« … senza la grazia siamo solo ascoltatori della Legge, non esecutori » Sant’Agostino ( De Gratia et Libero Arbitrio 12,24). San Roberto Bellarmino Cardinale del XVI secolo 17 Settembre La riforma del Calendario ha riportato alla data esatta della morte la memoria facoltativa, di San Roberto Bellarmino, finora celebrata il maggio. Roberto Bellarmino fu l'autore di uno dei più piccoli grandi libri della letteratura didattico-religiosa: il Catechismo della dottrina cristiana. Un libretto composto a domande e risposte - chiare le prime, precise le seconde - sul quale bambini imparano le verità della Fede, e nel quale una delle più difficili e delicate materie è esposta con meravigliosa esattezza, e con una sicurezza che non ammette equivoci. Roberlo Bellarmino fu un dotto Gesuita, Vescovo esemplare e celebre Cardinale. L'intera raccolta delle sue opere erudite occupa tutto uno scaffale di libreria, mentre il libriccino del Catechismo, nel quale egli concentrò tutta la dottrina cristiana, può entrare nella tasca di ogni scolaretto. Era nato a Montepulciano nel 1542, ed era entrato giovanissimo nella giovane Compagnia di Gesù. Studiò nel Collegio Romano, poi nell'Università di Padova, poi in quella di Lovanio, nel Belgio, dimostrando una stupefacente profondità di mente e una prodigiosa maturità di spirito. A Lovanio, dove presto da alunno divenne maestro, affilò le sue armi dottrinali, per combattere le errate teorie di Baio, sul peccato e la Grazia. Tornato a Roma, insegnò nel Collegio dov'era stato allievo, istruendo particolarmente gli studenti inglesi e tedeschi, che in patria avrebbero dovuto condurre la polemica contro le dottrine protestanti, per le quali Germania e Inghilterra si erano divise da Roma, infrangendo l'unità del Cattolicesimo. Nelle opere di Roberto Bellarmino, la dottrina cattolica veniva esposta e difesa in maniera nuova dai nuovi errori. «Bellarmino - si diceva a Roma - vale da solo quanto tutti i dottoi cattolici ». Ma gli elogi non insuperbivano il «grande controversista, che conduceva vita esemplare per virtù e pietà. Fu affidata perciò a lui la direzione spirituale dei giovani, come San Luigi Gonzaga, che fu il capolavoro del Bellarmino maestro di spirito, come il Catechismo doveva essere il suo capolavoro di maestro di dottrina. Eletto Vescovo, nominato Cardinale, Roberto Bellarmino continuò la sua vita di studio, di preghiera, di carità. Carità materiale, nel soccorso dei bisognosi, e carità intellettuale, nell'addottrinare gli ignoranti in materia di fede. Per questo, benché richiesto in tutte le più gravi questioni di dottrina, egli non disdegnava di insegnare personalmente ai bambini il suo Catechismo. Poiché il Cardinale Bellarmino faceva parte del Sant'Uffizio, si è voluto rigettare su di lui la responsabilità della condanna di Galileo. Al contrario, il Bellarmino fu sempre benevolo verso il grande scienziato, del quale era sincero amico e ammiratore. Lo esortava perciò alla prudenza e « a contentarsi di parlare per supposizione e non assolutamente », come aveva già fatto il canonico Copernico, scienziato famoso e astronomo rivoluzionario. Lo stesso Bellarmino, in tempi nei quali ogni novità poteva dar sospetto di eresia, venne accusato di errore. Si difese con sicura coscienza e serena fermezza, in un'opera intitolata Apologia. Gli ultimi anni di vita li dedicò invece a un'opera intitolata Arte del ben morire. Come aveva ben vissuto, guadagnandosi grandi benemerenze nella Chiesa, voleva ben morire, per guadagnarci, la pace dei giusti, nella quale entrò quasi ottantenne, nel 1621. Piero Bargellini Le apparizioni della Madonna La storia straordinaria delle apparizioni e dell’immagine miracolosa della Madonna di Guadalupe Un giorno in cui contemplava una riproduzione dell'Immagine di Nostra Signora di Guadalupe, Papa Giovanni Paolo II fece questa confidenza: «Mi sento attirato da quest'Immagine, perché il viso è pieno di tenerezza e di semplicità; mi chiama...». Più tardi, il 6 maggio 1990, in occasione di un pellegrinaggio in Messico, il Santo Padre beatificava il messaggero di Nostra Signora, Juan Diego, e diceva: «La Vergine ha scelto Juan Diego fra i più umili, per ricevere quella manifestazione affabile e benigna che fu l'apparizione di Nostra Signora di Guadalupe. Il suo viso materno sulla santa Immagine che ci lasciò in dono ne è un ricordo imperituro». Nel secolo XVI, la Santa Vergine, piena di pietà per il popolo azteco che, vivendo nelle tenebre dell'idolatria, offriva agli idoli innumerevoli vittime umane, si è degnata di prendere in mano essa medesima l'evangelizzazione degli Indiani dell'America Centrale che erano anch'essi suoi figli. Un dio degli Aztechi, cui era attribuita la fertilità, si era trasformato, con l'andar del tempo, in dio feroce. Simbolo del sole, quel dio, in lotta permanente con la luna e le stelle, aveva bisogno – così si credeva – di sangue umano per restaurare le proprie forze, poiché, se fosse perito, la vita si sarebbe spenta. Sembrava dunque indispensabile offrigli, in perpetuo sacrificio, sempre nuove vittime. L'organizzazione progressiva del regno azteco fa di esso un impero gerarchizzato e molto strutturato. Le conoscenze dei matematici, degli astronomi, filosofi, architetti, medici, artisti ed artigiani sono molto avanzate per l'epoca. Ma le leggi fisiche rimangono poco note. La potenza e la prosperità della capitale del regno atzeco Tenochtitlán sono dovute soprattutto alla guerra. Le città conquistate devono pagare un tributo di derrate varie e di uomini per la guerra e per i sacrifici. I sacrifici umani e l'antropofagia degli Aztechi hanno pochi riscontri analoghi nel corso della storia. Nel 1474, nasce un bambino cui vien dato il nome di Cuauhtlatoazin («aquila parlante»). Alla morte di suo padre, è lo zio che si incarica del piccolo. Fin dall'età di tre anni, gli si insegna, come a tutti i bambini aztechi, a partecipare ai lavori domestici ed a comportarsi dignitosamente. A scuola, impara il canto, la danza e soprattutto la religione con i suoi molteplici dèi. I sacerdoti hanno una grande influenza sulla popolazione, che mantengono in una sottomissione che va fino al terrore. Cuauhtlatoazin ha tredici anni, quando si procede alla consacrazione del gran Tempio di Tenochtitlán. Nel corso di quattro giorni, i sacerdoti sacrificano al loro dio 80.000 vittime umane. Dopo il servizio militare, Cuauhtlatoazin si sposa con una ragazza della sua condizione. Insieme, conducono una modesta vita di agricoltori. Nel 1519, lo spagnolo Cortés sbarca nel Messico, alla testa di più di 500 soldati. Conquista il paese per conto della Spagna, ma non senza zelo per l'evangelizzazione degli Aztechi; nel 1524, ottiene la venuta a Città del Messico di dodici Francescani. I missionari s'integrano facilmente nella popolazione; la loro bontà contrasta con la durezza dei sacerdoti aztechi e con quella di certi conquistatori. Si cominciano a costruire chiese. Tuttavia, gli Indiani si mostrano assai refrattari al Battesimo, soprattutto a causa della poligamia che dovrebbero abbandonare. Cuauhtlatoazin e sua moglie sono fra i primi a ricevere il Battesimo, ed assumono rispettivamente i nomi di Juan Diego e Maria Lucia. Alla morte di quest'ultima, nel 1529, Juan Diego si ritira a Tolpetlac, a 14 km da Città del Messico, presso lo zio Juan Bernardino, diventato pure lui cristiano. Il 9 dicembre 1531, come sempre il sabato, egli parte prestissimo la mattina per assistere alla Messa celebrata in onore della Santa Vergine, presso i Frati francescani, vicino a Città del Messico. Passa ai piedi della collina di Tepeyac, ove nell’antichità si trovava il tempio del culto pagano della regina del serpente, vicino alla odierna città del Messico. Dopo l’apparizione mariana questa collina sarà chiamata di Guadalupe, vocabolo spagnolo derivato per semplice somiglianza di suono dalla parola azteca Cuatlaxupeh = colei che calpesta il serpente. Improvvisamente, sente un canto dolce e sonoro che gli sembra provenga da una gran moltitudine di uccelli. Alzando gli occhi verso la cima della collina, vede una nuvola bianca e sfavillante. Guarda intorno a sé e si chiede se non stia sognando. Improvvisamente il canto tace ed una voce di donna, dolce e delicata, lo chiama: «Juanito! Juan Dieguito!» S'inerpica rapidamente sulla collina e si trova davanti ad una giovane bellissima, le cui vesti brillano come il sole. Rivolgendosi a lui in nahuatl, la sua lingua materna, gli dice: «Figlio mio, Juanito, dove vai? – Nobile Signora, mia Regina, vado a Messa a Città del Messico per apprendervi le cose divine che ci insegna il sacerdote. – Voglio che tu sappia con certezza, caro figlio, che io sono la perfetta e sempre Vergine Maria, Madre del vero Dio da cui proviene ogni vita, il Signore di tutte le cose, Creatore del cielo e della terra. Ho un grandissimo desiderio: che si costruisca, in mio onore, un tempio in cui manifesterò il mio amore, la mia compassione e la mia protezione. Sono vostra madre, piena di pietà e d'amore per voi e per tutti coloro che mi amano, hanno fiducia in me e a me ricorrono. Ascolterò le loro lamentele e lenirò la loro afflizione e le loro sofferenze. Perché possa manifestare tutto il mio amore, va’ ora dal vescovo, a Città del Messico, e digli che ti mando da lui per fargli conoscere il grande desiderio che provo di veder costruire, qui, un tempio a me consacrato». Juan Diego si reca immediatamente al vescovado. Monsignor Zumárraga, religioso francescano, primo vescovo di Città del Messico, è un uomo pio e pieno di zelo il cui cuore trabocca di bontà per gli Indiani; ascolta attentamente il pover'uomo, ma, temendo un'illusione, non gli dà credito. Verso sera, Juan Diego prende la via del ritorno. In cima alla collina di Tepeyac, ha la felice sorpresa di ritrovare l'Apparizione; rende conto della sua missione, poi aggiunge: «Vi supplico di affidare il vostro messaggio a qualcuno più noto e rispettato, affinché possa essere creduto. Io sono solo un modesto Indiano che avete mandato da una persona altolocata in qualità di messaggero. Perciò non sono stato creduto ed ho potuto soltanto causarvi una gran delusione. – Figlio carissimo, risponde la Signora, devi capire che vi sono persone molto più nobili cui avrei potuto affidare il mio messaggio, e tuttavia è grazie a te che il mio progetto si realizzerà. Torna domani dal vescovo... digli che sono io in persona, la Santa Vergine Maria, Madre di Dio, che ti manda». La domenica mattina dopo la Messa, Juan Diego si reca dal vescovo. Il prelato gli fa molte domande, poi chiede un segno tangibile della realtà dell'apparizione. Quando Juan Diego se ne torna a casa, il vescovo lo fa seguire discretamente da due domestici. Sul ponte di Tepeyac, Juan Diego scompare ai loro occhi, e, malgrado tutte le ricerche effettuate sulla collina e nei dintorni, essi non lo ritrovano più. Furenti, dichiarano al vescovo che egli è un impostore e che non bisogna assolutamente credergli. Durante il medesimo tempo, Juan Diego riferisce alla bella Signora, che lo aspettava sulla collina, il nuovo colloquio avuto con il vescovo: «Torna domattina a prendere il segno che reclama», risponde l'Apparizione. (fine della prima parte) CATECHISMO MAGGIORE ( tredicesima puntata ) Capo X continuazione Della Chiesa in particolare 173. D. Siamo noi obbligati a credere tutte le verità che la Chiesa c’insegna? R. Si, noi siamo obbligati a credere tutte le verità che la Chiesa c’insegna, e Gesù Cristo dichiara che chi non crede è già condannato. 174. D. Siamo altresì obbligati a fare tutto quello che la Chiesa comanda? R. Si, siamo obbligati a fare tutto quello che la Chiesa comanda, perché Gesù Cristo ha detto ai Pastori della Chiesa: «Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me». 175. D. Può sbagliare la Chiesa nelle cose che ci propone a credere? R. No, nelle cose che ci propone a credere, la Chiesa non può sbagliare, perché secondo la promessa di Gesù Cristo ella è perennemente assistita dallo Spirito Santo. 176. D. La Chiesa cattolica è dunque infallibile? R. Si, la Chiesa cattolica è infallibile, epperò quelli che rifiutano le sue definizioni perdono la fede e diventano eretici. 177. D. La Chiesa cattolica può essere distrutta o perire? R. No; la Chiesa cattolica può essere perseguitata, ma non può essere distrutta, né perire. Ella durerà sino alla fine del mondo, perché sino alla fine del mondo Gesù Cristo sarà con lei, come ha promesso. 178. D. Perché è tanto perseguitata la Chiesa cattolica? R. La Chiesa cattolica è tanto perseguitata perché fu cosi perseguitato anche il suo divin Fondatore e, perché riprova i vizi, combatte le passioni e condanna tutte le ingiustizie e tutti gli errori. 179. D. Vi sono altri doveri dei cattolici verso la Chiesa? R. Ogni cattolico deve avere per la Chiesa un amore illimitato, riputarsi infinitamente onorato e felice di appartenerle, e adoprarsi alla gloria e all’ incremento di lei con tutti quei mezzi che sono in suo potere. Della Chiesa docente e della Chiesa discente 180. D. Vi è distinzione alcuna fra i membri che compongono la Chiesa? R. Fra i membri che compongono la Chiesa vi è distinzione notevolissima, perché vi è chi comanda e chi obbedisce, chi ammaestra e chi è ammaestrato. 181. D. Come si chiama quella parte della Chiesa che ammaestra? R. La parte della Chiesa che ammaestra si chiama docente ossia insegnante. 182. D. La parte della Chiesa che viene ammaestrata come si chiama? R. La parte della Chiesa che viene ammaestrata si chiama discente. 183. D. Chi ha stabilito questa distinzione nella Chiesa? R. Questa distinzione nella Chiesa l’ha stabilita Gesù Cristo medesimo. I Cenacoli di Firenze Apostoli e astanti Altri nove personaggi sono d'obbligo nell'Ultima Cena: gli apostoli, che, spettatori delle sconvolgenti rivelazioni di quella sera, sia pure con diverso grado di coinvolgimento rispetto a Pietro, Giovanni e Giuda, partecipano del clima emotivo percorso da dubbiosa agitazione. Fin dalle origini dell'iconografia, i pittori hanno cercato di esprimere, attraverso il gestire di ciascun apostolo, una gamma di sentimenti che va dalla sorpresa (volto proteso, mani levate in alto) allo sconforto (testa abbassata, mani sovrapposte sul tavolo), dall'interrogazione reciproca (testa girata verso un vicino, mano aperta) al dubbio di sé (volto mesto, mano portata al petto nella domanda fatidica: "Sono forse io?"). Nell'affinarsi della diversificazione psicologica, emergono delle tipizzazioni, che mirano a dar conto del carattere individuale almeno di alcuni apostoli, così come altri episodi evangelici consentono di immaginarlo. È in questo esemplare il caso di Tommaso, che, ritenuto tendenzialmente incredulo per il famoso episodio del suo dubbio di fronte a Cristo risorto, viene raffigurato spesso in atteggiamento dubitoso. Nella Cena di Andrea del Castagno di Sant’Apollonia, la sua posa è vistosamente 'filosofica': la testa levata verso l'alto, il mento sostenuto da una mano, il gomito sorretto dall'altra. Non meno espressivi sono gli altri apostoli: Filippo e il suo vicino discutono con una certa animazione (riflesso della incongrua disputa ricordata da Luca?), Jacopo ricapitola sulle dita gli argomenti da considerare, Bartolomeo incrocia le dita a significare dolore accorato, Taddeo alza le mani con lo sguardo volto in basso; vicino a lui Simone porta la mano alla guancia in un atto tipico della melanconia, l’unico dunque che esprime il rattristarsi diffuso degli apostoli alle parole di Gesù. Quasi in ogni Cena, almeno un interessarsi apostolo del prosegue pasto, a restando indifferente all'agitazione tutt'intorno: qui è Andrea, che leva sì il coltello, ma, si direbbe, solo per affettare la sua pagnotta. L'atto vero e proprio di tagliare il pane è invece prerogativa di Simone nella Cena di Stefano di Antonio di Vanni. Piuttosto limitata è la ricerca di effetti emozionali nelle Cene del Ghirlandaio, per non parlare del Perugino, il quale permette ai suoi apostoli qualche vago cenno di stupore, mentre ben quattro di loro, continuando a occuparsi di cibi e bevande, si mostrano inconsapevoli consuma, del peraltro dramma che si pacatamente, al centro del tavolo. Tanto più rivoluzionario, dunque, è il teatro di 'affetti' subitanei e violenti messo in scena da Leonardo, che come si è detto giunse nei lustri successivi a influenzare i pittori fiorentini, determinando una svolta risolutiva nella storia del soggetto Ultima Cena. Sebbene celeberrimo, il brano autografo del Codice Forster sugli atteggiamenti da dare ai commensali è appropriato, ma rispetto alla Cena effettivamente dipinta da Leonardo nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, questa dettagliata descrizione di atteggiamenti sembra rappresentare uno stadio ancora definitivo. descritti lontano Infatti, solo nel puntualmente codice trasposti, dal alcuni si progetto dei tipi riconoscono, nella pittura murale, dove per esempio il terzo apostolo da sinistra è senza dubbio quello che mostra le palme delle mani aperte e fa la "bocca della meraviglia"; ed è Giovanni quello che, secondo la bellissima espressione di Leonardo, "tesse le dita delle sue mani insieme". Altri, invece, pur presenti nell'iconografia tradizionale, scompariranno: in particolare, quelli intenti a tagliarsi il pane, a "soffiare nel boccone" e a versarsi da bere. Avviluppandosi in due gruppi distinti, separati da Cristo e dal vuoto che promana da lui, gli apostoli del Cenacolo milanese esprimono ogni genere di risposta, individuale o collettiva, all'annuncio del tradimento: c'è chi si alza, chi si stupisce, chi resta addirittura esterrefatto, chi cerca il colloquio col vicino, chi discute, chi interroga. In una triade serrata. Pietro assale con la sua domanda Giovanni, che gli si accosta nel ritrarsi mesto da Gesù, mentre Giuda sobbalza rovesciando col gomito la saliera, l'altra mano aperta per afferrare il pane che diverrà il boccone fatidico. Tommaso indica il cielo coll'indice, in un gesto di dubbio che allude probabilmente al Padre. Un simile tumulto di sentimenti, diversi anche se non contrastanti (che, come dicevo poco sopra, sembra voler evocare il clima nervoso di scambio di domande e addirittura di contesa fra i commensali, presente solo nel Vangelo di Luca), era destinato a ritrovarsi nei successivi cenacoli fiorentini. (fine della prima parte) Avvisi: . Lunedì 12 ore 21:15 alla Pieve : Riunione con i catechisti. . Lunedì 19 ore 21: 15 alla Pieve: Riunione con i genitori dei ragazzi del Catechismo.