PortfolioBianconero
Renato Corsini:
“C’era una volta
la Cina”
Un progetto originale: contrapporre i vecchi manifesti della propaganda cinese
all’attualità di oggi, il colore violento della Cina degli anni di Mao al bianconero
della Cina di oggi. Una ricerca che rivela la complessità della realtà cinese.
Shanghai, città nuova.
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Illustrazioni e fotografie. Passato e presente. Colore e bianco e nero. Per raccontare
una Cina che non c’è più e la Cina di oggi.
Non la Cina alla ribalta del mondo per i
Giochi Olimpici (e per la questione tibetana), non la Cina della Grande Muraglia
o del turismo, ma una Cina in bilico tra
la propaganda di un tempo che fu e gli
scenari del terzo millennio. La sfida è di
Renato Corsini, autore di “C’era una volta
la Cina”, un originale libro fotografico
edito da Zoom.
Corsini, che vive e lavora a Brescia, si è
avvicinato alla fotografia alla fine degli
anni Sessanta, attratto dal reportage in
bianconero; negli anni Settanta vive
l’esperienza del “collettivo fotografi”
insieme a Ken Damy e dà vita alla galleria fotografica “Diaframma Brescia” con
Lanfranco Colombo. Dal 2005 è direttore
dello spazio espositivo Wave PhotoGallery
a Brescia.
Quale è l’idea di fondo di questo volume?
Il libro si basa sulla contrapposizione tra i
vecchi manifesti della propaganda cinese e
l’attualità colta dal mio obiettivo. Mi interesso di fotografia da molti anni e questo
è il mio decimo libro. Ho una grande passione per l’Asia perché amo lo spirito del
suo popolo: in questi Paesi incontro una
disponibilità dal punto di vista fotografico
e umano che non trovo altrove.
Inoltre questo libro sulla Cina chiude un
progetto fotografico sull’Asia che mi ha
portato a documentare Vietnam, India,
Giappone, Cambogia e Birmania.
Dal 2009 inizierò a dedicarmi alle Americhe.
Le tue fotografie sono tutte in bianco e
nero. Digitale o pellicola?
Scatto assolutamente ed esclusivamente
in analogico, odio il digitale. Non perché penso sia una strada che non vale la
pena percorrere, ma perché appartengo
a una generazione che non ha assimilato il rapporto con questa tecnologia.
E quindi non ho mai usato una digitale.
Tutte le fotografie dei miei libri sono state
scattate con vecchie Nikon, comprate negli
anni Settanta, che ormai sono una appendice delle mie mani e del mio corpo. In
particolare, uso una F2 e una Nikkormat
(ne possiedo 3 o 4, sul mercato dell’usato
costano pochissimo). Nella F2 ho rimosso
il Photomic per mettere il pentaprisma, e
quindi non ho nemmeno l’esposimetro ma
in generale non ne ho bisogno, l’esposizione mi viene istintivamente.
Scatto solo in bianconero, utilizzo pellicole
Kodak TMax e TriX 400 Iso e sono appassionato di camera oscura, una passione che
mi tiene ulteriormente legato all’analogico
perché ha una sua dimensione artigianale, che perderei passando al digitale.
Certo, talvolta c’è qualche difficoltà nel
reperire i materiali (ma non le attrezzature da camera oscura, visto che ormai gli
ingranditori praticamente vengono regalati), ma la situazione sta migliorando;
inoltre sono anche gallerista e una stampa
su carta baritata è più apprezzata rispetto
ad una ink-jet, oltre a garantire una durata
praticamente eterna.
Quanto agli obiettivi, uso praticamente
tutte le focali, ma generalmente lavoro
con un 24mm e un 105mm. A parità di
focale, gli zoom hanno una resa infe-
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riore, ovviamente un 105mm fisso ha
una incisione e una luminosità superiori rispetto al 105mm di uno zoom.
Perché la Cina?
Come dicevo, questo libro rappresenta la
conclusione del mio percorso in Asia. Ho
trascorso un mese in Cina, da Pechino ai
confini del Tibet, toccando anche metropoli avveniristiche come Shangai. Ho
percorso circa 6.000 chilometri, parte
in automobile e parte in aereo. Le varie
tappe del viaggio scandiscono anche il
libro, che è diverso da tutti gli altri che
ho pubblicato.
Di solito infatti, mi dedico a un tema: in
Cambogia ho concentrato la mia attenzione sui bambini, in Birmania ho puntato soprattutto sui ritratti dei monaci, in
Vietnam sulla popolazione vietnamite, in
Giappone sull’attualità del Paese. Il libro
sull’India è un “on the road” ispirato da
un viaggio che mi ha portato da Nuova
Delhi fino ai confini con il Pakistan.
L’idea del libro sulla Cina è nata quasi
per caso; mi trovavo a Pechino quando
mi imbattei in un rigattiere che vendeva
manifesti di propaganda del periodo della
Rivoluzione Culturale: raffiguravano un
mondo coloratissimo e ideale, un mondo
che non esisteva. Da ex sessantottino,
questi manifesti li conoscevo bene, ma li
guardai con occhi nuovi e mi venne l’idea
di contrapporre quelle situazioni e quei
personaggi con situazioni e personaggi
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Xi’an.
della Cina di oggi.
Anche l’impaginazione del libro riflette
questa ricerca: a sinistra il manifesto, a
destra lo scatto in bianconero che racconta
l’attualità in contrapposizione al passato.
Evidenziare quanto quella Cina, vera
solo nella sua rappresentazione grafica,
non abbia lasciato alcun segno in quella
attuale è stato apparentemente semplice,
ma in realtà molto complesso.
Volevo infatti contrapporre alla raffigu-
razione trionfalistica della partecipazione della gente alla vita politica, tipica di
quei manifesti-poster, l’immagine della
quotidianità cinese odierna.
Ci fai qualche esempio?
La città ideale della propaganda, gente in
piazza e bandiere rosse al vento, accanto al
futuristico skyline della Shangai odierna.
La donna sorridente tra le pannocchie  e la
ragazza alla moda con in mano il cellulare.
Guilin.
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Le studentesse con ai piedi le “cinesine”,
le mitiche scarpe basse di pezza, contrapposte a un dettaglio di tacchi a spillo
modaioli.
Ho anche cercato di immaginare come
erano diventati i personaggi protagonisti
dei manifesti. Ed ecco così che il militare
con il tipico cappello a orecchie d’elefante,
un giovane che guarda al futuro sorridente,
oggi è un vecchio dall’aria annoiata.
L’uomo con gli occhialetti e l’aria fiera
oggi è anziano e quegli stessi occhiali
sono portati a sghimbescio. La donna che
pubblicizzava la pentola lucida oggi è una
modella e ha in mano l’ultimo modello
di telefonino Motorola. Il bambino che
mostrava orgoglioso la ciotola di riso
vuota oggi mangia da McDonald’s, quello
tra i giocattoli all’antica oggi si immerge
nel megastore Disney e invece del tè
stringe la bottiglia di Coca Cola. Il sorriso ingenuo del soldatino, fucile in spalla
e cappellino con la stella rossa, è clonato
dal sorriso del pupazzo di Topolino.
Irriverente poi, il paragone tra la statua di
Mao con il braccio alzato e la stessa posa
dell’omino Bibendum della Michelin.
A volte, invece dei vecchi manifesti, ho
utilizzato citazioni dal libretto rosso di
Mao: per esempio, all’affermazione che
le donne sono fondamentali per il mondo
del lavoro ho affiancato scatti di prostitute di Pechino. Oppure ho utilizzato libri
degli anni Settanta, contrapponendo per
esempio versi di poesie a inquietanti e
avveniristici scorci urbani, o coloratissime fotografie di scena del balletto cinese
a scatti della gente che oggi fa tai-chi
nelle piazze. Quella Cina, se mai è esisti-
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Pechino, pubblicità telefono cellulari.
ta, sicuramente non ha lasciato il segno.
Non ho voluto raccontare la Cina tradizionale, quella dell’esercito di terracotta
tanto per capirci, ma giocare sull’armonia
degli opposti, come contenuti e forma,
tra i colori vivacissimi dei manifesti e un
bianconero volutamente cupo per evidenziare ancora di più la contrapposizione tra
passato e presente.
Come spiega bene nella prefazione la
giornalista Renata Pisu, autrice di libri
Shanghai.
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Lijiang, manifesto
pubblicitario.
e saggi sulla società cinese pubblicati da
varie riviste italiane e straniere, “Corsini
ha scelto che al suo presente in bianco e
nero destinato irrevocabilmente ad invecchiare, facesse da contrappunto un passato
a colori che ambiva invece all’immortalità. Il suo gioco di accostamenti, spesso
crudele, rivela l’ampiezza del fallimento
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dell’ultima Utopia a colori del secolo
scorso e la complessità della realtà,
ancora inafferrabile, della Cina di oggi”.
Hai incontrato difficoltà nel realizzare
gli scatti sul campo?
In Cina fotografare non è facile come in
Birmania o in Laos, ma non è nemmeno
difficile come in Kenya o Eritrea. I cinesi
spesso vedono il turista come una fonte di
guadagno, per cui sono generalmente disponibili, anche se poi capita che se la prendano
se le loro aspettative economiche sono deluse. I cinesi sono un popolo strano, diverso,
chiuso nel proprio mondo e diffidente nei
confronti dell’Occidente, che pure corteg-
Kunming.
Pechino, turista cinese in visita alla
Città Proibita.
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Kunming, bambina
in un McDonald.
Il libro
Il volume “C’era una volta la Cina“
(167 pagine, 40 euro) è edito da
Zoom ed è in vendita nelle gallerie
d’arte e presso www.fotolibreria.it.
Per informazioni sui libri di Renato
Corsini e sui suoi reportage:
www.renatocorsini.it
La galleria Wave Photogallery è in via
Trieste 32/a a Brescia, tel. 030.29 43
711. Orari di apertura: martedi-sabato
11-13, 15-19,30.
www.wavephotogallery.com.
giano, consci della propria forza.
Più che fotografare i cinesi, è stato difficile
trovare ciò che stavo cercando. Tutte le
sere studiavo i manifesti per poi cercare,
il giorno dopo, le situazioni che mi servivano. In un mese ho scattato circa 30 rulli,
tutti nel periodo pre-olimpico, anche se
qualche riferimento è presente, per esempio la scritta stile Hollywood “One World
One Dream” vicino alla Grande Muraglia,
che pubblicizza Beijing 2008; non ho
nemmeno approfondito il tema dei diritti
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umani, non perché non sia importante, ma
perché la Cina è talmente vasta e complessa che avrei finito per essere banale.
Il tema che hai scelto è davvero originale
per rappresentare la Cina.
E’ inusuale anche per me, che di solito
faccio del reportage tradizionale: trovavo
però che un libro generico su questo Paese
sarebbe stato solo uno tra i tanti, che hanno
esaurito un po’ tutti gli argomenti “classici”, e spesso con fotografie molto belle.
Contrapporre invece i colori di quei manifesti propagandistici al bianconero delle
mie foto è una ricerca nuova, oltre che
stimolante.
Quale sia stata realmente la Cina raffigurata in quei manifesti, la Cina degli
anni di Mao, si comincia a scoprirlo ora.
Ma, come scrivo anche nell’introduzione
al mio libro, per capire quella di oggi ci
vorrà molto tempo.
Donata Fassio
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Renato Corsini: “C`era una volta la Cina”