Il regime fiscale di depositi e conti correnti bancari Articolo 10.03.2015 (Davide Cervi) Negli ultimi anni il legislatore fiscale è intervenuto in più occasioni per modificare il regime fiscale dei redditi di capitale. Il presente intervento, in particolare, è volto a delineare il trattamento fiscale degli interessi maturati su depositi e conti correnti bancari anche alla luce dell’aumento del prelievo avvenuto ad opera dell’articolo 3 del D.L. n. 66 del 24 aprile 2014 e dell’articolo 2 del D.L. n. 138 del 13 agosto 2011. Ai sensi della lettera a) del comma 1 dell’articolo 44 del D.P.R. n. 917 del 1986 sono redditi di capitale “gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti”. In considerazione della formulazione della citata disposizione, l’analisi della tassazione dei proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari, ivi disciplinati, non può prescindere dalla puntuale individuazione dei “contratti bancari” oggetto della normativa in esame. In particolare, tra i contratti ricompresi nella citata disposizione di natura fiscale troviamo i depositi bancari previsti dall’articolo 1834 c.c., denominato “Depositi di denaro”, a mente del quale nei depositi di somme di denaro presso una banca, quest’ultima ne acquista la proprietà, ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi. Salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono alla sede della banca presso la quale è costituito il rapporto. Il deposito di denaro, così come descritto dall’articolo 1834 c.c., costituisce un’operazione passiva in considerazione del fatto che la banca si limita a raccoglie denaro divenendo in questo modo debitrice nei confronti del depositante. Ricordiamo che, dal punto di vista giuridico, a seconda delle modalità con le quali il depositante può chiedere la restituzione della somma depositata, possono essere delineate le seguenti tipologie di deposito: Deposito libero: la banca è tenuta a restituire la somma in deposito a vista. Deposito vincolato: la banca è obbligata a restituire la somma depositata solo alla scadenza prestabilita. Deposito semplice: il depositante può chiedere la restituzione della somma depositata in un’unica soluzione: non sono ammessi prelievi parziali o versamenti ulteriori. Vi rientrano anche i buoni fruttiferi ed i certificati di deposito. Deposito a risparmio: il depositante, successivamente al perfezionamento del contratto, può effettuare versamenti e prelievi che sono annotati sul cd libretto a risparmio. E’ ricompreso nella disciplina in esame anche il deposito bancario in conto corrente[1] di cui all’articolo 1852 c.c. Qualora il deposito sia regolato in conto corrente, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l’osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito. Questa forma di investimento è caratterizzata dal fatto che prelevamenti e versamenti possono essere effettuati in contanti e mediante assegni bancari. Per quanto concerne, invece, i conti correnti, ai fini di che trattasi il riferimento è da intendersi ai redditi di capitale derivanti dai conti correnti bancari non assimilabili alle operazioni bancarie regolate in conto corrente di cui agli artt. 1852 e ss. cc. Interessi derivanti da depositi e conti correnti bancari Come anticipato, ai sensi della lettera a) del comma 1 dell’articolo 44 del D.P.R. n. 917 del 1986 sono redditi di capitale gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti. Ai fini della determinazione del reddito di capitale, il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 45 del D.P.R. n. 917 del 1986 stabilisce che nei redditi di capitale di cui alla lettera a) del comma 1 del citato articolo 44, in riferimento a depositi e conti correnti, è compresa anche la differenza tra la somma percepita a scadenza e la somma impiegata. Inoltre, ai sensi del comma 3 dell’articolo 45 del D.P.R. n. 917 del 1986 per i contratti di conto corrente e per le operazioni bancarie regolate in conto corrente si considerano percepiti anche gli interessi compensati a norma di legge o di contratto. Ricordiamo, infine, che nel comma 1 dell’articolo 44 in esame non sono ricompresi i depositi bancari di cui all’articolo 1838 cc. Trattasi, in particolare, di depositi di titoli in custodia o amministrazione attraverso i quali la “banca assume il deposito di titoli in amministrazione al fine di custodire i titoli, esigerne gli interessi o i dividendi, verificare i sorteggi per l’attribuzione di premi o per il rimborso di capitale, curare le riscossioni per conto del depositante, e in generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti i titoli. Le somme riscosse devono essere accreditate al depositante”. La ritenuta sugli interessi di fonte domestica La ritenuta sugli interessi derivanti da depositi e conti correnti bancari è disciplinata dal comma 2 dell’art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973. In particolare, le banche operano una ritenuta del 26%, con obbligo di rivalsa, sugli interessi ed altri proventi corrisposti ai titolari di conti correnti e di depositi, anche se rappresentati da certificati. La predetta ritenuta è operata dalle banche anche sui buoni fruttiferi da esse emessi. La ritenuta non deve essere applicata nei seguenti casi[2]: interessi e altri proventi corrisposti da banche italiane o da filiali italiane di banche estere a banche con sede all’estero o a filiali estere di banche italiane; interessi derivanti da depositi e conti correnti intrattenuti tra le banche ovvero tra le banche e l’Ente poste italiane; interessi a favore del Tesoro sui depositi e conti correnti intestati al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economia, nonché gli interessi sul “Fondo di ammortamento dei titoli di Stato” di cui al comma 1 dell’art. 2 della L. 27 ottobre 1993, n. 43 e sugli altri fondi finalizzati alla gestione del debito pubblico. In estrema sintesi[3], la ritenuta è applicata a titolo d’acconto nei confronti di[4]: a) imprenditori individuali, se i depositi e conti correnti sono relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 77 del D.P.R. n. 917 del 1986; b) società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate di cui all'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi; c) società ed enti di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 87 del medesimo testo unico e stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società e degli enti di cui alla lettera d) del predetto articolo. La ritenuta è applicate a titolo d'imposta nei confronti dei soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche ed in ogni altro caso. Per effetto dell’articolo 23, comma 1, lettera b) del Tuir, gli interessi da depositi e conti correnti bancari, corrisposti da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, non si considerano prodotti nel territorio dello Stato. Sul punto, la circolare del Ministero delle Finanza n. 207 del 26 ottobre 1999, paragrafo 1.2, a commento delle modifiche alla disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria apportate dal decreto legislativo 21 luglio 1999, n. 259, precisa che “tali proventi devono essere qualificati come redditi non imponibili per carenza del presupposto di territorialità” e, non essendo più interessati dalla disciplina contenuta nell’articolo 26-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, l’esclusione dalla ritenuta in esame è riconosciuta a prescindere dalla residenza del beneficiario in Paesi inclusi o meno nella lista di cui al D.M. 4 settembre 1996. Di seguito riportiamo una tabella sinottica (vedi tabella 1) con indicazione della tipologia di tassazione in relazione al soggetto beneficiario del reddito di capitale in esame. Aliquota In considerazioni delle disposizioni di natura fiscale succedutesi negli anni, volte a uniformare e/o elevare le aliquote di tassazione dei redditi di capitale in argomento, in estrema sintesi, di seguito ne illustriamo gli effetti a partire da quanto dettato dal D.L. 20 giugno 1996 n. 323. Aliquota al 27% A far data dal 20 giugno 1996 i certificati di deposito emessi dalle banche sono stati assimilati fiscalmente ai depositi e conti correnti ad opera dell'articolo 7, comma 8[5], del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425. Al fine di armonizzare il sistema delle ritenute sugli interessi della raccolta effettuata dalle banche, il summenzionato articolo 7 ha equiparato la ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti corrisposti dalle banche a fronte di certificati di deposito, depositi nominativi e vincolati, conti correnti, indipendentemente dalla loro durata[6]. Ne deriva che, ai sensi del citato articolo 7[7], la variazione della ritenuta ha operato come segue: interessi da conti correnti e altri depositi di denaro: dal 30 al 27 per cento; certificati di deposito fino a 12 mesi: dal 30 al 27 per cento certificati da 12 a 18 mesi: dal 25 al 27 per cento certificati di deposito con scadenza superiore a 18 mesi: dal 12,5 al 27 per cento (eliminata la loro assimilazione alle obbligazioni. Il comma 9 dell’articolo in commento ha stabilito che in caso di anticipato rimborso di obbligazioni entro 18 mesi dall’emissione i relativi redditi siano tassati dall’emittente con l’aliquota del 20 per cento). In termini generali, pertanto, dal 20 giugno 1996 l'aliquota è stata unificata al 27% relativamente agli interessi che maturano dopo tale data. Sui certificati di deposito con vincolo pari o superiore a 18 mesi, la ritenuta del 27% si applicava solo sui titoli di nuova emissione, mentre su quelli emessi in data anteriore resta in vigore l'aliquota del 12,5% fino a scadenza. Aliquota al 20% A decorrere dal 1° gennaio 2012 il comma 6, articolo 2 del D.L. n. 138 del 2011 ha introdotto l’aliquota del 20%. Ciò posto, la lettera a), comma 2, articolo 29 del D.L. n. 216 del 29 dicembre 2011, ha stabilito che, ai fini del regime transitorio, l’applicazione dell’aliquota del 20% decorre dal “1° gennaio 2012 con riferimento agli interessi e agli altri proventi derivanti da conti correnti e depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati, maturati a partire dalla predetta data”. Pertanto, gli interessi maturati sino al 31 dicembre 2011, anche se riscossi successivamente, continuavano ad essere tassati con applicazione dell’aliquota previgente. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 11/E del 28 marzo 2012, paragrafo 5, ha confermato che “Sono assoggettati alla ritenuta alla fonte ai sensi del comma 2 dell’articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, con la minore aliquota del 20 per cento, gli interessi e gli altri proventi dei certificati di deposito bancari. L’articolo 2 del decreto non ha infatti apportato alcuna modifica a tale disposizione che, pertanto, continua ad estendere il regime fiscale degli interessi e degli altri proventi derivanti dai depositi bancari anche ai certificati rappresentativi di depositi bancari. Con riguardo a tali fattispecie, il citato decreto legge n. 216 del 2011 all’articolo 29, comma 2, lettera a), ha precisato che, per quanto concerne gli interessi e gli altri proventi derivanti dai conti correnti e depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati, le disposizioni dell’articolo 2, comma 6 del decreto trovano applicazione relativamente ai proventi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2012. Pertanto, la ritenuta nella misura del 27 per cento continua a trovare applicazione sulla parte di essi maturata fino al 31 dicembre 2011”. Aliquota al 26% A seguito dell’innalzamento dell’aliquota di tassazione al 26 per cento, ad opera dell’articolo 3 del D.L. n. 66 del 2014, lettera b) del comma 7, le banche applicano la predetta ritenuta, ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, sugli interessi e altri proventi di conti correnti e depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati, maturati a decorrere dal 1° luglio 2014. Ne consegue che, ai fini del regime transitorio, per gli interessi derivanti da conti correnti e depositi bancari, anche se rappresentati da certificati, il criterio di riferimento è quello della maturazione e non quello dell’esigibilità. Sull’argomento, al paragrafo 3.1 - Regola generale, della circolare n. 19/E del 27 giugno 2014, è precisato che “La regola generale dettata dal comma 6 dell’articolo 3 del decreto prevede che l’aliquota del 26 per cento si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all’articolo 44 del TUIR divenuti esigibili a decorrere dal 1° luglio 2014. Pertanto, la nuova aliquota del 26 per cento si applica ai redditi di capitale per i quali il diritto a percepirli ovvero il diritto ad esigerne il pagamento sia sorto dal 1° luglio 2014 in poi, tra i quali quelli derivanti da: mutui, depositi e conti correnti diversi da quelli bancari e postali; finanziamenti diversi da quelli cartolarizzati, compresi, ad esempio, i prestiti dei soci; operazioni di riporto, pronti contro termine e prestito titoli; titoli atipici. Continuano, invece, ad essere assoggettati a tassazione applicando le precedenti disposizioni i redditi connessi ad un diritto a percepirli sorto fino al 30 giugno 2014”. Al successivo paragrafo 3.1.2 della circolare dell’Agenzia delle Entrate da ultimo citata è stato inoltre confermato che “La successiva lettera b) dello stesso comma 7 dell’articolo 3 del decreto[8] dispone che le banche e Poste italiane S.p.A. applicano la ritenuta nella misura del 26 per cento, ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, sugli interessi e altri proventi di conti correnti e depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati, maturati a decorrere dal 1° luglio 2014. Rimane fermo il regime di non imponibilità per gli interessi e gli altri proventi corrisposti a soggetti non residenti derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali che, ai sensi dell’articolo 23 del TUIR, non si considerano prodotti nel territorio dello Stato”. Cassa depositi e prestiti In via preliminare, a mente del comma 8 dell’articolo 5 del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, la CDP S.p.A. assume partecipazioni e svolge le attività, strumentali, connesse e accessorie; per l'attuazione di quanto previsto al comma 7, lettera a), del citato decreto, la CDP S.p.A. istituisce un sistema separato ai soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell'equilibrio economico. Sono assegnate alla gestione separata le partecipazioni e le attività ad essa strumentali, connesse e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei soggetti di cui al menzionato comma 7, lettera a). Il comma 24, articolo 5 del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, in riferimenti agli interessi e gli altri proventi dei conti correnti dedicati alla gestione separata in argomento, prevede la non applicazione della ritenuta disciplinata ai commi 2 e 3 dell'articolo 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[9]. La ritenuta sugli interessi di fonte estera Ai sensi del comma 3 dell’articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, la ritenuta è operata dai sostituti d’imposta di cui all’articolo 23 del D.P.R. 600 del 1973 che intervengono nella riscossione[10] degli interessi ed altri proventi in esame quando gli stessi sono dovuti da soggetti non residenti. Circa le modalità di prelievo, si precisa che: in presenza di un intermediario residente quest’ultimo applica la ritenuta alla fonte a titolo di imposta; in caso di assenza dell’intermediario, i redditi di capitale sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota della ritenuta a titolo d'imposta. Il contribuente ha la facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva ed in tal caso compete il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero. La norma di interpretazione autentica del comma 3 dell’articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, di cui all’articolo 1-bis del D.L. n. 669 del 31 dicembre 1996, ha equiparato le filiali estere di banche italiane alle banche non residenti in Italia ai fini dell’individuazione del trattamento fiscale applicabile agli interessi corrisposti su conti correnti o depositi aperti presso i medesimi soggetti. In particolare, le disposizioni di cui al citato comma 3 “si intendono nel senso che le banche con sede nel territorio dello Stato e le filiali italiane di banche estere non devono operare alcuna ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti dalle stesse percepiti su depositi e conti intrattenuti presso banche con sede all'estero, ovvero presso filiali estere di banche italiane”. Pertanto, in considerazione dell’equiparabilità, ai fini fiscali, dei certificati di deposito ai depositi bancari ai sensi del medesimo articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, i certificati di deposito emessi da una filiale estera di una banca italiana sono soggetti al regime dei certificati di deposito emessi da un soggetto non residente in Italia. Ricordiamo, infine, che eventuali certificati di deposito a medio-lungo termine, ancora in circolazione, emessi da non residenti ante 20 giugno 1996 subiscono l'imposta sostitutiva di cui al D.Lgs. 239 del 1996, secondo l'aliquota del 12,5%. Con riguardo alla decorrenza e al regime transitorio disciplinati rispettivamente dal comma 2, lettera a) dell’articolo 29 del D.L. n. 216 del 29 dicembre 2011 e dall’articolo 3 del D.L. n. 66 del 24 aprile 2014, in relazione alla variazione della ritenuta al 20% e, successivamente, al 26%, rimandiamo al precedente paragrafo “ALIQUOTA”. Di seguito riportiamo una tabella sinottica (vedi tabella 2) con indicazione della tipologia di tassazione in relazione al soggetto beneficiario del reddito di capitale in esame. Per approfondimenti: Difesa avanzata del cliente nel contratto di conto corrente e di mutuo, Seminario di 7 ore formative, Altalex Formazione. (Altalex, 10 marzo 2015. Articolo di Davide Cervi) _________________ [1] Nell’ambito della disciplina sull’imposta di bollo su conti correnti e prodotti finanziari (articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni), la Banca d’Italia ha fornito taluni chiarimenti in merito alla natura, dal punto di vista giuridico, del conto corrente e del deposito bancario. In particolare, è stato chiarito che “nella prassi bancaria la nozione di “deposito” comprende: i) I depositi che costituiscono la provvista di un conto corrente; ii) I depositi con funzioni diverse da quelle sub i). Potrebbero ricadere in questa fattispecie non solo i contratti giuridicamente distinti dal conto corrente (certificati di deposito, depositi alimentati attraverso un conto corrente “di appoggio”, ecc.) ma anche i depositi in conto corrente la cui funzione principale non sia quella di fornire una provvista al conto. La circostanza che le giacenze di un deposito in conto corrente siano remunerate non sembra invece costituire, di per sé, un ostacolo a che le medesime costituiscano la provvista del conto. Generalmente la normativa bancaria non distingue i depositi sub i) e ii): ad esempio, ai fini della tutela offerta dai sistemi di garanzia dei depositanti ai sensi dell’art. 96-bis del Testo unico bancario (TUB) vengono in rilievo tutte le tipologie di deposito nominativo, compreso quello in conto corrente”. [2] Comma 2 dell’articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973. [3] Per maggiori approfondimenti rimandiamo alla tabella sinottica che segue. [4] Si veda, in tal senso, il comma 4 dell’articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973. [5] Per i proventi dei buoni fruttiferi e dei certificati di deposito emessi dalle banche, la ritenuta di cui al secondo comma dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, si applica nella misura del ventisette per cento indipendentemente dalla scadenza. [6] La circolare ministeriale n. 306 del 23 dicembre 1996, al paragrafo 1.1 - Titoli inclusi nella disciplina del D.Lgs. n. 239 del 1996, precisa che “l'art. 41, comma 2, del TUIR nella sua formulazione originaria stabiliva, tra l'altro, che "ai fini delle imposte sui redditi si considerano similari alle obbligazioni: a) i buoni fruttiferi e i certificati di deposito con scadenza non inferiore a diciotto mesi emessi da istituti o aziende di credito; b) i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli, autorizzate ai sensi dell'art. 29 del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510; c) i titoli in serie o di massa con scadenza fissa non inferiore a diciotto mesi che contengono l'obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell'impresa emittente o dell'affare in relazione al quale siano stati emessi ne' di controllo sulla gestione stessa". Questa disciplina è stata di recente modificata dalle seguenti disposizioni: l'art. 7, comma 11, del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, convertito dalla 8 agosto 1996, n. 425, ha soppresso la trascritta disposizione di cui legge all'art. 41, comma 2, lett. a), del TUIR e, pertanto, i buoni fruttiferi ed i certificati di deposito emessi dalle banche, aventi scadenza non inferiore a 18 mesi, non sono più titoli similari alle obbligazioni, con l'ulteriore effetto che i proventi da essi derivanti devono essere assoggettati alla ritenuta alla fonte prevista dal secondo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973; l'art. 7, comma 13-bis, del citato D.L. n. 323 del 1996 ha previsto che l'art. 1, comma 1, del provvedimento in oggetto non si applica ai buoni fruttiferi e certificati di deposito emessi dalle banche prima del 20 giugno 1996, anche se aventi durata non inferiore a diciotto mesi (e, quindi, anche se, al momento della loro emissione, costituivano titoli similari alle obbligazioni secondo la preesistente disciplina); l'art. 14, comma 1, del D.L. 30 agosto 1996, n. 449, reiterato dal D.L. 23 ottobre 1996, n. 547, ha modificato la disposizione contenuta nella lettera c) del comma 2 dell'art. 41 del TUIR, avendo sancito la soppressione delle parole "con scadenza non inferiore a diciotto mesi". Pertanto, i titoli in questione, emessi a partire dalla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 449 del 1996 (cioè dal 31 agosto 1996, in relazione a quanto previsto dall'art. 2, comma 164, del provvedimento collegato alla finanziaria 1997, in corso di approvazione al momento della redazione della presente circolare), sono equiparati alle obbligazioni indipendentemente dalla loro durata e sono soggetti alla ritenuta del 12,50% ovvero alla più elevata aliquota prevista dal primo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, a seconda che la loro scadenza non sia ovvero sia inferiore a 18 mesi. Conseguentemente, ricorrendo le altre condizioni previste dal provvedimento in oggetto, i titoli in questione rientrano nell'ambito di applicazione del D.Lgs. n.239 del 1996 soltanto se hanno una durata non inferiore a 18 mesi; l'art. 14, comma 2, lett. a), del citato D.L. n. 547 del 1996 ha stabilito che la ritenuta del 12,50% prevista dal primo comma dell'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 si applica a condizione che le obbligazioni abbiano scadenza non inferiore a 18 mesi e che, in caso contrario, si applica la ritenuta alla fonte nella misura del 27 per cento; l'art. 7, comma 9, del citato D.L. n. 323 del 1996, come modificato dall'art. 14, comma 2, lett. b), del citato D.L. n. 547 del 1996, ha stabilito che sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni da chiunque emesse, maturati fino al momento dell'anticipato rimborso, è dovuta dall'emittente una somma pari al 20% qualora il rimborso abbia luogo entro 18 mesi dalla emissione.”. Inoltre, al paragrafo 1.2 - Titoli esclusi dalla disciplina del D.Lgs. n.239 del 1996, è ulteriormente chiarito che “Sulla base di quanto esposto precedentemente, sono esclusi dal nuovo regime fiscale introdotto dal provvedimento in oggetto - e restano conseguentemente soggetti al prelievo alla fonte previsto dall'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973da parte dei soggetti emittenti nella loro veste di sostituti d'imposta - i seguenti titoli: obbligazioni ed altri titoli indicati nell'art. 31 del D.P.R. n. 600 del 1973 emessi all'estero, ivi compresi quelli emessi dagli organismi sovranazionali menzionati nel punto 3)del precedente paragrafo; obbligazioni e titoli similari emessi da soggetti non residenti, diversi dagli organismi internazionali menzionati nel precedente paragrafo; obbligazioni e titoli similari emessi da società per azioni le cui azioni non sono negoziate nei mercati regolamentati italiani, i cui proventi sono soggetti alla disciplina prevista dall'art. 32 del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, e dall'art. 3, comma 114, della legge 28 dicembre 1995, n. 549; obbligazioni e titoli similari emessi in Italia da banche e società le cui azioni sono quotate nei mercati regolamentati aventi scadenza inferiore a 18 mesi, i cui proventi sono soggetti alla ritenuta del 27 per cento; buoni fruttiferi e certificati di deposito emessi dalle banche, che non costituiscono più titoli similari alle obbligazioni per effetto delle disposizioni dianzi richiamate. Al riguardo si fa presente che, a seguito della ricordata soppressione dell'assimilazione alle obbligazioni, si é venuta a determinare l'estensione della disciplina fiscale prevista per i depositi e conti correnti bancari ai proventi dei predetti buoni fruttiferi e certificati di deposito”. [7] Il comma 6 detta “Al secondo comma dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, le parole: "trenta per cento" sono sostituite dalle seguenti: "ventisette per cento".”. Il comma 7 dispone “La ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti sui certificati di deposito e sui depositi nominativi e vincolati è fissata nella misura del ventisette per cento, indipendentemente dalla durata dei titoli o dei depositi.”. [8] Decreto legge 24 aprile 2014, n. 66. [9] Inoltre, è disposta anche l’esenzione dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché ogni altro tributo o diritto, in riferimento a tutti gli atti, contratti, trasferimenti, prestazioni e formalità relativi alle operazioni di raccolta e di impiego, sotto qualsiasi forma, effettuate dalla gestione separata di cui al citato comma 8, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie anche reali di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate. [10] A seguito delle modifiche normative introdotte ad opera dell’articolo 4 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, per quanto concerne l’abrogazione della ritenuta sui redditi degli investimenti esteri e attività estere di natura finanziaria introdotta dall’articolo 9 della legge 6 agosto 2013, n. 97, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 19/E del 27 giugno 2014, paragrafo 9, ha precisato che “occorre rilevare che, per effetto delle modifiche normative in esame, i sostituti d’imposta che intervengono nella riscossione dei redditi derivanti da attività finanziarie estere applicheranno le ritenute alla fonte e le imposte sostitutive dietro specifico incarico a cura del contribuente, sempreché le norme non individuino specificamente il soggetto tenuto ad operarle”. / depositi / conti correnti bancari / regime fiscale / Davide Cervi / ( da www.altalex.it )