Anteprima Estratta dall' Appunto di Laboratorio di storia Università : 'Carlo Bo' Urbino Facoltà : Sc.Formazione Indice di questo documento L' Appunto Le Domande d'esame ABCtribe.com e' un sito di knowledge sharing per facilitare lo scambio di materiali ed informazioni per lo studio e la formazione.Centinaia di migliaia di studenti usano ABCtribe quotidianamente per scambiare materiali, consigli e opportunità Più gli utenti ne diffondono l'utilizzo maggiore e' il vantaggio che ne si può trarre : 1. Migliora i tuoi voti ed il tempo di studio gestendo tutti i materiali e le risorse condivise 2. Costruisci un network che ti aiuti nei tuoi studi e nella tua professione 3. Ottimizza con il tuo libretto elettronico il percorso di studi facendo in anticipo le scelte migliori per ogni esame 4. Possibilità di guadagno vendendo appunti, tesine, lezioni private, tesi, svolgendo lavori stagionali o part time. www.ABCtribe.com ABCtribe.com - [Pagina 1] L' Appunto A partire dalla pagina successiva potete trovare l' Anteprima Estratta dall' Appunto. Se desideri l'appunto completo clicca questo link. Il numero di pagina tra le parentesi tonde si riferisce a tutto il documento contenente l'appunto. Sull'appunto stesso in alcuni casi potrete trovare una altra numerazione delle pagine che si riferisce al solo appunto. ABCtribe.com - [Pagina 2] Saverio Di Franco Alla ricerca di un’identità politica Giovanni Antonio Summonte e la patria napoletana (capitoli estratti per gli studenti) 1. La nobile fondatrice di una città libera Una delle fonti principali di cui si avvalse Summonte per ricostruire le origini della sua città fu la Geografia di Strabone: «la città di Napoli fu edificata da Cumani venuti dall’isola d’Euboa rib e.c om La città fondata fu Cuma, colonia di Calcide. Da qui un gruppo di coloni si spostò verso sud, seguendo la costa; edificarono una città chiamandola Partenope. Due erano le versioni sull’origine di questo nome: la prima aveva come auctores Strabone, Plinio il vecchio, Solino e Pontano, secondo i quali Partenope fu una sirena. La seconda versione Partenope fu una donna vera di nobilissima stirpe.Oltre alle fonti narrative, lo storico napoletano offriva prove numismatiche ed antiquarie. Summonte, riportando testi antichi e altri documenti voleva raccontare la storia di questa città seguendo un percorso temporale per non lasciare alcun vuoto nella ricostruzione genealogica della stirpe di Partenope: figlia di nobilissima gente dedita alla fondazione di città e al loro mantenimento. Anche qui il numero notevole delle fonti addotte è un indizio di una scelta interpretativa decisa a strappare l’origine della Città alla fantasia per restituirla alla storia.La progenie di Partenope fu di personaggi illustri. Il padre Eumelo era ricordato da Strabone e Igino tra gli amanti di Elena, causa della guerra di Troia. Summonte difendeva la tesi dell’esistenza di Partenope, che fu donna «honestissima, e castissima», riportando alcune fonti importanti: Dionisio ,Sannazzaro. AB Ct Summonte aveva voluto dimostrare attraverso fonti narrative (gli auctores erano considerati principi di verità), antiquarie e numismatiche che le origini di Napoli furono greche, libere e nobilissime 2. La fratria e l’organizzazione sociale Summonte sosteneva che Napoli era, come Atene, divisa in patrizi e rustici o plebei. A Napoli, similmente ad Atene il governo era nelle mani dei patrizi (i cittadini di nascita illustre o facoltosi), e i più poveri erano ammessi alle assemblee, cioè avevano alcuni diritti politici, ma erano esclusi dalle magistrature, riservate ai soli cittadini facoltosi. Sull’ insegnamento di Aristotele, partecipavano al governo della città anche i più poveri,ma senza coprire alcuna carica. Summonte vuole dimostrare che la storia di Napoli era stata condizionata fin dalle sue origini dalle forze sociali, patrizi e plebei, nobili e popolo. In sintesi: Napoli non era nata con una costituzione monarchica; coloro che per censo non potevano ricoprire incarichi ufficiali avevano partecipato all’amministrazione della cosa pubblica fin dalla costituzione della città, seppure in misura molto limitata.I patrizi e i plebei, per continuare ad usare la terminologia alicarnasseosummontiana, formavano la società napoletana delle origini ed erano l’espressione di «un’associazione di famiglie fraterne, sorte da un ceppo comune»14, più nota col nome di fratria:la fratria deve, per il suo stesso carattere, avere compreso in origine tutti i cittadini, senza distinzione di grado sociale. La fratria è un organismo che vive accanto allo Stato, con leggi proprie, ma sotto l’autorità di quelle statali; è composta di nobili e di plebei, sebbene i nobili vi abbiano il predominio. Le fratrie napoletane sono: quella degli Antinoitai, degli Eubois, dei Cumaioi. ABCtribe.com - [Pagina 3] 3. Le tribù, le strade e i vichi In origine tutta la città era divisa «in tre sole piazze, o strade lunghe per dirittura, e l’altre per traverso erano dette vichi, & in questo concordano il suddetto autore della Cronica22 cap. 13, il Falco dopo, & il Lettieri». La prima strada era detta Somma piazza, la seconda strada è quella che prima fu detta del Sole e della Luna,la terza strada fu detta di Nido. In definitiva, Summonte affermava che «queste tre erano l’antiche strade della città, e che tutti gli altri luoghi per dove si passava eran chiamati vichi» om Confrontando la topografia urbana qui delineata con le parole dello storico circa la società napoletana al tempo dei Normanni, sembrava di capire che le tre vie principali in cui si divideva la città indicassero anche la composizione sociale della comunità, vale a dire che le due strade del Sole e della Luna (poi Capuana) e Nido diedero il nome alle due piazze nobili e la terza indicò quella popolare. Ma ciò non significava che in due piazze vivesse la nobiltà e in un’altra il resto della popolazione: in ogni piazza coesistevano gli uni e gli altri, sebbene fossero distinti socialmente e politicamente. Il motivo per cui fu stabilito originariamente quell’assetto topografico in tre strade, dette anche tribù, era di ordine fiscale. Una strutturazione semplice della città avrebbe facilitato la riscossione delle imposte e agevolato le comunicazioni tra il potere centrale e la collettività. Al tempo di Roma consolare – proseguivano Summonte e Imperato nel loro dialogo – Napoli era una piccola città ed era organizzata come un minicipio governato dai Decurioni. rib e.c Pertanto, gli storici avanzavano l’idea che la città di Napoli con i suoi trenta vichi e tre piazze eleggesse i suoi Decurioni o Comestabuli, dieci per ogni vico, tra i più potenti, degni e capaci cittadini nobili. L’ordine dei Decurioni continuò fino al tempo di Summonte ed oltre, fin al tempo de’ Normanni, nel quale son chiamati col vocabulo francese Comestabuli. Ct 4. La complessa dominazione angioina: accentramento fiscale, crescita della feudalità, autonomia cittadina AB La funzione che la dinastia angioina esercitò nella storia della capitale e del Regno fu di enorme importanza, anzi costituì – secondo Summonte – un’epoca discriminante nel processo di strutturazione dell’amministrazione napoletana. I francesi del regno di Napoli portarono a compimento un principio assolutamente moderno, l’indipendenza di ogni organizzazione politica dal potere imperiale, fondato sulla incertezza dell’origine della potestà imperiale e sulla caducità degli imperi di ogni tempo. La formula bartoliana rex in regno suo est imperator regni sui è passata alla storia per indicare l’indipendenza di una monarchia dall’imperatore e il potere imperiale del monarca all’interno del suo regno. In politica interna, gli Angioini incrementarono la feudalità nel numero e nel potere In generale, la politica angioina non realizzò l’interesse del Regno, ne indebolì enormemente l’economia e mortificò lo slancio imprenditoriale dei privati in ogni settore commerciale: i risultati positivi della ripresa economica post sveva nei traffici, nell’agricoltura e nelle industrie furono distratti dal Regno per arricchire la Monarchia e i mercanti stranieri e italiani, attraverso la creazione di un forte sistema monopolistico. Agli Angioini bastava che le città pagassero le collette (sistema di ripartizione fiscale), pensassero da sé ai propri fabbisogni e alla propria difesa: tutto «il resto […] non importava gran fatto al potere centrale»36. I francesi concessero una larga autonomia finanziaria alle città, senza che queste potessero risentirne i benefici effetti. La Corona continuava a determinare i tributi dovuti allo Stato, lasciando che gli organi locali elettivi ne stabilissero la ripartizione fra i cittadini. Inoltre, fu accordata alle città la facoltà di imporre dei tributi (datia) ai propri componenti per affrontare i fabbisogni propri. Con l’autonomia delle città esse ebbero l’autorizzazione «a convocarsi in parlamento e a scegliere, dei propri cittadini, quelli che sembravan loro più idonei a compiere gli atti delegati»; potevano organizzare la propria difesa dai nemici; eleggevano i ABCtribe.com - [Pagina 4] Questo documento e' un frammento dell'intero appunto utile come anteprima. Se desideri l'appunto completo clicca questo link. 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