I Convegno Italiano sui Chirotteri Tavola Rotonda "Il Bat detector: da strumento ad argomento" A cura di A. Martinoli e D. Preatoni Trascrizione integrale degli interventi a cura di Adriano Martinoli e Damiano Preatoni A. MARTINOLI: molti di voi hanno dichiarato di far uso di tecniche di analisi di dati per arrivare alla determinazione delle specie. Questo potrebbe essere un argomento di dibattito: quali tecniche vengono utilizzate, con che successo nel riconoscimento, alcune specie vengono determinate con piu’ facilita’ rispetto ad altre ?. Mi rivolgo a Russo che sta lavorando con Gareth Jones per portarci le idee di Gareth Jones e dei gruppi che da piu’ anni stanno lavorando su questi temi. D. RUSSO: ho difficolta’ a iniziare io questo dibattito dal momento che io posso, al limite, fare una dichiarazione di intenti. Sto cominciando un Ph.D., e sto per iniziare a lavorare in un certo modo. Che tipo di risultati avro’, spero buoni, lo potro’ sapere tra tre anni. Ho visto pero’ che ci sono gruppi che hanno iniziato a lavorare dal 1976, vent’anni fa, quindi desidererei ascoltare le esperienze degli altri per potermi fare un’idea. Posso dire che cosa fanno in Inghilterra: i dati da bat detector li prendono con le pinze. L’eterodina non viene quasi piu’ considerata, la stragrande maggioranza dei gruppi lavora con l’espansione temporale, e vangono utilizzati metodi statistici per riuscire se non altro a quantificare la probabilita’ di classificazione corretta di un segnale. Quindi in Inghilterra non ci si accontenta di dire "mi sembra la specie x" ma si cerca di ottenere risultati sepressi intermini probabilistici. Per fare questo utilizzano l’espansione temporale. Questo in sintesi. Ovviamente, se per lavorare col bat detector e’ gia’ complicata una situazione come quella inglese, teniamo presente che noi in Italia abbiamo il doppio delle specie e quindi il doppio dei problemi. MARTINOLI: mi scuso per averti coinvolto fin da subito… RUSSO: no figurati. Il mio silenzio era motivato dal fatto che sto per iniziare, anzi mi farebbe molto piacere conoscere le esperienze degli altri, perche’ molto spesso si legge nelle varie pubblicazioni "e’ stato utilizzato il bat detector, ed i segnali sono poi stati analizzati in laboratorio". Si, ma come? Come si arriva alla determinazione della specie, perche’ non ci si ferma al genere in certi casi? Sono molto interessato a questi aspetti. MARTINOLI: gia’ si sono presentate alcune problematiche: la determinazione delle specie in termini probabilistici, ne discuteremo ,ed un impiego maggiore dell’espansione dei tempi come tecnica. RUSSO: in Inghilterra e’ quello che stanno facendo, e pare che dia dei risultati. MARTINOLI: dai dati che sono emersi pare invece che noi tutti, come utilizzatori di bat detector, in Italia usiamo maggiormente un’altra tecnica, completamente differente, che e’ l’eterodina. M. MUCEDDA: l’espansione temporale e’ obbligatoria nel caso di elaborazione al computer. Ovvero, l’unico modo per registrare i suoni senza modificarli e’ l’espansione temporale. Quindi, chi analizza segnali al computer deve per forza usare questa tecnica. Tutti gli altri ricercatori, che costituiscono la maggioranza, mi sembra usino l’eterodina perche’ non hanno accesso a sistemi piu’ sofisticati. Non e’ quindi che i sistemi eterodina siano preferibili all’espansione temporale: si e’ costretti ad usare l’espansione temporale se si vuole analizzare i segnali. MARTINOLI: non si trattava di una colpevolizzazione del fatto di usare un metodo piuttosto che un altro: stiamo cercando di capire. S. VERGARI: io devo fare una domanda, come spunto di ulteriore discussione per arrivare al concreto. Secondo voi, quali sono le specie per le quali esistono dubbi nell’identificazione tramite bat detector? Alla fine il problema e’ questo: comprendere quali sono quelle o quella specie per le quali esistono difficolta’ oggettive nella deteminazione con l’uso del bat detector, ovvero quali tecniche sono piu’ o meno adatte per identificare una data specie "critica"? MARTINOLI: lascerei per un attimo questa domanda in sospeso, non per evitare una risposta, ma per chiarire un concetto a priori: utilizziamo il bat detector per determinare le specie? Se si’, in che modo: utilizzando tecniche di analisi dei dati audio, e quindi arrivando ad una soluzione "probabilistica", oppure usiamo altre tecniche? Non vorrei che questa domanda si riducesse ad una esposizione da parte mia e di Preatoni dei nostri metodi, ma che si arrivasse ad una discussione collegiale, proprio per avere un confronto, visto che questa e’ una tavola rotonda. Nel foglio che vi e’ stato distribuito, abbiamo elencato alcuni spunti, del tutto eterogenei, che vanno dalla possibile influenza del comportamento delle specie sulle registrazioni di segnali ultrasonori a problemi piu’ specifici di analisi dati audio: le tecniche, ed eventualmente il software utilizzato. Se posso collegarmi a quanto diceva Mucedda (cosi’ almeno cerchiamo di creare un po’ di dibattito), e’ stato posto il problema dell’utilizzo di software, che spesso e’ legato a problemi di tipo economico anche abbastanza grossi, perche’ il software a volte e’ costoso, ed anche la strumentazione e’ costosa. Nel caso in cui non si utilizzi il calcolatore per la determinazione specifica posso chiamare in causa direttamente Mucedda: voi che usate l’eterodina, lo usate arrivando a determinare la specie oppure utilizzate il bat detector in altro modo? MUCEDDA: noi non abbiamo una grande esperienza nel riconoscimento specifico: utilizziamo il bat detector in genere per osservare il movimento dei pipistrelli nelle zone di caccia, per posare poi le reti, o per distinguere la presenza di qualche Rinolofo, che e’ di semplice identificazione. Certo e’ possibile riconoscere i segnali di Rhinolpophus ferrumequinum e R. hipposideros, specialmente in gallerie ed osservando il volo, anche se R. hipposideros e’ udibile solo a breve distanza dal microfono. Anche il Serotino e’ riconoscibile abbastanza facilmente, e lo stesso si puo’ dire per Tadarida teniotis che e’ udibile senza bat detector ed e’ possibile confermarne l’identificazione immediatamente col bat detector, nel caso in cui vi siano dubbi. Non abbiamo esperienze dirette di determinazione bioacustica, anche se abbiamo partecipato in Corsica a delle ricerche con Barathaud, ed abbiamo visto come lavora. Usa un Pettersson D980, lui cammina con le cuffie e col registratore e ogni 10 secondi dice un nome di un pipistrello: una cosa strabiliante. L’ho visto lavorare in un passo a 1500 m di quota: ha un block-notes completamente pieno di dati sui pipistrelli, e aggiungeva continuamente annotazioni: ha un’abilita’ estrema, pero’ l’esperienza l’ha acquisita negli anni, ascoltando le emissioni di individui catturati e rilasciati. Infatti, nella stessa localita’ abbiamo effettuato delle catture con le reti, e Barathaud per ogni pipistrello liberato registrava i segnali per confermare le sue esperienze. E’ comunque vero che l’uso dell’eterodina e’ legato al costo della strumentazione, altrimenti useremmo gia’ tutti l’espansione temporele e i sistemi di analisi al calcolatore. E. VERNIER: io credo che occorra chiarire per quali scopi si usa il bat detector, perche’ i rilevatori di ultrasuoni sono uno strumento che si usa insieme ad altre tecniche. In questo caso va benissimo l’eterodina. Questo sistema pero’ fornisce dati quantitativi e non qualitativi: per certe specie si possono anche avere solo dati qualitativi e in questo caso l’eterodina e’ sufficiente per riconoscere una quantita’ di specie. Pero’ se si vuole usare il bat detector come unico strumento per il riconoscimento specifico allora, come dice Russo, i dati vanno presi con le pinze, perche’ in quel caso l’unico rilievo effettuato sul campo e’ quello con il bat detector: l’animale non e’ mao stato catturato, anche se si hanno delle ottime registrazioni e delle ottime analisi al calcolatore. Il problema e’ che i pipistrelli emettono una quantita’ straordinaria di ultrasuoni, ed ogni specie ha una variabilita’ notevole, e noi usiamo solo una piccola parte delle caratteristiche che ci permettono di distinguere una specie. Il Serotino ha un’emissione a 27000 Hz che e’ assolutamente caratteristica. In Italia magari e’ anche possibile riuscire a riconoscerlo, ed anche in altri paesi, con un normalissimo sistema eterodina. Il Serotino emette pero’ anche una quantita’ di segnali a frequenze differenti, piu’ alte. Ed e’ possibile che abbiano un interesse diretto nel riconoscere la specie con sicurezza. Diciamo quindi che esiste un piccolo numero di specie che e’ possibile riconoscere facilmente, anche solo con l’eterodina, e che sono diffuse su un areale vasto. Il loro riconoscimento mediante eterodina ha permesso aumentare moltissimo i dati a disposizione. Le Nottole, per esempio, che prima erano considerate generalmente rare, sono state rilevate in tantissimi luoghi, ed e’ evidente l’emissione che si sta ascoltando al bat detector sia proprio quella di una Nottola, anche usendo l’eterodina: non occorre neanche in questo caso l’espansione temporale. Anche il Barbastello ha un segnale assolutamente caratteristico. E’ vero che comunque occorre un certo addestramento, come si diceva, catturare, liberare, studiare sul territorio, sapere con che gruppo di specie si sta operando, e questo fa parte della preparazione del ricercatore sul campo. D. PREATONI: volevo aggiungere un elemento al discorso "variabili legate all’analisi" e fare un appunto sulle tecniche di analisi. Parlo dapprima di quest’ultimo argomento: da quello che sta emergendo in questi scambi di battute, sembra che vi sia da considerare un’alternativa esclusivamente fra espansione temporale ed eterodina: esiste anche la divisione di frequenza, e sarebbe bello ascoltare qualche esperienza in questo senso. Un altro appunto riguarda le variabili misurate: spesso queste sono influenzate dal tipo di metodologia adottata: dipemdono quindi dallo strumento, o dalla tecnica con la quale l’ultrasuono e’ stato trasdotto. E’ vero che puo’ anche capitare di non considerare alcuni parametri, sta di fatto che tutti sono tutti collegati fra di loro, e sono comunque descrittori di un unico tipo di segnale. Allora, una delle cose che dovrebbe emergere in questa sede e’ quali possono risultare, secondo la nostra esperienza, i parametri del segnale da considerare. MARTINOLI: in base a quanto diceva Vernier, si potrebbe ipotizzare quindi che nella definizione dei protocolli di utilizzo del bat detector si debbano identificare alcune specie che sono facilmente riconoscibili, anche attraverso l’ascolto del segnale eterodina, ed elencarne altre meno facilmente identificabili. Questo potrebbe essere un punto importante nel definire una metodologia. Se questa mia affermazione e’ vera, allora passiamo ad una posizione piu’ critica, lasciando perdere le specie facilmente identificabili: cerchiamo di determinare quali siano le specie che creano problemi (se ce ne sono), e a questo punto, noti quei casi specifici, vedere se valga la pena di definire dei protocolli che dicano "non e’ possibile identificare la specie x con il bat detector" oppure "le seguenti specie si possono facilmente riconoscere anche con l’eterodina". Cerchiamo pero’ di spostare il discorso su un piano concreto, per cercare di arrivare a degli spunti, idee, protocolli, che e’ uno degli obiettivi che si poneva questa tavola rotonda. Proviamo a definire delle linee di intervento: quando e’ lecito utilizzare il bat detector? Come proponeva Vergari: lo strumento ci fornisce sempre e comunque la possibilita’ di determinare tutte le specie? P. DE BERNARDI: vorrei sottolineare un punto, rispetto all’utilizzo del bat detector per verificare la presenza o assenza di una specie. In dipendenza dalla metodica di analisi ci sono delle specie che, in termini di decibel, sono difficilmente rilevabili. Come diceva gia’ Mucedda: R. hipposideros e i due Plecotus. Magari P. auritus e P. austriacus sono presenti, ma non si riesce a registrarli. Al di la’ dalla tecnica di analisi, inoltre, queste sono due specie interessanti, perche’ in molte regioni sono assolutamente in simpatria, e quindi potrebbero anche da un punto di vista ecologico fornire un valido motivo per essere discriminate. Esiste pero’ un’effettiva difficolta’ a rilevare e a registrare le emissioni di Plecotus, e questo mi sembra un punto degno di nota. Non conosco tutte le specie di Myotis, ma magari esistono altre specie che danno gli stessi problemi. Inoltre qualcuna delle specie italiane e’ difficilmente rilevabile proprio per motivi dipendenti dal tipo di analisi e dallo strumento utilizzato. MARTINOLI: su questo punto concordo appieno, nel senso che una volta fatta una registrazione delle emissioni di Plecotus, potrebbe facile identificare la specie, ma un problema del Plecotus e’ il "contatto". Infatti chi usa il bat detector sa che un Plecotus se non vola molto vicino al microfono e’ difficilmente contattabile, e questo gia’ potrebbe essere un problema. MUCEDDA: i Myotis capaccinii arrivano nelle aree di caccia piu’ tardi rispetto gli altri pipistrelli. Se si ascoltano le emissioni al bat detector e’ possibile non accorgersi del fatto che sono presenti perche’ quello che si sente e’ un piu’ forte fruscio del bat detector. Poi, puntando la torcia verso l’acqua, si vedono distintamente i M. capaccinii che volano a pelo d’acqua. In questo caso non uso questo criterio come termine di riconoscimento, pero’ e’ un aiuto: so che sono arrivati i M. capaccinii, ed in realta’ ci sono davvero, in quanto confermo la presenza con le catture: non uso pero’ il riconoscimento con il bat detector come riconoscimento "certo". MORETTI: anch’io non ho una esperienza diretta del bat detector, e non mi considero un esperto in bioacustica: ho avuto la fortuna di lavorare con Peter Zingg in un progetto che prevedeva anche altre metodiche, ed ho visto come operava. Mi sono avvicinato a quella che e’ stata la sua esperienza di dottorato, e mi sembra che questo suo lavoro di dottorato abbia gia’ gettato le basi per decidere quali siano le specie ben discriminabili. Capisco la vostra cautela nel non arrivare subito a questo punto, nel voler sentire da tutti quali siano le proprie esperienze, non bisogna pero’ dimenticare che esistono dei lavori ben documentati e seri che possono gia far crescere una discussione ad un livello piu’ alto. Si parlava prima di Serotino, e si diceva che sicuramente e’ una specie determinabile con semplicita’ anche in eterodina. Io ho visto spesso Peter Zingg, che e’ una persona molto pignola, soffermarsi anche in fase di analisi al computer e ammettere di non essere sicuro di un dato individuo nel classificarlo come Eptesicus serotinus o come Nycatlus leisleri. E in questo caso si trattave di dati registrati in divisione di frequenza, con una notevole banca dati di campioni registrati appartenenti a specie determinate con certezza. Ho anche in mente un grafico della tesi di dottorato di Zingg con queste "patacche" discriminate statisticamente dove, semplicemente in maniera visiva, senza capire un gran che di statistica, si vedono delle specie che si sovrappongono ad altre in maniera piu’ o meno marcata, e questo da’ un’idea di quali siano le specie che si possono determinare facilmente. Le specie che appena si sovrappongono utilizzando rilievi in divisione di frequenza dovrennero essere scartate assolotamente per l’identificazione con rilievi in eterodina. Per le specie "isolate" potrei immaginare che sia possibile discriminare anche in eteroi’dina. In ogni caso tutto il gruppo dei Myotis e’ completamente sovrapposto… e questo, per adesso, e’ un discorso per il futuro. MARTINOLI: Marco (Moretti, n.d.r.), hai perfettamente ragione. Quel lavoro lo conosciamo benissimo e seguiamo proprio come metodologia di indagine il lavoro di Zingg e di Zbinden. Tu sai benissimo che siamo in diretto contatto con loro e stiamo seguendo il loro protocollo. Spiego brevemente il lavoro a cui si riferisce Marco Moretti, che riguarda la discriminazione fra specie. Quelle che Moretti definisce "patacche" sono delle aree di probabilita’ ampiamente sovrapposte fra una specie e l’altra: in effetti partiamo gia’ da problemi abbastanza precisi. Non volevo far partire il discorso subito a questi livelli perche’, visto che gia’ e’ difficile cercare di recuperare le esperienze di ciascun gruppo, iniziando con una problemtaica del genere non si sarebbe, credo, riusciti a discuterne. Vorrei pero’ arrivare (visto che stasera cambia anche anche l’ora legale), a delle conclusioni, senza protrarre oltre la discussione. MORETTI: cerchiamo di essere un po’ sinceri: ci troviamo ad un convegno italiano sui Chirotteri, e premesso che siamo piu’ o meno tutti chirotterologi, siamo anche biologi, per cui mi sembra il minimo che si possa fare pretendere (anche se la parola puo’ essere pesante), che qualcuno che si avvicina ad una metodologia, prima si informi su cosa e’ gia’ stato fatto per evitare di ripetere gli stessi errori. Quella funzione discriminamte di Zingg mi sembra un buon punto di partenza, che non e’ certo oro colato, ma ,secondo me, e’ da li’ che bisogna andare avanti sia con la ricerca di base sia con l’applicazione. Mi rendo conto che molti non hanno presente questo lavoro, ed invito tutti a procurarselo. MARTINOLI: se allora vogliamo passare ad un livello superiore, diciamo che qui, tutto sommato, stiamo facendo della filosofia: esistono dei metodi, dei test per verificare delle ipotesi. Andiamo in una grotta, catturiamo degli individui, li liberiamo e tre persone registramo i segnali, uno con l’eterodina l’altro in divisione di frequenza e l’altro ancora con l’espansione temporale. Alla fine possiamo verificare le determinazioni fatte con le tre tecniche, perche’ l’animale che e’ stato registrato l’ho liberato e preventivamente determinato io, e l’ho avuto in mano. Tutto sommato, se vogliamo andare oltre, potremmo risolvere molto facilmente questo problema, magari domani stesso. Il problema reale era invece cercare di portare allo scoperto alcune problematiche che, anche per noi che solo da un paio d’anni ci dedichiamo al "problema bat detector", si sono presentate e stiamo affrontando quotidianamente. Quindi, cerchiamo di discutere queste problematiche, perche’ siano note a tutti, e tentiamo di farlo collegialmente, rifacendoci anche a quanto gia’ discusso da altri, Zbinden, Zingg, e via dicendo, cercando soprattutto di definire un protocollo che valga per la realta’ italiana, per noi che tutti i giorni (o quasi) andiamo in giro a cercare pipistrelli. PREATONI: volevo fare un’aggiunta a quanto dice Adriano. E’ vero che l’uso di rivelatori di ultrasuoni come strumenti quantitativi di misura e’ tuttora una tecnica a un livello embrionale, tanto e’ vero che recentissimamente, alla fine dello scorso anno, lo stesso gruppo di Gareth Jones ha pubblicato il primo lavoro nel sono riusciti a riprodurre, direi con discreto successo, i risultati del ‘92 di Zingg. Teniamo conto pero’ che (era stato detto all’inizio da Russo) si parla dell’identificazione di quindici specie per l’Inghilterra su sedici in totale (cito i dati di Jones), mentre in Italia il problema e’ doppio, oserei dire anche il quadrato, vista la sovrapposizione tra segnali ultrasonori di diverse specie. Anch’io penso a quel grafico sulla funzione discriminante di Zingg (e se a qualcuno interessa l’articolo e’ qui a disposizione), dove tutti i Myotis erano affastellati l’uno sopra all’altro. Allora, il problema della rilevabilita’ delle specie in Italia divrebbe essere riformulato in questi termini: "in una realta’ qual e’ quella italiana, (30 specie) e’ possibile (chiaramente per alcune specie, non si pretende che lo sia per tutte), considerare il rilevatore di ultrasuoni (quale che esso sia), come uno strumento quantitativo?". E direi che questo e’ senz’altro un forte spunto di discussuone. MORETTI: a questo tipo di discussione ho gia’ pensato tempo fa, quando questi dati che Zingg aveva raccolto in Ticino non vennero considerati nella banca dati nazionale del centro di coordinamento di Zurigo perche’ non erano dati suffragati da catture, da determinazione morfometrica, da misurazione. Mi sono anche risentito perche’ sapevo che erano dati alla base dei quali stava un accurato lavoro. Allora mi son detto: "non esiste un metodo che puo’ convincere che i dati bioacustici siano dei dati validi?". Ho pensato che una metodologia del genere deve essere portata avanti con un minimo di strutture tecniche, della quali la divisione di frequenza potrebbe costituire una base, e soprattutto con la possibilita’ di metter a disposizione le registrazioni a chiunque voglia verificarle, ottenendo la riproducibilita’ del suono e quindi del dato. Le cassette magnetiche potrebbero essere soggette a perdite di dati, ma ci sono dei sistemi risolvere il problame. Questo mi sembra gia’ una buona base per poter affermare: "io ho rilevato questa specie col bat detector. Se qualcuno ha un dubbio riascolti la cassetta e la rianalizzi". Questo permetterebbe, al limite con nuove tecniche, di rivisitare il materiale, e magari di correggere delle determinazioni. Mi sembra una proposta valida affinche’ i dati bioacustici possano essere inseriti nelle banche dati distributivi. Per esempio: Tadarida teniotis in Ticino "ufficialmente" non e’ presente, perche’ (a parte una cattura che abbiamo fatto), i dati bioacustici non vengono considerati. MARTINOLI: questo e’ un problema che probabilmente tocca tutti noi, in quasi tutte le regioni italiane: con il "Progetto Atlante Mammiferi Italiani" si sono raccolti dati distributivi, io ho in mente le problematiche legate alla Lombardia in modo particolare, e forse qualcosa per il Piemonte, pero’ questo problema era stato posto: "si considerano i dati esclusivamente da bat detector come segnalazioni valide oppure no?" MUCEDDA: se ne tiene conto, specificando che sono dati da bat detector. MARTINOLI: o si precede in questo modo, segnalando che sono dati da bat detector, o comunque, come avevamo proposto noi, analogamente a quello che si fa nei Musei di Storia Naturale, dove si archivia il campione sott’alcool o in pelle, si potrebbero archiviare dei campioni audio che siano rivisitabili da altri ricercatori, eventualmente anche con altre tecniche, per verificare che il dato sia corretto. Comunque, mettere a disposizione la registrazione potrebbe essere gia’ una proposta concreta. Nel "dizionario deontologico del chirotterologo" che lavora esclusivamente col bat detector potrebbe essere inclusa questa "norma", che poi norma deontologica rimane, senza nessuna pretesa. MORETTI: un’altra cosa, che forse ha un’importanza maggiore: mettiamoci il cuore in pace, perche’ con le tecniche di divisione di frequenza che abbiamo a disposizione oggi le specie che si possono determinare con una certa sicurezza (diciamo all’80-90%), sono solo 11. Anche se noi in Ticino abbiamo 20 specie, le specie discriminabili mediante la bioacustica sono 11. Non andrei a cercare di determinare la dodicesima, anche perche’ e’ stato verificato che le possibilita’ di errore sono veramente alte. MUCEDDA: vuoi dire l’espansione temporale? MORETTI: no, con la divisione di frequenza. PREATONI: come tutte le tecniche, l’identificazione acustica ha certamente dei limiti, ma uno dei fatti importanti sta proprio nel riconoscerli e eventualmente stabilirli. Volevo aggiungere anche un’altra cosa, in parte in risposta a Mucedda: e’ vero che la strumentazione per l’analisi e’ costosa: esaminando la in letteratura e risalendo agli anni ‘70-’80, lo strumento principe e’ il sonografo, che costa decine di milioni. Negli ultimi tre o quattro anni sono stati messi a disposizione, anche gratuitamente, programmi per calcoaltore che sono perfettamente equivalenti ad un sonografo, e ho visto anche oggi, guardando alcuni dei posters (non mi riferisco ai nostri ovviamente), che sono stati usati, come strumenti di misura, e con dei risultati validi. N. BRESSI: vorrei fare una domanda: io non uso il bat detector anche se ne abbiamo uno in istituto. Non l’ho mai usato perche’ chi mi ha preceduto ha provato ad usarlo e i risultati non sono stati convincenti. I limiti sono dati dall’intensita’, almeno per alcune specie, si parlava proprio della difficolta’ a contattarle, in quanto gli individui devono volare vicino al microfono, poi dalla quantita’ ovvero dalla varieta’ delle diverse emissioni, e un terzo punto credo dipenda dato dalla qualita’ cioe’ da segnali che molte volte si sovrappongono e non si riesce a capire nulla. Sono questi tre i principali problemi, o esiste anche una variabilita’, per esempio dei dialetti locali? Si diceva prima che Barathaud, ma anche Zingg "ritaravano" l’orecchio ogni volta che risentiva il segnale di una specie, e’ provato che anche i pipistrelli possono avere dialetti locali o e’ una supposizione? PREATONI: la questione dei dialetti e’ aperta da diversi anni. Si parla di un cline nord-sud addirittura. Questa e’ la realta’ americana, ma anche in Europa e’ presente un fenomeno del genere. Il problema c’e’, e per quello che ne so io non e’ ancora stato risolto, quindi questo risulta un quarto fattore da prendere in considerazione. Sicuramente, sempre facendo riferimento alla nostra esperienza personale, i primi tre hanno il loro peso. Certemente, per tornare al discorso Plecotus, che a questo punto si potrebbe considerare eviscerato e concluso, l’intensita’ dell’emissione ha il suo peso. Esiste, e sarebbe il caso di verificarlo oggettivamente, anche un discorso "variabilita’". Addirittura a livello di individuo penso sia possibile una variabilita, non solo, forse l’unico discorso inevitabile potrebbe essere il discorso qualita’ del segnale. Penso per esempio a delle registrazioni lungo transetti in casi di situazioni particolarmente "affollate" (molti contatti ndr). Sicuramente sono dei limiti ma penso che sia questa la sede per riconoscerli. RUSSO: c’e’ un altro problema: in molti casi lo stesso individuo cambia significativamente tipo di emissione. In relazione all’ambiente, lo spettro di frequenze emesse cambia, la frequenza di picco cambia a seconda che sia un ambiente piu’ o meno ricco di vegetazione oppure aperto. Notate che cambia anche parecchio in molti casi, in funzione della capacita’ e della necessita’ che il soggetto ha di discriminare i dettagli piuttosto che di far viaggiare il segnale lontano a seconda che sia in una situazione "affollata" oppure "aperta". Quindi questo e’ un altro problema, e’ costante e va tenuto presente a mio avviso. SCARAVELLI: poi c’e’ un consistentissimo problema soprattutto in ambito mediterraneo che e’ il casino totale delle cavallette… RUGGIERI : pero’ con l’espansione temporale lo risolvi il problema delle cavallette SCARAVELLI: devi avere pero’ una macchina per l’espansione del tempo RUGGIERI: io attualmente sto usando quello e mi trovo bene per cui il problema cavallette e’ piu’ o meno risolto. VERNIER:volevo chiarire visto che era stato detto: "ma come si fa a dire 27000 come frequenza probabile (per l’emissione del Serotino di Nilson n.d.r.)" allora io non so che scuola seguiate voi, io sarei con quella di Ahlen che ha sviluppato nei primi anni ’80 l’utilizzo del bat detector e poi il suo tecnico Peterson l’ha inventato. Pero’ ho detto prima e’ solo uno strumento non ho piu’ tra le mani degli animali allora io vedo un pipistrello di grandi dimensioni col bat detector sento l’emissione a 27000 il Serotino lo vedo, vedo le dimensioni dell’animale, l’altezza di volo, il tipo di volo, l’emissione che fa e, mettendo insieme questi dati riesco ad arrivare ad una determinazione. Abbiamo provato dozzine di volte le catture con reti di specie note, abbiamo verificato con l’animale in mano quello che avevamo controllato col bat detector. Ci sono specie che sono, non dico facili ma possibili da determinare col bat detector altre che sono molto problematiche che poi sono le stesse che sono problematiche per la sistematica cioe’ i gruppi di specie critiche i due Orecchioni, Myotis myotis e Myotis blythi, Myotis mystacinus e M. brandti e poi tutti i Myotis che si assomigliano ma per queste specie qui o uno decide di fare un lavoro molto di dettaglio con i migliori sistemi che ci siano di time expantion e di perdere molto tempo nell’analisi successiva oppure puo’ utilizzare altri metodi che la deontologia offre: i metodi classici della ricerca dei siti, cattura degli animali, il dispendio di energia e’ troppo elevato e puo’ utilizzare il senso fine di trovare esattamente la specie. Piu’ semplicemente noi possiamo arrivare con gran difficolta’ a stabilire a che gruppo noi pensiamo di attribuire la specie. A noi e’ capitato di trovae un Myotis mystacinus ma non abbiamo detto che e’ un Myotis mystacinus , Myotis mystacinus/brandti ?, abbiamo trovato il posto dove pascolava, dove poteva essere, il giorno dopo siamo andati nelle grotte che si trovavano vicino alla zona osservata e abbiamo catturato l’animale. Senza bat detector sarebbe stato molto piu’ difficile, quindi e’ uno strumento di lavoro che va accoppiato ad altre cose MARTINOLI: e’ proprio in questa sede che dobbiamo arrivare a decidere secondo quali modalita’… VERNIER: non si tratta solo di sentire un rumore ma di accoppiare quello che sentiamo a qualcosa d’altro. MARTINOLI: perfetto, questo quindi e’ un approccio differente all’uso del bat detector che molti di noi fanno perche’ in questo caso tu utilizzi…. VERNIER: …l’approccio di Ahlen che dice attenzione: non fidatevi di quello che sentite. Dovete vedere l’animale e fare delle debite proporzioni MARTINOLI: quindi in questo caso il bat detector diventa un supporto ad altri tipi di intervento sulla chirotterofauna. Quando Moretti parlava di 11 specie che si riescono a determinare con buona probabilita’ intendeva in base ad un’analisi di tipo bioacustico quindi utilizzando esclusivamente il segnale registrato col bat detector, quindi, in questo caso, si presuppone un utilizzo del bat detector abbastanza differente. VERNIER: Pero’ Ahlen, che ha sviluppato questi sistemi, dice nella prima pagina del suo lavoro: attenzione non fidatevi e cercate sempre di ottenere piu’dati possibili, che e’ possibile per quasi tutte le specie. Certo che una nottola che vola a 30, 40 m. non la vediamo, pero’ la sentiamo bene. PREATONI: Non e’ stato l’unico Ahlen a predicare l’uso "giudizievole" del bat detector; mi vengono in mente anche Heller e Elversen che lavoravano tra l’altro con un’altra tecnica che e’ simile a quella di Zinng, cioe’ in divisione di frequenza, mentre Ahlen lavora in eterodina con tutti i limiti, che dovrebbero essere ben noti, della tecnica in eterodina. Il bat detector perfetto non esiste e siamo tutti d’accordo a dire che non esistera’ mai. Vero e’ che e’ possibile usarlo integrando gli altri dati, chiaramente. Possiamo fare un parallelo penso con quello che si fa quando impiegano le biometrie: non ne basta una, e soprattutto molte biometrie da sole non bastano. Servono per esempio osservazioni di tipo etologico, analisi genetiche ecc. non e’ una tecnica "autosufficiente" sempre e comuinque. Questa e’ una cosa che dovrebbe risultare da una seduta come questa. VERNIER: Se noi vogliamo studiare in dettaglio le emissioni di una singola specie, troviamo una quantita’ enorme di emissioni. Facendo lavori di dettaglio su una specie sola come sul Pipistrellus kuhli al circolo di fonetica del CNR di Padova, abbiamo visto che liberando in laboratorio piu’ esemplari comparivano delle emissioni a bassa frequenza che sembravano un dialogo o comunque dei suoni sociali tra gli animali. Non penserei mai di usarlo come sistema di rilevamento su campo. PREATONI : Un altro punto da chiarire penso sia proprio questo, ed e’ gia un argomento venuto fuori credo un paio di volte: quali segnali utilizzare ?. Lo stesso Fenton se non sbaglio suggerisce gia una ricetta. Penso che il segnale meglio analizzabile, che da’ i migliori risultati sia quello che tutto sommato ha il minore contenuto informativo (in termini di comunicazione tra individui n.d.r.), cioe’ non e’ il segnale sociale o a scopo di comunicazione, pero’ questa penso sia una cosa che si debba poi giudicare tutti unitamente. RUGGIERI: alcuni richiami sociali dei Pipistrellus sono facilmente identificabili… non so adesso ho in mente i CD di Barathaud, ho provato a fare i sonogrammi delle varie emissioni sociali, si vede che sono nettamente distinguibili, sempre in espansione temporale. Io ormai ho quel bat detector e punto dritto su quello e non ci penso piu’. PREATONI: allora mettiamo a questo punto un’altra questione sul piatto, perche’ mi sembra che sia sensato: sarebbe il caso di pensare quali siano i segnali, ovvero le situazioni in cui i segnali vengono emessi, analizzabili o meno, o meglio utilizzabili o meno ai fini di una identificazione. Cosi’ come e’ gia’ stato fatto col problema delle specie contattabili o meno. HORACEK: identifying bats using frequency repetition rate and that all but very often we forgot that there are also more components that comes in the final design of calls and at least both should be taken into account is the second harmonics or harmonic tones for instance in Plecotus austriacus. Second harmonic when Plecotus austriacus forages close to the surface it puts more energy of the call to rhe second harmonic which is mean intensity about fifty to fiftifive and because low repetition rate the call sounds almost exatly like Pipistrellus pipistrellus and this is for the great majority of bat detectoring people it’s very frequent confusion. In technical use of bat detector should be taken into account another case example of similar tipes is that we often forgot that call of rinolophids of horseshoes bats is not fondamental frequency but harmonics and than they began forage and body temperature is low they put considerable energy to the fondamental frequency so that you can call Rhinolophus ferrumequinum at fourty KHz and it sound very strange and if you found it in the field I’m sure that you will not identify it as R. ferrumequinum. So I wish to stress that in batdetectoring is an excellent tecnique that really open new windows to the word of bats, but it necessarily shoud be used in a very respect to the bat biology and to variety of behavioural qualities the bats perform. PREATONI: Well, I agree with you with the question of harmonics. And I think this is the great adventage of time expansion. Ovvero uno dei problemi soprattutto con Plecotus e Rhinolophus e’ il caso delle armoniche, che non si riescono a rilevare ne con l’eterodina ne con la divisione di frequenza. Evidentemente il discorso specie identificabili-segnali identificabili va visto anche in funzione della tecnica da adottare. Eventualmente una delle informazioni a supporto da aggiungere potrebbe essere anche il tipo di tecnica utilizzata e lo strumento. MUCEDDA: mha, la mia è quasi una battuta… nel senso che ok !, il bat detector ci consente di riconoscere certe specie pero’ diciamo non e’ molto appagante fare un bel giro in macchina dicendo: "ho sentito 8 specie", cioe’ non e’ la stessa cosa catturare un Serotino con le reti, rimanere li’ mentre ti mangia le mani e dire "e’ lui e’ lui..!". Non c’e’ la stessa soddisfazione… e’ solo una battuta. MARTINOLI: da questo punto di vista non possiamo che, e credo che tutti siano daccordo, appoggiare questa affermazione. Allora ritornando ai temi della serata: il Serotino sara’ più contento sicuramente ad essere ascoltato che non ad essere catturato. Ma noi riusciamo comunque ad avere la certezza della determinazione ?… (prendo in considerazione il Serotino solamente ad esempio per riportare il discorso sulla questione pratica). Gettiamo sul tavolo questo problema che e’ stato un po lasciato da parte prima.. Se decidiamo di fare interventi di tipo estensivo su una determinata area per rilevare la presenza di chirotterofauna risulta lecito l’impiego esclusivo del bat detector come metodologia per la determinazione di specie oppure utilizziamo il metodo suggerito da Vernier che e’ l’abbinamento del bat detector, (che comunque consente una grande facilita’ nel reperimento del segnale), con la valutazione di altre caratteristiche come il tipo di volo, la dimensione dell’animale, oppure catturiamo direttamente, meglio ancora….Dino (Scaravelli, n.d.r.) cosa ne pensi ?… SCARAVELLI: probabilmente la soluzione non e’ una: dipende sempre. Bisogna comunque rendersi conto che l’uso del bat detector non e’ il fine, fondalmentamente. Il fine e’ il tipo di ricerca che uno vuol portare avanti e dopo, naturalmente, si valuta l’utilizzo di alcuni strumenti come ad esempio il bat detector, altri usano le reti ecc.. Io propendo per maneggiarli, naturalmente, anche se si rompono ognitanto (battuta scherzosa, n.d.r.). Ma l’importante è tenere sempre presente il fine: se voi volete fare dei bellissimi studi di bioacustica potete usare bellissime tecniche complicate… non ci sono santi: il problema e’ che vi pagano poco per fare la bioacustica. MARTINOLI: a noi, veramente, non ci pagano per niente per questi studi, pero’ è un altro problema… SCARAVELLI: gia’ in genere i soldi devono avere qualche disaffinita’ con i pipistrelli. Vabbe’… Vi pagano soprattutto per fare atlanti e cose del genere. Qual e’ il metodo migliore per fare un atlante: e’ girare col bat detector perche’ andare con le reti alla fine ti pagano poco in relazione alla fatica. Questa e’ la verita’. E allora se mi va di fare atlanti il metodo che suggeriva Edoardo effettivamente e’ il metodo che nacque a suo tempo proprio per questo scopo. Ha dei limiti come ogni tecnica di analisi, quindi usate tutto quello che potete per ricavare dati faunistici seri. L’unico metodo corretto è che, se ci piacciono tanto ad esempio i Pteropodi, ci registriamo le cassette con i suoni. Questo deve essere assolutamente una cosa normale come quando io devo andare a controllare una bestia che ha determinato Lanza: lui ha il barattolo in cui è conservata, non c’e’ nessun problema a riguardarla. Se devo andare a determinare invece una specie perche’ dico: "ma guarda quelli la’ sono venuti a fare un giro dalle mie parti ed hanno beccato la tal specie… bastardi perche’ non mi hanno detto niente.." (in tono ironico n.d.r.), vado a risentire la cassetta. LANZA: si, purche’ tu dia dati oggettivi, e non faccia come qualcuno che mi ha dato il dato per la Sicilia ed invece era per Roma. SCARAVELLI: e’ una questione deontologica comune. Sapete benissimo che si basa essenzialmente sulla fiducia nel mio collega. Quindi e’ gia’ abbastanza complessa (in tono ironico n.d.r.)… LANZA: si’, rimane il fatto che quando rimane la bestia e’ piu’ semplice correggere il dato, per esempio quella che ho sbagliato a determinare io, non per incompetenza mia, ma per ragioni storiche legate alla tecnica che e’ andata avanti. In questo caso (bioacustica n.d.r.) c’e’ il problema legato alla tecnica che e’ in continuo aggiornamento. Quindi quello di serbare i dati potrebbe essere un buon metodo. SCARAVELLI: personalmente io ho un sacco di problemi: mi viene la santa frustrazione, perche’ lavorare in questo modo viene a costare un pacco di milioni. Con i Myotis, li acchiappi e boh… dipende da cosa devi fare, e’ il solito dicsorso. Se si mettesse su una grossa riserva di materiale bioacustico nazionale, perche’ questo eviterebbe il problema dei dialetti, figurati quelli vesuviani cosa dicono (in tono ironico n.d.r.), una grossa riserva disponibile a tutti, come sono le riserve dei dati museali sarebbe una gran cosa…, dopodiche’ tutto il resto e’ deontologia professionale. E’ logico che nella cassetta puoi metterci su l’etichetta di un altro posto. LANZA: per ritornare al discorso di prima (utilizzo dei dati per fare carte di distribuzione n.d.r.): il grigio vuol dire presenza, si fa tutto grigio ed alla fine resta solo quello, ma se il dato viene messo in funzione del metodo di raccolta, oppure come Vernier che guarda a che altezza e come vola, lo si scrive, ma il dato lo si tiene, perche’ puo’ servire. E’ come quando con l’elettroforesi si trovano due specie simili che prima mai si pensava che si fossero trovate, poi dopo c’e’ il caso del Pipistrellus che manda delle emissioni differenti e dopo si va a trovare, ad esempio come per il Discoglosso, delle differenze nelle ossa del cranio. Cioe’, serve per metterci sull’avviso. Quindi non perdiamo dei dati, ma conserviamoli, anche se tenuti ben divisi in relazione alla metodologia di raccolta. DE BERNARDI: mah, io ho capito una cosa, come sottoutilizzatore di bat detector: che intanto una delle ambizioni, che e’ la cosa piu’ intrigante che ha lanciato Ahlen negli anni ’80 e’ proprio quella di fare i transetti. M’immagino che nei paesi scandinavi, dove fa freddo di notte, sia una cosa piacevole stare al coperto in macchina, pero’ questo rilevamento fatto in maniera speditiva, quindi viaggiando, che potra’ essere poi limitato a pochissime specie, non e’ una cosa cosi’ banale. Intanto, se tutti sapessimo quali sono dalle 11 specie determinabili, e scremiamo quelle che si possono determinare in maniera speditiva, così facendo tutti noi saremmo in grado, per un quarto, o un decimo delle specie italiane, di verificare la presenza/assenza. Questa presenza/assenza poi ha una valenza ecologica, voglio dire, noi continuiamo a lavorare sovente con il concetto "gestiamo la nursery o il roost di estivazione, di ibernazione", cioe’ momenti di concentrazione di queste specie. Pero’, se vogliamo aiutarle in termini anche di tutela, dobbiamo fare quel passo successivo che un po’ stanno facendo gli Inglesi, che sono avvantaggiati dall’avere la meta’ delle specie ed una civilta’ naturalistica un po’ piu’ affermata. Pero’ molti dei lavori che fanno gli Inglesi sono indirizzati all’ecologia alimentare, l’utilizzo degli habitat, quindi se io so che una determinata specie e’ li’ che sta mangiando, pascolando come dice Edoardo (Vernier n.d.r.), ho delle informazioni che non sono cosi’ banali. Quindi io mi accontenterei di verificare, alla fine, all’osso, quante delle trenta specie sono effettivamente rilevabili con questi sistemi disponibili. Questi sistemi, inoltre, mi sembra che siano di una dinamica tecnologica molto rapida, gia’ adesso, si diceva, qualsiasi PC e’ in grado di fare un sonogramma, quindi in due o tre anni si abbatteranno determinati costi e forse val la pena in questa sede, anche sulla base delle vostra esperienza, di informare su quello che va tenuto d’occhio, ovvero indicare alcune specie per le quali conviene che tutti noi archiviamo dati, perche’ sono comunque quelle piu’ maneggevoli, piu’ promettenti nel senso di una identificazione per via acustica. Inoltre continuo a pensare che cosi’ come ci sono problemi di sistemetica notevoli, ci siano anche qui problemi analoghi. E, tra l’altro, ci siamo detti prima in un rapido scambio di battute, esiste questo problema dei "fonotipi", ahime’ non fenotipi, ma fonotipi, che immagino pero’ a questo punto siano verificabili. Se in Inghilterra esistono due fonotipi di Pipistrellus, qualcuno li’ acchiappera’ e fara’ un’enzimogenetica. Quando avremo questi dati sapremo se e’ vero che a fenotipo corrisponde fonotipo, o se si tratta solo di un problema di dialetti. LANZA: anni fa c’era una che allevava canarini, aveva i dischi della Wienerwalde: naturalmente ascoltava solo Strauss e in questo caso non ci sono problemi di dialetto. Quel che si sta dicendo qui e’ interessante, perche’ si sta parlando anche di fare una cartografia. Pensate al caso di chi e ha meno specie, gli Inglesi, che hanno la fortuna di vivere in un deserto. E studiano l’ecologia e la biologia. Loro sanno che c’e’ soltanto Pipistrellus pipistrellus, e scoprono che sono due specie. Oppure sanno che c’e’ Pipistrellus, e si accorgono che quando si allontana dagli alberi ha una emissione, e quando si avvicina un’altra: dicono quindi che basti guardarli per capire che esistono due tipi. Questo lo sanno gia’ perche’ hanno catturato degli individui e determinato la specie: da loro era presente solamente quella li’ e quindi non si possono sbagliare. Lo si e’ gia’ detto questa sera. Gia’, ma forse la discussione era sull’affidabilita’ del riconoscimento specifico… MARTINOLI: direi che e’ la sede adatta anche per fare emergere le varie proposte, i diversi problemi, senza limitarci a seguire strettamente il programma, ripeto i punti e gli spunti che abbiamo fornito io e Damiano servivano in modo particolare per far partire la discussione, non pretendevano assolutamente e non sono comunque esaustivi di tutte le problematiche che ruotano intorno al bat detector. Quindi ….. LANZA: ma qualche masochista che ha confrontato a fondo la bibliografia, per tirar fuori dei dati, non sò, fateci un trattatello.. MARTINOLI: direi che il punto di partenza rimane il lavoro di Zing che ha lavorato sulle specie europee e tutto il resto del lavoro che Gareth Jones e Fenton in modo particolare, stanno facendo e forse Russo meglio di me (sta svolgendo il Ph.D. con Garret Jones, n.d.r.) puo’ parlare di questi nuovi apporti. Per quanto riguarda poi l’utilizzo del bat detector, si parlava prima dei due gruppi fonici di Pipistrellus: e’ sicuramente un approccio interessante perche’ come diceva lei prima (Lanza, n.d.r.) si mette in evidenza un aspetto "interessante" in una prima fase e poi si va a verificare in dettaglio, cosa, per altro, che stanno facendo dal punto di vista genetico, quindi avremo delle conferme anche da questo fronte. Vedremo quindi se questi gruppi fonici, gruppi dialettali, fonotipi, non so come definirli, saranno identificabili come entità specifiche differenti con l’impiego delle analisi genetiche. PREATONI: esiste anche il "trattatello" di Pye degli anni ‘80 e tutt’ora, anche se un po datato, quel testo rimane il testo base sia per le tecniche, sia per la struttura dei segnali in se. Penso che sia anche lo stato dell’arte. Il discorso e’ rivedere la parte applicativa delle tecniche che e’ quello che penso si stia cominciando a fare qui questa sera. E comunque abbiamo gia’ illustri precursori in Zingg, Zbinden, Fenton, e ultimamente in Jones. BERTOLINO: da quanto ho capito ci sono recentemente delle tecniche che richiedono delle attrezzature anche costose. PREATONI: non necessariamente… BERTOLINO: o comunque delle competenze di bioacustica maggiori che non tutti hanno voglia o tempo di acquisire, allora sarebbe utile poter stabilire che alcune specie sono identificabili con una certa sicurezza e quindi su queste specie si possono fare degli studi ecologici di uso dell’habitat mediante il bat detector. Ci possono poi essere specie che possono essere riconosciute soltanto da chi ha una grossa esperienza nell’utilizzo di sonogrammi, di attrezzature, di programmi ecc.. Allora potrebbe essere utile avere dei referenti a livello nazionale a cui eventualmente inviare delle registraziooni limitatamente ai dati che potrebbero essere interessanti dal punto di vista faunistico, perche’ magari rappresenbtano una segnalazione utile per un atlante, e che pero’ il singolo non ha le competenze necessarie per effettuare una determinazione accurata perche’ non ha approfondito l’aspetto bioacustico. Quindi io che mi occupo magari di pipistrelli a tempo pieno so che alcune specie le posso determinare, altre, se ritengo che il mio dato puo’ essere utile a livello regionale, so a chi mandare la registrazione per una determinazione con delle competenze e attrezzature piu’ affidabili. SCARAVELLI:pero’ il problema e’ sempre poi quello…se tu hai una bestia e non riesci a determinarla, hai un cranietto tutto sbriciolato..lo mandi al Prof. Lanza e lui te lo determina…. LANZA: …no ! (in tono ironico, n.d.r.) SCARAVELLI:…prima deve guardare 2000 0 3000 Pletodontidi, poi puo’ darsi che te la guardi…il problema e sempre quello: chi ti guarda questa roba, primo te lo faccia in tempi brevi…perche’ tu puoi mandarli ad un esperto, lui te la guarda…7 anni dopo puo’ darsi che tu qualcosa sappia per interposta persona….o a questi due simpatici (Preatoni e Martinoli, n.d.r.) che nel frattempo avranno cambiato mestiere e cose del genere…questo e’ normale per chi si occupa di insetti, che spedisce materiale allo specialista, che poi non te lo rimanda…il problema non e’ questo…ci sono alcune persone che potrebbero determinarle…il problema e’ che ciascuno vorrebbe arrivare ad avere lui le capacità cosi’ poi lo pagano per farlo…metti caso…io sono venale… MARTINOLI:si vede ! In tutti gli interventi sottolinei questo aspetto….(con ironia, n.d.r.) MARTINOLI: prima di passare la parola a Moretti volevo sottolineare che, come si puo’ dedurre dalla giovane eta’ mia e di Damiano, la nostra esperienza in campo bioacustico e’ alquanto limitata: sono appena due anni, dico appena per sottolineare come anche noi siamo indietro da questo punto di vista…non siamo certo ai livelli di Zingg, Zbinden, Obrist e via dicendo, anche noi abbiamo i nostri bei problemi che stiamo affrontando nel settore bioacustico, ma non siamo gli "esperti" a cui si manda la cassetta per le determinazioni… MORETTI: commento l’idea di mandare del materiale registrato a delle persone con maggiore esperienza proprio perche’ lo provato direttamente, offrendomi di registrare materiale ed inviarlo a Zingg. Lui mi ha detto che ci mette piu’ tempo ad analizzare quel dato registrato che non venire direttamente a fare la registrazione, perche’ gia’ la registrazione e’ un arte. La saturazione del suono, e molte altre cose a cui bisogna prestare attenzione. Questi problemi li ho rispolverati seguendo un corso di 2 giorni di bioacustica organizzato a Berna, dove Obrist e Zbinden si sono messi a disposizione per far vedere quali sono i limiti delle tecniche di analisi. Un corso che vorremmo riproporre anche qua in Italia…., magari ne parleremo poi. Per far capire che la determinazione del dato al computrer te la giochi nella registrazione: puoi avere il Canary (software di analisi audio, n.d.r.) o tutte le tecniche piu’ sofisticate ma se il dato non e’ stato registrato in maniera conveniente non puoi arrivare a determinarlo correttamente. Per cui anche registrare pensando che un altro faccia dei miracoli e’ molto difficile. PREATONI: due cose, Marco:…la prima sulla registrazione bhe, non e’ poi difficile imparare a registrare decentemente.. MORETTI: si, pero’ bisogna imparare ! PREATONI: si, però ci si mette molto meno tempo che a formarsi l’orecchio, questo e’ innegabile. Basta sapere a che livello regolare il volume, che registratore usare, che cassetta usare. Questi sono dati che si trovano spulciando la letteratura esistente. Anche perche’ gli strumenti che poi vanno bene si contano sulla punta di tre dita, per cui…Un altro discorso e’ quello dei campioni di riferimento, guardiamo cosa succede fuori dalla porta di casa (nostra, visto che tu sei svizzero…) e vediamo cosa sta succedendo su questo fronte: in base a quello che so io, in Australia, in America, in Inghilterra, in Francia sono gia’ disponibili in linea (su Internet, n.d.r.) perche’ queste tecniche nuove ci sono gia’ e funzionano anche, ci sono delle banche di campioni audio, e nessuno te le puo’ "fregare" perche’ si possono copiare, sono copie identiche, uno si collega in rete e le scarica oppure le deposita, questa sarebbe una cosa che si potrebbe cominciare a fare anche in Italia, visto che ormai e’ una tecnica stracollaudata. MORETTI: chi omologa i dati che una immette nella rete ? PREATONI: questo e’ un problema che va affrontato! MARTINOLI: forse qui andiamo un po oltre…sicuramente si puo’ affrontare come discorso ma direi che questo va oltre i limiti che ci siamo posti per questa sera.. MUCEDDA: c’e’ una cosa di cui non si e’ parlato e cioe’ del tempo che occorre per imparare queste tecniche. Andare a vedere i pipistrelli in un sito non richiede grandi perdite di tempo, per acquisire tecniche col bat detector sono necessari anche degli anni, quindi ci vuole una lunga esperienza, passare delle stagioni a sentire i suoni, registrarli…quindi non vi illudete che chiunque compri un bat detector improvvisamente sa’ gia’ riconoscere le specie, bisogna andare con qualcuno che gia’ lo sa fare e non dimenticherei tra gli autori che avete citato, Barathaud, che ha messo in circolazione il CD con un libretto di commento di Tupinier. MARTINOLI: a questo proposito vorrei un po sdrammatizzare per quanto concerne le problematiche di acquisizione delle tecniche: noi abbiamo in tesi studenti che iniziano a lavorare usando queste metodologie e dopo pochi mesi sono gia’ in grado di destreggiarsi abilmente. Di base occorre ovviamente una buona conoscenza nell’uso del calcolatore, ma e’ una cosa che ormai e’ abbastanza frequente, in quanto il computer e’ uno strumento bene o male correntemente utilizzato da tutti. A parte questo, per il resto credo sia piu’ difficile imparare a determinare alcune specie a vivo…piuttosto che utilizzare software per analisi dei dati audio. RUGGERI: io uso tutte e tre le tecniche (Eterodina, divisione di frequenza e time expansion, n.d.r.) anche se piu’ di tutte l’espansione temporale perche’ e’ quella che mi da piu’ soddisfazione e forse anche piu’ informazioni. Pero’ utilizzo il dato solamente una volta che ho catturato l’animale in zona. Ad esempio ora ho varie registrazioni che mi sembrano di M. mystacinus pero’ io non l’ho mai catturato anche se l’ho visto, mi girava attorno, piccolino l’ambiente e’ quello, pero’ non ho la certezza…Nel momento in cui catturo il M. mystacinus, se ho una registrazione identica a 500m-1 km dal sito di cattura posso dire che molto probabilmente e’ un altro M. mystacinus. C’e’ sempre il discorso mystacinus/brandti, pero’…diciamo io tutti gli animali che ho segnalato per la provincia di Piacenza li ho tutti catturati e poi ovviamente ho usato il bat detector facendo i sonogrammi e se la specie l’avevo gia’ catturato. PREATONI: vuol dire che al limite ti posso prestare un M. mystacinus, visto che qualcuno ne abbiamo (in tono scherzoso, n.d.r.), non sono molto belle come registrazioni, pero’..ne abbiamo…Comunque anche noi, a parte che usiamo solo la divisione di frequenza, usiamo un protocollo simile. Non apriamo bocca nel senso di dire "questa specie c’e’", se non abbiamo effettuato anche la cattura e la registrazione dell’animale catturato. Questa potrebbe essere presa in considerazione come regola di base. MARTINOLI: se magari qualche altro ricercatore utilizza il bat detector con tecniche differenti rispetto a uelle ricordate sin qui, a parte l’utilizzo del bat detector per indirizzare altre attivita’, come diceva Mucedda, quali le esplorazioni della grotta, le catture con mistnet, ecc., per avere un quadro generale delle metodiche impiegate più ampio, può intervenire liberamente. SCARAVELLI: avete appena detto che la cosa migliore da farsi e’ la vostra….nessuno parlera’ piu’.. MARTINOLI: ma no, cosa dici… non scherzare PREATONI:si puo’ proporre di meglio ancora… MUCEDDA: io direi che e’ il caso di trovare qualcuno in grado di organizzare un bello stage. MARTINOLI: ne approfitto per ricollegarmi a quello che diceva Moretti prima. Moretti ha proposto a me e Damiano di ospitare Martin Obrist e Karl Zbinden, due ricercatori svizzeri che hanno messo a punto queste tecniche di cui abbiamo discusso prima, e che sarebbero disposti a fare un corso, definiamolo in modo molto ampio, di "bioacustica", di due giorni. Ovviamente e’ ancora tutto da organizzare, ma loro hanno proposto alcune date possibili, che cadrebbero a a giugno. Chi e’ interessato ad approfondire le tematiche legate al riconoscimento attraverso l’analisi bioacustica sappia che esiste questa possibilita’. MORETTI: posso spiegare come si svolgerebbe lo stage, avendolo gia’ seguito a Berna. C’e’ una parte introduttiva teorica, che ora vogliono rodurre, perche’ si e’ visto che quello che interessava di piu’ era sia imparare ad adoperare correttamente il registratore ed il bat detector sul campo, sia usare il software per l’analisi. La prima sera viene fatta un uscita ove si fanno delle registrazioni. Zbinden e Obrist propongono una loro strumentazione, ma ci sara’ anche la possibilita’ di provare una nuova tecnica, che ora non anticipo, oltre che la disponibilita’ a verificare altri strumenti, tipo i bat detectors di Lars Pettersson (che a Berna non hanno). Zbinden e Obrist sarebbero anche molto interessati a fare registrazioni in parallelo con diversi strumenti, per poi analizzarle. Per quanto riguarda il software, loro lavorano con Canary, ma se qualcuno avesse altri programmi e’ possibile fare dei confronti.Anche perche’ Canary funziona solo su MacIntosh, e se qualcuno volesse provare Avisoft o altri programmi c’e’ questa possibilita’. Credo che lasceranno molto piu’ spazio a queste esperienze o all’analisi di materiale registrato da voi, in quanto sono molto aperti alla sperimentazione. Penso che sia un’occasione per porre domande concrete, nel limite delle loro possibilita’ di risposta. MARTINOLI: quindi si configura non tanto come un corso ma come una sperimentazione diretta, e cioe’ qualcosa di piu’. MORETTI: si… chiaramente la lingua ufficiale sara’ l’inglese, ma non penso che ci siano problemi. MARTINOLI: Bene. Se non ci sono altri interventi, cerchiamo di tirare le somme sulle problematiche emerse. Ovviamente tutti gli interventi di stasera sono stati registrati, e ci occuperemo in seguito di sbobinare la cassetta. SCARAVELLI: …di analizzare e riconoscere…(in tono ironico, n.d.r.) MARTINOLI: per fortuna, no, perche’ ciascuno di voi ha detto il proprio nome prima dell’intervento. Dicevo, ci occuperemo di sintetizzare il materiale e renderlo disponibile negli atti del Convegno. MUCEDDA: dove si terra’ il corso ? PREATONI: a Varese MORETTI: e’ possibile raccogliere delle preiscrizioni, a livello informale, che verranno utilizzate per contattare gli interessati. Gli organizzatori saranno Martinoli e Preatoni, io probabilmente non ci saro’. Occorre comunque un numero minimo di partecipanti, anche per mantenere dei costi ridotti. PREATONI: Bene, se non c’e’ altro vorrei provare a tirare le fila: ho annotato alcuni punti che penso siano i punti chiave legati all’uso del bat detector, nella realta’ italiana. Fondamentamente i problemi (e penso che questo workshop possa risolverli in parte), sono quelli legati alle tecniche. Occorre innanzitutto sfatare il mito della bioacustica, che bene o male e’ alla portata di chiunque: non e’ come usare un calibro, ma e’ molto simile. Un altra questione riguarda l’identificazione di specie e situazioni "valide" per utilizzare dei segnali da bat detector per l’identificazione specifica. Altri due problemi sorgono come conseguenze, e cioe’ la necessita’ di un ente o di una persona che faccia da punto di riferimento per la questione della banca dati registrazioni. Questo e’ senz’altro un punto essenziale, se vogliamo che si possa arrivare, non per tutte le specie ma per alcune, all’identificazione specifica. MARTINOLI: se non c’e’ nient’altro da aggiungere, direi che possiamo chiudere… BRESSI: possiamo allora concludere che in Italia non c’e’ nessuno che usando solo il bat detector, ma neanche vedendo l’animale, possa determinarlo. Esiste anche la possibilita’ di presentare I dati di presenza specificando "dato da bat detector". MARTINOLI: direi che questo e’ comunque essenziale. Fa parte integrante della raccolta dati specificare la metodica di raccolta utilizzata. BRESSI: allora non siamo comunque in grado di usare solo il bat detector per determinare le specie in Italia ? LANZA: sembrerebbe che qualcuno a Zurigo ci sia riuscito. Sono "tedeschi" e sono molto severi… dov’e’ Moretti… La persona di cui parlava Moretti (Zingg, n.d.r.) e’ sicura: sul Tadarida non si puo’ sbagliare, ma anche l’Eptesicus serotinus si puo determinare: quando il segnale e’ attorno ai ventisettemila Hz non puo’ essere che lui. Moretti diceva anche che quello li’ bravissimo (Zingg, n.d.r.) delle volte non era sicuro neppure lui dell’Eptesicus serotinus, perche’ aveva sentito delle varianti che danno sovrapposizioni con i segnali di altre specie. Si dice che in Italia sia certo il fatto che Eptesicus serotinus emette sui 27.000 Hz. VERNIER: ma dipende anche da quello che sento a 27.000 Hz, e da quello che vedo. LANZA beh, comunque in certi casi il bat detector puo’ essere utile e dare la sicurezza. L’identificazione di Tadarida teniotis e’ sicura al cento per cento? PREATONI: si, si, identificare Tadarida e’ possibile anche senza bat detector! Appoggio in pieno quello che ha detto Lanza. E’ vero che esiste qualche comune mortale in gradi di determinare correttamente piu’ specie, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo. Se vogliamo fare un’analogia ci possiamo riportare al campo della biometria: Vernier dice "sento un segnale a 27 KHz", ma una misura non basta. Tutto quello che e’ stato fatto, non solo da noi ma da tutti I ricercatori coinvolti, e’ fare piu’ misure di diversi parametri, comunque legati fra di loro, ma se consideriamo la morfometria di un cranio… un cranio e’ a forma di cranio, e tutti i parametri saranno dipendenti fra di loro: il discorso e’ perfettamente analogo. E’ possibile una identificazione specifica per via acustica, e piu’ andiamo avanti e piu’ sara’ possibile, quantomeno, questo e’ quello che io mi auguro. Chiaramente non sara’ poss