Un quotidiano moderno nel segno della tradizione Un quotidiano moderno nel segno della tradizione WWW.AVANTI.IT WWW.AVANTI.IT Anno XV n° 111 - € 1,00 QUOTIDIANO SOCIALISTA DAL 1896 Mercoledì 12 maggio 2010 “Contro la speculazione sarà una dura battaglia” Il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, commenta il piano di salvataggio per l’euro e predica pazienza: “Bisogna combattere, ma non si vince subito” “Sono battaglie che bisogna combattere, non si vincono subito”. È quanto ha affermato ieri il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, a margine del convegno del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale svizzera, a chi gli chiedeva delle misure contro la speculazione sui mercati prese dall’Europa e dalla Banca centrale europea. Il governatore Draghi ha quindi ricordato le misure prese dalla Banca centrale europea dopo il vertice Ecofin di Bruxelles di domenica scorsa, che vedono l’istituto di Francoforte già attivo nell’acquisto sul mercato di obbligazioni private e titoli di Stato dell’Eurozona. “Ora - ha spiegato il numero uno di Palazzo Koch - c’è la presenza della Banca centrale europea che tende a riparare alcuni mercati che avevano smesso di funzionare per i titoli di alcuni Stati”. Il governatore della Banca d’Italia ha comunque sottolineato come le misure messe in campo dalla Banca centrale europea non creino liquidità addizionale: “La Banca centrale europea - ha rassicurato Draghi - non sta monetizzando il debito pubblico degli Stati”. PRIMO PIANO L’ALDOPARLANTE L’ALDO AGENZIE DI RATING, UN POTERE ECCESSIVO Stefano De Rosa di Aldo Chiarle PAGINA 3 OLTRECONFINE CON LA CRISI RITORNA L’EUROPEISMO Manuela Repetti PAGINA 5 CULTURA DRAMMA E COMMOZIONE IN NOTE Elio Matassi PAGINA 6 CULTURA “PER VIVERE CON POESIA” DI MARIO QUINTANA Giuseppe Moscati PAGINA 6 Il 28 aprile scorso è iniziata a sorpresa la mia vecchiaia. Andavo all’Avanti! per consegnare - come faccio ogni settimana - i miei articoli e improvvisamente in pochi minuti ho perso per ben tre volte i sensi, risvegliandomi sulla autoambulanza che mi portava all’ospedale. È una brutta sensazione molto peggiore di quel giorno del 1944, quando una raffica di “Machinepistol” sparatami da un SS tedesco mi bruciò i capelli. Allora ero giovane. Ora lo sono un po’ meno, ma non ho ancora intenzione di “abbandonare la compagnia dei viventi” nella quale mi trovo molto bene. Quando vedo passare una bella donna mi giro ancora a guardarla, anche se non mi ricordo il motivo. Ringrazio i lettori che, appresa la notizia, mi hanno telefonato e li tranquillizzo con un proverbio del mio vecchio e glorioso Piemonte: “Bestie grame, i moeru mai” (le bestie cattive non muoiono mai). Un grazie di cuore a Flavia e Lina che hanno chiamato l’ambulanza e all’Avanti! che ha mandato immediatamente un redattore all’ospedale. Mercoledì 12 maggio 2010 RUBRICHE “D IRITTI & L AVORO ” 2 di Carlo Pareto Previdenza: la pensione di vecchiaia La concessione della pensione di anzianità si ottiene quando si verificano tre condizioni essenziali: età, contribuzione minima e cessazione del rapporto di lavoro. Il terzo requisito non è necessariamente richiesto per i lavoratori autonomi, che possono invece chiedere il trattamento di quiescenza e continuare nell’esercizio della loro professione individuale. Gli altri due variano a seconda che il sistema di computo della prestazione previdenziale sia determinato con il metodo retributivo o contributivo. Il sistema di calcolo retributivo è legato espressamente in particolare alle retribuzioni percepite negli ultimi anni di servizio svolto (dieci anni per il personale dipendente e quindici per gli autonomi). È attualmente ancora valido per chi al 31 dicembre 1995 aveva maturato almeno diciotto anni di contribuzione. Per essere ammessi al trattamento di vecchiaia occorre tassativamente aver compiuto: 65 anni per gli uomini e 60 per le donne. Gli invalidi all’80% e i lavoratori non vedenti possono in deroga alle predette disposizioni andare in quiescenza a 60 anni se uomini e 55 se donne. Per quanto attiene il requisito amministrativo, sono segnatamente richiesti almeno 20 anni di contributi comunque accreditati (da attività lavorativa, da riscatto, figurativa eccetera). Mentre continuano ancora a bastare i precedenti 15 anni di iscrizione assicurativa regolarmente corrisposta solo per coloro però che al 31 dicembre 1992: avevano già perfezionata tale anzianità, ovvero avevano già raggiunto il dato ana- grafico pensionabile previsto all’epoca (55 anni per le donne e 60 per gli uomini) o, ancora, erano stati autorizzati, sempre entro la data su indicata, ai versamenti volontari. Viceversa, il sistema di calcolo contributivo è strettamente collegato alla totalità degli oneri contributivi versati, rivalutati in base all’andamento del prodotto interno lordo. L’età anagrafica in questo caso postulata è variabile (o per meglio dire è flessibile) da 57 a 65 anni, sia per gli aspiranti pensionati di sesso maschile che per quello di genere femminile. Prima dei 65 anni la prestazione di quiescenza si ottiene a condizione che risulti superiore del 20% all’importo dell’assegno sociale. A partire dal 2008 il requisito anagrafico pensionabile sarà elevato da 57 a 65 anni di età per gli uomini e 60 anni per le donne. Per quanto riguarda la condizione assicurativa da soddisfare, sono richiesti almeno cinque anni di contribuzione riferiti ad una effettiva attività lavorativa. Per coloro, infine, che al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità assicurativa inferiore ai 18 anni si applica il cosiddetto sistema misto: l’importo della pensione viene cioè computato sulla base sia del metodo contributivo sia di quello retributivo. L’istanza di pensione di vecchiaia può essere presentata direttamente agli uffici periferici dell’Inps territorialmente competenti per residenza dell’interessato o tramite gli enti di patronato, oppure inviati per posta, preferibilmente a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento. L’apposito modello da redarre è disponibile presso tutte le Sedi distaccate dell’Istituto ed inoltre prelevabile direttamente sul sito dell’Ente assicuratore www.inps.it, nella sezione “moduli”. È indispensabile fornire i seguenti dati, servendosi opportunamente delle schede informative allegate alla domanda: stato di famiglia (autocertificazione); data di risoluzione del rapporto di lavoro subordinato; diritto alle detrazioni d’imposta; situazione reddituale (personale e/o congiunta) per accertare il diritto all’integrazione al trattamento minimo, alle maggiorazioni sociali di legge, all’assegno per il nucleo familiare o agli assegni familiari; Alla richiesta devono essere, altresì, acclusi: i modelli Cud rilasciati dal datore di lavoro per gli anni non presenti sull’estratto conto assicurativo; e le attestazioni di pagamento, relative all’ultimo anno, se l’ultima attività si riferisce a lavoro autonomo, a lavoro domestico o a versamenti volontari. Importante, per le lavoratrici del pubblico impiego a partire dal primo gennaio del 2010 è scattata la disposizione di innalzamento graduale del requisito anagrafico di quiescenza. Dall’inizio del nuovo anno, cioè, si è alzata l’asticella dell’età per il trattamento pensionistico di vecchiaia delle impiegate pubbliche, sanità compresa, che potranno andare a riposo a 61 anni e non più a 60 anni come è stato finora. È questo in pratica il primo effetto della riforma recentemente varata dall’esecutivo che eleverà progressivamente la condizione anagrafica da soddisfare per le donne che prestano la propria attività lavorativa nelle amministrazioni pubbliche, portandola - a regime - a 65 anni nel 2018. Da ricordare, infine, che a partire dal 2008 anche i pensionati di vecchiaia, che fino a quella data ricevevano l’assegno dal mese successivo al compimento dell’età pensionabile, devono adesso fare i conti con le uscite cosiddette programmate. Mentre resta nominalmente ferma per l’accesso alla prestazione di quiescenza in questione la preesistente condizione d’età postulata dei 65 anni per gli uomini e dei 60 anni per le donne, con il raggruppamento delle uscite preordinate in scaglioni è stato di fatto prefigurato, in maniera surrettizia, l’innalzamento del requisito anagrafico pensionabile nella misura di almeno tre mesi per i lavoratori dipendenti e di almeno sei mesi per i lavoratori autonomi. Uno slittamento della decorrenza che ritarda inoltre anche il ricambio generazionale nelle imprese che oggi hanno la facoltà di licenziare i lavoratori per raggiunti limiti di età. Le uscite, attualmente, sono diverse a seconda della categoria di appartenenza. Come espressamente prospettato dalla disposizione di cui si tratta, per i lavoratori dipendenti la decorrenza è fissata all’inizio del secondo trimestre successivo a quello in cui si soddisfano le condizioni richieste in merito al requisito anagrafico e contributivo. L’attesa per il primo pagamento diventa notevolmente più severa per i lavoratori autonomi: ad artigiani, commercianti e coltivatori diretti si applicano infatti le finestre di uscite prestabilite per i trattamenti anticipati di anzianità con 40 anni di oneri assicurativi accreditati. LA POSTA È Cameron il nuovo che avanza in Europa Gentile direttore, quel che è certo, all’indomani dell’esito incerto delle elezioni nazionali, è che in Gran Bretagna sta nascendo un governo all’insegna del rinnovamento. Il merito è del possibile nuovo primo ministro conservatore, David Cameron, che ha aperto ai Liberaldemocratici di Nick Clegg. David Cameron, astro nascente del nuovo Conservative Party, già prima della campagna elettorale che lo ha visto protagonista e che gli ha fatto guadagnare il 36 % dei consensi, ha profondamente mutato il dna del suo partito: aprendo agli omosessuali, alla possibilità di legalizzare le cosiddette “droghe” leggere, alla sanità pubblica e a nuove politiche ambientali. Optando per un’alleanza con i Liberaldemocratici di Clegg - noto per il suo libertarismo e il suo antistatalismo - non fa che consolidare questa linea di governo all’insegna dei diritti civili e del risanamento economico. I Laburisti di Gordon Brown, ormai lontani dai successi e finanche dalle politiche riformatrici di Tony Blair che li hanno visti protagonisti della politica britannica dal 1997, sono invece - e meritatamente - arretrati al 29 %. L’Italia, in questo contesto, avrebbe moltissimo da imparare dalla Gran Bretagna (oltre che, ovviamente, dalla cultura e dalla politica anglosassone). Nel nostro Paese, oltre a non esistere un partito laburista o socialdemocratico, non esiste nemmeno un partito liberaldemocratico forte e coeso (potremmo dire che gli unici a rappresentare una politica “alla Nick Clegg”, da noi, sono i Repubblicani, i Liberali e i Radicali. Che comunque, assieme, non fanno certo il 23% dei LibDem britannici). E gli unici che si rifanno alla nuova destra europea di Cameron e di Sarkozy sono oggi i “finiani” e grazie al rinnovamento di posizioni apportato dal presidente della Camera Gianfranco Fini. La situazione, da noi, è dunque ben triste ed ancora ben lontana dalla costituzione di un forte asse all’insegna di un nuovo liberalismo che guardi alla riduzione della spesa pubblica, all’abbassamento delle imposte e a una politica in favore dei diritti civili: dall’approvazione di una legge per le unioni civili sino a una per la legalizzazione della cannabis, passando per una legge che legalizzi eutanasia e prostituzione. Luca Bagatin e-mail *** Droga, quella falsa amica che fa male Caro direttore, l’ho incontrata un giorno che ero tra amici. Era una giornata un po’ così, di quelle in cui ti senti un po’ stonato, fuori luogo, inadeguato, insoddisfatto, inappagato e lei era tra noi. Non la conoscevo bene, avevo ricevuto solo qualche informazione frammentaria che mi raccomandava di starne alla larga perché pericolosa e inaffidabile, e così chiesi qualche informazione in più ai miei amici. Loro me la decantarono: mi ammaliarono, mi convinsero che potevo avere un asso- luto controllo su di lei; così decisi di conoscerla personalmente. Non avrei avuto nulla da perdere, la situazione in cui mi trovavo prometteva bene e così decisi di fare quel passo e conoscerla. Mi piacque, o sì come mi piacque. Mi sentii inebriato e tutte quelle maledette sensazioni negative che mi avevano accompagnato durante la giornata erano assopite, dimenticate. Insomma mi sentivo benone. La droga era diventata amica mia, per qualche tempo mi regalò momenti di estasi, avvolto nel suo manto perdevo totalmente conoscenza di quello che accadeva intorno a me, catapultato in un mondo mio, alla ricerca di emozioni che senza di lei non avrei mai provato. Non mi resi neanche conto, ma a un certo punto della mia vita non potevo più vivere senza di lei. Quel suo manto ammaliatore era diventato la mia prigione, ero come una mosca spalmata su una ragnatela che non riesce più a liberarsi. Il mio paradiso si tramutò in un inferno. Lei dominava la mia vita, mi avvinghiava sempre di più, ero la sua schiava, completamente in balìa di lei. Quando un giorno, in uno dei rari sprazzi di lucidità realizzai che dovevo veramente liberarmene. Lei che consideravo amica, era diventato invece il mio nemico più acerrimo. È stata dura mentre risalivo la china. Mi tornava in mente il giorno in cui l’incontrai e le parole di quegli amici che avevano mentito. Oggi sono un operatore dell’Associazione Narconon Sud Europa (www.narcononsudeuropa.org), e durante le nostre conferenze di prevenzione all’uso e abuso di droga e alcol racconto questo squarcio della mia vita. Sapere veramente cosa sono le droghe darà a quei ragazzi che mi ascoltano la facoltà di valutare, di scegliere e quelle informazioni che io non ho avuto, oggi mi permettono di illuminare chi mi sta di fronte. Ci sono errori che si pagano con prezzi molto alti, la droga e l’alcol rientrano in questa categoria. Pinuccia Cambieri Milano PRIMO PIANO Mercoledì 12 maggio 2010 3 La crisi finanziaria greca ha mostrato quali possono essere i catastrofici effetti dei giudizi delle agenzie Rating, troppo potere nelle mani di pochi La drammatica vicenda della crisi economica greca ha avuto - mutuando una felice definizione degli anni Trenta del sociologo americano Robert King Merton - come “funzione manifesta” quella di aver svelato l’esatto stato dei conti finanziari ellenici ed evidenziato l’inettitudine della sua classe dirigente e come “funzione latente” quella di aver mostrato la pericolosità dei discutibili giudizi delle agenzie di rating e soprattutto la potenziale forza devastatrice che questi organismi detengono al di fuori e al di sopra di qualsiasi controllo pubblico, palesandone peraltro i limiti di competenza e credibilità, così come opportunamente stigmatizzato dall’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, dal premier, Silvio Berlusconi, e dal presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet. Oltre al giudizio di Standard & Poor’s di due settimane fa sul debito pubblico greco, qualificato “junk” (spazzatura), che ha scatenato il putiferio e i ben conosciuti provvedimenti internazionali di politica economica, pochi giorni fa è stata la volta di Moody’s (altro oligopolista del settore) a prefigurare, in una delle sue “sentenze”, l’effetto domino dalla Grecia alle banche portoghesi, spagnole, irlandesi, inglesi ed italiane. La semplice ipotesi, tutta da dimostrare, di un presunto contagio ha provocato effetti rovinosi nei listini azionari di tutta Europa e falcidiato specialmente le quotazioni dei valori bancari. Soltanto ventiquattrore dopo, la stessa agenzia, dopo la replica della Banca d’Italia, ha corretto il tiro sull’Italia, affermando che “il sistema bancario italiano è risultato meno esposto durante le turbolenze di questi mesi”, che “l’Italia ha operato meno stimoli fiscali” e, infine, che il nostro paese “ha bisogno di uno sforzo relativamente moderato per tenere il debito sotto controllo”. Tra i due momenti, ci sarà stato presumibilmente chi, ponendo in essere in rapida successione poche, mirate operazioni di acquisto e vendita, ha conseguito profitti cospicui senza rischiare un centesimo, forte di notizie “di prima mano”. Uno scenario che mutatis mutandis presenterebbe interessanti (e preoccupanti) analogie - quanto a ipotesi di conflitto di interessi e insider trading - con la diffusione di notizie riguardanti imprese quotate, da parte di alcuni organi di informazione, che anticipano e orientano il comportamento soprattutto dei neofiti del mercato azionario. Ogni sabato, a mercati chiusi, compaiono in edicola settimanali finanziari specializzati all’interno dei quali, oltre agli sviluppi registrati nella settimana nei mercati di tutto il mondo e dai singoli valori in essi negoziati, sono pubblicate analisi, stime e aspettative sull’andamento di specifiche società e delle relative azioni. Non è raro il caso di articoli e tabelle che prevedono per alcune imprese aumenti di quote di mercato, fatturato, utili, dividendi e, di conseguenza, delle quotazioni di borsa del 10-20-30% nel giro dei successivi 3/6 mesi fissando nuovi e migliori “target price”. Inutile sottolineare che, dopo tale lettura, il popolo dei borsini desideri impartire, la mattina del lunedì successivo, ordini di acquisto nella speranza (anzi, con la certezza) di cavalcare la tigre giusta. Tale condotta - secondo la logica della previsione autoverificantesi - produce una artificiale corsa al rialzo del relativo prezzo che può segnare consistenti variazioni positive rispetto alla chiusura del venerdì precedente, alimentando negli investitori la convinzione della scelta indovinata di uno strumento finanziario del quale, probabilmente, non si conosceva neppure l’esistenza o il settore merceologico di appartenenza. Potrebbe, allora, non essere privo di interesse, per il mercato e per la tutela del risparmio nazionale, conoscere se gli autori o gli ispiratori dei servizi giornalistici in questione abbiano direttamente o indirettamente, prima della loro pubblicazione, impartito ordini di acquisto degli stessi titoli esaminati e, successivamente, di vendita, beneficiando dei prezzi più alti determinati dalla domanda indotta dalle loro notizie. Siamo certi che etica professionale e codice deontologico escludano simili comportamenti illeciti, ma saremmo più tranquilli se i competenti organi di vigilanza ritenessero non manifestamente infondate simili evenienze. La sconcertante vicenda, inoltre, del tracollo dell’indice Dow Jones lo scorso 6 maggio (persi in quindici minuti oltre 700 punti), dovuto a uno “strano” errore di un trader che avrebbe digitato “billion” e non “million” in un ordine di vendita di un titolo (crollato del quaranta per cento!), ben si può ascrivere al preoccupante scenario tracciato e giustificare l’esigenza di maggiori e più rigorosi controlli pubblici preventivi e successivi. Stefano De Rosa Intervista con il capogruppo del Pdl in Commissione Finanze alla Camera, Maurizio Bernardo L’ELZEVIRO “Meno soldi ai parlamentari fannulloni” Superiori a prescindere “Guardi, non penso proprio che vada aumentato lo stipendio dei parlamentari. Anzi, andrebbe tagliato quello di chi è assente sistematicamente nelle aule di Camera e Senato quando si votano provvedimenti importanti per il nostro Paese e per il bene dei cittadini. Io farei un passo indietro per far comprendere meglio il ruolo che svolgono deputati e senatori. Si tratta di avere rispetto verso i cittadini che ci hanno scelto e ci danno fiducia”. Esordisce così l’onorevole Maurizio Bernardo, vulcanico capogruppo del Pdl in Commissione Finanze della Camera, che non condivide la proposta-provocazione lancia dal collega Giorgio Stracquadanio per il quale andrebbero pagati di più i parlamentari che lavorano meglio. In base al principio meritocratico, dice l’ideatore del quotidiano on line “Il Predellino”. Onorevole Bernardo, quindi non vede di buon occhio l’idea di un incremento degli emolumenti? “Siamo in un momento delicato per la nostra economia e la gente ha bisogno di certezze. Occorre comprendere e far comprendere ai cittadini quando comincia il nostro lavoro, visto che i cittadini vivono già male il rapporto con le istituzioni che considerano spesso distanti dalle loro esigenze. Quindi serve chiarezza: il primo lavoro del deputato parte dalle commissioni che danno il via libera al testo che di volta in volta approda poi in Aula. Nelle commissioni i testi di legge vengono valutati, dopo essere stati licenziati dal Consiglio dei ministri, e approfonditi. Quindi il lavoro vero, la prima attività del deputato si svolge nelle commissioni. Aggiungo anche che la maggior parte delle volte la fiducia viene posta sui provvedimenti approvati appunto nelle commissioni”. Ha qualche suggerimento da offrire per migliorare il quadro che ha appena descritto? “Sarebbe utile rendere manifesta la partecipazione dei deputati nei lavori delle commissioni pubblicando le presenze, proprio come quando si rendono noti i nomi degli assenti alle votazioni in Aula. Poi, bisognerebbe ragionare sulla introduzione di alcune sanzioni pe- cuniarie per chi è assente sia in commissione, sia in Aula. Uniche giustificazioni ovviamente i motivi di salute. Il monito, tengo a precisarlo, è rivolto a quella esigua minoranza che diserta i lavori, perché la maggior parte dei deputati è presente”. Altre idee onorevole Bernardo? “Andrebbe aperta una riflessione sull’utilità di trasmettere o meno il question-time in televisione. Mi chiedo che senso ha mandare in onda l’immagine di un’Aula deserta, dove compaiono pochi deputati che pongono i quesiti del giorno e il rappresentante del governo. È una immagine distorta e fuorviante. Poi dicono che in Parlamento non si lavora…”. Lei dice che siete quasi tutti presenti, ma recentemente il governo è andato sotto… “È vero, ma è successo durante una sola votazione e non per ragioni politiche. Io stesso non c’era perché, come altri miei colleghi, ero impegnato in Commissione Finanze ad esaminare gli emendamenti del provvedimento sugli incentivi”. L’Italia sta uscendo dal tunnel secondo lei? “Questo governo ha messo in campo azioni concrete che stanno dando i primi risultati. Non possiamo che essere fieri dell’azione di Berlusconi. Che ha mantenuto le promesse. Spero che anche l’opposizione la smetta di criticare l’Esecutivo pregiudizialmente e collabori per continuare sulla strada intrapresa. Se manteniamo la barra dritta, come ha detto il ministro Tremonti, possiamo essere moderatamente ottimisti”. Si sono distesi i rapporti con l’ala dei finiani all’interno del Pdl? “Deve prevalere un senso comune di responsabilità soprattutto in questa fase delicata per la nostra economia. Mi auguro che, anche se all’interno della nostra casa si susseguono discussioni e confronti, alla fine si decida di seguire un percorso comune e costruttivo che risponda all’interesse generale. Spero poi che anche l’Udc decida di rientrare nella sua casa naturale, che è rappresentata dal centrodestra”. Sabrina Trombetti Sfruttando il “caso-Scajola”, nella sinistra sta riaffiorando il “complesso dei migliori”, della presunta, ma mai dimostrata, superiorità morale sugli odiati avversari, trattati con disprezzo. La sfuriata di Massimo D’Alema contro il giornalista Alessandro Sallusti, nello studio del bersaniano Floris, non è isolata: sempre in quella funesta serata di otto giorni fa, su un’ altra emittente, La 7, dalla Gruber (Pd), è salito in cattedra Vendola, dimenticando che la sua giunta fu travolta dagli arresti per la “Sanitopoli” e la connessa “Puttanopoli” pugliese. E nei giorni successivi è toccato a Ezio Mauro (che ha rifilato al venditore della sua casa una bella somma in nero) impartire lezioni a Berlusconi e alla maggioranza su “la Repubblica”. Insomma, un centrosinistra che, pur senza il pelo comunista e con milioni di voti in meno, continua a dimostrarsi altezzoso “a prescindere”, come avrebbe detto Totò. E che gode e sguazza nelle disgrazie degli avversari, che nascondono la sua evidente incapacità di avanzare proposte politiche utili al Paese. Anche nel momento della violenta rabbia, esplosa contro il condirettore de “Il Giornale”, D’Alema - oltre al mega-yacht e alle scarpe di lusso che gli confeziona, “ad piedem”, un artigiano calabrese - non poteva dimenticare il suo nemico di sempre. Quando, infatti, ha detto che dopo “Affittopoli 1” era stato il solo a lasciare l’appartamento Inail, intendeva indirizzare una maligna frecciata a “Uolter” Veltroni, che continua ad abitare nella centrale via Savoia, in un mega-appartamento di proprietà dell’ Ina… Pietro Mancini SPECIALE Mercoledì 12 maggio 2010 4 Il compito della Massoneria secondo Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia “Dare all’umanità sfide di lungo respiro” Fra tutte le Grandi Logge alle quali ho partecipato - e sono tante, essendo stato iniziato alla Massoneria nel lontano 8 maggio 1945 forse quella di quest’anno è quella che più mi ha colpito, per la presenza di tanti giovani entusiasti e nelle sedute pubbliche anche per la partecipazione di moltissimi “profani” interessati ai dibattiti che si sono tenuti in tre giorni di attività. Dalla Grande Loggia sono passate poche settimane e mi arrampico al Grande Oriente d’Italia di Villa del Vascello, a Roma, per sentire le impressioni di Gustavo Raffi, che da oltre dieci anni è il Gran Maestro della Massoneria del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. La sede della Massoneria a Roma è la sede storica della Repubblica Romana; perché proprio al Vascello si è tenuta la battaglia fra l’esercito francese chiamato da Pio IX ed i garibaldini di Giuseppe Garibaldi, conclusasi con la vittoria di Garibaldi, ma dove venne ferito a morte Goffredo Mameli, autore dell’Inno che oggi giustamente è l’Inno nazionale italiano. Domando a Raffi la sua impressione sui lavori della Grande Loggia e la risposta non poteva che essere entusiasticamente favorevole. Perché alla mia domanda dice: “Abbiamo passato giorni di vero confronto. È la nostra strada guardare negli occhi le cose e lottare perché possano migliorare i giorni e le stagioni dell’Uomo. Con i nostri lavori, gli approfondimenti e i tanti momenti di riflessione che ci hanno visto stare assieme, conoscerci ancora meglio e rinsaldare vecchi doveri, abbiamo ancora una volta arato un campo: quella della nostra capacità di guardare lontano, di indicare al nostro tempo delle linee-guida che come archetipi valgono per quanto volgiamo contribuire a costruire. Non dobbiamo e non vogliamo tornare indietro, non chiudiamo gli occhi, continuiamo a camminare verso una nuova alba”. “Sta a tutti noi, insieme - continua Raffi -, riuscire a fare della Massoneria un ‘coagulo’ di forze propositive come terreno di partenza con cui misurarsi senza nasconderne provvisorietà e mancanza di pensieri forti. Occorre andare verso quel ‘racconto condiviso’, di cui parlava Oscar Giannino in un passaggio del suo intervento in una tavola rotonda, innervando capacità di ascolto nella società nella quale viviamo da Liberi Muratori, costruttori di umanità. E se Giannino giustamente rimarcava che da qui a poco nello scenario geopolitico ‘il mondo sarà di chi ha fame’, noi crediamo anche che ‘aver fame’ significhi desiderare il cambiamento, essere aperti al nuovo che accadrà anche con il nostro lavoro, disporsi al passaggio della verità che non di rado incrocia il cammino di chi sa scalare montagne per cercare una ragione per lottare ancora. Per noi questo vuol dire anche sentirsi parte di un destino condiviso, di un’avventura unica che cuce la nostra voglia di raccontare la primavera che bussa alle porte del tempo. Forse in questi giorni non avremo dato molte risposte. Di sicuro, però, abbiamo posto buone domande. Quando c’è polvere, aprire una finestra è già un passo giusto. E fa bene”. “Ora che abbiamo scaldato il nostro cuore prosegue il Gran Maestro - con la capacità di misurarci sul campo, di saper parlare agli altri, di saper intercettare domande, dobbiamo farci promotori di quella che definisco una responsabilità diffusa, facendoci segno per altre percorrenze perché concretamente sapremo dimostrare che si può cambiare, che c’è gente che ci mette la faccia e ci scommette il cuore. Dopo aver sentito i segni dell’affetto fraterno, siamo più capaci di portare fuori dal Tempio la gioia di vivere un sogno possibile: essere Uomini veri, di lealtà e di coraggio. Uomini che sanno rischiare, inattuali perché quando tutti fanno spallucce, vogliono costruire anche sulle rovine”. “L’auspicio che si è levato forte dalla nostra assise di uomini del dubbio - sottolinea Raffi -, è che la parola Massoneria risuoni come sinonimo di una vita da affrontare senza paura, determinati a costruire più eticità e più responsabilità, nel senso del ‘responso’, dal dare risposte di lungo respiro. La sfida è alta e perciò ancora più bella: si tratta di disegnare un diverso destino per l’Italia nel Mediterraneo del pensiero e dell’azione, guardando a due antiche pietre che ci hanno indicato nelle loro lezioni di vita i saggi. Sulla prima c’è scritto ‘Umiltà’, sulla seconda è tracciata la scritta ‘Sicurezza’. Umiltà perché la storia può continuamente sorprenderci con i suoi ritorni e i suoi paradossi, e deve trovarci non alla finestra ma lì dove si cerca, in maniera inquieta, un’alternativa possibile al pensiero unico e all’omologazione che conduce a vicoli ciechi. La seconda pietra indica invece che la Sicurezza è la capacità di saper parlare e agire sempre pro e mai contro, uscendo dalla delega per istradare dialogo e tolleranza. La differenza è tra chi vuol restare nel mondo della chiacchiera, dell’inautentico per dirla con Heidegger, e chi è capace di assumere il carico di ciò che resta perché la speranza possa crescere, come a volte fa una pianta affacciandosi sulle malferme rocce di un dirupo”. “Durante i lavori della Gran Loggia - sottolinea il Gran Maestro -, abbiamo vissuto di pensiero e di idealità. Ora passiamo all’azione. Decodificata una realtà, lavoriamo al suo miglioramento. Lo facciamo come agenzia educativa, scuola di etica e palestra di responsabilità. Come nell’adagio di Nietzsche, raccogliamo la lancia dove l’hanno lasciata i nostri padri e lanciamola un metro più avanti. Sappiamo, infatti, che ogni metro guadagnato alla libertà e alla tolleranza sarà un metro dato all’umanità che vuole andare oltre ciò che è dato. Ricordiamo anche l’elogio bruniano delle ‘mani’, definite dal Nolano organo degli organi, perché servono ad alzare speranze, a stringere poche certezze, quei pochi ‘punti fermi’ - come li ha definiti Claudio Bonvecchio - da tenere controvento. A questo il pensiero e la prassi della Massoneria deve servire: a superare la so- Sarastro e il destino L’Oratore: “A Nord, davanti alla porta della nostra sacra dimora, sta il nostro fratello, di ritorno dal pellegrinaggio annuale e desidera essere riammesso tra noi. Egli ti manda il segno esatto, con il quale tu possa riconoscere se è lecito che lui torni fra noi”. Porge a Sarastro una sfera di cristallo, appesa ad un nastro. Sarastro: “Questa sfera misteriosa è ancora limpida e chiara. Sarebbe scura, se il nostro fratello avesse peccato. Conduci il Pellegrino tra noi”. L’Oratore scompare. Sarastro: “Fra queste mura silenziose, l’uomo impara a conoscere se stesso e il suo destino. Egli si prepara a capire la parola degli dei; ma la lingua della natura, la voce dell’umanità bisognosa, impara a conoscerla soltanto il viandante che vaga per le vie del mondo. Per questo la nostra legge ci obbliga a mandare ogni anno uno di noi, come pellegrino, nel mondo travagliato. La sorte deciderà e pio sarà obbediente. Anch’io, dopo che avrò consegnato al degno Tamino il mio diadema, dopo che egli con giovanile forza e precoce saggezza regnerà al mio posto, sarò oggi pronto ad accostarmi, per la prima volta, come ognuno di noi, al calice divino e assoggettarmi al volere del destino”. Johann Wolfgang Goethe glia dell’ombra, facendosi fatto essenziale e certo per una società spaesata che attende risposte vere. Ci vogliono grandi storie come la nostra per dire una sola parola che spazzi via il tavolo dei tarocchi. Diamo voce alla nostra forza: siamo uomini di relazione, uomini-cerniera tra storie e tempi. Uomini necessari”. “È il tempo profondo - incalza il Gran Maestro - che cerchiamo, non la cronaca. Vogliamo identità definite, non scorciatoie nelle intersezioni della storia. Questa, lo ribadiamo, è la sfida che abbiamo lanciato a Rimini alla società italiana: realizzare in ogni ambito, dal lavoro alla ricerca, più libertà e maggiore responsabilità. La nostra strada è antica e sempre nuova: pensare oltre. Una ulteriorità che dice non parzialità o compromesso, non ristagnare in divisioni e miserie da cortile, ma significa invece valorizzare le differenze e promuovere spazi di libertà. Mai come in questo momento, su una scena dominata da ‘nani e ballerine’, abitata da soluzioni take away e pensiero low cost, alla nostra scuola di sapienza e moralità viene chiesto da fare luce ai crocicchi delle strade”. “Dobbiamo - evidenzia Raffi - essere maestri di sapienza ma soprattutto testimoniare che un altro percorso è davvero possibile, senza perdere la meraviglia del viaggio. Abbiamo tanto da dire a questo nostro tempo e alla nostra Italia. Una antica ballata irlandese dice: ‘Trova il tempo di sognare, è il sentiero che porta alle stelle’. La nostra strada è la legge naturale e la coscienza, le nostre costituzioni di uomini liberi, il nostro sogno di poter arrivare a sera senza lacci di dogmi e ricette penultime. Nessuno saprà mai quanto cuore abbiamo messo e mettiamo nelle azioni che incarniamo. Noi andremo avanti con tenacia, sapendo che nella notte una pattuglia di avanguardia ha per guida solo la stella alchemica”. “Andare oltre - prosegue il Gran Maestro - è segno di saggezza. Ricordo Giordano Bruno e il Vesuvio. Da ragazzo il Nolano guardava il gigante dalle finestre della sua casa di pietra, sul monte Cicala. In una lettera scrive: pensavo che il mondo finisse lì, fin quando - cresciuto - non vi andai di persona, scoprendo che al di là di quello che era il mio orizzonte vi erano altri mondi infiniti. Scoprire ciò che non sappiamo, dare carne a ciò che abbiamo compreso, portare più responsabilità nel vissuto della nostra società: è questo il nostro compito. Non è un compito che scopriamo oggi. Lo abbiamo scelto con l’iniziazione, sapendo di essere chiamati a rispondere di fronte alla storia di ciò che saremo stati capaci di costruire e di essere giudicati sui fatti. Ci viene chiesto un lavoro di squadra, non solo con squadra e compasso. Il camino è lungo per tutti. Ma come ha scritto Beckett, bisogna continuare. E io sarò il primo a continuare. Insieme a voi. Per cambiare un tratto di temo che vogliamo salutare in piedi, perché l’opzione fondamentale della responsabilità sia sempre e comunque una scelta di umanità”. Ringrazio il caro “Fratello” Gustavo per le sue parole, ma voglio ancora aggiungere alcune sue riflessioni relative alla centralità dell’uomo. Sono poche frasi che riassumono, in sintesi, l’umanità della Massoneria o come diceva Andrea Costa, massone e primo deputato socialista italiano, l’umanamento dell’uomo: “Quando decidiamo di mettere l’uomo al centro del nostro lavoro e delle nostre riflessioni; quando è la sua sofferenza, il soddisfacimento dei suoi bisogni primari, il fine del nostro impegno; quando riusciamo a dare speranza a chi è disperato e ascolto a chi è solo; ecco, è allora che diamo voce alla vera anima della solidarietà e rendiamo possibile l’inveramento dei principi della Massoneria; sono gesti, comportamenti, non parole ma prassi, impegno quotidiano per alleviare le sofferenze dei più bisognosi, per renderli e sentirli veramente nostri Fratelli”. Aldo Chiarle Mercoledì 12 maggio 2010 ESTERI 5 GRAN BRETAGNA / Il primo ministro si fa da parte e spiana la strada a una possibile alleanza Lib-Lab. Clegg tratta su due tavoli Brown lascia e sconvolge i piani dei Tories “Più negoziato che dimissioni”: la decisione del premier uscente Gordon Brown di porre un termine al suo mandato ha sconvolto i piani dei Conservatori, vicini ormai a un accordo di coalizione, rimettendo in pista l’ipotesi della “alleanza progressista” tra il Labour e i Liberal-Democratici. La giornata di ieri è stata lunga e fitta di trattative tra il partito di Clegg e, prima, i conservatori e, poi, i laburisti: il leader dei Lib-Dem Nick Clegg non potrà tardare ancora molto a scegliere quale delle due offerte sul tavolo accettare, se quella dei Tories di David Cameron o “l’invito a ballare nel buio” di Brown. L’offerta dei Conservatori ha il vantaggio di rispettare due dei criteri più volte difesi da Clegg, quelli della stabilità e della legittimità; al contrario, una coalizione Lab-Lib non avrebbe comunque la maggioranza assoluta e con Brown alla guida rappresenterebbe la continuazione di un governo bocciato dall’elettorato. La decisione di Brown offre una risposta al secondo di questi problemi, anche se Clegg non potrà avere alcuna influenza su chi sarà il suo successore: se accetterà una coalizione, “conoscerà il suo partner solo a ballo iniziato”. Non che il colpo di scena fosse del tutto inaspettato: Clegg non aveva mancato di segnalare quale ostacolo rappresentasse Brown per le possibilità di un’alleanza, e non pochi dei ministri uscenti e dei dirigenti del Labour avevano già fatto pressioni ieri sul premier perché lasciasse l’incarico. In caso di successo Brown si è tuttavia ritagliato un piccolo mandato, sebbene a termine: nessun successore potrà infatti essere eletto prima di settembre. Soprattutto si è guadagnato un’uscita di scena degna e senza umiliazioni. Favorevole all’alleanza progressista è il quotidiano “The Independent”, strenuo difensore della legge di riforma elettorale: un accordo “contro natura” coi Tories non avrebbe prodotto che una scissione nei ranghi del partito Liberal-democratico, come già accadde negli anni Trenta; inoltre, gli impegni assunti dai Conservatori in merito alla riforma si limiteranno a delle commissioni e a un referendum che nessun parlamentare del partito ha intenzione di difendere. Di contro, dopo l’apertura dei negoziati con il Labour il conservatore “The Times” accusa i Lib- Dem di essere “totalmente inadatti al serio compito di governare” e invita Clegg a scegliere tra “la debolezza e la leadership”, quest’ultima ovviamente implicita solo in un’alleanza con i Tories: mantenere Brown a Downing Street per altri cinque mesi, conclude il quotidiano, “è un affronto alla democrazia”. La mossa di Brown ha costretto Clegg a dover aprire un negoziato con il Labour, partito sicuramente più affine e di gran lunga preferito dalla base dei Lib-Dem, assai poco entusiasta - per usare un eufemismo - dell’idea di una coalizione con i conservatori; inoltre, gli ha consentito di cercare di alzare il prezzo con Cameron, dato che adesso ha a disposizione un’alternativa politica reale. Per Clegg rimangono però alcuni dubbi, alla luce soprattutto del fatto che la coalizione dovrebbe comunque basarsi anche sul sostegno - o la non opposizione - di numerose formazioni nazionaliste gallesi, scozzesi e nordirlandesi; senza contare l’etichetta di “asse dei perdenti” che inevitabilmente segnerà qualsiasi alleanza Lab-Lib nonostante l’addio di Brown, e che potrebbe irritare parte dell’elettorato. Non va infatti dimenticato che l’esito più probabile dell’attuale crisi è quello di nuove elezioni entro il prossimo anno, nelle quali le decisioni di questi giorni finiranno per contare non poco, specie per il leader Lib-Dem: un’alleanza con i Tories potrebbe costare cara alle urne, ma anche l’appoggio a un governo sconfitto. “Spero di poter dare presto un annuncio, così da poter spiegare agli elettori esattamente quali siano le nostre intenzioni”: il leader dei Liberal-Democratici britannici, Nick Clegg, ha confermato che le prossime ore dovrebbero essere decisive. “Le discussioni tra i partiti politici hanno raggiunto una fase critica e conclusiva, sono impaziente come tutti di risolvere la questione in un modo o nell’altro”, ha dichiarato Clegg alla Bbc. Qualunque sia la decisione di Clegg, dovrà essere approvata dai tre quarti dei deputati eletti e dalla maggioranza del consiglio federale del partito per poter essere applicata; in alternativa, il leader Lib-Dem avrebbe la possibilità di convocare un congresso degli iscritti, che dovrebbe tuttavia approvare la coalizione con una maggioranza di due terzi. OLTRECONFINE DI IL METEO MANUELA REPETTI Il ritorno dell’europeismo Quando la settimana scorsa più volte si è detto che ciò che stava accadendo in Grecia non era solo un problema greco, ma europeo, si commetteva un errore. Sì, perché quello che oggi, a solo una settimana dalla decisione da parte dei Paesi europei di intervenire a favore della Grecia con un finanziamento di 110 miliardi di euro, appare un problema della Unione europea, in realtà è un problema che va ben oltre i confini europei e che coinvolge l’economia mondiale. Non è un caso, infatti, che lo stesso Obama, lucidamente cosciente degli effetti dell’interdipendenza delle economie e dei pericoli di un euro debole e di una possibile recessione dell’Europa che potrebbero innescare una nuova tempesta con il rischio di mettere in ginocchio definitivamente l’economia americana, sia intervenuto più volte per spingere sulla risoluzione di un accordo. E dopo estenuanti ore di trattative, sostenute in primis dal nostro presidente del Consiglio e dal ministro Tremonti, l’accordo si è trovato: 750 miliardi di euro a sostegno della Grecia e di altri Paesi considerati a rischio, ma soprattutto per salvare l’Euro dagli attacchi speculativi di queste ultime settimane. Mai come in questi giorni l’Europa ha dovuto riscoprire l’europeismo, quella bandiera che negli ultimi anni era stata lasciata cadere sia dai popoli, sia dagli stessi governi europei. Nel corso del processo di costruzione della Ue sono stati compiuti diversi errori, fra cui quello di procedere a un allargamento prima di sedimentare e rafforzare l’unità fra i Paesi membri, ma l’errore più grande è stato quello di avanzare sulla strada dell’unificazione, fino a dare vita ad una moneta unica, senza contemporaneamente fare passi avanti significativi per quanto riguarda politiche europee comuni nel campo dell’economia, della politica estera e della difesa. E dopo tante prove a cui è stata sottoposta l’Europa per mostrare la sua unità e forse la sua stessa identità, spesso con risultati mediocri, questa appare la più vera, la più naturale: difendere la sua moneta. Uno Stato non esiste senza la sua moneta, perché essa ne costituisce l’anima stessa. E la salvezza dell’Euro in questo momento non rappresenta soltanto la sopravvivenza stessa dell’Unione europea, ma la garanzia della stabilità dell’economia mondiale. Insistono ancora condizioni prettamente instabili sulle regioni del centro - nord Italia, con piogge e rovesci sparsi. Altrove nubi sparse, e locali fenomeni sebbene di debole intensità e comunque alternati ad ampie schiarite. Previsioni meteo di Dominique Citrigno per SPAZIOMETEO.com CULTURA SPETTACOLI Mercoledì 12 maggio 2010 6 La “Dido furens” di Domenico Mazzocchi e “Didone ed Enea” di Henry Purcell Dramma e commozione in note Il mito di Didone nella storia della musica ha una esemplificazione ottimale a partire dal dialogo I, la “Dido Furens”, del compositore romano Domenico Mazzocchi (1592-1665), uno dei più significativi nella Roma della prima metà del Seicento, insieme a Marco Marazzoli e Stefano Landi. È opportuno in primo luogo approfondire la dizione “Dialoghi”, che costituisce la titolazione di tutta la raccolta; per “dialogo” il compositore intende una struttura drammatica nella quale - come nella più ampia forma dell’oratorio, di cui proprio in quegli anni appaiono i primi esempi - l’azione non viene rappresentata (come nell’opera) ma è raccontata da un “narratore” (il testo), che via via raccorda gli eventi dei vari personaggi. È una struttura analoga a quella del “Combattimento di Tancredi e Clorinda” di Claudio Monteverdi, eseguito per la prima volta nel 1624, per pura coincidenza, nello stesso anno dei “Dialoghi”, nel 1638: in entrambi i casi l’intento del compositore è quello di realizzare una struttura sintetica per creare una complessa situazione drammatica, anche se non “teatrale” in senso proprio. Il livello musicale e drammatico è assai elevato: il testo virgiliano è risolto in maniera fortemente drammatizzata, e benché il compositore non si avvalga di modalità di recitazione simili allo stile concitato di Monteverdi, il racconto della morte di Eurialo e Niso, il lamento della madre e la commossa partecipazione al suicidio di Didone, si propongono egualmente come momenti molto alti: inoltre, l’attenzione alla lingua, carica di storia, distante nel tempo, la capacità di aderire al significato del suono in ogni parola, (un suono diverso e perciò stimolante) danno ai dialoghi un’evidente, forte unità, caratterizzata anche da successioni armoniche sorprendenti e dall’impiego di tonalità poco o affatto usate sino ad allora. Nei momenti particolarmente espressivi l’autore richiede poi un preciso controllo dell’intonazione (con l’uso del quarto di tono) e del cambiamento di sonorità: la successione crescendo-smorzando (la “messa di voce”) è intesa da Mazzocchi in maniera molto più complessa, ossia come una modificazione dinamica, cui però si accompagna una modificazione di intonazione. Nei suoi Madrigali a cinque del 1638 l’autore chiarisce infatti: “La sollevazione o (come si suol dire) messa di “P ER voce nel caso nostro è l’andar crescendo a poco a poco la voce di fiato e di tuono insieme”. Anche questo uso complesso di un procedimento tecnico in funzione espressiva dà il segno dell’atteggiamento innovativo di questo compositore. In “Dido furens” la protagonista mostra ogni contrastante segno del dramma che sta vivendo (preghiera, dolore, indignazione), mentre Virgilio (così viene chiamata la figura del testo) partecipa con intensità sempre maggiore, via via che l’azione volge al suo tragico epilogo. Va inoltre ricordato che proprio agli inizi del Seicento - l’emissione vocale tipica del secolo precedente fu profondamente modificata dall’interesse per il cantar francese, ossia il canto come veicolo di recitazione drammatica e non solo di bel suono. Tutti i dubbi relativi alla negatività della figura di Didone (già in Virgilio e poi nel Paradiso perduto di Milton, ove viene comparata ad Eva per il suo peccato), in cui diventa faticoso identificarsi allegoricamente con la regina di turno, vengono fugati da un simbolo più arcaico e nascosto: Didone si sacrifica per consentire ad Enea di fondare la nuova Troia da cui verranno gli antenati dei sovrani d’Inghilterra. Inoltre, è la regina di Cartagine, ossia della città nemica giurata dai futuri romani. Infatti, il fulcro del programma politico è la propaganda antiromana (ossia antipapale), che si adatta bene sia al regno di Carlo II (dove furono sventate congiure gesuitiche vere o presunte) sia a quello di Guglielmo III (dopo il popisch-plot), ma non certamente agli anni di Giacomo II, il VIVERE CON POESIA ” DI Per chi conosce il velluto della poetica di Mario de Miranda Quintana, un grande autore brasiliano contemporaneo (1906-1994), la raccolta di poesie e aforismi che, con testo originale a fronte, ha pubblicato l’intelligente e coraggiosa casa editrice perugina Graphe.it Edizioni, dal titolo “Per vivere con poesia”, è una chicca. Per chi quel velluto non lo conosce, invece, si tratta di un’imperdibile opportunità per entrare in un mondo magico, complice il mistero come vera e propria essenza dell’estetico. Tradotti mirabilmente da Natale P. Fioretto - cui si deve anche l’edizione della prima opera quintaniana arrivata in Italia, sempre per i tipi della Graphe.it, “Il colore dell’invisibile” (2008) - , selezionati e organizzati da Márcio Vassallo, i lampi lirici di Quintana scorrono via veloci, con una fluidità impressionante. E tuttavia tornano, ritornano e ritornano fino a ossessionare (in senso buono!) il lettore nella mente e nel cuore: tornano continuamente alcuni temi di fondo; tornano incalzanti alcune atmosfere solo apparentemente distanti e in realtà ben universalizzabili; tornano prepotentemente le immagini e i colori di una poesia che sa sussurrare e al tempo stesso sa urlare certe verità che in fondo sono antropologiche, forse anche prima che squisitamente poetiche. “Para viver Registrazione Tribunale di Roma n. 599 del 29/11/1996 DIRETTORE RESPONSABILE VALTER LAVITOLA REDAZIONE DI ROMA Via del Corso, 117 - 00186 Roma Telefono: 06/6790038 - Fax 06/69782296 www.avanti.it e-mail: [email protected] re cattolico. Tutte le semi-opere di Purcell hanno come soggetto sovrani che soffrono per amore: a parte Diocleziano e la regina indiana Zempoalla, troviamo la Fayr Queen (titolo che si riferisce a Spencer) e, tra le musiche meno ampie, Bonduca, l’eroina britannica che sfida i nemici romani. Di tutti questi soggetti, il tema di Didone ed Enea era probabilmente quello preferito da Carlo II, ma non da Guglielmo III, visto che l’opera di Purcell non fu più ripresa dopo il tentativo indiretto dell’esecuzione-saggio di Chelsea. Esistevano, dunque, esempi continentali di opere e cantate dedicate a Didone. Vincenzo Alberici, uno dei primi musicisti straneri approdati nella Londra della Restaurazione, compose inoltre la cantata Su l’arenoso lido, un lungo e straziante lamento di Didone, naturalmente su basso ostinato. Era stata l’Italia, madre del lamento su ostinato, a creare i primi lacrimosi capolavori sul tema: Sigismondo d’India e Monteverdi per le spettacolari feste di Parma del 1628; poi Cavalli con un vero e proprio melodramma su Didone del 1641, che, dopo numerose riprese europee, ebbe la ventura di essere la prima opera rappresentata a Napoli nel 1650; a Napoli sarà messa in musica per la prima volta da Domenico Sarro il più celebre testo dedicato alla regina di Cartagine, la Didone abbandonata di Metastasio, già ricordata nell’introduzione. La cantata di Alberici, che può essere considerata una fonte autorevole per Purcell, nel suo schema di racconto indiretto (recitativo) in cui sono incastonate le parole della sventurata Didone (aria 1 e 2), con varie strofe, non può comunque competere con l’introspezione psicologica del dramma offerto dal libretto di Tate: Didone chiede la mano della sua fedele Belinda, la coprotagonista, apprestandosi a morire (con tanto di apparizione di Cupido tra le nuvole) e tra la parte recitativa e l’aria è l’intera serie cromatica del basso del lamento a fare da efficace ed inusitata cerniera. L’analisi musicale, estesa a tutta la partitura, invece che ad un solo brano, consentirebbe di verificare la caratteristica che più colpisce in “Dido and Aeneas”: l’energia che emana dai singoli pezzi incastonati come microforme compiute, una concentrazione consentita da due elementi compositivi che Purcell aveva già maturato: la tecnica della ripetizione e l’elaborazione armonica. Elio Matassi M ARIO Q UINTANA com poesia”, che è stato possibile far conoscere ai lettori italiani anche grazie al sostegno del ministero della Cultura brasiliano (Fondazione Biblioteca Nazionale), propone così un Quintana che gioca con le parole senza tuttavia abbandonarsi a meri esercizi linguistici. Come del resto sottolinea Luís Eloi Stein nella sua prefazione al volume, leggendo Quintana scopriamo l’arte dietro le quinte della sua penna: un lungo processo di fecondazione, maturazione e ricreazione dell’emozione. Ascoltiamo allora qualche assaggio della voce del poeta brasiliano, sulla quale è modulata quella di un traduttore davvero fine e soprattutto capace di quella che Aldo Capitini amava chiamare “l’aggiunta”: “Chi fa l’amore […] / sta caricando l’orologio del mondo” (“Per chiarire un sentimento”). E poi, quasi un inno alla vita e un talismano contro la morte: “La vita è un incendio: in essa / balliamo come salamandre fatate. / Che importa se si finisce in cenere / se la fiamma è bella e forte?” (“Per far tesoro del percorso”). E infine: “I grilli… i grilli… Mio Dio, se si potesse / tirare / per una zampa / un solo / grillo / si sfilerebbe la trama delle stelle” (“Per risvegliare la fantasia”). Da non perdere. Giuseppe Moscati EDITRICE International Press p.s.c.ar.l. Via del Corso, 117 - 00186 Roma c/c postale 23673809 Iscritta al Registro Nazionale della Stampa al n. 4988 del 20/XI/96 “Impresa beneficiaria, per questa testata, dei contributi di cui alla legge n. 250/90 e successive modifiche ed integrazioni” CONCESSIONARIA PUBBLICITÀ Poster pubblicità & Pubbliche relazioni S.r.l. Roma - Tel. 06/68896911 STAMPA Ssp Servizi S.r.l. c/o New Poligraf Rome Via della Mola Saracena, snc - 00065 Fiano Romano DISTRIBUZIONE S.E.R. SRL Via Stadera, 76 - 80143 Napoli edizione chiusa alle ore 23,45 Teatro Parioli, uno show d’altri tempi Un delicato e piacevole show quello proposto da Raul Cremon al Teatro Parioli di Roma. L’attore non va mai sopra le righe e conduce i due tempi con trasfondente raffinatezza. Il suo stile cabarettistico è intessuto da una satira di spumeggiante ironia. Titolo della piéce è “Hocus molto pocus”, su testi da lui scritti su musiche originali di Lele Micò. Regia di Raffaele De Ritis; si aggiunge la partecipazione di Felipe e Lele Micò al pianoforte. Per la prima volta a Roma, Raul Cremona è applaudito protagonista di tutte le edizioni di “Zelig”. Alla ribalta si presenta con uno show che ha il sapore e il fascino di uno spettacolo d’altri tempi. Magia, prestigiazione, gag, musica, macchiette, sono le dominanti di quest’appuntamento. Il suo è un viaggio bizzarro che parte in un succedersi di ricordi d’infanzia e di oggetti magici e trasporta il pubblico in un vorticoso giro in giostra tra gag, travestimenti, giochi. Col protagonista, si avvicendano sul palcoscenico alcuni dei suoi personaggi più amati: dal maschilista impenitente Omen, al mago Silvano, affettuosamente parodiato con nuove trovate esilaranti, a Jacopo Ortis, l’attore di “gassmaniana” memoria pronto a coinvolgere il pubblico con le sue “boutades” da istrione. Raul Cremona prosegue quindi il suo personale percorso artistico, intrecciando comicità e poesia e servendosi della magia come arte della narrazione. “Con ‘Hocus molto pocus’ - ha dichiarato Cremona - posso dare sfogo ‘live’ alle mie due grandi passioni: la comicità e la prestidirigirizzazione. I momenti in cui mi diverto di più sono quelli in cui interagisco con il pubblico e quando faccio il mago, soprattutto con i giochi di prestigio legati alle carte (la mia vera grande passione). Lo spettacolo ha degli intramezzi musicali che fanno assaporare l’atmosfera dei grandi show degli anni ’50”. E in questi momenti Raul gigioneggia cantando e ballando, evocando così gli entertainer dei tempi passati. La regia dello spettacolo è di Raffaele De Ritis, già collaboratore del Cirque du Soleil, di Disney on Ice e del Circo Barnum. Renato Ribaud COMUNE DI GERMASINO P.zza SS. Donato e Clemente, n. 4 22010 Germasino (CO) Tel. 034486398 – FAX 034486398 Avviso Indicativo di Project Financing CIG 0476219C56 Durata massima concessione: anni 30. Importo stimato intervento (compresi oneri per la sicurezza e spese tecniche): € 8.975.000,00 + IVA. Canone di concessione annuale: € 50.000,00 con aggiornamento annuo in base all’indice ISTAT. Termine ricezione proposta: 29.09.2010 ore 12.00. Documentazione integrale disponibile su www.comune.germasino.co.it IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO TECNICO LAVORI PUBBLICI LINO ALLIO COMUNE DI SAN GIOVANNI IN PERSICETO Provincia di Bologna Corso Italia, 70 – cap. 40017 tel. 051 6812701 – fax 051 825024 ESTRATTO DI BANDO DI GARA E’ indetta procedura aperta per l’affidamento della “Gestione del servizio di Nido d’Infanzia” – periodo 01.09.2010/31.08.2013 - Base d’asta € 1.685.000,00 – IVA esclusa per l’intero triennio (importo appalto € 1.686.200,00 di cui € 1.685.000,00 base di gara e € 1.200,00 oneri sicurezza). Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il bando è stato pubblicato all’Albo Pretorio del Comune in data 10.05.2010. Per informazioni Servizio Educazione e Pubblica Istruzione (tel. 051 6812767 o 051 6812760) – Bando e capitolato sono pubblicati sul sito internet www.comunepersiceto.it. Termine ultimo presentazione offerte: entro le ore 13.00 di lunedì 31 maggio 2010. Il Dirigente dell’Area Dott. Andrea Belletti COMUNE DI MORCIANO DI ROMAGNA Piazza del popolo n. 1 47833 Morciano di Romagna (RN) tel. 0541/851911 – FAX 0541 987581 AVVISO DI GARA – CIG [047452780F] Questo Comune indice gara, mediante procedura aperta con aggiudicazione a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento dei servizi di ristorazione scolastica dal 1.10.2010 al 30.09.2015. Importo presunto appalto: € 782.500,00 + IVA e € 156.500,00 + iva per l’eventuale anno di proroga, totale € 939.000,00 + iva. Termine ricezione offerte: 16.06.2010 ore 13.00. Apertura: 21.06.2010 ore 08.00. Documentazione integrale disponibile su www.comune.morciano-di-romagna.rn.it IL RESPONSABILE DEI SERVIZI ALLA PERSONA Dott.ssa Luisa Rosa Maccaferri COMUNE DI STEZZANO Piazza Liberta’, 27 – 24040 Stezzano (BG) Tel. 0354545311 – fax 0354540357 AVVISO DI GARA CIG 04772807E8 Questo Comune indice gara, mediante procedura aperta con aggiudicazione a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento della gestione dei servizi comunali per l’infanzia dal 01/09/2010 al 31/08/2013. Importo a base di gara: € 105.240,00 oltre € 3.000,00 per gli oneri di sicurezza, + IVA. Scadenza offerte: 23.07.2010 ore 12.00. Apertura offerte: 28.07.2010 ore 10.00 c/o sede municipale. Documentazione integrale disponibile su: www.comune.stezzano.bg.it. Il Responsabile della Direzione III Dott.ssa Patrizia Locatelli CULTURA SPETTACOLI Mercoledì 12 maggio 2010 7 La cooperativa onlus “Les Enfants Terribles” ritorna con “Zorro è morto” Quando il teatro è fatto in casa LUPO (Caro al mio cuore) Les Enfants Terribles ritorna con “Il teatro fatto in casa”. Dopo il successo di “In Casa del Giudice”, un nuovo emozionante spettacolo costruito apposta per essere recitato in appartamento, “Zorro è morto” di Daniela Ariano, la regia di Francesco Marino, con Carlo Ettorre, Sebastiano Gavasso e Valentina Bruno Giorgio e Teodoro, un padre e un figlio che sanno poco l’uno dell’altro, si ritrovano una sera a confrontarsi sui nodi cruciali della vita. Sullo sfondo di un sabato apparentemente tranquillo, i due uomini ingaggiano un vero e proprio duello fatto di parole, a volte facete, a volte dure, ma sempre pungenti come stoccate. Dalla loro storia personale emergono fatti e storie che appartengono a tutti, dal G8 di Genova alla paura del diverso, e al progredire del dialogo le differenze che li dividono si fanno sempre più drammatiche e forse irrecuperabili. Tra loro si muove Sofia, giovane moglie di Giorgio, che sarà suo malgrado chiamata a ricucire il rapporto tra questo padre, uomo cinico e disilluso, e il figlio, specchio di una generazione alla continua ricerca di un equilibrio tra verità e giustizia. Forse Sofia riuscirà a riconciliare i due uomini, o forse sarà anch’essa travolta dagli eventi. Una sola cosa è certa: nulla è veramente ciò che sembra. Ancora uno spettacolo che nasce e si nutre della filosofia che anima il lavoro di ricerca di Les Enfants Terribles. Uno spettacolo costruito sulla linea di confine che separa realtà e finzione, vero e falso. Il luogo scelto è un interno, come nel precedente lavoro “In casa del giudice”, per la precisione il soggiorno o il salotto, appunto. Una proposta di teatro perciò spaesato, collocato al di fuori della struttura teatrale classica, ma proprio per questo in cerca di nuovo appaesamento. Il rapporto con lo spazio, in ogni caso, è sempre e solo una valida metafora di una relazione nuova che il nostro teatro cerca di stabilire o ristabilire con lo spettatore. Far incontrare attore e spettatore, e quindi storie teatrali e storie di vita, in una dimensione che non sia solo extraquotidiana (come è tutto il teatro) ma che sia anche extrateatrale. Questo per favorire un mettersi in gioco autentico per entrambi: l’attore e lo spettatore. Far esperienza di una storia che avviene nello stesso tempo e nello stesso luogo in cui noi siamo, può senz’altro intensificare l’esperienza stessa a partire dalla qualità dell’ascolto e dell’incontro che in quel luogo pubblico e pri- Ho buttato le chiavi della macchina sul tavolino dell’ingresso con un certo fragore, perché si sapesse che sono tornato. Il passo tranquillo e silenzioso di Amanda è stato l’unica risposta, insieme al ron-ron del suo strusciarsi contro i miei pantaloni. Ci siamo seduti insieme sul divano, di fronte al televisore spento e i suoi occhi socchiusi ora mi guardano intensamente, mentre stira pigra le zampe e si accoccola meglio sulle mie gambe, le zampe anteriori allungate nell’incavo del gomito. Quanto sei piccola, Amanda. Non riempi tutto l’arco delle mie braccia e non appoggi la testa sulla mia spalla, ma così abbandonata sei molto simile a quella donna che hai annusato un paio di volte, tempo fa, te la ricordi? O è stato un incontro troppo fugace per imprimersi nella tua memoria? Non l’hai mai più vista entrare, sedersi su questo cuscino, parlarti sottovoce. Ma sai, lei è sempre stata qui. In un angolo segreto della mia esistenza, della nostra esistenza. È un angolo così piccolo, quello dove la tengo rinchiusa, un angolo minuscolo, sepolto sotto strati di discutibili ragioni, ma da cui diparte un’eco così forte da ferirmi i timpani e da lasciarmi vuoto di ogni altro suono. È l’eco della sua voce trattenuta, Amanda, ma così potente che mi sorprende nessuno l’abbia ancora sentita, in tutto il vicinato, come quando arriva il circo, la banda del paese, il camion dei pompieri e ciascuno si domanda da dove provenga quell’esplosione di suoni, e gira la testa in quella direzione. Così feci io, la volta in cui, senza che lei parlasse, girai la testa verso i suoi passi che avvicinavano ai miei la luce dei suoi occhi. Da quel momento dentro di me non ci fu che quel passo, il suono dei suoi passi che la portavano a me. È un angolo di cui solo io posseggo le chiavi e che posso visitare a mio piacere, scendendo in una galleria di ricordi e schegge di vetro, più scendo più la pelle mi si graffia contro l’evidenza del non poterla più abbracciare. Ma per quanto dolore mi causi ogni frammento che si conficca nelle braccia e nelle gambe, sul collo, tra le reni, non posso non rifare ogni sera lo stesso tragitto per raggiungerla e in questo modo liberarla, perché non vada via dalla mia vita. Non ancora. Le porgo la mano. Non appena bacio i suoi capelli, tutti i momenti passati saltano fuori e crescono intorno a me come rampicanti insolenti di una foresta pulsante di linfa, in cui si perdono gli orizzonti dei doveri, dell’intelletto, si allontana il richiamo della condanna a vivere senza amare. Camminiamo dondolando le mani. Siamo in ogni città, in ogni vicolo, siamo in ogni direzione e punto cardinale, ovunque io rivolga lo sguardo. Siamo qui. Siamo solo e ancora qui, dove solo posso non pensare al suo sguardo smarrito, né al sussulto delle sue spalle mentre piange, mentre volto la schiena al suo dolore e fuggo, per non pagare la moneta della verità e del coraggio che l’amore chiede. Solo qui posso ancora sentirla ridere felice. Solo qui mi sento perdonato, nel ricordo delle mie mani che carezzano il suo viso e avvicinano la mia fronte fino a toccare la sua. Stiamo qui, vicini, in questo non-tempo e nonluogo, dove mi aggrappo ai suoi fianchi per non sapere che, fuori di qui, qualcuno avrà le sue labbra da baciare e il suo riso soffocato sulla manica della giacca, mentre la stringe, mentre i suoi occhi continuano a sorridere, sotto le palpebre chiuse dall’amore.Vedi, Amanda, questo angolo è la mia tana, l’unico rifugio dove ancora ritrovo me stesso, dove non sento pena, poiché vi conservo ogni dettaglio di ciò che è stato più caro al mio cuore, il ricordo di mio padre, il mio primo pallone, il primo sguardo di mio figlio. E lei. Ma so bene che finirò per invecchiare e perderne la memoria. Allora vagherò, lupo nel fitto del bosco, diffidente, scontroso e affamato. Vagherò sui crinali più alti, annusando la terra umida, senza sapere che morirò di fame e solitudine, sprofonderò verso i torrenti, interrogando i gorghi in cui si perde la corrente e dormirò al riparo di massi ruvidi, sussultando di un fremito tra i rami, come se ancora aspettassi qualcosa, qualcuno. Come se ancora aspettassi la carezza della sua mano colma di amore e il calore di un rinnegato abbraccio. Anna Crudo vato si stabilisce. Gli interessati potranno chiamare la segreteria organizzativa di Les Enfants Terribles ai numeri: 06-83518893 e 3398499825 per fissare una delle rappresentazioni a domicilio. Lo spettacolo può essere rappresentato in un salotto dove si potranno comodamente sistemare una trentina di persone. Sarà cura dei padroni di casa mettere a disposizione sedie, divani e cuscini per gli spettatori. Lo spettacolo non necessita di alcun intervento tecnico sullo spazio, se non (forse) lo spostamento di qualche mobile. Sarà comunque necessario concordare coi padroni di casa un sopralluogo da effettuarsi prima della rappresentazione. Gli attori avranno bisogno di un luogo separato dallo spazio della “scena” dove potersi vestire e preparare senza essere visti dal pubblico. Lo spettacolo ha una durata di circa 75 minuti. Gli ospitanti dovranno garantire la presenza di almeno 30 spettatori paganti. Sarà emesso un regolare biglietto di ingresso a cura di Les Enfants Terribles per espletare le pratiche Siae (diritto d’autore). Les Enfants Terribles, cooperativa onlus, nasce nel 2005. Obiettivo dell’mpresa è la creazione di nuovi percorsi e linguaggi che contribuiscano a promuovere e incentivare la proposta teatrale ed ad arricchire il dialogo e il confronto culturale. È privilegiata un’attività che guardi alle nuove generazioni, che ripensi la relazione attore-spettatore, che abbia una ricaduta sul territorio, in particolare sul piano del turismo culturale. Nel 2005 produce lo spettacolo “La Gente è Matta” di Marcello Isidori (spettacolo itinerante nei centri storici) e dà vita alla prima Edizione di Tam Tam, incontri di teatro, arte e musica, il primo progetto di Campus/Festival in Calabria, quest’anno giunto alla sesta edizione. Nell’aprile 2006 debutta con lo spettacolo “In Casa del Giudice” di Marcello Isidori (recitato in appartamento). Nel 2007 diventa titolare di due residenze teatrali. In Calabria, presso il Teatro Comunale di Cassano Jonio (CS), e nel Lazio, presso il Teatro Comunale di Monte Romano (VT). Nello stesso anno mette in scena un adattamento di “La guerra di Troia non si farà” di Jean Giraudoux (recitato nei siti archeologici). Nella stagione invernale 2008 debutta con “Davide e il Lupo” di e con Francesco Marino (ancora in scena). Del 2008 è lo spettacolo “I racconti del Pianerottolo”, autori vari, spettacolo itinerante fra le piazze e le vie dei borghi antichi. “I Sibariti” di Leopoldo Conforti, per la regia di Francesco Marino, ha debuttato nell’estate 2009 all’interno del Festival “Magna Grecia Teatro”. A Napoli con “Piazza d’arte” Ha inizio con la Montagna di Sale di Mimmo Paladino la storia delle opere d’arte in piazza del Plebiscito a Napoli. È il Natale del 1995 e per la prima volta la piazza principale di una città italiana diventa teatro dell’arte contemporanea, superando i confini dei musei per entrare in contatto con un pubblico vasto, composto da quei passanti che si fermano interessati ad ammirare o discutere l’installazione dell’artista sannita. Da allora fino allo scorso Natale, per quindici anni, la tradizione delle opere d’arte in piazza del Plebiscito è continuata con successo grazie all’intervento di grandissimi nomi di artisti internazionali, che hanno accettato di intervenire sulla piazza simbolo della città partenopea con le loro preziose testimonianze. Il volume “Piazza d’Arte”, edito da artèm e curato da Eduardo Cicelyn, ripercorre questi anni di storia di Piazza del Plebiscito come teatro dell’arte a livello internazionale, attraverso un ricco corredo di immagini artistiche raccolte dal fotografo Peppe Avallone. È la storia di un progetto di ampio respiro, caratterizzato da un coraggio creativo insolito, che vede la piazza ritornare al suo ruolo originario di luogo d’incontro per la comunità, del rituale e della festa, del tempo libero e dello spettacolo; una grande sfida per gli artisti chiamati a caratterizzare una piazza dalla geometria perfetta e dall’imponente perfezione. Dopo Mimmo Paladino, un vero e proprio pioniere con la sua monumentale montagna di sale, atta a simboleggiare la conformazione geografica e antropologica della città con la sua storia travagliata, è il turno, l’anno seguente, di Jannis Kounellis, che sceglie, invece, di concentrarsi sul monumentale colonnato che circonda la piazza. Sotto i portici della chiesa di San Francesco di Paola sospende vecchi armadi raccolti da rigattieri locali, mentre omaggia la tradizione napoletana disseminando lungo il perimetro delle colonne bilancini per il caffé e frammenti di vecchie imbarcazioni. Nel 1997 Mario Merz, grande protagonista dell’arte povera, riempie la piazza di rossi tavoli di legno e acciaio e di neon ripro- ducenti una sequenza numerica di Fibonacci. Le installazioni si susseguono, “adottate” con grande entusiasmo e qualche immancabile polemica dai passanti e dagli abitanti di Napoli. Per il primo Natale del nuovo millennio Anish Kapoor, l’artista britannico di origine indiana, decide di misurarsi con l’imponenza e la monumentalità degli edifici che circondano il perimetro della piazza, allestendo al centro una gigantesca scultura rossa di pvc, visibile da ogni altura della città come una macchia di colore su un paesaggio dipinto di Napoli. Le forme di “Taratantara”, questo il titolo dell’opera, sembrano dischiudersi verso la città, i suoi suoni e le sue luci, perdendo l’originaria connotazione di oggetto per trasformarsi in senso e carnalità. Dopo una serie di contributi eccellenti, che vedono avvicendarsi nella piazza nomi del calibro di Gilberto Zorio, Giulio Paolini, Joseph Kosuth, Rebecca Horn, Richard Serra, Luciano Fabro, Sol Lewitt, Jenny Holzer, Michelangelo Pistoletto e Jan Fabre, il ciclo si chiude nel 2009 con l’artista tedesco Castern Nicolai. La sua installazione affronta il tema dell’interazione tra gli elementi artificiali e naturali, direttamente ispirati al rapporto che la città vive con il sottosuolo, attraverso tre mongolfiere illuminate che ondeggiano sopra la piazza al suono delle eruzioni vulcaniche del Vesuvio. Le mongolfiere vengono rimosse per motivi di sicurezza a pochi giorni dall’inaugurazione ma Nicolai realizza immediatamente un nuovo progetto, che vede protagoniste tre strutture cilindriche che eruttano nuvole di fumo e luce come vulcani. Un omaggio alla città e alla peculiarità dei vulcani di creare energia collegando il sottosuolo con il cielo. Il volume “Piazza d’Arte”, documento di grande suggestione visiva, raccoglie tutto questo, quindici anni di arte contemporanea unici e straordinari, sullo sfondo di una Napoli maestosa e di rara bellezza a cui viene resa giusta notorietà. Roberto Begnini Fa t t i ogni giorno in edicola chiedi il tuo quotidiano socialista