Indialogo.it www.in-dialogo.it Suppl. n° al n.1/2009 di “Incontri Con…” Periodico di cultura religiosa realizzato in collaborazione con l’Ufficio Irc/smi-sms e la Comm. per l’Ecumenismo e il dialogo della Diocesi di Pinerolo, Via Vescovado 1, Pinerolo. Dir. responsabile: Antonio Denanni Anno 2, n.3, Maggio/Giugno 2011 I sacri monti e i complessi devozionali A 300 anni dall’unità Abbiamo appena celebrato i 150 anni dell’unità d’Italia, dove si è guardato al passato per ricordare quello che hanno fatto i nostri antenati. Non pago di questa commemorazione qualcuno si è messo ad ipotizzare che cosa celebreranno dello stesso evento i nostri eredi quando fra altri centocinquant’anni ricorderanno i trecento anni dell’unità d’Italia. Forse a Roma, a Torino, a Firenze e in qualche altra città qualcuno ricorderà l’evento di quella che fu l’Italia, che probabilmente sarà inserita nella Federazione degli Stati uniti mondiali. In qualche scuola, durante l’ora di storia, si vedranno magari dei documentari tridimensionali di questi eventi. Delle associazioni forse organizzeranno qualche conferenza. Sono naturalmente delle semplici proiezioni o forse desideri dell’animo umano. È bello infatti pensare che il passato rimanga nel cuore e nelle menti dei posteri che verranno ed essi ricordino che un po’ del loro presente è frutto delle generazioni che li hanno preceduti. Un presente-futuro, si spera fraterno e solidale, che ha avuto inizio nel passato. Buon compleanno Italia. Antonio Denanni La fede, nello svettare delle montagne Tutte le culture hanno da sempre ritrovato nelle cime dei monti una tensione verso l’oltre La storia delle fedi è legata anche alla sacralità delle montagne. Tutte le culture hanno ritrovato nello svettare della montagna una immagine della tensione verso l’oltre e l’altro rispetto al limite terrestre e tutte le religioni vi hanno letto un segno del divino. Lunghi elenchi di monti sacri, le cui vette sono segnate da santuari, appartengono a tutte le tradizioni religiose. Nella mitologia indù il dio Shiva abita le montagne in compagnia della sua sposa, la dea Parvati, nome che letteralmente significa «la montanara», e si celebra il monte Meru come «una trave di legno che funge da puntello perché il cielo non cada sulla terra». Della civiltà greca è noto il significato dell’Olimpo o del monte Parnaso. Gli Ittiti consideravano i monti come la sede del dio della tempesta. In Giappone i monti sono considerati residenze dei kami, le divinità: da lassù fanno scorrere l’acqua per le coltivazioni. Gli spiriti degli antenati, purificati dai riti funebri, salgono sui monti ove sono divinizzati. Le On line per gli altri ascensioni ai monti sacri, come il Fuji-yama, sono vere e proprie processioni mistiche, ricche di rituali purificatori. Per i maestri taoisti cinesi è, invece, il monte K’un-lun la sede paradisiaca dell’immortalità: lassù il Signore Celeste, Chan Tao-ling, aveva scoperto due spade vittoriose contro gli spiriti del male e da lì era asceso al cielo In questo numero www.finesettimana.org Portale dell’Associazione Culturale “don G. Giacomini” di Pallanza, che organizza incontri culturali-religiosi nei fine settimana. www.1b1s.org Il sito One Body One Spirit è una vera e propria “piazza virtuale” dove le diverse espressioni del mondo cristiano possono incontrarsi e lavorare insieme. www.rivisteonline.org Banca dati di libera consultazione sponsorizzata dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose e Teologico di Assisi e dalla Conferenza Episcopale Italiana Gli abati di S.Maria /1 pag. 2 Atei, credenti e speranza pag. 3 Chiesa di pietra e di carne pag. 4 SS. Trinità, ovvero... pag. 6 Non solo profitto pag. 7 Il cibo dell’ultimo minuto pag. 8 I mediatori intergenerazionali pag.10 Sono 40 anni che si pensa alla salute della terra Giornata Mondiale della Terra (Earth Day) «Tutti, a prescindere dalla razza, dal sesso, da quanto guadagnino, hanno diritto ad un ambiente sano e sostenibile» Il 22 aprile si è celebrata la Giornata Mondiale della Terra (Earth Day). Si tratta del 41° “compleanno” da quando, nel 1970, il senatore americano Gaylord Nelson ha istituito il “Giorno della Terra” per promuovere una giornata di educazione e sensibilizzazione sui temi dell’ambiente e della natura. L’iniziativa si è allargata nel 1990 al di fuori dai confini statunitensi, quando il coinvolgimento di ben 141 Stati ha conferito al Giorno della Terra una dimensione internazionale. Oggi sono circa 200 i Paesi coordinati Indialogo_maggio2011.indd 1 dall’Earth Day Network, che ogni anno il 22 Aprile mobilita organizzazioni in tutto il mondo per promuovere iniziative a sostegno della protezione e della sostenibilità ambientale cui partecipano quasi mezzo miliardo di persone. Nato come movimento universitario, nel tempo, l’Earth Day è divenuto un avvenimento educativo ed informativo. I gruppi ecologisti lo utilizzano quale occasione per valutare le problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili. L’Earth Day, il giorno della Terra, da più di quarant’anni si basa saldamente su questo principio: tutti, a prescindere dalla razza, dal sesso, da quanto guadagnino o dal luogo in cui vivono, hanno il diritto ad un ambiente sano e sostenibile. L’edizione del 2011 è stata organizzata attorno alle “Billion Acts of Green” (Un Miliardo di azioni verdi). Cioè ad impegni di singoli cittadini, associazioni, Enti e Governi, aziende che puntano a migliorare la vita in maniera sostenibile. Possono essere registrati sia i singoli gesti che le grandi iniziative che puntano alla sostenibilità e alla riduzione misurabile delle emissioni di CO2. L’obiettivo dell’EDN è di far registrare un miliardo di azioni prima del Summit della Terra che si terrà dal 14 al 16 maggio 2012 a Rio de Janeiro in Brasile. Ad oggi sono oltre 80 milioni le azioni registrate sul sito ufficiale dell’EDN per questa che è la più grande campagna di servizio ambientale nel mondo. Per informazioni e per aderire: www.giornatamondialedellaterra.it . su un drago dai cinque colori, dopo aver bevuto l’elisir dell’immortalità. Per gli arabi è la catena montuosa Qâf, fatta di smeraldo, in cima alla quale si scopre l’infinita distesa dei cieli divini. In quella montagna vive in perfetta solitudine fin dall’origine del mondo l’uccello mitico Simurgh, fonte di sapienza e di felicità perché a lui è concesso di vedere Segue a pag.2 Supplemento d‘anima Mukhtar Mai Mukhtar Mai è una attivista pakistana per i diritti umani. Nata in una contea rurale del distretto di Muzaffargarh più o meno nel 1972 (ma lei stessa non è del tutto certa del suo anno di nascita), nel 2002 è stata violentata da quattro uomini del clan Mastoi come vendetta di una presunta relazione tra il fratello minore di lei, Shakoor, e una donna appartenente al clan Mastoi, che avrebbe gettato disonore su tutto il clan. Successivamente è stato scoperto che l’accusa a Shakoor era stata formulata per coprire la violenza subita dal ragazzo stesso da parte di uomini Mastoi. Nonostante fosse svelata la verità di questa duplice violenza, molti si attendevano che Mukhtar, come accade generalmente in Pakistan dopo uno stupro, si suicidasse per la vergogna. Ma lei, appoggiata dalla madre e da 200 abitanti del suo paese, ha iniziato una battaglia legale contro i suoi violentatori, sostenuta dalle organizzazioni per i diritti umani. Segue a pag.2 11/05/2011 13.01.38 Indialogo.it Pag. 2 dei giornali Terzo canto Pennellate bibliche del Servo ci hanno “Il Signore Terzo canto del Servo i n f o r m a t o Dio mi ha sull’ennesidato mo atto di violenza, che ha condotto una lingua da discepolo, per- al martirio un servo della pace: un voché io sappia indirizzare una lontario italiano attivo in Palestina. Si parola allo sfiduciato. (…) tratta dell’ultima vittima di una lunga Il Signore Dio mi ha aperto lista. l’orecchio e io non ho oppoSpontaneamente, sentendo leggere sto resistenza, non mi sono tirato in- quel testo nella Domenica delle Paldietro. me, la mente è andata a quanti (di Ho presentato il mio dorso ai flagelogni o di nessuna fede) hanno il colatori, le mie guance a coloro che mi raggio di mettere la propria esistenza strappavano la barba; non ho sottrata servizio di altre persone, costi quel to la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo che costi. Mi è sembrato di cogliere con imnon resto svergognato, per questo mediatezza l’attualizzazione delle parendo la mia faccia dura come pietra, role di Isaia e mi è anche tornata alla sapendo di non restare confuso. mente una suggestiva interpretazione È vicino chi mi rende giustizia: chi del celebre passo del discorso della oserà venire a contesa con me? Afmontagna: “se uno ti dà uno schiaffrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. fo sulla guancia destra, tu porgigli Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi anche l’altra” (Mt. 5,39) proposta da mons. Tonino Bello che pressappoco dichiarerà colpevole?”(Is. 50,4-9) Si tratta del famoso terzo canto del insegnava così: «le tue minacce, le tue Servo di Jahvé, testo sul quale siamo percosse su entrambe le guance non spesso sollecitati a riflettere, soprattut- mi fanno paura e non mi fermeranno to nel periodo che precede immediata- nel ricercare la giustizia». Anche da queste righe dunque un camente la Pasqua. Per una triste coincidenza quest’an- loroso ringraziamento a tutti i testimono, pochi giorni prima dell’inizio del- ni della giustizia e ai servi dell’amore. Carlo Gonella la Settimana Santa, le prime pagine (La rivista Glamour la nomina donna dell’anno). Tre uomini sono stati imprigionati per sodomia, subita da Shakoor, ma cinque dei sei uomini accusati da Mukhtar, in un primo tempo condannati a morte, sono stati liberati nel 2005 e poi assolti qualche Segue da pag.1 L’Abbazia di Santa Maria nel borgo Verano di Pinerolo venne retta dalle sue origini (1064) al 1434 da 29 abati claustrali, cioè eletti dal monaci che vivevano nel monastero e, secondo la Bolla di Gregorio VII del 1073, per la regolarità della elezione, dovevano essere presenti due altri abati e poi l’eletto riceveva l’investitura papale. Di molti di essi la storia dice poco. Di altri, invece, sono ricordati gli avvenimenti sociali e politici di quel periodo. Dalmazzo regge l’Abbazia dal 1123 al 1144 come sesto abate. Il papa Callisto II dal Laterano con sua Bolla gli conferma l’indipendenza dai vescovi e la giurisdizione su Pinerolo, su parte di Frossasco, su Reietto, sulla Val Lemina, su Miradolo, Porte, Turina, Malanaggio, Villaretto, Pinasca, Perosa, la Val San Martino, l’alta Val Pragelato, Legnasco, Famolasco, Buria- settimana fa. Con gli 8.300 dollari ottenuti come indennizzo Mukhtar ha costruito due scuole e un Centro per rifugiati nel suo villaggio, che fino a quel momento ne era totalmente privo. Adesso combatte giornalmente per i diritti delle trecento ragazze nelle due La fede, nello svettare... da p.1 il mistero dei cieli divini. In Medio Oriente sono le ziqqurrat, i famosi templi a gradoni della Mesopotamia, che riproducono in forma architettonica la simbologia di un monte sacro, sul cui vertice si ergeva il santuariettoresidenza delle divinità. A questa simbologia si ispira il sogno di Giacobbe narrato dalla Genesi: «Una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo. Ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa» (28, 12). Su questo schema di collegamento tra cielo e terra (ascesi spirituale) è stata vissuta la spiritualità di molti monaci del deserto. Il monastero più noto è quello di Santa Caterina nel Sinai, uno dei monti biblici fondamentali. Così pure l’esperienza mistica proposta da san Giovanni della Croce (1542-1591) ha come riferimento simbolo il monte Carmelo. I monti biblici più noti a cui si fa riferimento per la spiritualità dei sacri monti sono: l’Ararat su cui posa l’arca di Noè, il Moria del sacrificio scuole, che secondo il costume locale dovrebbero essere quasi tutte già sposate e conseguentemente aver abbandonato gli studi. Mukhtar stessa ha imparato a leggere e scrivere solo dopo la costruzione delle scuole, avendo cominciato a lavorare nei campi sin da giovanissima. Pagine di storia religiosa del Pinerolese presso la corte d’Inghilterra. L’abate viene ricordato per aver portato l’acqua del Lemina e del Rio Merdarello sino al Borgo Piano per irrigare i terreni coltivati fuori delle mura, ma anche per usi igienici e di aver incrementato la vita agricola sul territorio con l’abbattimento di molte aree coperte da foreste e rese abitabili. Nel 1294 egli fa innalzare le forche presso il ponte vecchio di San Martino de’ Fulgeriis sul Chisone dove termina il suo territorio. Questo provoca la reazione dei viandanti provenienti dalla Val Perosa. Il governatore di quella comunità organizza una spedizione per abbattere le forche. L’abate chiede aiuto a Pinerolo da dove accorrono numerosi armati per fronteggiare gli uomini del governatore di Perosa schierandosi sul ponte. Aurelio Bernardi Gli abati dell’abbazia di Santa Maria - 1 Indialogo_maggio2011.indd 2 sco, Piossasco, Rivalta, l’isola ligure di Gallinara e Porto Maurizio. Si chiude con questo Abate il periodo delle donazioni di terre che fanno della Abbazia una di quelle più estese come territorio del Piemonte. Gerardo II (1235-1238) è il quindicesimo Abate. Il papa Gregorio IX, indignato per l’omaggio reso da questo Abate all’imperatore Federico II, lo scomunica, privandolo della dignità abbaziale. I monaci eleggono nuovo abate Albuino, il sedicesimo (1239-1246), il quale cede i diritti abbaziali sopra Pinerolo al conte Amedeo IV di Savoia e chiede al popolo di ubbidirgli. In cambio, Amedeo, con il consenso del fratello Tommaso, suo erede, dà al Monastero la facoltà di far legna nei boschi di Miradolo, il transito dei bovini ed il pascolo senza Maggio 2011 pedaggio, per tutta la contea. L’ostilità dei pinerolesi e degli stessi monaci per questo scambio e l’intervento della Santa Sede che disapprovò l’intesa, costrinse l’abate, accusato anche di pessimi costumi, a fuggire a Cumiana. Pinerolo giura nel 1246 fedeltà a Tommaso II di Fiandra che diviene anche padrone della Val Chisone. Al Monastero resta solo più la giurisdizione temporale su Abbadia, San Pietro Val Lemina e la Val San Martino. Balangero dei Bersatori (1287-1288) è il diciannovesimo abate claustrale. Era prevosto della Collegiata dei Santi Donato e Maurizio sin dal 1272. Egli proveniva da una illustre e antica famiglia investita di vari feudi nel pinerolese che darà due vescovi alla diocesi di Aosta di cui il primo, Nicolò (1283-1300), ebbe anche il ruolo di ambasciatore di Isacco, il Sinai dell’esodo, il Nebo della morte di Mosè, il Carmelo di Elia, il Sion del tempio gerosolimitano, il monte delle Tentazioni di Cristo e quello delle Beatitudini, il monte della Trasfigurazione e il Golgota-Calvario, sino al monte degli Ulivi che nell’ascensione di Gesù congiunge terra e cielo. In epoca più recente, a partire dalla fine del XV secolo, in ambito europeo cristiano e nel nuovo mondo si sono sviluppati in contesti montani dei luoghi di pellegrinaggio con cappelle o santuari,che hanno portato alla definizione di “Sacro Monte”. Questi edifici sono collocati in genere su di una altura elevata, in un ambiente naturale, in una posizione appartata rispetto al centro urbano e vi si giunge prevalentemente mediante un pellegrinaggio. Non di rado il percorso richiama la Via Dolorosa, il cammino che da Gerusalemme conduce al Calvario percorso dal Cristo caricato della Croce. Sul tema dei Sacri Monti si è tenuto nell’autunno del 2004 un convegno internazionale a Torino. A.D. Cfr. www.sacrimonti.net. I sacri monti italiani nel Patrimonio mondiale dell’Unesco Dal 1979 ad oggi sono 36 i siti della nostra penisola iscritti nella Lista del Patrimonio mondiale dell’Umanità. L’elenco comprende città d’arte e paesaggi incantevoli. Nel luglio 2003 l’Unesco ha inserito anche i Sacri Monti di Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta, Ossuccio, Varallo e Varese. 11/05/2011 13.01.40 Cultura Pag. 3 Maggio 2011 Il teologo della speranza e della croce Jürgen Moltmann Atei e credenti uniti dalla speranza «Non esiste una chiara linea di confine fra credenti e non credenti... La fede è universale» Teologo della speranza e della croce, Jürgen Moltmann chiede ai cristiani di «riversarsi» nel mondo dei non credenti per annunciare quel Dio «che sta con i senza Dio». Il pensatore protestante saluta come «urgente e necessaria» l’apertura di un confronto fra laici e cristiani su Dio. La sua riflessione si è incentrata sulla speranza. Come essa può interagire nello scambio tra credenti e non credenti? «Non esiste una chiara linea di confine fra credenti e non credenti, come fra cristiani e musulmani. La fede è universale come l’incredulità. In ogni credente si trova l’incredulità ed in ogni ateo la fede. In ciascun essere umano si svolge un dialogo fra fede e incredulità: “Signore, io credo, ma tu aiutami nella mia incredulità”, grida il padre del giovane malato nel Vangelo di Marco. Nessuno è soddisfatto della propria incredulità. La speranza è più ampia perché legata all’amore per la vita. Speriamo finché respiriamo e, se dubitiamo e diventiamo tristi, la speranza persa ci tormenta. Dove viene distrutta la speranza nella vita inizia la violenza e la morte». Cosa offre «in più» la fede cristiana? «Il cristianesimo costituisce la “religione della speranza”: chi spera in Dio ha sempre aperti nuovi orizzonti. La fede è fiduciosa speranza: il futuro non è estrinseco al cristianesimo, bensì l’elemento della sua fede, la nota su cui si accordano le sue canzoni, i colori con cui sono dipinti i suoi quadri. Una speranza viva risveglia ogni nostro senso per il nuovo giorno e ci riempie di un meraviglioso amore per la vita, poiché sappiamo che siamo attesi e, quando moriremo, ci attende la festa della vita eterna. La speranza abbraccia credenti e atei perché Dio spera in noi, ci accoglie e non abbandona nessuno». Lei ha scritto molto sulla Croce, che sembra non interessare più l’Europa. Il Crocifisso può tornare ad essere eloquente? «La questione di Dio e del dolore è il punto di partenza del moderno ateismo europeo. Muore un bambino, migliaia di persone vengono uccise, innocenti cadono per mano terroristica. E dov’è Dio? All’antico interrogativo della teodicea non vi è risposta: se Dio è buono e onnipotente, perché la sofferenza? Se Dio vuole il bene ma non impedisce il dolore, non è buono. La giustificazione migliore di Dio, dice chi lo denigra, è di non esistere. Ma l’ateismo è una risposta? Se Dio non esiste, perché la sofferenza sulla terra? Non ci serve un Dio da accusare? Questa discussione mi è sempre parsa teorica». Come affrontare tale scandalo? «Per chi è tormentato dal dolore non si tratta di avere una risposta a un perché: egli cerca un aiuto e una speranza per uscire dal dolore. Quando ero in pericolo di vita non mi sono chiesto perché mi trovassi in quella situazione: ho domandato aiuto urlando. Una divinità buona ed onnipotente non può aiutarci. Al centro del cristianesimo si trova la passione di Dio sulla croce di Cristo. In ciò si palesa una passione per la vita colma di compassione per le devastazioni della vita. “Solo il Dio sofferente può aiutare” scrisse Bonhoeffer in cella guardando il Dio crocifisso. Nel Cristo moribondo il dolore di Dio ha trovato la sua espressione umana: Dio soffre le nostre pene. Cristo viene per cercare ciò che è perduto e lui stesso si dà per perso per trovare i persi. Chi si avvicina a Cristo prende parte al dolore di Dio e percepisce la sua desolazione. È successo a Giovanni Paolo II e a Madre Teresa». Lorenzo Fazzini, Avvenire, 3.2.2011 Lo scrittore Erri De Luca e il matematico Roberto Natalini La scienza e tutta la vita è ricca d’infinito «Nel fluire degli avvenimenti bisogna fare i conti con infiniti tipi di infinito» La scienza e la vita ci parlano dell’infinito come certezza e come speranza. Il matematico Roberto Natalini testimonia che buona parte della scienza moderna si fonda non solo sull’idea ma sull’uso dell’infinito. Lo scrittore Erri De Luca chiama in causa il concetto opposto, quello di “finito”, e afferma che neanche in carcere, dove stai spalle al muro e faccia alle sbarre, devi darti per “finito”. Recentemente, di fronte a un’assemblea di detenuti, ha detto: «Nessuno consideri la prigione come una “fine in cui finire”». Insomma ci si accorge che non solo la conoscenza scientifica ma la stessa vita è potenzialmente ricca di infinito: in tutte le condizioni, anche in quelle che appaiono disperate, è possibile un “nuovo inizio”. Ma «come lettore di scrittura sacra – rileva De Luca – posso dire che l’infinito è caratteristica esclusiva della divinità». [...] La scienza incontra l’infinito in varie occasioni. Basta una moltiplicazione appena più complessa di quelle che si fanno a scuola, e i cosiddetti Indialogo_maggio2011.indd 3 numeri naturali non bastano più. Per non parlare della teoria della relatività e della fisica quantistica, osserva Natalini, che è dirigente di ricerca presso l’Istituto per le applicazioni del calcolo del Cnr. E non esiste soltanto un tipo di infinito: «Bisogna fare i conti con infiniti tipi di infinito». C’è una circostanza straordinaria in cui si afferra l’infinito. Quando avvertiamo il tempo, il fluire degli avvenimenti e noi stessi, «precipitiamo dentro di noi in momenti di infinita intensità. Segue una sorta di infinita concentrazione che ci fa presumere di poter avere una percezione infinita e un’anima immortale». E qui Natalini ricorda il film Miracolo a Milano, quando l’indovino ripete a ogni barbone:«Lei non finisce qui. No, no. Chissà dove finirà lei. Diventerà una grande persona. Lei non finisce qui». Ma nella vita c’è una “speranza di infinito”? Nel caso di chi ha fede, risponde De Luca, «è come un tentativo di sporgersi oltre, di guardare un po’ più lontano». Nella fotografia, si chiama messa a fuoco all’infinito. «L’idea di infinito spunta quando guardiamo l’orizzonte. Che cosa c’è, dopo? Il credente lo sa. Il non credente si ferma lì». De Luca segue l’evoluzione di un ragazzo che era entrato in carcere da mafioso, poi ha studiato e ora è diventato ingegnere informatico. «Ma solo un’esigua minoranza si riscatta. Per gli altri, il tempo della pena resta un carico da buttare a fine percorso». E invece non bisogna rassegnarsi a «dare il tempo per perduto». La salvezza è alla portata di tutti: dipende dalla capacità della persona, dalla spinta che parte da dentro; sta nelle nostre fibre». [...] Luigi Dell’Aglio, Avvenire, 11.5.2010 Ritagli In volo da Joannesburg di Anonimo su numerosi blog La scena che segue si è svolta sul volo della compagnia British Airways tra Johannesburg e Londra. Una donna bianca, di circa 50 anni, prende posto in classe economica di fianco a un nero. Visibilmente turbata, chiama la hostess. «Qual è il suo problema signora?» chiede la hostess. «Ma non lo vede?» risponde la signora. «Mi avete messo a fianco di un nero. Non sopporto di rimanere accanto a questa persona. Assegnatemi un altro posto». «Per favore, si calmi - dice la hostess - perché tutti i posti sono occupati. Vado a vedere se ce n’è uno disponibile». L’hostess si allontana e ritorna alcuni minuti più tardi: «Signora, è come pensavo, nella classe economica non c’è nessun altro posto libero. Ho parlato col comandante e mi ha confermato che non c’è nessun posto neanche in classe executive. Ci è rimasto libero soltanto un posto in prima classe». E, prima che la donna possa fare il ben che minimo commento, la hostess continua: «Nella nostra compagnia è del tutto insolito permettere ad una persona con biglietto in classe economica di sedersi in prima classe. Ma, viste le circostanze, il comandante trova che sarebbe scandaloso obbligare qualcuno a sedersi a fianco di una persona sgradevole». E rivolgendosi al nero l’hostess prosegue: «Dunque, signore, prenda il suo bagaglio a mano, perchè una poltrona in prima classe la attende». E tutti i passeggeri vicini che, allibiti, avevano assistito alla scena, si alzano e applaudono. 11/05/2011 13.01.42 Progetto culturale Pag. 4 Maggio 2011 La Parrocchia/ 5 - di Don Primo Mazzolari La chiesa di pietra e la chiesa di carne Dal cap. 5 del libretto di Don Primo Mazzolari “LA PARROCCHIA” Capitolo V Anche la chiesa di pietra è a servizio dei poveri. Una chiesa troppo bella non può essere una parrocchiale. Infatti le chiese troppo belle sono più musei che parrocchie; e i sacerdoti sono guardati come ministri del culto, i quali predicano bene, ma non sono “il nostro prete”. Parrocchia e parroco sono due fatti di amicizia e di intimità, più che di grazia, o di cultura, o di bellezza. Solo l’amicizia riposa, dà confidenza e stabilisce l’uguaglianza. Il problema dell’apostolato parrocchiale non consiste unicamente nel costruire la “domus Dei”, ma nel renderla “domus plebis”. Moltissime cose si possono regalare, non la chiesa - parlo della chiesa di pietra - se vogliamo ch’essa conservi il suo naturale titolo di “plebana” come si chiamavano le chiese dei primi tempi: un titolo di nobiltà vera, anche se la parola plebana è l’inverso di nobile. Ma che cosa non ha redento e nobilitato la Chiesa attraverso i secoli, quando non si è fatta aiutare da coloro che detengono o il denaro o il potere o la fama? Farsi regalare una chiesa da coloro che credono nella sua utilità solo in funzione conservatrice e reazionaria è almeno molto pericoloso. Passando davanti a una chiesa in costruzione nella periferia di una grande città, un capocellula diceva ai suoi compagni : “Ecco un cavallo di Troia!”. Non è bello lasciarsi impressionare da certe insinuazioni, ma siccome nell’animo di molta gente c’è già l’indisposizione verso un creduto connubio tra il padrone e il prete bisogna tenerne conto. E un altro diceva: “Adoperano i nostri soldi ed essi ci fanno bella figura!”. Ci sarebbe qui il problema, grosso e delicato, del “denaro in chiesa”, problema che non si risolve con la gratuità dei servizi di culto resi ai poveri. Se io dico a un mio parrocchiano: “Tu non puoi pagare, e le esequie saranno di carità”, invece di andargli incontro lo umilio due volte, perché non può dare e perché avrà il rito di “carità”. Il povero vuole l’uguaglianza: vuole che i suoi morti abbiano le stesse accoglienze rituali dei ricchi e i suoi figlioli, nel giorno delle nozze, uguale festa dei figli del padrone. Il povero chiede che almeno nella casa del Padre non ci siano differenze o “accettazioni di persone”. Vi ho parlato di belle chiese, di chiese troppo belle, che a fatica si impiegano al servizio. Non crediate che mi piacciano le cose brutte: ho solo paura che il povero ci stia in soggezione e avverta il distacco e il “di più”. Quando il divario tra la “casa del Povero” e la “casa dei poveri” è troppo, non è che il povero si metta in soggezione, ma può essere preso da un dubbio; “Mi dicono che Gesù è il Povero: guarda che bella casa possiede!”. Un ragionamento sbagliato, lo so bene: ma che importa un ragionamento sbagliato, se la gente lo fa e ci crede? Quando la periferia parigina non aveva che baracche per chiese, la gente che viveva in baracche consimili riusciva a dire: “Questo è il “compagno” che va bene”. E andavano a trovarlo. Più tardi, quando son diventate di pietra come quelle della zona borghese, i poveri hanno voltato le spalle al “compagno Cristo” che stava diventando borghese pure lui. L’amore più grande, prima di dare la vita, accetta la sorte di colui che ama. Quando vado a far visita ai carcerati m’accorgo che voglio loro bene fino a un certo punto. E la prova è questa: io esco e loro restano dentro. Il Signore non ci ha fatto né ricchi né felici, ma facendosi uomo è rimasto con noi. E non soltanto l’Incarnazione, ma anche l’Eucaristia, se non la intendiamo così, perde assai del suo significato divino. In molte parrocchie sorgono oratori e cinema parrocchiali meravigliosi. Una parrocchia di 1500 anime vi ha speso circa sessanta milioni. Il vescovo l’ha benedetto e se ne è compiaciuto al pari della stampa; la povera gente un po’meno. Niente di più utile della salvezza del fanciullo. Però, in quella parrocchia, vivono in media un centinaio di disoccupati, e almeno una trentina di giovani oltre i venticinque anni che non si possono sposare per ché non hanno casa, e le case sono quel che sono. Primo Mazzolari, La parrocchia,. EDB (5, continua) Che cosa ci guadagniamo a pensare? George Bernard Shaw scriveva “La gente normalmente pensa una volta all’anno. Io mi sono fatto una reputazione internazionale pensando una o due volte alla settimana”. Occupati come siamo a venderci bene e vendere meglio, corriamo il rischio di non pensare neppure una volta ali “anno. Mi risulta che in giro vi siano infiniti corsi per dimagrire (!), per imparare a parlare (per dire cosa?), per ap-prendere tecniche di “comunicazione” efficace (che cos’è la comunicazione?), ma non ho mai letto da qualche parte l’esistenza di un “corso per imparare a pensare”. E così, a forza di vivere “fuori” da se stessi, evitando le nostre parti più intime, puntando sempre di più a co-struirsi un “falso Sé” da esibire, siamo sempre più esposti al panico, alla insicurezza, in balia degli eventi e degli altri. Per capire la gravita della situazione basti pensare che negli ultimi trent’anni i disturbi d’ansia sono au-mentati del 429 per cento, cioè si sono quadruplicati! Pensare non è solo teorizzare, disquisire ecc. Pensare è una operazione che coinvolge la nostra emotività, la nostra affettività, cioè la nostra mente nel suo significato più ampio. […] Che cosa ci guadagniamo a pensare? Intanto ci guadagniamo che siamo noi a suonare la musica e non diventiamo dei burattini nelle mani di altri che ci vogliono comprare con i loro fuochi d’artificio. Inoltre, passando nel nostro interno, guadagniamo la capacità di contenere, di imparare a lasciar depositare in noi ciò che viviamo, senza per forza cercare subito un rimedio per espellere il dolore e il dubbio. Questo ci rende più forti, più maturi e ci consente di non smarrirci di fronte agli eventi che la vita personale e sociale ci presenta. Michele Cerato, Associazione Rafael www.associazionerafael.it I nuovi preti La spiritualità del prete diocesano di Giuseppe Grampa Soprattutto, l’esistenza di un uomo “spirituale” obbedisce al comando di amare come Cristo: cioè di essere per gli altri, come Lui, realizzando una dedizione e una donazione, che si fa prossimità, condivisione, cura dell’altro. In questi elementi fondamentali possiamo individuare la vocazione e la spiritualità del presbitero diocesano. Se volessimo esprimerla in una formula riassuntiva potremmo dire che la spiritualità del presbitero diocesano consiste nella “dedizione stabile ad una Chiesa particolare, come specificazione di valore nella direzione della carità pastorale verso la chiesa”. Per essa il presbitero viene donato a una Chiesa locale: si pone cioè al servizio del disegno di Dio relativo all’evento della Chiesa locale, di cui impara a studiarne la storia, a leggerne il volto, a raccoglierne l’eredità spirituale attraverso la trama dei rapporti con tutti i membri della comunità. E’ come dire che la vocazione propria del presbitero è vivere la carità, la dedizione di sé, dentro una Chiesa locale, in comunione con il Vescovo, con segni e gesti di condivisione, di corresponsabilità, di un comune prendersi a carico i fedeli. L’orientamento o lo specifico della carità presbiterale è dunque questo amore: “Un amore dovuto anche a chi non vi ha altro titolo, fuorché la dimora in un dato territorio, fuorché il trovarsi in un dato posto nella società ecclesiastica, affidato alla cura del pastore. E’ un amore che indica un’appartenenza, che non si può declinare… Un amore che deve avere sempre disponibile una riserva di eroismo e di dedizione: a tale tremendo amore ci siamo votati; è questo che ci qualifica. Venir meno non si può… “ (G.B. Montini, Discorsi dell’Arcivescovo di Milano, Milano, 1963). La spiritualità del prete si specifica dunque come carità pastorale, come profonda e singolare partecipazione alla missione di servizio di Cristo, nel dedicarsi alla propria Chiesa.[...] “Oggetto pertanto di questo amore è la diocesi, meglio, ‘la Chiesa di Dio che è’ in questo determinato punto dello spazio, dove si costruisce organizzandosi in un modo particolare, attorno ad un vescovo determinato; e presenta caratteristiche possibilità ed esigenze, conserva molteplici tradizioni umane e cristiane, dà vita a diversi organismi ed istituzioni. Tutta codesta complessa realtà – nella generalità dei suoi aspetti e dei compiti a cui può chiamare – verrà abbracciata ed amata e fatta termine di una donazione che si vuole senza divisioni, ad imitazione di quella del vescovo: ciò si esprime accettando l’incardinazione e impegnandosi al celibato” (G. Moioli, Scritti sul prete, Glossa, Milano 1990) Giuseppe Grampa, vescovo di Lugano Centro Formazione Professionale Sede di Pinerolo Via Regis, 34 - Pinerolo tel. 0121.76675 - [email protected] www.engimpinerolo.it Indialogo_maggio2011.indd 4 11/05/2011 13.01.45 Focus Pag. 5 W Schmid: “La felicità piena comprende anche...” “Le persone aspirano alla felicità e da alcuni anni a questa parte più appassionatamente che mai. E fin qui ci siamo, ma il problema è: la definizione di felicità non è uguale per tutti, come invece molti credono. Il più delle volte intendiamo stare bene, essere in salute, sentirsi a proprio agio, divertirsi, fare esperienze gradevoli, godere dei piaceri della vita, avere successo, in poche parole: sperimentare tutto ciò che si considera positivo. [...] E allora dove sta il problema? Questo tipo di felicità rende avidi. Non bastano pochi attimi, tutta la vita deve essere positiva - il benessere a tutti i costi. [...] La moderna concezione del mondo e dell’uomo parte dal presupposto che tutto possa essere positivo; tuttavia, esistono anche cose negative che non scompaiono, indipendentemente da quanti interventi di chirurgia estetica si facciano, da quali farmaci si inventino e da quali misure politiche si adottino. Ricercare la felicità solo in quanto c’è di positivo equivale ad un restringimento della prospettiva che nulla ha a che vedere con la vita vera. Per felicità dovremmo intendere anche altro; una riflessione filosofica potrebbe offrirci qualche spunto. Presto impariamo che la vita presenta anche altri lati, non sempre lieti, se non altro perchè prima o poi ci si esaurisce... L’uomo moderno non sa amministrare questi «tempi morti», questi momenti di “stasi”; ha difficoltà nell’affrontare periodi tristi, grigi, banali, peggio ancora se accompagnati dal dolore. Per fortuna esiste anche un altro tipo di felicità! La felicità nella pienezza comprende sempre anche il rovescio della medaglia, cio’ che è spiacevole, doloroso e negativo e con cui bisogna fare i conti. Ha meno pretese della felicità del benessere, poichè non è sempre e solo in attesa di qualcosa di positivo; dipende unicamente dall’atteggiamento che dapprima si assume e poi si apprende nei confronti della vita, riflettendo sulle sue peculiarità, su tutti i suoi aspetti e la sua impoderabilità. Non sono forse proprio la polarità, la contrapposizione e la contradditorietà quelle che vediamo in tutte le cose ed esperienze? Riesco ad accettare la polarità della vita, se non in tutte le sue forme almeno nella sua struttura di base? Riesco a condividere tutto quello che mi succede? Come convivo con quello che c’è di negativo in me e nella mia esistenza? La vita in tutta la sua polarità appare comunque bella e apprezzabile? Allora comprendo di essere inserito in un contesto più ampio in cui trovano spazio sia l’uno sia l’altro. Con un senso di gratitudine e una gioia possibile solo se non ci si limita a voler cogliere unicamente gli aspetti positivi della vita. Questa felicità “altra” a poco a che fare con il denaro, piuttosto con lo spirito.” W. Schmid, L’altra felicita; LaStampa, 22.9.09 T. Auriemma: “Resistere... Contro la falsa bellezza” Affinché la chirurgia estetica possa attecchire, è necessario non solo avere coscienza del proprio corpo, ma anche percepirlo come imperfetto, difettoso, brutto. Tommaso Auriemma, autore di Contro la falsa bellezza. Filosofia della chirurgia estetica (Melangolo 2010) parla di mutilazione: essa «è la condizione fondamentale affinché l’intervento chirurgico venga invocato. Dobbiamo sentirci mancanti, storpi. Prima di seminare un certo gusto, la cultura della chirurgia estetica semina disgusto». Una percezione serena e corretta del proprio corpo non spinge a modificarlo, quindi è necessario che il soggetto venga indotto a sentirsi brutto, imperfetto. Entra in gioco allora prepotentemente la valenza culturale della chirurgia estetica, la cui necessità è invocata per creare orrore, disagio, in modo che l’individuo non stia più bene con se stesso: «Bisogna che si crei un disagio, bisogna sottrarre agli individui ogni amore di sé». Bisogna che le persone siano indotte a provare vergogna per il proprio corpo. “Normale”, infatti, non è un corpo con le sue caratteristiche originali e le sue eventuali smagliature, bensì il corpo “perfetto”, quello modellato dall’intervento chirurgico. Vale la pena sottolineare il rovesciamento del concetto di normalità, mentre molto resta ancora da indagare sul bombardamento culturale che lo produce. Ecco allora che tanti ragazzi e ragazze, senza dimenticare anche persone meno giovani, si sentono straniere nel proprio corpo: non lo accettano più, non lo amano più, non ci stanno più dentro. Devono cambiarlo, perché tutto il loro malessere si annida lì. Una volta creato il bisogno, si offre anche la soluzione: ti vergogni di come sei? Puoi cambiarti a tuo piacimento! E’ il corpo che non siamo, infatti, a essere esaltato. Una parte rilevante nella costruzione dei meccanismi psicologici e sociali che precedono il ricorso alla chirurgia della bellezza è interpretata dai divi, innalzati a modello, raggiungibile e imitabile a patto che si intervenga… I divi, i vip, si pongono come modelli in un doppio senso: indicano una bellezza da raggiungere e sono la dimostrazione, in quanto ne sono essi stessi fruitori, che essa è raggiungibile, grazie ai miracoli della nuova chirurgia. Del divo i giornali di gossip si affannano a raccontare non solo le avventure amorose, ma anche ogni ritocco. Il gioco è smascherato: prima si provoca la vergogna di sé, poi si incoraggia a superarla ricorrendo alla chirurgia della bellezza. P. Perazzolo, Il nostro tempo, 23.1.2011 Amos Oz: “I fanatici all’origine del conflitto di civiltà” Il vero conflitto di civiltà non è quello ipotizzato nel celebre saggio di Samuel Huntington. Non è fra Est e Ovest e anzi non ha punti cardinali. Per Amos Oz è il conflitto «tra i fanatici e tutti gli altri». È un tema che gli sta molto cuore. Sul fanatismo ha scritto un saggio, Contro il fanatismo, edito da Feltrinelli qualche anno fa. L’impressione è che tutta la sua opera, penso in particolare a un romanzo come La scatola nera, si interroghi su questo aspetto inquietante dell’esistenza umana. «È vero. Ne parlo nei romanzi, ne ho parlato nell’autobiografia. Del resto è il problema del secolo. Il fanatico è un cattivo genio che si annida in ciascuno di noi, comincia nella famiglia e si allarga alla società. Lo si riconosce dal fatto che vuol cambiare le persone a ogni costo. Direi che questo atteggiamento esiste dovunque e anzi si sta sempre più imponendo». Lei non lo collega in via privilegiata alla religione, come viene spontaneo pensare? Indialogo_maggio2011.indd 5 «Non è solo un problema di religioni. Pensi al terrorismo degli Anni Settanta in Italia. Era mosso da un’ideologia, che non è esattamente un religione. Ma si può andare anche oltre: io ad esempio continuo a essere un militante pacifista, ma ci sono certi pacifisti in Israele che, se potessero, mi ucciderebbero volentieri. O ancora: secondo lei non è fanatismo quello di certi animalisti vegetariani, per non parlare della criminalizzazione dei fumatori? Il problema è che il fanatico è sempre altruista, agisce su una scena pubblica, è molto interessato a te perché vuole cambiarti, renderti migliore. E allora dico: attenti a quelli che dedicano la loro vita a cercare di cambiarti». [...] Considera la tolleranza l’opposto del fanatismo? «Sì, insieme all’immaginazione, alla curiosità, e a tanti altri atteggiamenti positivi nei confronti del mondo e degli altri». È però un concetto moderno, almeno nella forma in cui la intendiamo. Nasce con l’Illuminismo. Il fanatismo è ben più antico, forse eterno. «Anche la tolleranza è antica. Pensi alla democrazia greca. O al Talmud, dove la gente è esplicitamente invitata a discutere e confrontarsi. Credo che in ognuno di noi ci sia un genio della tolleranza, proprio come c’è quello del fanatismo». [...] Anche l’amore però è ambivalente. «Il fanatico dice di amarti, fa tutto per te, arriva a ucciderti perché pensa al tuo benessere e alla tua anima. Dobbiamo renderci conto che la lotta contro il fanatismo è oggi la più importante. Ci vorrebbero dei dipartimenti di fanatismo comparato nelle maggiori università» Mario Baudino, La Stampa, 7.11.2010 Maggio 2011 Decaloghi moderni I comandamenti dell’amicizia a cura di Denis Sonet Denis Sonet, educatore giovanile, ha raccolto alcune affermazioni di celebri autori sull’amicizia, per costruire un decalogo. 1. Stimerai l’amicizia come la più preziosa delle perle «Nessun rimedio ha più valore, nessuno è più efficace di un amico presso il quale troviamo conforto nelle giornate cattive e insieme al quale condividiamo la gioia nei momenti di felicità» (A. Rievaulx). 2. Amerai tutti i tuoi amici senza gelosie «I veri amici non permettono alla gelosia e allo spirito di competizione di degradare o alterare il loro rapporto; l’amicizia non è esclusiva né possessiva». È dunque importante amare prima se stessi: «Non ci si può innamorare di nessuno, se prima di tutto non si è amici di se stessi» (E. Strachen). 3. Aprirai generosamente la tua amicizia ad altri cuori «Se il cuore si apre agli altri, si allarga e si riempie di gioia: questo è il bellissimo segreto della vita interiore». «L’amicizia richiusa in se stessa finisce per stancare e deludere; ad essere sempre e solo in due, si finisce per intristirsi e annoiarsi». 4. Manterrai l’amicizia con il dialogo «L’amicizia ha bisogno della comunicazione tra amici. Altrimenti non può nascere né vivere». Gli uomini hanno bisogno di parlare e di essere ascoltati: «La loro anima colma di preoccupazioni, di noia o di gioie aspira ad esprimersi. Le parole permettono una comunicazione reciproca» (F. di Sales). 5. Ai tuoi amici confiderai le tue pene e le tue gioie in tutta semplicità «Un amico è qualcuno che sa tutto di voi e, ciononostante, vi ama» (la Bibbia). «Una delle grandi felicità della vita è l’amicizia, e una delle felicità dell’amicizia è aver qualcuno a cui confidare un segreto» (A. Manzoni). 6. Ai tuoi amici ti mostrerai come sei Quale conforto è provare una completa fiducia in qualcuno, poter dire le cose come vengono, senza dover pesare le parole, poter stare in silenzio se lo desideriamo. Sì, il segno della vera amicizia è il fatto che il silenzio non pesa. 7. Fornirai loro un valido sostegno nelle difficoltà «La vera amicizia nasce nel momento in cui decido di essere amico, e non solo di averne uno». «Amico è colui che è al vostro fianco nei momenti difficili». «Quando un amico è in difficoltà, non annoiatelo chiedendogli cosa potete fare per lui; pensate a quello che sarebbe opportuno fare e fatelo» (E. Howe). 8. Ai tuoi amici perdonerai i loro difetti senza esitazioni «Nell’amicizia non si va lontano, se non si sa perdonare». «Per farsi un amico, bisogna chiudere un occhio. Per conservarlo, bisogna chiuderli tutte e due!» (N. Douglas). 9. Cercherai di rendere migliori i tuoi amici Ci sono amicizie fatte di complicità che non fanno che alimentare la mediocrità. La vera amicizia è un’amicizia di emulazione. «Amare qualcuno, diceva Dostoiewski, significa vederlo come Dio voleva che fosse». 10. Con i tuoi amici costruirai appassionatamente un mondo migliore L’amicizia non cambia soltanto due cuori, ma cambia tutti i rapporti con gli altri e può cambiare il mondo, se è posta al servizio di un grande progetto. D. Sonet, Scoprire l’amore, SEI 11/05/2011 13.01.47 Documenti Pag. 6 Maggio 2011 Un commento sulla SS.TRINITÀ, “convivialità delle differenze” SS. Trinità, ovvero la democrazia allo stato puro «Il Dio dei cristiani aiuta a capire la relazionalità. E oggi anche la scienza parla di relazionalità» So benissimo che parlare oggi della SS. Trinità non è facile, per due motivi: anzitutto perché ci hanno forse nauseato secoli e secoli di discussioni puramente teologiche, con intrecci anche fortemente filosofici, ma senza incidere minimamente sulla realtà esistenziale di un popolo a cui di Dio interessava solo una cosa: che almeno fosse la Consolazione e per alcuni il Giudice supremo. E c’è un secondo motivo: oggi si preferisce parlare di Dio in generale, per evitare di cadere in contrapposizioni religiose che non aiutano certo un dialogo ecumenico. Anche se, siamo sinceri, si può finire in un qualunquismo che porta ad un appiattimento anche nel campo sociale. Lo sappiamo: l’essere umano ha bisogno di sentirsi parte dell’infinito, e di sognare oltre la banalità di un presente che ci riduce ad una specie di larve. Cristo ci ha parlato del Padre e dello Spirito Santo, e lo ha fatto a modo suo. Senza usare una terminologia per addetti ai lavori. Se leggendo i Vangeli ci troviamo di fronte a discorsi un po’ complessi, non penso che Gesù abbia parlato così alle folle e tanto meno ai discepoli, anch’essi duri di comprendonio. Si nota la mano della Chiesa primitiva. C’è già il tentativo di fare teologia. Una cosa risulta chiara: Dio non è solo un nome generico, ma ha un volto, un volto che naturalmente ha bisogno del nostro linguaggio umano per esprimersi. E il rischio è duplice: avvicinarci troppo a Dio estraniandoci dal nostro mondo reale, o avvicinare troppo Dio al nostro mondo banale. Vorrei fare ora qualche considerazione personale. Una prima cosa da dire è questa. L’essere umano sente il bisogno d’infinito. Anche il più distratto. Anche il più rozzo. Anche il meno sensibile. In quanto essere umano ha sete d’infinito. Ha sete, perché l’infinito è presente, ma è come se non ci fosse. Chiamatelo come volete, ma l’infinito è l’essere divino che fa parte del nostro essere umano. Non esiste alcun ateismo, in questo senso. Si può essere atei, si deve esserlo nel senso di rifiutare un Dio che ha spento in noi l’infinito e il suo desiderio. La religione favorisce l’ateismo, quando ci offre e ci impone un Dio scontato e banale. In questo senso gli atei sono i più disposti ad accogliere l’infinito che c’è nell’essere umano. E in questo senso i credenti sono coloro che uccidono l’infinito che è in noi. Indialogo_maggio2011.indd 6 C’è un’altra osservazione. Il Dio che partito preso o ideologica. convivialità. Sappiamo che il cammino ci ha rivelato Gesù Cristo ci può aiutare La comunità ideale è quella che è lungo e faticoso. Ma non risolveremo a capire meglio questo mondo. In fondo, esprime le migliori energie di ciascuno. certo le tensioni creando ulteriori diciamolo, un Dio anonimo, senza volto Sto dicendo belle parole, ma poi nella tensioni o paure. fa comodo a tutti. Non dice nulla. È un realtà di tutti i giorni non facciamo che Bisogna credere nella convivialità delle alibi al nostro sfrenato egoismo. Ma se screditarle. Il mondo politico da una differenze: qui sta il futuro dell’umanità Dio ha un volto, per modo di dire, allora parte, e quello religioso dall’altra, non globale. i nostri rapporti con lui cambiano, e fanno che omologare oppure dividere. Eppure per noi credenti la cosa cambiano i nostri rapporti con la realtà. Ecco poi il razzismo, il fondamentalismo, dovrebbe essere più facile, per modo di Dunque, il Dio dei cristiani aiuta a l’integralismo, l’emarginazione. dire. Crediamo nella Trinità, ovvero in capire la relazionalità, e noi sappiamo Secondo me siamo ancora ben lontani un Dio uno e trino. Ma penso che a noi che anche la scienza, oggi soprattutto, dalla “convivialità delle differenze” di sia indifferente che Dio sia uno e trino. A parla di relazionalità. Non ci interessa cui parlava don Tonino Bello. Ognuno noi interessa fare di Dio, vago e anonimo, al momento capire come possano si crede un mondo a sé. Noi abbiamo una bandiera per i nostri egoismi politici nell’unico Dio convivere tre persone e paura dell’altro. E ci creano ad arte la o religiosi. E qui sta l’errore madornale tre relazioni. I teologi hanno tentato, oggi paura dell’altro. Viviamo di paure delle che rallenta il corso della Storia. forse un po’ meno, di capirne qualcosa, differenze. Certo, il problema sta nella Don Giorgio Capitani, 29 maggio 2010 usando anche una terminologia presa dalla filosofia. Non saprei a vantaggio di chi, non senz’altro del popolo cristiano. Una cosa però dovrebbe farci piacere: sapere che anche Dio è relazione. Interessante, intrigante parlare di democrazia divina allo stato puro. Già la parola monoteismo andrebbe riletta e superata. Tiriamo almeno una conseguenza più concreta. Don Tonino Bello, pensando proprio alla Trinità, L’immagine che dà di sè la Chiesa parlava spesso di “convivialità delle differenze”. Le differenze convivono, vivono insieme, Ormai non ci si Manca il respiro (Ancora, pp. 144, stanno bene insieme, presta nemmeno più 13,00). Gli autori - Saverio Xeres, rimanendo però differenze. attenzione, ma nei presbitero e docente di storia della chiesa Qui sta il punto. Noi parliamo mezzi di informazione presso la facoltà Teologica dell’Italia di comunità, di unitarietà, si è ritornati alla settentrionale, e Giorgio Campanini, di armonia, e pensiamo «antica e preconciliare laico e già professore di Storia delle che tutto debba livellarsi. identificazione fra chiesa dottrine politiche, oltre che di teologia Confondiamo la convivenza italiana e Conferenza del laicato - danno voce a un disagio con l’omologazione. episcopale», anzi sovente addirittura sempre più diffuso tra i cattolici italiani, Perché ci sia una società tra cattolici e presidenza della Cei. E alla sofferenza di tanti credenti che ideale, occorre che le differenze questo non dipende in primo luogo amano e hanno a cuore la propria chiesa di ciascuno rimangano. Un da una sbrigativa semplificazione e la vorrebbero in costante riforma per dipinto è bello quando c’è una da parte dei mass media, ma da un presentarsi al suo Signore «senza macchia armonica contrapposizione di progressivo dilatarsi della forbice tra la né ruga» (Ef 5,27). [...] colori. I colori non si devono sovraesposizione dei vertici ecclesiastici L’immagine che emerge da questo confondere. Pensate al gioco e l’afasia dell’opinione pubblica nella doppio, appassionato sguardo non è delle luci. chiesa. delle più incoraggianti: sempre più Non dobbiamo, perciò, avere È l’immagine che la chiesa dà di se fedeli assistono scoraggiati e impotenti paura della diversità di usi e stessa che in un certo senso autorizza a un progressivo depotenziamento dei costumi, delle culture, delle l’osservatore esterno a identificarla con documenti conciliari, specie di quelli religioni, ecc. Qui sta il bello. le figure più rappresentative del suo portatori di un nuovo soffio vitale nella Anche sulla parola integrazione, episcopato. Non si tratta quindi di un chiesa. Sembra quasi che le decisioni stiamo attenti. Integrazione deplorevole malcostume giornalistico, collegiali assunte dai padri conciliari non significa omologazione quanto piuttosto di un serio campanello - che, non si dimentichi, costituiscono e neppure una specie di d’allarme sullo stato di salute della chiesa la più alta espressione del magistero compromesso (tiriamoci italiana e sul suo impatto nella società ecclesiale - siano equiparati ai molteplici pronunciamenti di singole conferenze indietro in qualcosa per andare civile. L’impressione più diffusa all’esterno, episcopali e di uffici nazionali che d’accordo), casomai nella ma soprattutto all’interno della chiesa, finiscono per esprimere una sempre più esplicazione migliore di ciò che è quella sinteticamente evidenziata dal accentuata autoreferenzialità della chiesa. ciascuno è, senza tuttavia cadere titolo di un breve saggio a due voci: Enzo Bianchi, La Stampa 16.04.2010 in una contrapposizione per Sempre più appiattita sulle figure dell’episcopato 11/05/2011 13.01.49 Orizzonti aperti Pag. 7 Al cuore della fede - 10 Poesie Secondo la Caritas in veritate di Benedetto XVI L’amore nella verità «L’amore nella verità — caritas in veritate — è una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione. Il rischio del nostro tempo è che all’interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano. Solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante. La condivisione dei beni e delle risorse, da cui proviene l’autentico sviluppo, non è assicurata dal solo progresso tecnico e da mere relazioni di convenienza, ma dal potenziale di amore che vince il male con il bene (cfr Rm 12,21) e apre alla reciprocità delle coscienze e delle libertà. La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende «minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati». Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione. Senza verità si cade in una visione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori — talora nemmeno i significati — con cui giudicarla e orientarla. La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà (cfr Gv 8,32) e della possibilità di uno sviluppo umano integrale». Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 9 Sempre in attesa di Pasqualino Ricossa Addio verdi colli ognor festanti e liete vigne d’uve fragranti. Addio semplice felice fanciullezza. Mi sembra sempre di arrivare, e mi scopro sempre in attesa. La notte attende il mattino, il mattino attende la sera. Il seme lo stupore del germinare l’incanto il volo dell’uccellino. È splendore lo schiudersi fragrante della rosa, anche se pungono le spine. Ora, al declinar della vita, sommo l’ansie delle mie attese: ancora mi è duopo aspettare. Rose e spine; cadono i petali come gli anni e i giorni miei. Lunghe attese ed ancora attese. Qualcosa c’è oltre la vita che alimenta questo aspettare. Non ha più senso la parola FINE. Pasqualino Ricossa Turismo, estetica e spiritualità L’abbazia di Boscodon, in Francia Nella Valle della Durance, poco oltre Embrun, si sale a sinistra verso l’Abbazia di Boscodon, edificata nello scenario delle Alpi a 1150 m. d’altitudine. La sua origine risale al 1130, quando Guillaume de Montmirail donò un vasto appezzamento boschivo (“bosc”, richiama il legno; “don”, da “dunum”, i luoghi alti) a chierici e laici che volessero servire Dio seguendo la regola basiliana o benedettina. Nel 1142 con dettina riformata dell’Ordine di Chalais, nell’Isère, che verrà soppresso nel 1303, provocando l’affiliazione di Boscodon alla Sacra di S. Michele. Saccheggiata dai protestanti del Lesdiguières nel 1579 e da Vittorio Amedeo II di Savoia, in guerra con la Francia, nel 1692, confiscata nel 1769 dall’ultimo arcivescovo di Embrun per sfruttarne intensivamente le risorse forestali, nazionalizzata e venduta a l’abate Guigo di Revello la comunità monastica s’inserisce nella linea bene- privati nel 1791, l’abbazia comincia a rinascere nel 1972, quando l’Associazione degli Amici di Boscodon compra ciò che resta della chiesa e del monastero e ne inizia il restauro e la ricostruzione nello spirito e nei modi dei monaci medioevali. La sete d’interiorità si traduce nella nudità essenziale delle linee architettoniche, che espri- Indialogo_maggio2011.indd 7 me, senza ricorso ad immagini dipinte, l’armonia della natura, interna ed esterna all’uomo, come riflesso della bellezza divina. Nella costruzione si compongono forme geometriche che facilmente assumono valenze simboliche: il cerchio richiama la dimensione divina, il triangolo la Trinità, il quadrato la terra. L’ambiente è accogliente perché letteralmente a misura d’uomo: non sistema decimale, ma pollice, palmo, piede, cubito. La chiesa è volta al sole nascente, segno di Cristo che illumina il cammino degli uomini. Le proporzioni rimandano al tempio di Gerusalemme (Ez 40 s) e alla dimora di Dio con gli uomini. Artefice del restauro e della ricostruzione è Fr. Isidore, che tuttora guida le visite all’abbazia facendo scoprire, attraverso criteri e tecniche costruttive, un’umanità e una spiritualità che la frammentazione del nostro tempo difficilmente percepisce, una visione del mondo dove l’universo visibile è simbolo dell’invisibile: “Le perfezioni invisibili [di Dio] possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute” (Rom 1,20); e al centro si trova Gesù Cristo, cui tutto è sottomesso (Ef 1,22) ed in cui tutto sussiste (Col 1,17). Franco Betteto Maggio 2011 NOTE DI LETTURA Non solo per profitto di Andrea Balbo Martha C. Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino 2011, 14 euro. Questo libro non tratta (direttamente) di argomenti religiosi, ma è un volume che tutte le persone che hanno a cuore le domande sul senso dell’esistere e del vivere da uomini e donne consapevoli nella società dovrebbero leggere, senza lasciarsi fuorviare da un linguaggio fin troppo politically correct. M.C. Nussbaum è docente di Law and Ethics a Chicago, è studiosa del pensiero greco e dell’educazione e ha da anni approfondito le indagini sulle radici umanistiche della società moderna e non solo di quella occidentale (nel volume tratta infatti ampiamente dell’India). Il suo agile libretto è un invito a fare attenzione: la società contemporanea, con il suo appello al profitto puro e semplice, con il suo invito a valutare ciò che si insegna soltanto dal punto di vista dell’utilità, corre il rischio molto grave di minare in profondità le capacità di discernimento e di spirito critico dei suoi membri, limitando l’accesso al pensiero e consegnando, di fatto, le chiavi delle scelte fondamentali a piccole minoranze. Se questo processo si realizzasse, si arriverebbe di fatto alla fine delle democrazie e alla loro negazione sostanziale. La questione non è nuova, naturalmente, ma, invece di essere giocata sul terreno della contrapposizione tra cultura umanistica e scientifica, prende di petto il problema del senso delle scelte, della capacità di formare criticamente le nuove generazioni, dell’accesso al pensiero e alla parola, del vivere in modo responsabile. La partita del futuro non è quindi banalmente legata ai modelli educativi, ma più profondamente connessa con una scelta profonda delle nostre civiltà, che sono di fronte al dilemma di avere cittadini capaci di influire ragionevolmente sul mondo che li circonda o sudditi privi di volontà. La Nussbaum è chiara: un’autentica partecipazione si ha soltanto introducendo germi di umanesimo nella formazione o conservando quelli che ci sono; in questo contesto anche la dimensione cristiana acquisterebbe un ruolo fondamentale, per la sua intima connotazione umanistica: ma questa è una considerazione di chi scrive, non dell’autrice. Andrea Balbo 11/05/2011 13.01.50 Pag. 8 Cronaca bianca Maggio 2011 Un’invenzione di Andrea Segrè, dell’Università di Bologna America latina Cose dell’altro mondo Suor Angelina a Cicero Dantas «Siamo ogni volta interpellate a essere presenza di Dio che ama, che accoglie e che integra». E’ il ruolo delle suore di S.Giuseppe in Brasile, a Cicero Dantas, dove venti scuoline e doposcuola garantiscono ai bambini delle periferie e dei villaggi più poveri un’educazione (e un pasto) di qualità. A raccontare questo mondo di solidarietà è suor Angelina, 69 anni, in Brasile da ventiquattro: «Ho sempre desiderato andare in missione», racconta (…) «Ho lasciato mia madre morente quando ho preso il volo per la prima volta. - confida con le lacrime agli occhi - Era felice di vedermi partire perché sapeva che stavo realizzando un sogno». Che cosa significa vivere e portare la fede in un pezzo di Sud del mondo? «Significa trascorrere le giornate per strada, a contatto con le madri abbandonate dai mariti, affamate, con i bambini piccolissimi in braccio e i piccoli già grandi fuori casa a cercarsi da mangiare». E ancora: «Fare catechismo nelle case delle famiglie dilaniate, per rendersi conto con i propri occhi dove dormono i bambini che incontriamo quotidianamente nelle scuotine e ai doposcuola». In Brasile, educazione è davvero una forma di sostentamento. In ogni scuolina di Cicero Dantas (venti in tutto, suddivise nelle otto periferie) tre suore accolgono in due stanze, una cucina e un bagno i bimbi dai 3 ai 6 anni al mattino. A loro vengono serviti colazione e pranzo. Dalle 14 c’è il doposcuola, rivolto invece ai ragazzini che frequentano le elementari. Prima di andare a casa anche per loro c’è un pasto caldo, probabilmente l’unico di tutta la giornata. Questo fragile sistema-aiuti si regge sulle offerte che arrivano dall’Italia, Pinerolo in particolare con la comunità di S. Domenico e la parrocchia di S. Donato. «Quotidianamente mi trovo a spendere più di quanto ho in tasca. - racconta suor Angelina - Di fronte alle questioni di salute e di fronte alla fame non si può restare indifferenti. Le mamme e i bambini sono sacri». L’adozione a distanza è lo strumento più utile, «perché ci permette di garantire al bimbo adottato un posto a scuola». Dopo tanti anni di vita dall’altra parte del mondo, dov’è che ci si sente a casa? «Casa mia è a Cicero Dantas. In Italia ho la mia famiglia e gli affetti, ma ormai tutta la mia vita è nelle scuoline, circondata dai bambini». Una vita fatta di difficoltà, anche se suor Angelina non è tipa da scoraggiarsi facilmente. «I momenti più critici, semmai, ti spronano ad andare avanti, a trovare nuove soluzioni». Suor Angelina, suora di San Giuseppe, da Notizie, Esperienze, Proposte, dicembre 2010, Parrocchia di S.Donato Indialogo_maggio2011.indd 8 Il cibo salvato all’ultimo minuto Da spreco a dono. La parabola del cibo nell’esperienza del Last Minute Market L’ultimo minuto evoca nel mondo del calcio l’estrema possibilità di ribaltare un risultato. Il gol segnato all’ultimo minuto è il più spettacolare, che libera le emozioni più forti, proprio per un’azione risolutiva oramai insperata. Il “Last Minute Market”, il cibo salvato all’ultimo minuto, è un’invenzione di Andrea Segrè, preside della facoltà di Agraria dell’università di Bologna, che si basa su un’idea molto semplice: prelevare l’invenduto dei supermercati e donarlo a chi ha bisogno; cibo, insomma, ancora commestibile ma non commerciabile, che viene distribuito a enti caritativi. La data di scadenza troppo vicina, una confezione difettosa, un cellophane bucato, una pesca ammaccata: sono mille i motivi per cui finiscono nel cassonetto dell’immondizia centinaia di migliaia di alimenti. Si calcolano 240 mila tonnellate l’anno di prodotti alimentari non avariati e, calcolando tutte le eccedenze, si arriva a 6 milioni di tonnellate di beni scartati che potrebbero sfamare ogni anno 3 milioni di persone in Africa. E le famiglie non sono da meno nella classifica degli sprechi. In un anno ogni italiano getta nella pattumiera 27 chili di cibo: il 15 per cento del pane e della pasta acquistati, il 18 per cento della carne e il 12 per cento di frutta e verdura. Eppure, capì Segrè, lo spreco può essere messo in fuorigioco. Come? Trasformandolo in risorsa. Osservando, per motivi di studio insieme ai suoi studenti, tutte le fasi di lavorazione in un ipermercato, capì che era conveniente per tutti fermare il prodotto prima che diventasse un rifiuto. Così le imprese risparmiano in tasse e in costi di smaltimento. L’ambiente si tutela da ulteriore immondizia. Innumerevoli enti non profit ricevono cibo risparmiando sui costi delle mense e investendo più risorse in beni e servizi. «I prodotti invenduti – spiega Segrè – sono un fallimento del mercato. Noi ne ribaltiamo la logica trasformandoli in dono». Oggi “Last Minute Market” ha attivato 42 progetti in una decina di regioni italiane e ha ampliato il suo campo d’azione non solo al cibo, ma anche ai farmaci, ai libri, alle sementi, ai frutti non raccolti nei campi e destinati a marcire. Per bilanciare le eccedenze del mercato «serve un patto – sottolinea Segrè – che coinvolga imprese, istituzioni, mercati e consumatori». Città Nuova n.13/14, 2010 La terza via dell’Europa «Trent’anni fa viaggiare nel mondo da europeo significava sentirsi chiedere: “Com’è l’Europa? Cosa accade laggiù?”. Ora questo interesse è scemato... il resto del pianeta non si aspetta più cose importanti dall’Europa». […] Di qui una reazione istintiva dell’Europa - politica ma anche sociale - verso un ritrarsi in sé stessa, mirata a “salvare il salvabile”: il nostro modus vivendi, la nostra cultura, i nostri valori, le nostre prerogative. «Un’illusione», ammonisce Bauman, «le soluzioni locali a problemi globali - ovvero cercare di mantenere un sistema stabile, democratico e sicuro all’interno di un mondo instabile e insicuro – sono pura illusione». È per questo che l’Europa deve intraprendere un altro percorso. E può farlo - dice Bauman -offrendo al mondo qualcosa di unico, che nessun altro può proporre. Non la potenza militare («quella Usa è inarrivabile»), non lo sviluppo economico («India, Cina e altri Paesi emergenti presto ci sorpasseranno»), non l’innovazione scientifica («ormai diffusa in modo omogeneo in molte aree del mondo»). Bensì «la capacità di vivere con gli altri senza pretendere che gli altri cessino di essere sé stessi». In altri termini sfuggendo all’alternativa secca che Lévi-Strauss aveva notato essere la regola per l’umanità nella gestione del rapporto con il diverso: “mangiarlo” (annullarlo assorbendolo) o “vomitarlo” (annullarlo distruggendolo). Ora c’è una terza via, quella europea: accettare la diversità culturale, linguistica e sociale, convivendoci. da un’intervista di Z. Bauman Marco Robella e Venusia Govetto Una coppia con la passione per l’Africa Venusia, originaria di Sorrento e Marco nali. Dalla regione del Louga proviene stato assegnato il Premio internazionale di Montemagno, in provincia di Asti, si la maggior parte dei senegalesi in Italia. del volontariato da parte della Focsiv. conoscono e si sposano in Senegal dove Sono quasi 300.000 gli immigrati che, Al momento più di mille volontari che lavorano come volontari per l’organiz- col loro lavoro, sostengono le proprie appartengono ai 65 organismi associati zazione non governativa Cisv di Torino. famiglie in Senegal nei periodi di sicci- Focsiv sono sparsi in 50 paesi, impegnaVenusia è la coordinatrice di un progetto tà. Per arginare il dramma dell’emigra- ti in 66 progetti di sviluppo che spaziano del Cisv per il miglioramento della si- zione e aumentare il reddito di alcune dal settore sanitario, a quello agricolo e curezza alimentare nella Valle del fiume famiglie, il progetto di turismo solidale, alla formazione alla difesa dei diritti Senegal. Il progetto si prefigge di ap- coordinato da Marco, è un valido stru- umani. Simona Bruera poggiare le organizzazioni contadine, mento. Nel 2009 a Venusia e Marco è di elaborare metodi Finestra per il Medio Oriente di lavoro e di raccogliere finanziamenti per migliorare un Le lettere di Don Andrea Santoro 24 - In giro per la Turchia sistema di mutuo Carissimi, abbiamo ancora gli occhi e il cuo- comunità cristiane che una volta le abitavano. Molte di soccorso tra contadini. Si concordano re pieni di quanto abbiamo visto in un giro da queste chiese sono ridotte in rovina, altre difficilmente le attività, si contempo programmato nell’est della Turchia (il accessibili se non a prezzo di ricerche pazienti e di tragitti trollano sul terreno, profondo sud di una volta in Italia). L’intento a piedi. La presenza e lo splendore di queste chiese consi risolvono proera di capire meglio la realtà particolare che trasta con l’assenza e l’oblio dei cristiani che fino ai primi blemi per miglioviviamo da Urfa fino ai confini con l’Iran, decenni di questo secolo vi abitavano numerosissimi. rare il lavoro. Sia l’Iraq, la Siria e l’ex Unione Sovietica. Vi faremo una Nella popolazione attuale abbiamo trovato un ricordo Venusia che Marco cronaca dettagliata e ragionata nel prossimo numero. Per pieno di simpatia, di stima e anche di nostalgia dei tempi sono abituati a spo- ora mi limito ad alcune semplici osservazioni. della loro presenza: un segno di una convivenza riuscita stamenti continui 1) Anzitutto ci siamo convinti ancora di più della varietà e ancora possibile. Ci siamo convinti ancora di più che la su strade sterrate di questa terra chiamata Turchia. Una diversità di natura, diversità, se accettata e amata è ricchezza e stimolo recitra le due città in di arte, di culture, di popoli. Una diversità che fa la sua proco, fonte di scambio e di collaborazione. La diversità cui lavorano: Saint ricchezza e il suo interesse ma anche la sua complessità e se vissuta nel rispetto è vita, altrimenti genera estraneità, Louis e Longa., Le in certi casi la sua problematicità. isolamento, insofferenza o odio. due città hanno un 2) Dal punto di vista naturalistico abbiamo visto delle bel4) Ci ha colpito l’intensa atmosfera spirituale, riflessa potenziale turistico non sfruttato. lezze che ci hanno incantato. Valli, gole, pianure, colline, nella sua architettura e nella sua decorazione, di una moMarco è respon- montagne ancora innevate, laghi, praterie, fiumi, piante e schea di Malatya. L’invito alla preghiera saliva al cuore sabile del progetto fiori di ogni tipo. Un vero regalo di Dio, un’impronta della appena entrati. Era come un piccolo cielo in terra. di turismo solidale creazione, una goccia della sua bellezza. Chi non ha visto 5) Abbiamo attraversato città e villaggi abitati pressoché che organizza sog- questa parte della Turchia non può dire di aver visto la Tur- totalmente da curdi. Sempre abbiamo trovato affabilità e accoglienza. Abbiamo visto la loro laboriosità, il calore giorni in famiglia chia. o in “campement”, 3) Dal punto di vista artistico abbiamo visto splendidi delle loro famiglie, la semplicità della loro fede, l’amore strutture turistiche monasteri e chiese disseminate ovunque. Vi si legge la alla terra che abitano, l’anelito a condizioni di vita migliosemplici e funzio- fede, l’amore e il genio spirituale delle numerosissime ri per i loro figli, la loro cultura, la loro storia. Perché vado in Turchia 11/05/2011 13.01.51 Pag. 9 Religione&Scuola Maggio 2011 CINEFORUM Dal giornale degli studenti del Liceo “Porporato” di Pinerolo Abemus Papam Missioni di pace e zafferano Film per la catechesi e l’irc Regia di Nanni Moretti (2011) Un’iniziativa dei militari italiani per sostituire le coltivazioni di oppio Nessuno vuole fare il Papa. Il coro, mormorato a mezza bocca, che si leva dalla Ebbene sì, infatti la coltivaziobene questo sia ad attacchi e le persone a bordo Cappella Sistina mentre il conclave sta ne di questa spezia è una delle molto inferio- sono uccise. per eleggere il nuovo pontefice, è piuttosto principali risorse degli abitanti re all’effettivo I bulbi di zafferano hanno inoltre chiaro. “Non io, Signore”, pensano (spedei paesi in guerra. ottenuto dalla sostituito le coltivazioni di oppio; rano) i cardinali, uno ad uno. Ma ad uno Parlando con il Tenente Covendita nei noalla consegna c’è una specie di cedi loro deve per forza toccare. Il prescelto al termine di svariate sedute che somiglia- lonnello Laurenti, sono venuta stri paesi, ade- rimonia in cui i bulbi vengono dati no ad un esame di maturità (c’è anche chi a conoscenza di questa importante guato per la loro sopravvivenza. al capo villaggio che provvederà a sbircia) è il cardinal missione: attualmente molti soldati Questa operazione anche se può distribuirlo ai contadini. Melville, nome da italiani sono impegnati in missioni sembrare irrilevante, a differenIl tenente conclude dicendomi regista di noir e da di pace in Afghanistan e dall’Italia ze delle grandi missioni proposte che a suo parere questa idea è buoscrittore. Il franceè partita l’idea di donare ai villaggi dagli americani che però risultano na ma probabilmente non sostenise ‘batte’ sul filo di dello stato dei bulbi di zafferano, inutili, è spesso soggetta ad alti ribile nel tempo. lana il cardinale ‘fa Martina Rostagno, vorito’ (un italiano), appunto, in modo che i contadini schi, come mi spiega il tenente, inOnda d’urto, febbraio 2011 un sudamericano e possano trarre un guadagno, seb- fatti i carichi sono sovente soggetti anche un africano. Adesso vi racconto... L’Habemus Papam che annuncia la presenza del nuovo papa, anticipa di di poco l’urlo furioso che il successore di Renato Zero Quanti di voi sanno esattamente mia vita. Pietro fa al mondo intero: Melville non Se c’era un’altra dove si trova la Nuova Zelanda sulla Il rapporto di amicizia che si è creato vuole essere lì, ha paura, chiede aiuto. Il un Dio da promessa, magari cartina? Non lo sapevo nemmeno fra noi è unico, difficile da spiegare, meccanismo perfetto si inceppa e, una discutere… la stessa: Dio! io con precisione, prima ancora perché laggiù, non conoscendo la volta accertata la buona salute fisica del Adesso, non Riporta Dio, di pensare a un viaggio, il viaggio nostra storia, i nostri parenti, amici Santo Padre, alle alte sfere vaticane non c’è più. dove nascerai, che mi ha cambiata, che mi ha e culture, ci siamo accettati per ciò resta altro che affidare con scetticismo la dove morirai… fatta crescere e che mi ha regalato che siamo e anche se so che non il papa in pectore ad uno psicanalista, Sei troppo tante emozioni, parole e sguardi, rivedrò mai più tante persone, con ingenuo da Riporta Dio nella diversi da quelli che incontriamo le quali ho condiviso intere giornate, il più bravo in circolazione. Il medico credere, fabbrica, si trova subito le mani legate. Non può nella vita, che potremmo definire saranno per sempre amici veri, che un Dio, sei tu… chiedere al papa dei suoi sogni, dei suoi nei sogni più avari che “di tutti i giorni”, proprio perchè quelli di cui non ci si dimentica. desideri, del suo rapporto con le donne Dio, non sarà aritmetica, fai… ricchi di curiosità e soprattutto di Da loro e dalla famiglia che mi ed è oltretutto costretto ad effettuare le novità. Quest’estate ho trascorso ha ospitata ho imparato tanto, ne parapsicologia. Ti giochi Dio al totocalcio, sue sedute davanti a tutti i porporati. tre mesi in un’isola che pochi ad apprezzare i piccoli gesti, ad lo vendi per una dose, Chiede e ottiene che a curarlo sia una Non sta nei falsi tuoi conoscono davvero, l’isola che i essere consapevole dei miei limiti simboli, professionista ignara dell’identità di Maori chiamano Aotearoa, famosa e a guardare il mondo con occhi lo butti via in una frase, Melville. Dopo la prima seduta, l’uo- nella pornografia! per i kiwi, il rugby e i paesaggi totalmente diversi: Pinerolo era così lo cercherai in farmacia… mo, al culmine della disperazione, fug- Ti giochi Dio al mozzafiato. Ma c’è molto di più, piccola quando sono tornata! E Dio non è un manifesto, ge lasciando il portavoce a sbrigarsela totocalcio, lo vendi per ancora di più se ti trovi ad essere Soltanto quando si torna a casa ci da solo. L’opera rifugge la rappresen- una dose, uno studente internazionale che vive si rende davvero conto di che cosa si la morte senza un in una famiglia locale, che frequenta è vissuto, di essere davvero andati e tazione scandalosa della crisi del ponpretesto… lo butti via in una frase, una scuola enorme e colorata di tornati dall’altra parte del Globo e di tefice, rinunciando ad un dissacrante La noia o un altro veleno, verde, piena di gonnelline scozzesi, avercela fatta. Ed è proprio in quel ritratto del clero in favore del racconto lo cercherai in farmacia… la bocca di un altro pantaloncini grigi, sandali e momento che si apprezzano tutti i dello smarrimento di una persona che Pensi Lui vada a petrolio, squalo… scarpette rigorosamente uguali, che momenti di quanto vissuto, che si mai avrebbe pensato a se stesso come la trascorre le sue giornate in mezzo piange e che si inizia a pensare di ad un malato. Il Se mai, un Dio, non ce fede, a ragazzi,giunti da ogni parte del tornare, ma quando si riabbracciano Il cielo in una frase l’hai, problema semnon mondo, con il tuo stesso obiettivo. le persone care, che aspettano con bra essere la Se ognuno pensasse a cambiare se è un io ti presenterò il mio… All’inizio la timidezza gioca la sua ansia all’aereoporto, gli amici e i fede, ma forse stesso, tutto il mondo cambierebbe. Dove abita, io non saprei… parte e si hanno molte aspettative, compagni di scuola, si ha davvero l’inghippo si (Bayazid ) paura di non saper gestire la nuova voglia di ricominciare la vita di tutti Magari in un cuore, in un trova da un’alvita, anche se ci si rende poi conto i giorni, perchè in fin dei conti, è atto d’amore, tra parte. Perché imbroglio… che ogni singolo momento è stato mancata. in questa “partita” tra due fedi a loro nel tuo immenso io, c’è speciale, anche quelli di difficoltà, Sono sicura che prima o poi E, non c’è Dio sulla luna, modo assolute, una più razionale, la Dio!! perchè rendono più forti, soprattutto tornerò in quell’isoletta felice, dove psicoanalisi, l’altra di segno opposto, ma in questa terra che …Potrebbe essere Dio… se bisogna contare solo su se stessi sono stata così bene, e anche se ogni completamente asservita all’idea di trema! per superarli. tanto vorrei scappare laggiù, sono E tu, al posto suo, Dio, Melville non trova “rimedi” né su Se mai, non sarà Dio, La ricchezza immensa che mi contenta di essere tornata, perché una sponda, né sull’altra. Lo guardiamo mi tradiresti? ha dato questa esperienza non è come dice la mia mamma ospitante vagare, uomo tra gli uomini, mentre si sarà ricostruire… tanto la conoscenza dell’inglese, “It’s not over, but everything starts Mi uccideresti? perde per le strade di Roma, rinfrancato Se mai, lo ritroverai, che è sicuramente migliorato, ma again”. Mi lasceresti senza, un solo dall’affetto vero che riesce a conla consapevolezza del mondo in Alessia Moroni, 2A CL, Onda in un pensiero, in un Dio? quistare dagli sconosciuti, segno forse desiderio, cui vivo attraverso la conoscenza d’urto, febbraio 2011 che qualcosa non si è completamente Se mai, non sarà Dio, di ragazzi e nel tuo delirio, nel tuo infranto. ragazze, nella sarà ricostruire… cielo…Dio!!! In un film in cui sono ben visibili le due mia stessa Se mai, lo ritroverai, anime, quella più umoristica, legata alla …Potrebbe essere Dio… condizione, vita in Vaticano dello psicoanalista, e la E anch’io, con te in un pensiero, in un che sono drammatica crisi umana di Melville, cercherei, desiderio, riusciti a manca quella fusione che armonizzi le lasciare un nel tuo delirio, nel tuo nella paura una strada diverse parti della storia. segno nella cielo…Dio!!! sicura, Walter Gambarotto Potrebbe essere Dio Indialogo_maggio2011.indd 9 I miei tre mesi in Nuova Zelanda 11/05/2011 13.01.52 In diocesi Pag. 10 Temi per riflettere in un’assemblea diocesana - 2 I genitori, mediatori intergenerazionali «Generare è prendersi cura di una nuova generazione a cui si è data vita» Da una relazione di Eugenia Scabini, Preside della Facoltà di Psicologia, dell’Università Cattolica S. Cuore di Milano alla “Scuola Diocesana di formazione all’impegno sociale e politico” della Diocesi di Bologna, nel 2007, sul tema del corso “Il ruolo sociale della famiglia oggi”. Possiamo dire che i genitori hanno due compiti strettamente intrecciati tra di loro. Il primo attiene alla responsabilità della cura ed educazione della nuova generazione cui essi hanno dato vita, ed il secondo è dato dal mantenere viva rinnovandola la memoria familiare e la duplice eredità del ramo paterno materno. L’uomo e la donna che si sposano, in un certo senso, fanno incontrare due storie familiari. La coppia genitoriale è un vero e proprio dispositivo di me- diazione intergenerazionale: riceve dalla propria storia familiare d’origine e dalla propria cultura nutrimento materiale e simbolico (affettivo e valoriale) ed è chiamata a trasferirlo innovativamente, non meccanicamente ma neppure in maniera smemorata ai figli. Fa parte di una trasmissione positiva e sana sia il riconoscimen- to del dono ricevuto ed il connesso debito contratto (si pensi ad esempio al dono della vita ricevuta ed al sentimento di obbligo filiale Musica e spiritualità quando il genitore invecchia e abbisogna di cura) sia il riconoscimento di deficit, di Joram Gabbio dolori ed eventuali fallimenAnche per quanto riguarda la musica Agostino ti. Il riconoscere non teme fu un gigante. Conserviamo di lui varie notazioni verità anche scomode, non sparse, soprattutto nei commenti ai salmi, oltre al censurare è la prima operatrattatelo sistematico De musica. zione da fare per portare in Il vescovo d’Ippona colse il valore della musica, salvo il valore, cioè ciò che che supera e porta a compimento la ragione. Egli comprese che laddove ci si scontrava con l’inef- di bene le generazioni si fabile, la musica poteva emergere. Nel commento sono scambiate pur entro i al salmo 32 eccolo predicare così: ognuno chiede loro errori. Educare è in questa proin qual modo cantare a Dio. Canta a Lui, ma canta bene. Canta nel giubilo. Che significa giubilare? spettiva una vera e specifica Intendere senza poter spiegare a parole ciò che avventura. Tanti genitori con il cuore si canta…La giubilazione non è altro oggi sono preoccupati di che il canto dell’Alleluja, che ancora oggi sia la li- fornire ai figli competenze turgia romana, sia quella ambrosiana, vorrebbero e opportunità in molti campi sempre cantata. Ma la sapienza omiletica di Ago- (lo sport, le lingue,…) e ciò stino seppe prendere spunto anche direttamente è comprensibile e opportuno dagli strumenti che accompagnavano la liturgia: nel commento al salmo 56, da maestro della co- (potendo), ma a ben vedere municazione qual era, osservò la presenza di sal- non è l’essenza della funterio e cetra, due strumenti differenti. Ecco allora zione genitoriale che può l’opportunità per trattare delle azioni che compì la venire esercitata con succescarne di Cristo, cioè i miracoli e passione: essi ap- so anche dal genitore meno partengono ad un’unica carne, così come salterio istruito o meno economicae cetra modulano un’unica musica, ma l’uno ha la mente dotato. Quante volte cassa in alto, l’altro in basso; i miracoli, predicò leggendo le biografie di tanAgostino, furono operati da ciò che era sopra, la ti uomini riusciti veniamo a passione fu compiuta attraverso l’elemento infe- conoscenza delle cosiddette riore. I miracoli erano opere divine, ma Cristo li umili origini e come tali fece per mezzo del corpo, per mezzo della carorigini siano riuscite a trane. Ebbene la carne, in quanto compiva opere sferire e a comunicare un divine, è il salterio; la stessa carne, in quanto capitale umano che ha cosopportava le miserie umane, è la cetra. Il prestituito la base sicura dalla testo allegorico per predicare è dunque testiquale si è dipanata la libera monianza preziosa non solo dell’impiego degli avventura di una vita eccestrumenti all’epoca di Agostino, ma anche della zionale. L’educazione non Agostino e la musica sua sensibilità per la musica. Indialogo_maggio2011.indd 10 JG finisce mai perché non si è mai finito, anche da adulti, di compiere il lavoro di riappropriazione della propria storia, di completare quella “trattativa” tra ciò che del passato va lasciato e ciò che va conservato, valorizzato e ridetto con accenti appropriati ai tempi. Generare è prendersi cura di una nuova generazione familiare e sociale, fornirle il patrimonio materiale e morale, il nutrimento simbolico affettivo e valoriale, che è essenziale al dispiegarsi della identità adulta cioè generativa, in grado di portare avanti, in avanti, si spera in senso migliorativo la storia familiare e sociale. La famiglia è luogo naturale in cui si giocano le sorti anche psicologiche dell’uomo, della costituzione dell’identità di ciascuno, in una parola, come ci dice benissimo la Familiaris Consortio (n. 43), “il luogo nativo e lo strumento più efficace di umanizzazione e personalizzazione della società”. E questa opera di umanizzazione è efficace se la famiglia è vissuta e concepita come comunità di generazioni come dice Giovanni Paolo II nella lettera alle Famiglie. L’attuale perdita o per lo meno depotenziamento di questo punto di vista intergenerazionale provoca una pericolosa scissione tra la famiglia e la società. Il generare viene prevalentemente vissuto come un fatto privato di natura emozionale (e va bene distinta l’emozione dall’affetto) e la società non “vede” famiglie ma individui slegati e si occupa dei cosiddetti soggetti deboli bambini, donne, vecchi… Se fallisce questa lunga e preziosa cura delle nuove generazioni e non viene valorizzato il lavoro educativo, di trasferimento innovativo del patrimonio simbolico familiare e culturale (che è poi la tradizione delle famiglie e delle loro comunità di appartenenza) la società è destinata ad impoverirsi perché non può contare su quel bene relazionale che è l’identità della persona. Non si può contare su quello che oggi con espressione più in uso si dice capitale umano o capitale sociale, materia prima senza la quale non si fabbrica né società né socialità.[...] Eugenia Scabini, Famiglia e rapporto tra le generazioni, Bologna Maggio 2011 Passinpiazza Rapporto sul lavoro I problemi di Berlusconi con la giustizia, la crisi libica, l’emergenza immigrazione hanno allontanato lo sguardo dai problemi reali del paese, in particolare quelli economici e dell’occupazione, ancora gravi ed irrisolti. L’”VIII Rapporto su sviluppo e funzionamento dei Centri per l’Impiego in Piemonte” mette il dito sulla piaga: i numeri sullo “stato di salute” del mercato del lavoro in Piemonte sono significativi e parlano da sé. Eccone alcuni. Nel primo semestre 2010 il tasso di disoccupati ha raggiunto l’8% e il dato più preoccupante si registra nel pubblico impiego e in quello dell’istruzione, dove i contratti cessati hanno superato quelli avviati di circa 9.200 unità; anche gli altri settori continuano a registrare un incremento di licenziamenti dovuti a difficoltà aziendali. Intanto i contratti trasformati da determinati a indeterminati continuano a diminuire e registrano tra i primi 6 mesi del 2010 e lo stesso semestre dell’anno precedente una variazione del -7%, che raggiunge il -21,3% se ci si confronta col primo semestre 2008. Stanno cambiando infatti le caratteristiche del mercato del lavoro, sempre più orientato verso la costituzione di rapporti determinati e di breve durata. E’ questa la flessibilità dell’occupazione che si traduce in una varietà di contratti lavorativi, cosiddetti atipici, in cui rientrano quelli di durata determinata, i contratti di collaborazione, di lavoro ripartito, di prestazione occasionale…(per citarne alcuni). Ma flessibilità è anche la disponibilità a ricoprire ruoli sempre diversificati. Da notare anche la crescita del part time sul totale dei contratti a tempo indeterminato, passato tra il 2008 e il 2009 dal 35 al 41% e che riguarda soprattutto i giovani e le donne. Chi cerca un posto di lavoro affronta una situazione complicata da gestire e dall’esito incerto, sia che si tratti della prima volta, sia che si abbia già un passato lavorativo alle spalle. La difficoltà riguarda anche la modalità di gestione delle tappe della ricerca: quale canale di ingresso utilizzare? A quale annuncio rispondere? Come compilare il curriculum vitae? Come gestire adeguatamente il colloquio per rendere appetibile la propria candidatura? Il problema, ancora una volta, riguarda soprattutto i giovani che costituiscono il 54% circa delle persone alla ricerca di un impiego. Si cerca di ovviare alla difficoltà con forme varie di formazione, tra cui spicca il tirocinio, utile a fronteggiare la disoccupazione giovanile e a offrire possibilità di inserimento. Nel corso degli anni il suo utilizzo è aumentato, passando da 4.020 tirocini nel 2002 a 15.473 nel 2009. Nel 2010 la percentuale attivata sale del 19%. La curva di distribuzione segnala negli anni una crescita di tirocini delle persone con titoli di istruzione professionale o di laurea, che rappresentano il 10%. Ma dei 13.135 tirocini conclusi nel 2009, solo 6.139(46,7%) ha registrato un successivo avviamento al lavoro. Maria Teresa Maloberti 11/05/2011 13.01.53 In diocesi Pag. 11 Si ha notizia la parrocchia, per Profili della parrocchia un certo periodo Parrocchie del Pinerolese – 12 unita a Villar e poi di Villar Perosa sin dal 1078. Il ricostituita. Ancor panorama del più antica risulta paese è dominala parrocchia di to dalla chiesa Pramollo di cui di San Pietro in Vincoli. Spesso si sente dire si ha notizia nel 1064. L’attuale chiesa risale “sembra Superga …”, qualcuno è andato oltre agli anni 1841/1843 e appare sproporzionata dicendo che è stata eretta sul modello di Su- al numero dei cattolici residenti. E’ indubbio perga. E’ ora di sfatare questa affermazione, che, in epoca non ecumenica, si fosse voluperché la chiesa è stata costruita prima della to sottolineare la presenza cattolica, numericelebre basilica sita sulla collina torinese. La camente ridotta, in maniera forte. La chiesa costruzione della chiesa iniziò nel 1709, è sta- precedente, sita nella Borgata dove ha sede il to anche detto, ma oggi gli studiosi smentisco- Comune e dove sorge il Tempio valdese, fu no la cosa, che il disegno fosse del Juvarra. La venduta ai valdesi stessi con la condizione chiesa fu eretta in maniera di essere, almeno (rispettata) che non venisse usata per il culto, idealmente, al centro delle borgate che com- bensì per la scuola. Nel passato, con abbonponevano allora Villar Perosa. L’industrializ- danza di preti, fu addirittura eretta la vicaria di zazione ha invece, come conseguenza, favo- Pomeano; il prete titolare era tenuto anche a rito lo sviluppo del paese (oggi la parrocchia fare scuola. La chiesa di San Michele, in Porpiù popolata in val Chisone) in basso. Qui si te, fu eretta nel 1730 e ingrandita ed abbellita trovano la chiesa di Sant’Aniceto (costruita dopo il 1850. Della parrocchia, dipendente intorno al 1930), l’oratorio femminile e quel- dall’Abbazia di Santa Maria, si ha notizia dal lo maschile con la casa parrocchiale. A Borgo 1064. Nel suo territorio vi sono due cappelle Soullier vi è un tempio valdese, conosciuto (San Benedetto e San Rocco) e i resti di una come il tempio di Villar. E stato costruito in- terza detta di portesi “Il Padr’eterno”. Fino torno al 1965 e possiede una specificità: è il al 1740 appartenne alla parrocchia di San primo tempio costruito in val Chisone sulla Michele il territorio che dal 1740 appartiene riva sinistra del Chisone. Per tanti secoli ci si alla parrocchia di San Carlo Borromeo, detera attenuti in maniera scrupolosa al trattato ta Turina (nome della frazione in cui sorge la di Cavour (1561) che concedeva ai valdesi chiesa) o Inverso Porte dalla posizione geodi innalzare templi solo sulla riva destra. Ciò grafica. Anche in questa parrocchia, collocata spiega anche perché la popolazione cattolica alla sinistra del Chisone, la presenza valdese delle parrocchie di San Germano Chisone e (sebbene in maniera minore rispetto a San Pramollo sia, e di tanto, minoritaria rispetto a Germano e Pramollo) è più marcata. quella valdese. L’attuale chiesa di San GermaGiorgio Grietti no risale al 1754, ma già dal 1526 si parla del- Villar Perosa, San Germano, Pramollo, Porte, Turina di Pax Christi Italia Odissea della politica Il regime di Gheddafi ha sempre mostrato il suo volto tirannico. Pax Christi ha denunciato le connivenze di chi, Italia in testa, gli forniva una quantità enorme di armi, anche dopo la sua visita in Italia, sui diritti umani violati in Libia, sulla tragica sorte delle vittime dei respingimenti, su chi muore nel deserto o nelle prigioni libiche. Il Colonnello era già in guerra con la sua gente anche quando era nostro alleato e amico. Mentre parlano solo le armi, si resta senza parole. Ammutoliti, sconcertati. Anche noi di Pax Christi, come tante altre persone di buona volontà. Il regime di Gheddafi ha sempre mostrato il suo volto tirannico. Pax Christi, con altri, ha denunciando le connivenze di chi, Italia in testa, gli forniva una quantità enormi di armi senza dire nulla, anche dopo la sua visita in Italia “sui diritti umani violati in Libia, sulla tragica sorte delle vittime dei respingimenti, su chi muore nel deserto o nelle prigioni li- /:=887+-:=<<1[ZT +WZ[W<WZQVW 8QVMZWTW<7 <MT! .I`! 16.7:5)<1+)<-4-.761)=..1+17+)6+-44-:1) Indialogo_maggio2011.indd 11 biche. Il dio interesse è un dio assoluto, totalitario, a cui tutto va immolato. Anche a costo di imprigionare innocenti, torturarli, privarli di ogni diritto, purché accada lontano da qui. In Libia.” (Pax Christi 2 settembre 2010). Il Colonnello era già in guerra con la sua gente anche quando era nostro alleato e amico! Non possiamo tacere la triste verità di un’operazione militare che, per quanto legittimata dal voto di una incerta e divisa comunità internazionale, porterà ulteriore dolore in un’area così delicata ed esplosiva, piena di incognite ma anche di speranze. Le operazioni militari contro la Libia non ci avvicinano all’alba, come si dice, ma costituiscono un’uscita dalla razionalità, un’ “odissea” perchè viaggio dalla meta incerta e dalle tappe contraddittorie a causa di una debolezza della politica. Di fronte a questi fatti, vogliamo proporre cinque passi di speranza e uno sguardo di fede. 1) Constatiamo l’assenza della politica e la fretta della guerra. E’ evidente a tutti che non si sono messe in opera tutte le misure diplomatiche, non sono state chiamate in azione tutte le possibili forze di interposizione. L’opinione pubblica deve esserne consapevole e deve chiedere un cambiamento della gestione della politica internazionale. Segue a pag. 12 Maggio 2011 Io sono corresponsabile Coltivare una vigna, accudirla perché porti uva bella e gustosa, esige molto lavoro, anche specializzato, insieme a fatica, sudore e tanta speranza. La vigna del Signore è certamente la sua Chiesa, ma più ampiamente è il mondo intero. Qui i cristiani devono essere presenti, ognuno secondo la propria vocazione e il proprio carisma. L’approfondimento del mistero della Chiesa come “popolo di Dio” ci ha fatto comprendere che tutti siamo corresponsabili - pur a titoli diversi - nel continuare, oggi, la missione evangelizzatrice di Gesù. Dire corresponsabilità è molto più che dire collaborazione. C’è un salto di qualità tra queste due parole. Io posso collaborare con un altro, aiutandolo a realizzare un suo progetto (il progetto resta suo, non mio). Io sono corresponsabile con un altro solo quando il progetto da realizzare è anche mio. Quando si parla di apostolato, è riduttivo usare il verbo “collaborare”, perché la Chiesa è anche mia; inoltre questo verbo dà l’impressione di passiva dipendenza, di impegno saltuario, frammentato e non continuativo. Occorre parlare di “corresponsabilità”. La corresponsabilità cresce e si manifesta se si è consapevoli della propria dignità di battezzati e dell’essere partecipi dell’unica missione evangelizzatrice che Gesù ha affidato alla sua Chiesa. Quando i laici si sentono corresponsabili diventa più facile, quasi consequenziale, essere presenti prima di tutto nelle realtà temporali per portare all’interno di esse il fermento del Vangelo, Paolo VI così sintetizza la missione dei laici nella società e nella vita pubblica: “II campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere ne sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell’edificazione del regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo”. Pier Giorgio Debernardi, vescovo Dalla lettera pastorale 2010 “Andate anche voi nella vigna” IL pregio dell’uomo Nel libro dei Proverbi, attribuito al re Salomone, leggiamo: “Il pregio dell’uomo è la sua bontà” (19,22). Bellissima definizione. Sappiamo tuttavia che questa ineffabile bontà dal Signore Gesù viene riservata esclusivamente al Padre celeste: “uno solo è buono, Dio”. Sì, Dio, il nostro Dio è infinitamente buono. La virtù della bonquando la sperinoi, sia quando la il prossimo; essa, cosa che si ricorda dimentica. tà è cara a tutti, sia mentiamo verso di esercitiamo verso infatti, è la prima e l’ultima che si La bontà, che racrevolezza, misetenerezza, fiduFrancesco di Saemana la creatura quando Dio vive in lei”. chiude in sé amoricordia, perdono, cia…è, secondo S. les, il profumo che Anche S. Paolo ci esorta a “vincere il male con il bene”, ossia con la bontà. Ecco il bel commento di un autore: “ Quando l’onda del mare non trova una persona che la trasformi in preghiera, fa il suo corso e genera il male. Ma se l’onda del male arrivando ad una persona – e questa devi essere tu – si trasforma in amore, perdono, silenzio, allora siamo nel mistero di Cristo e qui comincia la Redenzione”. É bello, quindi, come figli del Padre celeste, unico, buono, impegnarci ad emanare ovunque quel profumo, segno che Egli vive in noi, affinché Dio sia glorificato. Suore Visitandine Monastero della Visitazione, Pinerolo [email protected] 11/05/2011 13.01.56 Territorio Pag. 12 Parrocchia Cuore Immacolato di Maria - San Lazzaro - Pinerolo La ranocchia che non sapeva di essere cotta «Quando un cambiamento avviene in un modo lento, sfugge alla coscienza e non suscita nella maggior parte dei casi alcuna reazione» Immaginate una pentola piena d’acqua fredda in cui nuota tranquillamente una piccola ranocchia. Un piccolo fuoco è acceso sotto la pentola e l’acqua si riscalda molto lentamente. L’acqua piano piano diventa tiepida e la ranocchia, trovando ciò piuttosto gradevole, continua a nuotare. La temperatura dell’acqua continua a salire. Ora l’acqua è calda, più di quanto la ranocchia possa apprezzare, si sente un po’ affaticata, ma ciò nonostante non si spaventa. Ora l’acqua è veramente calda e la ranocchia comincia a trovare ciò sgradevole, ma è molto indebolita, allora sopporta e non fa nulla. La temperatura continua a salire, fino a quando la ranocchia finisce semplicemente per cuocere e morire. Se la stessa ranocchia fosse stata buttata direttamente nell’acqua a 50 gradi, con un colpo di zampe sarebbe immediatamente saltata fuori dalla pentola. Ciò dimostra che, quando un cambiamento avviene in un modo sufficientemente lento, sfugge alla coscienza e non suscita nella maggior parte dei casi alcuna reazione, alcuna opposizione, alcuna rivolta. Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da qualche decennio possiamo vedere che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci stiamo abituando. Una quantità di cose che avrebbero fatto inorridire 20, 30 o 40 anni fa, sono state poco a poco banalizzate e oggi disturbano appena o lasciano addirittura completamente indifferente la maggior parte delle persone. Nel nome del progresso, della scienza e del profitto si effettuano continui attacchi alle Odissea della politica (segue da pag.11) 2) Si avverte la mancanza di una polizia internazionale che garantisca il Diritto dei popoli alla autodeterminazione. 3) Non vogliamo arrenderci alla logica delle armi. Non possiamo accettare che i conflitti diventino guerre. Teniamo desto il dibattito a proposito delle azioni militari, chiediamo che esse siano il più possibile limitate e siano accompagnate da seri impegni di mediazione. Perchè si sceglie sempre e solo la strada della guerra? Ce lo hanno chiesto più volte in questi anni i tanti amici che abbiamo in Bosnia, in Serbia, in Kosovo, in Iraq. 4) Operiamo in ogni ambito possibile di confronto e di dialogo perché si faccia ogni sforzo così che l’attuale attacco armato non diventi anche una guerra di religione. In particolare vogliamo rivolgerci al mondo musulmano e insieme, a partire dall’Italia, invocare il Dio della libertà individuali, alla dignità, all’integrità della natura, alla bellezza e alla gioia di vivere, lentamente ma inesorabilmente, con la costante complicità delle vittime, inconsapevoli o ormai incapaci di difendersi. Le nere previsioni per il nostro futuro, invece di suscitare reazioni e misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente la gente ad accettare delle condizioni di vita decadenti, anzi drammatiche. Il Pace e dell’Amore, non dell’odio e della guerra. Ce lo insegnano tanti testimoni che vivono in molte zone di guerra. 5) Come Pax Christi continuiamo con rinnovata consapevolezza la campagna per il disarmo contro la produzione costosissima di cacciabombardieri F-35. Inoltre invitiamo tutti a mobilitarsi per la difesa della attuale legge sul commercio delle armi, ricordiamo anche le parole accorate di d.Tonino Bello: “dovremmo protenderci nel Mediterraneo non come “arco di guerra” ma come “arca di pace”. Giovanni Paolo II per molti anni ha parlato dei fenomeni bellici contemporanei come “avventura senza ritorno”, “ spirale di lutto e di violenza”, “abisso del male”, “suicidio dell’umanità”, “crimine”, “tragedia umana e catastrofe religiosa”. Per lui “le esigenze dell’umanità ci chiedono di andare risolutamente verso l’assoluta proscrizione martellamento continuo di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non sono più in grado di distinguere le cose... Quando ho parlato di queste cose per la prima volta, era per un domani. Ora è per oggi!!! Coscienza o cottura? Bisogna scegliere! Da Orizzonti Aperti, San Lazzaro, Aprile 2011 della guerra e di coltivare la pace come bene supremo, al quale tutti i programmi e tutte le strategie devono essere subordinati” (12 gennaio 1991). In questa prospettiva Pax Cristi ricorda ai suoi aderenti che il credente riconosce nei mali collettivi, o strutture di peccato, quel mistero dell’iniquità che sfugge all’atto dell’intelligenza e tuttavia è osservabile nei suoi effetti storici. Nella fede comprendiamo che di questi mali sono complici anche l’acquiescenza dei buoni, la pigrizia di massa, il rifiuto di pensare. Chi è discepolo del Vangelo non smette mai di cercare di comprendere quali sono state le complicità, le omissioni, le colpe. E allo stesso tempo con ogni mezzo dell’azione culturale tende a mettere a fuoco la verità su Dio e sull’uomo. Maggio 2011 Preziosità del silenzio Il silenzio è mitezza: quando non rispondi alle offese, quando non reclami i tuoi diritti, quando lasci a Dio la tua difesa e il tuo onore. Il silenzio è misericordia: quando non riveli le colpe dei fratelli, quando perdoni senza indagare nel passato, quando non condanni, ma intercedi nell’intimo. Il silenzio è pazienza: quando soffri senza lamentarti, quando non cerchi consolazioni umane, quando non intervieni, ma attendi che il seme germogli lentamente. Il silenzio è umiltà: quando taci per lasciare emergere i fratelli, quando celi nel riserbo i doni di Dio, quando lasci che il tuo agire sia interpretato male, quando lasci ad altri la gloria dell’impresa. Il silenzio è fede: quando taci perché è Lui che agisce, quando rinunci ai suoni, alle voce del mondo per stare alla Sua presenza, quando non cerchi comprensione, perché ti basta essere conosciuto da Lui. Il silenzio è saggezza : quando ricorderai che dovremo rendere conto di ogni parola inutile quando ricorderai che il maligno è sempre in attesa di una tua parola imprudente per nuocerti e uccidere. Il silenzio è adorazione: quando abbracci la croce, senza chiedere : “Perché? “ nell’intima certezza che questa è l’unica via giusta. (Da un condensato di S.Giovanni della Croce, + 1591) “Ma Gesù taceva.“ (Mt 26,63) Giovanni Giudici, presidente di Pax Christi Italia, Pavia, 21 marzo 2011 Questo giornale è inviato gratuitamente. È gradito un contributo per le spese di stampa. Si può utilizzare il bollettino indicato sotto. Grazie!!! Indialogo.it, Periodico di Cultura religiosa realizzato in collaborazione con l’Ufficio Irc/sms e la Comm. per l’Ecumenismo e il dialogo della Diocesi di Pinerolo, Direttore responsabile Antonio Denanni, Autorizzazione n. 2 del 16.06.2010 del Tribunale di Pinerolo. Redazione c/o Antonio Denanni, Via Goito 20, 10064 Pinerolo, 0121397226. [email protected], Editore “Alzani”, Via Grandi 5, Pinerolo. Abbonamento o sostegno: c/c postale n. 17814104, Tipografia Alzani, Via Grandi 5, 10064 Pinerolo (causale: Indialogo) Indialogo_maggio2011.indd 12 11/05/2011 13.01.57