Franco Trinchero
VERBALI D'INFRAZIONE
ANTEPRIMA GRATUITA
«Comete»
Collana di poesia
a cura di Carlo Molinaro
Anteprima gratuita di Verbali d'infrazione
Prima edizione, ottobre 2014
© 2014 Franco Trinchero
© 2014 Matisklo Edizioni
Matisklo Edizioni
www.matiskloedizioni.com
ISBN: 978-88-98572-28-1
Foto di copertina di Veronica Sanese
Matisklo Edizioni S.N.C. di Oddera Cesare & Vico
Francesco
Via Eremita 14
17045 Mallare (SV)
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Franco Trinchero
VERBALI D'INFRAZIONE
INDICE
NOTA AL TESTO DI GIORGIO BARBERI SQUAROTTI
[SI ERODONO I RUSCELLI DELL’AMORE]
LE PIETRE
STIMMUNG
RIVUS FRANCORUM
ALLA CROCETTA, CINQUANT’ANNI DOPO
INGREDIOR
ECCE HOMO
1981
MÜNCHEN, QUELL’OTTOBRE
LA DIVINA FORESTA SPESSA E VIVA
SANTA MARIA DI PIAZZA
MEMORIA VINCE L’IRREALTÀ
TRANSITI GENOVESI
ROMANCE
IL NOVECENTO È MORTO
GESTI PER UN(A) VARIETÀ
AL DI QUA DEL CAELICOLA
LITURGIA
DISCORSO DI ELPENORE
VIA ARSENALE 38
ESTERNO GIORNO
SOMNIUM SCISSIONIS
DUE NELLA PIOGGIA
AUTUNNO DELLA VERITÀ
SENTIERI INTERROTTI
LE NOCTES ATTICAE SONO INTERCLUSE
ENTRÉE DU CHRIST À BRUXELLES
ROMANZO FAMILIARE
TRA WALTHER, IL POSTMODERNO E OLTRE
TRATTA TERMINALE
VERSO IL LINGOTTO
AENIGMA 2
AENIGMA 3
VIA MASSENA 28
IN VITRO
PAROUSÍA
ENS
LUTETIA
IL RETRO DI PALAZZO CARIGNANO
DA PIAZZA CARLO FELICE
PRAECORDIA
CHRONICON
UTILE DI ESERCIZIO
PIAZZA PALO ALTO
DOPO I FILISTEI
L'AUTORE
NOTA
AL TESTO
Franco Trinchero è un grande viaggiatore in versi, con la
caratteristica che è soltanto sua di far coincidere luoghi,
occasioni, incontri d’arte e di vita con il giudizio morale, il
brivido dei sensi, la meditazione sul significato delle cose e delle
esperienze, il fervore dei sentimenti e l’immagine della morte; e
il tutto è tuttavia attraversato dall’ironia, dal gioco, dallo
stupore dell’imprevedibile variazione degli sguardi, dei
commenti, delle visioni, delle apparenze e delle apparizioni e
delle presenze di figure femminili, come accompagnatrici ora
favolose, ora fin troppo carnali, ora fuggenti e allusive.
I viaggi di Trinchero sono quelli di un’Europa antica
nella quale, d’improvviso, si inseriscono ora in modo grottesco
ora in modo sfrenato e corrosivo ora come sfida rivoluzionaria
le novità delle mode, delle tecnologie appena inventate, della
giovinezza immemore di passato; ma sono anche quelli della sua
città, di Torino, e ne pronuncia allora i nomi come quelli
dell’esotismo più lontano sull’orlo della geografia storica, delle
guide turistiche, degli itinerari d’aerei e treni. Questi viaggi così
prolungati e avventurati sono raccontati (ed è un’altra
caratteristica della scrittura poetica di Trinchero) con un
linguaggio altissimo, con un ritmo ugualmente rigoroso, con
una suprema sapienza di allusioni colte, di citazioni preziose e
raffinatissime. Ci troviamo di fronte, di conseguenza, anche a
viaggi nella memoria della letteratura e delle arti figurative.
Ma c’è un’ulteriore originalità nella poesia di Trinchero:
i luoghi che egli incontra e di cui parla sempre con un’estrema
concretezza di date e di topografia sono, sì, quelli dell’Europa e
di Torino consacrati dalla storia e dalle cronache e degli eventi
del passato, ma in essi c’è anche tutta la modernità, per lo più
banale e della più bassa moda, ci sono gli echi di canzoni e di
frammenti di parole trite e insignificanti, c’è tutto quanto
d’attuale ode il viaggiatore attento al passato, curioso delle
memorie, attento ai risultati di un incontro amoroso o di un
accadimento imprevisto e significativo, esemplare. Il viaggio
coincide con il trascorrere del tempo e dell’età del viaggiatore.
C’è, allora, l’eco dolente di quello che fu: eventi fervidi e
bizzarri e trionfali e accesi che appartengono al passato; sono
rievocazioni di donne e di luoghi, di gesti imprevisti, di
avventure, di slanci che ormai soltanto la parola poetica può
conservare. C’è nella poesia di Trinchero sempre il senso di una
calda vita che deve essere ricordata, e le citazioni classiche, i
nomi preziosi di artisti e di letterati, i tanti altri nomi di donne e
di amici, vengono a essere i punti fermi di un cammino che è
nella vita e verso un futuro, che non è possibile sapere se offrirà
tante occasioni di conoscenza e di venture dei sensi e della
parola e della straordinaria e alacre curiosità di cose e persone e
letture e visioni.
Giorgio Barberi Squarotti
settembre 2014
« [...] Avanzavi regale, come appena arrivato
da qualche funzione ortodossa,
benché il tuo incenso fossero
i copertoni bruciati – perché dei copertoni
bruciati avevi fatto il sacramento
di un’Aristocrazia nata dal cuore.»
(da Valerio Magrelli, “Principe delle Volpi!”
“[A Ierva in memoriam]”, ne Il sangue amaro, Torino, 2014)
« [...] L’Attila che Riccardo Muti ritorna a dirigere, come una delle partiture
sue più care, diventa un titolo manifesto, di ribollente teatralità:
scalpitante, inquieto, mai placato, nemmeno nel finale.
[...] Il tessuto armonico si snoda secondo una trama fine, principesca, quasi
come la vestaglia rossa, fino ai piedi, ben aperta sui pettorali nudi, che Pier
Luigi Pizzi fa indossare al capo degli Unni: non rozzo barbaro, ma solitario,
inespresso eroe romantico.
Già nel Preludio, a sipario rigorosamente chiuso, la dissonanza di lui si
contagia nei cromatismi che continuamente increspano la melodia, e che il
direttore chiede freddi all’orchestra, in modo da non sciuparli, banalmente
sentimentali.
[...] dal libretto oscuro di Temistocle Solera il direttore stana come lampi i
versi che dicono il disincanto del compositore nei confronti della politica,
la denuncia di un degrado nella Roma a fine impero, molto vicino al
presente.
[...] Così Ildar Abdrazakov è un Attila di velluto, magnetico, di voce e
fraseggio magnifici; un barbaro elegante, di un’aristocrazia straniera, che
non appartiene agli italici.»
(da Carla Moreni, “Attila, barbaro aristocratico”, ne “Il Sole/24 Ore”)
«Tutto è stato ormai detto: il problema, per il poeta, è di dire le cose
vecchie in modo nuovo, attraverso una variazione particolarmente abile
dei modi e delle forme già note.»
(da Giorgio Bàrberi Squarotti, in Grande Dizionario Enciclopedico UTET, 3a ed.,
vol. XI, Torino, 1969, ad vocem “Manierismo”)
si erodono i ruscelli dell’amore,
un sangue che non circola verdeggia
tra i piombi delle case:
non richiamano più le campane
nulla, e che cosa non puoi scorticare
col bisturi di ghiaccio, deflorante
senza pietà?
(Torino, 2012)
LE PIETRE
STIMMUNG
«coscienzioso, la barba un poco luciferina, lo psichiatra fiorentino
redige, rimembrando i suoi trent’anni
tra carceri goyesche, «Beziehungswahn»
scrive (da Kretschmer, citato da Ey),
gli scrivo che, per contro, una Wahnstimmung
increpò i miei giorni, ma parecchi
anni addietro, l’ottantaquattro
d’interminati ascolti del Concerto
opera cinquantaquattro, e del Manfred
nelle notti; l’ottantadue
della fuga a Bolzano naufragata
in panico e visioni di tregenda,
l’ottantacinque dei muri parlanti,
piazza Castello raggiunta correndo
la notte che il bar Blu era rifugio
urente di neon, un atollo
emerso dai vapori a confortare
col primo caffè la giornata di croce,
questo scrivo all’incirca
sperando che mi legga nella casa
décadente dove fui, in Firenze,
non lontana una taverna d’oltrarno,
il pane sciapo, l’affresco sopra il desco
con Beatrice vestuta di verde
e Dante nel suo gesto oltre la croce,
non so se suoi o miei gli occhi abbagliati»
(Torino, 2009)
RIVUS FRANCORUM
gatteggiava imbronciato
nell’aria che sitava di biscotti,
le fasce sul letto, il Pene rattratto,
un’ape lo punse tra le risate
della Bambina beffarda, prolessi
minima della Bestia che verrà,
«vedi questa carta, i Denari
come quelli che guadagna tuo papà»,
tra il bianco e nero di Mike Bongiorno
lampante sulla sera del paese
ruminava un impossibile domani
e il peso di un passato sulle poche
settimane di battesimo alla Storia,
dal cortile si levava una polvere
spessa e pietrosa che lo stordiva,
aggredì la madre nella corriera
trabalzante tra timide foschìe,
non concepì parole per risolvere
l’enigma bieco che lo visitava
con ronzìi sul cadere dei crepuscoli,
e forse intravide Colono,
ma Asti bruciava, tetri sanculotti
dalle terrazze appiccavano i fuochi,
gettavano massi omicidi,
feroci propagavano l’incendio
nelle strade e nei nobili giardini
e nella mente di lui, fratello mascherato
(Torino, 2011)
ALLA CROCETTA, CINQUANT’ANNI DOPO
un graffio disdicevole del lume,
un impietrare della poca erba
lo fermò, come allora l’asilo vociante
che allora gli dava un’incongrua
nozione di morte, dal terrazzino
stretto tra le mura:
molti anni dopo
l’avrebbe detto per pietoso mito
Conservatorio di Santa Teresa
– svolta nel canyon di via Vespucci,
la scuola delle suore non c’è più,
ma è la stessa, benché senza tram,
la luce morbida del corso sghembo
listato di smunti alberelli,
lì partoriva epiche di esotiche radici
con il dono del krapfen, col dolore
del centrifugo sguardo della madre,
laggiù sta l’addizione del cantone
sull’antica strada per Orbassano,
quello è il luogo del padre,
via Bove che questi svelto infilava
per una lotta tra audacia e prudenza,
e il figlio nel muto recinto,
a intridere di suoni della mente
i mondi che non si discriminano
(Torino, 2011)
INGREDIOR
Grottaferrata, l’abbazia, ma essi
nell’albergo
coi loro tredici e quattordici anni,
κλᾶσις τοῦ ἄρεος, poi il tacchino,
e Roma rutilante nella rètina
con anse tiberine e catacombe,
ma ecco che lo guarda sensuale,
flava e prerafaelita, slarga
le cosce strizzate dai jeans,
gli dicono che in cinque
s’apprestano a scoparla dopo cena,
li segue nella camera,
«hai visto come la guardava?»,
è il più giovane del pántheon,
grave da Laterano un suono,
dice: «chi guarda è un bastardo»
mentre si spoglia, ma poi
ostende lieta il suo giovane pelo,
la piccola clitoride che vibra,
le mani ciancicavano furiose,
i liquidi sgorgavano, già allora
le cose gli venivano a noia,
tutto in breve tempo l’esaurisce,
uscì di scatto, i capelli arruffati,
si recò nella stanza del melior (ma a volte
lo surclassava in Latino),
conversarono intorno a Cicerone,
le stelle bersagliavano le statue
dell’antica dimora nobiliare,
la notte era Romolo e Numa, la ninfa
Egeria rientrava sgualcita
alla sua solitudine
(Torino, 2011)
L'AUTORE
Franco Trichero è nato ad Acqui Terme nel 1957,
vive dal 1962 a Torino. Ha pubblicato: Palinsesto d’amore,
Torino, 1999; Nel cerchio stretto di Elpís, in 7 poeti del
Premio Montale. 1999, Roma-Milano, 2000.
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