DIRITTI
UMANI
COSì VICINI
COSì LONTANI
a 63 anni dalla Dichiarazione,
una visione glocale
dei diritti dell’uomo
(pagg 2 e 3)
Editoriale Cos’è XN?
di Francesco Paolo Monaco
Intendere la politica come l’arte
di governare ciò che è di tutti, per
il bene dei cittadini, non ha mai
cessato di essere un’aspirazione da
parte degli uomini. Alcuni governanti tra i più importanti sono chiamati
“ministri”, servitori di questo “bene”
che è il bene dell’insieme e, unitamente a tutte le altre cariche che
esistono nella nostra organizzazione
democratica, dalle amministrazioni
locali a quella centrale nazionale,
sviluppano, o dovrebbero sviluppare, la funzione amministrativa della
cosa pubblica non come proprietà
ma come luogo del bene maggiore.
Nei modi concreti, assistiamo a pratiche di altro genere: accade che i
servizi di questa cosa appaiano più
come favori grazie ad amicizie degli
amici. Succede, poi, che se le cose
vanno così, quei servitori non servono più tutti e servono un po’ più
se stessi, governando solo per poter
essere rieletti e mantenere il potere
o per terminare un progetto, non
più di tutti, ma di alcuni. Non si parla
più di alleanze per programmi, ma
di accordi per interessi; si creano
reti di corruzione, malaffare, basso
“fare politico” che si sporca davanti
agli interessi di pochi. Accade così
che tutti i cittadini uguali diventano
cittadini di serie A e di molte serie
inferiori. Cessa il fine per cui nasce la
politica perché si privilegia l’interesse di pochi a scapito di tanti. Il bene
(segue a pag.2)
di Andrea Aufieri,
a nome della Redazione
XN è un progetto d’informazione
culturale, sociale e politica voluto
da Ics, ma da essa indipendente,
costituito da giornalisti volontari che
credono nell’impegno e nella sfida di
un’informazione alternativa, seria ed
equilibrata senza i toni dello scontro.
Un giornalismo di prossimità, ancora
umano ed empatico, attento al lessico impiegato, che sta dalla parte di
quella “pubblica verità” che il giornalista e vittima della mafia Pippo Fava
descriveva nello Spirito di un giornale.
XN sa ascoltare e far parlare in prima
persona anzitutto le fasce più deboli
della popolazione. Per provare a
Cos’è Ics?
di Fabio Ungaro
presidente Ics
L’associazione Impegno cristiano
sociale è una realtà laica nata in
un momento difficile per la nostra
società. I soci fondatori hanno
sentito la necessità di costruire
qualcosa di nuovo insieme a tutti
coloro che vorranno partecipare a
questo progetto che mira a rinnovare i principi e le dinamiche che
ci governano. Il manifesto parla
da solo, l’attenzione alla persona,
alla giustizia sociale, al lavoro ed
alla partecipazione della gente
semplice, vista non come mera
destinataria ma prima di tutto
ritessere le trame interattive della
cittadinanza, troppo spesso spezzate
da abusi, soprusi e indifferenza. Per
tastare il polso della gente, quella per
cui gli accordi segreti tra le aziende,
gli accordi diplomatici sottobanco, il
signoraggio, le connivenze tra stato
e malavita, i meccanismi del quinto
potere, tutte le guerre, sono brutte
malattie, come anche il pizzo, la
raccomandazione, lo sfruttamento
e tutte le fratture aperte nel mondo
del lavoro, che ci fanno dimenticare
di essere portatori sani di dignità; tutti,
nessuno escluso, e ben al di sopra
della precarietà totalizzante cui ci si
vorrebbe ridurre, come di ogni logica
finanziaria.
Perché si è detto troppo spesso che il
vento è cambiato. Dimostriamolo, lottando perché le notizie non siano appannaggio di network con secondi
fini di predominio, controllo, consumo,
cominciando a parlare dei bordi delle strade, dei bordi della vita, parlando di salute, di relazioni, dell’amore, di
un ambiente sano. E di legalità, della
buona politica dal basso, della trasparenza, delle pari opportunità: dei
tratturi meno visibili, meno affannati
dalla ricerca di un posto al sole, che
portano alla comunione tra le genti.
Per una cultura della pace, di cui
siamo innamorati al punto da volerla
vivere concretamente.
Qui, al centro di quel crocevia che
Antonio Bello da Alessano cercava
di rendere “arca di pace” contro chi
vedeva una Puglia come strumento,
“arco”, di guerra. E ancora da qui,
dove un pensiero meridiano aperto,
ospitale, pacifico, apparentemente
lento solo perché profondo, attende
d’irradiarsi nella nostra generazione.
come ideatrice delle politiche da
adottare. L’associazione propone
il dialogo sempre e comunque,
senza pregiudizi di alcun tipo, per
la risoluzione delle problematiche
sociali. Tutti insieme costruiremo
un’alternativa per dare una svolta
all’attuale situazione. Quello che
l’associazione si propone è rendere
partecipi tutti coloro che lo vorranno restituendo il potere e i diritti
alla collettività. Chi sposa la linea
di Ics è una persona concreta che
però non accetta compromessi sui
valori, sugli ideali e sulla correttezza
dei principi, in una parola la potremmo definire radicale. Alla base
di tutto c’è il rispetto dell’altro, il
proporre la propria linea senza mai
criticare quella dell’altro, perché
chi ascolta possa decidere tra due
proposte differenti e non tra un
parere e la critica di quel parere.
Sarebbe inutile a questo punto sottolineare che l’associazione crede
nella risoluzione non violenta dei
conflitti a qualunque livello, partendo da quello tra le singole persone.
Ics crede nel confronto senza alcuna preclusione o pregiudizio per
creare una cultura collaborativa e
non oppositiva. È questo un modo
rivoluzionario di costruire la società,
appianando i conflitti che portano
giovamento solo ai pochi che li alimentano. In conclusione voglio sottolineare che Ics è uno strumento
di partecipazione, questo vuol dire
che per raggiungere gli ambiziosi
obiettivi che si propone ha bisogno
dell’adesione di tanti che credano
nella limpidezza di questo progetto.
(segue dalla prima)
di tutti è sopraffatto dal bene di
pochi che è più effimero e che,
per questo, chiede “rivoluzioni” più
ravvicinate fra loro. Oggi, è il tempo
di questa “rivoluzione”.
Una politica che arriva a questo
punto, è malata!
È una diagnosi amara, che si ripete
ciclicamente, e che dal passato
non impara per poi ripetere gli
stessi errori. Noi vogliamo provare ad
imparare da ciò che è stato, valutare ciò che è, e provare a sanare
questo male con la PARTECIPAZIONE. L’assenza, il disimpegno, il sonno,
sono la morte del bene comune.
Una nuova politica nasce da una
nuova cultura.
Noi vogliamo dare il nostro contributo alla realizzazione di questa nuova
cultura.
Innanzitutto vogliamo mettere fine
alla dualità: lui brutto, io bello; lui
cattivo, io buono. La politica non
gridata, efficace non per antitesi,
ma per idee da offrire alla gente,
alla vita quotidiana.
Partecipazione attiva, ma non di
contrapposizione; appassionata e
resistente, ma non offensiva; affermativa, concreta e onesta e non di
pseudo “accordi-interessi”. Partire
dai bisogni non soddisfatti per gli
egoismi di pochi, dai vissuti reali
dei cittadini, da una sapienza che
tragga dalla storia direzioni e che si
faccia attrarre dal futuro dei valori
comuni che la caratterizzano.
Noi siamo pronti. Della prontezza di
chi ha i fianchi cinti per la partenza
e le valigie preparate per un viaggio d’insieme entusiasmante con
quanti vogliono condividere il nostro
manifesto. Pronti ad un fare che inizi
a risvegliare il realizzare davvero
questa nuova cultura politica.
Vogliamo essere attenti ai bisogni
sociali, ma anche alle ricchezze di
tanta gente che che non si ritrova
più e che, nel nostro riferimento, si
può sentire rappresentata nei valori
ispirativi e nelle azioni che riusciremo
a coniugare sul piano locale e nel
senso più ampio territoriale.
Manifestiamo la nostra disponibilità
non solo a un “tutti” generico che
hanno a cuore la “medicina” della
partecipazione, ma anche a tutti
quelli che ricchi o poveri, imprenditori o operai, italiani o stranieri,
credono che il cambiamento possibile abbia un inizio interiore e un
proseguimento civico e sociale. Non
vogliamo lasciare a nessuno il nostro
posto: leali nei principi e moderati
per carattere.
In spirito di fratellanza
di Giacomo Cazzato
Ho suonato al campanello in
una mattina di ottobre e ad
aprirmi la porta è stata Pina.
Signora distinta e curatissima,
abita in una viuzza di Tiggiano, piccolo comune del Capo
di Leuca.
Mi raccontavano del fatto
che da quasi un anno la vita
tranquilla di questi due anziani coniugi, Pina ed Ersilio,
era stata movimentata per
via di alcuni ragazzi venuti
da lontano e che, ironia della
sorte, dai cartoni di fortuna
presso la stazione ferroviaria
di Lecce, sarebbero approdati proprio di fronte a casa loro,
in una grande stanza voltata
a botte. La stanza divisa a
modo, avrebbe fornito un
alloggio più che felice per
tutti. Chiacchierare davanti
a un caffè, seduti nel luogo e
con la relativa protagonista
della storia è la migliore delle
prospettive per capire.
La stessa mattina Pina era
proprio felice, perché il suo
Khalid si doveva recare in
prefettura per risolvere alcune
questioni che lo tormentavano sin da quando ha abbandonato il suolo afghano.
Sta realizzando finalmente il
desiderio di portare la moglie
e i figli in Italia perché finisca
il loro triste peregrinare per la
sopravvivenza. Khalid infatti è
un rifugiato politico, l’ unica
colpa (sua e perciò della
sua famiglia) è quella di aver
lavorato come ingegnere
per una multinazionale americana. Ho provato una bella
sensazione nel vedere Pina
sciogliere all’istante qualsiasi
riserva, con occhi svegli di
vivo interesse, e incominciare
a parlare amorevolmente del
suo diletto Khahlid, mostrandomi orgogliosa persino il suo
nuovo libretto sanitario, ultimo
grattacapo dopo la ricerca
di un lavoro e di un tetto più
idoneo per sé e per la propria
prole.
Dico “suo diletto” perché ciò
che sorprende è che da un
po’ di tempo, sin da quando
lei e il marito Ersilio ospitarono
il giovane trentaduenne e i
suoi compagni di avventura
per pasti caldi, spalancando
senza paura le porte della propria casa, Khalid si è
distinto sempre per la propria
indole umana, arrivando a
chiamare gli anziani coniugi
mamma e papà.
Forse, e lo si capisce dagli occhi, è proprio questo rapporto
filiale la più grande soddisfazione per Pina ed Ersilio, nonostante di figlia ne abbiano già
una.
Nell’era dei parabolani in
camicia verde come non può
questa esperienza toccare le
corde più intime del cuore di
chi la vive e di chi l’ascolta?
Resto basito e rifletto su come
le lugubri proiezioni di telegiornali e talk show riescano a
manipolare la mente dell’uomo, annullando tutti gli sforzi
che lo stato dovrebbe compiere nelle nostre scuole per
mezzo dell’educazione civica,
secondo i più basilari principi di convivenza civile e di
rispetto della persona umana.
Prescindendo dalle evangeliche virtù misericordiose,
felicemente posso scoprire
ancora un Sud che accoglie,
quello del buon vicinato che
si trasforma in comunità aperta, quel Sud da cui dovrebbe
partire il riscatto culturale,
semplice e basilare secondo
cui tutti gli uomini“devono
agire gli uni verso gli altri in
spirito di fratellanza” (art.1
della Dichiarazione del 1948).
Pisanò: “diritti, La resistenza dagli ultimi”
I diritti umani al centro delle relazioni internazionali. Ma la società?
È la prima vittima della crisi politica
ed economica degli stati. Così gli
individui cancellano i deboli, ma
la resistenza deve venire, come
sempre, dagli ultimi. Questi i temi
che tocchiamo con Attilio Pisanò,
professore aggregato di Filosofia del
diritto e Diritti umani del Corso di
Laurea in Scienze politiche e delle
Relazioni internazionali all’Università del Salento. Le sue pubblicazioni: Il diritto dei popoli nella
rivoluzione francese. L’abbé Grégoire
(2002); Una teoria comunitaria dei
diritti individuali. I Diritti dell’uomo
di Nicola Spedalieri (2005, opera che
gli è valsa la cittadinanza onoraria
di Bronte, Catania); I diritti umani
come fenomeno cosmopolita. Internazionalizzazione, Regionalizzazione,
Specificazione (2011). In fase di
pubblicazione altre due opere: Diritti deumanizzati. Animali, Ambiente,
Generazioni future, Specie umana
(Giuffré), e la curatela Questioni
geopolitiche mediterranee (ESI).
Diritti umani: astrazione buona per
tutelare le situazioni di guerra o strumento vicinissimo di pace sociale?
I diritti umani sono molto più vicini
alla nostra vita quotidiana di quanto
possiamo pensare. Nascono nell’ambito della tradizione culturale
occidentale e sono dunque radicati
nei nostri ordinamenti giuridici.
Scrivere un articolo senza essere
privati arbitrariamente della nostra
libertà, ad esempio, è un atto che
possiamo compiere sotto il guscio
protettivo dei diritti umani, che le
nostre Costituzioni, dal dopoguerra,
hanno recepito non solo in maniera
formale, ma con meccanismi che
ne consentono la tutela sostanziale.
Caratteri fondamentali però sono
l’universalità e l’uguaglianza, il che
significa che i diritti devono valere
per tutti, o non possono essere chiamati diritti umani. Se altrove questi
non sono tutelati e passa il messaggio per cui in una parte del mondo
è giusto non tutelarli per questioni
culturali, si segue una china che
porta alla mancata tutela dei diritti
anche nella nostra società.
Quali diritti, oggi più che in passato,
Sans papiers
Colophon
XNews cultura, politica e società
di Ablaye Seyé
I risultati del rispetto e della promozione della parità
dimostrano che la macchina
amministrativa può svolgere
un ruolo importante per il
bene comune.
Se adempie al suo compito, può apportare benefici
sostanziali per tutti i segmenti
della popolazione, ma anche ridurre gran parte delle
disparità esistenti tra stranieri
e autoctoni.
Anzi è necessario farlo per
realizzare strategie concrete sulle riforme istituzionali,
stabilire eguali diritti e opportunità per favorire lo sviluppo
economico e sociale, incoraggiare la partecipazione e
la condivisione equa di beni
e servizi adottando misure per
sradicare le disparità persistenti provocate dal controllo
politico sulle risorse.
Di sicuro, conoscere alcuni aspetti della vita di molti
cittadini senegalesi privati dei
permessi di soggiorno in Italia,
e a Lecce in particolare, a
causa di una legge farraginosa, farebbe emergere la grande ambiguità che si abbatte
sugli immigrati africani.
Diversi problemi legati alla
casa, l’accesso al mercato
del lavoro, la formazione,
possedere un permesso per
evitare una vita in clandestinità o recuperarlo dopo aver
perso anche momentaneamente il lavoro più che difficile sembra impossibile. Per la
sola ragione che gli immigrati
senegalesi non godono dello
status di rifugiati politici, di
profughi di guerra e di molte
altre situazioni che costringono altre persone a venire in
Italia. Oggi dozzine di giovani
senegalesi sono disperati e
commettono atti da disperati,
perché vedono l’unica opportunità di andare a trovare
le loro famiglie, le compagne,
i bambini, i fratelli e le sorelle, legata al possesso di un
documento che gli è negato.
A questi giovani, che in questo modo entrano in clandestinità per legge, manca il
calore del genitore naturale,
manca anche, e in alcuni
casi davvero per molti anni,
o la sposa amata, o il figlio,
cui a sua volta sarà mancato
l’amore condiviso dei genitori.
Mancano di troppo, ancora,
per poter vedere la fine del
tunnel.
intervista di Andrea Aufieri
devono essere tutelati e quali soggetti
dovrebbero attivarsi?
I diritti umani si dividono in due
grandi categorie: quelli politici e
quelli sociali. La crisi economica
e politica dello stato moderno ha
incrinato quelli sociali, che sono più
complessi, aleatori e bisognosi di
una tutela specifica e diretta dello
stato: salute, casa, lavoro, ovvero
le conquiste delle generazioni che
ci hanno preceduto, rischiano di
saltare. È chiaro che sono sempre i
più deboli a rischiare di perdere i
diritti acquisiti. Il cardine è il lavoro,
come recita il primo articolo della
nostra Costituzione. Tramite il lavoro chiunque può dare un contributo
alla società e accrescere il proprio
status di cittadino. Se non c’è il la-
voro crolla l’impostazione giuridica
e sociale.
Diritti, ma anche doveri. È solo un
richiamo formale quello conclusivo
della Dichiarazione del 1948?
Il rapporto tra diritti e doveri è di
complementarietà, non possono
essere rivendicati i primi se non si
tengono presenti i secondi. In Occidente è prevalsa una forte concezione individualistica del rapporto con
la società. L’uomo è considerato al
di fuori di questa e ciò ha sicuramente rafforzato le tutele personali,
ma ha anche fatto dimenticare principi sociali basilari come la responsabilità e la solidarietà, un richiamo
ai doveri in questo senso è quanto
mai attuale.
Periodico fondato dall’associazione ICS
Iscitto al n. 1903 del Registro della Stampa del
Tribunale
di Lecce il 4 luglio del 2011
Numero 0, Ottobre 2011
Chiuso in redazione il 7/10/2011
Editore Associazione Impegno Cristiano Sociale
via G. Toma 71 - 73100 Lecce [email protected]
Stampa Cartografica Rosato, Lecce,
via N. da Lequile 16/A
Direttore Responsabile
Andrea Aufieri
Direttore EDITORIALE
Fabio Ungaro
Hanno collaborato
Francesco Paolo Monaco, Giacomo Cazzato,
Ablaye Seyé, Eliana Masulli, Giovanni Matteo.
FOTOGRAFIE
Bianca Moretti (pagg. 1-3) Eliana Masulli (pag 4)
PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE
Alessandro Matteo
di Giovanni Matteo
Guardare diritti
Guardare diritti-diritti in mostra, dal
mondo alla città. Questi titolo e
sottotitolo del bando di concorso
viedofotografico lanciato dall’associazione Ics in collaborazione
con XN. Il concorso prende forma
da una data e due idee. La data,
il 10 dicembre 1948, è il giorno in
cui è stata firmata la Dichiarazione
dei diritti umani a Parigi. La dichiarazione raccoglie in articoli i diritti
fondamentali degli uomini, personali, di relazione nella comunità (civili e
politici), culturali, economici, religiosi
e sociali. Sono dichiarazioni sui diritti
che moltissime nazioni hanno sottoscritto facendole diventare patrimonio universale. In diversi stati, anche
quelli sottoscrittori, però, ci sono
situazioni che possiamo definire di
dubbia applicazione. Altre espe-
rienze possono altresì enumerare i
moltissimi casi in cui questi diritti oltre
che rispettati sono esaltati da comportamenti comuni di interi popoli,
gruppi o singoli.
Due idee. Vogliamo che siano fissati
diritti umani attesi e disattesi per
immagini e visioni glocali. Prima
idea: ogni partecipante può guardare diritto in un’immagine di una
situazione del pianeta in generale.
Seconda idea: ogni partecipante
può guardare diritto in un’immagine
dalla città il proprio modo di vedere
i diritti umani rispettati e non.
Fuori concorso l’invio di una videolettera in cui interpretare un diritto.
Il bando completo e informazioni
ulteriori saranno lanciate a breve sul
sito impegnocristianosociale.it
(Redazione)
LINCIANO LIQUORS
Lecce via Duca degli Abruzzi 59
0832 241211
0832 331968
Sei postmoderno e non lo dici!
È indubbio che la realtà dell’Esistenza si fondi sulla molteplicità di
mutamenti difficilmente riconducibili
a un unico schema di riferimento
stabile, ordinariamente e facilmente
attaccabile. La frammentarietà è
un aspetto insito nella vita e nella
totalità dell’esperienza umana e
pone la differenziazione dei saperi
e delle fenomenologie di pensiero
come insiti processi in atto di una
continuità e di ogni evoluzione
storica e naturale, tanto dell’uomo
quanto della materia. Nel 1979
Lyotard definì la “post-modernità”
come il venir meno della pretesa
dell’epoca “moderna” di saper
riconoscere e affermare un unico
senso del mondo. La fine della Modernità, in cui ci troviamo tutt’oggi
immersi, corrisponderebbe, dunque,
a una dissoluzione della stabilità
dell’Essere e alla consequenziale
accettazione di una legge dinamica del Divenire. Come dire che con
la fine di una data epoca, il Tempo
si frantuma rivelandosi nell’interpretazione e nell’individualità di un
unicum-presente, pronto a offrire
tante storie separate e pur sempre interconnesse. Crolla, di fatto,
la consapevolezza oggettiva dei
fatti, entro un gioco di condizionamenti interscambiabili tra “cultura”
e “ambiente”. In particolar modo
muta la posizione dell’osservatore. Il
risultato è quello di una complessità
accelerata, in questo, dal sopraggiungere della tecnologia e della
realtà mediatica, che assorbono
la frammentarietà dell’esperienza
entro immagini “prodotte in serie e
consumabili in massa”. Alois Riegl
connota tale complessità nell’estetica del “valore dell’antico” definito
come “il culto estetico fondamentale” che interessò tutto il Novecento e da cui l’uomo ha preteso
la produzione di opere “concluse
come simboli del Divenire necessario e regolare”; parimenti l’uomo
post-moderno esige dalla Natura,
che agisce sul tempo, un degrado
come carattere conclusivo del
Trascorrere. Nell’interpretazione di
una medesima realtà, dunque, la
“differenza” è data come un vero e
proprio valore da tener vivo durante
l’intero confronto con il Molteplice,
dimensione in cui l’Arte riesce a
estendere la propria fenomenologia verso altri ambiti del sapere,
divenendo, nella propria formatività,
anch’essa un “momento” . Il Postmoderno si colloca qui, tra i principi
di un cambiamento e un altro; si
pone come riflessione e presa di coscienza della precedente “modernità”. Lyotard (1942-1998) con “La
condizione postmoderna” (1979),
esamina le conseguenze della
fine delle credenze dell’età postindustriale. Il sottotitolo dell’opera lo
chiarisce: è il “Rapporto sul Sapere”
con la conoscenza scientifica e
tecnologica che determina la stasi
di un sistema apparentemente in
evoluzione. Per Lyotard la crisi della
modernità è riscontrabile all’interno
della dinamica stessa di una trasformazione: da quel sapere nasce
una diversa esigenza di trasmissibilità, poiché la precedente forma di
questa non soddisfa più l’uomo. Se
il Moderno segna il “modo” in cui un
pensiero si sviluppa, il Postmoderno
pone un “modo” diverso di pensare
la stessa cosa: l’osservatore spia il
mondo reale senza cogliere unità,
l’occhio umano assorbe le sfumature senza totalità e da lontano e la
Bellezza, anche soggettivamente,
non è più rappresentabile, incomprensibile nella concettualizzazione.
Così l’arte è nuovamente la prima
forza che tenta il confronto con un
limite; paradossalmente denuncia
ciò che c’è, ma che sembra non
poterci essere, proponendo la
modalità del “come” affrontare il
piacere e il dolore che scaturiscono
dall’ineffabile. All’arte postmoderna
di Eliana Masulli
Igor Mitoraj, Valle dei templi (AG)
spetta il compito di affinare l’immaginazione e sperimentare la libertà
creativa. Si può affermare, dunque,
quanto il Postmoderno artistico sia
l’Era della potenza dell’immagine,
di un valore di scambio culturale.
Derealizzato l’oggetto, il significato
diviene astratto e l’arte desacralizzata; come dire che, perseguendo
il nuovo, l’arte rinuncia all’ideale
atemporale e costitutivo che più le
appartiene: la Bellezza. Ciò che è
nuovo cade nell’effimero, per essere
riprodotto e rinnovato: l’irrappresentabile decompone e destruttura
spazio e tempo dell’oggetto, che
perde la figuratività, acquistandone l’essenza; lo spazio fisico
viene compenetrato e superato
dall’espressione dell’animo: non
è più materia, non è più semplicemente superficie. Una Volontà
risanatrice tenterebbe, dunque, di
colmare la frattura “moderna” tra
arte elevata e arte popolare o tenderebbe piuttosto all’abnegazione
del Sé per riproporsi alla società del
“nuovo”, del capitalismo e della
propria stessa spettacolarizzazione?
Pensate alle intenzioni conciliative
del ready-made di Duchamp: un
manufatto che, nel proprio essere
comune, contesta i canoni della
meccanicità di gesti e ripercorre,
all’inverso, il processo creativo
dell’arte. L’arte diventa quotidiana
poiché gli oggetti comuni diventano arte in se stessa? E l’oggetto
comune, così percepito, riesce
concretamente a eliminare tutte le
differenze tra l’elite e la massa, in un
unico salto rarefatto? Design semplice e arte della pubblicità: sicuri
di essere “culturalmente” pronti ad
abbandonare un comune senso
di Bellezza e cancellare concretamente le differenze tra un’Estetica
e una Tecnica? E tu, postmoderna
orfana coscienza della complessità, che non hai pace e non poni
dimora puoi, nella realtà, dirti tanto
euforicamente libera?
Nasce Ics
Associazione di laici ispirati dal Cristianesimo
impegnati nella vita sociale
E nasce XNews
Seguili prossimamente su
www.impegnocristianosociale.it
e su www.icsnews.it
Per il tuo contributo a sostegno di XNews, contattaci al numero 338. 6715697
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