dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 n. 010 N° tribunale QUOTIDIANO GIOVANI 292/2010 del 22.6.2010 Curare le pene d’amore E’ in arrivo una pastiglia contro il mal d’amore. Ora il dubbio è… ma era proprio necessario? Spettacolo La risata trascinante di Michelle Hunziker a teatro 03 Abbasso l’omofobia Sono ancora troppi i pregiudizi e le violenze psicologiche (ma anche fisiche!) contro i gay. Tecnologia Alcuni videogiochi migliorano le capacità decisionali 05 Negli USA si va al bar… armati! Moda In Tennessee, Arizona, Georgia e Virginia sono state approvate una serie di leggi che permettono ai frequentatori dei bar di girare armati nei locali. I cagnolini non sono borsette! 07 Viaggi MTV New Generation Hit Week esporta la musica italiana e quest’anno, grazie al contributo di Mtv Italia e del Ministero della Gioventù, promuove anche artisti emergenti che possono avere un futuro. 12 Vienna e le sue meraviglie, tra castelli e passato dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 n. pag. E 010 002 ditoriale Buon inizio di settimana a tutti! Il lunedì, si sa, è una giornata un po’ pesante… Che inventino anche una pillola contro il lunedì?! Eh sì perché, come leggerete all’interno di questo nuovo numero, è stata brevettata (e presto sarà disponibile) una medicina contro le sofferenze amorose. Questo quindi non ci impedisce di immaginare fin dove si possa arrivare ad alleviare i “traumi”. A seguire un’interessante inchiesta su quanto ancora sia diffusa l’omofobia nel mondo. Qui la storia, nello specifico, è quella di un ragazzo che in America è arrivato al suicidio. Ma purtroppo la storia – altrove – non cambia. E poi… rilassiamoci un po’ con le curiosità e le novità, con le ultime tendenze e con i viaggi. Perché la settimana è lunga e il nostro intento è quello di farvela trascorrere, almeno per il tempo della lettura di Quotidiano Giovani, nel modo più piacevole. A domani Lo staff di Quotidiano Giovani dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 a pprofondimento n. pag. 010 003 Curare le pene d’amore foto fonte internet di Paola De Stefano Anna Karenina avrebbe avuto un futuro senza dubbio migliore se solo avesse vissuto ai giorni d’oggi. Il suo romantico mal d’amore le sue insicurezze struggenti e gelosie dannate sarebbero potute essere meno dolorose e più sopportabili semplicemente ingerendo una pillola. Eh si, non è follia, è medicina! E’ in arrivo in Italia (tra circa 3 mesi) una pastiglia contro il mal d’amore il cui nome - non troppo fantasioso a dire il vero - è Amorex. Si tratta di un farmaco prodotto dalla Coropharm già in vendita in alcuni paesi europei, nato dall’estrazione e lavorazione di una sostanza presente in un albero della Costa D’avorio. Ciò in parte giustificherebbe la nostra invidia nei confronti di quel paese africano, che sebbene abbia come tutti i paesi i propri grandi problemi, almeno a livello amoroso sembra essere molto più rilassato. Poiché la notizia ha in sé dello sconvolgente, l’annuncio ha dato il via ad una serie di accesi dibattiti e discussioni sui ‘pro’ e sui ‘contro’ dell’uso di questo consolante farmaco, sia da un punto di vista scientifico che da un punto di vista morale. Per Vincenzo Cuomo della facoltà di farmacia dell’Università La Sapienza di Roma, l’Amorex è esattamente come tutti gli antidepressivi di base: agirebbe cioè a livello dei neurotrasmettitori, consentendo quindi una corretta regolazione dei valori della serotonina (l’ormone che regola l’umore). La casa farmaceutica produttrice Coropharm, invece, sostiene che Amorex sia un farmaco naturale, tanto da poter essere venduto senza presentazione di una ricetta medica. A livello morale poi ci sono altre mille implicazioni… ad esempio ci si chiede se sia giusto o meno imparare ad affrontare autonomamente le delusioni amorose. L’amore è la spinta principale del vivere (qualsiasi tipo d’amore) ed è chiaro che se ci si trova di fronte alla triste esperienza di una perdita si avrà a che fare con una serie di dolori, rimorsi, rimpianti che facilmente determineranno una depressione. Di fronte a ciò, c’è chi questo dolore proprio non riesce a sopportarlo perché si comincia a perdere l’appetito, la vitalità, l’entusiasmo. Ma c’è anche chi, invece, riesce con le proprie forze a venirne fuori, fino a trarne qualcosa di buono. Ovviamente non è solo questione di avere più o meno un buon carattere, ma è soprattutto questione del tipo di vissuto che si ha e del proprio intimo carico emozionale. D’amore non si muore. Nei casi “gravi” si può desiderare la morte (fino all’estremo gesto di provocarla), ma questo continua a pag.4 dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 a pprofondimento n. pag. 010 004 segue da pag.3 va considerato come causa di una qualche depressione insita che nasce da motivazioni molto più profonde ed inconsce. L’abbandono potrebbe, in sostanza, essere niente altro che una goccia che fa traboccare un vaso già colmo. Allora l’uso di un antidepressivo avrà i suoi effetti curativi ragionevoli e la prescrizione sarà fatta da medici specializzati. Non è per spirito masochista che talvolta si affermano frasi come “il dolore rafforza” o “dal dolore si impara”, semmai è per spirito d’allenamento. Le delusioni nella vita ne capitano a frotte e, almeno fino ad oggi, non esiste una pillola per superarle tutte: non ce ne è una in grado di superare un lutto, né una che aiuti a sopportare la perdita di un lavoro o la delusione per un esame andato male. Tocca prima di tutto a noi imparare ad affrontare questi problemi, e se proprio non si sostiene il peso e l’effetto che ci provocano si può tentare il ricorso ad espedienti, come il confidarsi con amici, fino ad arrivare a consultare un esperto. Immaginiamo due fidanzati seduti in un bar. Lui imbarazzato guarda per terra e comincia a parlare: “Non ti amo più, non sento più le farfalle nello stomaco, credo che dobbiamo lasciarci”. Lei, dall’altro lato del tavolo lo guarda, e con aria calma risponde: “Va bene, ma ora che ce ne andiamo mi lasceresti davanti ad una farmacia che devo comprare Amorex ?” Ammettiamolo: un po’ di (brutto) effetto lo fa! Voi che ne dite? Dite la vostra a [email protected] foto fonte internet Per capire meglio: Anna Karenina è un romanzo di Lev Tolstoj che fu pubblicato per la prima volta nel 1877. Il romanzo è suddiviso in otto parti. Centro della vicenda è la tragica passione di Anna, sposata senza amore a un alto funzionario, per il brillante ma superficiale Vronskij. Parallelo a questo amore infelice è quello felice di Kitty per Levin, un personaggio scontroso e tormentato al quale Tolstoj ha fornito i propri tratti. Anna Karenina parla dell’unico reale problema dell’umo. Oggi come due secoli fa. Come può perdurare l’amore? Tutto quello che occupa le nostre vite, dai problemi politici alle piccole incombenze di tutti i giorni, non è altro che una via molto lunga per capire come amare ed essere amati. dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 I nchiesta n. pag. 010 005 Studente si uccide perché è gay foto fonte internet di Melania Tarquini Essere gay non sempre è semplice, e non tanto perché non ci si accetti ma perché il timore (il più delle volte purtroppo confermato) che gli altri non capiscano il disagio, la scelta e l’inclinazione sessuale che si vive spesso paralizza e induce chi è omosessuale a nascondere la verità, a far finta di nulla davanti alle persone più care, custodendo un segreto pesante che col tempo può diventare un macigno e risultare talmente ingombrante da non consentire a chi lo porta di vivere dignitosamente. E allora l’unica via di scampo è farla finita, perché quando la naturale differenza tra gli uomini diventa un braccio di ferro all’ultimo sangue, allora si creano degli strappi che difficilmente si potranno rimarginare. E ogni volta il conflitto tra chi cerca di aprirsi alla diversità e chi invece rimane fermo sulle proprie tradizionali convinzioni è sempre più intenso e crudele. Chiaramente, e per fortuna, non tutti i casi sono uguali e questa realtà è una delle tante che si possono verificare. Abbiamo deciso di dare voce a questa perché è molto attuale e ci permette di parlare di Tyler Clementi, uno studente diciottenne della Rutgers University (New Jersey) che si è suicidato buttandosi da un ponte nel fiume Hudson: il ragazzo si è tolto la vita perché non ha retto alla vergogna quando il video del suo incontro omosessuale, peraltro registrato a tradimento dal suo compagno di stanza, è stato pubblicato su Twitter. “Il mio collega mi ha chiesto la camera libera sino a mezzanotte. Ho preso la webcam nella stanza di Molli e l’ho visto mentre baciava un altro ragazzo”, scriveva sul suo profilo Dharun Ravi, il compagno di stanza che insieme a Molli Wei si è arrogato il diritto di intromettersi nella vita privata di Tyler e di rubargli la dignità. Tyler, colto e sensibile, promettente violinista all’orchestra sinfonica dell’Università, probabilmente non era pronto a tutto il chiacchiericcio su di lui e prima di suicidarsi è proprio sulla sua pagina di Facebook che ha lasciato il suo ultimo messaggio, tristemente vero. Alle 20.42 del 22 settembre Tyler scrive: “Salto dal ponte George Washington, scusatemi”. La storia di questo giovane ragazzo ha colpito moltissimo gli Stati Uniti, tanto da guadagnarsi la prima pagina dei giornali più autorevoli e sicuramente il caso non sarà archiviato con la leggerezza con la quale si perdona una bravata giovanile. Per i due responsabili delle riprese le cose non si mettono affatto bene: sono stati incriminati per invasione della privacy e rischiano cinque anni di carcere. Indubbiamente il caso fa riflettere perché mostra, ancora una volta, come i giovani possano e sappiano essere crudeli tra di loro e invece di mostrarsi solidali, perché condividono speranze, sogni e progetti, si fanno la guerra. Ma forse sono proprio la mancanza di condivisione e la chiusura all’altro a generare ostilità: quando le scelte si allontanano dal sentire comune, quello nel quale ci riconosciamo e ci barrichiamo perché è più semplice; quando il conoscente, il compagno o l’amico ci mettono di fronte a una realtà scomoda, che non vogliamo e non tentiamo di comprendere, allora è più facile beffeggiare e mettere a tacere il buon senso. Tyler ha pagato a caro prezzo la libertà di vivere la sua vita, non pensate? La situazione, delicata anche in Italia, coinvolge moltissimi giovani ragazzi, ma come si può evitare tutta questa diffidenza? Aiutateci a capire. Scriveteci la vostra opinione a [email protected] foto fonte internet dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 C ronaca n. pag. 010 006 Nobel per la pace al dissidente cinese di Giuseppe Procida È stato assegnato a Liu Xiaobo il Nobel per la pace 2010. L’importante riconoscimento va a uno dei più accesi sostenitori dei diritti umani e civili che, per questo, è stato condannato dal governo cinese a 11 anni di reclusione nel 2009. Si tratta di una scelta destinata a fare polemica, e infatti pronta è arrivata la risposta di Pechino che giudica questa decisione “un’oscenità” Liu Xiaobo foto fonte internet e “contraria ai principi del premio”.Testimonianze dalla Cina affermano che la polizia ha immediatamente raggiunto la moglie di Xiaobo per impedirle di rilasciare dichiarazioni ai giornalisti, subito accalcatisi davanti alla sua abitazione. All’annuncio dell’assegnazione del premio al dissidente cinese, sono state prontamente oscurate le trasmissioni della Bbc e della Cnn. Era trapelato già prima della dichiarazione ufficiale del Comitato norvegese che assegna i Nobel che si sarebbe trattato di “una scelta da difendere”, proprio come avvenuto con Obama lo scorso anno. Tra le motivazioni che hanno indirizzato verso questa scelta il comitato di Oslo la convinzione che Liu Xiaobo rappresenti “il simbolo della campagna per il rispetto e per l’applicazione dei dritti fondamentali” in Cina. “C’è una connessione tra diritti umani e pace nel mondo – si legge nelle motivazioni – Durante gli ultimi decenni la Cina ha fatto enormi progressi economici, forse unici al mondo e molte persone sono state sollevate dalla povertà. Il Paese ha raggiunto un nuovo status che implica maggiore responsabilità nella scena internazionale, che riguarda anche i diritti politici. L’articolo 35 della Costituzione cinese stabilisce che i cittadini godono delle libertà di associazione, di assemblea, di manifestazione e di discorso, ma queste libertà in realtà non vengono messe in pratica”. Il neo premio Nobel, attualmente in carcere per “istigazione alla sovversione”, è accusato di essere tra i promotori di Carta08, un documento che auspica l’affermazione della democrazia in Cina, firmato da numerosi intellettuali. Liu in realtà inizia oltre vent’anni fa la battaglia per i diritti nel suo Paese. Nel 1989, lui giovane professore universitario di letteratura, fu tra coloro che si schierarono con il movimento studentesco, partecipando agli scioperi della fame e alle manifestazioni. Era presente a Piazza Tienanmen quando ci fu la repressione dell’esercito che costò la vita a centinaia di giovani. Arrestato come “controrivoluzionario” rimase in carcere per 18 mesi. Nuovamente condannato nel 1991 per “propaganda e istigazione controrivoluzionarie”, fu arrestato ancora nel 1995 e condannato a tre anni in un “campo di rieducazione attraverso il lavoro” per aver criticato il governo. Scontata la pena ha sempre continuato la sua battaglia politica attraverso la pubblicazione di saggi e articoli, diffusi prevalentemente all’estero ma che riuscivano ad entrare clandestinamente anche in patria. Proprio per questo è diventato negli anni il punto di riferimento dei dissidenti cinesi e degli attivisti dei gruppi internazionali per i diritti umani. Messaggi di solidarietà nei suoi confronti non sono mancati - a partire da Barack Obama che chiede la sua liberazione: appello prontamente sottoscritto da mezzo mondo! Compiacimento esprime anche il Dalai Lama, altro “dissidente” cinese, che ritiene il premio Nobel a Liu Xiaobo “il riconoscimento della comunità internazionale all’innalzamento della voce del popolo cinese”. Altrettanto entusiasmo manifestano organizzazioni come ‘Reporter senza Frontiere’, ‘Amnesty International’ e ‘Human Rights Watch’. dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 E stero News n. pag. 010 007 USA, armi anche nei bar in 22 stati di Giuseppe Bentivegna Uno dei luoghi comuni legati agli stili di vita “made in USA” è quello relativo all’estrema facilità nel procurarsi armi da fuoco. La familiarità del popolo statunitense con il mondo delle armi sembra essere testimoniata da una notizia apparsa sul “New York Times”, che riporta come Tennessee, Arizona, Georgia e Virginia abbiano approvato da pochi giorni una serie di leggi che permettono ai frequentatori dei bar di girare armati nei locali, ricordando inoltre che in altri diciotto stati è già consentito portare armi all’interno di ristoranti dove vengono offerte bevande alcoliche. Le nuove norme sui bar arrivano all’indomani di due storiche sentenze della Corte Suprema, che ha riconosciuto il diritto dell’individuo - senza necessità di fare riferimento a una forza che osserva norme e regole stabilite e precise - di possedere un’arma carica per l’autodifesa. Secondo gli analisti citati dal giornale americano, l’approvazione di queste norme non è che l’ultimo capitolo di un dibattito in corso nel paese, dove la lobby delle armi preme (stato dopo stato) per espandere la presenza delle armi nella vita di tutti i giorni. Le sentenze, relative ai casi sollevati a Washington e Chicago, hanno rafforzato la posizione degli avvocati che si battono in tutto il paese per estendere il diritto al porto d’armi. In questo momento sono oltre 250 le cause avviate per contestare norme in vigore. Per Curry Todd (rappresentante di stato del partito repubblicano),che per primo ha introdotto la legge, l’obiettivo fondamentale della nuova regolamentazione è quello di permettere ai cittadini di difendersi da soli anche quando vanno a mangiare una pizza o a bere un drink. foto fonte internet foto fonte internet Tuttavia, come prevedibile, non sono mancate le polemiche all’entrata in vigore di queste leggi: le diverse associazioni contro la diffusione delle armi si sono dette molto preoccupate per il pericoloso mix di alcool e pistole. “Molti stati per diverso tempo non hanno sentito il bisogno di dire cosa si poteva o non poteva fare - ha dichiarato Paul Helmke, presidente della ‘Brady Campaign to End Gun Violence’, un’associazione per la prevenzione della violenza provocata da armi da fuoco - ma ora il comportamento della lobby delle armi è cambiato… vuole consentire agli americani di portare armi ovunque”. Anche se la nuova legge permette ai gestori di bar e ristoranti di proibire le armi nei loro locali, la maggior parte degli esercenti preferisce non esporre nessun divieto per paura di perdere clienti e considera la nuova situazione molto pericolosa. Per capire quanto oltre si spingano i sostenitori del revolver, basta prendere in esame quanto sta avvenendo nella patria dei repubblicani americani: il Texas. Qui, il governatore repubblicano Rick Perry è arrivato a proporre di legalizzare il porto d’armi anche nei campus universitari. Perry ha sostenuto questa teoria in risposta alla sparatoria avvenuta la scorsa settimana nella University of Texas, ad Austin. Secondo Rick Perry infatti, se gli studenti avessero avuto a disposizione armi da fuoco, avrebbero potuto fermare l’aggressore aprendo il fuoco. Sembra quasi che il “Far West” e gli scenari alla “Mezzogiorno di fuoco” siano tutt’altro che usciti dall’immaginario collettivo di buona parte del popolo USA. dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 V ita da Giovani n. 010 pag. 008 Gli adolescenti vorrebbero essere sgridati di più! foto fonte internet di Melania Tarquini Può sembrare strano eppure i dati di un recente sondaggio, promosso dalla società italiana di pediatria, parlano chiaro: i ragazzi di oggi lamentano l’assenteismo dei genitori e sebbene approfittino molto volentieri del rapporto familiare sempre più ‘friendly’, dall’altro vorrebbero essere sgridati un po’ di più. Gli anni dai 12 ai 14 sembrano quelli più complicati da gestire per i genitori del 2010 poiché il loro potere decisionale cala improvvisamente quando alle giovani adolescenti spuntano le prime forme e ai maschietti cambia la voce. I ragazzi non accettano suggerimenti e appena possono si rendono indipendenti, anche semplicemente evitando di chiedere ai genitori consigli sull’abbigliamento, sullo sport o indicazioni di vita. E i genitori molto spesso non reagiscono con determinazione, alzando la voce e intonando “e qui comando io, e questa è casa mia” (come si faceva un tempo), piuttosto giorno dopo giorno perdono autorevolezza… e la marcata linea di confine che separa genitori e figli si fa sempre più sottile, fino a scomparire. Si prova a trattare, in un continuo e forse poco corretto tentativo di evitare lo scontro. Sono gli amici la spalla principale sulla quale appoggiarsi e sempre loro quelli che riescono a condizionare pensieri e abitudini, di certo non i genitori: loro sono “out” e certe cose non le capiscono perché sono di un’altra generazione, ma sono anche molto furbi perché ai loro tempi hanno vissuto le loro esperienze e ora invece rompono le uova nel paniere ai loro giovani eredi. Questo, probabilmente, il pensiero principale degli adolescenti di oggi. Solo il 34% degli intervistati si rifugia tra le braccia materne se ha un problema, mentre il 14% sceglie il padre per parlare e solo il misero 2% elegge gli insegnanti a intimi confidenti. foto fonte internet Il 50% si affida alla comprensione degli amici, ritenendola migliore di quella che potrebbe offrire un familiare. Le percentuali non lasciano molti dubbi sull’attuale grado di emancipazione dei giovani, eppure i ragazzi non sono affatto contenti di aver tagliato il cordone ombelicale: il 40% vorrebbe essere condizionato dai pareri dei genitori e sente la mancanza della loro guida, attenta e amorevole. Paradossalmente, è proprio l’autogoverno a creare crisi e disturbi: “Siamo di fronte a un fenomeno nuovissimo: la precocizzazione dell’esperienza - osserva lo psicoterapeuta Matteo Lancini, autore di “Cent’anni di adolescenza” (in uscita da FrancoAngeli editore) - Viviamo in una cultura che teorizza i bambini come ‘personcine’ autosufficienti, simili ai ‘grandi’. A questo contribuiscono le moderne tecnologie, da Facebook a YouTube, che incrementano la socializzazione incontrollata, e la tivù che propone, sempre più di frequente, modelli di teenagers simili a trentenni in miniatura”. Difficile, naturalmente, per i genitori reggere il cambiamento repentino dei loro piccoli: il giorno prima cuccioli indifesi e il giorno dopo adolescenti incalliti. Il ruolo del nucleo d’origine però rimane fondamentale poiché, secondo la psicoanalista dell’adolescenza Eugenia Pelanda, la colpa è anche un po’ dei genitori: “La responsabilità è della cosiddetta famiglia non prescrittiva che ha eliminato ogni tipo di conflitto, con gli adulti pronti all’empatia e non alla contrapposizione. Sembra una conquista ma c’è un risvolto negativo. I ragazzi sono molto più fragili perché non si misurano con nessun divieto e sono sregolati in quanto nessuno ha più un ruolo per imporre le regole. Un tempo attaccavano gli altri: oggi se stessi”. E voi che ne pensate? Sentite la mancanza di una presenza più costante e attenta da parte dei vostri genitori o gioite per la loro filosofia ‘free’? Se anche voi non credete nell’efficacia del braccio di ferro generazionale o se al contrario proprio non riuscite a trovare un punto di accordo con i vostri genitori, scriveteci a [email protected] dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 A mbiente n. pag. 010 009 Sono 400 le vittime dell’avvelenamento da piombo in Nigeria di Giuseppe Bentivegna foto fonte internet Una strage. E’ questo l’unico termine utile a descrivere quanto accaduto in Nigeria dove, a causa dell’avvelenamento da piombo, sono almeno 400 i bambini morti negli ultimi sei mesi nel nord del Paese. L’avvelenamento da piombo (definito anche saturnismo) oltre ad aver causato la morte di centinaia di giovanissimi nigeriani, ha intossicato almeno 18mila persone. Altre decine di bambini, quasi tutti sotto i cinque anni, sono diventati ciechi, sordi o hanno avuto problemi al sistema cerebrale o a quello muscolare. Il saturnismo è spesso letale per i più piccoli, mentre negli adulti produce problemi a lungo termine come sterilità, insufficienza renale e la possibilità che nascano figli già deceduti. Una tragedia, quella che continua ormai da mesi a mietere vittime nel cuore dell’Africa più povera, causata dalla rudimentale “caccia all’oro” degli abitanti dei villaggi del nord, obbligati dalla mancanza di macchinari adeguati a usare mani e strumenti artigianali per scavare alla ricerca del prezioso metallo nelle aree minerarie della zona, diminuendo il livello di sicurezza e permettendo alle polveri di piombo contenute nelle rocce di spargersi nei villaggi dell’area. A lanciare l’allarme è stato un responsabile dell’organizzazione Medici senza frontiere (Msf), El Shafii Muhammed Ahmad : “oltre 400 bambini sono morti negli ultimi mesi avvelenati dal piombo nello Stato di Zamfara”, ha dichiarato Ahmad, coordinatore di Msf ad Anka. Tuttavia, secondo i responsabili di Msf, il numero delle vittime rischia di essere molto più elevato, considerato che numerosi casi di contaminazione da piombo non sono stati censiti in quanto non individuati come tali dalle comunità colpite. L’ONU è già intervenuta e le autorità locali sono state avvertite lo scorso marzo, quando i bambini dei villaggi di Bukkuyum e Anka hanno iniziato a soffrire di convulsioni e morire. Inizialmente si era pensato a malaria o meningite, ma le analisi del sangue e del terreno hanno mostrato un’altissima concentrazione di piombo, liberata dalla ricerca dell’oro tra le rocce. L’estrazione dell’oro è stata proibita e ora le autorità affermano che la situazione è sotto controllo, anche se ogni settimana vengono rilevati nuovi casi di avvelenamento da piombo. Medici Senza Frontiere ha recentemente trovato quantità pericolose di piombo in altri due villaggi, e si pensa che gli infettati siano più di 30mila. Il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie degli Stati Uniti, che ha condotto uno studio preliminare sulle morti, ha detto che l’entità del problema “non ha precedenti negli studi che il Centro ha portato avanti in tutto il mondo”. Secondo TerraGraphics, la società di ingegneria per l’ambiente che si sta movimentando con le operazioni di pulizia del terreno, solo quest’anno sono morte più persone di saturnismo a Zamfara che in tutto il mondo negli ultimi quarant’anni. Nel tentativo di porre fine a questa vera e propria ecatombe, le Nazioni Unite hanno incaricato una squadra di cinque esperti inviata ad Abuja, e appoggiata da quattro specialisti delle emergenze ambientali dei Paesi Bassi, per raccogliere campioni del suolo e delle acque. Le analisi, andate avanti per qualche settimana e che si concluderanno nei prossimi giorni, serviranno a determinare le dimensioni della crisi e a elaborare una risposta che si spera rapida ed efficace. foto fonte internet dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 S pettacolo n. pag. 010 010 A Michelle scappa da ridere a teatro di Melania Tarquini La biondissima Michelle Hunzicher torna sul palcoscenico e lo fa con la simpatia e la contagiosa allegria che da sempre la contraddistinguono. Michelle si cimenta in “Mi scappa da ridere”, uno spettacolo teatrale tutto al femminile, dove protagonista assoluta è la foto fonte internet risata: quella che non si riesce a trattenere, quella che arriva nei momenti inaspettati, quella che aiuta a superare i momenti difficili e che sdrammatizza le sofferenze più dolorose. “La risata è il mio mantra - dice lei - una formuletta magica, il bidibi bodibi bu che spalanca le porte”. Il suo approccio alla vita arriva sul palcoscenico senza troppa timidezza e si lascia interpretare e apprezzare dal pubblico in maniera ironica e leggera. Michelle non si vergogna di mostrare i lati più nascosti e in un mix di sensualità, immaginazione, fantasia e passionalità, si concede agli spettatori al naturale. Approfitta anche delle numerose tecnologie visuali per regale allo show una resa scenica coinvolgente e intrigante. “Mi scappa da ridere”, con questo titolo-confessione, che già di per sé induce alla risata, la poliedrica artista girerà l’Italia, energica e frizzante come sempre. E non sarà sola sul palco poiché il famoso Mago Forest l’accompagnerà interpretando un personaggio dissacrante e critico, a metà strada tra il Grillo Parlante e lo Stregatto. E poi ci saranno anche la musica e il ballo per lei, in un gioco di proiezioni e ologrammi. Il 15 ottobre lo show debutterà al teatro Politeama di Genova e poi proseguirà in un balletto di date che coinvolgeranno le più famose città italiane. A novembre “Mi scappa da ridere” andrà in scena dal 3 a La Spezia (Teatro Civio); dall’8 a Lugano (Palacongressi); dal 12 a Reggio Emilia (Teatro Vall); dal 18 a Brescia (Palabrescia); dal 20 a Padova (Granteatro) e dal 23 a Bologna (Teatro delle Celebrazioni). Dal primo dicembre, invece, ad Alessandria al Teatro Comunale e dal 9 dello stesso mese al teatro Smeraldo di Milano. Ma nel 2011 lo show proseguirà. Dal punto di vista tecnico impossibile non menzionare i professionisti che hanno collaborato alla riuscita di questo spettacolo: scritto da Riccardo Cassini, Francesco Freyrie, Piero Guerrera, Giampiero Solari ed ovviamente dalla stessa Michelle, la regia è di Giampiero Solari. Le coreografie sono di Bill Goodson e le musiche di Leonardo De Amicis. “Mi scappa da ridere” ha impianto scenico e luci di Marcello Jazzetti e regia video di Cristina Redini. Michelle non è nuova al teatro e già nei precedenti show ha mostrato grinta e professionalità, dimostrando di essere un’artista completa. Per lei nessuna forma d’arte è un tabù: sa recitare, cantare, ballare, imitare e, soprattutto… sa fare tutto questo con la leggerezza di chi non si prende troppo sul serio. Non è la solita vamp! La ricordiamo nel 2005 protagonista del musical “Tutti insieme appassionatamente” (lo spettacolo ha registrato ben 60.000 presenze) e poi nel 2007 splendida interprete nel musical “Cabaret”. In entrambi i casi la collaborazione è stata con la famosa Compagnia della Rancia, sempre diretta da Saverio Marconi. A chi il 15 ottobre sarà a Genova - viste le ottime premesse - consigliamo di correre al botteghino e comprare un biglietto perché si sa… dove c’è Michelle c’è allegria, e stavolta si riderà molto, ne siamo certi! dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 n. C pag. inema 010 011 Lo zio Boonmee che si ricorda delle vite precedenti di Tania Marrazzo foto fonte internet Nel corso della 63° edizione del Festival di Cannes non ci sono stati molti dubbi su chi meritasse la Palma d’oro come miglior film: “Lo zio Boonmee che si ricorda delle vite precedenti” ha colpito immediatamente i membri della giuria, ma ha diviso critica e pubblico suscitando non poche perplessità. Dietro la macchina da presa il thailandese Apichatpong Weerasethakul, conosciuto anche al di fuori del contesto cinematografico per le sue opere artistiche (costituite in particolar modo da videoinstallazioni). Questa sua ultima pellicola rientra nel Primitive Project: un ampio progetto volto alla valorizzazione del tema della memoria, realizzato insieme ad alcuni adolescenti del villaggio di Nabua - situato nella provincia di Isan nel nordest della Thailandia. Oltre che regista, Weerasethakul è anche autore della sceneggiatura e del soggetto, ispirato ad un libretto intitolato “Un uomo che ricorda le sue vite precedenti” pubblicato da un monaco che sembra abbia effettivamente incontrato il vero zio Boonmee, insieme a tutta un’altra serie di individui che avevano vissuto esperienze simili. La trama è interamente incentrata sugli ultimi giorni di vita di Boonmee (Thanapat Saisaymar), un uomo malato di insufficienza renale cronica, che sentendosi prossimo alla morte decide di trascorrere il poco tempo rimastogli in una casa di campagna insieme alla cognata e al nipote. A fargli compagnia arriveranno ben presto anche il fantasma della moglie defunta Huay (Nattakarn Aphaiwonk) e lo spirito del figlio Boonsong (Geerasak Kullhong), scomparso in circostanze misteriose molti anni addietro. Consapevole delle sue condizione, Boonmee passa i giorni riflettendo su se stesso e sulla propria esistenza; cerca di ricongiungersi con le sue vite passate attraverso la comunione con la natura; attraversa quindi la giungla e si reca in un’oscura caverna. “Lo zio Boonmee che si ricorda delle vite precedenti” è un film insolito, il risultato di una scelta coraggiosa da parte di un regista che va controcorrente proponendo un’opera che è quasi un ritorno al cinema delle origini e che fa frequentemente uso di inquadrature statiche, in campo medio, dentro le quali però succede di tutto. La stessa scelta di ricorrere ad attori non professionisti (Thanapat Saisaymar e Nattakarn Aphaiwonk sono nella realtà un operaio edile e una cantante), che recitano in maniera quasi meccanica, sono un modo per ricreare lo stile del cinema nascente. Weerasethakul espone il suo personale senso della trasmigrazione buddista attraverso i viaggi consci e inconsci di Boonmee. Ma chi è stato davvero Boonmee? Una donna, un soldato, un pesce gatto, un’ape, un bisonte, una mucca, un albero, uno spirito, una scimmia… Solo ripercorrendo le vite passate l’uomo potrà trascendere se stesso ed entrare in contatto con tutti i corpi che il suo essere ha abitato e finalmente prepararsi per la rinascita in una nuova entità fisica. Ma il cammino che porta alla reincarnazione è tortuoso, arduo da comprendere per uno spettatore esterno, e sebbene il regista favorisca il processo di identificazione con il protagonista, alla fine ci si sente smarriti e lontani dalle vicende di Boonmee. USCITA CINEMA: 15/10/2010 REGIA: Apichatpong Weerasethakul SCENEGGIATURA: Apichatpong Weerasethakul ATTORI: Wallapa Mongkolprasert, Vien Pimdee, Thanapat Saisaymar, Sumit Suebsee, Samud Kugasang, Sakda Kaewbuadee, Natthakarn Aphaiwonk, Kanokporn Thongaram, Jenjira Pongpas, Geerasak Kulhong FOTOGRAFIA: Sayombhu Mukdeeprom, Yukontorn Mingmongkon, Charin Pengpanich MONTAGGIO: Lee Chatametikool MUSICHE: Koichi Shimizu, Akritchalerm Kalayanamitr PRODUZIONE: llumination Films/Past Lives Productions, Kick the Machine Films DISTRIBUZIONE: BIM PAESE: Gran Bretagna, Thailandia, Germania, Francia, Spagna 2010 GENERE: Drammatico, Commedia DURATA: 113 Min. FORMATO: Colore 1:1.85 SOGGETO: Apichatpong Weerasethakul dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 n. M usica pag. 010 012 Hit week:un sogno americano per la musica italiana di Lorenzo Quilici Un grande Festival di musica italiana in America. Dieci giorni di esibizioni live, in 8 location. New York e Los Angeles saranno due tra le più importanti città del mondo e un contest per suonare oltre oceano sul palco con i migliori artisti della nostra Penisola. Questi sono gli ingredienti di Mtv New Generation Contest Hit Week. Mtv Italia, con il ministro della Gioventù e Hit Week, per tutta l’estate hanno dato la possibilità a tanti giovani musicisti italiani di candidarsi per esibirsi all’Hit Week Festival che si sta tenendo in questi giorni a New York e Los Angeles e - dopo una lunga selezione - finalmente una giuria di esperti ha decretato i due vincitori: sono le band Thank You For The Drum Machine e My Awesome Mixtape. Più di 800 le band che hanno partecipato alle selezioni di Mtv New Generation Contest Hit Week attraverso il quale Mtv Italia, il ministero della Gioventù e Hit Week hanno voluto aiutare giovani talenti ad avere spazio e visibilità all’interno di grandi eventi italiani ed internazionali, perché la musica continui ad essere una delle colonne portanti dell’arte in Italia e perché sempre più giovani riescano a realizzare i propri sogni. “Crediamo che la musica - commenta il ministro Giorgia Meloni - assieme al talento giovanile, sia uno dei patrimoni nazionali più importanti. Per questo abbiamo voluto dare alle giovani promesse musicali italiane l’opportunità di esibirsi di fronte ad un grande pubblico, su due dei più prestigiosi palcoscenici mondiali e in compagnia di artisti di fama internazionale, sicuri che sapranno farsi valere” Per rendere tale ribalta davvero importante per le band musicali che partecipano all’evento è stato siglato un protocollo d’intesa dal Governo Italiano, attraverso il ministero dello Sviluppo Economico, con l’Istituto per il Commercio Estero di Los Angeles, in base al quale all’esibizione di questi ragazzi assisteranno 100 produttori provenienti dal nord America e dall’America Latina, che avranno così modo di ascoltare dal vivo ciò che di meglio può offrire oggi il panorama della giovane musica emergente italiana. Il ministero della Gioventù, da parte sua, si attiverà per far pervenire ai produttori anche il cd musicale con le esibizioni delle prime 16 giovani band classificate dell’Mtv new generation contest Hit Week. Saper valorizzare il talento della gioventù, secondo il ministro Giorgia Meloni, significa avere fiducia nelle nuove generazioni e dimostrare di voler davvero investire nel futuro. Antonio Campo Dall’Orto - Presidente di Mtv Italia dichiara: “È sempre stato un nostro privilegio, oltre che nostra missione, poter provare in ogni modo a dar voce ai ragazzi affinché possano far emergere il loro talento e seguire le proprie ambizioni e passioni. Questi sono i motivi tanto semplici quanto chiari che ci hanno immediatamente trovato vicini a questa iniziativa che apprezziamo per la volontà concreta di guardare al domani”. La forte volontà nel mettere in moto questa iniziativa per il mondo giovanile, sottolinea l’ideatore di Hit Week Francesco Del Maro, ha una serie di significati: da un lato puntare concretamente sul futuro così ben rappresentato da tutte le band partecipanti, e dall’altro vuole essere un chiaro esempio di come con la dedizione e la passione sia ancora possibile realizzare i propri desideri. Per il secondo anno consecutivo Hit Week esporta la musica italiana all’estero attraverso diversi concerti sparsi in molte location americane e quest’anno, grazie al contributo di Mtv Italia e del ministero della Gioventù, fa un passo in avanti promuovendo non solo la musica italiana già conosciuta, ma anche band e artisti emergenti che possono avere un futuro in ambito artistico. Ora tocca ai nostri giovani artisti trovare le note giuste per la via del successo. foto fonte internet dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 n. C pag. uriosità dal web 010 013 Armadi vuoti e vestiti spray di Ivana Piazza foto fonte internet Immaginate i vostri armadi vuoti, i vestiti spariti e al loro posto delle semplicissime bombolette spray… No, non sto impazzendo, sto soltanto immaginando un possibile scenario futuro fatto di “vestiti spray”. E non mi riferisco a fantascienza o magia: si tratta della nuova tecnica sviluppata dal designer spagnolo Manel Torres, PhD presso il dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Imperial College di Londra, ex-studente del Royal College of Art e fondatore della Fabrican LTD (un’azienda che collabora da circa dieci anni con Paul Luckham, professore di tecnologia delle particelle all’Imperial College). Con questa nuova tecnologia, un semplice spruzzo di un particolare spray sul corpo permette di disegnare sulla pelle un modello di t-shirt che, quasi istantaneamente, si trasforma in tessuto vero e proprio, lavabile e riutilizzabile. Lo spray, “sparato” addosso con una sorta di aerografo, forma sul corpo una patina elastica simile al feltro che, senza cuciture, aderisce perfettamente alla pelle. “Quando ho iniziato a lavorare a questo progetto - spiega il designer-inventore - volevo soltanto creare qualcosa di futuristico, senza cuciture e comodo. Ma le mie ricerche in questa direzione sono finite con il ritornare ai principi costruttivi delle stoffe più antiche, come il feltro, le cui fibre si combinano senza bisogno di essere tessute o cucite”. La composizione dello spray è data da un misto di fibre di cotone e di polimeri, mischiate con un solvente che evapora dopo lo spruzzo, ma prima che il materiale si depositi sulla pelle, permettendo così alla miscela di solidificarsi. Le fibre di cotone possono essere facilmente sostituite con altri materiali naturali, come per esempio la lana o il lino. La nuova tecnica è ancora in fase di progettazione e probabilmente dovremo attendere anni prima di vederla in commercio, ma l’applicazione si preannuncia di grande impatto, non solo nel mondo della moda e del fashion, ma anche in altri ambiti, come quello chimico e medico. In un’intervista, Torres parla della possibilità di produrre garze presterilizzate intrise di particolari molecole farmacologiche e conservate in bombolette apposite che, oltre a coprire in un attimo le ferite, potrebbero fin da subito iniziare a curarle. Ma più banalmente si ipotizzano anche applicazioni di uso quotidiano, come la tappezzeria di mobili e auto. L’idea è molto interessante, gli sviluppi futuri nelle varie branche lo sono ancora di più e poi, chi lo sa, magari un giorno placheremo la nostra smania di shopping e ci accontenteremo di qualche bomboletta colorata in armadio (mai dire mai…). dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 T ecnologia n. pag. 010 014 I videogiochi che fanno bene: alcuni migliorano le capacità decisionali e riducono lo stress di Chiara Benedetti. foto fonte internet I videogiochi fanno anche bene. Questo quanto affermato in una ricerca della University of Rochester, piccolo centro di ricerche d’avanguardia dello stato di New Jork, secondo la quale il gioco soddisfa esigenze psicologiche e, se contiene situazioni di relazione che poi si replicano nella vita vera, produce risultati positivi in termini di socialità. Lo studio in questione è stato condotto da Daphne Bavelier, professore di scienze del cervello e cognitive, e pubblicato dal “Current Biology”. Lo studio sottolinea come i videogames, in particolar modo gli “sparatutto”, ci aiutino a prendere più facilmente le decisioni importanti che dobbiamo affrontare nella nostra vita. Insomma chi è abituato a sparare con il joystick sviluppa riflessi più veloci. I giochi più utili infatti, secondo i ricercatori, sono quelli d’avventura e d’azione, ossia quei generi di gioco in cui i giocatori si ritrovano a compiere due o più azioni contemporaneamente. Questo non renderebbe i ragazzi solo bravi a decidere, ma anche a farlo nella maniera più rapida e precisa. Secondo questi studi, giocare con costanza a questa tipologia di videogiochi aiuterebbe a sviluppare anche le capacità dell’attenzione, sia a livello visivo che uditivo, grazie ai tanti stimoli che riceve il giocatore nel corso della partita. Ha affermato a riguardo Daphne Bavelier: “A seconda delle scelte compiute nei vari quadri o scenari, i giocatori di videogames si espongono a una serie di possibilità molto vasta, alle quali devono cercare di adattarsi il più rapida- mente possibile per superare i vari livelli di gioco. E’ per questo motivo che chi gioca spesso ai videogiochi, con il passare del tempo, diventa più veloce, ma non per questo meno accurato, nel giudicare le situazioni e agire di conseguenza”. Gli studi dell’Università di Rochester hanno inoltre dimostrato che i videogames migliorano la vista. Le persone che giocano ai videogiochi di azione per diverse ore al giorno per un mese, migliorano la propria visione di circa il 20%. “I videogiochi di azione cambiano il modo in cui il nostro cervello gestisce le informazioni visive”, spiega il prof. Bavelier, “questi giochi portano il sistema visivo umano ai suoi limiti e il cervello si adatta di conseguenza. E tutto ciò viene ad influenzare anche le altre attività della vita quotidiana”. Ma l’Università di Rochester non è l’unica ad aver formulato teorie del genere: molti sono infatti gli studi e gli esperimenti svolti nel campo dei videogiochi. Christopher J. Ferguson, ad esempio, un professore americano della Texas AeM International University, ha condotto uno studio nel quale ha sostenuto che i videogames violenti riducono lo stress e abbassano il livello di ostilità. “Abbiamo sottoposto 103 adulti a un’attività frustrante – ha spiegato Ferguson – e quindi li abbiamo suddivisi casualmente in quattro gruppi: uno che non ha giocato, uno che ha giocato a un videogames non violento, uno che ha giocato a un videogames violento nei panni dei buoni e uno che ha giocato a un videogames violento nei panni dei cattivi. Il risultato suggerisce che i giochi violenti riducono la depressione e i sentimenti ostili”. Ferguson arriva addirittura ad ipotizzare un futuro impiego dei videogames nelle terapie comportamentali di adolescenti e giovani: i videogiochi potrebbero infatti agire da anti-stress, aiutare i pazienti a sopportare meglio le frustrazioni della vita reale e persino calmarli, senza con questo alimentare comportamenti aggressivi. Altri studi provengono dai ricercatori della londinese Brunel University. Qui i videogiochi vengono definiti come una panacea, soprattutto per i pargoli. Queste attività elettroniche aiuterebbero infatti a sviluppare la fantasia dei bambini che, come sostenuto dal dott. Simon Bradford, riescono a vivere le diverse esperienze del mondo grazie al filtro dei videogames e ad esprimere liberamente la loro creatività soffocata all’interno dei megacondomini di cemento armato. Insomma, i videogiochi non servono più semplicemente e banalmente a passare il tempo, ma addirittura ci aiutano anche a sviluppare qualche facoltà in più. Tesi, queste, che non possono far altro che rallegrarci, visto il largo uso che oggi se ne fa. dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 G ossip n. pag. 010 015 La verità di Costantino di Melania Tarquini foto fonte internet Di versioni sull’improbabile coppia Corona-Mora se ne sono date molte e tutte anche molto contrastanti tra di loro. Di loro ormai si sa quasi tutto e giorno dopo giorno escono indiscrezioni nuove. Prima sono state le parole di Lele a mandare su tutte le furie Corona, sebbene nell’immediata smentita abbia anche ammesso il forte legame che li univa, e poi l’intervento di Rocco Casalino a fargli saltare i nervi. Lui che è abituato a stare al centro dell’attenzione, stavolta teme che la sua credibilità sia intaccata e non accetta che altri insinuino e ammicchino sui suoi gusti sessuali. Ma chissà cosà dirà stavolta Fabrizio quando leggerà che Costantino ha un filmato di ben 60 ore nel quale sono registrati i migliori momenti della vita insieme nell’harem di Lele. E già, perché Costantino ha deciso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, ora che tutti parlano delle inclinazioni dell’agente più famoso d’Italia. Per lui non ha parole buone e sulle pagine del settimanale “Oggi” lo descrive come un dittatore, pronto a vendicarsi se le cose non vanno come aveva stabilito. Un bravo burattinaio, insomma! “Non è mai stata una grande famiglia. Lele era il padre padrone e gli artisti dovevano ubbidirgli. Altrimenti succedeva il finimondo. Facevano solo quello che gli ordinava. Altrimenti non lavoravano più. Io ero protetto da una persona più potente di Lele Mora: Maria De Filippi”, confessa. “Quando incontro Mora lo saluto. Sono stato uno dei pochi a non abbandonarlo durante Vallettopoli. Ho aspettato che venisse prosciolto. Siamo andati a cena da soli e gli ho spiegato perché lo lasciavo. Non era più un manager. Era un personaggio. Me lo trovavo in concorrenza nelle discoteche. Non sono un traditore: non sono andato in un’altra agenzia come hanno fatto gli altri”, continua, nel tentativo di fare luce sulla sua verità. E a quelli che hanno insinuato e insinuano ancora che anche lui fosse un amante di Lele (ci sono foto che lo ritraggono in Sardegna mentre massaggia i piedi a Lele) risponde che la sua storia con la Pierelli era sincera e che tra lui e Lele non c’è mai stato nulla di più che un semplice rapporto lavorativo. Col senno del poi, Costantino non ha timore ad ammettere di ritenere Lele poco onesto: “Il suo telefono squillava solo per me. E lui mi ha sfruttato. Nessuno avrebbe retto i miei ritmi, non c’è stato più nessuno come me. Se ha guadagnato tanto mi deve ringraziare. Semmai ho il sospetto che i miei cachet non fossero proprio quelli che ricevevo. Per non parlare delle ritenute d’acconto che non mi sono mai state versate. Qualcun altro si è fatto regali coi miei soldi”. L’ex tronista ha le idee chiare e dalla sua un filmato che, a suo dire, parla molto chiaro: “Per anni ho girato con una telecamera in mano. Volevo documentare quel che mi accadeva. Ho 60 ore di girato. Farò vedere chi ero e come sono diventato. Ci sarà tutto il mio mondo (nel film-documentario Narciso, ndr): Lele Mora, quelli dell’agenzia, i personaggi che ho conosciuto. Erano tutti consapevoli che avevo una telecamera e si divertivano a essere ripresi. Chi non autorizzerà la messa in onda verrà oscurato in viso. Ma la gente capirà lo stesso chi è. Si vedranno cose che nessuno ha mai mostrato. L’epoca dell’ipocrisia è finita”. La minaccia, velata ma non troppo, non ci metterà molto a raggiungere le orecchie dell’agente e di certo ci saranno nuovi sviluppi nella vicenda. Che dire? Lele Mora & Co… tremate!!! dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 H ot love n. pag. 010 016 Affinità di coppia: il sesto senso foto fonte internet di Elena Matteucci Facoltà extrasensoriali, premonizioni, telepatie. Materia da Mago Otelma o qualcosa da prendere sul serio? La risposta questa volta ci viene data direttamente dalla scienza. La ricerca ci aiuta a frugare nella testa del nostro partner per capire cosa accade quando diventa proprio incontenibile e gli studi scientifici questa volta fanno al caso nostro. Da ricerche condotte presso l’Università of Technology di Sidney, infatti, risulterebbe che la mente di due persone innamorate possa arrivare effettivamente a lavorare in sincronia. Gli scienziati hanno osservato per cinque anni come il cervello lavori “in coppia”, su un campione di 30 persone, dai 21 ai 65 anni. In 180 ore di terapia, attraverso un esperimento chiamato poi “Fisiologicamente allineati”, è stato possibile individuare movimenti di attività cerebrale pressoché identici nelle coppie. Queste persone, raggiungono un livello di armonia tale, che riescono a “leggere nel pensiero” il proprio compagno/a, interpretandone emozioni e pensieri. Incredibile!! Quindi se ci concentriamo abbastanza potremo sperare di riuscire a comprenderci a vicenda, per una buona volta. “Abbiamo identificato il momento cruciale - ha riferito al ‘Daily Mail’ la dottoressa Trisha Stratford - in cui i cervelli hanno cominciato a lavorare in sincronia”. La responsabile della ricerca australiana ha affermato che questo “sento senso” si è manifestato al livello del lobo parietale. Si tratta di uno “stato alterato”, durante il quale le parti del cervello che controllano il sistema nervoso hanno cominciato a battere insieme. Quando accade un evento simile “possiamo leggere i cervelli gli uni degli altri in una modalità più profonda: il cosiddetto sesto senso”. Che ci vogliate credere o no, la ricerca sta facendo passi da gigante in materia di affinità elettive e un domani, chissà, potrebbe persino leggere nei nostri geni se il partner è scientificamente provato che sia la nostra metà! Sarà un po’ avveniristico, ma intanto ora sappiamo che, con una giusta dose di concentrazione da parte di entrambi, potremo raggiungere il feeling desiderato senza dover ricorrere al Dott. Stranamore! Anche la scienza oggi conferma che in una coppia esiste una maniera per intendersi su tante altre cose, oltre che sul sesso! A rendere il legame indissolubile, infatti, è quell’istante unico in cui è stato evidenziato che entra in gioco qualcosa di più profondo tra due persone innamorate. Allo stesso modo, un’altra ricerca condotta presso l’Università del Texas dalla dottoressa Mory Ireland, ha stabilito come le coppie più affiatate parlino la stessa lingua. Espressioni, modi di dire, intercalari, sarebbero molto simili nelle coppie più affiatate; quanto più si assomigliano linguisticamente, tanto più sono innamorati. E per capire se il vostro rapporto è al top o in fase calante, bisognerebbe studiarne i tratti linguistici che, meglio di qualsiasi altro oroscopo di coppia, possono rivelare la sincerità dei sentimenti. Sforzarsi di assomigliare all’altro da un punto di vista linguistico e comportamentale, sarebbe un grande prova. Probabilmente non avevano bisogno di attendere risultati scientifici su questo tema tutti i grandi scrittori che hanno raccontato il mistero dell’amore; da Kundera a Herman Hesse, fino al contemporaneo Choelo e ai tanti, che hanno spiegato la magia di coppia come un’intesa ‘spirituale’, tra due innamorati. Il poeta Ugo Foscolo, in uno dei suoi versi più celebri scriveva: “Celeste è questa corrispondenza di amorosi sensi”. foto fonte internet dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 M oda e mode n. pag. 010 017 foto Paris Hilton fonte internet Cane da borsa… o borsa da cane? di Valentina Malgieri Qualche mese fa, scene di questo tipo si vedevano solo nelle tante fotografie che affollano le pagine delle riviste di moda, gossip e tendenza. Ci riferiamo alle immagini che riportano le star o le celebrities a passeggio per le strade delle loro città con tanto di cagnolino alla mano… letteralmente “alla mano”! Perché da Paris Hilton a Miranda Kerr, da Tori Spelling a Mariah Carey e Rihanna, l’amico a quattro zampe diventa, più che un compagno a passeggio o un amico fedele, un accessorio o un peluches, scelto e vestito con la stessa cura con la quale al mattino si sceglie il più giusto e azzeccato paio di orecchini! Quel che infatti lascia perplessi del modo in cui si esprime l’amore di questi famosi padroncini, è la snaturalizzazione che quasi sempre si dimostra di far pesare sull’animale. La prima domanda spontanea che ci verrebbe da porre ad esempio a Paris Hilton è se abbia o meno mai notato che i suoi numerosi cagnolini di piccola taglia, siano in effetti dotati di funzionalissime zampine! Perché tenere un animale nella borsa, agghindarlo con ridicoli vestitini e coprirlo di luccicanti paillettes, allora? Amare gli animali vuol dire anche rispettarli nella loro natura… di animali, appunto! E francamente il “cane da borsa”, la natura, crediamo che debba ancora inventarlo! Quel che è sicuro invece è che la predilezione di molte star al cane mignon, quale è il chihuahua, avrebbe fatto proprio di questi esemplari i più costosi al mondo! Un gruppo di esperti americani hanno condotto infatti una singolare ricerca che conferma come, proprio il chihuahua, nonostante le sue dimensioni, sia la razza che fa spendere più soldi agli acquirenti. Ma cosa rende così costoso questo cane? In realtà, il chihuahua non avrebbe necessità così costose, ma è l’immagine che ha “da difendere” a far alzare il suo prezzo, visto che i padroncini non ci pensano due volte a dedicare un po’ del proprio lusso anche al piccolo cagnolino, regalandogli capi di abbigliamento griffati, divanetti e ciotole in materiali preziosi, addirittura d’oro per i più facoltosi. Pensate che il cane mignon di Paris Hilton, infatti, ha un corredino firmato Chanel! Follia pura!!!! Ora, tralasciando i motivi che possano spingere questi Vip a fare degli animali un loro personale decoro di appendice o ulteriori conferme pubbliche del loro livello esagerato di ricchezza, quel che ci interessa capire è soprattutto come questa tendenza sia potuta diventare di uso comune anche per noi! Che ci piaccia il chihuahua va bene, che ci possa piacere vestirlo come si farebbe con una bambola anche (forse), ma che si sia pronti a sacrificare parte del proprio budget per gratificare il nostro cane (sarà poi gratificato??) e mostrarci in pubblico… ci sembra abbastanza ridicolo! E non parliamo senza cognizione di causa! Fateci caso: non è più un fenomeno tanto isolato. Sugli autobus, per i negozi, dentro i ristoranti e per strada, è pieno di personaggi che, in imitazione allo stereotipo glamour delle star, stritola sul proprio braccio l’inerme topino di pelo, che in tutta sincerità… ci fa anche un po’ pena! L’invito quindi è a non prendere tutto ciò che ci viene propinato dalle riviste e dal comportamento delle celebrities come oro colato. Guardiamoci intorno (e magari anche in faccia) e piuttosto che far come loro, puntiamo a far… meglio! Spesso non sarà difficile riuscirci. dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 S port n. pag. 010 018 Caroline Wozniacki è la nuova numero uno del tennis mondiale di Ilaria Serrotti E’ ufficiale soltanto da oggi, lunedì 11 ottobre: la numero uno del tennis mondiale non è più Serena Williams… La bella danese Caroline Wozniacki (nella foto), battendo negli ottavi di finale degli Open di Cina la ceca Petra Kvitova – con un vigoroso 6-3, 6-2 – si è assicurata i punti che le valgono il primato del raking Wta, davanti a Serena Williams, appunto.Il suo è un primato particolare perché non ha nessun titolo dello Slam all’attivo, ma ha comunque dalla sua parte così tanti successi (soprattutto in tornei “mediograndi”) che le hanno permesso un sufficiente accumulo di punti. Proprio Serena Williams le cede lo scettro quindi, e non senza qualche rimpianto. La più giovane delle “black sisters” è infatti ferma ai box dal successo a Wimbledon di inizio luglio, a causa del banale incidente al piede che le ha compromesso la seconda parte della stagione. Oggi Caroline sarà la nuova leader. Ragazza dal grande fascino, anche mediatico… il che non guasta; ha soli 20 anni e pertanto tutta una carriera davanti per conquistare i grandi tornei. Il dubbio viene semmai dalla sua consistenza tecnica. Grande lottatrice e dotata di buona capacità di resistenza, senza però quel colpo che strabilia, quello che ti strappa l’applauso dalle mani, né da quell’istinto killer che fa la differenza.Primato comunque del tutto meritato il suo! Caroline ha dichiarato di provare una “sensazione incredibile” e ha aggiunto: “Ho sempre sognato di diventare la n. 1 mondiale e, avendo davvero giocato bene, questo è un gran giorno per me. Sono molto fiera”. E ancora, riguardo alla giocatrice che ha ormai lasciato alle sue spalle nella classifica mondiale, ha proseguito: “Serena è una grande campionessa, è un sogno poter realizzare foto fonte internet quello che lei ha fatto prima di me. Posso imparare enormemente da giocatrici come lei”. Infine, qualche dato: Caroline Wozniacki è la ventesima giocatrice a raggiungere il numero uno dall’introduzione della classifica mondiale nel 1975 e la terza negli ultimi due anni che ci riesce senza aver vinto alcun torneo dei quattro del Grande Slam. E’ la decima ad arrivarvi prima di aver compiuto 21 anni; ma soprattutto è la prima danese a salire sul gradino più alto. Nessun connazionale ci è mai riuscito. Per capire meglio: Il Ranking WTA è il sistema con cui la Women’s Tennis Association cerca di stilare una classifica meritocratica delle giocatrici di tennis iscritte al circuito. La WTA ha introdotto questa classifica mondiale nel 1975, e da allora 20 tenniste sono riuscite a raggiungere la posizione di N.1 del mondo. Grande Slam è un termine che ha origine nel gioco del bridge, in cui sta ad indicare il colpo massimo realizzabile. Il tennis ha preso in prestito questa definizione per indicare il conseguimento della vittoria nei quattro tornei qui sotto elencati, nell’arco di un anno: - Australian Open - Open di Francia (Roland Garros) - Wimbledon - U.S. Open dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 n. M otori pag. 010 019 Addio casco a “scodella” di Alessandro Sgrò Finisce l’era della “scodella”, il casco leggero. Conosciuto universalmente come DGM (la sigla di omologazione che lo identificava), non potrà più essere indossato in sella da martedì 12 ottobre. A stabilirlo è la modifica all’articolo 117 del Codice della Strada, contenuta nella legge 120 dello scorso 29 luglio. La vendita di questo tipo di casco era stata vietata già dal settembre 2001, perché considerato meno protettivo di un casco tradizionale ma allo stesso tempo idoneo per la guida di mezzi poco veloci e, per questo è stato possibile indossarlo fino ad ora sui motorini. La norma, contestata subito da chi lo considerava insicuro anche guidando a basse velocità, era stata in qualche modo ‘sollecitata’ dall’industria delle due ruote al momento di estendere l’obbligo del casco ai maggiorenni: il timore era infatti quello che l’intero settore potesse risentire della nuova imposizione, mentre la possibilità di indossare un casco più leggero e meno ingombrante avrebbe potuto rendere il boccone meno indigesto agli utenti. Attualmente la stragrande maggioranza dei modelli utilizzati sono omologati secondo quanto stabilito dal regolamento Ece/Onu22, sigla che identifica gli unici caschi che possono essere venduti e indossati alla guida di un qualsiasi mezzo a due ruote nel territorio dell’Unione Europea. I caschi fuorilegge si riconoscono dalla già citata sigla DGM riportata sull’etichetta interna, per cui affrettatevi a sostituirlo con uno regolamentare nel caso in cui il vostro non lo sia: da domani circolare con un casco non omologato potrebbe costarvi una multa da 79 a 299 euro e il fermo amministrativo del mezzo. Nuovo tettuccio per la Mercedes di Alessandro Sgrò Aria di novità in casa Mercedes: la prossima primavera porterà con sè la nuova generazione della SLK. Design completamente diverso, meccanica aggiornata… ma, soprattutto, un tettuccio tutto nuovo. L’hard-top, il tettuccio ripiegabile nel bagagliaio, è stata una tecnologia che proprio Mercedes ha contribuito a diffondere e che, nella nuova versione della sua compatta spider, si avvarrà di un sistema definito dai tecnici della casa di Stoccarda “magic sky control”. Si tratta di un tettuccio in cristallo trasparente, offerto come optional, che può essere oscurato agendo su un semplice pulsante e proteggendo efficacemente l’abitacolo dai raggi solari. Un sistema utilissimo dunque, soprattutto d’estate. E i tecnici Mercedes, per testare il “magic sky control” nelle condizioni più estreme, si sono spinti fino nella terribile Death Valley statunitense, portando a casa degli ottimi risultati: dopo una esposizione al sole della vettura di oltre 4 ore a tettuccio trasparente è stata registrata una riduzione del calore dell’80%, con punte del 95% a cristallo oscurato. La nuova SLK si conferma in questo modo - aperta o chiusa che sia - come una sportiva dai connotati esclusivi, nella quale il confort e il piacere della guida sportiva viaggiano su binari paralleli. foto fonte internet dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 n. V pag. iaggi 010 020 Tra castelli e passato: Vienna foto “Castello di Schönbrunn” fonte internet di Valentina Nanni Se amate la cioccolata, lo stile liberty e i castelli maestosi, Vienna è la città che fa per voi! Piccola e maestosa è il paradiso per gli amanti dei castelli e dei reali e, elegantemente sobria, mostra ancora orgogliosamente i fasti di un mondo che fu, cuore pulsante dell’impero e del movimento liberty. Per visitarla prendetevi il solito week end: partenza all’alba, alloggio centrale e via… si parte per una nuova avventura! Arrivando in centro vi accorgerete subito che gran parte delle attrattive sono intorno alla via principale: l’Hofburg, il palazzo imperiale, l’Opera, la cattedrale di Santo Stefano, tutto è estremamente vicino e raggiungibile a piedi e come sempre, gironzolare con il naso all’in su in una città è il miglior modo di scovare le stradine più carine e caratteristiche e cogliere l’essenza del posto. Perciò via… gambe in spalla e visitiamo il centro della città! Ciò che balza immediatamente all’occhio è la maestosità degli edifici che è ancora facile immaginare pieni di uomini e donne splendidamente vestiti. Vienna sembra cristallizzata ai tempi dell’impero, composta e compita. I palazzi reali imperdibili sono, infatti, ben tre: l’Hofburg in pieno centro e il castello di Schönbrunn (dimora estiva della famosissima principessa Sissi e di Francesco Giuseppe), ultimi simboli di un mondo che di lì a breve sarebbe andato in frantumi, e il Belvedere - residenza estiva di Eugenio di Savoia. Tralasciando le tristi sorti della monarchia, l’impronta da loro lasciata su Vienna è stata fortissima, anche considefoto ”Hofburg” fonte internet rato che l’Hofburg è stato la residenza ufficiale dei reali per più di sette secoli, man mano ampliandosi ed arricchendosi fino a diventare ciò che è ora. Per quanto sia imponente è comunque visitabile in poco tempo, non meno di mezza giornata comunque, e forse poco entusiasmante, soprattutto se il vostro giro proseguirà alla volta di Schönbrunn e del Belvedere. Posizionato un po’ lontano dal centro, ma raggiungibile con la metropolitana, la residenza estiva di Sissi vi darà la sensazione di aver riportato le lancette indietro nel tempo a un’epoca che non c’è più. Gigantesca e meravigliosa, è in grado di mostrare in ogni piccolo dettaglio la potenza e magnificenza degli Asburgo. Certo per apprezzarla appieno vi devono piacere le favole e i mondi fatati, perché è lì che state entrando e lì che passerete tanto tempo, visto che per visitarlo tutto, giardini compresi, ci vuole almeno una giornata intera tanto è sconfinato! Il castello con le sue sale in stile rococò e i suoi lampadari in cristalli di Boemia è infatti quasi interamente visitabile e pochissime sono le zone interdette ai visitatori. Visitabili sono gli appartamenti imperiali in cui è possibile ammirare anche alcuni abiti e ritratti di Sissi e Francesco Giuseppe, così come visitabile è la Grande Galleria dove erano soliti ballare durante le feste i partecipanti al congresso di Vienna, il salone degli specchi, in cui Mozart a sei anni tenne il suo primo concerto, e il Salone Cinese Blu, dove nel 1918 Carlo I firmò il suo continua a pag. 21 dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 n. V pag. iaggi 010 021 segue da pag. 20 atto di rinuncia al governo mettendo fine alla monarchia. Tanto successe tra queste mura e tanto nei suoi sconfinati giardini che iniziano alle spalle della Gloriette, visibile in lontananza dalle finestre del castello! Rimanendo in tema di palazzi, imperdibile è poi il Belvedere che custodisce al suo interno gran parte della produzione di Klimt, annoverando tra i capolavori presenti il famosissimo “Bacio”. Fasto e reali, e tantissima arte caratterizzano la città. Ricca di attrazioni in stile liberty, Vienna offre esempi di questo stile anche dove non pensereste mai di trovarlo: alla fermata della metropolitana! Curata nei minimi dettagli e pensata come centro di scambio nella capitale dell’impero, la stazione di Stadtbhan fu curata dall’architetto Otto Wagner ogni minimo particolare e il risultato è strabiliante. Probabilmente la fermata della metro più bella che vedrete in Europa! Bellissima Vienna, dal gusto un po’ retrò, malinconica e imperdibile! foto fonte internet “Bacio” di Klimt dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 C ucina n. pag. 010 022 La torta Sacher foto fonte internet di Valentina Nanni Vienna è inequivocabilmente la città dei golosi! Tra praline di Sissi, palle di Mozart e Sacher torte, la capitale dell’impero austroungarico è il paradiso della cioccolata! La torta Sacher in particolare è il simbolo della Vienna capitale dell’impero. Leggenda narra che nel lontano 1832 il principe di Metternich commissionò al suo pasticcere di corte un dolce speciale per i suoi ospiti, ma a causa di un’improvvisa malattia l’onere della prova spettò al sedicenne apprendista Franz Sacher che creò questa meraviglia ancora oggi apprezzatissima! Perciò a suon di valzer viennese ecco la ricetta per 6 persone: 500 gr di cioccolato fondente a quadrati 225 gr di burro 350 gr di zucchero 8 uova 230 gr di farina 4 cucchiai di marmellata di albicocche 1 cucchiaio di apricot-brandy ½ bicchiere d’acqua Sale Iniziate il vostro dolce spezzettando 250 gr di cioccolato fondente in una pentolina, mettetela dentro una pentola più grande che avrete riempito per metà di acqua e poi ponete il tutto sul fuoco a fiamma media. Pian piano fate sciogliere il cioccolato mescolando continuamente e quando sarà completamente sciolto toglietelo dal fuoco e fatelo raffreddare, girandolo ogni tanto affinché non diventi troppo solido. Messo da parte il cioccolato fuso, prendete 200 gr di burro (che deve essere morbido; per cui tiratelo fuori dal frigo per tempo) e mettetelo in una terrina piuttosto grande con 200 gr di zucchero. Amalgamate bene i due ingredienti e aggiungete un pizzico di sale, quindi unite i tuorli e il cioccolato che avevate fuso prima. Ora in un’altra terrina montate a neve densissima gli albumi e poi incorporateli lentamente al composto che avevate fatto prima mescolando dal basso verso l’alto. Aggiungete la farina setacciandola sopra alla crema che avete ottenuto e mescolate il tutto con cura per amalgamarla bene agli altri ingredienti. Fatto questo prendete uno stampo, dal bordo sganciabile, di circa 24 cm di diametro e ungetelo con il burro rimasto. Versateci dentro il composto cercando di livellarlo in modo tale che una volta cotto rimanga piatto e infornatelo facendolo cuocere a fuoco basso per circa 1 ora e 20 minuti, dopo di che togliete la torta dal forno e dallo stampo e fatela raffreddare su un piano. Una volta fredda tagliatela in orizzontale cercando di fare un’incisione uniforme da parte a parte. Se volete, potete segnare alla stessa altezza tutto il bordo esterno e seguire scrupolosamente per il taglio la linea che avete creato. A questo punto prendete la marmellata d’albicocche e aggiungeteci l’apricot-brandy dopo di che con essa farcite la torta spalmandola solo sulla metà inferiore, quindi richiudete il tutto. Ora non vi resta che preparare la glassa di copertura! Prendete una pentolina e metteteci dentro il cioccolato e lo zucchero rimasti, quindi aggiungete mezzo bicchiere d’acqua e fate sciogliere il tutto a fuoco basso, mescolando di continuo fino all’ebollizione. A questo punto il cioccolato deve cuocere per 10 minuti, mentre continuate a rimestare con un cucchiaio di legno. Togliete poi il cioccolato dal fuoco continuando a sbatterlo con una frusta mentre lo fate raffreddare. Quando si sarà raffreddato e leggermente addensato, versatelo un po’ per volta sulla torta spalmandolo uniformemente anche sui bordi con l’aiuto di una spatola da cucina e lasciatelo freddare completamente. A questo punto il vostro dolce è pronto per essere servito! Guten appetit! dai giovani per i giovani lunedì 11 ottobre 2010 S alute n. pag. 010 023 Meglio pensar bene! di I. S. foto fonte internet Una ricerca realizzata da tre psicologi americani, guidati da Dustin Wood della Wake Forest University, e pubblicata di recente sul “Journal of Personality and Social Psychology” ci rivela che un atteggiamento positivo nei confronti del prossimo (ossia cercare di mettere in buona luce le persone con cui abbiamo a che fare) è sintomo di una personalità più stabile emotivamente e quindi anche più felice. Al contrario, chi tende a vedere gli altri in modo negativo e a parlarne male, in realtà giudica se stesso (ossia le modalità con cui vengono percepiti gli altri indicano più come è fatto chi osserva rispetto a chi è osservato) La ricerca americana ha seguito una complessa metodologia basata su tre differenti studi, ma, in sostanza, gli psicologi autori del lavoro hanno chiesto a un gruppo di studenti di esprimere una valutazione su alcune caratteristiche di altri studenti che già conoscevano. “In ogni studio abbiamo rilevato l’esistenza di una relazione regolare fra determinati tratti di personalità e la percezione delle caratteristiche altrui”, scrivono gli autori dello studio. “Chi percepiva gli altri positivamente - spiegano gli psicologi - era più gioviale e tendenzialmente con un’indole più amichevole; chi ‘pensava bene’ degli altri risultava, inoltre, maggiormente soddisfatto della propria vita. E, non a caso, forse, chi stimava gli altri era anche più apprezzato dalle persone del gruppo osservato”. Secondo le rilevazioni degli psicologi, poi, tra gli studenti “ottimisti” (come era peraltro prevedibile) erano presenti meno persone che soffrivano di disturbi di personalità, depressione, o con attitudini antisociali. La positività nel valutare i conoscenti - ci dicono inoltre i ricercatori, ed è interessante sottolinearlo - non è affatto una semplice proiezione su di loro delle buone qualità presenti nell’osservatore. In nessuna delle tre ricerche, infatti, gli osservatori valutati come estroversi hanno trovato i conoscenti particolarmente estroversi; piuttosto, hanno individuato in loro altri tipi di caratteristiche positive. Si tratta, dunque proprio di un modo di percepire gli altri, che è influenzato da come si è, senza risultare però una semplice proiezione del proprio modo di essere. Naturalmente, tutto questo è confermato dal fatto che chi vede coloro che lo circondano in modo negativo, tende ad avere a sua volta tratti di personalità negativi, come depressione, narcisismo, comportamento antisociale. “Se da una parte sembra assodato che le persone che vedono gli altri più positivamente sono più felici e possono anche contare su un miglior equilibrio mentale - aggiunge il professor Dustin Wood - il grande interrogativo che resta aperto, e che sfortunatamente non è stato esplorato dalla nostra ricerca, è come indurre chi è negativo nei confronti degli altri ad assumere un atteggiamento più positivo verso il prossimo”. Alla fin fine, tuttavia, c’è anche da dire che probabilmente nessuno vorrebbe diventare troppo ottimista nei rapporti con gli altri: una simile posizione, infatti, esporrebbe a un eccessivo abbassamento della guardia nei confronti di un mondo che non è mai tutto rose e fiori. “Anche se la mia ricerca non era indirizzata esplicitamente ai possibili lati negativi dell’eccessivo ottimismo - chiarisce il professor Wood - esistono buoni motivi per pensare che tali lati negativi possano esistere. Credo che, di norma, sia una buona cosa immaginare gli altri come persone affidabili e dotate di caratteristiche positive. Bisogna, tuttavia, anche essere capaci, di tanto in tanto, di capire quando abbiamo attorno persone che sono invece inaffidabili e anche potenzialmente pericolose, perché anche questo è un aspetto della realtà”. Di norma, comunque la lezione che si può trarre da questa ricerca indica che, nella maggior parte delle situazioni, focalizzare la propria attenzione sugli attributi positivi delle persone che ci circondano porta solo benefici.