2011/2012 concerti Radu Lupu Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2012 A cura dell’Area Comunicazione Coincidenze e citazioni a cura di Giulia Bassi Fonti delle citazioni: Luigi Magnani, La musica in Proust, Einaudi, Torino, 1967; Sergio Sablich, L’altro Schubert, EDT, Torino, 2002; Alberto Savinio, Scatola sonora, Einaudi, Torino, 1977; Harold C. Schonberg, I grandi musicisti, Mondadori, Milano, 1972. L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte. 7 maggio 2012 ore 20.30 Teatro Municipale Valli Franz Schubert Quattro Impromptus op. 142 D. 935 N. 1 in fa minore Allegro moderato N. 2 in la bemolle maggiore Allegretto N. 3 in si bemolle maggiore Tema (Andante) con variazioni N. 4 in fa minore Allegro scherzando César Franck Preludio, corale e fuga Preludio: Moderato - Corale: Poco più lento - Fuga: Tempo I Franz Schubert Sonata in la minore D. 845 Moderato Andante, poco moto Scherzo: Allegro vivace Rondò: Allegro vivace Radu Lupu pianoforte Schubert Jos van Immersel ci dice: “Schubert componeva soprattutto di notte. Forse è per questo che ci sono tanti piano e pianissimo nella sua musica”. E subito lo spartito ci appare in una luce diversa. Anner Bylsma Dovettero passare quarant’anni dalla morte di Schubert perché il mondo si rendesse conto che era un genio. Oggi occupa un posto definitivo. Benché abbia esercitato scarsa influenza sulla prima scuola romantica, ha nondimeno anticipato il romanticismo grazie al modo soggettivo in cui si accostò alla musica. Schubert non fu il primo dei romantici, perché Carl Maria von Weber fu compositore molto più romantico ed esercitò un’influenza ben maggiore sulle generazioni successive. Ma se Schubert non fu il primo dei romantici, occupa un altro e ancor più importante posto, come primo poeta lirico della musica. Harold Schonberg L’abbigliarsi non faceva per Schubert, perciò si teneva lontano dagli ambienti dell’alta società dove avrebbe dovuto curare di più il suo aspetto. Ci furono serate in cui il suo arrivo in alcuni salotti era atteso con tale desiderio che gli sarebbe stata perdonata volentieri anche qualche trascuratezza nel vestire; ma a volte non riusciva neppure a farsi forza per cambiare l’abito di tutti i giorni con il frac scuro: odiava gli inchini, e ascoltare i discorsi adulatorii che lo riguardassero addirittura lo disgustava. Un amico di Schubert 6 Un saggio di Roberto Favaro “Il tutto è stato creato in un’ora di sofferenza, come nella meditazione di cose passate”. Con queste parole Robert Schumann commenterà il primo dei quattro Impromptus op. 142, D.935, a dimostrazione di un vivo entusiasmo del musicista tedesco non solo per questo Allegro moderato in fa minore, ma per l’intero ciclo, formato dal secondo Impromptu, il sognante e nostalgico Allegretto in la bemolle maggiore, uno dei più noti e amati dal pubblico, dal terzo, il coreografico Andante in si bemolle maggiore, altrettanto celebre, con la sua struttura di tema con variazioni, dal quarto infine, l’impetuoso Allegro scherzando in fa minore, attraversato da quell’incandescenza unica, al tempo stesso un po’ boema o slava e un po’ spagnoleggiante che segna indelebilmente l’ascolto. A proposito della genesi dell’op. 142, è noto, dal manoscritto, il periodo di stesura: dicembre 1827. Sappiamo anche dei tentativi infruttuosi, da parte di Schubert, di ottenerne la pubblicazione presso l’editore Schott di Magonza, all’inizio del 1828, con il numero d’op. 101. I pezzi verranno giudicati troppo “difficili per essere delle bagatelle” e appariranno in stampa solo postumi, nel 1838, a dieci anni dalla scomparsa del compositore austriaco, per i tipi di Diabelli che gli attribuirà il numero d’op. 142 e una dedica a Franz Liszt. Ancora a proposito del manoscritto autografo, questi quattro Impromptus sono indicati con una numerazione da cinque a otto. È dunque lecito pensare che inizialmente Schubert concepisca l’op. 142 come naturale e logica prosecuzione dei quattro Impromptus op. 90, immediatamente precedenti. Per entrare nel profondo delle peculiarità e problematiche estetiche oltre che poetiche di questi quattro capolavori schubertiani è necessario però riflettere innanzitutto sul carattere particolare (anche controverso, appunto) dell’impromptu inteso come genere e come particolare architettura sonora, come 7 ambiente da riempire di significati, come dispositivo adeguato a ospitare una ben specifica creatività musicale. La prima questione riguarda l’etimo della parola francese impromptu: di origine latina (impromptus come contrario di promptus, pronto), viene tradotta in italiano con “improvviso” e significa appunto, applicata alla musica, improvvisazione, composizione estemporanea, creata all’impronta, formalmente libera o aperta, esito di un istantaneo e non premeditato atto creativo, definita dalle occorrenze spirituali e psicologiche di quel dato, irripetibile istante. La seconda questione riguarda invece l’origine di questo genere musicale. È vero che la parola impromptu, riferita non solo alla musica, ma anche ad azioni sceniche e teatrali (si pensi all’Impromptu di Versailles di Molière, del 1663), compare fin dal XVII secolo, proprio a indicare una certa disposizione improvvisativa e non pienamente prestabilita dell’atto performativo ed esecutivo. Ma intesa in questa accezione specifica di genere musicale che diventa anche titolazione dell’opera, la parola viene usata per la prima volta nel 1822 da Jan Václav Voříšek che compone e pubblica i sei Impromptus per pianoforte op. 7, probabilmente noti a Schubert. Va aggiunto che pochi anni prima, nel 1817, l’Allgemeine musikalische Zeitung aveva usato per la prima volta il termine impromptu secondo questa particolare accezione, commentando proprio alcune musiche di Voříšek. Resta però indubbio che è di Schubert il grandissimo merito di aver elevato questo genere da semplice morceau de salon a vera e propria opera d’arte sonora. Infine, occorre ricordare che il genere dell’Impromptu pianistico interessa in modo specifico il periodo romantico: dopo Schubert, il quale, come detto, fa precedere ai quattro Improvvisi op. 142 i quattro dell’op. 90, alcuni tra i maggiori musicisti romantici si cimenteranno con il genere, da Fryderyk Chopin (Improvvisi opp. 29, 36, 51, oltre alla Fantasia-Improvviso op. 66) a Robert Schumann (Impromptu su un tema di Clara Schumann, gli Impromptus op. 66), da Franz Liszt (Impromptu brillante su temi di Rossini e Spontini, Valse-Impromptu, Impromptu-Nocturne) a Gabriel Fauré (Cinque Improvvisi), ancora da Aleksandr Skriabin 8 (Impromptus Mazurche, Impromptus opp. 10, 12, 14) a Jean Sibelius (sei Impromptus op. 5), ma qui siamo già al limite cronologico estremo della storia dell’Improvviso, dopo il quale il termine comparirà con riferimenti più liberi e svincolati da questo particolare contesto estetico ottocentesco. Evidentemente, dunque, vi è una speciale convergenza tra la sensibilità estetica romantica e quest’idea dell’atto creativo istintivo e irripetibile, una sorta di action sounding (per mutuare l’espressione dalla pittura istantanea newyorkese degli anni Quaranta e Cinquanta del ‘900) che si fa deposito e propulsore illimitato degli stati più intimi della coscienza creatrice. La problematica, fascinosa e stimolantissima, dell’Impromptu come genere musicale romantico e in particolare come specifico prodotto compositivo pianistico (per esempio proprio l’op. 142 di Schubert qui eseguita), si apre proprio sulla soglia dell’apparente contraddizione e inconciliabilità tra l’idea di istantaneità compositiva e brani che in tutto e per tutto sono il risultato di una meticolosa e ben ponderata scrittura, ognuno dotato per altro, come si accennava all’inizio, di una rigorosa struttura architettonica: la forma sonata per il primo Impromptu, il minuetto con trio per il secondo, il tema (derivato dal terzo entr’act per le musiche di scena di Rosamunde scritte da Schubert nel 1823 e già utilizzato per l’Andante del Quartetto in la minore op. 29 D.804 del 1824) il tema, dicevo, con cinque variazioni per il terzo Impromptu, infine un ritorno alla simmetrica ternarietà per il quarto e conclusivo Impromptu. Una sorta di improvvisazione scritta, dunque, dove l’elemento estemporaneo istantaneo non è tanto il reale metodo di composizione-esecuzione in tempo reale, quanto la dimensione di uno spazio sonoro e psicologico, costruito con i suoni e destinato a rappresentare l’ambiente, l’atmosfera, la luce speciale in cui si svolge l’incontro tra l’apparente fantasticare dell’atto creativo e la disposizione recettiva, spirituale dell’ascoltatore, questa sì spinta a ricevere i suoni in modo non premeditato e precostituito, ma estemporaneo, improvviso, istantaneo. Appunto, impromptu. Se questa è la richiesta speciale che pone l’op. 142 di Schubert all’ascoltatore – cioè di farsi spazio di recezione aper9 to, cioè non-pronto, non-preparato, non prefigurato –, allora la stessa materia compositiva porta in superficie tutti gli aspetti istintivi ed emozionali (che qui sono davvero tanti) di cui il rigore formale è solo un’ossatura di sostegno, un contenitore su cui poggiare contenuti che sono la quintessenza dell’espressività romanticamente spontanea. César Franck, a parte alcuni brani giovanili non particolarmente significativi (tra cui Egloga del 1842, Souvenir d’Aix-la-Chapelle del 1843, Grande Capriccio sempre del’43, Trois petits riens del 1845), approda alla sua prima grande composizione pianistica a un’età artisticamente considerevole. È infatti del 1884, dunque quando il musicista francese ha già superato la sessantina, il Preludio, corale e fuga per pianoforte solo, pubblicato quello stesso anno dall’editore Enoch ed eseguito per la prima volta il 25 gennaio 1885 presso la Salle Pleyel, sotto gli auspici della Société Nationale de Musique, da Marie Poitevin, grande pianista dell’epoca e dedicataria dell’opera. Va aggiunto che questa prima esecuzione viene accolta entusiasticamente dal pubblico. E forse va anche detto, prima di entrare nello specifico di questa materia sonora, che l’approdo franckiano al pianoforte segna anche la rinascita di attenzione, nella storia musicale francese dell’800, per il pianoforte, decaduto nel corso del XIX secolo a terreno secondario di creazione da parte di musicisti appunto francesi, benché questo strumento sia comunque al centro della vita musicale parigina, tenuto in grande auge dalle opere di Beethoven, Chopin, Schumann, Schubert, Liszt. Franck si innesta così in un processo di rivitalizzazione già avviato da Camille Saint-Saëns e proseguito poi da Gabriel Fauré, da Georges Bizet, infine da Emmanuel Chabrier. Il contributo di questo importantissimo musicista francese alla letteratura pianistica – di cui il Preludio, corale e fuga è forse la massima testimonianza, ma non vanno altresì dimenticati capolavori come il Preludio, aria e finale – si caratterizza per una particolare e personalissima atmosfera compositiva, distante dall’intimismo confidenziale e introspettivo di autori romantici come Chopin o Schumann, 10 Franck Grazie al suo inaudito dinamismo scuote le masse, risveglia il pubblico dalla sua apatia: e con quale oculatezza sa servirsi di questo dinamismo, con quale precisione – e senza pedanteria, soprattutto! E quanto colore usa in questo caos volontario! Erik Satie Da qualche anno (...) gli ultimi quartetti di Beethoven e la musica di Franck sono il mio principale nutrimento spirituale. Proust (lettera del marzo 1916 a M.me Albert Hecht) Vinteuil ha il genio creatore di Beethoven, la raffinata sensibilità e lo slancio audace verso il nuovo e l’originalità di Debussy, l’arte sapiente, l’umile semplicità della vita, il candore, la bontà indistruttibile di César Franck. Luigi Magnani Io non posso convenire che Franck sia più moderno di Beethoven. E questo qualcosa che chiamiamo «moderno» esiste poi davvero? Per me ci sono soltanto spiriti grandi e piccoli, opere buone e cattive. Ferruccio Busoni 11 o dalla leggerezza rischiarante e lineare di un Saint-Saëns o di un Fauré. Qui si trova invece rigore formale, austerità, lirismo sostenuto da una concezione formale classica, esplorazione del pianoforte in chiave polifonica e armonicamente densa, linee melodiche di notevole ampiezza e richiesta all’esecutore di abilità virtuosistica, infine, in generale, straordinaria visione architettonica della composizione pianistica. All’ascolto del Preludio, corale e fuga questi valori distintivi emergono in maniera molto evidente, così come si lasciano intravvedere i modelli privilegiati di riferimento: Beethoven, Schumann, Liszt, ma anche naturalmente Bach, con la sua speciale visione costruttiva e “ingegneristica” del processo compositivo. Già il titolo, d’altra parte, afferma eloquentemente quest’ultimo riferimento, manifestando la volontà di indirizzare la composizione verso tre forme classiche associate in un trittico per la verità anomalo che scavalca il più tradizionale dittico ampiamente esplorato da Bach del Preludio e fuga. Una delle caratteristiche più tipiche della scrittura pianistica di Franck – l’idea di infondere una sorta di unità ciclica alla composizione a partire da una cellula motivica sviluppata da un movimento all’altro –, viene qui pienamente confermata: la profonda unità dell’opera è assicurata da un tema che collega e cementa i tre movimenti, mostrandosi come recitativo nel Preludio (Moderato), poi presentandosi come elemento di raccordo prima dell’enunciazione del Corale (Poco più lento), infine come soggetto della Fuga. Ognuno dei tre movimenti presenta specifiche caratteristiche stilistiche e audaci complessità che riecheggiano e rinnovano, nella loro straordinaria vastità architettonica, il linguaggio beethoveniano. Al tempo stesso, le tre sezioni sono attraversate talvolta da sollecitazioni virtuosistiche che rinviano più probabilmente a Liszt. Non da ultimo però, si percepisce lungo tutta la composizione anche l’incessante lavorio elaborativo sul piano dell’ingegneria sonora e contrappuntistica che guarda al passato bachiano riposizionandolo però nel contesto dell’attualità musicale. Infine, a completare questo quadro di molteplici tendenze raccolte e convergenti, si avverte anche uno sfondo drammatico ed espressivo particolarmente caratterizza12 to e accordato, con buona probabilità, alla poetica wagneriana (alcuni studiosi, non a caso, intravvedono nel Corale alcune reminiscenze del tema delle “campane” dei cavalieri del Graal nel Parsifal). Per l’interprete pianista, il Preludio, corale e fuga offre uno scenario vasto e articolato di problematiche e di stimoli su cui meditare sia sul piano espressivo, sia sul piano più strettamente tecnico esecutivo. La Sonata in la minore op. 42 D.845 viene composta da Franz Schubert nel maggio del 1825 e viene pubblicata l’anno seguente, con dedica all’Arciduca Rodolfo d’Austria, dall’editore Pennauer di Vienna con il titolo di Prèmiere Grande Sonate. È anche la prima Sonata schubertiana a essere pubblicata. Dal punto di vista tematico e costruttivo, presenta non poche analogie (i temi iniziali, oltre allo schema complessivo), con la precedente Sonata in do maggiore “Reliquie” D.840 scritta nell’aprile di quell’anno ma rimasta, com’è noto, incompiuta, tanto da far pensare a questa in la minore come a una sorella maggiore, o a un traguardo finalmente raggiunto dopo i tentativi e le incertezze appunto inconcluse dell’opera precedente. Che si tratti di una delle opere pianistiche più belle di Schubert è attestato dall’attenzione e dall’entusiastica accoglienza che si conquista fin da subito e poi anche nei decenni seguenti dell’800. Basti dire che l’editore Nägeli di Zurigo, dopo aver visionato l’op. 42, scrive a Czerny dicendogli: “Ritengo il primo movimento della Sonata un brano di importanza capitale”. E varrà la pena riportare anche quanto scriverà Robert Schumann una decina d’anni dopo, nel 1835, recensendo la Sonata (insieme alle op. 53 e 78) sulle pagine della Neue Zeitschrift für Musik: “La prima parte, così tranquilla, così fantastica, potrebbe commuovere fino alle lacrime; inoltre è così lievemente e semplicemente costruita con due pezzi, che si deve ammirare il mago che li sa confondere ed opporre così stranamente”. Anche lo stesso Schubert deve averne grande considerazione se subito nell’estate del ’25, nel corso della tournée svolta in giro per l’Austria insieme al cantante e amico Michael Vogl, la esegue ripetutamente. L’ascolto della Sonata 13 in la minore offre in effetti una straordinaria omogeneità tra stile e atmosfera espressiva, con una inedita consapevolezza da parte di Schubert degli equilibri spaziali dell’opera in rapporto alle proporzioni temporali. D’altra parte, la qualità emozionale, commovente, recepita da Schumann trova conferma proprio in questa sapiente capacità organizzativa dei piani formali in grado di accogliere nel corso dei diversi movimenti la densità psicologica di un racconto sonoro triste e malinconico virato più verso un tono di struggimento e di rassegnata dolenza che non di tragica disperazione. La Sehnsucht romantica, il “desiderare un desiderio inappagabile”, è qui resa magistralmente proprio dalla cura fonica, dalla ricerca timbrica, dalle contrastate identità tematiche nell’esposizione del primo movimento (Moderato), dal misterioso e inquietante clima di intensificazione nello sviluppo, dalle trasognate dissolvenze della ripresa. E così ancora nel secondo movimento (Andante poco moto) – uno dei progetti sonori più affascinanti del pianismo schubertiano – questa speciale temperatura romantica è resa dalla scelta di optare per un tema con variazioni (unico caso in tutte le Sonate di Schubert) in luogo dell’abituale movimento lento, in cui proprio la sequenza di trasfigurazioni dell’idea di partenza offre al compositore viennese l’opportunità di trasmettere all’ascoltatore diverse condizioni dell’anima, le sue metamorfosi, dall’illusoria felicità alla tranquillità temporanea, dall’improvvisa esplosione di violenza quasi beethoveniana al ritorno a un parziale e colorato rasserenamento per concludere con la tenera e nostalgica ultima variazione, cui segue ancora, inattesa e incantevole, quasi l’eco di alcuni corni silvestri, una coda che ha l’effetto di eludere il ritorno al familiare e già noto tema iniziale per aprirci lo sguardo su un paesaggio inedito, misterioso, liberatorio. Così lo Scherzo (Allegro vivace), di mobilità e dinamismo incandescente veramente inusuale in Schubert, sfocia però in un Trio (Un poco più lento) invece estatico e lirico che riequilibra e chiarifica tanta veemenza, offrendo all’ascoltatore una delle pagine più sorprendentemente geniali del musicista viennese. Così infine il Rondò (Allegro vivace) conclusivo, dalla grazia trasparente e giocosa, 14 venata però da una sottile quanto struggente malinconia e da alcuni tratti di tensione, si articola secondo uno schema formale che trasforma il modello classico degli episodi alternati al ritornello in una sorta di forma sonata, dove lo sviluppo permette un accavallarsi trasformativo di elementi tematici funzionale proprio a questa variabilità atmosferica. 15 Coincidenze 1825 Schubert, Sonata D. 845 Schubert, Sonate per pianoforte n. 15-17. Mendelssohn, Ottetto; Capriccio brillante per pianoforte e archi; Die Hochzeit des Camacho. Beethoven, Grande Fuga op.133 per archi; Quartetto n.13; Rondo e capriccio per pianoforte. Paganini, Sonata militare. Rossini, Il viaggio a Reims. Bellini, Adelson e Salvini; Bianca e Gernando. Chopin, Polacca n.8. Nasce Johann Strauss jr. Gennaio (Regno delle Due Sicilie): muore a Napoli re Ferdinando I di Borbone. Gli succede il figlio Francesco I. Il 25 gennaio, insediatosi sul trono, Francesco I firma un’amnistia liberando 144 detenuti ai lavori forzati. Il 10 maggio: la città di Milano ospita, con feste regali e cerimonie religiose, l’Imperatore d’Austria Francesco I d’Asburgo. Nella città di Pavia, che non ha mai manifestato tendenze indipendentiste, in concomitanza con il viaggio imperiale, si verificano tumulti negli ambienti studenteschi. Il 31 agosto (Stato Pontificio): la repressione del cardinale Rivarolo, in Romagna, tocca il massimo grado di spietatezza. La polizia speciale compie numerose retate arrestando cinquecento persone per cospirazione. La flotta sarda bombarda Tripoli per questioni commerciali riguardo alcune violazioni degli accordi seguiti alla Prima guerra barbaresca. In Russia muore lo zar Alessandro. Viene approvata in Francia la “legge del miliardo” con cui vengono risarciti i nobili per le perdite subite durante la rivoluzione Il Perù si proclama indipendente; nasce la repubblica di Bolivia. George Stephenson inaugura la prima linea ferroviaria (StocktonDarlington) con la sua motrice a vapore Locomotion. 16 Henry de Saint-Simon, Il nuovo cristianesimo. Vincenzo Monti, Sermone sulla mitologia. 1827 Schubert, Impromptus op. 142 D. 935 Schubert, Trii con pianoforte op.99 e op.100; Fantasia per violino e pianoforte; Die Winterreise, ciclo di Lieder. Muore Beethoven. Rossini, Moïse. Bellini, Il Pirata. Berlioz, Les francs Juges, overture; Waverley, ouverture; La Mort d’Orphée, monologo e baccanale. Mendelssohn, Quartetto per archi n.2; Fuga per quartetto d’archi; Sonata per pianoforte n.3. Chopin, Notturno n.19; Variazioni sul tema ‘Là ci darem la mano’ dal Don Giovanni di Mozart. I Turchi occupano Atene. Gran Bretagna, Francia e Russia intervengono a favore dell’indipendenza greca sconfiggendo a Navarino la flotta turca. La flotta britannica annienta la flotta ottomana nella Battaglia di Navarino. Ingres, Apoteosi d’Omero. Delacroix, La morte di Sardanapalo. Da Ponte, Memorie. Manzoni, I promessi sposi, prima edizione. Leopardi, Operette morali. Hugo, Cromwell. Muore a Turham Green (Londra) Ugo Foscolo. Georg Ohm formula la legge sulle correnti elettriche che prende il suo nome. Augustin Fresnel realizza il faro a lenti, visibile a 30 Km di distanza. L’orologiaio Onésiphore Pecquer inventa il differenziale. Il medico William Prout compie la prima classificazione degli elementi. Nicephore Nipece inventa la foto su lastra di metallo. 17 1884 Franck, Preludio, corale e fuga Franck, Les Djinns, poema sinfonico per pianoforte e orchestra Gounod, Mors et Vita, oratorio. Bruckner, Sinfonia n.8; Te Deum. Brahms, Sinfonia n.4 (1884-5). Ciajkovskji, Mazeppa; Concerto-fantasia, per pianoforte e orchestra. Massenet, Manon. Grieg, Pezzi lirici per pianoforte, libro III. Fauré, Sinfonia in re minore. Puccini, Le Villi. Debussy, Suite per orchestra n.1; Diane au bois, per coro; L’enfant prodigue, cantata. Richard Strauss, Sinfonia in fa minore; Serenata per fiati; Sonata per violoncello. Muore Smetana. Apre al pubblico a Parigi il Salon des Indépendants, accogliendo opere di artisti di ogni indirizzo e scuola senza limiti d’ammissione. Inghilterra: pubblicato il primo fascicolo dell’opera che in seguito venne chiamata Oxford English Dictionary. La pubblicazione, redatta sotto la direzione del dottor James Murray, conta 352 pagine e racchiude tutte le parole inglesi conosciute da A ad Ant (formica). Inaugurazione del palazzo del Governo di San Marino, oratore della cerimonia Giosuè Carducci. La conferenza Internazionale sui meridiani che si svolge a Washington adotta il sistema dei fusi orari. Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei musicisti, Utet, 1994. www.musicweb-international.com/Classpedia/A-Zindex. htm 18 Interpreti Radu Lupu Radu Lupu è nato in Romania ed ha iniziato gli studi di pianoforte all’età di 6 anni, con Lia Busuioceanu, debuttando in pubblico a soli 12 anni con un programma completo di musiche da lui stesso composte. Per diversi anni continuò gli studi con Florica Muzicescu e Cella Delavranca finché, nel 1961, vinse una borsa di studio per il Conservatorio di Mosca, dove studiò con Galina Eghyazarova, Heinrich Neuhaus e, più tardi, con Stanisalv Neuhaus. Vincitore di tre importanti concorsi, il Van Cliburn 1966, l’Enescu International 1967 ed il Concorso di Leeds 1969, riceveva nel 1989 il prestigioso premio “Abbiati”, assegnato dall’Associazione dei Critici italiani. Radu Lupu suona regolarmente con le più importanti orchestre internazionali, inclusi i Berliner Philharmoniker, con cui , nel 1978, fece il suo debutto al Festival di Salisburgo, sotto la direzione di Herber von Karajan, i Filarmonici di Vienna, con cui inaugurò il Festival di Salisburgo 1986 sotto la direzione di Riccardo Muti, la Royal Concertgebouw Orchestra , le maggiori orchestre londinesi e tutte le grandi orchestre americane. I suoi primi importanti concerti negli Stati Uniti ebbero luogo nel 1972 con la Cleveland Orchestra diretta da Daniel Barenboim a New York e con la Chicago Symphony Orchestra diretta da Carlo Maria Giulini. E’ stato ospite di tutti i più importanti festivals musicali ed ospite regolare dei Festivals di Salisburgo e di Lucerna. Le sue incisioni discografiche per Decca includono i Concerti per Pianoforte di Beethoven, il Concerto n. 1 di Brahms, i Concerti di Grieg e di Schumann, l’integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Mozart con Szymon Goldberg, Le Sonate per violino e pianoforte di Debussy e di Franck con Kyung Wha Chung e opere per pianoforte solo di Beethoven, Brahms, Schumann e Schubert. Nel 1995 ha vinto due premi nella categoria “Best Instrumental Record of the Year”: un Grammy per le Sonate D664 e D960 di Schubert e un Premio Edison per Kinderszenen, Kreisleriana e Humoresque di Schumann. Ha inciso due dischi con Murray Perahia (CBS), due albums di Lieder die Schubert con Barbara Hendricks (EMI) ed un disco di brani di Schubert a quattro mani con Daniel Barenboim (Teldec). Nel corso della attuale stagione Radu Lupu terrà anche concerti con l’Orchestra della Suisse Romande diretta da Marek Janowski, con l’Orchestra Mozart di Bologna diretta da Claudio Abbado, con la Filarmonica di Oslo diretta da Jukka-Pekka Saraste, con la Gewandhaus di Lipsia diretta da David Zinman, con l’Orchestra da Camera di Losanna diretta da Lawrence Foster, con l’Orchestra dello Staatstheater di Stoccarda diretta da Manfred Honeck e con la Filarmonica di Monaco diretta da Christian Thielemann, a Monaco e al Musikverein di Vienna. Tra i centri musicali in cui suonerà in récital sono Colonia, Francoforte, Stoccarda, Duesseldorf, Berlino, Bruxelles, To19 rino, Genova, Brescia, Amsterdam, e Parigi. La sua annuale tournée negli USA comprende concerti con la New York Philharmonic diretta da Christoph von Dohnanyi, con la Washington National Symphony diretta da Gianandrea Noseda, con la Boston Symphony diretta da Sakari Oramo e con la Cleveland Orchestra diretta da Franz Welser-Most. Nel 2006 Radu Lupu ha ricevuto il Premio Internazionale Arturo Bendetti Michelangeli e, dopo il riconoscimento del 1989, per la seconda volta, il Premio Abbiati, per le sue interpretazioni di Schumann. 20 GRUPPO BPER Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari, Vando Veroni 21 Annalisa Pellini Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il Teatro, Paola Scaltriti, Gigliola Zecchi Balsamo Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza, Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari Stampa: Grafiche San Benedetto, Castrocielo (FR)