GIUDICARIESI IN RUSSIA (1914-1920) Un progetto di ricerca storica A cura della classe 5SA dell’Istituto L.Guetti di Tione di Trento Direzione della ricerca storica: prof. Renato Paoli Direzione della composizione grafica dei pannelli: prof. Silvano Bonomi 1) INTRODUZIONE: SCELTA DEL TEMA E OBIETTIVI PREVISTI Riteniamo che avvicinarsi alla storia attraverso il recupero della memoria individuale e collettiva sia un veicolo imprescindibile per l’acquisizione di valori etici, democratici e civili. La memoria infatti ricopre un ruolo fondamentale nella nostra formazione umana e culturale: siamo convinti che ci sia uno stretto legame tra memoria storica e progettualità esistenziale e civile. Per evitare tuttavia che della memoria vengano fatti usi impropri, è necessario che essa sia inscritta in una costruzione critica del sapere storico, che passa attraverso percorsi di ricerca che siano il più possibile rigorosi nei criteri e nelle metodologie adottate. Per ricostruire la storia attraverso la memoria, è necessario dare ampio spazio allo studio delle fonti e dei documenti, prendendo contatto diretto con ciò che il passato ha lasciato come traccia di sé. Il nostro lavoro, in questo senso, non può che essere un lavoro di ricerca, volto a recuperare le fonti dirette con cui si misura lo storico, applicando ad esse i criteri della critica storica e organizzando le informazioni in modo da elaborare una interpretazione coerente dei fenomeni e dei processi studiati. Pensiamo che la ricerca stimoli e nello stesso tempo renda produttiva la creatività, elemento fondamentale nei processi di apprendimento. La creatività qui viene intesa non come mera spontaneità o libera espressione, bensì come “costruttività” e “legalità”: la specificità dell’apprendimento umano infatti è di essere innovativo e insieme fondato su regole e il lavoro di ricerca è, secondo noi, il modo più adatto in cui apprendere e applicare operativamente le “regole del gioco” (nel nostro caso le regole del “fare storia”). Si tratta da un lato di adottare i metodi della storiografia e gli strumenti della ricerca storica (fonti e modelli di sistemazione ed elaborazione dei dati storici), dall’altro di cimentarsi con l’elaborazione di schemi interpretativi degli eventi del passato. Un’attività di ricerca come quella prospettata implica la consapevolezza che la storia non è data ma si costruisce, significa adottare uno sguardo più attento, meno passivo nei confronti di ciò che ci sta intorno. In quest’ottica il territorio diventa una miniera ricchissima di risorse oltre che un vero e proprio laboratorio nel quale “esercitarsi” nei processi di osservazione, interpretazione e valutazione critica degli eventi e dei processi storici. Il territorio al quale ci siamo riferiti per la nostra ricerca è quello delle Valli Giudicarie, un’area del Trentino occidentale compresa tra il lago di Garda, il lago di Molveno, il lago d’Idro e il passo Carlo Magno e costituita dalle valli del Chiese e Rendena, la “busa” di Tione e, a sud-est del passo Durone, le zone di Bleggio, Lomaso e Banale. Un’area territorialmente abbastanza vasta e articolata, storicamente caratterizzata da uno sviluppo unitario e istituzionalmente corrispondente alla appena sorta Comunità delle Giudicarie (la Comunità di Valle che ha sostituito nel 2009 il Comprensorio delle Giudicarie C8). Studiando la storia del Novecento, abbiamo potuto capire come l’evento che ha segnato tragicamente l’inizio del nuovo secolo sia stata la Prima guerra mondiale, la prima guerra di massa della storia dell’uomo che ha indotto nella società europea e mondiale una catena di trasformazioni non solo politiche, economiche e sociali, ma anche culturali e mentali di enorme portata. Consapevoli che il nostro territorio è stato direttamente interessato agli eventi della guerra, abbiamo deciso di svolgere una ricerca intorno a questo evento epocale nella prospettiva territoriale sopra descritta. Dopo alcune letture e qualche discussione in classe, ci siamo resi conto che la maggior parte dei giudicariesi che hanno partecipato alla grande guerra non ha combattuto sul fronte che attraversava le Giudicarie (Adamello – Alpi di Ledro), ma, come accadde ad altre migliaia di trentini combattenti nell’esercito austro-ungarico, furono inviati sul fronte orientale, in Galizia e Bucovina in particolare, a fronteggiare l’esercito russo. Sollecitati dal nostro insegnante di storia, abbiamo quindi approfondito la nostra conoscenza dell’argomento attraverso la lettura di alcune recenti ricerche storiografiche, che hanno evidenziato come i trentini abbiano avuto all’interno della tragedia che li ha accomunati a tutti gli altri popoli coinvolti, un destino particolare, visto che erano combattenti austro-ungarici di cui gli austriaci si fidavano poco in quanto in odore di irredentismo e per i quali gli italiani, nonostante la retorica dei nazionalisti, non provavano particolare simpatia in quanto considerati troppo filo-austriaci. In particolare sono state molto significative per noi, in questa prospettiva storiografica, due opere pubblicate negli ultimi anni: Il popolo scomparso: il Trentino, i trentini nella prima guerra mondiale. 1914-19201 e I dimenticati della Grande Guerra di Quinto Antonelli2. E’ stato 1 Il Popolo scomparso. Il Trentino, i Trentini nella prima guerra mondiale, a cura del Laboratorio di storia di Rovereto Comune di Rovereto, Museo storico in Trento, Museo storico italiano della guerra di Rovereto, Nicolodi, Rovereto, 2003. 2 Quinto Antonelli, I dimenticati della Grande Guerra. La memoria dei combattenti trentini (1914-1920), Trento, Il Margine, 2008. utile, inoltre, sia come stimolo per il nostro lavoro sia come risorsa per la ricerca, l’Anagrafe on-line “Caduti trentini della I° Guerra Mondiale” curata dal Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto e consultabile sul sito http://www.trentinocultura.net/. In particolare l’opera di Antonelli è risultata per noi fondamentale, poiché ha suscitato il nostro interesse nei confronti di una tipologia di fonti particolari e solitamente non molto utilizzate nella ricerca storica: le fonti soggettive. Il volume di Antonelli infatti ricostruisce l’esperienza dei soldati trentini sul fronte orientale partendo dalle pagine dei diari, delle memorie, delle lettere ad amici o familiari, che gli stessi soldati scrivevano nelle trincee, o nei campi di prigionia o, infine, negli ospedali militari nei quali venivano curati dalle ferite di guerra. Questa prospettiva, pur essendo parziale e spesso incompleta se si vogliono ricostruire gli eventi militari che hanno contrassegnato l’evoluzione della guerra, diventa preziosissima se si è interessati a capire l’esperienza vissuta dai soldati, i sentimenti provati, i conflitti interiori, le difficoltà di adattamento, i rapporti interpersonali in una situazione estrema come quella della trincea o della prigionia nelle sterminate steppe siberiane. Per non parlare dell’emozione provata nel leggere le pagine che Antonelli dedica all’esperienza di quei soldati trentini che, catapultati nella Russia della guerra civile, si sono trovati a combattere a fianco delle Armate bianche antibolsceviche in un esercito italiano nel quale, date le drammatiche circostanze, sono stati costretti ad arruolarsi “volontariamente” nella speranza di poter tornare più facilmente in patria. Ritorno che è avvenuto spesso in maniera assai avventurosa, partendo dai porti della Cina e attraversando alcuni l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e il canale di Suez fino ad arrivare stremati a Trieste, altri attraverso l’Oceano Pacifico, il continente americano, l’Oceano Atlantico e mezza Europa, raggiungere Torino e da lì l’amato Trentino. Da questa affascinante lettura è scaturita la curiosità di realizzare una ricerca circoscritta al territorio giudicariese, che avesse come obiettivo quello di trovare memorie, diari, lettere, fotografie e altri documenti relativi all’esperienza di guerra dei combattenti giudicariesi, in modo da costruire un percorso di memoria fondato sulla ricerca storica da mettere a disposizione della stessa comunità giudicariese. In questa ottica ci siamo prefissati di svolgere la nostra ricerca con un’obiettivo preciso consistente nell’allestimento di una mostra documentaria che, dal 19 al 30 marzo scorsi, ha proposto un percorso espositivo dedicato alla storia dei soldati giudicariesi combattenti sul fronte russo durante la Prima guerra mondiale. Per poter realizzare il nostro progetto ci siamo avvalsi della collaborazione di due enti culturali che hanno mostrato interesse per il nostro lavoro: il Centro Studi Judicaria e la Fondazione del Museo storico del Trentino con sede a Trento. 2) METODO DI LAVORO Il metodo che impiegato nella realizzazione della nostra ricerca è quello proprio della storiografia, basato sulla ricerca delle fonti, la loro selezione e la loro analisi critica per arrivare alla ricostruzione degli eventi e/o dei processi storici di cui le fonti sono testimonianza e, infine, tentare una interpretazione complessiva degli stessi. Anche nella ricerca storica, infatti, così come nella ricerca scientifica, il metodo presuppone tre fasi: 1. osservazione e raccolta delle informazioni; 2. analisi e confronto delle stesse, da cui trarre deduzioni su come si sono svolti i “fatti”; 3. interpretazione complessiva del fenomeno e formulazione di una sua plausibile spiegazione. Certo, la ricerca storica non può portare a conclusioni sicure e definitive, molto meno di quanto lo facciano le scienze naturali. Tuttavia i criteri adottati dagli storici sono altrettanto rigorosi di quelli adottati dagli scienziati. Lavorare in modo scientifico in campo storico significa inoltre dotarsi di strumenti utili alla classificazione e all’analisi delle fonti, in modo da poter rendere conto di ogni passaggio e sottoporlo a chiunque sia interessato a rintracciare il percorso effettuato. È fondamentale, inoltre, tenere presenti i risultati che la comunità degli storici ha raggiunto in un determinato campo di indagine, così come avviene anche nell’ambito della ricerca scientifica. Con questo non si pretende naturalmente di affermare che la storia è una scienza esatta e tanto meno che debba dotarsi di strumenti matematici come accade per le scienze della natura. Essendo una scienza che si occupa di comportamenti umani che sono sempre individuali o collettivi, mai universali, essa non potrà che avvalersi di un linguaggio verbale e di interpretazioni di tipo “qualitativo”. Non solo: la specificità dello storico consiste anche nel “raccontare” la storia e non solo spiegarla. In questo senso l’obiettivo primario che ci siamo posti, anche in ragione dell’argomento affrontato, è stato di elaborare una narrazione dell’esperienza dei soldati combattenti in Russia, avvalendoci del racconto che essi stessi ci hanno tramandato nelle loro memorie. La nostra ricerca si è quindi sviluppata attraverso le seguenti fasi. a) Ricerca delle fonti La prima fase del lavoro è consistita nel cercare le fonti primarie a partire dalle quali e con le quali abbiamo poi costruito il nostro racconto. Quali fonti cercare? E dove trovarle? Abbiamo adottato quattro modalità complementari: - appello alla comunità scolastica e, tramite essa, al territorio affinché si rendessero disponibili eventuali documenti conservati negli archivi privati - ricerca personale negli archivi privati propri e/o di propri conoscenti - ricerca nell’archivio di scrittura popolare del Museo storico di Trento e nell’archivio del Museo della guerra di Rovereto - ricerca bibliografica per reperire eventuali documenti già pubblicati in altre opere 2 b) Catalogazione delle fonti e schede biografiche degli autori Una volta reperite le fonti, come catalogarle in modo da renderle fruibili all’analisi? Trattandosi per lo più di fonti soggettive, si è posto anche il problema di conoscere almeno qualche dato fondamentale sui loro autori. A questo fine abbiamo predisposto degli strumenti di raccolta delle informazioni, in particolare: - Una scheda di catalogazione dei documenti - Una scheda di rilevazione dei dati biografici c) Analisi delle fonti e articolazione del materiale nel racconto Dopo aver catalogato le fonti e raccolto le informazioni relative alla biografia degli autori, è siamo passati all’analisi dei materiali a disposizione. Dopo una prima analisi generale, abbiamo elaborato, in vista dell’organizzazione della mostra finale, un percorso narrativo articolato in modo da dare leggibilità ai documenti trovati. L’obiettivo era quello di ricostruire attraverso i documenti l’esperienza di guerra e di prigionia dei soldati giudicariesi arruolati a partire dal 1 agosto 1914 nell’esercito austro-ungarico e inviati sul fronte orientale a combattere contro l’esercito russo. Il taglio che si è dato all’esposizione dei documenti è stato dunque di tipo narrativo: si trattava di costruire un percorso che idealmente immergesse il visitatore nelle varie tappe di quella tragica esperienza, utilizzando i documenti come elementi strutturali di un racconto che facesse scorrere in maniera sequenziale i momenti che sono stati vissuti dai protagonisti. Abbiamo utilizzato varie tipologie di fonti (atti ufficiali, articoli di giornale, fotografie, cartografia), assegnando tuttavia una netta prevalenza alle scritture dei soldati (fonti soggettive: memorie, diari, lettere, agende, ecc.) Il racconto si è articolato nei seguenti capitoli: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. La partenza In viaggio verso il fronte Immagini di vita galiziana Vita militare Si combatte Si muore Feriti Prigionieri A casa la vita continua In Siberia e in Estremo Oriente Il ritorno in patria A questo punto abbiamo effettuato una selezione delle fonti sulla base dell’articolazione che si intendeva dare al racconto. d) Interpretazione delle fonti, stesura dei testi e realizzazione grafica dei pannelli da esporre in mostra La fase finale della ricerca è consistita nella analisi dettagliata dei documenti finalizzata ad una sintesi interpretativa degli stessi e alla scrittura dei testi di spiegazione. In questa fase sono entrate in gioco sia le nostre capacità di analisi e interpretazione delle fonti, sia la nostra creatività per quanto riguarda la presentazione dei risultati finali della nostra ricerca. Ecco perché abbiamo coinvolto nel Progetto anche le competenze acquisite attraverso il Disegno e la Storia dell’arte, in un’ottica interdisciplinare che ci ha permesso di applicare conoscenze e abilità conseguite in ambiti diversi. Non solo: la necessità di realizzare dei pannelli espositivi che potessero essere fruiti anche più volte e in sedi diverse, ci ha spinto ad utilizzare le nuove tecnologie, che offrono straordinarie possibilità di realizzazione di prodotti di ottima qualità. In particolare, pur conoscendo alcuni software utilizzati in altre occasioni nel passato (per es. Microsoft Publisher), ci è stata offerta la possibilità di acquisire alcune conoscenze fondamentali nell’uso di un programma di trattamento dell’immagine (Adobe Photoshop) con il quale abbiamo poi realizzato il nostro lavoro. 3) RISULTATI DELLE RICERCHE a) Documenti reperiti Il lavoro di ricerca ci ha permesso di entrare in possesso di una quantità molto elevata di documenti, tra cui anche molti inediti. Ci siamo resi conto che il materiale a disposizione sugli eventi studiati è davvero molto ricco. Complessivamente, tra i materiali del Museo e quelli trovati negli archivi privati, siamo riusciti a reperire circa un centinaio di documenti, comprensivi delle memorie dei soldati, delle fotografie e di altri documenti complementari. 3 Dopo averli catalogati e analizzati in prima battuta, li abbiamo selezionati inserendoli nelle sezioni in cui si è articolata la mostra. Non possiamo stabilire il numero complessivo dei combattenti giudicariesi sul fronte orientale, ma dalle fonti che abbiamo analizzato ci siamo resi conto del coinvolgimento capillare della popolazione del nostro territorio nell’esperienza della guerra su quel fronte. Abbiamo poi cercato di dare un volto e una storia ai soldati che abbiamo conosciuto nel nostro lavoro producendo una serie di schede biografiche di combattenti giudicariesi, di cui siamo riusciti a rintracciare la documentazione. E’ certamente un elenco parziale, tuttavia significativo nell’ottica del recupero della memoria delle storie personali. b) Bilancio dei caduti giudicariesi Siamo stati invece in grado di verificare il numero dei caduti giudicariesi sui fronti della Grande guerra. Confrontando i dati a nostra disposizione, ricavati prevalentemente dai monumenti ai caduti che quasi tutti i comuni delle Valli Giudicarie hanno eretto in memoria dei soldati che non sono tornati dalla guerra, con l’Anagrafe on-line consultabile sul portale www.trentinocultura.net, siamo riusciti a stabilire che almeno 1051 sono le vittime giudicariesi del conflitto. c) Esempi di documenti inediti rintracciati Tra i documenti inediti che abbiamo trovato negli archivi privati e dei Musei che abbiamo consultato, riproduciamo alcuni esempi. Doc. 1. Pagina della Memoria manoscritta e inedita di Adriano Castellani di Ragoli (Busa di Tione) – Archivio privato di Oreste Castellani Dalla memoria inedita sappiamo che Adriano Castellani è partito il 1 Agosto 1914, ha raggiunto in serata Riva e da lì si è recato presumibilmente a Rovereto, che era una delle stazioni da cui partivano i treni per il fronte. Lo troviamo poi a Leopoli (Lemberg nel testo) e nei pressi di Cracovia. I luoghi che cita lo collocano sul fronte galiziano nella zona collocata tra Tarnow, Cracovia, Leopoli e Prezsmyl. La sua esperienza di guerra è effettuata come addetto alle “macchine” e quindi presumibilmente in un battaglione dell’artiglieria austro-ungarica. Nel febbraio del 1915, dopo aver avuto la possibilità di incontrare suo fratello Enrico qualche tempo prima, viene a sapere da un conterraneo della sua morte. Il corpo del fratello Enrico è sepolto nel cimitero di Lubcza Szczepanowska, nella provincia di Tarnow (oggi in Polonia). Le ultime pagine della memoria fanno riferimento al sopravvenire di una malattia che lo porta ad essere ricoverato e infine congedato nel 1917. La bozza della lettera collocata nella parte finale del quaderno e la brusca interruzione del racconto fanno pensare che con molta probabilità la memoria sia stata scritta nel periodo di degenza all’ospedale. Il rientro a casa avviene passando da Vienna, Grein Oberosterreich, Enns. L’incipit della memoria risulta folgorante per la sua forza espressiva e attesta il dolore dei soldati al momento della partenza. Il documento ci fornisce poi alcune indicazioni utili sui punti di raccolta (Riva, Trento, Bolzano), sulle difficoltà del viaggio e sul disorientamento dei soldati nelle prime ore della mobilitazione. 4 Doc. 2. Cartolina polacca di Luigi Maturi di Condino (Valle del Chiese) – Archivio del Museo storico italiano della Guerra di Rovereto Luigi Maturi parte per il fronte nell’estate del 1914 in seguito alla mobilitazione, avendo come prima meta Trento. Indossata la divisa militare, parte da qui alla volta di Graz. Fin da subito, è impegnato in ospedali militari, dove ha il compito di smistare i feriti, eseguire bendaggi e assistere alle operazioni in qualità di anestesista. Inoltre è anche capo della mensa ufficiali e responsabile dell’approvvigionamento. Da Graz si trasferisce a Vienna, poi a Budapest e infine a Mezdaborc, giungendo così nel pieno della Galizia. Su committenza dell’ospedale militare, si sposta spesso nei territori galiziani visitando numerose città, come documentano le numerose foto ritrovate. Nonostante la guerra sia un motivo terribile di scontro, rappresenta pure un momento di incontro tra diverse etnie e razze (ebrei, russi, austriaci, italiani, slavi...). Infatti, Luigi conobbe numerose persone di diversa nazionalità, con cui mantenne una corrispondenza epistolare anche dopo la fine della guerra. Firmato l’armistizio nel 1917, si trasferisce con l’ospedale militare a Terragnolo, Vallarsa. Qui rimane per circa un anno e nel 1918 Luigi fugge a cavallo verso Innsbruck, dato che la bassa Valle del Chiese era resa impenetrabile dalle truppe italiane. Da Innsbruck si trasferirà a Cles, dove eserciterà la professione di farmacista per alcuni anni. Ritornerà a Condino verso la fine degli anni venti. Scrive Luigi Maturi nella sua memoria inedita: “Il popolo polacco mi è molto simpatico, per la gentilezza, bontà d’animo e nobiltà, rassegnazione nel sopportare le disgrazie; è però ancora molto, ma molto indietro e in generale anche assai sporco. Ha bei costumi.” Doc. 3. Piastrina di riconoscimento e lettera ai genitori del soldato Germano Apolloni di Dorsino (Giudicarie esteriori) – Archivio Privato di Donatella Rigotti La piastrina fornisce indicazioni sull’arruolamento del soldato Germano Apolloni nella 7 Compagnia di uno dei Reggimenti dell’esercito austro-ungarico. Fornisce i dati anagrafici del soldato (nome e cognome; anno e luogo di nascita). L’astuccio in metallo consentiva di proteggere le informazioni scritte a mano su carta semplice. Dalle lettere inedite conservate dalla famiglia, siamo riusciti a ricostruire l’esperienza del soldato Germano Appoloni, il quale, partito con la prima mobilitazione dell’agosto 1914, ha combattuto in Bucovina almeno fino al 1915 ed è stato poi fatto prigioniero nel 1916. Una cartolina da Torino del dicembre 1918, a guerra conclusa, ci fa ritenere che sia rientrato con uno dei viaggi organizzati dalla Missione militare italiana in Russia tra i trentini irredenti. 5 Doc. 4. Cartolina-fotografia inedita di Carlo Maestri di Prezzo (Valle del Chiese) – Archivio Privato di Luciano Bugna La cartolina è spedita il 7/11/1917 dal soldato Carlo Maestri alla moglie, trasferita da Prezzo, paese nei pressi dei forti di Lardaro, a Pelugo in Valle Rendena; attesta l’esperienza dei profughi della valle del Chiese, che erano costretti, essendo sulla linea del fronte, a trasferirsi in paesi più interni come la Busa di Tione e la valle Rendena. Doc. 5. Pagina del Libretto Militare del Regio Esercito Italiano – Corpo di spedizione in Estremo Oriente del soldato Pellegrino Donati di Dasindo (Giudicarie esteriori) – Archivio Privato di Anna Donati Dai documenti reperiti si evince che dopo essere stato fatto prigioniero dai russi in Siberia, Pellegrino Donati decide di arruolarsi volontariamente con l’Italia nel corpo dei Battaglioni Neri, che confluirono poi nel Corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente. La sua agendina riporta le seguenti indicazioni: “Siberia. Arivato Krasnoiaschi (Krasnojarsk) 17 novembre 1918. Partito poi 6-8-1919”. Il suo nome risulta iscritto nelle liste ufficiali della “Legione Trentina”, conservate presso il Museo storico di Trento. Le cartoline dalla Cina e da Port Said attestano che Pellegrino è rientrato in patria con una delle navi militari italiane, partendo presumibilmente dalla base italiana di Tien Tsin per raggiungere Trieste nel 1920. Il Foglio di Congedo infatti indica la data 3 febbraio 1920. Nell’agosto del 1918, come attesta il suo libretto di arruolamento, Pellegrino Donati, dopo il periodo di prigionia in Russia e in Siberia, si arruola “volontario” nei Battaglioni Neri, che verranno integrati nel Corpo di spedizione in Estremo Oriente dell’Esercito italiano, inviato in quelle terre lontane per sostenere le armate bianche che stavano combattendo contro i bolscevichi. 6 Doc. 6. Cartoline dalla Cina e da Port Said di Pellegrino Donati di Dorsino (Giudicarie esteriori) – Archivio Privato di Anna Donati I soldati giudicariesi tornano in patria anche molti mesi dopo la fine della guerra. Alcuni addirittura nel 1920. Spesso portano con sé souvenir e ricordi delle terre in cui si sono trovati a combattere o in prigionia, come pipe, scatole, cartoline. Anche Pellegrino Donati ha portato con sè una serie di cartoline dalla Cina e dal Medioriente. Doc. 7. Lettera di Selma Ongari al marito Guerrino Botteri di Strembo (Valle Rendena) – Archivio della Fondazione del Museo storico del Trentino Guerrino Botteri era un maestro elementare nato nel 1882 a Trieste, città dove era emigrata la famiglia, che rientrerà in val Rendena nel 1907. Conseguito il diploma magistrale, insegnò in diverse scuole della sua valle. Dopo la guerra si trasferì a Trento dove divenne direttore didattico e dove morì nel 1941. Anselma Ongari, detta Selma, nacque invece a Spiazzo nel 1892, figlia di un maestro elementare. La madre gestiva invece un’osteria del paese. Anche Selma potè accedere all’istruzione superiore in un istituto commerciale. Selma e Guerrino si sposano l’11 maggio del 1914: di lì a pochi mesi Guerrino sarà chiamato sul fronte galiziano, iniziando un periodo di distacco dalla moglie che – a fasi alterne – durò fino al 1918. Anche Selma nell’agosto del 1915 fu costretta a trasferirsi dalla Rendena ad Enns, cittadina dell’Austria superiore, nelle vicinanze di Katzenau, dove la sua famiglia era stata internata per le simpatie filo-italiane che aveva precedentemente manifestato. Nell’espistolario non troviamo molte descrizioni dei fatti di guerra vissuti da Guerrino (di cui invece parla più dettagliatamente nel diario e nelle lettere al cognato): per lo più troviamo riflessioni personali dei due coniugi, lunghe e dolcissime dichiarazioni d’amore e di affetto, che attestano un intenso legame coniugale L’epistolario di Guerrino Botteri con la moglie Anselma Ongari è conservato presso il Museo storico del Trentino e conta ben 1371 lettere che i coniugi si scrivono tra il 1914 e il 1920. L’icipit di questa lettera è particolarmente significativo perché attesta la speranza in un futuro che faccia dimenticare gli orrori della guerra. 7 Doc. 8 Pagina dell’Album fotografico di Alfonso Cazzolli (Tione) –Archivio Privato di Renzo Salvaterra Alfonso Cazzolli viene chiamato alle armi verso la fine di novembre del 1914. Dapprima trascorre un breve periodo di addestramento militare in Trentino tra Levico e Trento, poi alla fine di giugno del 1915 viene trasferito ad Enns, nell'Austria Superiore. In seguito viene inviato in Galizia, dove prende parte alla controffensiva austriaca avviatasi alla fine di aprile del 1915. L'8 giugno 1916, Alfonso realizza il tanto desiderato progetto: diserta e si consegna ad una pattuglia di Cosacchi. Per alcuni giorni viene tenuto nel campo di concentramento di Darnitza, presso Kiew; viene poi condotto agli estremi confini orientali della Russia europea, dove svolge il lavoro di falegname. Nell'ottobre del medesimo anno si arruola nei Battaglioni Neri e combatte come volontario per l'Italia. Nel luglio 1917 raggiunge il campo di Kirsanov, luogo di prigionia degli italiani irredenti. Il proposito di tornare in patria viene troncato dallo scoppio della rivoluzione, a causa della quale viene trasferito con alcuni compagni a Tien-tsin, dove si arruola nel Corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente operante a fianco alle truppe “bianche” del generale Kolciak in azioni antibolsceviche di rastrellamento. Nel febbraio del 1920, rientra in Italia (Trieste) a bordo della “Nippon ” assieme a 270 volontari trentini. Al rientro portò con sé numerosi oggetti e una serie di cartoline e fotografie che conservò accuratamente in un album, all’interno del quale alcune pagine, come quella che riportiamo, sono dedicate alle violenze causate dai Signori della guerra che controllavano il territorio cinese dopo la rivoluzione del 1911. 4) CONCLUSIONI La ricerca che abbiamo condotto ci ha permesso di costruire un pezzo di storia significativo all’interno di una storia più generale e maggiormente conosciuta. Abbiamo scoperto una realtà umana per certi versi sorprendente costituita dalle esperienze drammatiche della trincea, dalla molteplicità dei sentimenti e degli affetti dei protagonisti, dai loro legami con le famiglie e con la terra d’origine, dal loro desiderio continuo di tornare in patria, dalle condizioni della prigionia in terra russa, dalle traversie del ritorno. In particolare abbiamo scoperto che molti uomini che hanno dovuto combattere al fronte hanno sentito l’esigenza di mettere per iscritto i loro pensieri, le loro difficoltà, le loro imprese, i loro sentimenti. Ciò significa che l’esperienza della guerra è stata così totale e totalizzante da costituire, per chi è sopravvissuto e ha potuto tornare a vivere, un’esperienza che ha inevitabilmente sconvolto la propria esistenza segnando un momento di svolta fondamentale, dal quale ogni altro momento della propria vita è stato in qualche modo codizionato. Tra i nostri testimoni c’è chi, per esempio, come Alfonso Cazzolli, dopo aver scritto all’epoca dei fatti un resoconto delle proprie vicende militari, sentirà l’esigenza di tornare a ridefinire e completare il proprio racconto a distanza di anni, ormai vecchio ma con il ricordo di quell’esperienza giovanile ancora ben vivo nella memoria3. E’ stata una scoperta anche il fatto di riscontrare un tasso di alfabetizzazione nelle nostre valli decisamente elevato: non solo maestri o impiegati, ma anche contadini e artigiani dimostrano di saper leggere e scrivere in italiano in un’epoca in cui in altre parti del nostro paese l’analfabetismo è ancora molto diffuso. 3 Cfr. Camillo Zadra, La memoria di Alfonso Cazzolli, in Soldati. Diari della Grande Guerra, Edizione La Grafica, s.d 8 La lettura delle memorie dei soldati semplici, arruolati per necessità, spesso inconsapevoli delle reali motivazioni che erano alla base del conflitto in cui sono stati coinvolti, ci ha permesso inoltre di guardare alla Grande guerra con un occhio molto diverso da quello che abbiamo quando studiamo quell’importante evento della storia novecentesca sui manuali scolastici. Se in questi vengono descritte tattiche militari, obiettivi strategici, risorse economiche e tecniche impiegate, nelle memorie dei soldati leggiamo invece di lunghe marce estenuanti, di nostalgia della propria casa, di rapporti umani non sempre amichevoli tra commilitoni e soprattutto tra soldati e ufficiali; o ancora, di ranci ridotti al minimo, di giacigli improvvisati, di notti all’addiaccio, di suoni assordanti prodotti da cannoni e mitragliatrici. Una guerra quindi vista dalla parte di chi l’ha combattuta davvero, di chi è morto sotto i colpi dei fucili e delle mitraglie, di chi è stato stroncato dal colera o dalla setticemia ed è ancora sepolto in uno dei molti cimiteri galiziani, di chi ha scritto le sue memorie in un letto di qualche ospedale militare dell’alta Austria. Anche la lingua usata dai diaristi e dai memorialisti è stata una scoperta interessante. Innanzitutto i nostri testimoni provengono da ceti sociali diversi: falegnami, contadini, artigiani, ma anche maestri elementari, tipografi, impiegati. Tutti sono accomunati dall’esperienza della guerra e da questa esigenza impellente di fissare la propria testimonianza attraverso parole scritte. Certamente la precarietà delle proprie condizioni esistenziali e la consapevolezza dell’eccezionalità dell’esperienza che si stava vivendo hanno contribuito a suscitare tale necessità dello scrivere. La lingua usata è per lo più una lingua popolare, magari sgrammaticata (anche se non sempre!), ma molto spesso di grande efficacia espressiva. Leggiamo per esempio l’incipit della memoria inedita di Adriano Castellani: “Il giorno 1 Agosto doppo un angoscioso lascio della mamma ed una sorella maritata. Ecco che noi due fratelli con lagrime e pianti se inviemo per il triste destino della guerra”4. E’ un inizio folgorante che racchiude tutta la disperazione che il soldato prova al momento della partenza. Sempre Castellani nella sua semplicità evoca un’immagine che ricorda Ungaretti: “nei contorni di Schremizl (Prezschmyl) dove che abiamo avuto dei combatimenti sanguinosi estramente si sviluppò il colera quela peste malatia che gli uomini cadevano come le foglie” Un altro aspetto che emerge da una parte della documentazione raccolta è il modo con cui i soldati giudicariesi percepiscono una realtà completamente diversa da quella dalla quale essi provengono. Le descrizioni delle terre e dei paesaggi lungo il viaggio che li porta fino ai confini orientali dell’Impero mostrano per esempio una curiosità naturale per un mondo ai più del tutto sconosciuto. Ma sono soprattutto le persone, i popoli, i loro usi e costumi, i loro abbigliamenti, le loro abitazioni ad interessare i nostri soldati. I rapporti con le popolazioni dei luoghi sono spesso contrassegnati da grande umanità: episodi di generosità e di aiuto da parte degli abitanti nei confronti dei soldati sono spesso narrati nelle testimonianze e nei ricordi dei trentini. Vi è anche qualcuno che mostra un interesse per così dire “etnografico”: la Galizia, la Bucovina, i monti Carpazi, ma ancor più la Siberia, la Mongolia e la Cina appaiono agli occhi dei nostri combattenti come mondi esotici. Da una parte si evidenziano i costumi incivili, la “barbarie” o l’immoralità di galiziani e siberiani; dall’altra si descrivono con stupore le bellezze dell’estremo oriente o l’originalità delle abitazioni slave. Leggiamo per esempio nella memoria dell’ufficiale farmacista Luigi Maturi di Condino: “Il popolo polacco mi è molto simpatico, per la gentilezza, bontà d’animo e nobiltà, rassegnazione nel sopportare le disgrazie; è però ancora molto, ma molto indietro e in generale anche assai sporco. Ha bei costumi. I Ruteni sono molto, ma molto più indietro; si vede che è stato un popolo molto, ma molto trascurato”5. In questo anche le fotografie o le cartoline-ricordo o gli oggetti riportati in patria come souvenir del lungo viaggio effettuato testimoniano il desiderio di avvalersi comunque di un’esperienza di vita che, pur nella sua drammaticità, ha offerto anche la possibilità di aprirsi al grande mondo e di conoscerne le terre più remote. 5) OSSERVAZIONI FINALI La ricerca storica che abbiamo portato a termine non rappresenta solo un lavoro di catalogazione e archivio dei documenti; al contrario, ci ha permesso soprattutto di fermarci a riflettere sull’esperienza che i nostri convalligiani hanno vissuto e sulle emozioni che hanno provato. La lettura dei documenti, forse iniziata con un’intenzione prettamente didattica, ci ha toccato nel profondo del cuore, facendoci vivere in prima persona le memorie dei soldati, ai quali alla fine ci sentiamo legati da un sentimento di affetto sincero. Questo vivo coinvolgimento emotivo è stato ciò che ci ha dato la voglia, l’interesse e la curiosità di andare avanti nell’approfondimento della ricerca, comprendendo, alla fine di questo impegnativo ma soddisfacente lavoro, di non poterci permettere di dimenticare ciò che è accaduto. Abbiamo capito che la storia è fatta da esperienze vissute da uomini comuni che per la maggior parte delle epoche passate sono finiti nel nulla, senza lasciare alcuna traccia di sé e, con il tempo, scomparendo anche dal ricordo. Laddove, come nel caso della Grande Guerra, esistono testimonianze di ciò che è accaduto, diventa dunque importante il lavoro di ricerca che consenta di fare riemergere e dare concretezza a chi ha vissuto quel tragico passato. Le scritture di guerra hanno questa grande forza espressiva in grado di riprodurre lo stato d’animo dei soldati nelle trincee, in prigione, in territorio nemico. E’ possibile rivivere oggi la tragica esperienza di quei soldati? Se ascoltiamo le parole di uno di loro, sembrerebbe di no: “E’ inutile lo scrivere! Chi non ha provato la disperazione muta di una massa di uomini affamati, condotti senza sapere il dove, diretti ad una meta, non nota nemmeno ai comandanti, di notte, per vie di fango dove il “piè fermo è sempre il più basso” quando non 4 5 A. Castellani, Memoria della guerra 1914-1917, Ms. inedito, Archivio Privato di Oreste Castellani L. Maturi, Memoria, Ms. inedito conservato presso il Museo storico italiano della guerra di Rovereto 9 sdrucciola anche quello, sovraccarichi di peso; umidi per l’acqua che piove fine fine, intirizziti dal freddo, esausti per lo sforzo, chi non prova tale muta disperazione, non può immaginarla attraverso le parole scritte.”6 Eppure la lettura del diario dello stesso Botteri, la memoria del Castellani, le lettere ai genitori dell’Apolloni, le cartoline affettuose ai famigliari del Maestri, ci hanno davvero proiettato in quel non troppo lontano passato e ci hanno permesso di ridare un volto ai Botteri, ai Castellani, agli Apolloni. Siamo convinti che il nostro lavoro, nella sua parzialità, può fornire un contributo a questo importante compito che abbiamo noi e tutte le generazioni future: tenere vivo il ricordo della Grande Guerra, non solamente per quanto riguarda gli avvenimenti, ma soprattutto per quella che è stata la personale esperienza di umili soldati. E’ solo l’inizio di una ricerca che potrà essere proseguita anche per altre esperienze di questo tragico XX secolo che ci sta alle spalle. Pensiamo alla guerra d’Etiopia o alla Seconda guerra mondiale: anche queste due disastrose guerre del secolo hanno visto la partecipazione massiccia di trentini e, tra loro, molti giudicariesi. Sono campi di indagine ancora del tutto aperti a cui la ricerca storica dovrà prima o poi dedicarsi. 6) RINGRAZIAMENTI Vogliamo esternare la nostra più sincera gratitudine a tutte le persone e istituzioni che ci hanno dato collaborazione e supporto logistico, permettendoci così di realizzare il nostro Progetto. In particolare desideriamo ringraziare il professore di storia e filosofia Renato Paoli, il quale ci ha spronato a svolgere la ricerca e ci ha guidato in tutte le sue fasi e il professore di storia dell’arte e disegno tecnico Silvano Bonomi, per la sua disponibile consulenza artistica nella realizzazione della mostra. Non scordiamo di ringraziare per l’aiuto ricevuto lo storico Quinto Antonelli, Caterina Tomasi, bibliotecaria del Museo storico di Trento, Anna Pisetti, bibliotecaria del Museo della guerra di Rovereto, e Daniela Mosca del Centro Studi Judicaria, luogo dell’esposizione. Ringraziamo anche la Biblioteca di Tione, per la ricerca bibliografica e l’esperto Alessandro Togni, poiché ci ha insegnato ad utilizzare Adobe Photoshop per realizzare i pannelli illustrativi. Un grazie anche alle Istituzioni del territorio che hanno creduto in noi e ci hanno sostenuto nella realizzazione del Progetto: il Centro Studi Judicaria, la Fondazione del Museo storico del Trentino, gli Assessorati alla cultura della Comunità delle Giudicarie e del Comune di Tione, le Casse Rurali del territorio giudicariese. Infine la nostra sincera gratitudine va alle persone (non è possibile nominarle tutte) che hanno gentilmente messo a disposizione i documenti, senza i quali sarebbe stato impossibile realizzare la nostra ricerca. 6 G. Botteri, Diario, in Scritture di guerra. Guerrino Botteri, Vigilio Caola, Giovanni Lorenzetti, Valentino Maestranzi, Giuseppe Scarazzini, Quinto Antonelli, Manuela Broz, Giorgia Pontalti (a cura di) Co-editori: Fondazione del Museo storico del Trentino e Museo storico italiano della guerra di Rovereto, 1998, p. 18. 10