La Nuova Periferia Mercoledì 1 ottobre 2014 CRONACA 3 VITTIMA DELL’ESTORSIONE DON LORENZO DI MONCRIVELLO Le immagini ovviamente non esistono, ma il sacerdote ha comunque versato alcune migliaia di euro a un giovane marocchino «Parroco, o paghi o pubblico le foto mentre fai sesso con un altro uomo» MONCRIVELLO (bom) «O mi paghi, o faccio vedere a tutti le foto mentre fai sesso con un altro uomo». Sarebbero questi, stando ai pochissimi dettagli trapelati dagli inquirenti, i contorni dell’estorsione ai danni di don Lorenzo Pasteris, 61 anni, parroco di Moncrivello, perpetrata da un trentenne marocchino, conosciuto come Mohammed, residente a Vercelli. La doverosa premessa è che quelle immagini, ovviamente, non esistono, ma la minaccia, e la consapevolezza che Mohamed avrebbe potuto diffondere un fotomontaggio in grado di danneggiare la sua immagine di uomo di Chiesa hanno comunque spinto il sacerdote a pagare sperando che tutto finisse al più presto. E così, stando alla ricostruzione dei carabinieri di Vercelli e Cigliano, coordinati dal Capitano Domenico Sacchetti e dal Maresciallo Antonio Battuello, Mohammed sarebbe riuscito a spilllare a don Lorenzo parecchie migliaia di euro. Il primo contatto tra i due sarebbe avvenuto qualche mese, la classica richiesta di soldi (situazione ben nota ai sacerdoti della zona) per sopravvivere, affrontare le spese quotidiane ed aiutare la famiglia rimasta in Africa. Impietosito, don Lorenzo avrebbe consegnato qualche centinaia di euro a Mohammed, con l’intesa che il giovane li avrebbe restituiti appena possibile. Agganciata la «vit- tima», il marocchino avrebbe iniziato a dar vita a richieste sempre più pressanti, fino ad arrivare all’estorsione vera e propria. Nel corso di una telefonata, infatti, Mohammed avrebbe riferito a don Lorenzo di custodire sul proprio cellulare una fotografia che lo ritraeva durante un rapporto sessuale con un altro uomo, scendendo anche in particolari decisamente espliciti. Come detto, tutto falso, ma è stata anche solo la paura di un’ombra sulla propria vita di sacerdote che ha spinto don Lorenzo a mettere di nuovo mano al portafogli. Anche l’ipotesi del fotomontaggio, per quanto sarebbe stato poi possibile dimostrate l’assoluta infondatezza delle accuse, è apparsa agli occhi di don Lorenzo talmente infamante da rendere possibili ripercussioni sulla propria incolumità. A seguire, sempre sotto la minaccia di divulgare una foto inesistente, altre richieste di denaro, con toni sempre più minacciosi. Venerdì 26 settembre, la svolta. Dopo aver bussato alla porta di don Lorenzo pretendendo altri soldi, Mohammed ha trovato sui suoi passi di carabinieri della Compagnia di Vercelli, intervenuti in forze (anche con l’ausilio dei colleghi del Nucleo Radiomobile al comando del Tenente Davide Lazzaro) dopo la denuncia del sacerdote. La fine di un incubo, che si è concretizzata quando i carabinieri hanno lasciato Moncrivello diretti prima in caserma, poi in carcere a Vercelli dove Mohammed è stato accompagnato a disposizione della magistratura. Dopo le formalità di rito, è stato scarcerato con una serie di obblighi. I PRECEDENTI Stando agli archivi di cronaca, sarebbero almeno due i casi precedenti che hanno visto don Lorenzo vittima di estorsioni. L’ultima in ordine di tempo, due anni fa, aveva visto finire in cella un giovane di Caluso. In quell’occasione, al sacerdote sarebbero state sottratte parecchie decine di migliaia di euro. Secondo la ricostruzione investigativa, i primi contatti tra il sacerdote e il presunto autore del reato risalgono al 2010, allorquando l'uomo, dicendosi bisognoso di aiuto, aveva ottenuto dal parroco delle piccole elargizioni. Successivamente, sempre per dargli una mano, don Lorenzo gli aveva affidato anche la ristrutturazione del portone della casa parrocchiale. Insospettito dalle ripetute richieste il religioso aveva opposto cortesi dinieghi e da lì, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbero iniziate le minacce. Il processo (decisamente complesso) è ancora in corso a Vercelli. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL GIOVANE MAROCCHINO è stato arrestato nella serata di venerdì 26 e poi rimesso in libertà (foto d’archivio) . IL PROCESSO Due sorelle, titolari di un negozio di pelletteria a Caluso, citano un rappresentante e il suo amico «Scappa» con borse e scarpe per più di 13 mila euro senza pagare CALUSO (ttm) Il rappresentante di un negozio di pelletteria di Caluso, Sergio Giacometto, in fase di cambio di attività, fornisce alle titolari Daniela e Simona Rumiato il nome di un conoscente disposto a comprare la merce a stock, con prezzi ribassati, ma quest’ultimo scompare nel nulla dopo aver emesso assegni a vuoto e fatto sparire tutto il materiale: entrambi vengono citati a giudizio dalle proprietarie dell’esercizio. Il caso è stato discusso al tribunale di Ivrea. Tra i testimoni una delle due sorelle, Simona Rumiato, intestatarie della pelletteria, che ha raccontato i fatti. Alle continue insistenze dell’uomo per far vendere articoli in pelle ad un conoscente fidato, tal Bruno Micelli (in realtà un falso nome, come in seguito accertato dai Carabinieri si chiama infatti Giovanni Bruno Curci), le titolari avevano accettato, ricevendo un assegno di 12 mila 800 euro per le calzature e, in un secondo tempo, un altro di 650 per delle borse, in attesa della consegna della fattura da parte del venditore che però si era dileguato col suo furgone carico. La banca in cui erano stati versati gli assegni riscontrò subito delle anomalie (uno di essi risultava appartenere ad un libretto smarrito e regolarmente denunciato), bloccando le operazioni di incasso. Il rappresentante scarica ogni responsabilità, negando le sue insistenze nel spingere le due sorelle a vendere e di conoscere bene il compratore, minacciando denunce per diffamazione, mentre l’assomiglianza ad un noto attore comico italiano porta all’identificazione del truffatore. A questo episodio, a carico del rappresentante, come raccontato dalla teste, si aggiungono dei precedenti, che portarono in un caso alla perdita di 400 euro da parte delle titolari e nell’altro alla mancata riscossione sulla vendita di borse in un esercizio novarese risultato non esistente dopo una ricerca del commercialista delle due donne. L’udienza è rinviata al 27 marzo.