IL MESSAGGERO SARDO Parliamo della Sardegna 21 a cura di Manlio Brigaglia Ogni piccolo paese dell’Isola ha il suo riu mannu Dedicato agli artisti sardi che si affermano nel Mondo edicato a quei sardi simili a fiumi che per chilometri scorrono sottoterra e improvvisamente vengono fuori. Al Teatro dell’Opera di Roma, il 28 marzo è andata in scena l’Ifigenia in Aulide (Iphigénie en Aulide), l’opera in tre atti di Gluck, su libretto di Leblanc, ricavato dalla tragedia omonima di Racine. Sul podio Riccardo Muti, regista Yannis Kokkos, nella parte di Achille il tenore Piero Pretti, applauditissimo dal pubblico, in un teatro tutto esaurito. Gli altri interpreti: Sophie Marin Degor (Ifigenia, soprano), Luca Dell’Amico (Agamennone, basso), Giacinta Nicotra (Diana, soprano), Barbara Di Castri (Clitennestra, mezzosoprano), Patroclo (Vittorio Prato, basso). Piero Pretti è di Nuoro, dove ha frequentato la scuola di canto del soprano Antonietta Chironi. Messa da parte la maturità conseguita all’Istituto d’Arte, ha saltato il fosso per frequentare i master class di Gianni Raimondi e Renata Scotto. Successivamente ha seguito le lezioni di Giusy Devinu, a Cagliari, e di Gianni Mastino, a Milano. Concerti e spettacoli, privilegiando Mozart, Cherubini e Rossini. Nel 2006, grande successo nella Bohème di Puccini, Rodolfo, in teatri belgi, francesi, austriaci, tedeschi, olandesi e norvegesi. Scelto, nel 2007, fra trecento e passa cantanti concorrenti, per la Bohème alla Fenice di Venezia e nei teatri di Treviso, Fermo e Jesi. L’estate del 2008 l’ha visto trionfare al Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, Duca di Mantova nel Rigoletto di Verdi. Ora la consacrazione all’Opera di Roma, diretto da Muti. Le sue qualità di tenore lirico hanno fatto salire l’applausometro del teatro. Una bella voce e una forte personalità musicale che i giornali della capitale hanno evidenziato. Altro riu mannu. L’Associazione culturale Studio del Poggio – piccola casa discografica di Poggio dei Pini, nel comune di Capoterra (www.studiodelpoggio.it) – si occupa di musica da camera, sinfonica e operistica composta da autori sardi. Da Canepa a Porrino, da Silesu ai Rachel (famiglia di compositori, direttori d’orchestra e di banda, strumentisti), a Gabriel. L’ultimo CD s’intitola: I cantanti tempiesi. D Diciannove brani interpretati da Bernardo De Muro, Giovanni Manurita, Giulietta Simionato e Gavino Gabriel. Corposo, ricco di notizie, e certosino il libretto che l’accompagna, curato da Paolo Pirodda. Va subito detto che la presenza della Simionato nel CD è un omaggio al grande mezzosoprano, che compirà cento anni il prossimo anno. Perché la cantante, figlia di madre sarda e di padre veneto, è nata a Forlì e si è formata a Milano. A Tempio Pausania, dove il padre, impiegato nel carcere giudiziario, era stato trasferito, ha trascorso la giovinezza. Quella di Gabriel, invece, è una presenza didattica: la riproposta degli esempi di musica sarda, da 78 giri ormai introvabili. Sei i brani cantati da Bernardo De Muro, tratti dalle opere Isabeau e Iris di Mascagni, La fanciulla del West di Puccini, Carmen di Bizet e Andrea Chénier di Giordano. Brani che emozionano per la dolcezza, la malinconia e l’umanità del tenore, «che passava ed era – secondo Gian Paolo Nardoianni – uno dei tenori più stentorei di cui sia rimasta memoria. Ma aveva genio e sapeva toccare il cuore». Lo stesso critico musicale, considera la romanza della Fanciulla del West, Ch’ella mi creda, inserita nel CD, «una pietra miliare nella storia dell’interpretazione, anche per la purezza dello stile. Quasi tutti i tenori lasciano due si bemolle come sospesi in aria, De Muro li lega alle successive note discendenti con una delle sue prodigiose arcate di fiato. Altra pagina stupenda è l’Improvviso dello Chénier, tutto cesellato con grandissima espressione tra mezza voce e mezzoforte, e poi risolto con acuti titanici e fiati da brivido. Nessuno è mai giunto a tanto in quest’aria (nemmeno il Gigli del famoso frammento live del 1938 con la Rethberg, molto superiore all’esecuzione inclusa nell’opera completa. Lauri-Volpi, bonus atque fidus iudex, non riusciva a dimenticare l’esecuzione sublime che di questo brano De Muro aveva dato al Teatro Augusteo di Roma». Cinque i pezzi interpretati da Giovanni Manurita: da L’elisir d’amore e Don Pasquale di Donizetti, Premiato il documentario “La valigia di Cuccu” I registi sardi Umberto Siotto e Antonio Sanna, autori di numerosi cortometraggi e lavori proposti a diverse rassegne con buoni risultati, hanno vinto il secondo premio, per la Sezione documentario, del concorso “Il Cinema racconta il lavoro” bandito dalla Società Umanitaria di Cagliari e dall’Agenzia Regionale per il lavoro. Il documentario realizzato ha per titolo: “La valigia di Tediane Cuccu”. Racconta, in parallelo, la storia di amicizia e di integrazione fra Antonio Cuccu, editore e venditore ambulante di libretti di poesie e gare poetiche in lingua sarda, e del cittadino senegalese Cheick Tidiane Djagne che vive e lavora a Nuoro dai primi anni ’90. Alla morte dell’editore, scomparso nel 2003, d’accordo con la famiglia, Tidiane Djagne ne ha raccolto in parte l’eredità e oggi vende le produzioni di Antonio Cuccu nelle feste e nelle sagre dell’isola. «Il lavoro svolto da Antonio Cuccu in 50 anni di attività – ha spiegato Siotto al “Messaggero Sardo” – ci sembra degno di essere ricordato per il grande impegno di tutta una vita per la salvaguardia della lingua sarda e in favore di un integrazione reale con un cittadino portatore di una cultura agli antipodi di quella sarda seppure con diversi punti in comune». Pagliacci di Leoncavallo, Andrea Chénier di Giordano e la romanza da camera Caro mio ben, di Giordani. Pezzi che evidenziano – per il Nardoianni – «la prodigiosa intelligenza e scaltrezza del cantante, perché con un patrimonio vocale di squisito tenore di grazia, o tutt’al più lirico-leggero, riesce a cantare e a convincere in pagine quali l’Arioso di Canio e l’Improvviso di Chénier». Manurita fu anche felicissimo attore, ricordiamo i due film girati con Gennaro Righelli, il regista del primo film parlato italiano (La canzone dell’amore, 1930): L’allegro cantante del 1938 e La voce senza volto del 1939 (erroneamente qualche testo riporta 1938). Due film «con l’assicurazione, la contro-assicurazione e la riassicurazione», ossia con la garanzia della voce del tenore: «Se niente va, andrà la voce di Manurita». Trame da lacrime, da fazzolettoni, naturalmente col finale: «e vissero felici e contenti». Nel primo, un tenore e la sua ragazza aiutano due fratelli a ritrovare il padre d’una bambina. Ricerca legata a una eredità, che andrà ai due fratelli se riusciranno nell’impresa. Si scoprirà che il padre della bambina è il cantante stesso. L’eredità svanirà in un investimento sbagliato, il tenore sposerà la fidanzata(interpretata da Germana Paolieri), ben felice di diventare madre della bambina. Giudizio ottimo, espresso con tre stellette. Nel secondo, un operaio d’un cantiere navale, dalla splendida voce di tenore, viene chiamato da una casa di produzione cinematografica per sincronizzare un celebre cantante lirico, diventato all’improvviso afono. A sua insaputa, il contratto gli vieta di rivelare la propria identità. Troverà però il modo di farsi conoscere, diventando a sua volta celebre, e impalmando la segretaria del produttore. «Il tenore Manurita – scrisse Dino Falconi – canta bene e soprattutto è parco di pezzi d’opera, del che lo ringraziamo». Giudizio buono, espresso con due stellette. Anche i brani della Simionato sono cinque, tratti dai Capuleti e i Montecchi di Bellini, Orfeo ed Euridice di Gluck, Il barbiere di Siviglia di Rossini, Mignon di Thomas e Cavalleria rusticana di Mascagni (in duetto con Achille Braschi, tenore più volte applaudito a Cagliari). Tre quelli di Gavino Gabriel: Manzanile del Marghine, Muttetti di vendemmia e Tematica sarda dal Campidano alla Gallura: mode e moduli dei canti sardi. Infine, una nuova professione, uno dei primi coach della Sardegna, una donna: Giuseppina Scanu, con un passato professionale da ingegnere elettronico e molti anni di lavoro in azienda (http://www.coachingpersonale.it). È un coach dell’ICF (International Coach Federation), formatasi nelle migliori scuole nazionali e internazionali di coaching. Attualmente collabora con importanti aziende italiane ed estere. Fortemente legata alla realtà sarda, offre un servizio di Business Coaching secondo i più alti standard di professionalità riconosciuti a livello internazionale. Sì, ma cos’è il coaching? È una disciplina di origine americana con una ampissima diffusione nel nord Italia e nel resto d’Europa. Oggi si affaccia anche in Sardegna, proponendosi come un nuovo e interessante strumento in mano alle aziende e ai professionisti che vogliono raggiungere con successo i loro obiettivi. «Metaforicamente – dice la dr Giuseppina Scanu – si può pensare ad un atleta che si allena da solo o con un allenatore. Non è l’allenatore a scendere in campo e a fare goal, piuttosto che correre i cento metri in tempi da record, bensì l’atleta, ma a tutti è ben chiaro come un atleta che si allena con l’ausilio di un allenatore raggiunge risultati molto migliori e molto più velocemente rispetto ad un atleta che si allena da solo». Adriano Vargiu