mondo. La messa in scena dellopera del grande scrittore siracusano, sotto la regia di Walter Manfrè, se da un lato ha rappresentato un obbligo per due enti pubblici che hanno il dovere di diffondere la grande letteratura isolana, dallaltro ha costituito una sfida, per loggettiva difficoltà di ricondurre il romanzo entro i canoni e le regole dellimpianto drammaturgico. Conversazione in Sicilia è la storia di un viaggio iniziatico. Il protagonista Silvestro è un tipografo di trentanni trasferitosi al Settentrione che in un gelido mattino di dicembre riceve una lettera del padre che lo informa di avere lasciato la madre. In preda ad astratti furori che la cappa oppressiva incombente nellepoca fascista e negli anni della guerra di Spagna, non permette di tradurre in azione, immerso nella quiete della non speranza, Silvestro sente irrefrenabile limpulso ad un viaggio allindietro, alla ricerca delle proprie radici, delle ragioni di una vita più autentica, in una Sicilia mitica e ancestrale che, pur non essendo mai indicata come luogo del racconto, fa da sfondo alla vicenda. Il giovane tipografo sale cosi sul treno, ripensando agli anni della sua infanzia accanto alla famiglia; sul traghetto lodore frizzante del mare si mischia al profumo delle arance che un uomo siciliano accompagnato dalla moglie bambina, disperato e bruciato dal freddo, disperatamente sbuccia e mangia, gettando quasi una maledizione su quel frutto che non si riesce a vendere, che nessuno vuole, come se avesse il tossico. Nel piccolo borgo di Neve, arroccato sulle montagne, avviene il commovente incontro con la madre Concezione e anche qui gli odori dellaringa arrostita, delle lenticchie, dei pomodori permettono a Silvestro di tornare indietro con la mente, ma soprattutto col cuore. Il protagonista ripercorre cosi la propria infanzia, ascolta dalla madre i racconti delle eroiche imprese del nonno socialista, ma devoto a San Giuseppe, del padre disattento e spesso assente, dei suoi giochi di bimbo felice e innocente; accompagna la madre nel suo giro quotidiano per il paese a fare le iniezioni e scopre cosi la realtà di miseria, di sofferenza e di disperata rassegnazione in cui vive il popolo siciliano. Si propone così il motivo del mondo offeso, delle ingiustizie e delle violenze che recano offesa alluomo e alla sua dignità, ribadito nellincontro con un arrotino, con un sellaio, con un venditore di panni, portatori di un messaggio di protesta e di ribellione, ma consa- pevoli che luomo è più uomo quando viene perseguitato. In una notte surreale il protagonista incontra il fratello morto durante la guerra di Spagna. Nella parte conclusiva tutti i personaggi si raccolgono intorno a Silvestro che comprende di essere giunto alla fine del suo viaggio e di essere pronto a ripartire, a tornare alla sua vita con più forza e coraggio. Silvestro, interpretato da David Coco, è un uomo che vive nella paralisi sociale e culturale imposta allItalia dalla dittatura fascista; il suo viaggio è uno strumento che gli permette di giungere ad una consapevolezza di doveri che coincide con quella dello scrittore engagè, un impegno etico e politico che non si traduce in una rappresentazione realistica e documentaria, ma nellastrazione simbolica che mira ad affermare verità universali ed assolute, in un contesto archetipo e mitico dove appare ancora possibile una tensione morale, un anelito alla libertà e alla giustizia, sulla base della solidarietà tra gli uomini offesi. La Conversazione assume cosi toni ieratici e solenni che danno allopera unestrema concentrazione lirica che gli attori, le musiche e le luci hanno magistralmente trasmesso agli spettatori. La madre di Silvestro, interpretata da una bravissima Caterina Vertova, volto noto del cinema e della televisione è una donna che si è fatta da sola, una contadina dalle mani rigate e consumate dal duro lavoro. La donna appare portatrice dei valori tradizionali del lavoro e della famiglia, opposti alle esigenze di rinnovamento e di cambiamento che gli altri personaggi avvertono prepotentemente. Lumanità forte con i suoi valori di opposizione alle costrizioni e alle dittature è rappresentata ancora nella figura del Gran Lombardo, portato sulla scena da Federico Grassi, un uomo saggio che parla con passione e che vuole esortare al coraggio e al riscatto in opposizione a Coi Baffi e Senza Baffi (Andrea Florio e Giuseppe Bisicchia), simboli del potere oppressivo. Magistrale e ricca di emozioni è stata la resa della serata allosteria, dove Silvestro si reca assieme al paniere Porfirio, interpretato da un bravissimo Franz Cantalupo, scena che fa da preludio allincontro finale: lingresso nella bottega è uno scendere in quel cuore puro della Sicilia, non ancora contaminato, dove è possibile trovare la forza per adempiere a quei «nuovi, altri doveri» di cui aveva parlato il Gran Lombardo. Lo spettacolo ha cosi dipinto la nostra Sicilia, che lo spettatore riconosce e sente con emozione. E la terra degli odori e dei sapori, dei valori genuini e delle tradizioni radicate dove il protagonista, che rappresenta luomo in sé, ritrova se stesso e la forza per affrontare la vita in un mondo che spesso gli è ostile e lo offende. Alessandro Puglisi 12 Febbraio 2006 Auguri! Ha spento Centouno candeline Il 25 gennaio, nonna Sebastiana Befumo Prestigiacomo ha aggiunto il primo anno ai suoi cento anni. Però per lanagrafe la nonna ha compiuto centouno anni il primo febbraio per un ritardo di registra- zione della nascita. E madre di cinque figli. Rimasta orfana di padre e di madre ancora giovane, è riuscita con la forza di volontà e tanti sacrifici ad affrontare i tanti ostacoli e dolori della vita: un fratello disperso in Russia durante la seconda guerra mondiale; un figlio di 13 anni rimasto ucciso per un incidente provocato da militari italiani nel 1941. Rimasta vedova nel 1959, non si è risposata per restare fedele al suo grande amore della sua vita, tanto che si è voluta assicurare un loculo cimiteriale a fianco del suo caro sposo. Devota alla Madonna della Consolazione, sin dalle cinque del mattino, passa la giornata sgranando il Rosario; non trascura però di chiacchierare con amici e parenti e di seguire la televisione. I suoi 4 figli, i 36 nipoti, i 64 pronipoti, i 19 figli dei pronipoti augurano alla loro carissima vecchietta di spegnere ancora tante altre candeline. Miscellanea Risponde lAvvocato Sono, Anna T., la scorsa settimana, ho ricevuto una proposta di lavoro; mi hanno spiegato che sarò assunta con un contratto di inserimento; cosa significa? Vorrei essere sicura prima di firmare. Grazie anticipatamente. Il contratto di inserimento si inscrive sul solco delle nuove tipologie di contratto, cd atipiche presenti nel decreto legislativo n.276/03 (legge Biagi) che sostituisce la tipologia del contratto di formazione e lavoro alla luce di alcune indicazioni dettate dalla Commissione Europea e dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea. Questo tipo di contratto può essere stipulato per prestazioni rese da soggetti in difficoltà occupazionali. Rientrano nella suddetta definizione i soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni, i disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue anni, i lavoratori con più di cinquanta di età che siano privi di un posto di lavoro, i lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni, le donne di qualsiasi età residenti in unarea geografica con alto tasso di disoccupazione femminile. Al momento dellassunzione devono essere predisposti appositi progetti individuali di inserimento del lavoratore nel mondo del lavoro. La durata massima del rapporto è di 18 mesi; si può giungere tuttavia fino a 36 mesi per le donne, in aree caratterizzate da alta disoccupazione femminile. Queste, gli elementi caratterizzanti il contratto di inserimento. A riguardo, non posso esimermi dal valutare criticamente questa tipologia contrattuale. Infatti se apparentemente tende a creare degli strumenti volti allinserimen- to agevolato per soggetti in difficoltà occupazionale, in realtà rappresenta una di quelle tipologie contrattuali che tendono a rendere maggiormente precario il mondo del lavoro. Quindi sarà compito degli operatori del diritto evitare che anche questo contratto si trasformi in una operazione volta a non stipulare contratti a tempo indeterminato con la conseguente mancanza di diritti reali in capo ai lavoratori. Comunque, in mancanza di alternative, diciamo alla nostra lettrice di firmare (previo controllo da parte di qualche esperto .. non si sa mai .) il suddetto contratto, in attesa di tempi migliori. G. T. Se volete rivolgere le vostre domande al nostro legale mandate una e-mail al seguente indirizzo: [email protected] Poesia Oggi a cura di Maria Virgillito Pasquale Licciardello, da La grande assenza, Fabliau - Poesia, Firenze 1993 Atelier Benedetta Sposa Via SantAnna, 152 Belpasso (CT) Tel. 095 917674