Yopougon, Natale 2013-Capodanno 2014 Carissimi, eccomi dall’equatore a tre mesi dal mio ritorno in terra ivoriana con gli auguri più cari per un Natale ancora nuovo. Davvero desidero che possiamo allargare gli spazi della nostra disponibilità per ricevere quel dono formidabile che è il poter camminare con un Dio così diverso da come ce l'aspettavamo. È veramente con noi, è l’Emmanuele. Qui a Yopougon non manco da moltissimo visto che l’anno scorso ero qui con un agguerrito gruppo di volontari bresciani per iniziare la costruzione del nuovo centro socio-sanitario. Da tre mesi sono tornato e dovrei restarci fino all’inizio della prossima estate: contratto a progetto: c’è la crisi anche per i missionari …dicevo a qualche amico partendo! Il nuovo centro socio-sanitario, vero contenitore delle tante iniziative e progetti di promozione umana nati in più di vent’anni nella periferia di Abidjan, è una struttura attesissima dalla gente e in ritardo di almeno tre anni. È arrivata impietosa fra il 2010 e il 2011 una assurda guerra civile che ha avuto come detonatore le elezioni presidenziali ma con problemi che hanno radici che traggono linfa dall’epoca coloniale e successiva indipendenza (1960). E allora tutto ha dovuto necessariamente essere rimandato a tempi con meno pallottole vaganti. Nel periodo più acuto della crisi c’abbiamo guadagnato 8.000 profughi. Oggi sono centinaia a ringraziare per aver avuto la vita salva grazie a quel campo improvvisato alla missione. Una missione come quella di Yopougon che (dicono, ma chi li potrà mai contare…) gira con 80.000 persone, riesce facilmente ad inghiottire le forze di una comunità missionaria. Ecco allora la scelta del ripescaggio di un ex, già rodato nell’ambiente, per un aiuto puntuale per sviluppare il progetto. Poi i sandali, in ogni caso da scuotere, sono già pronti per dove Dio vorrà. In fondo alla lettera avete qualche foto dove avete lo stato dell’arte dei lavori di costruzione del nuovo centro socio-sanitario da ottobre ad oggi. Parentesi: i ragazzi della foto non centrano col cantiere ma nei giorni scorsi, nel clima di Natale, alla missione abbiamo organizzato un pomeriggio di racconti per ragazzi invitandoli tutti a venire vestiti con abiti tradizionali di festa. Risposta entusiasta e questo gruppetto mostra fiero il libretto di racconti e favole raccolte da varie tradizioni africane che tutti hanno ricevuto in dono. Alcune favole sono state messe in scena da alcuni giovani talenti teatrali della missione: davvero bravi. Felici i ragazzi che hanno ricevuto il libro con l’autografo dell’autrice che era presente all’evento. Tornando al progetto, fra un paio di settimane, all’inizio del nuovo anno, saremo al getto del terzo solaio e poi per arrivare in cima mancherà solo il tetto, con tutto il resto ovviamente: infissi, pavimenti, impianti… Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. La Costa d’Avorio e la sua capitale Abidjan stanno ancora metabolizzando il pugno nello stomaco dei 3.000 morti della guerra civile di un anno e mezzo fa. C’è ancora tanto dolore, rancore e sconcerto da smaltire per un popolo che, in fondo, aveva vissuto questi cinquant’anni dall’indipendenza coloniale senza attraversare il trauma della guerra come, purtroppo, tante altri Paesi africani hanno dolorosamente conosciuto …fino ad oggi. Alla fine è successo anche qui ed è una sconfitta per tutti. Ho conosciuto la Costa d’Avorio quasi 25 anni fa. Non sono, e tanto meno mi sento, un esperto. Tento solo con le mie sorelle e i miei fratelli di comunità di voler bene a questo popolo e a questa terra seminando quel po’ di Vangelo come lo Spirito ci dà la forza di portare. Oggi non mancano fior fiore di dotti studi, zeppi di dati e analisi che offrono lo stato di salute del malato ivoriano. Non saprei dire il livello di affidabilità dei miei indicatori ma provo a portarvi un po’ qui. Ogni mattina, accendendo la moka del caffè (virus italico) e prendo atto che siamo ancora con la stessa qualità di fiammiferi di 25 anni fa: per accenderne uno se ti va bene devi usarne almeno tre. La crisi ha fatto ridurre anche le dimensioni delle ostie per la messa che nello stesso arco di tempo si sono praticamente dimezzate di superficie e quindi di quantità di farina per la fabbricazione: anche per celebrare la cena del Signore bisogna tirare la cinghia. Non parliamo delle strade, quelle di una capitale fiera di proporsi come la porta d’ingresso dell’Africa Occidentale: dalla serie A dov’eravamo negli anni ‘80, oggi siamo al massimo in C1 (Drogba e Gervinho non me ne vogliano) …e i costi di riparazione delle auto della missione ne sono il segnale più eloquente! Ma il dato però che più mi ha stupito è il vedere un certo calo nell’afflusso di malati che bussano alla porta dei nostri centri medici. Rimettendo piede a Yopougon mi dicevo: con la povertà che non molla la presa, sicuramente la salute delle persone non potrà migliorare, ovvero aumenterà la coda nella sala d’attesa dei centri medici della missione. Questa è la logica occidentale, anche la mia! La coda, per ora, è esageratamente aumentata solo nel caotico traffico di Abidjan. Non c’è più un’ora franca dove si riesca a circolare normalmente: si esce per un appuntamento …e quando si arriva si arriva. Per il resto la realtà è che i più poveri stentano a trovare anche quell’euro che è il valore del ticket simbolico per poter accedere alla visita medica e alle prime cure che, fino ad esaurimento di forze e risorse, tentiamo di assicurare a tutti coloro che bussano alla porta della missione. Nei raffinatissimi calcoli delle probabilità che ogni povero deve fare più volte al giorno per arrivare a sera, quell’euro investito in una visita medica, dove so già che mi verrà annunciato che dovrò spenderne sicuramente altri per le medicine, …meglio investirlo in qualche “erba low cost” del vicino mercato rionale sperando che quella tisana o quella “pomata” ricavata da foglie e cortecce di alberi della foresta, continui a produrre gli effetti benefici tante volte decantati dai nostri vecchi: commerciante-ciarlatano permettendo. È così che vanno le cose qui. In tutto questo non arretriamo: la comunità resta in prima linea nel puntare investendo con i più poveri, credendo nel domani di un popolo che ha una popolazione dove il 50% ha meno di 18 anni! Per il resto qui è arrivato l'harmattan, vento polveroso, secco e un po' fresco dal Sahara. Di fatto significa raffreddori generalizzati, specialmente per i più piccoli. Ne avremo, anche se non in modo continuo, fino a fine gennaio, almeno. E poi l'acquedotto che ci sta facendo penare: la rete non tiene più un numero di utenze andato fuori controllo con tubazioni praticamente prive di manutenzione. Risultato: spesso ci si lava a secchi con l'acqua raccolta dal tetto della chiesa in una cisterna provvidenzialmente realizzata con la costruzione della chiesa. Più dura per le missionarie che devono portare l'acqua a casa a bidoni visto che da loro non c’è un sistema di raccolta d’acqua dal tetto. Grande festa quando l’acquedotto riesce a mandare un camion cisterna per riempire il piccolo serbatoio delle missionarie. Forse dovremo seriamente pensare ad un pozzo: vedremo, anche quello costa! Bene, così capiamo un po' di più un Dio che arrivando fra noi ha anche scelto di stare dalla parte di coloro che sono stati lasciati indietro. Nel frattempo non rinunciamo a fare la nostra parte perché la società che gestisce l'acquedotto (privatizzato) risolva il problema che è generale nei nostri quartieri. In questo caso siamo contenti di usare tutto il nostro peso di bianchi europei (scocciati!) la cui parola (è così e basta) ancora oggi ha un peso diverso da quella di un cittadino ivoriano qualsiasi. Non mi resta che seminare a grandi bracciate gli auguri più cari per un 2014 di cui sappiamo già chiaramente tutto l’essenziale: nonostante tutte le cavolate che, volenti o nolenti faremo, Dio continuerà ad amarci. Scusate se è poco. E questo basta e avanza per non spegnere la speranza anche se fosse ridotta ad un lumicino smorto. Buon anno dunque perché la luce potentissima di questa certezza ne illumini ogni passo. Un abbraccio, p. Giancarlo CANTIERE COSTRUZIONE DEL NUOVO CENTRO SOCIO-SANITARIO A MISSIONE DI YOPOUGON (COSTA D’AVORIO) 20 settembre 2013 17 ottobre 2013 Aspettando il nuovo centro… la vita continua! 30 novembre 2013 19 Dicembre 2013 Qui, a parte qualche luminaria in centro città, i segni esterni del Natale sono praticamente inesistenti Qualche giorno fa ero in “brusse”, come si dice da queste parti, 50 km fuori Abidjan, per vedere la possibilità di dare una mano ad un gruppo di giovani-adulti della missione che pieni di entusiasmo desiderano far nascere una piccola cooperativa agricola che possa rappresentare un avvenire concreto per loro e le loro famiglie Camminando con loro per visitare il possibile terreno da coltivare ho colto al volo questa piccola bellezza che è qualcosa a metà strada fra una bacca, un frutto e un’infiorescenza. Qui non c’è l’agrifoglio rosso per il Natale …ma con questa scorcio colorato, nascosto nel cuore dell’Africa, avete un’idea dell’intensità della mia vicinanza! Buon Natale ancora.