CIRCOLO S. PIETRO
CIRCOLO S. PIETRO
fondato nel 1869
LA CHIESA DI
SANTA MARIA DELLA PIETÀ
AL COLOSSEO
Testo: Carlo Napoli
Grafica e iconografia: Raniero Salvaggi
LA CHIESA DI
SANTA MARIA DELLA PIETÀ
AL COLOSSEO
UNA PAROLA AL LETTORE
Appena eletto presidente del Circolo S.Pietro mi sono occupato
della Cappella del Colosseo a noi affidata: una cappella vecchia
forse più di mille anni, nata accanto a un cimitero cristiano che
raccolse le vittime delle persecuzioni.
Qui, dove alcuni martiri lasciarono la vita, venivano a pregare
grandi santi, come S. Filippo Neri o S. Ignazio, così che questa
nostra piccola cappella è pervasa ancora di lontane preghiere e
risuona ancora delle litanie di tanti fedeli che qui si inginocchiarono nel corso dei secoli.
Troverete nelle pagine seguenti una breve storia del nostro
Sacello dedicato a S. Maria della Pietà. Un Sacello che ebbe vita
travagliata: distrutto, abbandonato, sconsacrato e riconsacrato,
così come vita travagliata ha avuto tutto il Colosseo che ha subito le ferite del tempo, degli incendi e dei terremoti, e soprattutto
i saccheggi di tante famiglie romane che con quei marmi edificarono i loro palazzi.
Dopo anni di oblio, nel 1955, la Cappella è tornata finalmente a
rivivere. E da quando ci è stata affidata, più di mezzo secolo fa,
ne abbiamo fatto, senza soste e senza interruzioni, un regolare
incontro di fedeli che ogni sabato e ogni domenica assistono alla
S. Messa. Non solamente soci del Circolo, ma amici, conoscenti e soprattutto turisti che visitando il Colosseo si imbattono in
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questa minuscola chiesa, ricavata sotto i fornici dell’Anfiteatro,
da cui si levano canti sacri e preghiere corali.
Questo piccolo libretto è non solamente la storia della nostra
Cappella ma anche un succinto riassunto di quello che il Circolo
S. Pietro fa per alleviare tante sofferenze e tante miserie.
Nel licenziare queste pagine, la mia speranza è che questa
Cappella, dove un tempo sorgeva l’immagine del SS. Salvatore,
diventi un piccolo centro di spiritualità, un centro di preghiera
viva là dove migliaia di visitatori ignari passano ogni domenica,
mai immaginando che dove morirono i primi martiri, il ricordo
non s’è spento.
Se qualcuno, visitando il Colosseo, si accosterà pregando alla
Cappella, sarà il segno che i nostri sforzi e la nostra costanza non
sono stati vani e che il Circolo, ieri come oggi, ha saputo svolgere ancora una missione di fede e di devozione al Santo Padre,
alla Chiesa, alla Comunità di Roma.
Leopoldo Torlonia
Presidente Generale
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LA CAPPELLA AL COLOSSEO
LUOGO DI CULTO E DI PREGHIERA
“O Roma felix, quae tantorum Principum es purpurata pretioso
sanguine excellis omnem mundi pulchritudinem non laude tua,
sed sanctorum meritis, quos cruentatis iugulasti gladiis”: la
Chiesa ci fa pregare con questo antichissimo Inno ai Vespri nella
Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, e dedica a Roma
questo stupendo elogio, quale Città Beata, Santa, “arrossata”
dal sangue prezioso dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Ma non
sono solo loro che hanno dato la vita per il Signore!
Dice l’Apocalisse: “Apparve una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua…
Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue
dell’Agnello” (Ap. 7, 9.14).
Ogni volta che passo davanti al Colosseo ripenso, con grande stupore e commozione, a questo luogo santo, a questa terra arrossata
dal sangue della innumerevole schiera di Martiri sconosciuti che
proprio qui hanno dato la loro bella testimonianza di fede e di
amore a Cristo, e che, nel tempo buio delle crudeli persecuzioni,
hanno fecondato con il loro sangue i germogli della nostra Chiesa:
sono loro, i Protomartiri della Chiesa di Roma!
Grande è stata la mia gioia spirituale e la mia intima emozione
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quando sono stato nominato Assistente Ecclesiastico del Circolo
S. Pietro e, di conseguenza, Rettore della Cappella di Santa Maria
della Pietà al Colosseo che si trova, come è noto, proprio all’interno del Colosseo. Infatti in questo luogo santo, su questa terra benedetta, sorge da oltre mille e cinquecento anni un luogo di culto e di
preghiera: i cristiani hanno sentito forte il bisogno di pregare e celebrare i santi misteri sul luogo dove altri avevano offerto la propria
vita quale mirabile ed esemplare segno di appartenenza a Cristo!
Ed è con altrettanta gioia che presento questo agile volumetto
che ripercorre la storia della Cappella e che fornisce anche notizie sul nostro amato Circolo S. Pietro, i cui Soci, da oltre settanta anni, hanno ricevuto in preziosa eredità e curano, con fede e
amore, competenza ed intelligenza, il decoro dell’edificio e lo
svolgimento delle celebrazioni, soprattutto la Santa Messa
domenicale e la Solenne Via Crucis in Quaresima.
Un grato pensiero va al Presidente del Circolo, il Duca don
Leopoldo Torlonia, ed ai benemeriti Soci, Carlo Napoli e
Raniero Salvaggi, che ne hanno curato la pubblicazione, ed
auspico che esso possa aiutare tutti a meglio conoscere la storia
di questa Cappella e a ricevere copiosi frutti spirituali, partecipando con fede e devozione alla vita spirituale della stessa.
Mons. Franco Camaldo
Assistente Ecclesiastico del Circolo S.Pietro
Rettore della Chiesa
di Santa Maria della Pietà al Colosseo
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LA CHIESA
DI S. MARIA DELLA PIETÀ
UNA STORIA MILLENARIA
La storia di questa piccola cappella dedicata alla Madonna della
Pietà (il nome ufficiale per il Vicariato è “Chiesa di S. Maria
della Pietà”) si intreccia strettamente con la storia stessa del
Colosseo, il più celebre monumento dell’antichità, il simbolo
stesso di Roma.
Eretto nel 72 D.C. e terminato otto anni dopo, fino all’ottavo
secolo era conosciuto col nome di Anfiteatro Flavio, ma a partire da quella data compare nelle cronache come Colosseo.
Questo immenso monumento, giunto fino a noi, ha subito nel
corso dei secoli incendi, terremoti, saccheggi e manomissioni
che lo hanno poco a poco devastato e trasformato.
Il primo incendio che si ricorda è del 217 quando un fulmine
distrusse tutti i sedili di legno dove sedevano gli spettatori. Nel
442 fu la volta di un terremoto che danneggiò l’Anfiteatro. La
terra tremò ancora nel 508, l’arena sprofondò e molte decorazioni di pietra precipitarono a terra.
Alla furia degli elementi, si aggiunse quella degli uomini. Ricco
com’era di marmi, di colonne e di statue, il Colosseo si prestava
ad essere saccheggiato. Cominciò Teodorico a dare il cattivo
esempio della spoliazione: il materiale prelevato dal monumen7
to venne impiegato per riparare le mura di Roma e inutilmente
Papa Gregorio si oppose allo scempio. Le invasioni barbariche
di Alarico, di Genserico e di Odoacre -almeno così sembra- non
danneggiarono l’Anfiteatro che dovette invece la sua rovina ai
molti terremoti che si succedettero nei secoli, a partire da quello del 739, del 780 e dell’851. Sembra strano ma più di mille
anni fa la terra tremava spesso a Roma.
La Cappella nel Medioevo
Durante gli anni bui del Medioevo, il Colosseo fu utilizzato non
solo come cava all’aperto ma anche come fortezza nelle lotte
che divamparono fra le famiglie romane: dentro le sue mura si
asserragliarono i Frangipane e poi gli Annibaldi e divenne rifugio anche di un Papa che sfuggì così alle truppe dell’imperatore
Federico I.
I saccheggi proseguirono per tutto il Quattrocento e
Cinquecento. Paolo II Barbo prese molto materiale del Colosseo
per costruire il suo palazzo di San Marco (oggi chiamato
Palazzo Venezia) mentre il cardinale Raffaele Sansoni Riario
fece trasportare colonne e fregi per il palazzo della Cancelleria.
La Cappella, affidata oggi al Circolo, venne probabilmente fondata nel VI o nel VII secolo. Le prime notizie certe su una cappella
all’interno del Colosseo risalgono però al XIV secolo, quando il
Senato Romano cedette una parte dell’Anfiteatro all’Ospedale di
S. Giovanni che costruì all’interno del Colosseo una specie di
“dependance” col nome di “S. Giacomo ad Colosseum”.
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È molto probabile che l’ospedale abbia voluto erigere (o riadattare) una cappella a uso dei ricoverati. Questa sarebbe l’origine
del sacello dedicato inizialmente al SS. Salvatore.
Ma esistono notizie che farebbero risalire l’edificazione di questa cappella addirittura prima del Mille. Comunque sia, si tratta
di una piccola costruzione che dev’essere antichissima, già
nominata nelle cronache nel 1192. È quindi possibile che quando l’Ospedale di S. Giovanni costruì una “dependance” all’interno del Colosseo la cappella ci fosse già, solo che fu restaurata e
riaperto al culto.
La “Via Crucis” al Colosseo
Il Colosseo, fin dai primi secoli, fu considerato luogo sacro in
quanto molti cristiani vi avevano lasciato la vita, anche se storicamente non si hanno prove che l’Anfiteatro sia stato usato per
le persecuzioni religiose. Tuttavia, poiché per gli spettacoli al
Colosseo venivano usati i condannati a morte, è molto probabile che fra di essi vi fossero anche dei cristiani. Fra questi, certamente, due Santi del Martirologio Romano che furono qui martirizzati. Per questa ragione il Papa Cybo, Innocenzo VIII, volle
che fosse rappresentata all’interno dell’Anfiteatro la passione di
Gesù, e la Compagnia del Gonfalone -che aveva la cura del
Colosseo- si adoperò perché alcuni marmi fossero utilizzati per
la Cappella che divenne il “Sacello di S. Maria della Pietà”. Nel
1895, in seguito ad alcuni scavi, fu trovato nel Colosseo un cimitero, certamente cristiano, proprio nella parte dove internamente sorge la cappella, ricavata in uno dei fornici del piano terreno,
presso l’arena, e quindi allo stesso livello del cimitero, livello
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che andò gradatamente sollevandosi nell’Alto Medioevo. È stato
ipotizzato, ma non è provato, che la Cappella venisse costruita
proprio a ridosso del cimitero per venerare i martiri che vi furono sepolti. Una cosa è certa: che il luogo fu sempre venerato per
il sangue che i Cristiani vi avevano versato, e Papa Benedetto
XIII, S. Ignazio, S. Filippo, S. Camillo - per non citarne che
alcuni - furono devotissimi al culto dei Martiri del Colosseo.
Benedetto XIV nel febbraio del 1744 fece pubblicare un editto
nel quale proibiva ogni uso profano del Colosseo, anche per la
crescente devozione dei fedeli che accorrevano a pregare fra
questa mura e, perché no? nella piccola cappella.
Le rappresentazioni della Passione durarono fino a metà
Cinquecento, dopo di che il Colosseo rimase abbandonato e anche
la Cappella seguí lo stesso destino. Per quasi 70 anni il Sacello di
S. Maria della Pietà fu dimenticato fino a che l’Arciconfraternita
del Gonfalone decise di ripararlo e riaprirlo al culto. Vi aggiunse
alcune stanze per il custode che era un eremita e nell’alto del piccolo edificio volle fosse eretto un piccolo campanile. Un altro eremita di cui si ha notizia fu Francesco Buzi, vissuto nella seconda
metà del Cinquecento e sepolto nella Cappella con una lapide che
segnala il suo romitaggio e i suoi lavori di restauro.
Nell’Ottocento - come mostrano tante stampe - il Colosseo era
diventato ovile per le pecore e le vacche pascolavano indisturbate sotto i fornici. Edere, rovi e parietarie si avvinghiavano ai
marmi, così che il Colosseo appariva ai turisti che facevano “il
gran tour” in tutta la sua malinconica magnificenza, una rovina
diventata romantica. È così ce lo hanno descritto i grandi viaggiatori da Stendhal a Goethe.
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Nel 1622 la Cappella fu riconsacrata da mons. Giulio
Sansedonio già vescovo di Grosseto ed a memoria di questo
evento fu incisa una lapide che esiste tuttora.
Il grande architetto Fontana nella sua opera “L’anfiteatro Flavio”
riporta una veduta dell’interno qual era nei primi anni del 1700 e
in essa si intravvede la Cappella col suo piccolo campanile.
La Cappella nell’Ottocento
Il Sacello subì altri restauri nel 1827 a opera
dell’Arciconfraternita del Gonfalone, e risale a quest’epoca il
bassorilievo raffigurante la Vergine che dovette sostituire un
probabile precedente affresco del SS. Salvatore, o distrutto o
scolorito.
Scomparsa l’Arciconfraternita del Gonfalone, il Vicariato di
Roma nel 1936 affidò al Circolo S. Pietro l’incarico di provvedere all’officiatura. Per rendere la Cappella più accogliente, il
Circolo si fece carico di alcuni restauri, e nel dicembre del 1955
ripristinò la campana.
La cerimonia si svolse alla presenza del cardinale Micara,
Vicario di S. Santità, del presidente del Circolo marchese
Sacchetti, di mons. Nasalli Rocca assistente ecclesiastico, e di
numerosi soci del Sodalizio.
Da allora, l’antichissima Cappella che ha più di mille anni di storia, è tornata a rivivere. E ogni sabato e ogni domenica si celebra la S. Messa dinanzi all’immagine della Madonna della Pietà.
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La Via Crucis nel 1930
Veduta dall’alto della Via Crucis
La Via Crucis al Colosseo
Questa devozione nacque per volere di Innocenzo VIII
La Cappella di S. Maria della Pietà al Colosseo
IL CIRCOLO S. PIETRO
A CUI È AFFIDATA LA CAPPELLA DEL COLOSSEO
Il Circolo S. Pietro nacque a Roma nel 1869 mentre soffiava un
acceso anticlericalismo e si confrontavano Stato e Chiesa, cattolici liberali e cattolici intransigenti.
Qualche anno prima, nel 1861, al Parlamento subalpino era stato
proclamato il Regno d’Italia e Cavour aveva indicato Roma
come capitale per la giovane nazione appena nata.
A Pio IX, salito al soglio nel 1846 non restava ormai che un brandello del vecchio Stato pontificio. Il territorio, in appena un decennio, s’era mano mano ristretto, tagliato a Nord dalle truppe piemontesi e a Sud da Garibaldi che aveva risalito la Penisola da Marsala.
Perduta l’Umbria, perduta la Romagna, perdute le Marche, il Papa
regnava su uno staterello grande pressappoco come il Lazio. Un
anno ancora e i bersaglieri sarebbero entrati a Porta Pia.
A partire dal 1850, più o meno dal ritorno di Pio IX dall’esilio di
Gaeta, s’erano succedute in quella parte del Paese sotto giurisdizione piemontese leggi e decreti che investivano l’attività della
Chiesa: confiscati i beni degli ordini religiosi, esiliati i vescovi che
avevano denunciato il nuovo corso, aboliti vecchi privilegi seppure anacronistici, messi a tacere i sacerdoti che osteggiavano la
politica governativa, imprigionati i parroci che dal pulpito si erano
opposti allo strapotere massonico nella vita pubblica del Paese.
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Nasceva la “Questione Romana”, il dissidio lacerante fra Chiesa
e Stato che avrebbe avvelenato il clima politico fino al 1929,
l’anno della Conciliazione e che avrebbe provocato tanti drammi di coscienza in chi pensava di far coesistere la fedeltà allo
Stato e la fedeltà al Papa.
All’anticlericalismo imperante si opponeva un cattolicesimo
sempre più combattivo mentre nascevano associazioni, gruppi e
giornali che professavano assoluta fedeltà al Pontefice e assoluta difesa dei suoi diritti.
Quando il Circolo nacque trovò un terreno già concimato e si
incanalò nel solco delle tante iniziative religiose che fiorivano,
non solo in Italia, un Circolo che andava a confluire nel vasto
filone del laicato cattolico che aveva avuto i suoi inizi a Malines,
in Belgio.
Proprio alla conferenza di Malines, era risuonato un grido di
allarme da parte di uno dei sei delegati italiani. L’avvocato
Casoni aveva tracciato un quadro drammatico della Chiesa in
Italia: “Siamo in piena persecuzione -aveva detto Casoni- quasi
200 conventi soppressi, più di duemila monache sul lastrico, cinquanta vescovi cacciati dalle loro diocesi”.
Fu in questo clima di violenta contrapposizione che nacque il
Circolo S. Pietro: come un’associazione di assoluta e totale
fedeltà al Pontefice, come difesa della Chiesa minacciata, come
testimonianza di forti ideali cristiani.
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Il Circolo venne alla luce ufficialmente a palazzo Lancellotti il 28
aprile del 1869 con una quindicina di soci, e la prima uscita pubblica fu l’illuminazione della Città per l’apertura del Concilio
Vaticano, a dicembre. Ma si impose all’attenzione di Roma nei
giorni che precedettero la breccia di Porta Pia, quando i giovani
Soci decisero di difendere il Papa, anche a costo della vita. Fu Pio
IX che non volle spargimento di sangue, e che congedò il generale Kanzler, gli zuavi e i volontari accorsi per difendere il Pontefice.
In una Roma divenuta improvvisamente capitale, il Circolo cominciò a dispiegare un vasto raggio di interventi caritativi: la formazione scolastica della popolazione, le scuole serali, l’apertura di
una sala di cultura, la fondazione di un giornale, un oratorio festivo, l’assistenza ai poveri e ai pellegrini.
Nel 1887 si aprì la prima cucina economica - il tratto distintivo
che caratterizzerà il Circolo per tanti anni- a cui fecero seguito
altre cucine ( in via della Lungaretta, in via delle Zoccolette, in
piazza delle Vaschette) soprattutto negli anni della crisi edilizia
e agraria, quando il risanamento del bilancio statale verrà pagato dalle classi più povere.
Il Circolo S. Pietro aveva così ben meritato agli occhi dei
Pontefici -Pio IX e Leone XIII- che nel 1888 ricevette l’incarico
ufficiale di svolgere il servizio d’onore nelle funzioni papali e
l’anno successivo dette vita alla “Commissione guardaroba” che
si occuperà d’ora in poi di fornire vestiario ai poveri della Città.
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È sotto il pontificato di Papa Pecci che nascono anche gli asili notturni che accolgono tutti gli sbandati e i senzatetto di Roma. E
prende piede una grande iniziativa per riportare il senso di religiosità in tutto l’Agro romano ormai scristianizzato e indifferente.
Il Circolo e la Prima Guerra Mondiale
Ma la grande prova che attende il Circolo, quella che lo consacrerà sulla frontiera invisibile della carità, è la prima guerra
mondiale che vedrà Benedetto XV impegnare la Chiesa in una
vasta opera di assistenza ai prigionieri, ai reduci, ai feriti, agli
invalidi e alle famiglie che non hanno più notizie dei loro cari.
Il Circolo si fa docile strumento dell’opera di questo grande
Pontefice che regnerà solamente 8 anni, ma che farà uscire la
Chiesa dal circolo vizioso del legittimismo per riportarla in
un’azione di carità internazionale. Il Sodalizio fiancheggerà l’opera del Papa, si occuperà dei terremotati della Marsica, di Reggio
Calabria e di Messina, potenzierà le cucine economiche e le moltiplicherà per venire incontro ai bisogni della popolazione.
Solo le cifre, nella loro freddezza, possono dare un’idea -sia pure
approssimativa- del grande sforzo di cui il Circolo si fece carico:
nel 1914 vennero distribuiti 600 mila pasti; nel 1915 a guerra iniziata, due milioni e centomila pasti; nel 1916 tre milioni e mezzo;
e nel 1917 più di quattro milioni di razioni. In quegli anni il Circolo
collaborò attivamente all’ufficio allestito in Vaticano per i prigionieri e i dispersi, si occupò dei militari rimpatriati e si premurò di
assistere i tanti orfani ch’era la dolorosa eredità della guerra.
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La firma del Concordato nel 1929 pose fine all’annosa
“Questione romana” e per un decennio relegò in secondo piano
il contrasto Stato-Chiesa che sarebbe ripreso alla fine degli anni
Trenta con lo scioglimento delle associazioni cattoliche, le leggi
razziali e la volontà del Regime fascista di avere il monopolio
dell’educazione della gioventù.
La crisi economica del ’29 trovò ancora una volta il Circolo in
prima linea. Cucine, letti per i senza tetto, vestiti per i poveri
furono la parola d’ordine del Sodalizio che ancora una volta fu
chiamato a soccorrere la parte meno abbiente della popolazione.
La Seconda Guerra Mondiale
Fu negli anni della seconda guerra mondiale, dal ’40 al ’45, e nei
terribili anni del dopoguerra che il Circolo divenne popolare e
che si conquistò sul campo la fiducia e le speranze della gente.
La fuga dalle campagne, i bombardamenti, i profughi, il tesseramento di tutti i generi alimentari, tutto questo spinse il Sodalizio
a una vasta, intensa opera di solidarietà. Si impiantarono cucine
in quasi ogni quartiere, e i clienti non erano più i poveri e i diseredati ma cittadini romani alla fame, famiglie di militari al fronte o gente fuggita dalle campagne incolte in cerca di una sistemazione nella Capitale. Non c’era vergogna a frequentare le
cucine che erano diventate ben 32, la guerra aveva eliminato le
classi sociali e livellato la popolazione. Soprattutto nei mesi terribili dell’occupazione tedesca, dopo l’8 Settembre, in una capitale abbandonata, con un futuro quanto mai incerto, il Sodalizio
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si distinse per gli aiuti quotidiani alla popolazione. Ma dove la
carità del Circolo si sviluppò di più fu nella ricerca dei dispersi
e dei prigionieri. Nel caos che la guerra aveva determinato, nell’assenza di comunicazioni tra fronte e comandi, di tanti soldati
si erano perse le tracce. Il Circolo approntò un “Ufficio
Ricerche” che portò a ottimi risultati e lavorando in collaborazione con la Segreteria di Stato poté mettersi in contatto con la
Croce Rossa e con i paesi non-belligeranti come la Svizzera.
La fine della guerra lasciò il Paese sconvolto, e ancora una volta
il Sodalizio mise in campo tutte le sue potenzialità per venire
incontro alle urgenti necessità della popolazione che voleva tornare alla normalità della vita.
Il Circolo nel dopoguerra
L’Anno Santo del ’50 segnò lo spartiacque fra l’Italia della fame
e l’Italia della ripresa. Per un avvenimento così grandioso che
richiedeva una grande organizzazione, il Circolo dette la sua
totale disponibilità, sempre al servizio della Santa Sede. E intanto nascevano altre iniziative, come le “Case del Pellegrino”,
come la “Commissione giovani”, come la “Commissione aiuti
Internazionali”, e si aprivano altri dormitori. E l’orizzonte si
allargava al di là delle mura romane. Quando scoppiò la centrale atomica di Chernobyl, tanti bambini, colpiti dal tumore e dalla
leucemia, trovarono assistenza da parte del Circolo che si adoperò per organizzare i viaggi, per trovare gli ospedali e per eseguire cure e operazioni.
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Gli ultimi due decenni del secolo scorso hanno visto il fenomeno -del tutto nuovo per l’Italia - di una fortissima immigrazione
da tutti i continenti, soprattutto dall’Africa e dall’Europa
dell’Est. Il Sodalizio si è preoccupato di queste nuove esigenze
sociali, e oggi le mense e i dormitori accolgono nella quasi totalità gente del Terzo Mondo.
Ma l’opera del Circolo non si esaurisce nelle Cucine e nemmeno nei dormitori. Il Circolo guarda avanti ai nuovi bisogni dell’uomo. L’ultima iniziativa è un “Hospice” specializzato nella
terapia del dolore per i malati terminali, e un centro polifunzionale che fornisce consulenze di carattere psicologico, giuridico
e amministrativo. Dalle iniziali 50 prestazioni si è passati oggi a
più di 1300 interventi.
Immigrati, disadattati, poveri nella civiltà dei consumi, ammalati terminali: sono queste le nuove frontiere del Circolo che si
avvicina a celebrare i 140 di vita.
Centoquaranta anni di vita: ma sempre sulla linea dello stesso
ideale. Quell’ideale che infiammò i pochi giovani di allora, in un
lontano aprile del 1869.
I Papi e il Circolo S. Pietro
Il Circolo S. Pietro ha lavorato sotto 11 pontefici dai quali ha ricevute molte attestazioni di stima e riconoscenza per l’opera svolta.
Ben quattro papi sono stati membri del Sodalizio: Benedetto XV,
Pio XI, Pio XII, Paolo VI.
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Palazzo Lancellotti ai Coronari,
In questa Sala fu fondato il Circolo S. Pietro
Le Mense del Circolo ai primi del Novecento
Il Circolo nell’Agro Romano
7 luglio 2005. Prima udienza del Papa Benedetto XVI al Circolo S. Pietro
Le Mense durante la Grande Guerra
1984, Anno Santo Straordinario della Redenzione
Giovanni Paolo II in preghiera nella Cappella
di S. Maria della Pietà al Colosseo
Il Circolo S.Pietro nacque nel 1869
sotto il Pontificato di Pio IX
LE OPERE DEL CIRCOLO
Commissione Cucine economiche
Istituita nel 1877 per espresso desiderio di Pio IX. Il Papa affidò
ai Soci del Circolo le pentole degli Zuavi perché “l’esercito dei
poveri - disse - non sarebbe mai mancato alla Chiesa”. Da quel
momento i pasti distribuiti dalle Cucine sono conosciuti come
“La minestra del Papa”.
Commissione per la carità del Papa
Nella diocesi di Roma da più di un secolo i Soci del Circolo, per
singolare privilegio, raccolgono l’obolo di S. Pietro nelle parrocchie romane, un Obolo che è segno dell’amore dei fedeli per la
carità personale del Papa
Commissione Asili Notturni
Istituita nel 1880, ospita persone senza fissa dimora. Nell’asilo notturno di via S. Maria in Cappella vengono accolti ogni anno circa
16 mila poveri.
Commissione Guardaroba
È dal 1890 che questa Commissione si preoccupa di offrire ai
bisognosi pacchi di indumenti, coperte e biancheria completamente nuovi.
Commissione Case Famiglia
Vengono ospitate ragazze non abbienti alle quali viene fornita assistenza morale e materiale. La prima “Casa” fu aperta nel 1911.
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Commissione aiuti internazionali
Il Circolo promuove iniziative per l’adozione a distanza e il
mantenimento di seminaristi in paesi lontani.
Commissione AVC S. Pietro
Dal 1998 un gruppo di soci è impegnato nell’assistenza sanitaria. Essi collaborano da quella data presso la clinica Sacro Cuore
dove, grazie all’intuizione e all’impegno profuso dalla
Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, è sorto un reparto per
l’assistenza ai malati terminali. Questa struttura è progressivamente cresciuta fino a diventare un Hospice per la terapia del
dolore e l’assistenza agli anziani fragili. A questa importante iniziativa i soci del Circolo assicurano, in base ad una convenzione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, il controllo
qualitativo e quantitativo del rispetto degli standard di eccellenza nell’assistenza.
Centro Polifunzionale
Dal febbraio 1999 è attivo il Centro di Ascolto che fornisce consulenze di carattere psicologico e amministrativo. Già nel 1896
il Circolo aveva dato vita alla “Commissione segretariato del
Popolo” per aiutare la gente inesperta a sbrigare le pratiche
burocratiche.
Servizi d’onore
Il Circolo dal 1988 partecipa alle celebrazioni presiedute dal
Santo Padre, accogliendo i fedeli per incarico della Prefettura
Pontificia.
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INDIRIZZI
Presidenza Piazza S. Calisto, 16
Tel. 06.6988.7264/ 06.5899.543 - Fax 06.6988.7168
www.circolosanpietro.org
e-mail: [email protected]
Commissione Cucine Economiche
Via della Lungaretta, 91/b - Tel. 06.5800.984
Via Mastro Giorgio, 37 - Tel. 06.5780.878
Via Adige, 11 - Tel. 06.8543.098
Commissione Asili Notturni
Via Santa Maria in Cappella, 6 - Tel. 06.5818.992
Commissione Case Famiglia
Via S. Giovanni in Laterano, 79 - Tel. 06.7045.0454/ 06.7000.916
Via della Lungaretta, 92 - Tel. 06.5806.005
Commissione Guardaroba
Commissione per la carità del Papa
Commissione Culto e Attività religiose
Commissione aiuti Internazionali
Commissione Circolo
Sezione Servizi d’onore
AVC S. Pietro
Piazza S. Calisto, 16 - Tel. 06.6988.7264
Centro Polifunzionale
Via Fidene, 30 - Tel. 06.7092.370
Le Opere del Circolo S.Pietro
sono sostenute con le quote dei Soci
e le offerte dei benefattori
Circolo S.Pietro
Conto Corrente Postale:
CC 35064005 – ABI 07601 – CAB 03200
Conto Corrente Bancario:
Banca Carige: ABI 6175 – CAB 03259 – CC 758.80
Commissione per la Carità del Papa
Conto Corrente Postale:
CC 49796006 – intestato a: Circolo S.Pietro - Obolo
Finito di stampare
nel mese di Gennaio 2007
Tipografia Cardoni s.a.s.
Via degli Scipioni, 35/b - 00192 Roma
Tel/Fax 0639725516
E-mail: [email protected]
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Copertina Cappellina 10-06