PRESUNZIONE D'INNOCENZA -Vorrei costituirmi. Disse l'uomo nel completo scuro gessato. Poi tese le braccia avanti in segno di resa. -Per quale capo d'accusa, signore? Carminati tentava di affrontare con professionalità il primo caso della giornata. -So di essere colpevole, ma non ricordo esattamente il mio reato. -Non ci è possibile prenderla in custodia senza prove che la individuino come responsabile di un reato di qualsiasi genere. Mi mostri i documenti. Rispose pazientemente. -La mia carta d'identità... Posò il documento sulla scrivania dell'agente e tornò ad assumere una postura impeccabile, come se si aspettasse il flash di un fotografo da un momento all'altro. -Signore, avrebbe dovuto rinnovarla due anni fa... E' scaduta. Gli restituì la carta d'identità ingiallita con gli angoli consumati. -Ecco la mia patente, risulta valida anche se non ho mai guidato? -Mi lasci verificare le sue generalità... Non abbiamo denunce contro di lei. -Perché non sono più quell'uomo. All'epoca ero un uomo innocente. Oggi sono un criminale. Pronunciò quelle parole come se le avesse provate, registrate, riascoltate un'infinità di volte e non aspettasse altro che il momento giusto per andare in scena. Lo sguardo dubbioso dell'uomo in divisa puntò le braccia del giovane, tese, con le mani unite in un gesto come di preghiera. La porta si aprì lentamente. -Buongiorno, Carminati. Già al lavoro a quest'ora? Vi hanno concesso almeno il tempo di un caffè? Un uomo grasso entrò e osservò con aria incuriosita la scena. -Sì, signore. Quando ha un minuto vorrei esporle un caso bizzarro. -Ma il caso è già bell'e risolto, signori. Manca solo che io sia arrestato e avrò la giusta punizione. -Punizione per cosa, giovanotto? Disse l'uomo grasso. -Per un crimine orrendo... -...che non ricorda di aver commesso. Precisò il giovane agente. -Ahahahahahahahahah! Il capitano non riuscì a trattenere una fragorosa risata e dovette sedersi sulla poltrona per riacquistare lucidità. -In 25 anni di carriera non mi era mai capitato che un criminale rendesse così semplice il nostro mestiere. Scommetto allora che se ne avesse trovato un paio a casa, sarebbe arrivato qui in manette. -Nei negozi in centro non ne vendono, il centro commerciale è troppo distante. Non è opportuno che io guidi. Sono pericoloso. Ho tentato di costruirne un paio con una fune, ma a quel punto è diventato complicato legarmi i polsi e... -Capo, come gestiamo questo... inconveniente? L'agente era seccato e impaurito che quel matto peggiorasse l'opinione del capo nei suoi confronti. -Parliamo per un momento da uomo a uomo. Signor... Il capitano prese la patente dell'uomo dalla scrivania dell'agente. -...Signor Adami... E il suo paziente tono di voce mutava a poco a poco in rassegnato. -Quello non è il mio nome. -Ma è scritto qui, sul suo documento di guida... Concorda? Insistette il capitano. -Ammette di possedere un documento falso?! Irruppe il giovane agente sempre più irritato. -Non ho detto questo. Rispose l'uomo lucido e impassibile. -Giovanotto, non ho più l'età per certi scherzi. Inoltre Carminati, qui, ha ancora un verbale da compilare da ieri sera, se non sbaglio. Il tempo è denaro, signori... il tempo è denaro. Il capitano si sedette già stanco sulla poltrona di pelle nera. Non avrebbe smesso di godere dei piccoli piaceri che un incarico di potere offre anche in un piccolo paesino come il loro: caffè e dolci a colazione ogni mattina e una comoda poltrona di pelle nera. Non si sarebbe alzato nemmeno per frenare le folli recriminazioni di un uomo disperato. Pensò che a Carminati faceva bene un po' di esperienza con la gente del paese, e che qualche caso complicato, una volta ogni tanto, rafforzava i muscoli e la mente. Se la sarebbe cavata da solo. I corridoi iniziavano a riempirsi di passanti e voci indiscrete, gli uffici si animavano. I telefoni presero a squillare a ritmi indiavolati. I furti dilagavano insieme a qualche rissa, un'indagine per omicidio era in corso e forse quel mese sarebbero emersi altri due rapimenti. Il Tempo era latitante e tutti si davano da fare per inseguirlo con affanno, eccetto Isacco Adami. Congedato in tutta fretta dall'agente Carminati e dal capitano, percorse il corridoio principale fino alle sedie sgangherate dell'ingresso. Non aprì il quotidiano che aveva comprato poche ore prima al giornalaio dall'altro lato della strada. Non fumò. Non attaccò bottone con nessuna delle persone che varcarono la soglia della centrale quella mattina. Nulla sembrava turbarlo. Attendeva di essere punito, nulla di più. Un ragazzotto in carne, avrà avuto diciassette anni, arrivò a denunciare, ansimando, il furto del proprio motorino. Entrando di corsa, inciampò sulla valigetta del signor Adami, ma nella fretta non chiese scusa né si voltò a guardare il viso del proprietario dell'oggetto abbandonato sul pavimento, capovolto. Lucido e impassibile Isacco Adami raccolse la valigietta e la ripose così come stava un attimo prima. Poi un signorotto ben piazzato di mezza età compilò la pratica per il rinnovo del passaporto. Sorrideva come un ragazzino al luna park e spostava nervosamente le mani di qua e di là, incerto su come muoversi. -Vado in Brasile a trovare mio figlio, sa? Disse rivolgendosi all'uomo col quotidiano piegato sottobraccio, seduto all'ingresso. -Si è trasferito lì quasi 10 mesi fa e ora che si è sistemato per bene sposerà una ragazza deliziosa... Rosana, o Rosaura...Rosaria, non ricordo. Una ragazza deliziosa! Mentre parlava, tirò fuori dalla tasca il cellulare, entusiasta di poter condividere con qualcuno la propria gioia. -Ho qui una foto della loro casa... deliziosa davvero, guardi. Isacco Adami si sporse a guardare la villetta circondata da una folta vegetazione, come se riemergesse da un abisso profondo. -Deliziosa. Commentò privo di interesse. -Ma che sgarbato sono! Per caso era in coda? Sono andato dritto allo sportello senza guardarmi intorno. Deve capire, è l'entusiasmo di un padre orgoglioso... lei ha figli? -No. Rispose apatico. -Non è in coda... o non ha figli? Gli rivolse un sorriso impagabilmente curioso. -Attendo di essere punito. Sono qui per costituirmi. Inoltre credo di non aver mai imparato il mestiere di padre. Così come quello del figlio... che poi in fondo sono la stessa cosa. Il sorriso svanì di colpo dal volto dell'uomo. Si allontanò da Isacco Adami e, recuperati i propri documenti, uscì dalla centrale a passo spedito. Il signor Adami provò un senso di tenerezza per quell'uomo così ingenuamente felice e immerso nella propria vita quotidiana. Era come se non avesse mai dato uno sguardo sotto la superficie della vita. Come se non avesse mai conosciuto dolore e morte. Sembrava un bambino. Gli tornarono in mente le domeniche pomeriggio al parco coi bambini. Margherita stava lì col suo dolce sorriso stampato sul volto, seduta su una panchina in ferro battuto. La fronte era nascosta da un cappello celeste e da ciocche castane, le dita affusolate tracciavano disegni astratti, muovendosi come pennelli sulle cosce. Aveva quasi totalmente dimenticato le dita di sua moglie, e la fronte e i suoi capelli castani. I bambini si erano trasformati in uomini forti e indipendenti, lontani e sconosciuti. L'addetto alle macchinette arrivò fischiettando con un carico di cialde per il caffè e lo costrinse a tornare al presente. -Giornata calda oggi, vero? Torrida, direi... Ma non ricevette alcuna risposta da quelle labbra immobili. -Se non fossi certo che questo è un commissariato, direi che lei è nella sala d'attesa di un medico, impaziente di vedere i risultati delle analisi, ma non troppo sicuro di voler conoscere le novità. Io ho occhio per le persone. Sono semplici da capire, come le macchine in fondo. Di macchine me ne intendo, ci ho a che fare da almeno vent'anni... Con le persone da almeno una vita. Si nota subito se c'è un pezzo da riparare o se manca qualcosa. A lei manca qualcosa. Cosa aspetta? -Devo essere punito, ma non ho prove che mi inchiodino. -Questa è bella! Cos'ha combinato? Sorrise con aria gentile. -Non lo so di preciso. Non le è mai capitato di essere pervaso da un forte senso di colpa senza sapere perché? -Capisco cosa intende, signore, ma c'è colpa e colpa. Alcuni delitti sono troppo grandi per essere puniti su questo piccolo pianeta. Ci siamo intesi? -Non credo. -Lo capirà, un giorno. Presto o tardi tutti ci sbattono la faccia. Quando, a forza di provare pezzi di ricambio, esauriscono quelli conosciuti, tutti si arrendono. Non c'è santo che tenga, caro mio! -Ma non è questo il luogo in cui viene fatta Giustizia? -Non proprio. Qui si tenta di fare ordine in mezzo al caos generale, per giunta senza un libretto d'istruzioni. Col passare del tempo gli ingranaggi della Giustizia sono diventati sempre più complessi da distinguere e oliare. E' una tecnologia ancora sconosciuta a noi poveri mortali... -Forse domani. Cercherò una prova decisiva e tornerò a parlare con il capitano. Disse perentorio e determinato, indossando la giacca e il cappello e avviandosi verso l'uscita. -Mi sembra impossibile dissuaderla, perciò... Buona fortuna. L'addetto alla macchinetta del caffè sorrise, gli fece un cenno con la mano e tornò a spingere il carico pesante di cialde fino al fondo del corridoio, fischiettando. Era un uomo semplice e pratico. Sapeva andare dritto al punto e teneva per sé ragionamenti e acrobazie verbali. Non amava girare intorno a una questione, perché in fondo quando uno inizia un discorso sa già quale sarà la sua ultima parola, pensava. Tutti desiderano più o meno segretamente avere ragione. Raramente i dibattiti o i confronti hanno la capacità di convincere l'altro a condividere la propria tesi, a meno di ingannarlo, chi più chi meno. Non gli era mai piaciuto ingannare, né se stesso né gli altri. Il giorno dopo alle otto in punto Isacco Adami si presentò alla centrale. Indossava un completo scuro, elegante e tetro allo stesso tempo. Adocchiò l'agente di turno quella mattina e gli si avvicinò con passo lento ma determinato. -Buongiorno, vorrei costituirmi. -Prego? Il giovane in divisa strabuzzò gli occhi e si avvicinò, temendo di aver frainteso le parole di quello strano signore impettito in un abito nero che gli conferiva un'aria piuttosto inquietante e sospetta. -Ho mentito sotto giuramento. Quattro anni fa ho testimoniato a un processo e alla domanda dell'avvocato se avessi precedenti penali ho risposto di no. Ho mentito, perché sette anni fa ero seduto come passeggero in auto con un amico. Facendo retromarcia per uscire dal garage, il mio amico ha investito un piccione mezzo morto, finendolo. Tecnicamente ho assistito a un omicidio colposo e non l'ho denunciato. Sono colpevole. L'agente si sentì inondato da quel flusso di parole e tentò di trovarvi una logica -Non sono sicuro di aver capito bene... Perplesso cercava con lo sguardo l'aiuto di un collega. -Ieri sono venuto per autodenunciarmi, ma il suo collega... credo sia l'agente Carminati... sostiene che io debba avere delle prove concrete della mia colpevolezza. Ho le date e gli eventi. Posso essere punito ora? -Signor Adami, ancora lei? Carminati capì che quella che fino a pochi minuti prima gli sembrava una semplice giornata di lavoro si sarebbe presto trasformata in un incubo. -Eccoti, il signore mi ha detto di aver parlato con te, ieri. Dal momento che conosci già il caso, sarebbe opportuno che ti occupassi tu delle novità, non credi? L'agente si allontanò, felice in cuor suo di ascoltare l'anziana signora Tosatti fare ricorso per un errore nella bolletta del gas. Non aveva mai saputo come comportarsi con le persone poco equilibrate e cedeva volentieri il posto a Carminati. -Signor Adami, non vorrei essere scortese, ma ne abbiamo già parlato ieri. Lei ha bisogno di tornare a casa, riposare, svagarsi e pensare ad altro. -Come posso pensare ad altro quando so di essere colpevole? -Crede davvero che la storiella che ha rifilato al mio collega sia un reato punibile con la carcerazione? -Mi aveva chiesto di portare delle prove concrete. Sto facendo il possibile... E' un inizio. -Vada a casa. Pose una mano sulla spalla di Isacco Adami e con l'altra indicò la porta, invitandolo a uscire. -Tutto risolto? Chiese l'altro, liberatosi velocemente anche della signora Tosatti. -Ne dubito. E' tutto irrisolto nella mente di quell'uomo. Indebita percezione di erogazioni pubbliche, truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico, concussione e corruzione, delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, delitti contro la personalità individuale, associazione per delinquere, sequestro di persona a scopo di estorsione associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo... Il signor Adami leggeva da un enorme plico di fogli stampati da Internet un elenco infinito di crimini alla ricerca della propria colpa. Stava seduto sulla panchina dell'edicola dall'altro lato della strada e sfogliava rapido e concentrato chilometri di carta, una fila di parole spaventose macchiate di sangue e avidità. ...riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, omicidio colposo, lesioni personali colpose, uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee... Ripercorreva di continuo gli episodi più significativi della sua vita, poi tornava a fissare quei fogli spaventosi. Leggeva in ordine sparso i reati fino al fondo del plico, poi ricominciava da capo. Scavava tra i ricordi più labili alla ricerca di un senso. Trascorse un paio d'ore, Isacco Adami radunò i fogli sparsi sulla panchina. Ne raccolse un paio dall'asfalto umido del marciapiede, li impilò ordinatamente e li mise sottobraccio. Si alzò e con lo sguardo fisso all'ingresso del commissariato attraversò la strada. Aveva quasi totalmente dimenticato le dita di sua moglie, e la fronte e i suoi capelli castani. Scelse l'ultima scrivania sulla destra, vi appoggiò tutti i crimini del mondo poi, rivolto all'agente, disse: -Vorrei costituirmi, arrestatemi. Non udì risposta. Fu scortato da due uomini all'uscita prima ancora che potesse riprendere i fogli dalla scrivania. Fuori lo scaldò un sole accecante che irradiava con calore deciso e cancellava a poco a poco le pozze sparse per terra. Sulla destra vide Carminati con la schiena al muro nel bel mezzo della sua pausa sigaretta. -Ho portato un elenco dei crimini che potrei aver commesso nel corso della mia vita. Se mi fa la gentilezza di andarlo a recuperare in ufficio, potremo discutere della pena. Carminati comprese che quell'uomo non avrebbe mai trovato pace. Ebbe l'istinto di abbracciarlo per un attimo, stringerlo a sé e riportarlo con i piedi per terra. Premette invece la sigaretta con il tallone contro l'asfalto umido, poi guardò serio quel folle. -Apra gli occhi. Non crede di essere già stato punito a sufficienza? Rientrò e la porta si chiuse alle sue spalle con un rumore secco e severo, che non concedeva possibilità di ribattere. Isacco Adami guardò il proprio riflesso nello specchio di una pozzanghera senza riconoscersi. Vide gli occhi di un pazzo e uno sguardo implorante pietà e salvezza. Si avviò verso casa senza fretta. Da quel giorno decise di non indagare più. Abbandonò il caso e si abbandonò al caso, perché nient'altro era in grado di fare. Ripensò alle preziose parole dell'addetto alla macchinetta del caffè. Aveva esaurito i pezzi di ricambio e l'inceppamento restava spaventosamente irrisolto. Debora Di Carlo