Giulio Cassina Fondazione Residenza Amica Onlus Da un’idea venuta da lontano Residenza Amica 1990-2011 a cura di Giulio Cassina Da un’idea venuta da lontano Residenza Amica 1990-2011 a cura di Giulio Cassina Da un’idea venuta da lontano Residenza Amica 1990-2011 Fondazione Residenza Amica Onlus L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). Presentazione “Residenza Amica” non ha avuto una sola “storia”. Ora che dall’inaugurazione ufficiale, 22 aprile 1990, e dall’effettiva apertura agli ospiti, 15 settembre dello stesso anno, sono passati 21 anni possiamo ripercorrere le vicende che hanno preceduto e accompagnato la realizzazione dell’opera e la gestione di questi primi ventun anni di vita. Residenza Amica ha una storia “politico-amministrativa”, fatta di dibattiti, discussioni, decisioni, delibere, che si è concretizzata nella realizzazione della struttura e nella definizione del suo assetto istituzionale e gestionale. Residenza Amica ha anche una storia che possiamo definire “sociale”: basta pensare al ruolo delle ACLI Giussano, dei Movimenti anziani del Comune, del Comitato promotore Casa anziani, realtà queste che a volte tra polemiche e contrapposizioni, come cercheremo di illustrare, hanno avuto sicuramente il merito di contribuire alla sensibilizzazione su una problematica, quella degli anziani, che negli anni settanta e ottanta, ad alcuni almeno, sembrava ancora prematura. Residenza Amica ha, infine, una storia legata al suo funzionamento, al Consiglio di amministrazione, agli ospiti, al personale medico e paramedico, agli assistenti, al volontariato: è questa la storia di tutti i giorni, ma non per questo meno interessante delle altre. Aderendo all’invito del Consiglio di amministrazione presieduto prima da Gian Paolo Longoni, ora da Gian Mario Colombo, abbiamo accolto con entusiasmo l’opportunità di ripercorre le “storie” di Residenza Amica. Il risultato di questo lavoro è dedicato a chi ha creduto da sempre nella necessità di questa struttura ed ha visto coronate le proprie aspettative; a chi, dapprima scettico sulla bontà dell’intervento, si è man mano ricreduto ed ha finito per apprezzare questa realtà; a chi non ha mai condiviso quest’opera, con l’auspicio da parte nostra che veda in essa almeno un lato positivo, rappresentato dall’assistenza a persone che all’interno della famiglia non trovano più le condizioni per vivere dignitosamente. Questo volume è dedicato soprattutto agli ospiti, del passato e del presente, ed ai cittadini di Giussano perché si rendano conto che almeno questa volta i soldi del Comune, e quindi di tutti noi, sono stati ben spesi e, se non l’hanno ancora fatto, decidano di conoscere da vicino Residenza Amica, i suoi servizi e il Centro Diurno per malati di Alzheimer. 2 3 Un’idea venuta da lontano Il merito va riconosciuto e dato a chi ce l’ha: questa è la regola dell’onestà intellettuale e dell’obiettività storica. Orbene, i primi a parlare della problematica anziani e della necessità di realizzare una struttura per questa fascia di popolazione furono i rappresentanti locali delle ACLI (Associazione Cristiana dei Lavoratori Italiani). L’idea, emersa per la prima volta nel lontano 1956, venne ben presto abbandonata: la sensibilità, sia civile che politico-amministrativa, non era ancora pari all’evidenza e all’urgenza che la problematica avrebbe assunto in seguito. Si tornò a parlare di anziani nel 1973 con un’indagine promossa dalle ACLI e da altre associazioni di volontariato presenti sul nostro territorio: l’indagine mirava a sapere dai Giussanesi cosa soprattutto occorresse per gli anziani. Il risultato fu che il 43% delle risposte indicò l’opportunità di realizzare una casa per gli anziani a Giussano. Qualche anno dopo, con la collaborazione di una cinquantina di volontari, preceduta da assemblee nel capoluogo e nelle frazioni, si svolse un’indagine sulla condizione degli anziani del nostro comune. Su un totale di 2951 destinatari dell’inchiesta, le risposte furono 1624, pari al 55%, per cui i risultati potevano considerarsi attendibili. L’indagine aveva lo scopo di conoscere quale fosse la condizione dell’anziano (stato di salute, situazione economica e abitativa), ma anche di evidenziare quali fossero i bisogni prevalenti di una fascia di popolazione che andava assumendo dimensioni sempre più rilevanti e pertanto richiedeva risposte non dilazionabili a lungo. Da questa indagine emerse che il 24% riteneva necessaria la casa per anziani, il 17,4% un servizio di assistenza domiciliare, soprattutto di natura infermieristica, e il 13% una struttura di ritrovo e per il tempo libero (leggi centro diurno o centro sociale). Per dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che le idee richiedono molto tempo per maturare, certamente molto di più di quello impiegato dai frutti che la terra produce, bisogna aspettare il 1979 per avere, da parte dell’Amministrazione comunale, la prima concezione di una struttura per gli anziani. Ripercorrendo le tappe che dal 1979 hanno portato alla realizzazione della struttura attualmente in funzione ci sarà offerta l’opportunità di constatare come l’idea iniziale si sia man mano trasformata e cercheremo anche di spiegare il perché. Per tornare al 1979, inizialmente si pensò, più che ad una casa di riposo, ad una casa albergo e ad un centro sociale: un progetto prevedeva la costruzione di casette residenziali, collegate a due complessi singoli, un ospedale diurno e un centro sociale. La legge regionale n. 36 proprio del 1979 richiese però una prima modifica del progetto: la costruzione fu assemblata e il tutto raccolto in un unico fabbricato, un monoblocco che conteneva nel piano seminterrato i locali del La casa Anziani appena ultimata. 4 5 L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). Un’idea venuta da lontano L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). tempo libero e la ristorazione ed ai piani superiori i singoli alloggi. Sempre nel 1979, il 22 dicembre, si tenne nella sala consiliare un incontro pubblico sul tema “Casa anziani” con la partecipazione dell’assessore regionale Renzo Peruzzotti: lo scopo era quello di avere un parere autorevole su quanto si stava progettando, ma anche di sensibilizzare la Regione a “sganciare” un po’ di soldi allorché si fosse arrivati al momento dell’approvazione e del finanziamento del progetto. Che l’Amministrazione comunale avesse deciso di prendere in serio esame la problematica anziani fu evidente quando il 18 gennaio 1980 il Consiglio comunale nominò una commissione mista col compito di indicare la tipologia, l’ubicazione e la conformazione della Casa. Per dovere di cronaca riportiamo i nomi dei dieci componenti: Erminio Barzaghi (sindaco), Antonio Colombo (assessore ai servizi sociali), Alberto Boffi (DC), Giovanni Rovagnati (PCI), Luigi Tonolini (PSI), Enrico Borgonovo (gruppo misto), Gianni Dell’Orto (Movimento anziani), Gildo Gorone, Mosè Citterio e Carlo Ratti (Comitato casa). Pensare ad una Casa albergo con alloggi, dotati anche di cucina, per consentire agli anziani di potersi preparare il cibo, corrispondeva certamente alla visione di un anziano autosufficiente, padrone di sé e delle sue azioni, era però il frutto di un’utopia e, come spesso avviene, le utopie devono fare i conti con la realtà. Tant’è vero che dopo qualche anno non si parlò più di alloggi, ma di camere e locali comuni. L’abbandono dell’idea iniziale fu un’inevitabile resa alla realistica previsione delle condizioni della popolazione anziana che avrebbe trovato ospitalità nella casa di riposo: ben presto si pensò, e fu certamente un bene, ad anziani sempre meno autosufficienti e sempre più bisognosi di assistenza. Tuttavia i termini “alloggi” e “piccoli appartamenti” sono ancora presenti in due dei tre piani della casa nel progetto stralcio predisposto dall’architetto Emilio Magi Braschi tra il 1980 e il 1981, approvato dal Consiglio comunale nella seduta del 19 gennaio 1981. Infatti un primo progetto di massima era stato presentato all’Amministrazione comunale nel marzo del 1980, con un preventivo sommario di 3.600 milioni di lire, spese tecniche e IVA escluse. Poiché in quel momento l’Amministrazione comunale non disponeva della cifra complessiva, fu predisposto uno stralcio dell’importo di 2.509 milioni di lire. Il piano rialzato e il primo prevedevano piccoli appartamenti a 1 o 2 letti, per un totale su ciascun piano di 21/28 posti letto, mentre il piano secondo fin d’allora era destinato a persone non autosufficienti con 12 posti letto. La relazione tecnica distributiva del progetto, sempre a firma dell’architetto Emilio Magi Braschi, datata 7ottobre 1987, pur mantenendo ancora la 6 Un’idea venuta da lontano denominazione di Casa alloggi, prevede al piano primo e al piano secondo rispettivamente 28 e 31 posti letto per autosufficienti e al piano terzo 20 posti letto per non autosufficienti. Dalla stessa relazione tecnica si evince che al piano terreno sono previsti i locali per la riabilitazione, gli ambulatori, la sala riunioni, la direzione, gli uffici e la cappella, realizzata in un locale inizialmente previsto come sala conferenze. L’altro edificio costruito in concomitanza con la casa albergo, il così detto Centro sociale, collegato a questa da un camminamento coperto e chiuso, sempre nella relazione del 1987 prevede al piano terreno i servizi per il tempo libero destinati agli anziani della casa e agli esterni, la stireria, la lavanderia, le celle frigorifere e la dispensa, mentre al primo piano figurano i locali per la cucina e la ristorazione. 7 L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). 19 gennaio 1981: una seduta “storica” del consiglio comunale. Approvato il progetto della Casa anziani 19 gennaio 1981: una seduta “storica” del Consiglio comunale. È approvato il progetto della Casa anziani In un Comune delle nostre dimensioni e con le problematiche da affrontare normalmente le sedute così dette “storiche” si possono contare; si tratta in genere di sedute in cui si affrontano i problemi del territorio (Piano regolatore soprattutto) o della dislocazione delle strutture scolastiche (vedi ad esempio il Piano scuola sul finire degli anni ’80), oppure le sedute di insediamento di un rinnovato consiglio comunale. Fra queste sedute storiche possiamo a ragione annoverare quella del 19 gennaio 1981, allorché il progetto tecnico esecutivo della Casa per anziani fu sottoposto all’esame e all’approvazione del Consiglio comunale. Più che l’esito scontato (28 voti favorevoli e uno solo contrario) val la pena di ripercorrere a distanza di 30 anni le motivazioni addotte dai rappresentanti dei partiti politici e dalla Giunta in quella seduta. Se, come si è detto, alla fine quasi tutti concordarono sull’approvazione del progetto, va detto che le motivazioni furono variegate e ispirate, in generale, ad una visione che vedeva da parte di molti la costruzione di una casa di riposo come il male minore, anche se ormai inevitabile. Ettore Trezzi (gruppo misto) parlò di casa anziani come momento di passaggio in una società che stava vivendo una profonda crisi morale e quindi indicò nella soluzione prospettata il “male minore”. Sulla stessa scia i capi storici del Partito comunista a Giussano, Giovanni Rovagnati e Ettore Ballabio, che individuarono nella casa per anziani non già la soluzione per i problemi di questa fascia sociale, ma una scelta realistica, della cui promozione attribuivano il merito alle ACLI giussanesi. Sulla casa albergo come soluzione di ripiego si espresse anche il PSI per bocca del suo capogruppo Enrico Maiocchi. Anche Carlo Boffi, consigliere DC, in sintonia con Trezzi, rilevò che si era arrivati al punto in cui non si desiderava più avere in casa presso di sé chi era diventato pesante e ingombrante. L’unica voce fortemente critica nei confronti del progetto fu quella di Francesco Rivolta, esponente di Democrazia Proletaria; egli affermò che gli anziani di Giussano avevano diritto a qualcosa di più di una casa di riposo e occorreva eliminare i fattori che creavano la loro emarginazione, per cui proponeva interventi per l’abitazione e l’assistenza abitativa, l’installazione di sistemi di sicurezza per gli impianti a gas e l’elettricità, alloggi protetti per non La planimetria generale del progetto approvato nel 1981: successivamente i due corpi di fabbrica saranno collegati con un passaggio chiuso e coperto. Le due strade di Piano Regolatore allora non avevano ancora un nome, poi la parallela a via D’Azeglio diventerà via della Conciliazione, mentre l’altra, adiacente all’area mercato, sarà intitolata a Pietro Nenni. 8 9 L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). 19 gennaio 1981: una seduta “storica” del Consiglio comunale. Approvato il progetto della Casa anziani L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). …e dopo qualche anno finalmente i lavori partono autosufficienti, avvio definitivo del servizio di assistenza domiciliare, creazione di un centro sociale aperto a tutti i cittadini. Gli esponenti della giunta, soprattutto il sindaco Erminio Barzaghi, l’assessore ai servizi sociali Giulio Villa e l’assessore all’urbanistica Gian Paolo Longoni, posero l’accento su alcuni aspetti che avevano stimolato l’Amministrazione comunale a progettare la realizzazione di una casa per anziani: anzitutto il fatto che 45 anziani di Giussano erano ricoverati in strutture di altri comuni e molti di questi avevano espresso il desiderio di tornare a Giussano, inoltre la casa era vista come una risposta realistica, e non già risolutiva, che teneva conto soprattutto delle reali condizioni della nostra società, senza però essere ispirata dalla volontà di ghettizzare l’anziano. Quella fu senza dubbio l’occasione per un dibattito serio e approfondito sulla problematica dell’anziano. A chi ci legge e non sa molto di quegli anni parrà che siamo tornati alla preistoria della nostra vita politica, ma chi, come noi, era presente in quella sede ritrova nella discussione di quella seduta l’apporto appassionato, convinto e disinteressato di molti “politici locali”che hanno fatto la storia del nostro Comune, alcuni dei quali purtroppo ci hanno già lasciati. Era quella un’epoca in cui ci si scontrava in Consiglio, ma prima, durante e dopo la discussione ci si rispettava e, a volte, persino si restava o si diventava amici. Adesso è ancora così? Il progetto tecnico esecutivo fu approvato il 19 gennaio 1981, ma per vedere l’avvio dell’opera bisognerà aspettare qualche anno ancora. Dalla relazione della Giunta Municipale al Bilancio Preventivo 1983 scopriamo il perché: “Negli anni 1981-82 il progetto ha subito ritardi per le difficoltà incontrate nel reperire i finanziamenti necessari tramite mutui”. Ora finalmente gli ostacoli sono superati, nel giugno del 1983 viene indetta la gara d’appalto, l’impresa Luigi Schiavi di Bossico (Bergamo) si aggiudica i lavori che prendono il via negli ultimi mesi dello stesso anno. La realizzazione dell’opera si può seguire attraverso l’esecuzione dei vari lotti e l’approvazione da parte della Giunta dello stato finale di ciascuno di essi (chi volesse saperne di più può consultare l’archivio comunale). A noi interessa, invece, seguire l’evoluzione dell’opera sotto il profilo politico-amministrativo, come stiamo facendo ora, e anche nei suoi risvolti esterni, nell’interessamento da parte del Comitato casa, dei Movimenti anziani e dei cittadini in genere (ma di questo parleremo più avanti). Passando in rassegna le discussioni del Consiglio comunale in occasione dell’approvazione dei Bilanci Preventivi e le relazioni della Giunta possiamo 10 11 La Casa anziani durante l’esecuzione dei lavori di costruzione. …e dopo qualche anno finalmente i lavori partono …e dopo qualche anno finalmente i lavori partono passata alla fase attuativa. E’ la casa per gli anziani che per tanti anni è stata solo al centro delle nostre attenzioni e alla quale, purtroppo, le difficoltà finanziarie generali di questi anni non ci hanno permesso di imprimere un diverso ritmo di realizzazione: ora che il cantiere è operante ci sentiamo serenamente calati nell’impresa che ci porterà ad arricchire i nostri interventi con un’opera che efficacemente contribuirà a dare sicurezza a quanti non possono più contare sull’integrità delle loro capacità socializzanti”. Subito all’inizio dei lavori di costruzione il sindaco Barzaghi poneva l’accento su quella che, al di là delle visioni utopistiche e delle riserve avanzate da più parti, si sarebbe rivelata una delle finalità precipue di Residenza Amica: dare una risposta a quanti non più autosufficienti non erano in grado di essere adeguatamente assistiti entro le pareti domestiche. E, comunque la si pensi al riguardo, la storia di Residenza Amica in questo ventennio è andata sempre più in tale direzione. Scorcio della Casa anziani: la costruzione al centro ospita al primo piano la sala ristorazione e nel piano sottostante gli spazi per le attività di animazione e per il ritrovo degli ospiti. ripercorrere le tappe che hanno portato nel 1990 all’apertura della Casa. Contemporaneamente l’Amministrazione comunale doveva pensare alla modalità della gestione della struttura che si stava costruendo, perché come sa ogni buon amministratore pubblico la difficoltà non risiede nel realizzare un’opera (semmai si tratta di fare i conti coi tempi e con i mezzi finanziari a disposizione), ma nel saperla gestire secondo i principi di economicità ed efficienza, insomma nel farla funzionare bene. Inoltre, quando i lavori erano ormai in avanzata fase di esecuzione, intervenne un altro fatto, assolutamente inatteso, l’eredità di Antonio Citterio a favore della Casa di riposo. Come si può notare, le “storie” ancora una volta si intrecciano, ma procediamo con ordine: della forma di gestione e dell’eredità Citterio parleremo più avanti, ora torniamo alla storia politico-amministrativa che si può ricostruire ripercorrendo le discussioni sui Bilanci preventivi dal 1984 al 1989. Nella sua relazione al Bilancio preventivo 1984 il sindaco Erminio Barzaghi scriveva: “Non possiamo dimenticare una struttura molte volte sognata e finalmente 12 In occasione della presentazione del Bilancio preventivo 1985 l’assessore ai servizi sociali Giulio Villa affermò: “Sono in fase di avanzata esecuzione i lavori per la realizzazione del primo lotto (casa albergo), mentre sono stati già appaltati alla stessa impresa (Schiavi di Bossico) i lavori per l’esecuzione del secondo lotto (centro diurno), in cui è prevista la sala ristorazione. Questo sarà l’anno decisivo per mettere effettivamente in atto tutta l’organizzazione che risulta indispensabile per una struttura e un servizio la cui utilità è avvertita dalla nostra popolazione. A questo proposito piace ricordare il successo ottenuto dall’iniziativa che, attraverso una lotteria, ha raccolto i fondi per arredare una sala di fisioterapia”. L’avanzamento della costruzione e la definizione della struttura organizzativa e gestionale da dare alla Casa di riposo ritornano nella discussione del Bilancio preventivo 1986. Infatti il capogruppo del PRI, Silvio Elli, ricorda che “un importante impegno riguarda il completamento della Casa per anziani che con l’approvazione del terzo lotto accorcia i tempi verso l’utilizzazione ormai prossima della struttura”, mentre il sindaco Erminio Barzaghi nella sua relazione scrive: “Su questa iniziativa puntiamo il nostro essere nel mondo dell’anziano, che è un problema destinato a coinvolgere parte delle risorse dell’intero Paese con nuove individuazioni dei rapporti tra produzione e quiescenza. L’esperienza ci ha convinti della bontà complessiva del progetto anziani” Il tema dell’organizzazione gestionale ritorna nelle parole di Silvana Cassina che in seguito alle elezioni amministrative del 1985 è subentrata a Giulio Villa nel ruolo di assessore ai servizi sociali: “D’ora in avanti, attraverso l’esame e la valutazione di esperienze analoghe presenti sul territorio della 13 L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). …e dopo qualche anno finalmente i lavori partono L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). …e dopo qualche anno finalmente i lavori partono nostra zona, l’attenzione dell’Amministrazione comunale dovrà essere incentrata sulla soluzione da dare al problema dell’organizzazione della struttura. Occorrerà infatti mantenere il necessario ed indispensabile legame con l’Amministrazione comunale e contemporaneamente assicurare una gestione agevole e non eccessivamente burocratizzata. Le soluzioni possibili possono essere varie: la gestione diretta del Comune, la richiesta di istituire un’IPAB (Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza) con Consiglio di amministrazione eletto dal Consiglio comunale (partendo dal lascito già avvenuto e da altri che eventualmente potranno arrivare), l’appalto, almeno parziale, di determinati servizi (ad esempio, la ristorazione del Centro sociale). Sempre Silvana Cassina, nella sua relazione al Bilancio preventivo 1987, ricordava che la scelta sarebbe caduta molto probabilmente sulla costituzione di un’IPAB. Che ci stiamo avviando verso la conclusione dei lavori di costruzione lo afferma l’assessore ai lavori pubblici Gian Paolo Riva nella presentazione del Bilancio preventivo 1988: “La casa di riposo per gli anziani si avvia verso la fase finale. Oltre ai mutui relativi all’edificio e agli arredi, è presente in questo bilancio anche un mutuo per il completamento delle opere di urbanizzazione primaria riguardanti la zona”. Un anno dopo lo stesso Gian Paolo Riva ritorna sul completamento della struttura: “La Casa per anziani Residenza Amica, che rappresenta uno degli interventi più qualificanti della nostra Amministrazione, è in fase di completamento. L’appalto degli arredamenti chiude la mole degli impegni e pone nelle condizioni di operare per la messa a punto del funzionamento il nuovo Consiglio dell’Ente”. Mentre l’assessore ai lavori pubblici, com’era naturale, seguiva soprattutto l’evolversi della costruzione, l’assessore ai servizi sociali Silvana Cassina negli stessi anni incentrava la propria attenzione sul Centro sociale che doveva rappresentare una risposta ai bisogni anche degli anziani non ospiti di Residenza Amica. Infatti nel 1989 affermava: “Di particolare importanza ed utilità sarà anche l’apertura del Centro sociale che consentirà agli anziani di Giussano, che tuttora non dispongono di strutture espressamente loro destinate, di usufruire di tutta una serie di servizi quali il ristorante self-service e il bar, nonché di avere a disposizione spazi per la lettura, il gioco delle carte ed altre attività ricreative”. Sempre in occasione dell’approvazione del Bilancio preventivo 1989 non mancava chi, come il consigliere Ettore Trezzi, evidenziava il record negativo per i tempi di realizzazione della Casa anziani, dieci anni se partiamo dal14 l’approvazione del progetto (1981) fino ad arrivare al termine dei lavori ed all’apertura della struttura agli ospiti (1990). Tutto questo è perfettamente vero, ma una volta giunti ad un traguardo (e questo era stato finalmente raggiunto) la cosa migliore è guardare avanti. Ma ora che siamo arrivati alla fine della costruzione, pronta per essere inaugurata ufficialmente e per cominciare ad accogliere i primi ospiti, qualcuno si chiederà: quanto è costata? Domanda ovvia ed inevitabile, soprattutto in terra di Brianza. Per essere sintetici senza disperderci in una serie di lotti, appalti, preventivi di spesa e relative liquidazioni, ricordiamo che l’opera è costata complessivamente 8.290 milioni di lire, di cui 184 per acquisizione aree, 6.130 per la costruzione, 1.976 per arredi, corpi illuminanti, sistemazioni a verde e segnaletica. Dalla Regione Lombardia sono arrivati contributi per 189 milioni di lire per arredi e attrezzature. Inoltre la Regione ha erogato 5 milioni di lire all’anno per vent’anni, quale contributo per gli interessi sui mutui contratti dal Comune: se pensiamo che per la casa di riposo il Comune ha stipulato mutui per 5.333 milioni di lire, si può giustamente affermare che l’opera è stata realizzata quasi esclusivamente con i nostri fondi. 15 Uno scorcio del parco di Residenza Amica dopo i lavori di riqualificazione eseguiti nel 2011. L’eredità Citterio e la costituzione di un’IPAB La planimetria della proprietà immobiliare che Antonio Pietro Citterio ha lasciato in eredità alla Casa per anziani. Il lascito rappresentò anche l’occasione per costituire Residenza Amica come Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB). La storia di Residenza Amica negli anni ’80 è stata scritta soprattutto dalla realizzazione della struttura, ma quegli anni sono stati caratterizzati anche dalla scelta gestionale, favorita dall’eredità Citterio, e dai rapporti non sempre facili e a volte di aspra polemica tra Comitato promotore casa anziani e Amministrazione comunale. Antonio Pietro Citterio, nato il 7 settembre 1903 e deceduto nella sua casa di via Milano tra il 28 e il 30 gennaio 1986, con testamento olografo del 26 gennaio 1985, pubblicato il 26 febbraio 1986, lasciava i propri beni alla Casa di riposo. I suoi beni consistevano in un libretto di risparmio (60 milioni di lire), una casa di proprietà in via Milano e un’autovettura FIAT 126. La vendita dei beni immobili (due porzioni di fabbricato e un’area con rustico adibito a box) porterà nelle casse di Residenza Amica 375 milioni di lire nel 1996. Al di là di un atto encomiabile, testimonianza di una particolare sensibilità di un anziano per gli altri anziani del proprio Comune, il lascito Citterio fu l’occasione propizia per richiede la costituzione di Residenza Amica in IPAB. Infatti nel 1986 il Consiglio comunale aveva nominato una commissione di studio che concludeva i suoi lavori nel gennaio del 1987 con la proposta di costituire Residenza Amica in Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB). Tale proposta nasceva dalla volontà di assicurare all’ente una notevole autonomia di gestione (naturalmente nel quadro di indirizzi generali concordati con l’Amministrazione comunale) e nel contempo di stabilire uno stretto rapporto tra il Comune e la gestione della Casa di riposo. Nel marzo dello stesso anno, con voti unanimi, il Consiglio comunale approvava l’atto di costituzione dell’IPAB, il relativo Statuto e nella stessa seduta, su proposta del sindaco Erminio Barzaghi, la Casa di riposo assunse la denominazione di “Residenza Amica”. Nel luglio del 1988 con Decreto del Presidente della Regione Lombardia fu conferito il riconoscimento giuridico, quale Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza, all’Istituzione denominata “Casa di riposo per anziani residenza Amica” con sede in Giussano. Nel contempo venne approvato anche lo Statuto organico dell’Ente. Questo Statuto, ovviamente il primo nella storia di Residenza Amica, presenta, quali elementi caratteristici, la costituzione di un patrimonio derivante dal lascito di Antonio Pietro Citterio, la nomina di un Consiglio di amministrazione da parte del Consiglio comunale, l’emanazione di un regolamento interno in cui sono stabilite le norme e le disposizioni relative all’erogazione dei servizi e delle prestazioni di competenza della Casa di riposo. Nel novembre del 1988 il Consiglio comunale nominava il primo Consiglio di amministrazione. Giovanna Brambilla Barzaghi, Paolo Somaschini, Ildefonso Mascheroni, Sergio Galimberti, Idersilio Molteni, Giovanni Rovagnati ed Enrico Borgonovo diedero vita al primo organismo di gestione di Residenza Amica e nominarono presidente Giovanna Brambilla Barzaghi. 16 17 I due inizi: 22 aprile e 15 settembre 1990 L’inaugurazione non poteva che essere affidata al più anziano di Giussano, Enrico Scanziani (99 anni a quell’epoca). 22 aprile 1990: l’inaugurazione. 15 settembre 1990: l’apertura agli ospiti. La costruzione era terminata, o quasi, lo Statuto era stato approvato dalla Regione, il Consiglio di Amministrazione era stato eletto, mancava solo l’inaugurazione ufficiale e, più ancora, l’avvio del funzionamento con l’ingresso dei primi ospiti. All’inaugurazione ci pensò l’Amministrazione comunale uscente (di lì a qualche mese erano previste le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale). Domenica 22 aprile 1990 con l’intervento del Sottosegretario alla sanità Maria Pia Garavaglia e dell’assessore regionale Patrizia Toia, col tradizionale taglio del nastro affidato ad Enrico Scanziani, il giussanese più anziano, e la benedizione impartita dal Parroco di Giussano don Agostino Cerri “Residenza Amica” fu ufficialmente inaugurata. Il sindaco Erminio Barzaghi non perse l’occasione per ricordare alle autorità intervenute lo sforzo compiuto quasi esclusivamente dall’Amministrazione comunale, e quindi dai cittadini giussanesi, per completare la struttura. Il 15 settembre 1990 arrivò il giorno dell’apertura vera e propria, quello dell’arrivo dei primi ospiti. Il sindaco Erminio Barzaghi, Maria Pia Garavaglia, sottosegretario alla sanità e l’assessore Patrizia Toia durante l’inaugurazione della Casa (22 aprile 1990). Il vescovo Mons. Ferdinando Maggioni in visita a Residenza Amica per la consacrazione della Cappella. 18 19 I due inizi: 22 aprile e 15 settembre 1990 I due inizi: 22 aprile e 15 settembre 1990 Il documento che attesta la consacrazione dell’altare della cappella da parte del vescovo Mons. Ferdinando Maggioni. Il mosaico, posto sulla parete dietro l’altare, realizzato da Italo Peresson su disegno del maestro pittore Trento Longaretti. Dello stesso Peresson sono le vetrate che abbelliscono le pareti. Residenza Amica entrava in funzione e il Consiglio di amministrazione era chiamato a risolvere tutti i problemi, anche spiccioli, che l’avvio di una struttura di questo tipo inevitabilmente comporta. L’avventura era iniziata. Nel frattempo la presidente Giovanna Brambilla Barzaghi aveva provveduto ad arredare ed arricchire artisticamente la cappella situata al piano terreno. Infatti nella cappella si possono ammirare sulla parete posta dietro l’altare un mosaico realizzato da Italo Peresson su disegno del pittore Trento Longaretti, alle pareti una Via crucis del pittore, giussanese d’adozione, Giorgio Scarpati e le vetrate ancora di Italo Peresson. L’altare della cappella fu consacrato dal vescovo Mons. Ferdinando Maggioni il 10 giugno 1990 e dedicato a san Paolo Apostolo. 20 21 Il Comitato promotore Casa per l’anziano Siamo giunti al 1990, l’anno dell’apertura, ma non si può concludere la storia degli anni ’80 senza ricordare il ruolo avuto dal “Comitato promotore Casa per l’anziano”. Il Comitato nasce dapprima spontaneamente e successivamente, nel 1979, si costituisce in forma ufficiale con sede in via Pontida, dopo che il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla problematica degli anziani era stato svolto soprattutto dalle ACLI. Il Comitato si impegnò subito nella raccolta di firme per sollecitare la costruzione della Casa per anziani: la raccolta iniziata l’8 aprile non fu forse determinante, ma le 4500 firme raccolte servirono sicuramente a rafforzare nell’Amministrazione comunale la volontà di passare dal progetto alla realizzazione vera e propria. Nel frattempo il Comitato, in collaborazione con i Movimenti anziani del capoluogo e delle frazioni, promuoveva una sottoscrizione a premi a sostegno dell’erigenda casa di riposo (Marzo 1984). I fondi raccolti, 30 milioni di lire, furono destinati all’allestimento di una sala per fisioterapia. L’accettazione della donazione del Comitato Casa fu formalizzata con delibera della Giunta municipale, che provvide ad adottare apposita variazione di bilancio, destinando espressamente il contributo derivante dalla sottoscrizione a spese per l’arredamento della casa anziani. Inoltre in una riunione del consiglio tenutasi il 26 luglio 1985 il Comitato aveva deliberato l’acquisto di un pullmino da destinare a Residenza Amica per il trasporto sia degli ospiti sia degli esterni che avrebbero frequentato il centro diurno. Il manifesto della sottoscrizione a premi promossa nel marzo del 1984 dal Comitato Casa e dai Movimenti Anziani di Giussano e delle frazioni. Furono raccolti 30 milioni di lire, destinati ad arredare una sala di fisioterapia presso Residenza Amica. L’apprezzabile opera di sensibilizzazione svolta e l’impegno profuso nella raccolta di fondi legittimarono l’aspirazione del Comitato a richiedere un posto nel Consiglio di amministrazione di Residenza Amica. Quando nel novembre del 1988 fu nominato il primo Consiglio di Residenza Amica, furono eletti solo i rappresentanti dei partiti presenti in Consiglio comunale, con conseguente inevitabile delusione del Comitato e del suo presidente Vincenzo Maggioni. Nel maggio dell’anno successivo, in seguito ad una mozione presentata dal gruppo consiliare del Partito comunista, il Consiglio comunale fu chiamato a discutere la richiesta di allargare il Consiglio di amministrazione ad un rappresentante del Comitato Casa. Dopo una vivace discussione la richiesta fu respinta: a favore si espressero il Partito comunista e Democrazia proletaria, che sottolineando il ruolo avuto dal Comitato nella vicenda casa di riposo giudicarono irrinunciabile la partecipazione di un suo rappresentante alla gestione della Casa, il Partito socialista si astenne, mentre la maggioranza formata da DC e PRI espresse voto contrario, ritenendo che il ruolo del Comitato era stato e doveva 22 23 Il Comitato promotore Casa per l’anziano Un’immagine del congresso sul tema “Anziani, case di cura, qualità della vita” organizzato il 20 ottobre 1991 da ACLI, Comitato Casa e AVOPAL con la partecipazione di Antonio Lubrano, giornalista della RAI e all’epoca conduttore della trasmissione “Diogene”. restare nell’ambito del volontariato, senza pretendere di occupare uno spazio di competenza delle rappresentanze consiliari. A livello istituzionale la questione era chiusa, ma a livello di rapporti personali la decisione della maggioranza presente in Consiglio comunale, e in particolare della Democrazia Cristiana, era destinata ad alimentare polemiche e rancori che, forse, solo il tempo riuscirà a stemperare. Infatti gli anni 1989 e 1990 sono segnati da comunicati, volantini, articoli sulla stampa locale, in cui domina la polemica tra Comitato Casa e Amministrazione comunale, in particolare l’assessore ai servizi sociali Silvana Cassina. Il tutto comincia, ufficialmente, nel gennaio 1989, quando il Comitato Casa emette un duro comunicato contro la DC locale, rea a suo giudizio di aver promesso prima e non assegnato poi un posto al Comitato nel Consiglio di Residenza Amica. Il mese dopo le ACLI esprimono solidarietà al Comitato Casa, disapprovano il metodo, comune a tutti i partiti, che è stato adottato per la nomina del Consiglio di amministrazione, rinfacciano alla DC le promesse non mantenute (promesse sempre smentite dai rappresentanti della DC) e promuo24 Il Comitato promotore Casa per l’anziano vono una raccolta di firme a sostegno della richiesta di una presenza del Comitato nel Consiglio di Residenza Amica (le firme raccolte furono 2700). Nell’aprile del 1990 il Comitato Casa rinnova le sue lamentele: rette troppo alte, mancata apertura del centro diurno, approccio scorretto del Consiglio di amministrazione al problema del volontariato, scarsa disponibilità al dialogo da parte dell’assessore Silvana Cassina, disconoscimento del problema anziani sul territorio. Si va avanti così tra comunicati del Comitato Casa e repliche dell’Amministrazione comunale, in particolare del sindaco Barzaghi e del suo successore Giulio Cassina. Un ultimo atto, questo non prettamente polemico, si svolse il 20 ottobre 1991: le ACLI, il Comitato Casa e AVOPAL organizzarono un convegno su “Anziani, case di cura, qualità della vita” con la partecipazione di Antonio Lubrano, giornalista della RAI e a quei tempi conduttore della trasmissione “Diogene”, e dell’assessore Gian Paolo Riva, che annunciò in quella occasione la prossima apertura del Centro diurno e l’assunzione di un animatore, richieste queste più volte avanzate dal Comitato Casa. Le polemiche e i contrasti non si esaurirono, anche se ebbero una minor eco all’esterno, finché si arrivò nel febbraio del 1995 all’autoscioglimento del Comitato che ritenne esaurito il proprio compito, anche se rimaneva il rammarico per alcune richieste non accolte (vedasi la mancata presenza nel consiglio di amministrazione della Casa) o alcune problematiche sostenute dal Comitato e non ancora attuate, ad esempio il pullmino donato dal Comitato e appositamente attrezzato, ma sino allora non utilizzato, una dimensione minimale del centro diurno, la sala di aerosolterapia inutilizzata, l’ambulatorio odontoiatrico smantellato. Nell’atto di sciogliersi il Comitato destinò i fondi rimasti in cassa ad una associazione di volontariato, la Croce Bianca. 25 Il Centro diurno: un’apertura verso l’esterno, la storia di un’incompiuta La Casa di riposo cominciava, seppur lentamente, a funzionare, ma per rispondere adeguatamente ai bisogni e alle richieste degli anziani giussanesi mancava ancora, per lo meno, un tassello, che un po’ tutti i gruppi politici e le associazioni di volontariato avevano espressamente richiesto: un centro diurno o centro sociale che potesse accogliere, per attività ricreative e culturali, non solo gli ospiti di Residenza Amica, ma in generale gli anziani del nostro Comune. Da una relazione della dottoressa Alessandra Rizzi, che ha svolto attività di animatore presso Residenza Amica nel 1992, possiamo renderci conto di cosa sia un centro diurno e comprendere i motivi per i quali si arriverà alla sua apertura solo sul finire del 1993. In questa relazione si indicavano quali attività da privilegiare all’interno di Residenza Amica quelle creative, ludiche e culturali. Lo scopo di queste attività è duplice: evitare l’isolamento dell’anziano ospite e coinvolgere persone esterne in un proficuo scambio di esperienze. Fra le attività riabilitative si poneva l’accento sull’utilità della ginnastica, mentre quanto al personale necessario si indicavano le figure di fisioterapista, psicomotricista e animatore, nonché quella di un coordinatore. La complessità dell’organizzazione di un siffatto centro sociale spiega perché per la sua apertura bisognerà attendere gli ultimi mesi del 1993: proprio il 30 novembre di quell’anno prese il via il servizio trasporto gratuito organizzato dalla ditta Frigerio per i frequentanti il centro diurno che non potevano raggiungere Residenza Amica con i loro mezzi. Nei primi anni il centro riuscì a funzionare: gli anziani avevano anche la possibilità di esservi trasportati con un pullmino, facevano ginnastica, potevano svolgere attività ricreative e di animazione. L’apertura era prevista per due giorni alla settimana. Poi, col consolidarsi di alcune realtà associative di anziani nel capoluogo e nelle frazioni, il centro si è progressivamente svuotato ed ha cessato la propria attività sul finire del 2002. Evidentemente qualcosa non ha funzionato: perché realtà simili vivano e crescano occorre l’incontro tra domanda e offerta; con l’andar del tempo questo incontro si è affievolito fino a concludersi definitivamente. È vero, ci sono stati numerosi momenti e occasioni in cui Residenza Amica si è aperta alla comunità locale, ma sulle pagine della storia del Centro diurno è stata scritta, almeno per ora, la parola “fine”. Quella del Centro diurno nella storia di Residenza Amica è, dispiace dirlo, un pagina incompiuta, ma se si vuol essere obiettivi bisogna riconoscere anche questo. Tuttavia gli anziani di Giussano non rimasero a mani vuote: infatti il 25 giugno 2001 negli spazi dell’ex oratorio femminile del capoluogo, in Piazza della Chiesa, era stato inaugurato il centro anziani che successivamente, il 29 dicembre 2005, si trasferirà in via Addolorata, nei locali prima destinati a sede della Biblioteca civica. L’inaugurazione del centro diurno: sono presenti, da destra, Giovanna Brambilla Barzaghi, il primo direttore Franco Scifo e (di spalle) Silvana Cassina Barzaghi. 26 27 Residenza Amica si trasforma: da IPAB a Fondazione ONLUS Nella storia di Residenza Amica una tappa importante, imposta da una legge regionale, è rappresentata dalla trasformazione dell’originaria IPAB. Infatti la legge regionale n. 1 del 2003 (Riordino delle IPAB) disponeva che entro il 30 settembre dello stesso anno le IPAB dovevano trasformarsi; le vie praticabili erano tre: ente di diritto privato senza scopo di lucro, ente di diritto pubblico (agenzia di servizi alla persona), associazione. La scelta del Consiglio di amministrazione di Residenza Amica cadde sulla prima ipotesi, fondazione di diritto privato, e pertanto il Consiglio comunale fu chiamato ad esprimersi in merito all’istanza di trasformazione di Residenza Amica il 27 ottobre 2003 (nel frattempo la Regione aveva prorogato la scadenza al 31 ottobre). La maggioranza consiliare si espresse a favore della proposta del Consiglio della Casa di riposo, mentre la minoranza espresse voto contrario, non tanto sulla scelta della fondazione, quanto sulla possibilità, richiesta dalle minoranze ma negata dalla maggioranza, di esaminare e valutare nella stessa seduta anche il nuovo Statuto dell’Ente. Infatti a parere delle minoranze il giudizio sulla trasformazione dell’ente passava anche attraverso la valutazione dello Statuto e del suo contenuto. Ma, com’è buona regola della democrazia, quando si passa dalla discussione alla votazione contano i numeri : Residenza Amica divenne Fondazione e successivamente, a partire da gennaio 2006. Fondazione ONLUS. La trasformazione da ente di diritto pubblico in ente di diritto privato ha comportato dei vantaggi per la gestione di Residenza Amica. Infatti, sul piano fiscale, l’Ente è esente dal pagamento di alcune tasse, come l’IRAP, e dell’imposta di bollo. Sotto il profilo operativo si assiste ad una maggior dinamicità gestionale, lontana dalla rigidità imposta dalla normativa degli Enti locali, per quanto riguarda sia gli approvvigionamenti di beni e servizi sia le assunzioni di personale. Il logo di Residenza Amica riproposto nel pavimento dell’atrio d’ingresso. 28 29 L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). Dal 2007 un nuovo servizio: il Centro diurno integrato per malati di Alzheimer Negli ultimi anni Residenza Amica si è arricchita di un nuovo importante servizio: infatti è stato realizzato, su progetto dell’architetto Carlo Maria Invernizzi, un centro diurno per malati di Alzheimer. Il corpo di fabbrica è costituito da una palazzina ad un solo piano, posta alla stessa quota del piano terreno di Residenza Amica, quello che ospita fra l’altro gli ambulatori, la palestra e la fisioterapia. L’opera è stata realizzata dall’Amministrazione comunale ed ha comportato un onere a carico del bilancio comunale di 1.047.560 euro. I lavori sono iniziati nel febbraio del 2004 ed eseguiti dall’impresa Desave di Cologno Monzese. Con la realizzazione di questa struttura l’Amministrazione comunale e il Consiglio di Residenza Amica si sono riproposti di dare una risposta ai bisogni di alcuni anziani e delle loro famiglie, considerato il notevole incremento di demenza senile registrato in questi ultimi anni, Dalle parole della dottoressa Marilena Cerliani, direttore sanitario all’epoca dell’apertura agli ospiti della nuova struttura, si evince il significato e l’importanza di questo servizio. “In questo primo anno di attività abbiamo potuto raggiungere gli obiettivi che ci eravamo proposti: da un lato migliorare le capacità residue di alcuni ospiti, o comunque contribuire a rallentarne il declino cognitivo e, pertanto, ritardarne l’istituzionalizzazione definitiva, dall’altro constatare il grande sollievo dei familiari, spesso oberati da carichi assistenziali e psicologici notevoli. Il Centro, in un ambiente sereno, offre cure individualizzate alla persona, assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, attività di rieducazione e socializzazione. E’ immerso nel verde, circondato da giardino con percorsi protetti per il loro cammino, dove l’ospite a contatto con la natura ha la possibilità di riacquistare capacità motorie, manipolative, esplorative, sensoriali e ricreative. Dal mese di aprile del 2008 siamo riusciti a ottenere l’accreditamento regionale, un riconoscimento che di per sé garantisce la qualità del servizio”. Infatti la storia del Centro diurno per malati di Alzheimer è anche la storia di un accreditamento regionale (con annesso contributo) che ha tardato ad arrivare, tant’è vero che l’Amministrazione comunale e il Consiglio di Residenza Amica, visto che le cose andavano per le lunghe, decisero di partire comunque nell’aprile del 2007; come si è già detto l’accreditamento regionale sarebbe arrivato esattamente un anno dopo. Nel novembre del 2006 il presidente di Residenza Amica Gian Paolo Longoni aveva richiesto alla Regione Lombardia che il Centro venisse accreditato per 20 posti; nel dicembre del 2007 e nel gennaio del 2008 fu ripresentata analoga richiesta: la risposta positiva arriverà solo nell’aprile del 2008 (evidentemente la Regione nel 2007 aveva esaurito i fondi per questo tipo di intervento assistenziale). Nella foto sopra: il Centro diurno integrato e i suoi ospiti in occasione del secondo anniversario (2009). A destra: un momento di svago con musica, canti e ballo per gli ospiti del Centro Diurno Integrato. 30 31 L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). Dal 2007 un nuovo servizio: il Centro diurno integrato per malati di Alzheimer Dal 2007 un nuovo servizio: il Centro diurno integrato per malati di Alzheimer La pubblicizzazione di alcune iniziative volte a sensibilizzare la cittadinanza sul Centro diurno integrato. Nonostante le difficoltà iniziali (il Comune sollecitò anche la sensibilità dei Giussanesi, raccogliendo circa 50.000 euro), fin dalla sua apertura il Centro dimostrò la bontà della scelta effettuata dall’Amministrazione comunale, soprattutto dal sindaco Franco Riva e dall’assessore al servizi sociali Alberto Elli, e dal Consiglio di amministrazione di Residenza Amica, al quale 32 la Giunta comunale con delibera del 5 luglio 2006 aveva assegnato la struttura con contratto di comodato. Alla sensibilizzazione della cittadinanza contribuì anche una serie di iniziative organizzate nel mese di marzo del 2007: concerti del coro degli ANTA e dei due corpi musicali di Giussano e Paina, uno spettacolo di cabaret e due conferenze per presentare il Centro diurno e fornire consigli per vivere al meglio la malattia di Alzheimer. Con alle spalle l’esperienza di quattro anni il Centro ha ormai assunto la sua fisionomia precisa, cioè quella di un servizio intermedio tra l’assistenza domiciliare e la residenza sanitaria assistenziale (cioè il ricovero), una soluzione cui si può far ricorso quando i bisogni delle persone non possono trovare risposte soddisfacenti all’interno della propria famiglia, ma non è ancora necessario il ricovero a tempo pieno. Il Centro diurno è aperto per sei giorni la settimana, dal lunedì al sabato, dalle ore 8 alle 18; attualmente è frequentato da una trentina di persone provenienti, oltre che da Giussano, da molti comuni limitrofi sia della nostra provincia (Desio e Seregno) che del Comasco (Arosio, Inverigo, Mariano Comense). Sempre a proposito del centro diurno un’ultima notizia di cronaca:il 17 febbraio 2007 è stato visitato dall’Arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. 33 Il cardinale Dionigi Tettamanzi visita Residenza Amica e il Centro diurno integrato per malati di Alzheimer il 17 febbraio 2007. In primo piano Giovanni Rovagnati, prima consigliere e poi ospite della casa di riposo. Il volontariato: una presenza insostituibile Fin dall’avvio di Residenza Amica si capì che il personale, seppur numericamente adeguato e professionalmente preparato, non bastava perché la Casa funzionasse al meglio: occorreva il contributo di un gruppo di volontari che dedicasse, disinteressatamente, parte del proprio tempo e delle proprie energie per assistere gli ospiti ed aiutarli in alcuni momenti della giornata. Già il Comitato casa aveva pensato ai volontari e alla loro qualificazione: per questo aveva organizzato un corso di formazione nel marzo del 1989. L’anno successivo, nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, l’Amministrazione comunale col patrocinio della Regione Lombardia e in collaborazione con le parrocchie, organizzò un seminario sul tema “Anziani e qualità della vita”. Nell’imminenza dell’apertura della Casa di riposo il corso, oltre ad approfondire i temi relativi ai bisogni dell’anziano, rappresentò anche un momento di formazione per chi in seguito avrebbe desiderato prestare opera di volontario all’interno di Residenza Amica. Subito nei primi mesi di apertura si registrò la presenza di volontari, ma per assistere alla costituzione di una Associazione bisognerà attendere il 2001. In quell’anno infatti 24 volontari diedero vita all’Associazione di volontari di Residenza Amica, che nello stesso anno fu iscritta nel Registro generale regionale del volontariato, mentre a partire dall’anno 2002 la competenza in questo ambito è passata alla Provincia, per cui dall’11 gennaio 2002 l’Associazione è iscritta al Registro provinciale del volontariato. La nascita ufficiale dell’Associazione era stata preceduta nel 2000 da un corso per volontari che si era tenuto con cadenza settimanale dal 13 maggio al 3 giugno Lo scopo principale del corso era quello di far sì che i 54 partecipanti imparassero in quali modi ci si debba porre nei confronti degli anziani per stabilire con loro una sorta di empatia. L’anno successivo fu organizzato un nuovo corso di formazione da Residenza Amica in collaborazione con la Provincia di Milano, corso rivolto a volontari e operatori: infatti il tema del corso fu la relazione tra volontari e operatori, che devono essere collaborativi per migliorare la qualità del servizio. I compiti dei volontari sono principalmente quelli di assistenza agli ospiti durante il pranzo e la cena, le celebrazioni religiose, nelle uscite e nei momenti di festa; inoltre, tramite la loro associazione, i volontari promuovono iniziative di sensibilizzazione sui problemi dell’anziano e del volontariato Il compito del volontario non è facile: deve improntare la sua presenza ad attenzione, capacità di ascolto e riservatezza, instaurando con gli ospiti un rapporto di amicizia e di fiducia. Insomma il volontario deve saper stare accanto all’ospite con disponibilità e discrezione, aiutandolo soprattutto a superare i momenti di difficoltà e di sconforto, così frequenti purtroppo nelle persone presenti in strutture quali Residenza Amica. Anna Maria Cazzaniga (a sinistra) presidente dei Volontari dal 2001 al 2009. 34 35 Il volontariato: una presenza insostituibile Suor Lidia Picco, dapprima infermiera e poi volontaria a Residenza Amica. La prima presidente dell’associazione è stata Anna Maria Cazzaniga che fu tra le prime entusiaste volontarie a impegnarsi in Residenza Amica, per cui quando si costituì ufficialmente l’associazione e si trattò di designare un presidente, la scelta cadde per così dire inevitabilmente su di lei. Questa figura, veramente preziosa e fondamentale nella storia del volontariato della nostra Casa di riposo, ci ha purtroppo lasciati nell’aprile del 2009. Al suo posto è subentrata Francesca Ballabio. Il numero dei volontari è ovviamente variato nel corso degli anni: nel 2001 erano 24, nel 2008 sono saliti a 39, nel 2009 sono scesi a 32, mentre nel 2011 sono diventati 48. Parlando di volontariato non si può non ricordare l’opera di un’altra figura, di grande rilievo nella storia di Residenza Amica, di una suora dell’ordine delle Figlie della Carità di San Vincenzo: parliamo di suor Lidia Picco. Nativa di Flaibano, in provincia di Udine, diplomata infermiera a Torino,vestì l’abito dell’ordine vincenziano a Parigi il 22 novembre 1951. Ha lavorato a lungo negli ospedali, alle Molinette di Torino fino al 1974, poi a Cassano d’Adda, infine a Revello (Cuneo). 36 Il volontariato: una presenza insostituibile Nel 1989 è stata trasferita nella Comunità di Giussano (con suor Lucia Madre superiora, suor Pia e suor Michelina) col compito di utilizzare la sua grande esperienza di caposala nell’organizzazione di Residenza Amica. Infatti fu incaricata di organizzare l’assistenza ai primi ospiti, di dirigere il lavoro del personale socio-sanitario e l’attività dei volontari. In seguito ha lasciato l’incarico di infermiera ed ha mantenuto la sua presenza a Residenza Amica come volontaria nell’assistenza agli ospiti, continuando così la sua missione apostolica. Ad ulteriore testimonianza del legame che unisce suor Lidia alla nostra Casa di riposo, ella ha voluto donare a Residenza Amica una statua della Madonna cui era particolarmente affezionata fin da bambina: questa Madonna è stata posta all’entrata della Casa con una cerimonia che si è svolta il 26 novembre 2006. Perché non manchi nuova linfa per questa preziosa componente nel servizio di assistenza agli ospiti raccomandiamo l’esperienza del volontariato, umanamente appagante, sia ai giovani per la loro crescita sia agli adulti per una loro più completa realizzazione. 37 Il volontariato collabora anche nella fase di somministrazione dei pasti. Nella foto un pranzo particolarmente affollato: è il Natale del 2002. Residenza Amica ieri, oggi… Parlando di Comitato Casa, centro sociale, centro diurno integrato per malati di Alzheimer e del volontariato abbiamo lasciato, per un po’, in secondo piano la storia di Residenza Amica di questi ventun anni. Anche se i fatti salienti saranno ricordati più avanti, quando parleremo dei quattro presidenti che si sono succeduti dal 1989 ad oggi, va subito detto che l’istituzione ha dimostrato di sapersi progressivamente adeguare al mutare delle esigenze; una traccia di tutto questo può essere rinvenuta non solo nell’attività quotidiana, ma anche nell’enunciato dell’art. 2 dello Statuto dell’IPAB (1987), della Fondazione (2003) e della Fondazione ONLUS (2006). Nei tre statuti infatti l’art. 2 indica gli scopi dell’istituzione. Orbene, nella prima stesura, allorché Residenza Amica fu costituita in IPAB, essa persegue due scopi: la gestione della Casa di riposo, destinata precipuamente a persone in condizioni di totale o parziale autosufficienza, mentre appare residuale la presenza di non autosufficienti, e la gestione dei servizi assistenziali rivolti agli anziani con prestazioni erogate a domicilio o presso la casa di riposo nei confronti dei non degenti. Le prestazioni di carattere assistenziale, sanitario-riabilitative, culturali e ricreative, già presenti nello Statuto originario, sono particolarmente evidenziate nello Statuto dell’Ente, quando questo si trasforma in Fondazione. Inoltre si indica, fra gli scopi, quello di provvedere all’assistenza, alla tutela ed al recupero di persone anziane, autosufficienti e non, qualunque sia la causa della non autosufficienza (fisica, psichica o sensoriale). Nell’art. 2 dello Statuto attualmente in vigore, approvato nel 2006, quando l’Ente si è trasformato in Fondazione ONLUS (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale), mentre si pone l’accento proprio sulla natura di una ONLUS, cioè l’assenza di qualsiasi scopo di lucro, fra gli scopi dell’Ente viene inserita la gestione di servizi di assistenza e di supporto alla vita domestica e di relazione degli anziani assegnatari di minialloggi residenziali realizzati nell’area della casa di riposo. Di questi minialloggi sette sono stati realizzati ed assegnati dall’Amministrazione comunale, che il 19 gennaio 2001 aveva revocato la delibera della giunta Cassina che prevedeva la costruzione di una portineria e dell’abitazione del custode: al loro posto la giunta Riva progettò e realizzò i sette minialloggi. Chi fruisce di questi ha la possibilità di avvalersi di servizi offerti da Residenza Amica, ad esempio ristorazione, lavanderia, assistenza infermieristica e prestazioni socio-assistenziali. Residenza Amica ieri. Come già evidenziato, l’evoluzione di questi 21 anni ha comportato il progressivo passaggio da una presenza prevalente di anziani totalmente o parzialmente autosufficienti ad una presenza attuale di anziani in larga parte non più autosufficienti. Si è trattato di un’evoluzione del tutto naturale, che non richiedeva nel 1990 particolari doti profetiche per prevedere quali sarebbero stati i cambiamenti 38 39 Residenza Amica ieri, oggi... Residenza Amica ieri, oggi... Residenza Amica oggi. all’interno della struttura per quanto attiene alla condizione degli ospiti. Di questa evoluzione possiamo individuare ed elencare alcune cause: gli anziani ospiti col passare degli anni tendono spesso a diventare non più autosufficienti, ma soprattutto la richiesta prevalente di nuovi inserimenti riguarda proprio persone non più autosufficienti, che la famiglia non è in grado di assistere adeguatamente e per le quali non esiste altre struttura di accoglienza se non la casa di riposo. Chi ha conosciuto Residenza Amica nei primi anni di vita e la frequenta adesso ha l’esatta percezione di questo cambiamento, che comporta inevi40 tabilmente una diversa impostazione dei servizi e una sempre maggior attenzione da parte del personale. Per fornire anche qualche cifra, in questi 21 anni nella struttura sono transitate, in qualità di ospiti, oltre 700 persone. La disponibilità di posti letto è complessivamente di 85, così distribuiti: 30 al primo piano, 30 al secondo e 25 al terzo. Degli ospiti attuali ben 56 su 85 sono cittadini giussanesi, a riprova del fatto che la Casa di riposo, concepita inizialmente per dare una risposta in primo luogo ai nostri concittadini, non ha fallito questo obiettivo, anche se per effetto dell’accreditamento regionale ha dovuto aprirsi anche ai non Giussanesi. 41 …e domani L’edificio ha richiesto negli anni alcuni adeguamenti strutturali, sollecitati soprattutto dalla Regione Lombardia per confermare l’accreditamento della Casa, con gli annessi contributi. In particolare i lavori hanno riguardato la cucina, la lavanderia, la climatizzazione, nonché altri interventi sulla struttura. Sul finire del 2009 sono stati ristrutturati l’atrio, che ospita il centralino telefonico, e le scale esterne dell’accesso principale. Tuttavia, chi entrava in Residenza Amica fino all’anno scorso notava che l’ampia area destinata a parco (circa 12.000 mq.) richiedeva una sistemazione per diventare effettivamente vivibile e fruibile. Già il consiglio di amministrazione presieduto da Longoni aveva commissionato all’architetto Carlo Maria Invernizzi per attrezzare il parco un progetto, che è stato predisposto nel 2004, ma fino al termine del mandato del Presidente Longoni è rimasto sulla carta, soprattutto per la difficoltà di reperire i mezzi finanziari necessari. La problematica della sistemazione dell’area esterna è stata ben presto presa in considerazione dal nuovo consiglio presieduto da Gian Mario Colombo. Grazie alla collaborazione fra l’amministrazione comunale, che ha finanziato gli interventi relativi agli alberi, e la direzione di Residenza Amica, che ha provveduto alla creazione di vialetti e l’installazione di arredi, si è operata una prima riqualificazione del parco. È stato infatti predisposto un progetto ad opera di Andrea Pellegatta, già consulente del Comune di Giussano per il verde, certamente meno ambizioso del precedente, ma per lo meno rispondente all’esigenza di metter mano ad un’area che richiedeva interventi da tempo. L’obiettivo iniziale è stato quello di risolvere problematiche legate alla gestione delle alberature, rafforzare la qualità del polmone verde e allo stesso tempo favorire un maggior utilizzo da parte degli ospiti di Residenza Amica. La realizzazione del progetto di riqualificazione del parco, avvenuta nella primavera del 2011, ha comportato la creazione di vialetti, la piantumazione di nuovi alberi, il posizionamento di attrezzature da giardino al fine di creare nuovi spazi vivibili per gli ospiti. Sopra: piantina dei lavori allegata al progetto di riqualificazione del parco. E… domani? Per il domani non ci resta che attendere un’ulteriore sistemazione dell’esterno, sempre che le risorse lo permettano. E anche se già Lorenzo il Magnifico diceva: “di doman non v’è certezza”, siamo certi che la premura e l’attenzione per gli ospiti di Residenza Amica non verrà mai meno. A destra: l’atrio d’ingresso ristrutturato alla fine del 2009. 42 43 Presidenti e Consigli di amministrazione I primi tre presidenti riuniti in un’unica immagine: da destra Gian Paolo Longoni, Giovanna Brambilla Barzaghi e Silvana Cassina Barzaghi. Il primo Consiglio di Residenza Amica fu nominato, come abbiamo precedentemente ricordato, il 18 novembre 1988; parzialmente rinnovato nel 1990, rimase in carica fino al 1994. Quando si trattò di nominare il presidente la scelta cadde, quasi inevitabilmente, su una persona dotata di capacità ed esperienza manageriale, per il suo vissuto da protagonista all’interno di una nota ed importante industria giussanese. Queste doti erano richieste soprattutto nel momento iniziale, quando tutto andava avviato, quando si trattava di organizzare il servizio, assumere il personale, ampliare progressivamente la capacità della struttura di accogliere nuovi ospiti e di dare una risposta ai loro bisogni. Pertanto l’opera della prima presidente, Giovanna Brambilla Barzaghi, si indirizzò proprio su questa strada: quelli iniziali erano i momenti dell’apprensione e della novità, non si poteva facilmente prevedere come le cose sarebbero andate soprattutto sul piano economico e gestionale. E’ vero che l’Amministrazione comunale, allora guidata dal sindaco Giulio Cassina, aveva assicurato di dare una mano sul piano economico per i primi Gian Mario Colombo, presidente di Residenza Amica dal marzo del 2010. 44 45 L’Amministrazione comunale, rappresentata dagli assessori Ascari e Paris, consegna a Giovanna Brambilla Barzaghi una targa, quale riconoscimento per la preziosa opera di presidente (1994). Presidenti e Consigli di amministrazione anni di funzionamento, però questa mano non sarebbe durata all’infinito e quindi il Consiglio di amministrazione doveva cercare di far quadrare i conti, oltre ad organizzare i servizi. La signora Barzaghi, dotata come si è già detto di provate capacità dirigenziali, ma anche di sensibilità sociale, pur fra le inevitabili difficoltà, fra le polemiche e le divergenze d’opinione a volte aspre che affiorarono e si manifestarono all’interno del Consiglio di amministrazione, riuscì nel suo intento: consegnare al proprio successore una struttura ben avviata ed economicamente autosufficiente. Quando, nel 1994, lasciò il proprio incarico, l’Amministrazione comunale di Giussano volle ringraziarla per il prezioso lavoro svolto con una targa raffigurante il nostro gonfalone. Nel 1994 ci fu il cambio della guardia al vertice di Residenza Amica: anche in questa circostanza la scelta del nuovo presidente, Silvana Cassina Barzaghi, fu per così dire naturale. Infatti la signora Cassina aveva fatto parte del Consiglio della Casa di riposo a partire dal 1990 e in precedenza, dal 1985 al 1990, aveva ricoperto il ruolo di Assessore ai servizi sociali, proprio negli anni in cui si costruiva la Casa, della quale era stata fin dall’inizio una convinta sostenitrice. Inoltre aveva alle spalle una lunga esperienza di volontariato nel gruppo Vincenziano. A testimonianza di una volontà di continuità nella gestione di Residenza Amica , ma anche come segno di riconoscimento per l’opera svolta dalla signora Gianna Barzaghi, nel 1995 il Consiglio di amministrazione la nominò presidente onorario con questa motivazione: “Con competenza, abnegazione e generosità ha guidato la Casa nella sua fase più delicata e difficile, quella dell’apertura e dell’avvio. In particolare è riuscita ad amalgamare il lavoro dei componenti del consiglio di amministrazione, dell’apparato burocratico e del personale, mettendo così la casa di riposo in condizione di raggiungere ambiti risultati gestionali e di riscuotere generale apprezzamento”. Il conferimento della presidenza onoraria fu accompagnato dalla consegna di una medaglia d’oro per mano del nuovo presidente, Silvana Cassina, e del direttore dell’Ente Franco Scifo. Il gesto del consiglio di amministrazione aveva anche l’intento di disporre la signora Gianna Barzaghi a conservare uno stretto rapporto con la Casa di riposo: quanti sono più addentro nelle vicende di Residenza Amica sanno che questo rapporto è continuato fino a quando, nel luglio del 2009, la signora Barzaghi è scomparsa e anche oltre. La gestione di Residenza Amica da parte di Silvana Cassina è stata carat46 Presidenti e Consigli di amministrazione terizzata da una accentuazione della sensibilità sociale, da una costante presenza per buona parte della giornata, dalla disponibilità ad ascoltare gli ospiti e le loro famiglie e a risolvere i problemi che si presentavano. Gli anni della gestione Cassina, quindi, furono quelli dell’organizzazione definitiva della struttura. Nel 1999 il Consiglio di amministrazione fu completamente rinnovato, la scelta del nuovo presidente cadde su di una figura che aveva alle spalle un lungo passato di amministratore comunale, assessore dal 1970 al 1990: Gian Paolo Longoni. I suoi dieci anni di mandato sono stati caratterizzati soprattutto da due eventi: l’apertura del Centro diurno per malati di Alzheimer e i lavori di adeguamento della struttura. Infatti l’Amministrazione comunale aveva provveduto a realizzare la costruzione destinata ad ospitare il Centro diurno, ma ne affidò la gestione, con un contratto di comodato, al Consiglio di amministrazione di Residenza Amica nel luglio del 2006. Inoltre la Regione Lombardia, per continuare ad accreditare la struttura e quindi erogare i contributi, richiese negli ultimi anni una serie di adeguamenti strutturali che hanno riguardato i vari piani dell’edificio, i locali cucina e la lavanderia. Infine il Consiglio presieduto da Longoni ha commissionato un progetto relativo alla sistemazione del parco che solo per ragioni economiche non ha potuto essere avviato nel corso della presidenza Longoni. Il 2 marzo 2010, a seguito del rinnovo del Consiglio di Amministrazione, è stato nominato Presidente Gian Mario Colombo. Dall’insediamento ad oggi il presidente Colombo ha dimostrato di continuare l’obiettivo perseguito dalle precedenti amministrazioni: il benessere degli ospiti. In quest’ottica sono stati presi alcuni provvedimenti ed eseguiti interventi anche per quanto riguarda la struttura e gli arredi. Infatti al secondo piano è stato realizzato un terrazzo, munito di scivolo per 47 Silvana Cassina Barzaghi consegna una targa ad Anna Corti in occasione del compimento di 100 anni (25 luglio 1996). I Presidenti e i Consigli di amministrazione Gian Paolo Longoni, presidente dal 1999 al 2009. facilitare lo spostamento delle carrozzine, e inoltre è stato dotato di prato sintetico, tavolini e sedie. In ogni camera sono stati installati sollevatori per facilitare la mobilizzazione e il sollevamento degli ospiti, i letti sono stati sostituiti con altri ad alzata elettrica, sono stati posizionati materassi antidecubito, come pure le lenzuola. Inoltre è stato installato un sistema video via cavo che permette in ogni camera e nei salottini ai vari piani, a chi ha difficoltà di spostamento, di assistere alle funzioni religiose che si svolgono nella chiesa. La nuova amministrazione ha anche cercato di ottimizzare il rapporto ospitioperatori con una diversa distribuzione delle presenze e una rimodulazione della turnistica; inoltre ha iniziato un lavoro di internalizzazione di tutto quel personale, già dipendente da cooperative esterne, operante da anni in Residenza Amica. Per quanto riguarda la gestione sanitaria, nel corso del 2010, sempre nell’ottica di un miglior funzionamento e di una più pronta ed efficace risposta ai bisogni degli utenti, ogni piano è stato dotato di una infermeria. Infine non è stata tralasciata neppure la parte ludica: è stato potenziato il servizio di animazione rivolto soprattutto a chi necessita di interventi individuali, è stato adeguato l’impianto di video proiezione per avviare un nuovo progetto “cineforum” e a breve verrà allestita una saletta dotata di televisione, tavoli e una piccola biblioteca che metterà a disposizione delle persone più autonome uno spazio un po’ più riservato, in cui potersi ritagliare momenti di maggior privacy. 48 Presidenti e Consigli di amministrazione Dopo aver ricordato i quattro presidenti che si sono succeduti in questi 21 anni, è giusto citare tutti quanti hanno fatto parte del Consiglio di amministrazione offrendo il proprio contributo per la gestione della Casa. Consiglio di amministrazione dal 1988 al 1994 Il primo Consiglio fu nominato il 18 novembre 1988 e parzialmente rinnovato nel 1990. Del primo consiglio furono confermati anche nel 1990 Giovanna Brambilla Barzaghi, Paolo Somaschini, Sergio Galimberti, Idersilio Molteni, Enrico Borgonovo. Ildefonso Mascheroni e Giovanni Rovagnati nel 1990 furono sostituita da Sivana Cassina Barzaghi e Alberto Elli. Nel corso del 1992 Paolo Somaschini, Alberto Elli e Idersilio Molteni si dimisero per contrasti sorti all’interno del Consiglio di Amministrazione e furono sostituiti da Giovanni Binda, Giuliano Galbiati e Sandro Colombo. Consiglio di amministrazione dal 1994 al 1999 Silvana Cassina Barzaghi, Enrico Borgonovo, Sandro Colombo, Giuliano Galbiati, Sergio Galimberti, Fabrizio Petit e Raffaele Pisani Consiglio di amministrazione dal 1999 al 2004 Gian Paolo Longoni, Franca Banfi, Sergio Galimberti, Ada Lambrugo, Donatella Nespoli, Giuseppe Nespoli, Giampaolo Sardella. Consiglio di amministrazione dal 2004 al 2009 Gian Paolo Longoni, Franca Banfi, Dario Citterio, Claudio Corbetta, Sergio Galimberti, Ada Lambrugo, Belinda Maghini. Consiglio di amministrazione dal 2009 al 2014 Gian Mario Colombo, Fiorenzo Ballabio, Franca Banfi, Claudio Barbieri, Claudio Corbetta, Donatella Nespoli, Otello Sabbatini. Anche se tutti hanno dato il loro apporto per il buon funzionamento della nostra Casa di riposo, è giusto ricordare, in particolare, l’opera di due consiglieri, per la loro costante presenza e il contributo offerto anche per risolvere i problemi più spiccioli, ma non per questo meno importanti: parliamo di Enrico Borgonovo, consigliere dal 1988 al 1999, e di Sergio Gailmberti che ha fatto parte del Consiglio dall’apertura sino al 2009. Non vanno, infine, dimenticati i Direttori che hanno collaborato col Consiglio di amministrazione: Franco Scifo, già segretario e direttore generale del Comune di Giussano, Giorgio Scivoletto e Nicolino Casati, che ricopre attualmente questo ruolo. Per quanto riguarda la gestione sanitaria, questa fu affidata dapprima al dott. Scivoletto (dal 2001 al 2004), sostituito nel 2004 dalla dottoressa Marilena Cerliani e a partire dal 2008 dalla dottoressa Rosa Carmela Ripoli. Da segnalare infine che il buon funzionamento di Residenza Amica è stato possibile anche grazie alla collaborazione fornita dai Sindaci che si sono succeduti dal 1990: Erminio Barzaghi, Giulio Cassina, Franco Riva, Gian Paolo Riva. 49 Il personale Personale di Residenza Amica Se è vero che per funzionare al meglio una struttura come Residenza Amica richiede un Consiglio di amministrazione, un direttore amministrativo e un direttore sanitario, capaci di interpretare le diverse situazioni ed assumere le decisioni opportune, è incontestabile che l’anima della Casa di riposo è rappresentata soprattutto dal personale, medico, infermieristico e assistenziale, che in continuo e costante contatto con gli ospiti ne rileva le necessità e interviene nei modi più adeguati. Per essere sempre meglio preparato a svolgere questo compito il personale ha avvertito l’esigenza di aggiornarsi, soprattutto da quando le tradizionali Case di riposo si sono trasformate in Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). Ad esempio. nel corso del 2002 il personale di Residenza Amica ha aderito al “Programma Umanizzazione” promosso dalla Asl 3 di Milano. Il progetto elaborato dal nostro personale e sperimentato, dopo incontri formativi e informativi tenuti dalla Asl, si propose di “creare una mentalità di equipe a vantaggio di un benessere bio-psico-fisico e sociale degli ospiti” Infatti da parte degli operatori occorre una particolare sensibilità nei rapporti con gli anziani. Attualmente il servizio medico è svolto, oltre che da Direttore sanitario, da quattro medici che, a turno, assicurano anche il servizio di reperibilità per le 24 ore giornaliere. Il servizio infermieristico consta della caposala Antonia Terraneo e otto infermieri professionali che, in caso di necessità, prestano i primi soccorsi, effettuano le medicazioni ordinarie, assistenza agli ospiti ammalati, provvedono alla distribuzione e somministrazione dei farmaci. Inoltre essi tengono aggiornate le tabelle indicanti il decorso della malattia e le prescrizioni farmacologiche e dietetiche. Il personale ausiliario svolge prestazioni di carattere socio-assistenziale che comprendono anche l’igiene dell’ospite e la distribuzione dei pasti per le persone che non possono lasciare il piano e recarsi per il pranzo e la cena nella sala ristorante. Attualmente il personale ausiliario conta 42 unità con incarico a tempo indeterminato; finora Residenza Amica si è avvalsa, nei casi di necessità, della cooperativa di servizi “La Riabilitazione” di Seregno, che ha fornito anche il personale per le attività di animazione, fisioterapia, psicomotricità e terapia occupazionale. Dal prossimo anno questi servizi saranno effettuati da personale interno. Il personale amministrativo è rappresentato da tre unità, mentre due persone assicurano il servizio di centralino e forniscono le prime informazioni a chi accede alla struttura. L’organico del personale si completa con quattro persone addette alla lavanderia e due alla manutenzione ordinaria dell’edificio e degli arredi. Ospiti e animatori in un’uscita alla Residenza “Il Parco” di Carate Brianza (21 Ottobre 2008) 50 51 Le feste e le manifestazioni Se qualcuno pensa ad una Casa di riposo attenta esclusivamente a soddisfare le esigenze ed i bisogni degli ospiti e quindi un po’ estraniata dalla realtà sociale e dalla comunità locale, si sbaglia di grosso. Infatti, fin dai primi anni, per iniziativa del Consiglio di amministrazione, dei volontari e delle associazioni operanti in Giussano, sono state organizzate numerose manifestazioni che hanno rappresentato spesso un momento di festa per gli anziani. Sarebbe impossibile elencare tutte le iniziative che si sono svolte a Residenza Amica; ricordiamo pertanto solo le più significative. Subito nei primi mesi di vita, esattamente il 19 dicembre 1990 si tenne la prima festa con il Gruppo musicale Revival e l’anno successivo, il 14 dicembre, in collaborazione con i commercianti di Giussano fu organizzata una seconda festa, questa volta con la partecipazione dell’orchestra di Enrico Musiani. Nel 1991 Alberto Cova, campione mondiale di atletica visitò Residenza Amica. Nel 1992 assistiamo a tre momenti importanti, ciascuno dei quali avrà un seguito negli anni successivi.. Si comincia il 28 marzo con la visita degli Il campione d’atletica Alberto Cova in visita a Residenza Amica (1991). 52 53 Il Gruppo musicale Revival partecipa alla festa organizzata dall’associazione Carabinieri in congedo (19 luglio 1992). Le feste e le manifestazioni I relatori della conferenza organizzata nel settembre del 1994, a quattro anni dall’apertura della casa. alunni della scuola media di Verano, il 7 giugno il Corpo musicale DAC di Giussano tiene il primo concerto negli spazi di Residenza Amica (la manifestazione si svolge all’interno per via del maltempo) e il 19 luglio l’Associazione dei carabinieri in congedo organizza una festa con l’intervento del Gruppo musicale Revival e l’attiva partecipazione degli ospiti. In prossimità del Natale 1994, il 19 dicembre, nell’ambito della festa per l’immancabile scambio degli auguri si svolge una tombolata: significativo il fatto che fra i premi posti in palio figurano oggetti realizzati dagli ospiti che frequentano il laboratorio di terapia occupazionale condotto da Francesca Marforio e Roberto Annoni della Cooperativa sociale “la Riabilitazione” di Seregno. Questa attività che non è un momento di svago, ma una terapia specifica volta a recuperare alcune capacità manuali degli ospiti, è solo una delle attività svolte da tale cooperativa che effettua anche terapia psicomotoria, rieducazione motoria individuale, rieducazione del linguaggio e animazione. Il 1994 fu il primo anno in cui l’apertura della Casa di riposo agli ospiti (settembre 1990) fu celebrata con alcune iniziative di rilievo: infatti il 17 settembre si tenne una conferenza con la partecipazione, fra gli altri, del prof. Baldoni che aveva collaborato nella fase di preparazione dell’apertura della casa, mentre il giorno prima era stata aperta una mostra fotografica che 54 Le feste e le manifestazioni ricordava sia com’era un tempo il luogo su cui sorge Residenza Amica ( era la così detta Vecchia Ghiana, un terreno ricco di gelsi e teatro di lavori agricoli) sia il presente della Casa di riposo con le feste, le manifestazioni, le visite delle scolaresche. Gli ultimi mesi di quell’anno furono particolarmente ricchi di attività. Il 6 novembre la Nuova Compagnia di Teatro di Giussano, dei cui componenti ricordiamo Massimo Galimberti, Gigi Colombo, Gianni Barzaghi, Carla Terraneo, Paola e Luisa Frigerio, Sandro Dell’Orto e Achille Nespoli, mise in scena lo spettacolo: “Tücc i can menen la cua, tücc i âsen disen la sua”, che tradotto per i non brianzoli significa: “Tutti i cani scuotono la coda, tutti gli asini dicono la loro”. Il 12 dicembre fu la volta dell’incontro di tutti i Movimenti anziani del Comune con gli ospiti di Residenza Amica; fra i vari momenti di quella giornata ricordiamo lo spettacolo “il rosario delle zitelle” messo in scena dal Movimento Anziani di Birone. Sempre nel dicembre del 1994 i pattinatori dello Skating Club Giussano tennero un’esibizione in Residenza Amica, fu organizzata una tombolata in collaborazione con i fisioterapisti della Casa e alcune classi delle elementari di via Caimi e di via Rimembranze allietarono gli ospiti con canti e poesie. Nel febbraio del 1996, in occasione della festa di S. Agata, cominciò ad intervenire l’AIDO (un intervento questo che si sarebbe ripetuto puntualmente negli anni) organizzando una festa per gli ospiti con la partecipazione dell’orchestra i Paragotti (Francesco Brenna, Giovanni Rovagnati, Giuseppe Valtorta e Adriano Sedazzari) e in collaborazione con l’animatrice Gisella Pozzoli. Negli anni successivi l’AIDO sarà presente anche in maggio, in occasione della festa della mamma. Il 3 novembre la classe 1936, ricordando il 60° anno di vita, donò a Residenza Amica una carrozzina; interessante il pensiero che accompagnò questo gesto: “Con piacere ci siamo resi conto che anche chi non aveva mai avvicinato Residenza Amica ha avuto l’opportunità di visitarla, prendendo conoscenza non solo della cappella, ma anche della palestra e di tutti gli spazi dei quali possono usufruire gli ospiti”. A partire dal 1995 si tiene la festa della Giubiana con l’immancabile falò e la partecipazione delle classi della scuola elementare di via D’Azeglio. Nel 1997 si tenne una pesca di beneficenza e la festa di fine anno della scuola elementare di via D’Azeglio: alla tombolata hanno partecipato anche gli ospiti della Casa. Nel settembre del 1998, in occasione della Festa campagnola, fu pubblicato il volume “Una vita da raccontare”, una storia raccontata a più voci dagli ospiti di Residenza Amica, che riporta spaccati di vita e ricordi lontani: dai loro racconti traspare un mondo diverso da quello attuale, rievocato con nostalgia. 55 Le feste e le manifestazioni Le feste e le manifestazioni Una delle numerose feste della Giubiana che dal 1995 si tengono a Residenza Amica. Nell’introduzione al volume si afferma: “Abbiamo scoperto quanto la natura custodisca molta più generosità e potenzialità di quanto superficialmente spesso riteniamo”. Il 25 giugno 2000 la manifestazione “Residenza Amica in Festa” ha visto la partecipazione del Coro santa Cecilia della Parrocchia di Giussano, dei corpi musicali di Giussano e Paina, l’esibizione della Schola Cantorum di Residenza Amica e il saluto degli oratori delle quattro parrocchie. Sempre nel 2000, in ottobre, in occasione del decennio di apertura, ad opera dell’Associazione culturale “L’albero blu” è stato allestito lo spettacolo “Musiche e parole” con Carmen Panarello e Enrico De Meo. Nel 2001 altri momenti significativi: a febbraio la festa di S. Agata organizzata dall’AIDO (per la prima volta non c’è l’orchestra Paragotti, andata definitivamente in pensione, sostituita da Giorgio Zannini del Musical Center di Giussano), il 4 maggio gita alla Madonna del Ghisallo, il 17 maggio spettacolo di teatro e poesia “Sorella sconosciuta”, il 17 giugno nell’ambito di “Residenza Amica in Festa” esibizione del gruppo Firlinfeu “La primavera” di Sovico e per il festival delle regioni esibizione della “Schola Cantorum” di Residenza Amica in un repertorio di canti regionali. 56 Sempre nel maggio del 2001 il campione di ciclismo Gianni Bugno aveva fatto visita agli ospiti di Residenza Amica. L’anno successivo, all’interno delle manifestazioni per “Residenza Amica in Festa”, dal gruppo “Le voci” è stato allestito lo spettacolo “Milano cabaret” e una mostra fotografica del Gruppo Fotografico di Giussano a cura di Mario Pozzoli. A partire dal 2003 nel mese di settembre viene organizzata una manifestazione dal titolo “Fiera una volta” che ogni anno si ispira ad un tema legato alle nostre tradizioni. Ecco i temi proposti nei vari anni: 2003 - La vita della cascina brianzola e i mestieri di un tempo 2004 - La famiglia e gli animali della cascina 2005 - Vita e animali della cascina - Il mondo dei piccoli 2006 - Il matrimonio e altri riti religiosi 2007 - L’uva, la vendemmia, gli attrezzi e gli animali della cascina 2008 - Vita di corte e animali della cascina 2009 - Il Medioevo e gli animali della corte 2010 - Le Favole 2011 - I Promessi Sposi 57 I partecipanti alla gita al Ghisallo (4 maggio 2001) Le feste e le manifestazioni Le feste e le manifestazioni In occasione di “Fiera una volta” il gruppo di artisti ArteInsieme realizza ogni anno murales o tele, in sintonia col tema della festa, e tali opere abbelliscono gli spazi della Casa di riposo. Nel 2004, all’inizio di maggio, un’iniziativa nata dalla collaborazione tra Residenza Amica, Amministrazione comunale e Coast to coast truck team dal titolo “Associazioni in festa”, un’occasione per tutte le associazioni di volontariato di farsi meglio conoscere dalla cittadinanza. Per evitare il rischio di diventare troppo noiosi, non abbiamo elencato tutte le feste, iniziative e manifestazioni che in questi anni hanno ravvivato la vita di Residenza Amica; per essere sintetici ,la storia della nostra Casa è ricca di visite di scolaresche, che spesso vi hanno festeggiato la fine dell’anno scolastico, e dei ragazzi degli oratori, dei Magi di Robbiano il giorno dell’Epifania, ma anche di donazioni: l’apparecchio per elettrocardiogramma donato dal Movimento anziani nel 1998, la somma devoluta dal Truck team per l’acquisto di strumenti informatici nel 2004, la somma di 3,5 milioni di lire donata nel 1988 da tre classi terze delle elementari di via Caimi, frutto del ricavato della vendita del volume “C’era una volta”, che raccontava fatti e storie del passato e nel contempo si proponeva di sensibilizzare sul problema degli anziani. 58 59 Pagina 58. In alto: una delle ultime edizioni di “Fiera una volta” con l’intervento degli sbandieratori e musici dell’Urna (20 settembre 2009). In basso: la tela “Il matrimonio” realizzata dagli artisti di ArteInsieme nel 2006 e collocata nella sala ristorante. Pagina 59: anziani al mare. Le feste e le manifestazioni Le feste e le manifestazioni Alcune manifestazioni, oltre quelle già citate, si ripetono ormai abitualmente, scandite dallo scorrere dei mesi. In gennaio i “turtei” di S. Antonio e la castagnata con gli Alpini, in febbraio la festa di Carnevale con la partecipazione della Compagnia di teatro di Birone, in marzo la festa di primavera con tombolata; in maggio, nell’ambito dell’iniziativa organizzata dal Comune di Giussano alcuni ospiti di Residenza Amica partecipano al soggiorno marino per anziani; a giugno l’immancabile visita dei ragazzi che frequentano l’oratorio feriale. Nei mesi di luglio e agosto, nella giornata di martedì, alcuni ospiti partecipano a “Estate insieme” organizzata dai Servizi sociali del Comune e dalla Cooperativa “la Riabilitazione”, con il Centro Anziani “I 4 cerchi” e gli anziani assistiti dal servizio di assistenza domiciliare. In settembre il gruppo degli uomini dal 2005 si reca ad assistere alle prove del Gran premio automobilistico di Monza. A dicembre registriamo i laboratori teatrali con i bambini delle scuole, la visita della scuola materna Proserpio, l’uscita a Villa Sartirana per visitare la mostra dei Presepi. Non mancano, poi, le gite: ricordiamo quelle a Caravaggio (giugno 2004), Sotto il Monte (maggio 2005), Lago Fuentes (luglio 2006), Piona (ottobre 2008). Dobbiamo infine ricordare che, tra il 1999 e il 2001, gli ospiti della Casa par60 61 Pagina 60. In alto: i ragazzi dell’oratorio feriale di Giussano visitano in giugno gli ospiti di Residenza Amica. In basso: il gruppo degli uomini all’autodromo di Monza per assistere alle prove del gran premio automobilistico. Pagina 61: alcuni ospiti di Residenza Amica in visita a Villa Sartirana. Le feste e le manifestazioni Pagina 62: gita a Sotto il Monte (2005). Pagina 63. In alto: gita a Piona (2008). In basso: un momento della manifestazione “Càntum Insema”, cui parteciparono anche gli ospiti di Residenza Amica con quelli di altre 11 case di riposo. Le feste e le manifestazioni teciparono, con gli ospiti di altre undici case di riposo, ad alcune interessanti manifestazioni: nel 1999 “Cantum insema” che si concluse a Desio nel Palabancodesio, nel 2000 “Anziano in arte” che produsse un calendario e una mostra itinerante di quadri e si concluse a Lentate in Villa cenacolo, mentre nel 2001 la manifestazione, denominata “Una storia, un segno, un’emozione”, diede vita ad una serie di racconti e la giornata conclusiva si svolse alla Residenza “Il parco” di Carate Brianza. Con questo, e ci scusiamo con quanti siano stati eventualmente dimenticati, pensiamo di aver offerto un quadro sufficiente, seppur sintetico, della vita di Residenza Amica con frequenti occasioni di feste e incontri che servono anche per far sentire gli ospiti meno soli ed isolati. Non possiamo, però, concludere la parte riservata alle feste e alle manifestazioni senza citare l’opera preziosa e indispensabile di associazioni e gruppi che rendono possibili così numerose iniziative: AIDO/ADMO, ArteInsieme, AVIS, Associazione Volontari di Residenza Amica, Croce Bianca, i Corpi Musicali DAC di Giussano e S. Margherita di Paina, il CAI Paina, il Gruppo Alpini di Giussano, l’Associazione Carabinieri in congedo, il gruppo musicale “Les Pierrots”, l’Oratorio San Giovanni Bosco, gli operatori di Residenza Amica, la Pro Loco, i Vigili del Fuoco di Carate, il gruppo Robby di Robbiano. 62 63 ... e infine tocca agli ospiti Accanto alla storia di Residenza Amica delineata nelle pagine precedenti non poteva mancare la voce, diretta o indiretta, di quanti hanno fruito e tuttora fruiscono dei servizi di questa struttura. Infatti quest’ ultima parte del volume presenta ricordi degli ospiti di ieri e testimonianze di quelli di oggi, introdotti e raccolti da Gisella Pozzoli e coordinati da Giulio Cassina. “Vint’ann e una cavagna de setimann” “Vint’ann e una cavagna de setimann”, così ho pensato di titolare la sequenza di ricordi che sto per raccontare; 1990-2011 sono passati ventun anni dall’apertura di Residenza Amica e, come dice un vecchio proverbio, “ne è passata di acqua sotto i ponti ”. Effettivamente più di settecento persone sono transitate e ritengo che in questo lasso di tempo abbiano fatto la storia di questa struttura. Non è certamente la storia che si studia sui libri, è invece quella dietro l’angolo, a volte fatta di nostalgia, di velata tristezza o solo del ricordo dolce del proprio passato e delle care abitudini, una storia che copre due terzi del secolo scorso, ricca di ombre e di luci. Una piacevole e costruttiva storia che vale la pena di raccontare; so per certo che chi leggerà queste pagine non proverà quelle emozioni che chi sta scrivendo ha vissuto in prima persona. È certamente impossibile trasmettere sulla carta il sentimento di nostalgia che traspariva nel tono della loro voce, mentre si raccontavano, e ancora la sensazione di un calore e una sintonia che rendeva piacevole lo stare insieme. Alcune presenze sono state delle meteore, le loro condizioni non hanno permesso di condividere momenti di comunità, altre hanno lasciato segni tangibili e ricordi affettuosi. Ventun anni a “RESIDENZA AMICA: un’esperienza da consigliare. In questo lasso di tempo, ho sicuramente imparato che la natura umana custodisce molta più generosità e potenzialità di quanto superficialmente spesso riteniamo. Una volta avrebbero detto “ci vorrebbero fiumi di inchiostro per riuscire a scrivere l’intera storia”, oggi l’inchiostro non si usa più e utilizzando il computer si fa in fretta, e dunque sembrerebbe facile la cosa, e no… per niente, il difficile sta nel non annoiare chi sta leggendo e trasmettergli le giuste emozioni. Gisella Pozzoli La tradizionale festa di settembre, Fiera una volta, nel 2011 ha avuto per tema “I Promessi sposi”. Unico rammarico: il maltempo ha costretto a ridimensionare il programma delle manifestazioni previste all’esterno della struttura. Gli ospiti di ieri 15 settembre 1990, stanza 209 secondo piano: Pierina e Severina. due simpatiche e dolci “nonnine”, come quelle raffigurate nelle storie per bambini, una con gli occhiali sempre sul naso anche se non vedeva nulla perché le 64 65 ... e infine tocca gli ospiti L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). ... e infine tocca gli ospiti L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria Ospiti della casa di riposo in un’uscita alla Cascina Preziosa (2009). lenti erano di cinquant’anni prima , l’altra che ci sentiva poco o quasi niente, ma insieme se la intendevano bene. Entrambe di Giussano, una vita di sacrifici e lavoro, “casa chiesa e lavoro”; la cosa divertente è che ogni tanto ora una ora l’altra raccontavano che durante la notte dei gatti avevano fatto loro visita, pensate... dei gatti in camera, naturalmente nessuno ci credeva, ma scherzosamente si stava al gioco, pensando “avranno le allucinazioni”. Ma... altro che allucinazioni, una bella mattina un operatore entrando in camera ha trovato i gatti che passeggiavano per la stanza e ha cominciato a gridare, “com’è possibile, da che parte sono arrivati?” Come fulmini tutti nella camera 209 per capire cosa stesse accadendo, che risate vedere un’ausiliaria che cercava di stanare i gatti da sotto il letto con la scopa mentre questi, impauriti dal frastuono, miagolavano e si rintanavano sempre più sotto. Pierina e Severina piagnucolando gridavano “lasciateli stare”... grande agitazione e fermento, sembrava ci fosse un giallo da risolvere, una strana presenza da spiegare... no niente di tutto questo, semplicemente i due gattini arrivavano verso sera, miagolando, davanti alla porta della cucina e le operatrici davano loro del latte e ogni tanto, anziché andarsene per dove erano venuti. si infilavano nella camera adiacente... Anna Maria Belotti, e scusate se di Lei scrivo nome e cognome per esteso, ma lei a Residenza Amica ha vissuto per vent’anni: era il 18 settembre 1990 quando vi è arrivata. Quante situazioni, emozioni condivise; per Lei si stava organizzano “un momento speciale” durante la manifestazione della festa di settembre “ottava fiera una volta”; invece il 25 luglio 2010 Anna ci ha lasciati, e questa lettera è stata sicuramente l’omaggio più significativo per una persona speciale come è stata Anna. “La signora Anna, l’Anna Belotti, “l’anziana” di Residenza Amica ci ha lasciati. Se n’è andata sommessamente, con la stessa discrezione con cui ha vissuto per 20 anni a Residenza Amica, proprio dalla sua apertura. La vedevamo spuntare dal corridoio, quasi in punta di piedi, stringendo l’inseparabile scialletto, sempre contenta di vederci, di salutarci, di chiederci come stavamo. Talvolta, soprattutto nelle grigie giornate invernali, quando una nota di tristezza le percorreva le parole, era subito pronta a riprendersi, quasi timorosa di aver osato troppo. Da lei abbiamo imparato la prudenza e l’accettazione dei limiti della nostra esistenza. Cara signora Anna, chissà se siamo riuscite a farle capire che le volevamo bene e che ci mancherà proprio tanto. Ma di una cosa siamo sicure: che la Madonna, a cui era tanto devota, l’ha accolta nel suo Paradiso avvolgendola in uno scialle di fiori”. Antonietta e Luigia, secondo piano. Erano entrate insieme il 18 settembre; ripensando a loro, mi affiora l’immagine del “gatto e la volpe” di Pinocchio. 66 Luigia si lasciava comandare a bacchetta, ed era succube della compagna; pur sforzandomi non credo di trovare qualcosa che le accomunasse, una tanto buona e accomodante, l’alta “peperina” e pretenziosa, e comandava sempre qualcosa alla compagna, ma la cosa strana è che Luigia stava sempre con Antonietta ed era la sua ombra, inutile cercare di allontanarle. Augusto, un signore molto simpatico e dinamico, stava al primo piano, era una “ forza della natura”: si spingeva sulla sedia a rotelle per tutto il corridoio, avanti e indietro, e quando il tempo lo permetteva usava la carrozzina elettrica per girare nel parco e anche all’esterno. Era un mattiniero e, quando il personale cominciavano le alzate, armato di trombetta lui passava di porta in porta a dare la sveglia, amava stare con la gente, teneva banco con le sue barzellette e sapeva scherzare sul suo handicap (gli era stata amputata una gamba). Quante volte ci ha divertiti con la storia delle scarpe: raccontava di come faceva impazzire le commesse quando andava ad acquistarne un paio, fingeva di volerne comprarne una sola perché a lui due non servivano, “non ne voglio un paio, ho un piede solo, l’altra a me non serve, come devo dirvelo?” e descriveva l’imbarazzo delle commesse che non avevano parole e si sentivano a disagio senza sapere che fare. Ogni volta che ci intratteneva con questa storia aggiungeva particolari che coloravano il tutto di una luce sempre diversa. Era uno spasso stare ad ascoltarlo! 67 ... e infine tocca gli ospiti L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). Regina, secondo piano. Ripensando a lei mi verrebbe da dire: “era una macchietta”, ma forse non è il caso. Spesso si metteva in situazioni di pericolo, per fortuna senza gravi conseguenze, come quando aveva pensato di recuperare la valigia dall’armadio in alto, utilizzano la poltrona ed è finita a gambe all’aria. Non so se riuscirò a rendere l’idea, di come l’abbiamo ritrovata quando siamo entrati in camera. Regina pesava sì e no quaranta chili, gambe sottili, indossava una gonna a scacchi rossa e nera a pieghe e calze nere, stava per terra e teneva le gambe in verticale e le muoveva di qua e di là come rami al vento; Regina era cognitivamente un po’ disorientata, viveva nel suo mondo. Prima del pensionamento aveva lavorato cinquant’anni dietro il bancone di una ricevitoria del lotto e spesso pensava di starci ancora e si cimentava nel tentativo di suggerirci numeri vincenti, e se le raccontavi un tuo sogno, “partiva in quarta” e te lo “smorfiava” a modo suo; alla fine snocciolava una serie di numeri che, secondo lei, sarebbero risultati vincenti. Qualche volta, devo dirlo, abbiamo provato a giocarli, ma niente terno e neanche ambo. Chissà se quando lavorava “i numeri li dava meglio”, di fatto era divertente stare ad ascoltarla, quando coi suoi modi distinti parlava di ruote, ambi e terni. come se parlasse del Vangelo. Romilda. Come non ricordare Miss Residenza Amica, così la chiamavamo tutti, perché sempre impeccabile indossava abiti raffinati e si ingioiellava sempre. Ha vissuto dodici anni in casa di riposo, di lei ricordo la smania e la voglia di essere bella, ogni raggio di sole era suo. Gia ai primi di giugno, indossava prendisole e cappello di paglia e usciva in giardino a prendere il sole, dovevate vedere come si preparava accuratamente per “far colpo”... e faceva colpo per davvero, sugli “ometti”. Vincenzo, originario della Campania, un gentiluomo di altri tempi. Durante le attività di animazione ci deliziava con le sue serenate in dialetto napoletano, ci metteva “anema e core” e bisogna proprio dire “che teneva una bella voce”, era di corporatura minuta, ma di carattere fermo e deciso, anche un po’ particolare, se vogliamo, e particolari erano le tecniche che utilizzava nel colorare, un modo tutto suo, che lo differenziava dagli altri: un vero artista. Carolina, in arte “massaggiatrice”. Scherzi a parte, se lamentavi qualche dolore alle articolazioni, ti invitava in camera sua, una bella pomatina con massaggio ed eri sicuramente in via di guarigione. Finita la “terapia” raccomandava di non dire nulla a nessuno; “non vorrei che lo venisse a sapere il Dott. C., è il marito di mia nipote e lavora qui”. Carolina era una persona riservata, amava stare tranquilla in camera sua in compagnia del suo breviario, una donna di poche parole, si potrebbe pensare; non proprio, le piaceva par68 ... e infine tocca gli ospiti lare, ma “a tu per tu”, temeva di sbagliare o di non riuscire a spiegarsi bene, “tal set mi u minga studià” 1, si scusava sempre. Giuseppina: quanti chilometri nell’arco di una giornata lungo il corridoio del secondo piano! Ad ogni persona che incontrava domandava: “o lü (o Lee)2, la strada per andà a Giussan?3” e poi di nuovo in pista, avanti e indietro… Lina: che portento! Le raccontava”grosse”, ma le diceva tanto bene che ti nasceva il dubbio se fossero vere oppure no. Era una donna robusta dal viso sornione, ne aveva per tutti, “varda questa, varda quel’altra”4. E poi, quando raccontava barzellette, lo faceva proprio bene. Antonietta era entrata il 18 novembre del ’93, una donnina di un metro e quaranta, una camminatrice per eccellenza; se le offrivano un passaggio non accettava mai, anche se conosceva le persone, “la mia macchina sono le gambe”, rispondeva, e proseguiva per la sua strada. Era decisa e testarda: infatti dopo tre mesi che era in casa di riposo, una mattina è entrata in segreteria esordendo: “vado a casa mia”. Tanto ha fatto e tanto ha detto che è veramente tornata a casa. È ritornata poi a Residenza Amica nel febbraio del ‘98, in seguito ad una caduta era stata ricoverata in ospedale, ma non avevano praticato l’intervento data la sua età. Solo per la sua statura la si poteva definire una donnina, ma era una donna tutta d’un pezzo, con una grinta e un carattere forte sino all’ultimo. Ogni volta che raccontava di sè, muoveva le dita della mano in modo bizzarro, mostrandone tre, per dire che aveva avuto tre mariti ed era rimasta vedova tre volte e ancora, quando le si chiedeva quanti anni avesse, il rituale era sempre lo stesso e mostrando “due dita” aggiungeva “gho vint’ann e una cavagna de setimann”5. Anna ha vissuto quattro anni in casa di riposo: arrivava da Milano, non gradiva molto partecipare alle attività proposte, amava uscire all’aperto, per questo aveva una “badante” e solo a volte si univa ai gruppi, lo faceva soprattutto quando c’erano attività ludiche o feste, la signora Anna ha spento con noi “le cento candeline”. Claudia: di lei racconto l’aneddoto più spassoso. Era una signora un po’ disorientata, amava raccontare e, per come si atteggiava, risultava diverten1 2 3 4 5 sai, io non ho studiato senta; la strada per Giussano; guarda questa, guarda quell’altra; ho superato le ottanta primavere; 69 L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). ... e infine tocca gli ospiti te; potete immaginare cosa succedeva quando qualcuno “le dava corda”. Era di statura alta e soffriva di dolori alle gambe, stava in carrozzina e spesso lamentava male e ridacchiando diceva “bisognerebbe cambiarle, metterne un paio più giovani”. Una volta era presente un volontario, Angelo, che a sentirla dire così, partì in quarta, dicendo: “non ci vuole niente, venerdì andiamo al mercato e ne compriamo una”. Il venerdì successivo proprio Angelo spingeva la carrozzina di Claudia e, quando sono arrivati in prossimità del venditore di calze, si è fermato, ha preso una di quelle gambe esposte e gliel’ha data. Non sto a raccontare i dettagli, tira di qua, tira di là, ma Claudia teneva ben stretta la “sua gamba” e l’ha anche portata a casa. Immaginate come se la ridevano quelli che si trovavano a passare in quel momento. Maria Teresa ha vissuto sette anni a Residenza Amica, era una persona dall’aspetto molto distinto che mi metteva in soggezione; anche se col passare del tempo ho raccolto molte confidenze, non sono mai riuscita a darle del tu. La signora Maria Teresa era rimasta vedova, non aveva figli e la scelta della casa di riposo l’aveva fatta la nipote, dopo che la zia era caduta più volte inciampando. Era molto religiosa e dedita alla Chiesa, ha continuato a farlo anche per il tempo trascorso in struttura. Diceva sempre: “non mi manca niente, c’e anche il superfluo, ma mi manca la libertà, mi sento un uccello in una bella gabbia dorata che ha cibo e acqua, ma non può spiccare il volo e volteggiare nel cielo”. Zeno è arrivato in casa di riposo con il suo motorino, un cimelio dal quale non voleva separarsi. Dopo pranzo inforcava il “suo mezzo” e pedalando e accelerando cercava di farlo partire, ma che fatica!, sarebbe stato più semplice andare a piedi, e sicuramente avrebbe impiegato molto meno tempo, ma guai osare dirgli qualcosa... Maria, una persona “precisina, precisina”. Ordine, pulizia e cura dell’aspetto erano il suo motto. Ha vissuto dodici anni in casa di riposo, molte volte si è ritrovata a raccontare di sè, della sua infanzia, del fratello perso in guerra; del marito parlava con orgoglio, i suoi occhi si illuminavano e non possiamo darle torto. Diceva infatti “io e mio marito andavamo proprio d’accordo, e vi dico anche che i miei genitori non volevano che lo sposassi, perché lui era un operaio e io una che stava bene, volevano che sposassi quello che dicevano loro”. Anche a lei, come spesso si usava a quei tempi, i genitori avevano scelto per fidanzato il figlio di amici con una bella posizione, ma il suo cuore batteva già per A., un bel giovane. Anche le amiche le dicevano: “Maria devi sposare il macellaio? Spusa minga quell lì 6, per l’amor del cielo 7”, el va ben no, va pusee ben quell’alter che te cugnusett”. I contrasti in fami70 ... e infine tocca gli ospiti glia non furono pochi, ma al cuore non si comanda. Maria lascia la casa dei genitori e sposa il suo “Amore”. Era la mattina del 6 maggio 1995 ero di servizio al centralino e non erano ancora le sette, quando con passo deciso vedo arrivare una signora (era entrata in Residenza Amica il giorno prima), teneva in mano ciabatte e camicia da notte pronta a prendere la porta d’uscita; mi sono avvicinata, la signora mi ha guardato stupita di vedermi, e ha detto: “ecco la mia Paola”, e poi “cosa fai qui?”. Sto lavorando, ho ribadito, e lei: “se ci sei anche tu, resto anch’io”. La faccenda può apparire un poco strana, niente affatto, se pensate che da quel momento per lei sono stata Paola. Rosetta mi aveva scambiato per la nipote (devo dire che qualche somiglianza c’era, stesso taglio di capelli, entrambe con gli occhiali), inutile cercare di dissuaderla, nemmeno il figlio ci riusciva, tentava di spiegarle che non ero Paola, ma lei convinta di sapere il fatto suo si irritava e diceva “non capisce proprio più niente lo zio, ma si può che non ti riconosce?”. E ancora dovete sapere che, quando capitava di andare al mercato (stava a braccetto solo con me) e mio marito mi dava una mano, lei si irritava che mi parlasse e diceva “cosa vuole?” e rivolta a lui “vai, vai non abbiamo bisogno di te.” Era tenerissima e quando qualcuno le domandava chi io fossi, se le veniva subito diceva “l’è la mia Paola”, altrimenti rispondeva “dimmelo tu, io so bene chi è”! Febronia: critica su tutto e su tutti, di quelle alle quali non va mai bene niente e che trovano sempre il pelo nell’uovo. Difficile rapportarsi con lei se non era giornata, quelle volte o meglio quelle poche volte che “era in sè” sapeva essere anche divertente e simpatica. Pensate che, dopo aver ascoltato la sua storia, mi ero convinta avesse tutte le ragioni di essere arrabbiata con il mondo e invece mi aveva preso in giro per bene. Un momento, facciamo un passo indietro. Un pomeriggio, durante un’attività, siamo arrivate a parlare di “morosi” e Febronia si è messa a raccontare che il suo grande amore era partito per la guerra; lui le scriveva dichiarandole tutto il suo amore, e le prometteva di sposarla appena tornato, ma lui non era mai tornato: durante una missione il suo aereo era precipitato e Febronia non aveva più voluto saperne di uomini. Ci ha poi raccontato che le spoglie erano seppellite nel cimitero di Giussano al “tal campo, al tal numero” e lì c’è veramente un pilota caduto in guerra, Converrete con me che è una vicenda davvero toccante da segnare la vita di una giovane innamorata, ma poi ho scoperto che questo non era l’epilogo dell’amore di Febronia ma la trama di un 6 7 non sposare quello lì; per l’amor del cielo, non fa per te, meglio quell’altro che tu conosci 71 ... e infine tocca gli ospiti libro di Liala che lei aveva deciso di far sua. Che attrice e come ha saputo recitare bene, anzi benissimo! Novembre 1999: Antonietta B. entrava a Residenza Amica e con lei la camera 105 del primo piano si è trasformata “nel piccolo rione di Paina”. Come? direte. Non è facile spiegare a parole “il vulcano” di simpatia, allegria e voglia di vivere che sapeva trasmettere. Prima o dopo le attività di animazione, nei momenti morti, si faceva portare in camera le amiche di Paina (appunto), l’Amalia, la Pina, la Giuseppina, e le sentivi fare di quelle risate “genuine”, chissà cosa raccontava? Per quanto mi riguarda, questo è stato il periodo più “brioso”. Antonietta assomigliava alla lava incandescente; per capire meglio com’era, vi basti pensare che a 83 anni ha scritto un libricino intitolato: “i miei primi ottantatré anni, da leggere lontano dai pasti”. Riporto la presentazione fatta dalla pronipote F. che allora frequentava la quarta elementare. “A Giussano, alla Residenza Amica c’è mia nonna. È una signora anziana, è seduta su una sedia a rotelle e si fa trasportare come niente fosse. Lei porta con sé degli occhiali con la montatura oro finto, ha uno “chignon” sui capelli molto curato. Il suo volto è chiaro, i suoi capelli grigi e ha degli occhi blu. Comunque, per me è molto ma molto speciale”. Penso anch’io che fosse speciale, il sorriso sempre sulle labbra, anche se nella vita ne aveva passate, aveva il dono di trovare il lato buono in ogni cosa. Per concludere vi riporto un brano di pag. 4 – ... quasi cinque anni dopo, nasceva ML: tanto bella(??) che tutti la volevano vedere, soprattutto per via degli occhi a mandorla e in molti mi chiedevano spiegazioni. Sarà che ho guardato troppo le bustine dello zafferano tre cuochi (fra questi un cinesino), che sorridendo porgevano un piatto di risotto fumante. I nostri vecchi dicevano che era di buon auspicio guardare le fotografie dei bei bambini, io invece guardavo le bustine dei tre cuochi con il cinesino che mi piaceva tanto... Elvira: il ricordo che ho di lei è il momento del suo ingresso. Quando l’ho accolta, era consapevole della sua situazione: si era sposata a 45 anni ed era vedova senza figli, era caduta sul ghiaccio la vigilia di Natale andando per le prove del coro natalizio, si era fratturata il femore e non era più in grado di gestirsi in modo autonomo. Perciò aveva deciso di entrare in Residenza Amica e, mentre mi parlava, un nodo alla gola le fece tremare la voce, ma un attimo dopo, come se nulla fosse, ha continuato a raccontarmi di sé, della sua passione per la musica e il canto: sapeva suonare il pianoforte e cantare era la sua valvola di sfogo nei momenti tristi. Una donna d’altri tempi nel vestire e nella postura sobria, ma signorile al tempo stesso. 72 ... e infine tocca gli ospiti Alcune interviste Dopo il ricordo di quanti hanno trascorso periodi più o meno lunghi a Residenza Amica, ecco le interviste rilasciate da alcuni ospiti nel corso del 2010. Carlo G. Nato a Giussano (o meglio, come ci tiene a precisare, nella frazione di Brugazzo) nel 1919, ha lavorato come fabbro ferraio in una nota azienda giussanese fin quando, nel marzo del 1939, fu chiamato alle armi. Cosa ricorda della terribile esperienza della seconda guerra mondiale? Il primo episodio che ricordo in modo chiaro risale al 1942 quando fui portato a Bari, dove attesi quindici giorni prima di imbarcarmi per la Grecia. Arrivammo dopo sei giorni, dapprima non sembrava di essere in guerra, poi cominciammo a sentire gli spari e capimmo che si faceva sul serio. Di quell’esperienza il ricordo più doloroso è la perdita di due commilitoni, uno di Varese, l’altro di Busto Arsizio, coi quali avevo stretto rapporti di amicizia. Mentre mi ero allontanato alla ricerca di un po’ di cibo (non era facile trovare qualcosa da mangiare) furono colpiti a morte dai cecchini greci e toccò proprio a me seppellirli. Poi nel 1943 mi ammalai di tifo, fui rimpatriato e trasferito nell’ospedale di Asti. Dopo una breve licenza, che mi consentì di ritornare a casa per una ventina di giorni (in realtà la licenza era di quindici giorni, ma io la prolungai rischiando di subire una punizione), fui trasferito a Torino nella caserma “Armistizio con la Francia”, situata in prossimità del Parco del Valentino. Lì aiutavo gli infermieri e facevo qualche lavoro per il tenente: egli aveva una fattoria vicino a Cuneo ed io ci andavo periodicamente a prendere la carne. Come si è conclusa l’esperienza di guerra? L’8 settembre 1944 appresi dalla radio la firma dell’armistizio. Con alcuni compagni (eravamo in cinque) fuggii a piedi da Torino e la sera del 13 settembre arrivai a casa. Inizialmente incontrai difficoltà a trovar lavoro, per cui me la cavavo con lavori occasionali di lucidatore, un mestiere che avevo imparato da giovane. Finita la guerra ho fatto il lucidatore fino a quando sono andato in pensione. Nel 1944 mi sono sposato e dal matrimonio è nato un figlio. Com’è maturata la decisione di entrare in Residenza Amica? La moglie si è ammalata e progressivamente aggravata, inizialmente ho cercato di assisterla, poi anch’io ho cominciato ad avere degli svenimenti, a volte cadevo improvvisamente, una volta, ricordo, mentre ero nell’orto. Di 73 ... e infine tocca gli ospiti fronte all’alternativa di restare in casa con una badante o scegliere la strada del ricovero, ho preferito questa seconda soluzione e non me ne pento... Sono entrato nella Casa nel marzo del 1999, dopo alcuni mesi è entrata anche mia moglie che però, viste le sue precarie condizioni, non è sopravvissuta a lungo e mi ha lasciato nel corso del 2000. Come ha trascorso e trascorre tuttora la sua giornata? Qui mi sono ambientato subito, mi trovo in compagnia con altri ospiti, partecipo a tutte le iniziative che vedono protagonista il gruppo degli uomini; ad esempio, ogni anno mi reco ad assistere alle prove del Gran Premio automobilistico di Monza. Ora che ho 91 anni mi manca la bicicletta, la passione che ho coltivato fin da giovane e che ho continuato a praticare finchè ho potuto: ricordo ancora di aver acquistato la prima bicicletta, un’Atala, con i soldi dei miei primi straordinari. Però ho sostituito questa passione con un’altra, faccio dei lavori in carta che dono alle scuole, alle scuole materne, al personale. Con Carlo G. la nostra conversazione ha avuto per interlocutore un ospite presente da molti anni, gli altri due intervistati sono arrivati in tempi più recenti. Maria G. è nata nel 1924 a Roncade, in provincia di Treviso, ha avuto una vita dura, otto figli da allevare, mentre il marito era impegnato nei lavori del contadino. Quando è arrivata in Brianza? Nel 1948 ci siamo trasferiti a Seregno e mio marito ha cambiato completamente lavoro: da contadino è diventato falegname, il mestiere di tanti brianzoli in quegli anni, faceva i fusti per i salotti. Com’è nata la decisione di entrare nella nostra Casa di riposo? Morto mio marito nel 2006, è sopravvenuta la malattia, a volte perdevo l’equilibrio e finivo per terra. I figli (me ne sono rimasti sei) hanno tutti famiglia e relativi impegni: sono contenta di avere 14 nipoti e 11 pronipoti. Ho deciso di non essere di peso per nessuno e quindi da ottobre dello scorso anno, quando si è reso disponibile un posto, ho preso la decisione di entrare nella Casa di riposo. Come si trova qui a Residenza Amica? Appena entrata mi sono trovata subito bene, non ho impiegato molto tempo per ambientarmi. Qui non mi manca niente, partecipo alle attività, ad esempio la ginnastica, e ascolto volentieri le animatrici quando ci leggono qualcosa di interessante. 74 ... e infine tocca gli ospiti Ha qualche suggerimento da proporre? Della situazione attuale penso che non cambierei nulla, perché sono molto soddisfatta. Se Maria G. ha espresso, nel corso dell’intervista, una visione “solare” e dichiaratamente soddisfatta della vita che sta trascorrendo a Residenza Amica, la voce di un altro ospite è stata, invece, ricca di suggerimenti e osservazioni, e questo è un bene, perché le strutture, anche quelle che funzionano, possono funzionare sempre meglio. Edoardo B. è nato a Sesto S. Giovanni, la sua attività lavorativa è stata quella di impiegato amministrativo in aziende di diversi settori (edilizia, meccanica, commerciale) ed ha concluso la sua carriera lavorativa in una ditta di Meda. Si è trasferito a Giussano nel 1981 e qui ha abitato fino al momento in cui ha preso la decisione di entrare in Residenza Amica. Com’è maturata questa decisione? Mi sono ammalato seriamente, ero solo, senza famiglia (separato dalla moglie) e quindi senza assistenza. Ricordo che quando sono entrato in Residenza Amica, nel mese di ottobre del 2006, ero quasi in fin di vita e devo ringraziare l’assistenza medica che qui mi è stata riservata se mi sono poi gradualmente ripreso. Cosa pensa di Residenza Amica e del suo funzionamento? Cosa si potrebbe fare per migliorare il servizio? La struttura è sicuramente bella, c’è tanto verde, ma sarebbe opportuno che questi spazi venissero attrezzati. Un’iniziativa che si potrebbe attuare è quella di ampliare e potenziare i servizi che già funzionano e, magari, riprendere una vecchia idea presente nel progetto iniziale della Casa, quella di ambulatori aperti anche all’esterno. L’Amministrazione comunale dovrebbe mettere a disposizione della Casa un po’ di fondi per migliorare costantemente la struttura e in futuro si potrebbe pensare anche ad ampliarla, visto che le richieste di ingresso sono tante e l’attesa a volte lunga. Inoltre, ma questa è solo una mia opinione, c’è troppa dipendenza politica dal Comune, dal momento che il Consiglio di Amministrazione è nominato interamente dal Comune scegliendo tra i nominativi proposti dai partiti. Un altro problema che, secondo me, andrebbe affrontato è quello della sicurezza della struttura: manca una portineria, che faccia da filtro e non consenta facile accesso dall’esterno, ma anche altrettanto facili “evasioni” di ospiti. Infine sarebbe opportuno che fossero periodicamente organizzati corsi di aggiornamento per il personale, al fine di porlo nelle migliori condizioni, anche 75 ... e infine tocca gli ospiti ... e infine tocca gli ospiti psicologiche, per rapportarsi con gli ospiti e le loro problematiche. A questo proposito penso che un maggior coordinamento tra le persone che operano in Residenza Amica potrebbe portare ad un miglioramento del servizio. Nelle testimonianze di alcuni ospiti pagine di una vita d’altri tempi Jolanda, il braccio destro di Gisella nella realizzazione delle “pigotte” (bambole di pezza) per l’UNICEF. Esordisce dicendo: “sont vegnuda vegia 8”; vivevo da sola, mio marito è morto ventun anni fa, non abbiamo avuto figli, perciò cosa restava da fare se non venire qua? Abbiamo lavorato una vita e poi mio marito è andato in pensione, e… neanche un anno dopo è morto; e per un po’ mi sono arrabattata da sola, poi da sola mi deprimevo e allora ho chiamato mio fratello, gli ho detto che da sola non ce la facevo più e non volevo essere di peso per nessuno. Mi viene in mente quando ero giovane, quando ero più attiva, e invece adesso faccio con fatica tante cose; era tutta un’altra cosa prima, T. mio marito aveva vent’anni quando l’ho conosciuto, a presentarci mio cugino. Dopo quel primo incontro una domenica di dicembre in cui aveva nevicato ed io stavo tornando a casa dal catechismo, T. è uscito dall’osteria, mi ha fermato e mi ha dato appuntamento per la domenica dopo. Ricordo ancora quando siamo andati con mio cugino, la sua morosa e il T. a Milano a trovare un mio zio, siamo ritornati tardi, mio padre era molto arrabbiato e mi ha punito non lasciandomi uscire la domenica dopo. T. non vedendomi, quella stessa sera si è presentato a casa, ma anche dopo averlo conosciuto mio padre era molto diffidente sul suo conto, così è andato dal “Curato” a prendere informazioni, e lu el gha respundù: “e vegnen chi a dumandà chi l’è lü, ma me disen minga cume l’è lee” 9. Da cosa nasce cosa e ci siamo ritrovati “insieme”. Il nostro fidanzamento è durato cinque anni. Il ventinove settembre del 1945 ci siamo sposati nella chiesa di Verano, S.S Nazzaro e Celso; la cerimonia è stata ufficiata proprio dal parroco. Quel giorno pioveva che Dio la mandava e dopo la cerimonia cont l’umbrela e a pee sem nà a Giussan a fa la fotografia10; io indossavo un soprabito bianco e mio marito il doppio petto grigio. Il pranzo di nozze l’abbiamo fatto alla sera alla cooperativa di Robbiano e poi sul tardi degli amici ci hanno fatto la serenata. Niente viaggio di nozze gh’era minga de danee11. T. aveva la casa e ci siamo trasferiti lì dove Sopra: Natale a Residenza Amica. A destra: anziani e bambini a Residenza Amica, dove le generazioni spesso si incontrano. 8 9 10 11 76 sono anziana; ha risposto, vengono a domandare di lui, ma non mi raccontano nulla di lei; con l’ombrello, e a piedi siamo andati a Giussano dal fotografo; non c’erano soldi; 77 ... e infine tocca gli ospiti aveva anche la sua attività di falegname e in quella casa abbiamo vissuto insieme per trent’anni, non abbiamo avuto figli, ma in compenso tanti nipoti e con loro volevamo festeggiare il trentesimo anniversario, ma purtroppo si è ammalato. Ma “al men te capì un quaj coss, perché di volt me vegn de parlà un poo in dialett?”12. Sì proprio così, Jolanda amava parlare in dialetto e si divertiva un mondo nel metterci in difficoltà. Margherita ha festeggiato il 60° anniversario di matrimonio a Residenza Amica, lei e il suo L.R si sono sposati nella Chiesa di Santa Elena (inaugurata dalla Regina Elena) a Milano. Torniamo indietro nel tempo. È il 1944 e c’è la guerra. Ci troviamo in quella che è ancora periferia di Milano. Due fidanzati, lei di soli 20 anni e lui di 22, si recano a piedi alla Chiesa in via Novara. Sono fidanzati da appena cinque mesi. Lui era marinaio su di un sottomarino che navigava nelle acque del Mediterraneo quando, di ritorno dalla costa africana, nei pressi di Pantelleria, veniva intercettato da una vedetta inglese e subiva un bombardamento subacqueo da una nave che sganciava bombe di profondità. Il sottomarino per fortuna non venne affondato ma subì danni tali da essere costretto nel porto di La Spezia per riparazioni. Così L. tornava nella sua Milano e qualche tempo dopo faceva la conoscenza di un’amica della sorella, e si innamorava al punto di chiederle di sposarlo dopo pochi mesi. Torniamo a quel 10 giugno 1944 e alla nostra Margherita che, a piedi, con la sua famiglia, raggiunge lo sposo davanti all’altare. La sposa è vestita con un tailleur beige, ha un turbante bianco sul capo come vuole la moda del momento, è raggiante ma molto stanca perché la notte scorsa non ha dormito, per preparare il pranzo del banchetto nuziale (non per l’agitazione). Davanti alla Chiesa un’allieva di L. (che è musicista) porge alla sposa un mazzo di fiori, un bouquet tanto inatteso quanto gradito. Con la farina e la carne recuperata alla borsa nera è stato preparato un menù a base di tagliatelle al sugo, insalata e arrosto, torta nuziale. Sono stati invitati i parenti stretti a casa dello sposo dove i due futuri coniugi andranno a vivere dopo le nozze. Il papà dello sposo non c’è perché prigioniero degli inglesi in Tunisia e la mamma lavora per mantenere la famiglia: perciò si è deciso che Margherita si occuperà della casa e dei suoi sette cognati, due dei quali hanno appena 4 e 5 anni. I due sposi non sapevano ancora che un anno dopo papà Gaetano sarebbe tornato a casa e loro sarebbero andati a vivere da soli recuperando un letto scampato ai bombardamenti, alcune lenzuola e una trapunta vecchia. E ovviamente non sapeva12 ma hai capito qualcosa, perché io a volte parlo in dialetto; 78 ... e infine tocca gli ospiti no che la loro vita insieme, tra alti e bassi, sarebbe stata lunga e felice. Hanno avuto una figlia, Margherita, e hanno vissuto tra Milano, Seregno, Napoli, Modica, Genova, Acqui Terme, grazie al lavoro di lui! Una favola d’altri tempi, non vi pare? Rosa V.: “Sono nata il 18 Settembre del 1919, da papà A. detto Cornelio e mamma L. ed ero la penultima di 13 figli. Da quando sono nata ho cominciato a soffrire, ero molto delicata e fragile, ero sempre ammalata e per questo ho studiato solo fino alla terza elementare. Poi con il passare degli anni sono diventata un vero maschiaccio: mi arrampicavo sugli alberi e andavo a cavallo, anche se dovevo sempre stare attenta per via della mia salute ancora cagionevole. Abitavamo vicino allo stabilimento dove papà faceva il carrozziere e dove sono nati i miei fratelli, mentre io e la mia sorella minore siamo nate in una casa di cortile. Il lavoro andava bene: infatti io ho sempre portato le scarpe e non gli zoccoli. Il papà era molto intransigente: ci voleva sempre tutti a tavola, non poteva mancare nessuno, si chiacchierava e ognuno raccontava quello che gli era successo durante la giornata. Rimasti soli, mia sorella maggiore non voleva che io mi fidanzassi perché aveva paura di rimanere sola, ma io non avevo nessuna intenzione di assecondare questa sua scelta, così lei si è sposata con un vedovo industriale padre di quattro figli già sistemati. Frequentando spesso casa loro ho conosciuto il fratello di mio cognato e tra noi è nata una certa simpatia che, purtroppo, non si è consolidata perché un brutto giorno, mentre era militare sul Moncenisio, per la rottura di un tubo della stufa è morto asfissiato insieme ad un suo compagno un mese prima che cominciasse la guerra. Dopo la guerra un’amica e collega mi presenta un bel giovane di nome E, amante del ballo come me, di lì a poco ci siamo fidanzati e dopo tre anni ci siamo sposati. Solo allora ho scoperto che mio marito aveva un anno in meno di me: me lo aveva tenuto nascosto perché sapeva che non avrei mai sposato un uomo più giovane, ma l’amore aveva fatto il suo corso e non ne feci un dramma. Dopo sposata sono entrata nella famiglia di mio marito nella quale nessuno parlava molto e io ne soffrivo, abituata com’ero a dialogare, ma E. si è dimostrato un uomo premuroso e affettuoso e ho vissuto con lui 54 anni molto felici. Esterina S.: “Quando avevo 27 anni ho conosciuto mio marito L. Una domenica pomeriggio sono andata con la mia amica P. alla balera di Villa Raverio per mangiare un gelato. Mentre gustavo il gelato, arriva alla balera uno sconosciuto da Milano con in spalla il trench, si avvicina e mi invita a ballare, io rispondo che non sono capace e lui : “Allora cosa sei venuta a fare?” e io: “Che scoperta, non tutti sono capaci di ballare, sono qui per guardare!”. 79 ... e infine tocca gli ospiti Così si allontana, ma dopo un po’ ritorna e mi dice: “Vieni! Ti insegno io a ballare!”. E io sono andata. La mia amica poi è andata a casa e io sono rimasta con lui fino a sera, prima che facesse buio siamo tornati a casa, perché avevo la bicicletta. Ci siamo salutati dandoci l’appuntamento per il sabato successivo. Arriva il sabato, ma io, temendo di ricevere un bidone, non mi sono presentata all’appuntamento. Non ci ho più pensato per quasi un anno, ma un giorno, ero alla stazione del treno a Seregno per andare a Como e lo incontrai nuovamente senza quasi riconoscerlo. Lui era con la mamma e la cognata diretto a Busto Arsizio a trovare il fratello. Prima di salire sul treno ci siamo dati appuntamento per la sera in stazione a Seregno. La sera stessa in stazione ci siamo dati un nuovo appuntamento alla “nota” balera di Villa Raverio. Questa volta all’appuntamento mi sono presentata e … senza amica! Abbiamo cominciato a “parlarci” tra un ballo e l’altro. Qualche mese dopo, l’ho invitato a casa mia a Paina, ma non ho potuto presentarlo a nessuno perché i miei genitori erano morti e le mie tre sorelle tutte sposate, gli ho offerto un caffè e in bicicletta siamo andati a ballare. Così per due anni. Poi nel 1950, un sabato mattina alle dieci, ci ha sposati Don Gaetano nella chiesa di Paina: indossavo l’abito bianco, che era di mia sorella L, era stato già usato, ma era bello e a me andava a pennello! All’altare mi ha accompagnato mio cognato C. Avevo il velo e lo sorreggeva mia nipote. La Chiesa era addobbata con dei magnifici fiori offerti da mio marito. Successivamente nella stessa giornata ci sono stati altri due matrimoni che hanno goduto dei nostri fiori. Al momento dello scambio della promessa di matrimonio, scopro che il mio L. in realtà si chiama Giuseppe, cosa che nessuno si era ricordato di dirmi prima! Abbiamo pranzato dai parenti di L. a Sesto. Per andarci abbiamo preso la macchina a nolo. Non ho le foto perché il giorno dopo non siamo andati a farle. Il viaggio di nozze a quei tempi non si usava. Abbiamo prima abitato in un locale grande che faceva da soggiorno, cucina e camera, il bagno era comune in cortile; poi ci siamo spostati a Cortenuova dove avevo la stanza da letto, la cucina, e sopra lo “spazacà”13 e soprattutto il bagno tutto per noi, con l’acqua corrente!” Angelo B.: “Quando ero giovane vivevo a Venezia, mentre mia sorella abitava in campagna. L’andavo a trovare una volta alla settimana in pullman. 13 solaio; 80 ... e infine tocca gli ospiti Quando salivo sul bus incontravo sempre una ragazza di nome E. e la salutavo. Una sera pensando che fosse lei, l’ho salutata ma avvicinandomi mi sono accorto che era un’altra persona, era la sorella di E. e si chiamava N. M.. Prima della fine del viaggio le avevo già promesso che, se fosse venuta a Venezia, le avrei fatto vedere la città e il lido. Così tramite E, la sorella ha trovato lavoro e si è trasferita in città e ci siamo fidanzati, poi per motivi di lavoro ho dovuto trasferirmi a Milano. Prima sono partito io, poi dopo qualche mese è partita anche lei e ci siamo sposati. Io avevo 25 anni, mentre M. ne aveva 22. Il nostro matrimonio è stato molto semplice, prima in Comune e poi in chiesa con 60 invitati. Il pranzo lo abbiamo fatto in casa. Per avere un ricordo di quella giornata, abbiamo fatto le foto fuori dalla chiesa e in casa, ma purtroppo durante i vari traslochi sono andate tutte perse. Con M. ho avuto due bambini: Pietro A. e M. Abbiamo vissuto felici fino all’ 8 maggio del 2003, quando M. si è ammalata ed entrata in coma è morta: i medici ci dissero che sembrava influenza, ma non ne erano sicuri. L’anno dopo, il 31 gennaio 2004, mia moglie muore dalla disperazione. Dapprima ho vissuto con la badante ma, visto che lei dopo qualche tempo è andata via, ho vissuto da solo fino a quando ho avuto un infarto e mi hanno dovuto ricoverare all’ospedale di Monza. Adesso sono qui a Residenza Amica”. Olga R.: “La mia storia è molto triste. Quando avevo cinque anni nel 1918 mio padre è rimasto vedovo con me e due fratelli da accudire (E. il maggiore e A. il più piccolo). Da solo non ce la poteva fare, c’erano il lavoro, la casa, i figli, così dopo qualche anno si è risposato e sono nati Carlo, Alessandro e Antonietta. La mia infanzia non è stata facile, così come quella dei miei fratelli: la nostra matrigna era spesso cattiva e severa con noi, mentre con suoi figli era accondiscendente e dava loro il più possibile, anche se questo significava privare noi. Ricordo che un giorno la mia madrina mi ha regalato una bellissima bambola di legno,io ero tanto felice per quel regalo, era proprio bella, ma tornata a casa la mia matrigna me l’ha presa e data alla sua bambina. Quella cattiveria mi ha fatto molto male, ma di questa storia non ho parlato con mio padre, era l’unico che lavorava per mantenere la famiglia, sei figli da crescere e otto bocche da sfamare: certo non era uno scherzo con i tempi che correvano, si viveva in miseria. In casa dovevo sempre stare attenta a tutto ciò che facevo per non essere sgridata e punita, cosa che accadeva spesso, ma nonostante tutto c’era un momento in cui ero felice, ed era quando andavo all’oratorio a giocare con le mie amiche. Quando tornavo a casa però dovevo lavorare sodo, dare una mano o “meglio due” e occuparmi dei fratelli. Nel 1934 a ventun anni mi sono sposata con Carlo: il nostro non è stato un matrimonio d’amore come si fa oggigiorno, per niente, lo hanno combinato i 81 ... e infine tocca gli ospiti L’ingresso di Residenza Amica. In primo piano ospiti e parenti, alle loro spalle l’attuale presidente Gian Mario Colombo (al centro) e il consigliere Otello Sabbatini (il secondo da sinistra). ... e infine tocca gli ospiti nostri genitori; i miei e i suoi ci hanno “messi assieme”. All’inizio non è stato facile, infatti ero molto giovane, ma col tempo ho imparato a conoscere e apprezzare mio marito, lui è sempre stato bravo e gentile, abbiamo avuto tre figli: Ambrogio, Angela e Alessandra. Purtroppo dopo solo sedici anni di vita insieme ancora una volta gli eventi della vita non mi hanno sorriso, nel 1950 Carlo muore e io mi sono ritrovata sola e per scelta ho voluto fare sia da mamma che da papà ai miei figli. La mia triste esperienza mi ha portato a non accettare nessun’altra proposta di matrimonio. Non è stato facile, tutti i parenti ad un certo punto hanno iniziato ad allontanarsi perché avevano paura che chiedessi loro qualche aiuto, ma con la mia tenacia e l’aiuto del buon Dio ho cresciuto i miei figli. In casa con me e i miei figli c’era anche mia suocera con la quale andavo molto d’accordo e, strano ma vero, questa cosa dava fastidio a tutti, a tal punto da non essere ben vista dai parenti. Anche se la mia vita non è stata molto facile, adesso sono serena, mi trovo bene a Residenza Amica e ho un buon rapporto con i miei figli e i miei nove nipoti che mi stanno molto vicino e vengono spesso a trovarmi”. Sotto a sinistra: Ospiti di Residenza Amica in visita al Centro Anziani di via Addolorata, nella palazzina già sede della Biblioteca Civica. Carmelina M.: “Ho dovuto lasciare la scuola quando ero ancora piccola, frequentavo la terza elementare, e sono rimasta a casa per dare un aiuto, mia mamma aveva avuto undici figli, anche se cinque sono morti piccoli. Il da fare era tanto; ricordo che andavo a scuola con gli zoccoli e senza calze; andavo bene in aritmetica, mentre in italiano non riuscivo a seguire le spiegazioni. Dei miei Natali ricordo che si andava sempre a casa degli altri a cantare le canzoni di Natale e si mangiava il cappone. Non ho mai ricevuto un regalo; solo una volta mia madre, pensando di farmi una bella sorpresa, mi ha comperato una bambola che avevamo visto in una vetrina, ma a me proprio non piaceva. Poi a undici anni sono andata a lavorare e non ero neppure assicurata. Quando tornavo alla sera mi aspettava altro lavoro e dovevo badare ai miei fratelli. La domenica andavo all’oratorio e dopo aver pregato ci portavano a vedere un film del cinema muto. Era d’obbligo andare a dottrina, altrimenti niente mancia domenicale. Del mio lavoro da ragazza ricordo volentieri quando ero in tessitura, perché mentre eravamo davanti alle macchine cantavamo tutte insieme. A venticinque anni mi sono sposata a Lissone con C.C. e abbiamo fatto il pranzo in osteria. Sono venuti a prendermi col cavallo e il carretto, ma purtroppo il cavallo è scappato e c’è voluto un bel po’ di tempo per ritrovarlo, alla fine lo abbiamo scovato al parco di Monza. Che spasso! tutti a correre a destra e a sinistra. Dal nostro matrimonio abbiamo avuto due figli, E. e L.. Una volta non c’era tutto quello che c’è adesso, non si andava tanto in giro, A destra: Un’uscita serale nella sala consiliare del Comune di Giussano. 82 83 ... e infine tocca gli ospiti si lavorava in casa e fuori e magari, anzi senza il magari, si facevano lavori a maglia o all’uncinetto su commissione per guadagnare qualche extra. Ora tutto è diverso, ma io sono anziana, ho novantacinque anni e sono qui a Residenza Amica. Prima di entrare in struttura vivevo da sola, ma per problemi di salute mi sono dovuta ricoverare al “Parco” di Carate per un breve periodo. Dopo un mese sono tornata a casa, ma quasi subito sono rientrata in casa di riposo. Come struttura mi piaceva molto, avevo tante amiche e mi è dispiaciuto doverle lasciare. Il 10 dicembre 2004 sono entrata a Residenza Amica. All’inizio continuavo a piangere, ma col passare del tempo ho preso con filosofia la situazione ed ora mi trovo bene. A maggio del 2005 siamo andati al mare e mi è piaciuto tanto, mi sono divertita e quest’anno ci torno molto volentieri. Mi piace soprattutto fare le passeggiate e avere tutto il giorno qualcosa da fare. Non ci sono mai momenti tristi, il cibo è molto buono e si mangia tanto pesce”. Maria B.: “Era l’anno 1941 quando ho conosciuto il mio futuro marito C. detto Franco, era un frequentatore del bar trattoria “Du” dei miei zii E. e C. È stato un colpo di fulmine, ci siamo piaciuti subito, ma il nostro amore è stato contrastato sin dall’inizio. Mia mamma non ne voleva sapere, “l’era un operari”14, non gli andava proprio a genio. Mio papà invece mi reggeva spesso il gioco, andavamo insieme alla trattoria dei miei zii, dove io davo una mano, lui entrava prima di me e mi avvisava se c’era anche la mamma. Tante volte, grazie a mio padre mi sono salvata. Ma, quando rientravo dopo essermi incontrata con Franco, erano botte. Ne ho prese talmente tante che, al solo ripensarci, le sento ancora adesso. Spesso mio papà si parava davanti a me per proteggermi. Poi è scoppiata la guerra e Franco è partito per la Grecia dove è rimasto per sei anni senza tornare. Ma al cuore non si comanda e, come dice una vecchia canzone, “la lontananza avvicina chi si ama”, io l’ho aspettato e al suo ritorno siamo stati fidanzati ancora due anni. Il 4 novembre 1948 nella parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo ci ha sposati Don Santino Calloni. Indossavo un abito bianco con un lungo velo e lui portava il doppiopetto. Siamo arrivati in Chiesa con la macchina a noleggio (che per quei tempi era un lusso) con l’autista soprannominato “Rasmin”. Al mattino c’è stato il rinfresco a casa mia, dopo la cerimonia il pranzo e al pomeriggio siamo andati dal “Negher” per la “bicchierata”, come si usava allora. Ma non finisce qui, la sera i nostri amici sono venuti sotto la finestra a suonar la serenata! Il mio Franco ha saputo farsi voler bene da tutti, persino la suocera che non 14 era un operaio 84 ... e infine tocca gli ospiti l’aveva visto di buon occhio si era ricreduta e guai a toccarle suo genero! Con mio marito ho passato una vita serena e felice, abbiamo avuto due splendide figlie: C. detta Tina e L. detta Lella”. Antonietta: “Era il 1944, avevo quindici anni, quando ho conosciuto un nucleo di soldati tedeschi che erano venuti provvisoriamente nella mia casa nell’attesa di partire per il fronte. Il maggiore di loro aveva venticinque anni: erano tutti simpatici e carini, tranne uno. Era alto circa due metri, sarà stato sicuramente centotrenta chili di peso ed era veramente brutto, si chiamava Kintar. Venne la sera che dovevano ripartire per il fronte ed erano già tutti sul camion, quando si accorsero che mancava Kintar. Alcuni dei suoi compagni andarono a cercarlo e lo trovarono talmente ubriaco che non si reggeva in piedi. Ci vollero quattro ragazzi per portarlo e lo caricarono, come fosse un animale morto: quella scena mi disgustò moltissimo. I soldati non si fermarono al fronte e tornarono di nuovo nella mia casa. Dopo qualche giorno Kintar mi venne a cercare e mi salutò con il solito sorriso. Io ero disgustata e lo guardai con disprezzo e lo aggredii con cattive parole e stavo per andarmene quando lui mi prese per un braccio, mi fermò e disse: “certamente hai ragione, ma tu sai cosa vuol dire andare al fronte? e dover essere obbligato a sparare a ragazzi che, come me, vorrebbero vivere oppure a uomini che hanno figli a casa che li aspettano. Io non amo e non odio queste persone ma, se non sparo, sarò giudicato un traditore”. Questo sfogo mi sorprese e mi sentii salire un groppo alla gola e fuggii. Circa una settimana dopo partirono realmente per il fronte e Kintar venne a salutarmi e mi disse: “Vedi? Questa sera non sono ubriaco!” Augurai buona fortuna a lui e ai suoi compagni. Le parole di Kintar riaffioravano, in qualunque posto mi trovassi, e rivedevo il volto triste di quel gigante che amava la vita e il prossimo e mi sentivo in colpa verso di lui per il mio comportamento. Passò del tempo e i ragazzi tornarono, ma non c’erano tutti e purtroppo anche Kintar mancava: infatti appena arrivato al fronte era stato colpito da una granata. Sono scappata fra le erbe fragranti della campagna, mi sono seduta sulla riva di un fossato e ho pianto. Ho pianto per Kintar, ho pianto per tutti i ragazzi che erano morti, ho pianto per il rimorso e la vergogna che provavo. Ho pianto perché avevo offeso un ragazzo che meritava tutto il mio rispetto, al quale non avrei mai più potuto chiedere perdono. Questo avvenimento ha maturato e cambiato il mio carattere, mi ha insegnato a non giudicare e che la carità verso il prossimo è la cosa più bella che noi possiamo offrire”. Teresina: “In un periodo nero della mia vita, mi ritrovai a dividere la stanza con una suora dell’ordine del Sacro Cuore di Seregno. Si chiamava 85 Indice ... e infine tocca gli ospiti Suor Chiara, era dolce, gentile e allegra e ha lasciato in me un ricordo dolcissimo. Facevamo tante cose insieme, con il suo esempio e aiuto imparai a pregare meglio di quanto avessi fatto fino ad allora; io pregavo ogni giorno ma in modo disordinato, per questo pensavo che le mie preghiere valessero ben poco. Lei mi ascoltò sorridente e poi mi raccontò una storiella: parlava di una mamma che aveva condotto la sua bambina a passeggiare su un grande prato, mentre lei leggeva la bimba correva felice tra l’erba e i fiori, così cominciò a raccoglierli per poi farne un grande mazzo da offrire alla mamma. Quando il mazzo diventò grosso da non poterlo più tenere in mano, si avviò verso la madre ma, mentre si avvicinava, i fiori cadevano e quando finalmente glielo porse il mazzo era diventato un mazzolino. La bambina delusa scoppiò a piangere, la madre le chiese il motivo e la bimba spiegò che il mazzo era grosso ma aveva perso i fiori lungo la strada. La mamma la prese per mano e insieme rifecero il cammino raccogliendo man mano i fiori caduti, così ne fecero un nuovo mazzo. Suor Chiara continuò dicendo: “Forse a te sembra di pregare male perché le tue preghiere vengono interrotte per diversi motivi o perché ti distrai, ma la Madonna alla fine della nostra giornata passa a raccogliere tutti i pezzetti che ti sembrano inutili e ne fa un bel Rosario”. Ho raccontato questo mio ricordo perché sono certa che molti pensano che nella loro vita hanno pregato male, perciò inutilmente, ma sappiano che niente è inutile e che un giorno ritroveremo questi scampoli di preghiera e ci verranno contati in riparazione dei nostri errori”. Concludiamo questa carrellata di ricordi col pensiero della figlia di un’ospite. “Per anni passi davanti allo stabile in macchina e vedi la scritta Residenza Amica; per anni ci vai a Messa e la vedi come una struttura che funziona. Poi un giorno per necessità familiari entri dalla porta principale e sali al secondo piano, dove hai la possibilità di vedere con i tuoi occhi le persone che sono ricoverate ed allora riesci a capire il significato del nome di quella struttura. Riesci a vedere il personale, gli infermieri, i medici, i fisioterapisti, la suora e i volontari che diventano amici delle persone che hanno bisogno di loro. In quel momento riesci a capire il significato della scritta che vedi fuori e capisci a quel punto che anche tu sei diventata amica di quella casa che sa dare tanta amicizia e famigliarità a tutti: un’amica di “Residenza Amica”. R.L. (figlia di un’ ospite) Ci piace porre al termine di questo lavoro una considerazione che vorremmo capita e condivisa da chi leggerà queste pagine. L’umanità presente a Residenza Amica è un’umanità ricca di storia, con un proprio vissuto, ma sempre più dolente: per questo occorre che chi si accosta a questa umanità lo faccia con sensibilità, con disponibilità, in una parola con amore. 86 Presentazione ...................................................... 3 Un’idea venuta da lontano ...................................................... 5 19 gennaio 1981: una seduta “storica” ...................................................... del Consiglio comunale. Approvato .......................................... il progetto della Casa anziani 9 …e dopo qualche anno finalmente i lavori partono ...................................................... 11 L’eredità Citterio e la costituzione di un’IPAB ...................................................... 17 ...................................................... 19 Il Comitato promotore Casa per l’anziano ...................................................... 23 Il Centro diurno: un’apertura verso l’esterno, la storia di un’incompiuta ...................................................... 27 Residenza Amica si trasforma: da IPAB a Fondazione ONLUS ...................................................... 29 Dal 2007 un nuovo servizio: il Centro diurno integrato per malati di Alzheimer ...................................................... 31 Il volontariato: una presenza insostituibile ...................................................... 35 Residenza Amica ieri, oggi... ...................................................... 39 …e domani ...................................................... 43 I Presidenti e i Consigli di amministrazione ...................................................... 45 Il personale ...................................................... 51 Le feste e le manifestazioni ...................................................... 53 ... e infine tocca agli ospiti ...................................................... 65 I due inizi: 22 aprile e 15 settembre 1990 L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). Titolo Ringraziamenti L’area di intervento, veduta aerea ovest/est, settembre 2000. In primo piano l’asse di Viale Umbria (foto Andrea Micheli). West-east aerial view of the works area, September 2000, with the axis of Viale Umbria in the foreground (photograph by Andra Micheli). La stesura di questo volume è stata possibile grazie all’aiuto di alcuni collaboratori: - Il personale amministrativo e gli animatori di Residenza Amica per la documentazione e l’archivio fotografico - Il dott. Alessandro Merlini, archivista del Comune di Giussano - Angelo Molteni, per aver consentito la consultazione delle pagine de “Il Cittadino” dal 1977 al 2006 Un grazie particolare, anche se postumo, a Giovanna Brambilla Barzaghi, la prima presidente, per aver fatto in modo che fosse ricostruita e raccontata la storia di Residenza Amica. Stampa Grafiche Boffi, Giussano Dicembre 2011 88 89