CON ASSOLUZIONE INCORPORATA
MAXKEEFE
STORIE E AVVENTURE IMMAGINARIE
QUARANTASEI 21 LUGLIO 2014
L’amica geniale di Elena Ferrante.
Beatrice nel cielo di diamanti. Racconto originale. Ottava puntata.
Disegni di Franco Mattocchio
Max Keefe è un mensile creato da Roberto Mengoni per gli amici e gli amici degli amici
Rinfrescante, tollerante, gratuito, rifiuta la pubblicità
Tutti i numeri arretrati su: www.robertomengoni.it
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MAXKEEFEQUARANTASEI21luglio2014
Elena Ferrante
L’amica geniale
Dagli anni cinquanta ad oggi, una specie di enciclopedia delle donne italiane.
Insomma un giorno mi sono trovato a
casa questo libro. Era il terzo volume
della trilogia “L’amica geniale”. Qualcuno l’aveva lasciato lì, dimenticandolo
ed incartandolo con una frase accattivanti “pare che sia proprio un bel libro”, una di quelle frasi che, come un
amo davanti a un pesce, penzola e attira, finché la curiosità (o la gola nel caso
del pesce) non ha la meglio sulla prudenza.
Un libro di donne, che nascono bambine nella Napoli del dopoguerra. Sono
Elena Greco e Lila Cerullo, destinate
dalla nascita a fare la stessa fine delle
loro madri, seminare per il mondo figli
miserabili, accudire i mariti e affogare
in un oceano di ignoranza, invecchiando anzitempo. Elena è la figlia dell’untuoso usciere comunale. Lila è figlia di
scarpari ma ha un dono unico, quello di
capire al volo le cose, nelle persone e nei
libri. Ma solo Elena riuscirà ad andare
avanti con lo studio, mentre Lila cercherà altre strade per diventare qualcuno.
La loro amicizia e la loro rivalità è il
filo conduttore di una storia che parte
da un quartiere popolare misero, sporco
e violento.
La violenza è ovunque. Una guerra
civile di tutti contro tutti. Quella dei
mariti sulle moglie, dei padri sui figli,
maschi e femmine, dei fratelli sulle sorelle. La violenza si nutre di parole e simboli, non solo di legnate e cazzotti, rappresentate dalle sottili gerarchie tradizionali. C’è Alfonso Carracci, borsa
nera durante la guerra, strozzino, un
uomo da cui tutti si tengono a distanza.
Ci sono i camorristi del luogo, i Solara,
ex monarchici, ex fascisti, padroni del
bar-pasticceria della zona. Il libretto
rosso della matriarca Manuela Solara
non ha niente a che vedere col maoismo. Serve a tenere i conti dei debitori a
strozzo. I Solara, con i soldi arraffati col
bar e altri traffici, si preparano a fare il
grande salto verso la ricchezza sfrenata.
I soldi sono l’ossessione. Non si vedono ma tutti li vogliono. I soldi che portano una bella casa senza pareti umide e
puzza di piscio in cortile. I soldi che
permettono ai fratelli Solara, i primi nel
rione a girare in automobile.
Nel dopoguerra il destino ciclico della
miseria sembra interrompersi. Napoli
cresce, si espande, si rinnova. Ma le
gerarchie non cambiano. Chi è al vertice come i Solara sale sempre più in alto,
prosperando alle spalle di gente ingenua
come i Cerullo che carezzano per un
momento il sogno della ricchezza e dell’indipendenza. L’unica speranza di
riscatto è nell’educazione, a cui la narratrice, Elena Greco, si avvicina con timore, frenata dall’ignoranza e dalla rassegnazione della sua famiglia.
La bellezza di questa storia risiede nel
graduale allargamento della prospettiva
di Elena. Anche attraverso la rivalità
con Lila, l’amica geniale, Elena prende
coscienza del quartiere e dei rapporti
sociali che lo soffocano, prima con lo
spirito della bambina che vede tutto con
occhi penetranti
ma non capisce il
senso profondo
della realtà. La
miseria è squallida,
non ha niente di
magico né di romantico. Con lo
studio, senza capire bene come e
perché, Elena gradualmente si stacca dal suo ambiente. Entra in contatto con ambienti
più colti, conosce
la città e il paese
che stanno attraversando i grandi
cambiamento del
dopoguerra.
Il contatto con il
mondo maschile è
l’altro grande filone. L’autrice non
fa trattati sociologici. Descrive. Nel
senso migliore del
termine. Un linguaggio essenziale,
che fa grande uso
di dialoghi e de-
scrizioni fulminanti, spesso crudo. La
lotta tra i sessi è spietata. Le coppie sono
raramente felici. La realtà dell’amore è
fatta di rare fiammate di entusiasmo
seguite da squallide scene. Elena cerca
di capire il suo corpo, raramente con
successo. Ondeggia tra più possibilità.
La trilogia di Elena Ferrante (“L’amica geniale” sull’infanzia e adolescenza;
“Storia del nuovo cognome” sulla maturità e “Storia di chi fugge e di chi resta”
sugli anni sessanta e settanta, quando
Lila ed Elena sono ormai donne mature
con destini profondamente diversi) è
uno di quei rari libri in cui si conosce
dal di dentro un pezzo importante della
storia d’Italia del dopoguerra. Nessuno
ce l’aveva narrata così. Ne sentiamo gli
odori, la passione e lo squallore. Senza
retorica, gramigna della letteratura italiana.
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Racconto originale
Beatrice nel cielo di diamanti
Città del Messico, giugno 2050. Ottava puntata.
altro. Non voglio portare altro. Neppure
“Spero che non mi porterai nella
i nomi degli amici.
stanza delle torture.”
Devo solo decidere se portare due
Obbedisco. Come sempre, all’inizio
trasduttori neuronici.
non succede niente. Il cervello non rieDomani sarò via.
sce ad assorbire istantaneamente gli
esabit di informazioni al secondo che
*****
circolano nella rete neuronica. E’ sempre necessario uno sforzo cosciente, che
Quattro giorni prima.
si impara con la pratica. Anche per que“Volevo farti vedere qualcosa” dice il sto a nessun minorenne è permesso di
dottor Nieto accarezzandosi il naso.
entrare nella rete neuronica. Il primo
Come sempre è vestito in giacca e craingresso nella neuronet è un po’ come
vatta nera e camicia bianca, si muove
perdere la verginità. Una grande attesa,
con eleganza retrò da inizio secolo in
una grande delusione e un gran mal di
mezzo alle bianche tuniche dei burocra- testa finale.
ti di Teotihuacan. Abbiamo chiacchieraQuando Saverio mi fece provare i
to e girovagato tra le casette di legno
neuroconduttori per la prima volta avericiclato che nascondono gli uffici delle
vo ancora diciassette anni. Credo fu il
Nazioni Unite, cincischiato su argomen- giorno in cui tentò di baciarmi. Prima ci
ti giustamente frivoli, nell’ordine, l’ordi- fu una serata a ballare la salsa fino alle
ne di Teotihuacan, la bellezza di quequattro di mattina, la prima e unica
st’estate, un suo nipote in arrivo che gli volta che ballai in vita mia. Saverio riha fatto venire un desiderio di paternità, deva come un pazzo. Ero una danzatridue biglietti per un concerto di musica
ce nata. Mi bastava guardare gli altri
del XX secolo all’Auditorium di Chaper imitare i loro passi, e migliorarli. A
pultepec. Lui cerca di convincermi della me non interessava nulla della mia brabellezza dei Beatles. Non
*****
mi piace la musica classica.
Rispondo semplicemente
Molle. I miei tentacoli sono adagiati
che non ho tempo. Sto per
sul divano privi di ossa. Sono complepartire.
tamente sciolta e passiva, incapace di
Gli ho raccontato del
vedere o sentire, sconnessa dal resto del mio processo. Si è mostrato
mondo. L’appartamento è vuoto, asetti- partecipe, mi ha stretto una
co e insonorizzato. Non c’è corrente
mano.
d’aria. Sono svuotata di energie, paraArriviamo in uno spazio
lizzata dalla paura. Strofino tra le mani erboso, circondato di alberi
il mio palmare, guardando il codice che bassi, con un’iridescenza
ho appena ricevuto dalla polizia federa- luminosa che scompone i
le che mi permetterà domani di supera- raggi del sole.
re i controlli alla frontiera e di imbar“Cos’è ‘sto posto? Il vocarmi sull’Airbus diretto a Roma.
stro orto biologico?”
Il palmare è l’unica cosa che porterò
Il dottor Nieto ride. Mi
in Europa. Dentro c’è il mio permesso
saltano addosso i grilli attidi viaggio, il registro delle vaccinazioni, rati dalla mia veste violacea
le lettere di referenza, il biglietto per il
e dal colore bronzeo delle
dirigibile transoceanico, tutti i miei rimie cosce scoperte su cui si
sparmi, i video, il traduttore spagnoloposano spesso anche gli
inglese, i libri, i collegamenti alle riviste educati sguardi del dottor
scientifiche, i miei appunti. Non ho mes- Nieto.
so, come fanno altri, gli odori del Messi“E’ la sala riunioni. Metco per soffrire di nostalgia quando mi
titi questi dài.” Mi consetroverò da sola il sabato sera. Non ho
gna due neuroconduttori.
Riassunto delle puntate precedenti.
Le Nazioni Unite guidano un mondo sovrappopolato, affamato e in cerca di rinnovamento
spirituale. Si servono di una misteriosa organizzazione di intelligence chiamata Infoboard e
del Credo, una sorta di religione animistica
legata al culto della Madre Terra, la Pachamama. La capitale del mondo è tra le rovine di
Teotihuacan, a nord di Città del Messico.
Protagonista della storia è una giovane fisica
messicana che viene chiamata a lavorare dal
premio Nobel Fernando Soares al CERN di
Torino, la prestigiosa istituzione europea che sta
cercando di realizzare i primi viaggi interstellari. Due scienziati del CERN sono inspiegabilmente scomparsi in maggio, l’anziano francese
Saint-Nice e la sua giovane amante haitiana
Madiou.
Prima di partire per l’Europa, i compagni di
meditazione di Beatrice la sottopongono ad un
vero e proprio processo, considerandola una
traditrice della Pachamama. Uscita dalla sessione, viene raggiunta da un’improvvisa convocazione del dottor Nieto, probabile funzionario
dell’Infoboard, che la vuole vedere immediatamente.
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vura ma sapevo che dentro il cervello si
riversavano chilotoni di sostanze psicoattive e che in quel momento ero felice come non lo ero mai stata prima.
Saverio mi guardava e mi prendeva per
la vita facendomi roteare, e sfiorava i
suoi capelli con i miei, mi teneva le mani e si avvicinava con il volto al mio, si
sfioravano i nostri nasi, le ciglia dei nostri occhi, le nostre labbra più di una
volta si carezzarono e si scostavano come due bambini che giochino a rincorrersi e a nascondersi. Era uno di quei
momenti perfetti che vorresti prolungare per sempre.
Fummo gli ultimi a lasciare la pista
dopo aver esaurito l’orquestra. Andammo
a sederci in una taquería aperta tutta la
notte sotto le palme. Saverio mi mise i
due neuroconduttori quasi senza che io
me ne accorgessi. Ma non avevo paura.
Mi fidavo di Saverio. In quel momento
avrebbe potuto farmi fare ogni cosa.
Tranne quello che vidi.
La porta che si aprì nella neuronet mi
condusse ai miei peggiori incubi. Mi
ritrovai sola su una spiaggia deserta davanti ad una raffineria in fiamme, circondata da quattro ragazzi arrapati,
uno dei quali era Saverio che mi tastava
volgarmente.
‘Devi governare la tua mente’ mi disse
Saverio dolcemente dalla realtà mentre
I PERSONAGGI
Beatrice Hwang Guarguaglini, nata
nel 2025 a Città del Messico. Figlia di
Lihua Hwang, nata nel 1995 a Taiwan
e di Lalo, morto nel 2029. Tra madre e
figlia non corre buon sangue.
Alessio Guarguaglini, nato nel 1970 a
Ravenna, il nonno paterno di Beatrice, vive in Messico dal 2001. E’ il
punto di riferimento per la ragazza.
Saverio Sanmartín Logrado (2024).
L’unico vero amico intimo di Beatrice, inutilmente innamorato di lei dall’adolescenza.
Ernesto Pena Nieto (2015). Funzionario del Clan scientifico delle Nazioni
Unite, l’ente che controlla la ricerca
scientifica nel mondo. Probabile funzionario dell’Infoboard.
Fernando Soares (2008). Fisico, mozambicano, premio Nobel 2041. Direttore del CERN di Torino.
nella virtualità di infilava una mano
sotto la tunica. Crudeli gesti, voce cordiale. ‘Beatrice. Non sono io. Sei tu a
farlo. Devi governare la tua mente.’
Lottai per un tempo che mi parve
infinito finché lo stupratore Saverio
non scomparve. Ma il trauma mi era
restato. Quando mi baciò nella realtà
con una piroetta delle labbra e degli
occhi scappai e corsi a piangere nella
mia stanza.
I neuroconduttori del dottor Nieto
sono di altissima qualità. Entro senza
fatica nella rete neuronica. La nebbia
iniziale dura pochi decimi di secondo e
subito dopo ho davanti a me il mare
della rete, con colori vivi e suoni naturali. Il prato di Toetihuacan è luminoso. Una porta aperta sull’infinito. Basta
un gesto per farmi entrare in collegamento con le notizie, incontrare altri
scienziati, leggere le pubblicazioni
scientifiche, posso parlare nella mia
lingua con chiunque ed essere immediatamente compresa. La rete sa immediatamente di cosa ho bisogno. Siamo in
cima ad una montagna da cui si ammira
un panorama sconfinato. Sul prato appaiono tavolinetti apparecchiati.
“Hai fame?” Chiede il dottor Nieto
mentre io vado a vedere cosa c’è nei
piatti virtuali. Costate di manzo e patate
arrosto.
“Non ho mai capito. Ma queste immagini da dove vengono? Sono mie,
sono tue, sono di qualcun altro?”
“Non lo sa nessuno. A me piace l’idea
che sia la Pachamama a mandarcele.”
“Allora le salsicce arrosto non sono
peccaminose” concludo.
Il dottor Nieto manipola l’aria. I tavolini scompaiono e sul lato settentrionale
del prato appaiono delle fotografie.
Una, dieci, cinquanta, cento. Ritraggono due persone. Un anziano signore
europeo e una giovane donna di colore
in varie pose.
“Saint-Nice e Madiou” dice. “Sono le
fotografie prese il giorno della loro
scomparsa. L’ultima li ritrae sul lungolago di Ginevra alle ore 23.28’42”. Poi
di loro non c’è più nulla.”
“Sono scomparsi, no?”
“Nessuno scompare così, Beatrice.
Non in questo modo. Ognuno di noi
lascia centinaia di tracce. Non c’è possibilità di nascondersi. Ci sono troppe
telecamere in circolazione. Quelle dei
turisti, gli adolescenti che si fotografavano davanti alla birreria, le telecamere di
sorveglianza, i droni. Prima o poi qual-
cuno ti inquadrerà.”
Su un piedistallo a ponente appare
l’immagine di me e il dottor Nieto mentre parlottiamo nella festa in cui ci siamo conosciuti, settimane fa.
“Oppure questo.” Appare il mio volto
insieme a Saverio per le strade del barrio.
Sono impressionata. “Come fate a
sapere tutte queste cose?”
“La rete. Tutto è qui dentro. Ogni
istante della nostra vita, ogni metro
quadro di questo pianeta è registrato.”
“Ehi, non potete fare queste cose! E’
illegale!”
“No. Da quando sei nata sei una creatura pubblica. Tuo padre ti ha messo
nella rete prima che nascessi e tu hai
semplicemente continuato a mettere tue
immagini senza chiederti il perché.”
“Siete stati voi dell’Infoboard ad aver
creato questo mostro.”
“L’Infoboard non esiste. L’Infoboard
siete voi.”
“Con un piccolo aiuto dei tuoi amici.”
“E’ tutto pubblico. La differenza è che
noi sappiamo come portare alla luce
questi tesori nascosti. Possiamo ricostruire la tua vita al decimo di secondo.
Possiamo sapere in ogni momento chi
hai visto e con chi hai parlato.”
“Perché mi dici tutto questo?”
“Perché dalle 23.28’42” del 9 maggio
2050 due persone si sono dissolte nel
nulla e questo non è possibile.”
“Forse qualche volta lo è.”
“Allora ti mostro un’altra cosa.”
Agita le sue mani nell’aria per co-
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mandare la rete. Appaiono altre foto.
Sono sempre di Saint-Nice e Madiou.
La prima foto, molto sfocata, è presa in
un locale greco. Si vedono i paramilitari
sullo sfondo. La seconda foto ritrae metà Saint-Nice abbracciata a metà Madiou. Le due metà sono coperte da sbarre metalliche o qualcosa del genere. E’
presa durante una partita di rugby ad
Atene.
“Allora?”
“Sono due foto apparse in rete ad
alcuni giorni di distanza dal 9 maggio.”
“Bene. I due ragazzi sono scappati in
Grecia. Li troverete.”
“Beatrice” dice lui con pazienza.
“Non sono andati da nessuna parte.”
“Avete chiesto a tutti i greci?”
“A meno che non siano andati a piedi
attraversando le montagne e non abbiano attraversato a nuoto lo Ionio, senza
aver comprato neppure una banana,
dormendo per terra, non c’è modo che
siano arrivati in Grecia in due settimane
senza lasciare tracce.”
“Le foto sono contraffatte.”
“Sono genuine. E’ chiaro che qualcuno le ha messe di proposito per confonderci.”
“Sono stati loro due. Saint-Nice sta
fuggendo dalla moglie. Ha usato i nanobot per cancellarsi dalla rete.”
“I nanobot professionali sono roba
costosa. Quelli che girano in rete vanno
bene solo per cancellare le foto dei ragazzini ubriachi.”
“Molto interessante. Ma tutto ciò che
ha a che fare con me?”
“Stai per mettere la testa in un posto
dove non sappiamo cosa sia accaduto.”
“E quindi ti serve qualcuno che dopo
averci messo la testa ti dica cosa ha visto.”
“Vorrei solo che fossi prudente.”
“Hai paura per me?”
“Forse. Un po’. Tieni i due neuconduttori. Chiamami se hai qualche problema. Non ti fidare della polizia europea.”
“Perché dovrei fidarmi dell’Infoboard? O di te?”
volta dall’incontro con il dottor Nieto.
“Va bene. Mettilo lì.”
Saverio appoggia l’involto sul tavolino
davanti a me. Lo guardo senza grande
interesse. Scosta delicatamente la carta.
Un intenso profumo di carne si diffonde
per la stanza, inseguito da un odore di
chile verde, cipolla e coriandolo e un
dolce vapore tiepido.
“Tacos al pastor! O Pachamama adorata! Due! Saverio, sei un pazzo!”
*****
“E’ solo un gesto d’amore” dice lui.
“Amore? Questo ti vale amore eterno.
Il giorno dopo.
Tu sei matto, matto, matto, matto. Avrai
“Beatrice, ti ho portato qualcosa” dice speso un capitale. Dove l’hai preso? Chi
Saverio entrando in casa con un pacte l’ha dato?”
chetto avvolto in carta riciclata. Saverio
“Vuoi mangiarlo oppure fargli un
ha uno sguardo allegro ed immacolato. interrogatorio?”
E’ una persona in cui la disonestà appa“Guarda quanto è bello, Saverio.” Il
profumo
della carne di manzo esplode
re luminosa e calda. Sono ancora scon-
sotto la mia narice. Provo ad infilare un
dito tra i pezzetti di carne e la salsa verde. Lo metto in bocca. Il sapore si diffonde in bocca. Lentamente mi sale al
cervello. Scattano una serie di ricordi
imprevedibili.
Uno. Quando avevo quattro anni, nel
2029, avvenne l’ultimo Natale. Mio
padre portò un enorme maiale nel patio
che fece cucinare lentamente per ore.
Pochi mesi dopo la carne era scomparsa
dal Messico e mio padre era morto.
Due. Quando avevo sette anni, e vivevamo tutti e tre in una valle di Oaxaca
in fuga dalle epidemie, un indigeno che
si chiamava Miguel Angel o qualcosa
del genere ci regalò un taco con una sottilissima striscia di pancetta di maiale
arrostita. Del terzo ricordo dovrei vergognarmi. Avevo otto anni e una fame
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tremenda. Vidi un animale che sembrava un piccolo maiale correre nell’erba
intorno al villaggio. Lo inseguii, lo catturai, lo uccisi con una pietra, poi lo
arrostii e me lo mangiai da sola senza
condividerlo con nessuno. Non era un
maiale, probabilmente.
“Ma è vero? Dimmi Saverio, è carne
sintetica!”
“Carne di manzo del Guanajuato. Si
sente il profumo del nopal.”
“E’ un sogno. Ne vuoi uno Saverio?”
“No, sono tutti per te.”
“Ti prego.”
“Solo una cosa vorrei. Guardarti
mentre mangi. E’ l’unica volta che ti
vedo felice.”
Sto assaporando il primo morso, piccolo e leggero, facendo scendere i denti
nella consistenza delle fibre che si sciolgono lentamente. Mi sembra di vedere
mio padre tornare accanto a me, braccio a braccio con il nonno, che ridono e
scherzano raccontandosi barzellette
stupide e sporche come quelle dei ragazzini di quattordici anni. E mio padre
agita il coltello lungo come un braccio
per tagliare quell’incredibile creatura
arrostita allo spiedo, un maiale intero, e
la gente del barrio si affolla intorno a lui
ordinatamente. Non corrono e non
piangono per il cibo. Ce n’è per tutti.
Non bisogna picchiarsi pre prenderlo.
“Volevo lasciarti un ricordo.”
“Sei buono. Sei davvero un buon
amico. Non mi meriti.”
“Mi sarebbe piaciuto stare con te.”
“Un giorno mi innamorerò di qualcuno, Saverio, ma non potrà essere meno meraviglioso di te.”
“Magari chiamami quando vuoi innamorarti.”
“Come funziona? Tu lo sai? C’è qualcosa che devo fare?”
“Innamorarsi? No, non devi fare
niente, Beatrice. Non pensare. Immagina che dentro di te ci sia un grande vuoto che attende solo di essere riempito
dal profumo e dal sapore più forte che
puoi immaginare, più di un taco, più di
qualsiasi cosa tu abbia trovato in un
laboratorio.”
“A me sembra che non mi manchi
nulla.”
“Quando sei stata davvero felice?”
“Quando avevo da mangiare. Tanto
da mangiare. Mio padre...”
Medito.
“Saverio, ce la farò in Europa? Io non
sono brava a trovare soluzioni. Ho litigato con tutti nella mia vita. Tu sei
l’unico che mi sopporta.”
Aspetta.
Gli dico. “Posso lasciarti anch’io un
ricordo?”
Non aspetto che mi risponda. Mi alzo
dal divano. Ho in mente una scena che
ho vissuto nella rete neuronica. Mi avvicino a lui guardandolo negli occhi. Lui
ha uno sguardo sorpreso, quasi di paura, non sa cosa lo aspetta. Apro le mie
braccia per farle scivolare lentamente
intorno alla sua vita, poco sotto il costato, facendole passare sotto la camicia, in
modo che i miei polpastrelli attraversino
la circonferenza del suo corpo. Le mie
mani risalgono lungo la schiena, suavemente, mentre lo guardo fissamente in
volto da vicino. Saverio non è in grado
di muoversi. Non ho mai visto una persona arrendersi così senza combattere.
Perché non combatti Saverio? Perché
aspetti? Perché non mi cacci, mentre sto
invadendo il tuo corpo?
Le mie dita arrivano fino al collo. Nel
loro percorso hanno sollevato la camicia, hanno scavato un solco sui muscoli
della schiena. Lo accarezzo sulla nuca,
dietro le orecchie e lo guardo intensamente. E scopro che la sensazione mi
piace. Scopro che provo delle sensazioni, anche se non riesco a capire di cosa
si trattino. Non sono mai stata così vicina ad un uomo da quando avevo quattro anni.
Quando lo bacio sulle labbra lui sembra soffrire. Non riesce a muovere le sue
braccia che restano ferme lungo i suoi
fianchi. Non so che dovrebbe fare, ma
secondo la rete dovrebbe metterle sui
miei fianchi, in modo da stringermi a
lui. Ma non lo fa.
Quando lo lascio lui dice semplicemente “non ti dimenticherò Beatrice.”
Io l’ho già fatto. Ma non glielo dico.
*****
Ritorno alla vita. Lascio perdere i
ricordi. Raccolgo il mio zainetto e il mio
palmare. Mi avvicino alla porta. L’ultima volta che vedo la mia casa. Ho in
mano i due neuroconduttori del dottor
Nieto. Cosa farne?
Li butto nella stanza di Lihua. Che
parli lei col dottor Nieto. Non ho nulla
da portare con me dal Messico. Sono
libera e vuota.
(continua)
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Luglio 2014. Numero 46. Immagini di Franco