IL VOLONTARIATO IN ITALIA FORMAZIONE MAGGIO 2007 FRANCESCO MAGAROTTO Il volontariato è un fenomeno antico che è andato via via aumentando e modificando con lo sviluppo della società, dei sistemi economici e politici, e quindi di Welfare. Provando a schematizzare lo sviluppo storico del volontariato potremmo descriverlo in tre fasi PRIMA FASE: IL VOLONTARIATO TRADIZIONALE O PRE-MODERNO. • E' quello della tradizionale beneficenza e si svolge dagli ospizi, agli orfanotrofi dove fin dai secoli XIV e XV la pubblica pietà "conservava" orfani e trovatelli, malati e non autosufficienti. • Con diverse accentuazioni l'approccio caritativo, perdura fino alla metà di questo secolo limitando il proprio intervento alla persona che si trova nell’impossibilità di garantirsi la sopravvivenza economica. • Nella banca dati della FIVOL (Fondazione Italiana Volontariato) le organizzazioni di volontariato più antiche e sorte prima della metà del secolo ammontano al 10% del totale. SECONDA FASE: LA NASCITA DEL VOLONTARIATO MODERNO. • Ha origine con l'affermarsi del Welfare State e quindi con le grandi riforme dell'assistenza, previdenza e sanità che seguono le spinte alla modernizzazione prodotta dal sorpasso della nuova società terziaria nei confronti della vecchia società industriale. • Gli intensi fenomeni di trasformazione della società, hanno contribuito ad accelerare la dinamica e l'ampliamento dei bisogni sociali cresciuti per ventaglio di problemi o forme di disagio (es. tossicodipendenza, figli di divorziati, minori in affidamento, handicappati adulti), nonché per tipologia di "povertà", da quella assoluta a quella post-materialistica (i bisogni di tipo relazionale, d'identità personale, la solitudine, la partecipazione) fino a quella "istituzionale", riferibile alle inadempienze, ai ritardi, alle inerzie, alle inefficienze delle risposte della pubblica amministrazione. • Da qui la emergenza di un movimento di volontariato sempre più impegnato nel fornire e sperimentare nuovi modelli di servizio e di forme organizzative che sono poi sfociate nella nascita dell'impresa sociale. In questo periodo il volontariato svolge un ruolo duplice, di tutela e di vigilanza critica, ma anche di servizio, sostituendosi spesso ad uno Stato piuttosto macchinoso e centralistico. • Il campo di intervento privilegiato del volontariato rimane in questo periodo, che si estende dalla metà degli anni '70 all'inizio degli anni '90, quello dei settori sociale e socio-sanitario, con un approccio tendenzialmente orientato alla riabilitazione o recupero sociale, di soggetti svantaggiati o segnati da emarginazione. • Si tratta di un periodo storico che vede sorgere quasi la metà delle organizzazioni di volontariato rilevate dalla FIVOL (48,7%). TERZA FASE: IL VOLONTARIATO COME SOGGETTO DELLE POLITICHE SOCIALI. • E' la fase che inizia con la legge 266 del 1991 che legittima il volontariato (sempre più fenomeno associativo) e lo chiama a partecipare alla riprogettazione dello Stato sociale dopo il declino del vecchio modello e la necessità di promuovere un welfare mix di tipo comunitario. Diviene pertanto un soggetto di programmazione delle politiche sociali locali oltre che gestore accreditato di interventi e servizi non altrimenti reperibili e ad elevata produzione di beni relazionali. TERZA FASE: IL VOLONTARIATO COME SOGGETTO DELLE POLITICHE SOCIALI. • La sua funzione tipica di sensore dei bisogni e la capacità di stare nei processi, anche per il suo radicamento territoriale, lo porta ad impegnarsi sempre più nel campo della prevenzione del disagio, a operare di più sulle fasce a rischio e sui fenomeni di degrado territoriale e a favore della comunità, per la salvaguardia di valori e risorse (artistiche, culturali, ambientali, naturalistiche, ecc.) e quindi ad allargare lo spettro dei settori di intervento. Ciò è coerente con una più estensiva e radicale concezione del bisogno, visto in positivo, come mantenimento del "benessere", "salute", promozione della qualità della vita e uguaglianza di opportunità. • L'impegno primario del volontariato è innescare processi educativi che conducano al "cittadino solidale" che è in grado di farsi responsabile e partecipe del bene comune. TERZA FASE: IL VOLONTARIATO COME SOGGETTO DELLE POLITICHE SOCIALI. • Le organizzazioni non a scopo di lucro vengono viste come riferimento per dare risposte efficaci e soluzioni operative ai bisogni e alla domanda di servizi, che connotano il welfare-state. Esse sono un interlocutore valido e prospetticamente ad alto potenziale di sviluppo, riguardo a temi forti quali il recupero di livelli di welfare accettabili, la produzione di beni e servizi per una domanda a largo spettro di socialità o di nicchia in settori a cui il pubblico e il privato "for profit" non sono in grado di rispondere. Perché questa sempre maggior attenzione?: • La crisi del welfare-state che ha difficoltà a rispondere ai bisogni sociali storici delle popolazione sia per la mancanza di risorse finanziarie che per lo sviluppo di nuovi bisogni sociali e sociosanitari a cui è possibile dare risposte più veloci con una "solidarietà organizzata" finalizzata ai risultati più che a risposte burocratiche e istituzionali. Riassumendo: ad una non dilatabile spesa pubblica per i servizi di "benessere diffuso, sociale e sanitario" emergono nuove domande, crescenti e diversificate. Perché questa sempre maggior attenzione?: • Lo stato assistenziale eroga servizi spesso non completamente adeguati alla domanda sociale. Emerge una esigenza di partecipazione attiva dei cittadini per l'insufficiente livello di qualità di molti servizi pubblici. Le esigenze della popolazione, poi, sono deluse dalla non corrispondenza dei servizi stessi rispetto ai benefici attesi ed ai tributi pagati. Riassumendo: vi è maggiore consapevolezza che i servizi pubblici non sono il contenuto simmetrico dello scambio fra i cittadini e lo stato, del corrispettivo pagato (con tasse e imposte). • La comparsa di nuovi attori sociali. La popolazione diventa sempre più eterogenea in senso etnico, culturale, comportamentale, religioso, ecc. Perché questa sempre maggior attenzione?: • La crisi di valori, nuovi bisogni sociali, preferenze sociali, bisogno di autorealizzazione della popolazione che muta il mix di domanda di benessere sociale e dilata le aspettative nei confronti dello stato. • Infine il concetto che la solidarietà è un investimento per la società perché mantiene livelli più accettabili di welfare, di equilibrio socio-economico, di tutela dei diritti dei cittadini, di difesa dell'ambiente, di offerta socio sanitaria, integrando l'attività dello stato. LEGGI DI RIFERIMENTO • Due sono le leggi nazionali che ci riguardano direttamente: la Legge 266 del 11.8.1991 ed il D.Lgs. 460 del 4.12.1997. La Nostra Regione ha recepito la L. 266 e promulgato una propria legge per il riconoscimento e la promozione delle organizzazione di volontariato: la n. 40 del 30.8.1993. Tutte queste norme sono, in questi ultimi anni in via di riscrittura. • Con la Legge 266/91 vi è il riconoscimento del volontariato mentre con il D.L. 460/97 vengono chiarite le problematiche fiscali introducendo agevolazioni ed esenzioni per tutto il 3° settore e quindi anche per quella parte di esso che è il volontariato, quale organizzazione non lucrativa di utilità sociale, meglio detta ONLUS. • Ma delle aggregazioni di cittadini e del diritto di riunirsi in associazioni troviamo qualche passaggio nella costituzione e nel codice civile. IL VOLONTARIATO E LA COSTITUZIONE • La Costituzione Italiana, del 1948, parla delle autonomie sociali e della possibilità di riunirsi in associazioni, in una serie di articoli che vale la pena citare: • ART. 2 (DIRITTI DELL'UOMO) "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità…" . • ART. 3 (UGUAGLIANZA) “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale….senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali “. Viene data alla Repubblica il compito di "rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che, limitando di fatto, la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". IL VOLONTARIATO E LA COSTITUZIONE ART. 17 (DIRITTO DI RIUNIONE) ART. 18 (DIRITTO D'ASSOCIAZIONE) "I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale". ART.21 (DIRITTO DI MANIFESTARE IL PROPRIO PENSIERO) “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”. IL VOLONTARIATO E LA COSTITUZIONE ART. 31 (TUTELA DELLA FAMIGLIA, PROTEGGE LA MATERNITA’, L’INFANZIA E LA GIOVENTU’ “FAVORENDO GLI ISTITUTI NECESSARI A TALE SCOPO”). ART. 32 (TUTELA LA SALUTE COME FONDAMENTALE DIRITTO DELL'INDIVIDUO ED INTERESSE DELLA COLLETTIVITA' E GARANTISCE CURE GRATUITE AGLI INDIGENTI “NEL RISPETTO DELLA PERSONA UMANA”). IL VOLONTARIATO E LA COSTITUZIONE ART. 38 (ASSISTENZA SOCIALE) ''Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale…. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.. “ ART. 45 (MUTUALITA' E COOPERAZIONE) "La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità" IL VOLONTARIATO ED IL CODICE CIVILE La legislazione codicistica è anteriore (del 1942), se pur di pochi anni alla stesura della Costituzione Italiana, ma alla lettura, la distanza sembra molto maggiore. Ne emerge la visione di un volontariato quasi residuale. Nel libro I al Titolo II in tema "Delle persone giuridiche" l'art. 12 "Persone giuridiche private" cita: "Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante riconoscimento concesso con decreto del Presidente della Repubblica". Solo nel 2000 si è proceduto a semplificare i procedimenti di riconoscimento delle persone giuridiche private. IL VOLONTARIATO ED IL CODICE CIVILE Il Capo II "Delle associazioni e fondazioni" detta le norme che riguardano l'operatività delle associazioni, delle fondazioni, degli enti riconosciuti e delle fondazioni prevedendo controlli per la costituzione (art. 12) per la modifica dell'atto costitutivo (art. 16), per l'acquisto di beni immobili e l'accettazione di donazioni, eredità e legati (art. 17 soppresso dall'art. 13 della L. n. 127/1997). L'art. 33 al comma 3 precisa che "Gli amministratori di una associazione o di una fondazione non registrata, benché riconosciuta, rispondono personalmente e solidalmente, insieme con la persona giuridica, delle obbligazioni assunte". IL VOLONTARIATO ED IL CODICE CIVILE Il successivo Capo III "Delle associazioni non riconosciute e dei comitati" in soli 7 articoli regola quei soggetti collettivi che, pur privi di personalità giuridica, hanno una significativa capacità giuridica potendo sia stare in giudizio (art. 36), se pur nella persona di coloro ai quali è conferita, secondo gli accordi, la presidenza o la direzione, sia acquistare beni tanto mobili che immobili. Nessun divieto è posto dal legislatore quanto allo scopo dell'ente che può quindi anche essere (o includere attività) di carattere commerciale, in tal caso diverranno applicabili però anche le norme del Libro V, Capo III in tema "Delle imprese commerciali e delle altre imprese soggette a registrazione" contenute negli articoli da 2188 a 2221. IL VOLONTARIATO ED IL CODICE CIVILE Solo nel 1991, per la prima volta, viene emessa una legge specifica sul volontariato, la n. 266/91, considerata da tutti un passaggio importantissimo da parte del legislatore perché prende atto dell'esistenza di un vasto movimento di volontariato, (parte del Terzo Settore) esistente nel paese. Lo scopo e' quello di favorirne lo sviluppo nell'interesse della Comunità. Proprio nello stesso periodo, nel volgere di due anni, il legislatore promulga varie leggi che interessano direttamente o indirettamente il terzo settore: la legge sull’accesso ai documenti amministrativi (L.241/90); sul volontariato (L. 266/91), sulle cooperative sociali (L.381/91) e la legge sulle autonomie locali e sulla partecipazione popolare (L. 142/90). IL VOLONTARIATO E GLI STATUTI COMUNALI In ordine alla L. 142/90, tutti i Comuni si sono dotati di uno Statuto che ha previsto forme partecipative, di cittadini singoli o associati, alla vita dell’ente locale, impegnando gli stessi a sostenere l’associazionismo, la cooperazione e il volontariato, come strumenti coadiuvanti la crescita individuale e sociale dei cittadini. IL VOLONTARIATO E GLI STATUTI COMUNALI In tutti gli statuti comunali possiamo leggere: • Il Comune di ………. riconosce e promuove i diritti costituzionali dell’uomo di riunirsi in formazioni sociali ed associazioni ove si svolga la sua personalità. • Promuove il volontariato a fini di solidarietà e promozione sociale per soddisfare bisogni sociali, civili, culturali e sportivi. Il Comune assicura al volontariato la partecipazione alla programmazione e il concorso alla realizzazione degli interventi pubblici. IL VOLONTARIATO E GLI STATUTI COMUNALI 3. Alle associazioni è riconosciuto il diritto: a) di presentare istanze, petizioni e proposte e di accedere attraverso propri rappresentanti agli atti e alla informazioni concernenti l’attività amministrativa,. 4. Viene istituito un apposito albo comunale delle associazioni operanti nel territorio comunale. Il Regolamento comunale stabilisce le modalità ed i requisiti per l’iscrizione, nonché i criteri per l’erogazione di eventuali finanziamenti IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO N.266/91 Dalla Legge quadro sul volontariato, varata nel 1991, è importante soffermarsi su alcuni articoli: •L’art. 1 della Legge 266 del 1991 esplicita chiaramente lo spirito del legislatore: “La Repubblica Italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell’attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l’autonomia e ne favorisce l’apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Provincie autonome di Trento e Bolzano e dagli Enti Locali”. IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO N.266/91 • L'art. 2 ribadisce il concetto della gratuità della prestazione personale e spontanea con il solo rimborso delle spese effettivamente sostenute; • L'art. 3 obbliga l'inserimento negli statuti dell'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative e delle prestazioni degli aderenti, l'obbligo di rendicontazione annuale con approvazione assembleare ecc.; • L'art. 4 obbliga le associazioni a provvedere ad una copertura assicurativa per i propri aderenti contro malattie ed infortuni connessi all'attività svolta a favore dell'ente, nonché per la responsabilità civile verso terzi. IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO N.266/91 • L'art. 5 precisa che le risorse economiche, in caso di scioglimento dell'associazione devono essere devolute ad altre organizzazioni che perseguano analoghe finalità • L'art. 6 prevede l'iscrizione nel Registro Regionale delle Organizzazioni di volontariato. Questo articolo si collegherà con il D.L. 460/97 per il riconoscimento di diritto come ONLUS delle associazioni ivi iscritte • L'art. 7 prevede che solo le organizzazioni iscritte ai registri ed in regola con i principi democratici di cui agli articoli precedenti possono sottoscrivere convenzioni con gli enti pubblici IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO N.266/91 • L'art. 8 riguarda le agevolazioni fiscali. Infatti non vengono considerate cessioni di beni né prestazioni di servizi, ai fini IVA, le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato. Aggiunge inoltre che i proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali (occasionali) non costituiscono redditi imponibili ai fine IRPEG qualora sia documentato il loro impegno per i fini istituzionali. • l'art. 10 prevede norme regionali e delle provincie autonome per favorire le iniziative e lo sviluppo del volontariato del territorio • l'art. 12 prevede l'istituzione di un Osservatorio Nazionale per il Volontariato IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO N.266/91 • L’art.15 prevede la costituzione di Centri volontariato (in Veneto su base provinciale) servizi, utilizzando risorse derivanti da una Fondazioni bancarie,che vengono distribuiti da Gestione a livello regionale. di Servizio per il per l’erogazione di quota di utili delle appositi Comitati di IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO LEGISLATIVO N. 460/97 Il legislatore ha voluto promuovere ed incentivare il mondo del non profit con lo strumento della detassazione, delle agevolazioni, delle esenzioni, dei benefici fiscali. E’ infatti un provvedimento fiscale. La prima parte del decreto disciplina gli enti non commerciali, dell'art. 1 all'art. 9. La seconda parte tratta le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, per semplicità: ONLUS. IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO LEGISLATIVO N. 460/97 •L'art. 10 definisce le ONLUS come organismi che operano in settori precisamente determinati (e ne fa l'elenco) di interesse collettivo, con lo scopo di perseguire esclusive finalità di solidarietà sociale e quindi di risposta verso situazioni di svantaggio, di difficoltà, di debolezza, di emarginazione. L’AVIS rientra nei settori di assistenza sociale e socio sanitaria ed in quello di assistenza sanitaria, per talune attività. Lo stesso articolo parla poi delle finalità che le ONLUS devono perseguire e specifica che la qualifica si acquisisce di diritto qualora l'organizzazione di volontariato sia iscritta nei registri istituiti dalle Regioni ai sensi della L. 266/91; IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO LEGISLATIVO N. 460/97 •L'art 12 stabilisce che, ai fini delle imposte sui redditi, lo svolgimento delle attività istituzionali e di quelle direttamente connesse al perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale ad eccezione delle società cooperative, non concorrono alla formazione del reddito imponibile. Quindi non vi è tassazione per le attività svolte. •L'art. 13 tratta delle liberalità e della loro possibile detrazione fiscale (da parte di chi ha fatto il contributo) a condizione che siano dimostrabili e quindi con pagamento bancario o postale e che l'associazione sia iscritta ai registri della L. 266/91 e quindi ONLUS di diritto; IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO LEGISLATIVO N. 460/97 •All'art. 14 si prevede che le cessioni di beni e servizi verso terzi o enti pubblici non sono soggette a IVA mentre nessuna agevolazione è prevista per l'IVA negli acquisti; •Seguono esenzioni dall'imposta di bollo (art. 17); dalle tasse di concessione (art. 18); dalle imposte di successione e donazione (art. 19); dell'INVIM e imposte sostitutiva (art. 20); da tributi locali se concordati con i Comuni (art. 21); dall'imposta di registro sugli atti a titolo oneroso di beni immobili (art. 22); dall'imposta sugli spettacoli (art. 23); agevolazioni per lotterie, tombole e pesche di ben.(art. 24); IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO LEGISLATIVO N. 460/97 •All'art. 25 si ricordano gli obblighi ed adempimenti contabili, del rendiconto annuale e delle facilitazioni per le ONLUS che svolgono solo attività istituzionali e attività connesse; •All'art. 28 sono previste sanzioni e responsabilità dei rappresentanti legali per dichiarazioni false che consentano detrazioni fiscali dalle imposte ai donatori di fondi. IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO LEGISLATIVO N. 460/97 Una questione delicata e' quella della sovrapposizione concettuale tra volontariato e ONLUS: il legislatore, non ha semplificato né razionalizzato, ma solo aggiunto agevolazioni al tappeto esistente, ha permesso che le organizzazioni di volontariato (nonché le cooperative sociali e le ONG, Organizzazioni non governative) entrino di diritto nel comparto ONLUS, purché in regola con le rispettive legislazioni. Infatti l'art.10, c.8 ha previsto espressamente che sono fatte salve le previsioni di maggior favore previste nelle normative specifiche di riferimento. ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITA' SOCIALE (ONLUS) DEFINIZIONE Per la prima volta la legge n. 460 del 4/12/1997 all'articolo 10 definisce le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), come "organismi che operano in settori precisamente determinati di interesse collettivo, con lo scopo di perseguire esclusive finalità di solidarietà sociale". Non si considerano Onlus gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, le fondazioni bancarie, i partiti e movimenti politici, le organizzazioni sindacali e le associazioni di datori di lavoro e di categoria. ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITA' SOCIALE (ONLUS) Per essere Onlus bisogna rivestire le seguenti forme giuridiche: associazioni comitati fondazioni società cooperative ; organizzazioni di volontariato enti ecclesiastici delle confessioni religiose ; altri enti di diritto privato con o senza personalità giuridica . ATTIVITA' DELLE ONLUS: SETTORI POSSIBILI. L'articolo 10 prevede i seguenti settori ove una Onlus può espletare la propria attività : assistenza sociale e socio sanitaria ; assistenza sanitaria ; beneficenza ; istruzione ; formazione ; sport dilettantistico ; tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico ; tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente; promozione della cultura e dell'arte ; tutela dei diritti civili ; ricerca scientifica di particolare interesse sociale. FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI STATUTARI. •Le Onlus possono costituirsi : •1- per atto pubblico ; •2- con scrittura privata autenticata ; •3- con scrittura privata registrata. FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI STATUTARI. Il D.Lgs.460/1997 all'articolo 10, co. 1 stabilisce che l'atto costitutivo o lo statuto devono indicare espressamente : •- il settore o i settori di attività ; •- il perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale ; FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI STATUTARI. •- il divieto di svolgere attività in settori diversi ad esclusione di quelli direttamente connessi agli istituzionali, intendendo per tali quelle rientranti nei settori 2,4,5,6,9 e 10 purché svolte nei confronti di soggetti non svantaggiati e le attività siano accessorie per natura a quelle statutarie in quanto integrative delle stesse ; •- il divieto di distribuire, anche indirettamente utili o avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'organizzazione. FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI STATUTARI. Si possono considerare distribuzione di utili o di avanzi : 1. - le cessioni e le prestazioni rese a soci, fondatori, amministratori, revisori, collaboratori anche gratuiti, sovventori e mecenati, ovvero loro parenti o affini stretti o loro società, effettuate a condizioni economiche più favorevoli, ad eccezione di vantaggi ed erogazioni aventi significato puramente onorifico e valore economico modico ; 2. - gli acquisti di beni e servizi che, senza valide ragioni economiche siano di valori superiori a quello normale ; 3. - l'erogazione di gettoni di presenza a revisori e amministratori superiori a quanto accordato per legge ; 4. - il pagamento di stipendi al personale superiori del 20% a quelli previsti dal contratto di lavoro. FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI STATUTARI. •- l'obbligo di reinvestire gli utili o avanzi di gestione solo per le attività istituzionali o direttamente connesse ; •- il vincolo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre Onlus o a fini di pubblica utilità ; •- l'obbligo gravante sulle Onlus è la redazione del bilancio o rendiconto annuale dal quale si dovranno distinguere a livello economico gli importi relativi alle attività istituzionali da quelle direttamente connesse. FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI STATUTARI. •- la disciplina del rapporto e delle modalità associative, escludendo la temporaneità della partecipazione alla vita dell'organizzazione e prevedendo per gli associati o partecipanti il diritto di voto ; •- l'obbligatorietà dell'uso in qualsiasi comunicazione rivolta al pubblico della locuzione "Organizzazione non lucrativa e di utilità sociale" oppure dell'acronimo "Onlus". FINALITA’ DI SOLIDARIETA’ SOCIALE • Le attività statutarie istituzionali delle ONLUS sono considerate inerenti a finalità di solidarietà sociale, se svolte, a certe condizioni, nei seguenti settori: • primo gruppo: assistenza sociale e socio sanitaria (1), beneficenza (3), tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico (7), tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente (8), della promozione della cultura (9), della ricerca scientifica di particolare interesse sociale (11); in questi casi si prescinde dalla verifica delle condizioni di svantaggio dei beneficiati FINALITA’ DI SOLIDARIETA’ SOCIALE secondo gruppo: assistenza sanitaria (2), istruzione (4), formazione (5), sport dilettantistico (6), promozione della cultura e dell'arte (9), e tutela dei diritti civili (10); in questi casi non devono essere rese a favore : 1- di soci ; 2- di associati o partecipanti ; ma bensì svolte a beneficio esclusivo di : • • persone esterne all'organizzazione che si trovano in condizioni svantaggiate sotto l'aspetto fisico, psichico, economico, sociale, familiare ; componenti di collettività estere limitatamente agli aiuti umanitari. L'art. 10 Co. 3 prevede che le finalità di solidarietà sociale siano comunque raggiunte anche quando le attività sopra specificate siano effettuate nei confronti di soci, associati o partecipanti, che si trovino però, nelle condizioni di disagio. ONLUS DI DIRITTO L’art. 10 Co. 8 del D.Lgs 460/97 riconosce automaticamente la qualifica di ONLUS nel rispetto della loro natura e finalità, per: • - gli organismi di volontariato di cui alla Legge 11.8.1991 n. 266 iscritti nei registri istituiti dalle Regioni e dalle Provincie autonome di Trento e Bolzano; • - le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della Legge 26.2.1987 n. 49; • - le cooperative sociali di cui alla Legge 8.11.1991 n. 381 iscritte al Registro Prefettizio. Questi organismi sono esonerati dall’invio della domanda di iscrizione al registro delle Onlus. AGEVOLAZIONI FISCALI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI L’art. 12 del D.Lgs 460/97 va a modificare quanto previsto dal Testo Unico delle imposte sui redditi approvato con DPR 22 dicembre 1986 n. 917 e precisamente all’art. 111-bis, inserendo l’art. 111-ter. Tale articolo stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi, lo svolgimento delle attività istituzionali e di quelle direttamente connesse al perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale, ad eccezione delle società cooperative, non concorrono alla formazione del reddito imponibile. AGEVOLAZIONI FISCALI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI E' comunque obbligo sottolineare e ricordare che, mentre le attività istituzionali sono in ogni caso considerate non commerciali, le attività connesse, pur non concorrendo alla formazione del reddito, mantengono la loro natura commerciale e, di conseguenza, grava sull'ONLUS l'obbligo di tenere le relative scritture contabili ad esse inerenti. Ne tratta l'art.25. IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA REGIONALE DEL VENETO Il 30.8.1993 la Regione Veneto ha recepito la normativa nazionale in materia di volontariato (L.266/91) emettendo la propria legge n. 40 “Norme per il riconoscimento e la promozione delle organizzazioni di volontariato”. La semplice lettura dei primi due articoli evidenzia l’importanza dei cittadini organizzati per il bene comune. IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA REGIONALE DEL VENETO Art. 1 La Regione Veneto riconosce e valorizza la funzione sociale dell’attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo ne promuove l’autonomo sviluppo e ne favorisce l’originale apporto alle iniziative dirette al conseguimento di finalità particolarmente significative nel campo sociale, sanitario, ambientale, culturale e della solidarietà civile per affermare il valore della vita, migliorarne la qualità e per contrastare l’emarginazione. IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA REGIONALE DEL VENETO Art. 2 – Attività di volontariato Ai fini della presente legge si considera attività di volontariato quelle svolta per soli fini di solidarietà e verso terzi con l’esclusione di ogni scopo di lucro e di remunerazione, anche indiretti. Tale attività deve essere prestata in modo diretto, spontaneo e gratuito da volontari associati in organizzazioni liberamente costituite, mediante prestazioni personali a favore di altri soggetti ovvero di interessi collettivi degni di tutela da parte della comunità. IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA REGIONALE DEL VENETO • Negli articoli successivi viene prevista l’istituzione del registro di cui all’art.1; l’Osservatorio regionale sul volontariato (art.4), chiamato ad esprimere pareri e proposte su disegni di legge attinenti i settori di intervento del volontariato, sull’istituzione dei centri di servizio, su progetti di cooperazione e collaborazione tra enti pubblici e volontariato oltre alla promozione e sviluppo del non profit; la Conferenza regionale delle organizzazioni di volontariato iscritte al registro regionale (art.7) chiamata a designare i rappresentanti, di sua competenza, nell’osservatorio sul volontariato; la previsione di convenzioni quale strumento contrattuale tra gli enti per l’erogazione di servizi contro corrispettivo (art. 8); promozione regionale della formazione ed aggiornamento dei volontari (art. 11); disciplina dei contributi alle attività del volontariato (art. 12). IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA REGIONALE DEL VENETO • Per il Comitato di Gestione ed i centri di servizio del volontariato segue poi una legge regionale integrativa (N.1 del 1995). • E’ necessario, ora, fare un breve accenno ad altre due norme che, seppur non direttamente, interessano tutto il mondo del non profit: la legge quadro sull’assistenza n. 328/00 e la legge sulle associazioni di promozione sociale n. 383/00. LA NUOVA ASSISTENZA – L. 328/2000 • Dopo 110 anni dalla Legge Crispi del 1890, il Senato italiano ha approvato il 18 ottobre 2000 la nuova legge-quadro sull’assistenza. Proviamo a leggere solo il primo articolo: “La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia”. • Il principio ispiratore del DDL, approvato in via definitiva, prevede la costruzione di un sistema integrato di servizi e prestazioni, un sistema a più protagonisti, istituzionali e delle solidarietà, caratterizzato da livelli essenziali di prestazioni, accessibili a tutti, in particolare a chi vive in condizione di fragilità sociale. LA NUOVA ASSISTENZA – L. 328/2000 • Sono moltissimi i potenziali fruitori della nuova legge: circa tre milioni di disabili e portatori di handicap (di cui un milione ha meno di 65 anni); due milioni e 600 mila famiglie che vivono sotto la soglia della povertà (per un totale di sette milioni e mezzo di persone, soprattutto al Sud); 137 mila tossicodipendenti; 500 mila bambini maltrattati, sfruttati e senza famiglia; 60 mila senza fissa dimora. A loro si aggiungono i disoccupati, le donne in difficoltà, gli immigrati con problemi di inserimento. La precedenza nell’accesso ai servizi andrà ai soggetti tutelati dall’art. 38 della Costituzione: inabili al lavoro e indigenti. LA NUOVA ASSISTENZA – L. 328/2000 • Il testo prevede innanzitutto che le funzioni relative alla programmazione degli interventi sono attribuiti agli enti locali, alle Regioni e allo Stato, mentre la gestione e l’offerta dei servizi spettano sia ai soggetti pubblici sia a quelli del privato sociale, mentre il sistema di finanziamento è basato sul principio della compartecipazione tra Stato, Regioni ed enti locali. Si parla poi dell’autorizzazione e accreditamento dei servizi e delle strutture. • Il provvedimento stabilisce inoltre quali sono i livelli essenziali di assistenza sociale che dovranno essere garantiti in tutto il Paese. LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE – L. 383/2000 • Le associazioni di promozione sociale hanno avuto il loro riconoscimento, dopo anni di promesse, ai primi di novembre del 2000. • Con tale normativa si disciplina il riconoscimento e la costituzione di questi enti che sembrano assumere sia le caratteristiche della solidarietà proprie del volontariato di cui alla L. 266/91 sia quelle della mutualità specificamente prevista per gli enti di tipo associativo di cui al D.L. 460/97. LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE – L. 383/2000 • La nuova legge considera associazioni di promozione sociale (riconosciute e non) i movimenti, i gruppi, purché svolgano attività a favore di associati o terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà dei soci. Vengono così riconosciuti organismi come l’ACLI, l’ARCI, le pro-loco ecc. • E’ espressamente escluso che possano essere considerate associazioni di promozione sociale i partiti politici, le organizzazioni sindacali e quelle professionali, come pure i circoli privati e tutte quelle organizzazioni che pongono limitazioni all’ingresso dei soci in riferimento alle condizioni economiche o a qualsiasi altra forma di discriminazione. LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE – L. 383/2000 • Le risorse delle associazioni possono venire da quote e contributi degli associati, eredità, donazioni e lasciti, contributi statali, regionali e di enti locali, di enti o istituzioni pubbliche, da UE, da entrate derivanti da prestazione di servizi in convenzione, da proventi di cessioni di beni e servizi agli associati e terzi, da erogazioni liberali detraibili fiscalmente, nonché da iniziative di promozionali finalizzate al proprio finanziamento (feste e sottoscrizioni a premi). La relativa documentazione dovrà essere conservata per tre anni. LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE – L. 383/2000 • La riforma ha previsto l’istituzione di un Registro Nazionale delle associazioni di promozione sociale a carattere nazionale tenuto dalla Presidenza del Consiglio e l'istituzione di un Osservatorio Nazionale che si affiancherà a quello del Volontariato ed avrà compiti di promozione, studio e ricerca sul settore. • La legge ha previsto inoltre agevolazioni per le erogazioni liberali e la dispensa dall’obbligo di corrispondere l’imposta sugli intrattenimenti sulle somme pagate dai soci per accedere a determinati eventi (cena di fine anno, festa, ecc.). IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE • Spesso il termine Terzo Settore viene erroneamente collegato al concetto di supplenza e di residualità rapportando la sua azione ad una attività che copre gli spazi in cui non può – o non potrà più – eseguire lo Stato e dove non ha convenienza ad operare l’impresa privata. Si ipotizzerebbe, in questo modo, che il fondamento del non profit risieda in un duplice fallimento: quello dello Stato e quello del mercato. Ma quali sono gli elementi e le caratteristiche del “non profit”? • Innanzitutto deve esistere una struttura organizzata. In assenza di una realtà che colleghi una rete di persone possiamo avere dei volontari ma non una organizzazione. IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE • Poi deve avere un carattere privatistico, quindi escludendo qualsiasi appartenenza o connessione istituzionale con il settore pubblico. Deve perciò essere autogestita, autonoma ed in grado di effettuare proprie scelte e decisioni. A questo punto assume importanza essenziale la non distribuzione di utili che non vuol dire produrre utili o residui attivi. Un’opera solidaristica si sviluppa efficacemente se sospinta, oltre che da un originario impulso solidaristico e da una percezione profonda e vicina dei bisogni dell’uomo, anche e soprattutto da una grande professionalità e da una forte capacità di innovazione. IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE Ricordo brevemente le finalità del volontariato: rilevazione dei bisogni (troppo spesso molti bisogni rimangono insoddisfatti perché non rilevati); prevenzione (è necessario definire o concorrere a definire nuove e diverse forme di intervento, agendo primariamente per la rimozione delle cause che determinano condizione di bisogno); qualificazione delle prestazioni (il volontariato dovrebbe farsi carico di promuovere e svolgere corsi di formazione, qualificazione ed aggiornamento diretto ai volontari ed al personale addetto ai servizi pubblici e privati); temporaneità dell’intervento supplettivo (non è compito del volontariato garantire all’individuo la fruizione di diritti che lo Stato è tenuto a soddisfare); IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE sollecitazione (nello stesso momento in cui il volontariato offre prestazioni e servizi deve segnalare e richiamare l’attenzione perché intervenga chi è preposto a fornire le prestazioni o le disposizioni di legge); controllo sulla qualità dei servizi (è necessario che i servizi forniti dallo stesso e dalle strutture pubbliche siano adeguati alle necessità delle persone); continuità delle prestazioni (trattandosi di prestazioni offerte da volontari che tendono all’umanizzazione degli interventi e alla valorizzazione della persona non possono che essere professionali e continuative). IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE Da più parti si è parlato della presenza di molti “volontariati”. Esistono infatti volontari singoli, gruppi informali, organizzazioni formalizzate, riconosciute giuridicamente e non, coordinamenti di grandi dimensioni. Una buona parte del volontariato offre servizi sanitari, sociali, ambientali, culturali, educativi; ma anche si impegna per la tutela dei diritti dei cittadini e la promozione di quella che si definisce “cittadinanza attiva”. Tutti diversi, ma tutti meritevoli di attenzione per il loro analogo valore morale e civile. Questa pluralità, che è la ricchezza del volontariato e che esige forme organizzative sempre diverse, si è trovata, in questi ultimi anni, in presenza della promozione e della crescita delle “imprese sociali”, delle cooperative sociali, alle quali la accomuna la finalità solidale e l’assenza di lucro e la distingue la gratuità dell’impegno del singolo volontario. Il volontariato sta così all’interno del sistema che viene definito Terzo Settore o dell’Economia Sociale con la propria specificità. IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE Sulla base di che valori? Proviamo ad elencarne alcuni: La centralità della persona umana L’attenzione verso i più deboli ed i sofferenti Il senso civico di responsabilità e di partecipazione alla vita sociale Il rispetto per gli altri Il senso di servizio Il disinteresse nell’azione di solidarietà. IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE Le sinergie tra le componenti del Terzo Settore non possono confondere l’importantissima finalità di coniugare solidarietà e occupazione (cooperative, imprese sociali) col volontariato. Tante associazioni di volontariato, per motivi diversi (continuità di servizio, necessità di significative risorse finanziarie e di personale per rispondere ad esigenze sempre più complesse) hanno dato vita, nel tempo, ad organizzazioni non profit per la gestione di servizi socialmente utili. Ognuno farà la sua scelta. Stiamo attenti però che tali iniziative non siano, per le istituzioni, lo strumento per effettuare unicamente un’azione di contenimento della spesa pubblica da un lato od un utilizzo improprio o mal retribuito di personale da parte di sedicenti cooperative che hanno dimenticato le loro origini. IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE In questi ultimi anni, in presenza di una crisi irreversibile del Welfare State così com’è oggi strutturato, si è dilatata l’area dei diritti individuali, intesi come diritti all’uguaglianza ma anche alla diversità. Il principio guida delle politiche sociali è quello della promozione dell’inclusione sociale piuttosto che quello della lotta all’esclusione sociale. L’emergere di numerose domande di riconoscimento dei propri diritti da parte di minoranze che diventano nuovi attori sociali spinge il volontariato ad un ruolo di rappresentanza degli interessi di coloro che ne sono privi. Funge da stimolo e da sollecitazione dei bisogni e dei diritti ma sollecita inoltre alla partecipazione e responsabilizzazione di tutti per scambiare risorse e creare nuova socialità. IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE Il volontariato deve essere, sempre più, artefice di una istanza pedagogica (cultura della cittadinanza attiva e solidale) ed entrare in un progetto di trasformazione sociale in cui può recitare la parte di un co-protagonista tra i più consapevoli. La sfida del volontariato d'oggi è la partecipazione alla progettazione dei servizi. Di fronte al progressivo sgretolamento dello stato sociale bisogna pensare ad una più ricca articolazione delle politiche sociali. Il volontariato ed il terzo settore dovranno avere la forza di proporsi andando oltre ai compiti di mera delega ma facendo propri compiti di gestione di aree di servizi. Facendo inoltre emergere le contraddizioni dello stato sociale, pensando e proponendo ipotesi di intervento, magari sperimentale, laddove le istituzioni sono assenti svolgendo un ruolo stimolatore e non certo per sostituirsi alle istituzioni. IL VOLONTARIATO E GLI ENTI PUBBLICI •La legge 266/91 dà copertura soltanto al volontariato organizzato (che ricordo è lavoro di servizio spontaneo e gratuito) nei suoi rapporti con le istituzioni. Le cooperative sociali sono imprese sociali, non sono volontariato, anche se utilizzano l’apporto di volontari. •L’associazionismo sociale non è volontariato di servizio perché il suo obiettivo specifico è la crescita e l’interesse degli associati e un’azione culturale e politica generale, mentre l’obiettivo specifico del volontariato è il servizio alle persone in difficoltà. •Questo non significa che abbia maggior valore l’una o l’altra componente del Terzo Settore, significa soltanto che sono diverse. La gratuità del volontariato può dare un contributo fondamentale all’impresa sociale, cioè al lavoro pagato non profit : può conservare nei servizi alla persona lo spirito di servizio, l’attenzione alla persona, la preminenza del bene comune, che sono valori connaturati con il volontariato. IL VOLONTARIATO E GLI ENTI PUBBLICI •Questo contributo emergerà maggiormente nelle imprese sociali nate dal volontariato stesso per dare una risposta di continuità in un determinato problema (tossicodipendenza, handicap, disabilità ecc.). •L’art.1 della Legge 381/91 recita: “ le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. Lo scopo primario quindi non è dare lavoro ai soci, ma uno scopo più ampio, per questo di chiamano “sociali”. •Anche tra il volontariato e l’associazionismo sociale si può sviluppare sinergia: l’associazionismo sociale può diventare come il vivaio che produce volontari e volontariato di servizio promuovendo iniziative non profit. Il volontariato a sua volta può essere il primo passo dei cittadini verso la gestione amministrativa dei comuni e degli altri enti locali. LA COPROGETTAZIONE La co-progettazione dovrà rappresentare una nuova alleanza fra ente locale, associazioni di volontariato e cittadinanza per la realizzazione delle politiche sociali e la riqualificazione dei servizi. E' un quadro di riferimento nuovo, che vede una programmazione, da parte dell'ente locale, degli interventi da realizzare nel territorio. Programmazione che si basa sull'analisi dei bisogni e una progettazione degli interventi, che non deve prescindere dall'apporto del volontariato. Volontariato che può, e deve, avere un ruolo attivo nel proporre possibili progetti, possibili soluzioni, forme di intervento. RISORSE FINANZIARIE ED ECONOMICHE Le organizzazioni di volontariato hanno varie strade per raggiungere il risultato di aumentare le risorse necessarie per la loro attività o per specifici progetti: il found raising la sponsorizzazione di privati il contributo di enti pubblici la compartecipazione al progetto di privati, aziende ed enti pubblici i contributi europei su progetti di una certa rilevanza e relativi ad un territorio non limitatissimo. RISORSE FINANZIARIE ED ECONOMICHE Chi sono gli enti pubblici erogatori di contributi e sottoscrittori di convenzioni? Quasi tutti. Dai Comuni, alle aziende USL, alla Provincia, alla Regione (specificatamente l'Assessorato alle politiche sociali, volontariato e non profit e l'Assessorato alle politiche socio - sanitarie), al Comitato di Gestione e relativi Centri di Servizio. COMITATO DI GESTIONE PER IL FONDO SPECIALE REGIONALE PER IL VOLONTARIATO In sede di attuazione del fondo speciale, ai sensi dell’art. 15 della L. 266/91, il D.M. Tesoro 21/11/1991 ha previsto l'istituzione di un particolare organismo denominato Comitato di Gestione al qual competono i seguenti compiti: 1.provvedere ad individuare e a rendere pubblici i criteri per l'istituzione di uno o più centri di servizio nella regione; 2.ricevere le istanze e, sulla base di criteri e di scadenze preventivamente predeterminati e pubblicizzati, istituire con provvedimento motivato i Centri di Servizio; 3.istituire l'elenco regionale dei centri, pubblicizzandone l'esistenza; COMITATO DI GESTIONE PER IL FONDO SPECIALE REGIONALE PER IL VOLONTARIATO 4. nominare un membro degli organi deliberativi ed un membro degli organi di controllo dei Centri di Servizio; 5. ripartire, annualmente, fra i centri istituiti, le somme scritturate nel fondo speciale, sulla base di criteri e di scadenze preventivamente predeterminati e pubblicizzati; 6. ricevere rendiconti di esercizio da parte dei Centri di servizio e verificarne la regolarità nonché la conformità ai rispettivi regolamenti; 7. cancellare, con provvedimento motivato, i Centri di Servizio in caso di mancato svolgimento dell'opera a favore del volontariato o quando appaia opportuna una diversa funzionalità o competenza territoriale. COMITATO DI GESTIONE PER IL FONDO SPECIALE REGIONALE PER IL VOLONTARIATO In Veneto, peraltro, la normativa regionale consente anche la individuazione di specifici progetti di valenza regionale finanziati dal Fondo su delibera del Comitato di Gestione in una misura stabilita annualmente dal comitato stesso. CENTRI DI SERVIZIO PROVINCIALI PER IL VOLONTARIATO • Nel Veneto esiste un Centro di Servizio con sede in ogni capoluogo di Provincia (art. 14 ter L.R. n. 40/93). • I Centri di Servizio favoriscono l'attività del volontariato ed offrono le loro prestazioni a chiunque operi nel mondo della solidarietà, ad essi, dunque, possono rivolgersi anche gli organismi che non siano iscritti nel registro regionale del volontariato, così come i singoli individui che vogliono partecipare alle attività del volontariato. CENTRI DI SERVIZIO PROVINCIALI PER IL VOLONTARIATO I compiti dei Centri ( vedi art. 14 bis, L.R. Veneto 30/08/93 n. 40) sono: approntare strumenti ed iniziative per la crescita della cultura della solidarietà, della promozione di nuove iniziative di volontariato ed il rafforzamento di quelle esistenti; offrire consulenza ed assistenza qualificata nonché strumenti per la progettazione, l'avvio e la realizzazione di specifiche attività; assumere iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti delle Organizzazioni di volontariato; CENTRI DI SERVIZIO PROVINCIALI PER IL VOLONTARIATO offrire informazioni, notizie, documentazioni e dati sulle attività di volontariato locale e nazionale; fornire direttamente o indirettamente alle organizzazioni di volontariato servizi e prestazioni contenuti in specifici progetti, organicamente formulati, promossi dalle medesime organizzazioni ed approvati dal Comitato di Gestione in sede di riparto delle somme iscritte nel Registro Speciale Regionale. In presenza di risorse importanti, il Comitato di Gestione del Veneto da affidato ai Centri di Servizio parte di queste somme per finanziare specifici progetti locali. L'approvazione dei progetti ed il controllo degli stati di avanzamento e dei risultati raggiunti spetta ai Centri di Servizio che poi erogano le risorse deliberate ed accantonate. CENTRI DI SERVIZIO PROVINCIALI PER IL VOLONTARIATO • Nel Veneto esiste un Centro di Servizio con sede in ogni capoluogo di Provincia (art. 14 ter L.R. n. 40/93). • I Centri di Servizio favoriscono l'attività del volontariato ed offrono le loro prestazioni a chiunque operi nel mondo della solidarietà, ad essi, dunque, possono rivolgersi anche gli organismi che non siano iscritti nel registro regionale del volontariato, così come i singoli individui che vogliono partecipare alle attività del volontariato. AUTHORITY ONLUS E CONTROLLI • Il D. L. 460/97 ha previsto la nascita di un organismo di controllo nazionale: l’Authority sulle Onlus, con compiti di indirizzo, di promozione e di vigilanza sugli enti ed organizzazioni non profit. Ha sede a Milano presso gli uffici del Ministero delle Finanze. Recentemente è stata nominata la nuova “squadra” con Presidente il prof. Stefano Zamagni, uno dei padri della Legge 266/91. • La funzione di controllo è svolta attraverso l’emissione di pareri obbligatori e vincolanti che dovrebbero consentire a tutti maggiore chiarezza evitando incertezze per gli operatori e per gli enti che rientrano nell’area non profit. AUTHORITY ONLUS E CONTROLLI La Commissione può intervenire in via formale e sostanziale sull’intero settore non lucrativo e solidaristico in genere, effettuando una vera e propria attività accertativa e di ispezione in merito ai seguenti aspetti principali: 1. 2. 3. 4. atto costitutivo e/o statuto (redazione dell’atto, settore di attività, attività principale e attività connesse, ecc.); perdita di qualifica; anagrafe unica delle Onlus (con le comunicazioni di inizio, modifica o cessazione di attività); impostazione fiscale e contabile secondo quanto previsto dagli art.27 e 28 del D.L. 460/97. Grazie per l’attenzione AVIS-ABVS REGIONALE VENETO FRANCESCO MAGAROTTO