IL VOLONTARIATO IN
ITALIA
FORMAZIONE
MAGGIO 2007
FRANCESCO MAGAROTTO
Il volontariato è un fenomeno antico che
è
andato via via aumentando e
modificando con lo sviluppo della società,
dei sistemi economici e politici, e quindi
di Welfare. Provando a schematizzare lo
sviluppo
storico
del
volontariato
potremmo descriverlo in tre fasi
PRIMA FASE:
IL VOLONTARIATO TRADIZIONALE O
PRE-MODERNO.
• E' quello della tradizionale beneficenza e si svolge dagli ospizi,
agli orfanotrofi dove fin dai secoli XIV e XV la pubblica pietà
"conservava" orfani e trovatelli, malati e non autosufficienti.
• Con diverse accentuazioni l'approccio caritativo, perdura fino alla
metà di questo secolo limitando il proprio intervento alla persona
che si trova nell’impossibilità di garantirsi la sopravvivenza
economica.
• Nella banca dati della FIVOL (Fondazione Italiana Volontariato) le
organizzazioni di volontariato più antiche e sorte prima della metà
del secolo ammontano al 10% del totale.
SECONDA FASE:
LA NASCITA DEL VOLONTARIATO MODERNO.
• Ha origine con l'affermarsi del Welfare State e quindi con le
grandi riforme dell'assistenza, previdenza e sanità che seguono le
spinte alla modernizzazione prodotta dal sorpasso della nuova
società terziaria nei confronti della vecchia società industriale.
• Gli intensi fenomeni di trasformazione della società, hanno
contribuito ad accelerare la dinamica e l'ampliamento dei bisogni
sociali cresciuti per ventaglio di problemi o forme di disagio (es.
tossicodipendenza, figli di divorziati, minori in affidamento,
handicappati adulti), nonché per tipologia di "povertà", da quella
assoluta a quella post-materialistica (i bisogni di tipo relazionale,
d'identità personale, la solitudine, la partecipazione) fino a quella
"istituzionale", riferibile alle inadempienze, ai ritardi, alle inerzie,
alle inefficienze delle risposte della pubblica amministrazione.
• Da qui la emergenza di un movimento di volontariato sempre più
impegnato nel fornire e sperimentare nuovi modelli di servizio e di
forme organizzative che sono poi sfociate nella nascita
dell'impresa sociale. In questo periodo il volontariato svolge un
ruolo duplice, di tutela e di vigilanza critica, ma anche di servizio,
sostituendosi spesso ad uno Stato piuttosto macchinoso e
centralistico.
• Il campo di intervento privilegiato del volontariato rimane in
questo periodo, che si estende dalla metà degli anni '70 all'inizio
degli anni '90, quello dei settori sociale e socio-sanitario, con un
approccio tendenzialmente orientato alla riabilitazione o recupero
sociale, di soggetti svantaggiati o segnati da emarginazione.
• Si tratta di un periodo storico che vede sorgere quasi la metà
delle organizzazioni di volontariato rilevate dalla FIVOL (48,7%).
TERZA FASE:
IL VOLONTARIATO COME SOGGETTO DELLE
POLITICHE SOCIALI.
• E' la fase che inizia con la legge 266 del 1991 che legittima il
volontariato (sempre più fenomeno associativo) e lo chiama a
partecipare alla riprogettazione dello Stato sociale dopo il declino
del vecchio modello e la necessità di promuovere un welfare mix di
tipo comunitario. Diviene pertanto un soggetto di programmazione
delle politiche sociali locali oltre che gestore accreditato di
interventi e servizi non altrimenti reperibili e ad elevata
produzione di beni relazionali.
TERZA FASE:
IL VOLONTARIATO COME SOGGETTO DELLE
POLITICHE SOCIALI.
• La sua funzione tipica di sensore dei bisogni e la capacità di stare
nei processi, anche per il suo radicamento territoriale, lo porta ad
impegnarsi sempre più nel campo della prevenzione del disagio, a
operare di più sulle fasce a rischio e sui fenomeni di degrado
territoriale e a favore della comunità, per la salvaguardia di valori
e risorse (artistiche, culturali, ambientali, naturalistiche, ecc.) e
quindi ad allargare lo spettro dei settori di intervento. Ciò è
coerente con una più estensiva e radicale concezione del bisogno,
visto in positivo, come mantenimento del "benessere", "salute",
promozione della qualità della vita e uguaglianza di opportunità.
• L'impegno primario del volontariato è innescare processi educativi
che conducano al "cittadino solidale" che è in grado di farsi
responsabile e partecipe del bene comune.
TERZA FASE:
IL VOLONTARIATO COME SOGGETTO DELLE
POLITICHE SOCIALI.
• Le organizzazioni non a scopo di lucro vengono viste come
riferimento per dare risposte efficaci e soluzioni operative ai
bisogni e alla domanda di servizi, che connotano il welfare-state.
Esse sono un interlocutore valido e prospetticamente ad alto
potenziale di sviluppo, riguardo a temi forti quali il recupero di
livelli di welfare accettabili, la produzione di beni e servizi per una
domanda a largo spettro di socialità o di nicchia in settori a cui il
pubblico e il privato "for profit" non sono in grado di rispondere.
Perché questa sempre maggior attenzione?:
•
La crisi del welfare-state che ha difficoltà a rispondere ai bisogni
sociali storici delle popolazione sia per la mancanza di risorse
finanziarie che per lo sviluppo di nuovi bisogni sociali e sociosanitari a cui è possibile dare risposte più veloci con una
"solidarietà organizzata" finalizzata ai risultati più che a risposte
burocratiche e istituzionali. Riassumendo: ad una non dilatabile
spesa pubblica per i servizi di "benessere diffuso, sociale e
sanitario" emergono nuove domande, crescenti e diversificate.
Perché questa sempre maggior attenzione?:
•
Lo stato assistenziale eroga servizi spesso non completamente
adeguati alla domanda sociale. Emerge una esigenza di
partecipazione attiva dei cittadini per l'insufficiente livello di
qualità di molti servizi pubblici. Le esigenze della popolazione, poi,
sono deluse dalla non corrispondenza dei servizi stessi rispetto ai
benefici attesi ed ai tributi pagati. Riassumendo: vi è maggiore
consapevolezza che i servizi pubblici non sono il contenuto
simmetrico dello scambio fra i cittadini e lo stato, del
corrispettivo pagato (con tasse e imposte).
•
La comparsa di nuovi attori sociali. La popolazione diventa sempre
più eterogenea in senso etnico, culturale, comportamentale,
religioso, ecc.
Perché questa sempre maggior attenzione?:
•
La crisi di valori, nuovi bisogni sociali, preferenze sociali, bisogno
di autorealizzazione della popolazione che muta il mix di domanda
di benessere sociale e dilata le aspettative nei confronti dello
stato.
•
Infine il concetto che la solidarietà è un investimento per la
società perché mantiene livelli più accettabili di welfare, di
equilibrio socio-economico, di tutela dei diritti dei cittadini, di
difesa dell'ambiente, di offerta socio sanitaria, integrando
l'attività dello stato.
LEGGI DI RIFERIMENTO
• Due sono le leggi nazionali che ci riguardano direttamente: la Legge
266 del 11.8.1991 ed il D.Lgs. 460 del 4.12.1997. La Nostra Regione
ha recepito la L. 266 e promulgato una propria legge per il
riconoscimento e la promozione delle organizzazione di volontariato:
la n. 40 del 30.8.1993. Tutte queste norme sono, in questi ultimi anni
in via di riscrittura.
• Con la Legge 266/91 vi è il riconoscimento del volontariato mentre
con il D.L. 460/97 vengono chiarite le problematiche fiscali
introducendo agevolazioni ed esenzioni per tutto il 3° settore e
quindi anche per quella parte di esso che è il volontariato, quale
organizzazione non lucrativa di utilità sociale, meglio detta ONLUS.
• Ma delle aggregazioni di cittadini e del diritto di riunirsi in
associazioni troviamo qualche passaggio nella costituzione e nel
codice civile.
IL VOLONTARIATO E LA COSTITUZIONE
• La Costituzione Italiana, del 1948, parla delle autonomie sociali e
della possibilità di riunirsi in associazioni, in una serie di articoli
che vale la pena citare:
• ART. 2 (DIRITTI DELL'UOMO) "La Repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità…" .
• ART. 3 (UGUAGLIANZA) “ Tutti i cittadini hanno pari dignità
sociale….senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali “. Viene data
alla Repubblica il compito di "rimuovere gli ostacoli d’ordine
economico e sociale che, limitando di fatto, la libertà e
l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
IL VOLONTARIATO E LA COSTITUZIONE
ART. 17 (DIRITTO DI RIUNIONE)
ART. 18 (DIRITTO D'ASSOCIAZIONE)
"I cittadini hanno
diritto di associarsi liberamente, senza
autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge
penale".
ART.21 (DIRITTO DI MANIFESTARE IL PROPRIO PENSIERO)
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero
con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”.
IL VOLONTARIATO E LA COSTITUZIONE
ART. 31 (TUTELA DELLA FAMIGLIA, PROTEGGE LA
MATERNITA’, L’INFANZIA E LA GIOVENTU’ “FAVORENDO GLI
ISTITUTI NECESSARI A TALE SCOPO”).
ART. 32 (TUTELA LA SALUTE COME FONDAMENTALE
DIRITTO
DELL'INDIVIDUO
ED
INTERESSE
DELLA
COLLETTIVITA' E GARANTISCE CURE GRATUITE AGLI
INDIGENTI “NEL RISPETTO DELLA PERSONA UMANA”).
IL VOLONTARIATO E LA COSTITUZIONE
ART. 38 (ASSISTENZA SOCIALE)
''Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi per vivere ha
diritto al mantenimento e all'assistenza sociale…. Gli inabili ed i
minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale..
“
ART. 45 (MUTUALITA' E COOPERAZIONE)
"La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a
carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge
ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne
assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità"
IL VOLONTARIATO ED IL CODICE CIVILE
La legislazione codicistica è anteriore (del 1942), se pur di pochi anni
alla stesura della Costituzione Italiana, ma alla lettura, la distanza
sembra molto maggiore. Ne emerge la visione di un volontariato quasi
residuale.
Nel libro I al Titolo II in tema "Delle persone giuridiche"
l'art. 12 "Persone giuridiche private" cita:
"Le associazioni, le
fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la
personalità giuridica mediante riconoscimento concesso con decreto
del Presidente della Repubblica". Solo nel 2000 si è proceduto a
semplificare i procedimenti di riconoscimento delle persone giuridiche
private.
IL VOLONTARIATO ED IL CODICE CIVILE
Il Capo II "Delle associazioni e fondazioni" detta le norme che
riguardano l'operatività delle associazioni, delle fondazioni, degli
enti riconosciuti e delle fondazioni prevedendo controlli per la
costituzione (art. 12) per la modifica dell'atto costitutivo (art.
16), per l'acquisto di beni immobili e l'accettazione di donazioni,
eredità e legati (art. 17 soppresso dall'art. 13 della L. n.
127/1997).
L'art. 33 al comma 3 precisa che "Gli amministratori di una
associazione o di una fondazione non registrata, benché riconosciuta,
rispondono personalmente e solidalmente, insieme con la persona
giuridica, delle obbligazioni assunte".
IL VOLONTARIATO ED IL CODICE CIVILE
Il successivo Capo III
"Delle associazioni non riconosciute e dei comitati"
in soli 7 articoli regola quei soggetti collettivi che, pur privi di
personalità giuridica, hanno una significativa capacità giuridica
potendo sia stare in giudizio (art. 36), se pur nella persona di
coloro ai quali è conferita, secondo gli accordi, la presidenza o la
direzione, sia acquistare beni tanto mobili che immobili.
Nessun divieto è posto dal legislatore quanto allo scopo dell'ente che
può quindi anche essere (o includere attività) di carattere commerciale,
in tal caso diverranno applicabili però anche le norme del Libro V, Capo
III in tema "Delle imprese commerciali e delle altre imprese soggette
a registrazione" contenute negli articoli da 2188 a 2221.
IL VOLONTARIATO ED IL CODICE CIVILE
Solo nel 1991, per la prima volta, viene emessa una legge specifica
sul volontariato, la n. 266/91, considerata da tutti un passaggio
importantissimo da parte del legislatore perché prende atto
dell'esistenza di un vasto movimento di volontariato, (parte del Terzo
Settore) esistente nel paese. Lo scopo e' quello di favorirne lo
sviluppo nell'interesse della Comunità.
Proprio nello stesso periodo, nel volgere di due anni, il legislatore
promulga varie leggi che interessano direttamente o indirettamente il
terzo settore: la legge sull’accesso ai documenti amministrativi
(L.241/90); sul volontariato (L. 266/91), sulle cooperative sociali
(L.381/91) e la legge sulle autonomie locali e sulla partecipazione
popolare (L. 142/90).
IL VOLONTARIATO E GLI STATUTI COMUNALI
In ordine alla L. 142/90, tutti i Comuni si sono dotati di uno Statuto
che ha previsto forme partecipative, di cittadini singoli o associati,
alla vita dell’ente locale, impegnando gli stessi a sostenere
l’associazionismo, la cooperazione e il volontariato, come strumenti
coadiuvanti la crescita individuale e sociale dei cittadini.
IL VOLONTARIATO E GLI STATUTI COMUNALI
In tutti gli statuti comunali possiamo leggere:
•
Il Comune di ………. riconosce e promuove i diritti costituzionali
dell’uomo di riunirsi in formazioni sociali ed associazioni ove si
svolga la sua personalità.
•
Promuove il volontariato a fini di solidarietà e promozione sociale
per soddisfare bisogni sociali, civili, culturali e sportivi. Il Comune
assicura al volontariato la partecipazione alla programmazione e il
concorso alla realizzazione degli interventi pubblici.
IL VOLONTARIATO E GLI STATUTI COMUNALI
3.
Alle associazioni è riconosciuto il diritto: a) di presentare istanze,
petizioni e proposte e di accedere attraverso propri
rappresentanti agli atti e alla informazioni concernenti l’attività
amministrativa,.
4.
Viene istituito un apposito albo comunale delle associazioni
operanti nel territorio comunale. Il Regolamento comunale
stabilisce le modalità ed i requisiti per l’iscrizione, nonché i criteri
per l’erogazione di eventuali finanziamenti
IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO
N.266/91
Dalla Legge quadro sul volontariato, varata nel 1991, è importante
soffermarsi su alcuni articoli:
•L’art. 1 della Legge 266 del 1991 esplicita chiaramente lo spirito del
legislatore: “La Repubblica Italiana riconosce il valore sociale e la
funzione dell’attività di volontariato come espressione di
partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo
salvaguardandone l’autonomia e ne favorisce l’apporto originale per il
conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale
individuate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Provincie autonome di
Trento e Bolzano e dagli Enti Locali”.
IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO
N.266/91
• L'art. 2 ribadisce il concetto della gratuità della prestazione
personale e spontanea con il solo rimborso delle spese
effettivamente sostenute;
• L'art. 3 obbliga l'inserimento negli statuti dell'assenza di fini di
lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità
delle cariche associative e delle prestazioni degli aderenti,
l'obbligo
di
rendicontazione
annuale
con
approvazione
assembleare ecc.;
• L'art. 4 obbliga le associazioni a provvedere ad una copertura
assicurativa per i propri aderenti contro malattie ed infortuni
connessi all'attività svolta a favore dell'ente, nonché per la
responsabilità civile verso terzi.
IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO
N.266/91
• L'art. 5 precisa che le risorse economiche, in caso di scioglimento
dell'associazione devono essere devolute ad altre organizzazioni che
perseguano analoghe finalità
• L'art. 6 prevede l'iscrizione nel Registro Regionale delle
Organizzazioni di volontariato. Questo articolo si collegherà con il
D.L. 460/97 per il riconoscimento di diritto come ONLUS delle
associazioni ivi iscritte
• L'art. 7 prevede che solo le organizzazioni iscritte ai registri ed in
regola con i principi democratici di cui agli articoli precedenti
possono sottoscrivere convenzioni con gli enti pubblici
IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO
N.266/91
• L'art. 8 riguarda le agevolazioni fiscali. Infatti non vengono
considerate cessioni di beni né prestazioni di servizi, ai fini IVA, le
operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato. Aggiunge
inoltre che i proventi derivanti da attività commerciali e produttive
marginali (occasionali) non costituiscono redditi imponibili ai fine
IRPEG qualora sia documentato il loro impegno per i fini istituzionali.
• l'art. 10 prevede norme regionali e delle provincie autonome per
favorire le iniziative e lo sviluppo del volontariato del territorio
• l'art. 12 prevede l'istituzione di un Osservatorio Nazionale per il
Volontariato
IL VOLONTARIATO E LA LEGGE QUADRO
N.266/91
• L’art.15 prevede la costituzione di Centri
volontariato (in Veneto su base provinciale)
servizi, utilizzando risorse derivanti da una
Fondazioni bancarie,che vengono distribuiti da
Gestione a livello regionale.
di Servizio per il
per l’erogazione di
quota di utili delle
appositi Comitati di
IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO
LEGISLATIVO N. 460/97
Il legislatore ha voluto promuovere ed incentivare il mondo del non
profit con lo strumento della detassazione, delle agevolazioni, delle
esenzioni, dei benefici fiscali. E’ infatti un provvedimento fiscale.
La prima parte del decreto disciplina gli enti non commerciali, dell'art.
1 all'art. 9. La seconda parte tratta le organizzazioni non lucrative di
utilità sociale, per semplicità: ONLUS.
IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO
LEGISLATIVO N. 460/97
•L'art. 10 definisce le ONLUS come organismi che operano in
settori precisamente determinati (e ne fa l'elenco) di interesse
collettivo, con lo scopo di perseguire esclusive finalità di
solidarietà sociale e quindi di risposta verso situazioni di
svantaggio, di difficoltà, di debolezza, di emarginazione. L’AVIS
rientra nei settori di assistenza sociale e socio sanitaria ed in quello di
assistenza sanitaria, per talune attività. Lo stesso articolo parla poi
delle finalità che le ONLUS devono perseguire e specifica che la
qualifica si acquisisce di diritto qualora l'organizzazione di
volontariato sia iscritta nei registri istituiti dalle Regioni ai sensi
della L. 266/91;
IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO
LEGISLATIVO N. 460/97
•L'art 12 stabilisce che, ai fini delle imposte sui redditi, lo svolgimento
delle attività istituzionali e di quelle direttamente connesse al
perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale ad eccezione
delle società cooperative, non concorrono alla formazione
del
reddito imponibile. Quindi non vi è tassazione per le attività
svolte.
•L'art. 13 tratta delle liberalità e della loro possibile detrazione
fiscale (da parte di chi ha fatto il contributo) a condizione che siano
dimostrabili e quindi con pagamento bancario o postale e che
l'associazione sia iscritta ai registri della L. 266/91 e quindi ONLUS di
diritto;
IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO
LEGISLATIVO N. 460/97
•All'art. 14 si prevede che le cessioni di beni e servizi verso terzi o
enti pubblici non sono soggette a IVA mentre nessuna agevolazione è
prevista per l'IVA negli acquisti;
•Seguono esenzioni dall'imposta di bollo (art. 17); dalle tasse di
concessione (art. 18); dalle imposte di successione e donazione (art.
19); dell'INVIM e imposte sostitutiva (art. 20); da tributi locali se
concordati con i Comuni (art. 21); dall'imposta di registro sugli atti a
titolo oneroso di beni immobili (art. 22); dall'imposta sugli spettacoli
(art. 23); agevolazioni per lotterie, tombole e pesche di ben.(art. 24);
IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO
LEGISLATIVO N. 460/97
•All'art. 25 si ricordano gli obblighi ed adempimenti contabili, del
rendiconto annuale e delle facilitazioni per le ONLUS che svolgono solo
attività istituzionali e attività connesse;
•All'art. 28 sono previste sanzioni e responsabilità dei
rappresentanti legali per dichiarazioni false che consentano detrazioni
fiscali dalle imposte ai donatori di fondi.
IL VOLONTARIATO ED IL DECRETO
LEGISLATIVO N. 460/97
Una questione delicata e' quella della sovrapposizione concettuale tra
volontariato e ONLUS: il legislatore, non ha semplificato né
razionalizzato, ma solo aggiunto agevolazioni al tappeto esistente, ha
permesso che le organizzazioni di volontariato (nonché le
cooperative sociali e le ONG, Organizzazioni non governative)
entrino di diritto nel comparto ONLUS, purché in regola con le
rispettive legislazioni. Infatti l'art.10, c.8 ha previsto espressamente
che sono fatte salve le previsioni di maggior favore previste nelle
normative specifiche di riferimento.
ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI
UTILITA' SOCIALE (ONLUS)
DEFINIZIONE
Per la prima volta la legge n. 460 del 4/12/1997 all'articolo 10
definisce le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), come
"organismi che operano in settori precisamente determinati di
interesse collettivo, con lo scopo di perseguire esclusive finalità di
solidarietà sociale".
Non si considerano Onlus gli enti pubblici, le società commerciali
diverse da quelle cooperative, le fondazioni bancarie, i partiti e
movimenti politici, le organizzazioni sindacali e le associazioni di datori
di lavoro e di categoria.
ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI
UTILITA' SOCIALE (ONLUS)
Per essere Onlus bisogna rivestire le seguenti forme giuridiche:







associazioni
comitati
fondazioni
società cooperative ;
organizzazioni di volontariato
enti ecclesiastici delle confessioni religiose ;
altri enti di diritto privato con o senza personalità giuridica .
ATTIVITA' DELLE ONLUS: SETTORI POSSIBILI.
L'articolo 10 prevede i seguenti settori ove una Onlus può espletare la
propria attività :
 assistenza sociale e socio sanitaria ;
 assistenza sanitaria ;
 beneficenza ;
 istruzione ;
 formazione ;
 sport dilettantistico ;
 tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse
artistico e storico ;
 tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente;
 promozione della cultura e dell'arte ;
 tutela dei diritti civili ;
 ricerca scientifica di particolare interesse sociale.
FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI
STATUTARI.
•Le Onlus possono costituirsi :
•1- per atto pubblico ;
•2- con scrittura privata autenticata ;
•3- con scrittura privata registrata.
FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI
STATUTARI.
Il D.Lgs.460/1997 all'articolo 10, co. 1 stabilisce che l'atto costitutivo
o lo statuto devono indicare espressamente :
•- il settore o i settori di attività ;
•- il perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale ;
FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI
STATUTARI.
•- il divieto di svolgere attività in settori diversi ad esclusione di
quelli direttamente connessi agli istituzionali, intendendo per tali
quelle rientranti nei settori 2,4,5,6,9 e 10 purché svolte nei confronti
di soggetti non svantaggiati e le attività siano accessorie per natura a
quelle statutarie in quanto integrative delle stesse ;
•- il divieto di distribuire, anche indirettamente utili o avanzi di
gestione, nonché
fondi, riserve o capitale durante la vita
dell'organizzazione.
FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI
STATUTARI.
Si possono considerare distribuzione di utili o di avanzi :
1. - le cessioni e le prestazioni rese a soci, fondatori, amministratori,
revisori, collaboratori anche gratuiti, sovventori e mecenati, ovvero
loro parenti o affini stretti o loro società, effettuate a condizioni
economiche più favorevoli, ad eccezione di vantaggi ed erogazioni
aventi significato puramente onorifico e valore economico modico ;
2. - gli acquisti di beni e servizi che, senza valide ragioni economiche
siano di valori superiori a quello normale ;
3. - l'erogazione di gettoni di presenza a revisori e amministratori
superiori a quanto accordato per legge ;
4. - il pagamento di stipendi al personale superiori del 20% a quelli
previsti dal contratto di lavoro.
FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI
STATUTARI.
•- l'obbligo di reinvestire gli utili o avanzi di gestione solo per le
attività istituzionali o direttamente connesse ;
•- il vincolo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in caso di
suo scioglimento per qualunque causa, ad altre Onlus o a fini di
pubblica utilità ;
•- l'obbligo gravante sulle Onlus è la redazione del bilancio o
rendiconto annuale dal quale si dovranno distinguere a livello
economico gli importi relativi alle attività istituzionali da quelle
direttamente connesse.
FORMALITA’ COSTITUTIVE E OBBLIGHI
STATUTARI.
•- la disciplina del rapporto e delle modalità associative, escludendo la
temporaneità della partecipazione alla vita dell'organizzazione e
prevedendo per gli associati o partecipanti il diritto di voto ;
•- l'obbligatorietà dell'uso in qualsiasi comunicazione rivolta al pubblico
della locuzione "Organizzazione non lucrativa e di utilità sociale"
oppure dell'acronimo "Onlus".
FINALITA’ DI SOLIDARIETA’ SOCIALE
• Le attività statutarie istituzionali delle ONLUS sono considerate
inerenti a finalità di solidarietà sociale, se svolte, a certe condizioni,
nei seguenti settori:
• primo gruppo: assistenza sociale e socio sanitaria (1), beneficenza
(3), tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse
artistico e storico (7), tutela e valorizzazione della natura e
dell'ambiente (8), della promozione della cultura (9), della ricerca
scientifica di particolare interesse sociale (11); in questi casi si
prescinde dalla verifica delle condizioni di svantaggio dei beneficiati
FINALITA’ DI SOLIDARIETA’ SOCIALE
secondo gruppo: assistenza sanitaria (2), istruzione (4), formazione (5),
sport dilettantistico (6), promozione della cultura e dell'arte (9), e
tutela dei diritti civili (10); in questi casi non devono essere rese a
favore :
1- di soci ;
2- di associati o partecipanti ;
ma bensì svolte a beneficio esclusivo di :
•
•
persone esterne all'organizzazione che si trovano in condizioni
svantaggiate sotto l'aspetto fisico, psichico, economico, sociale,
familiare ;
componenti di collettività estere limitatamente agli aiuti umanitari.
L'art. 10 Co. 3 prevede che le finalità di solidarietà sociale siano
comunque raggiunte anche quando le attività sopra specificate siano
effettuate nei confronti di soci, associati o partecipanti, che si trovino
però, nelle condizioni di disagio.
ONLUS DI DIRITTO
L’art. 10 Co. 8 del D.Lgs 460/97 riconosce automaticamente la
qualifica di ONLUS nel rispetto della loro natura e finalità, per:
• - gli organismi di volontariato di cui alla Legge 11.8.1991 n. 266
iscritti nei registri istituiti dalle Regioni e dalle Provincie autonome
di Trento e Bolzano;
• - le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della
Legge 26.2.1987 n. 49;
• - le cooperative sociali di cui alla Legge 8.11.1991 n. 381 iscritte al
Registro Prefettizio.
Questi organismi sono esonerati dall’invio della domanda di iscrizione al
registro delle Onlus.
AGEVOLAZIONI FISCALI DELLE IMPOSTE
SUI REDDITI
L’art. 12 del D.Lgs 460/97 va a modificare quanto previsto dal Testo
Unico delle imposte sui redditi approvato con DPR 22 dicembre 1986 n.
917 e precisamente all’art. 111-bis, inserendo l’art. 111-ter.
Tale articolo stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi, lo
svolgimento delle attività istituzionali e di quelle direttamente
connesse al perseguimento di esclusive finalità di solidarietà
sociale, ad eccezione delle società cooperative, non concorrono alla
formazione del reddito imponibile.
AGEVOLAZIONI FISCALI DELLE IMPOSTE
SUI REDDITI
E' comunque obbligo sottolineare e ricordare che, mentre le attività
istituzionali sono in ogni caso considerate non commerciali, le
attività connesse, pur non concorrendo alla formazione del reddito,
mantengono la loro natura commerciale e, di conseguenza, grava
sull'ONLUS l'obbligo di tenere le relative scritture contabili ad esse
inerenti. Ne tratta l'art.25.
IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA
REGIONALE DEL VENETO
Il 30.8.1993 la Regione Veneto ha recepito la normativa nazionale
in materia di volontariato (L.266/91) emettendo la propria legge n.
40 “Norme per il riconoscimento e la promozione delle
organizzazioni di volontariato”.
La semplice lettura dei primi due articoli evidenzia l’importanza dei
cittadini organizzati per il bene comune.
IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA
REGIONALE DEL VENETO
Art. 1
La Regione Veneto riconosce e valorizza la funzione sociale
dell’attività di volontariato come espressione di partecipazione,
solidarietà e pluralismo ne promuove l’autonomo sviluppo e ne
favorisce l’originale apporto alle iniziative dirette al conseguimento
di finalità particolarmente significative nel campo sociale, sanitario,
ambientale, culturale e della solidarietà civile per affermare il
valore della vita, migliorarne la qualità e per contrastare
l’emarginazione.
IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA
REGIONALE DEL VENETO
Art. 2 – Attività di volontariato
Ai fini della presente legge si considera attività di volontariato
quelle svolta per soli fini di solidarietà e verso terzi con l’esclusione
di ogni scopo di lucro e di remunerazione, anche indiretti. Tale
attività deve essere prestata in modo diretto, spontaneo e gratuito
da volontari associati in organizzazioni liberamente costituite,
mediante prestazioni personali a favore di altri soggetti ovvero di
interessi collettivi degni di tutela da parte della comunità.
IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA
REGIONALE DEL VENETO
• Negli articoli successivi viene prevista l’istituzione del registro di
cui all’art.1; l’Osservatorio regionale sul volontariato (art.4),
chiamato ad esprimere pareri e proposte su disegni di legge
attinenti i settori di intervento del volontariato, sull’istituzione dei
centri di servizio, su progetti di cooperazione e collaborazione tra
enti pubblici e volontariato oltre alla promozione e sviluppo del non
profit; la Conferenza regionale delle organizzazioni di volontariato
iscritte al registro regionale (art.7) chiamata a designare i
rappresentanti,
di
sua
competenza,
nell’osservatorio
sul
volontariato; la previsione di convenzioni quale strumento
contrattuale tra gli enti per l’erogazione di servizi contro
corrispettivo (art. 8); promozione regionale della formazione ed
aggiornamento dei volontari (art. 11); disciplina dei contributi alle
attività del volontariato (art. 12).
IL VOLONTARIATO E LA NORMATIVA
REGIONALE DEL VENETO
• Per il Comitato di Gestione ed i centri di servizio del volontariato
segue poi una legge regionale integrativa (N.1 del 1995).
• E’ necessario, ora, fare un breve accenno ad altre due norme che,
seppur non direttamente, interessano tutto il mondo del non profit:
la legge quadro sull’assistenza n. 328/00 e la legge sulle associazioni
di promozione sociale n. 383/00.
LA NUOVA ASSISTENZA – L. 328/2000
• Dopo 110 anni dalla Legge Crispi del 1890, il Senato italiano ha
approvato il 18 ottobre 2000 la nuova legge-quadro sull’assistenza.
Proviamo a leggere solo il primo articolo: “La Repubblica assicura
alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e
servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della
vita, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene,
elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio
individuale e familiare derivanti da inadeguatezza di reddito,
difficoltà sociali e condizioni di non autonomia”.
• Il principio ispiratore del DDL, approvato in via definitiva, prevede
la costruzione di un sistema integrato di servizi e prestazioni, un
sistema a più protagonisti, istituzionali e delle solidarietà,
caratterizzato da livelli essenziali di prestazioni, accessibili a tutti,
in particolare a chi vive in condizione di fragilità sociale.
LA NUOVA ASSISTENZA – L. 328/2000
• Sono moltissimi i potenziali fruitori della nuova legge: circa tre
milioni di disabili e portatori di handicap (di cui un milione ha meno di
65 anni); due milioni e 600 mila famiglie che vivono sotto la soglia
della povertà (per un totale di sette milioni e mezzo di persone,
soprattutto al Sud); 137 mila tossicodipendenti; 500 mila bambini
maltrattati, sfruttati e senza famiglia; 60 mila senza fissa dimora. A
loro si aggiungono i disoccupati, le donne in difficoltà, gli immigrati
con problemi di inserimento. La precedenza nell’accesso ai servizi
andrà ai soggetti tutelati dall’art. 38 della Costituzione: inabili al
lavoro e indigenti.
LA NUOVA ASSISTENZA – L. 328/2000
• Il testo prevede innanzitutto che le funzioni relative alla
programmazione degli interventi sono attribuiti agli enti locali,
alle Regioni e allo Stato, mentre la gestione e l’offerta dei
servizi spettano sia ai soggetti pubblici sia a quelli del privato
sociale, mentre il sistema di finanziamento è basato sul principio
della compartecipazione tra Stato, Regioni ed enti locali. Si parla
poi dell’autorizzazione e accreditamento dei servizi e delle
strutture.
• Il provvedimento stabilisce inoltre quali sono i livelli essenziali di
assistenza sociale che dovranno essere garantiti in tutto il
Paese.
LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE
SOCIALE – L. 383/2000
• Le associazioni di promozione sociale hanno avuto il loro
riconoscimento, dopo anni di promesse, ai primi di novembre del
2000.
• Con tale normativa si disciplina il riconoscimento e la costituzione di
questi enti che sembrano assumere sia le caratteristiche della
solidarietà proprie del volontariato di cui alla L. 266/91 sia quelle
della mutualità specificamente prevista per gli enti di tipo
associativo di cui al D.L. 460/97.
LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE
SOCIALE – L. 383/2000
• La nuova legge considera associazioni di promozione sociale
(riconosciute e non) i movimenti, i gruppi, purché svolgano attività a
favore di associati o terzi, senza finalità di lucro e nel pieno
rispetto della libertà dei soci. Vengono così riconosciuti organismi
come l’ACLI, l’ARCI, le pro-loco ecc.
• E’ espressamente escluso che possano essere considerate
associazioni di promozione sociale i partiti politici, le organizzazioni
sindacali e quelle professionali, come pure i circoli privati e tutte
quelle organizzazioni che pongono limitazioni all’ingresso dei soci in
riferimento alle condizioni economiche o a qualsiasi altra forma di
discriminazione.
LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE
SOCIALE – L. 383/2000
• Le risorse delle associazioni possono venire da quote e contributi
degli associati, eredità, donazioni e lasciti, contributi statali,
regionali e di enti locali, di enti o istituzioni pubbliche, da UE, da
entrate derivanti da prestazione di servizi in convenzione, da
proventi di cessioni di beni e servizi agli associati e terzi, da
erogazioni liberali detraibili fiscalmente, nonché da iniziative di
promozionali finalizzate al proprio finanziamento (feste e
sottoscrizioni a premi). La relativa documentazione dovrà essere
conservata per tre anni.
LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE
SOCIALE – L. 383/2000
• La riforma ha previsto l’istituzione di un Registro Nazionale delle
associazioni di promozione sociale a carattere nazionale tenuto dalla
Presidenza del Consiglio e l'istituzione di un Osservatorio Nazionale
che si affiancherà a quello del Volontariato ed avrà compiti di
promozione, studio e ricerca sul settore.
• La legge ha previsto inoltre agevolazioni per le erogazioni liberali e
la dispensa dall’obbligo di corrispondere
l’imposta sugli
intrattenimenti sulle somme pagate dai soci per accedere a
determinati eventi (cena di fine anno, festa, ecc.).
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
• Spesso il termine Terzo Settore viene erroneamente collegato al
concetto di supplenza e di residualità rapportando la sua azione ad
una attività che copre gli spazi in cui non può – o non potrà più –
eseguire lo Stato e dove non ha convenienza ad operare l’impresa
privata. Si ipotizzerebbe, in questo modo, che il fondamento del non
profit risieda in un duplice fallimento: quello dello Stato e quello del
mercato.
Ma quali sono gli elementi e le caratteristiche del
“non profit”?
• Innanzitutto deve esistere una struttura organizzata. In assenza
di una realtà che colleghi una rete di persone possiamo avere dei
volontari ma non una organizzazione.
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
• Poi deve avere un carattere privatistico, quindi escludendo qualsiasi
appartenenza o connessione istituzionale con il settore pubblico.
Deve perciò essere autogestita, autonoma ed in grado di effettuare
proprie scelte e decisioni. A questo punto assume importanza
essenziale la non distribuzione di utili che non vuol dire produrre
utili o residui attivi. Un’opera solidaristica si sviluppa efficacemente
se sospinta, oltre che da un originario impulso solidaristico e da una
percezione profonda e vicina dei bisogni dell’uomo, anche e
soprattutto da una grande professionalità e da una forte capacità
di innovazione.
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
Ricordo brevemente le finalità del volontariato:
 rilevazione dei bisogni (troppo spesso molti bisogni rimangono
insoddisfatti perché non rilevati);
 prevenzione (è necessario definire o concorrere a definire nuove e
diverse forme di intervento, agendo primariamente per la rimozione
delle cause che determinano condizione di bisogno);
 qualificazione delle prestazioni (il volontariato dovrebbe farsi
carico di promuovere e svolgere corsi di formazione, qualificazione
ed aggiornamento diretto ai volontari ed al personale addetto ai
servizi pubblici e privati);
 temporaneità dell’intervento supplettivo (non è compito del
volontariato garantire all’individuo la fruizione di diritti che lo Stato
è tenuto a soddisfare);
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
 sollecitazione (nello stesso momento in cui il volontariato offre
prestazioni e servizi deve segnalare e richiamare l’attenzione perché
intervenga chi è preposto a fornire le prestazioni o le disposizioni di
legge);
 controllo sulla qualità dei servizi (è necessario che i servizi forniti
dallo stesso e dalle strutture pubbliche siano adeguati alle necessità
delle persone);
 continuità delle prestazioni (trattandosi di prestazioni offerte da
volontari che tendono all’umanizzazione degli interventi e alla
valorizzazione della persona non possono che essere professionali e
continuative).
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
Da più parti si è parlato della presenza di molti “volontariati”. Esistono
infatti volontari singoli, gruppi informali, organizzazioni formalizzate,
riconosciute giuridicamente e non, coordinamenti di grandi dimensioni.
Una buona parte del volontariato offre servizi sanitari, sociali,
ambientali, culturali, educativi; ma anche si impegna per la tutela
dei diritti dei cittadini e la promozione di quella che si definisce
“cittadinanza attiva”. Tutti diversi, ma tutti meritevoli di attenzione
per il loro analogo valore morale e civile. Questa pluralità, che è la
ricchezza del volontariato e che esige forme organizzative sempre
diverse, si è trovata, in questi ultimi anni, in presenza della promozione
e della crescita delle “imprese sociali”, delle cooperative sociali, alle
quali la accomuna la finalità solidale e l’assenza di lucro e la distingue la
gratuità dell’impegno del singolo volontario. Il volontariato sta così
all’interno del sistema che viene definito Terzo Settore o
dell’Economia Sociale con la propria specificità.
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
Sulla base di che valori?
Proviamo ad elencarne alcuni:
 La centralità della persona umana
 L’attenzione verso i più deboli ed i sofferenti
 Il senso civico di responsabilità e di partecipazione alla vita sociale
 Il rispetto per gli altri
 Il senso di servizio
 Il disinteresse nell’azione di solidarietà.
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
Le sinergie tra le componenti del Terzo Settore non possono
confondere l’importantissima finalità di coniugare solidarietà e
occupazione (cooperative, imprese sociali) col volontariato. Tante
associazioni di volontariato, per motivi diversi (continuità di servizio,
necessità di significative risorse finanziarie e di personale per
rispondere ad esigenze sempre più complesse) hanno dato vita, nel
tempo, ad organizzazioni non profit per la gestione di servizi
socialmente utili. Ognuno farà la sua scelta. Stiamo attenti però che
tali iniziative non siano, per le istituzioni, lo strumento per effettuare
unicamente un’azione di contenimento della spesa pubblica da un lato
od un utilizzo improprio o mal retribuito di personale da parte di
sedicenti cooperative che hanno dimenticato le loro origini.
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
In questi ultimi anni, in presenza di una crisi irreversibile del Welfare
State così com’è oggi strutturato, si è dilatata l’area dei diritti
individuali, intesi come diritti all’uguaglianza ma anche alla diversità. Il
principio guida delle politiche sociali è quello della promozione
dell’inclusione sociale piuttosto che quello della lotta all’esclusione
sociale. L’emergere di numerose domande di riconoscimento dei propri
diritti da parte di minoranze che diventano nuovi attori sociali spinge il
volontariato ad un ruolo di rappresentanza degli interessi di coloro che
ne sono privi. Funge da stimolo e da sollecitazione dei bisogni e dei
diritti ma sollecita inoltre alla partecipazione e responsabilizzazione di
tutti per scambiare risorse e creare nuova socialità.
IL VOLONTARIATO ED IL TERZO SETTORE
Il volontariato deve essere, sempre più, artefice di una istanza
pedagogica (cultura della cittadinanza attiva e solidale) ed entrare
in un progetto di trasformazione sociale in cui può recitare la parte
di un co-protagonista tra i più consapevoli.
La sfida del volontariato d'oggi è la partecipazione alla progettazione
dei servizi. Di fronte al progressivo sgretolamento dello stato sociale
bisogna pensare ad una più ricca articolazione delle politiche sociali. Il
volontariato ed il terzo settore dovranno avere la forza di proporsi
andando oltre ai compiti di mera delega ma facendo propri compiti di
gestione di aree di servizi. Facendo inoltre emergere le contraddizioni
dello stato sociale, pensando e proponendo ipotesi di intervento,
magari sperimentale, laddove le istituzioni sono assenti svolgendo un
ruolo stimolatore e non certo per sostituirsi alle istituzioni.
IL VOLONTARIATO E GLI ENTI PUBBLICI
•La legge 266/91 dà copertura soltanto al volontariato organizzato
(che ricordo è lavoro di servizio spontaneo e gratuito) nei suoi
rapporti con le istituzioni. Le cooperative sociali sono imprese sociali,
non sono volontariato, anche se utilizzano l’apporto di volontari.
•L’associazionismo sociale non è volontariato di servizio perché il suo
obiettivo specifico è la crescita e l’interesse degli associati e un’azione
culturale e politica generale, mentre l’obiettivo specifico del
volontariato è il servizio alle persone in difficoltà.
•Questo non significa che abbia maggior valore l’una o l’altra
componente del Terzo Settore, significa soltanto che sono diverse.
La gratuità del volontariato può dare un contributo fondamentale
all’impresa sociale, cioè al lavoro pagato non profit : può
conservare nei servizi alla persona lo spirito di servizio,
l’attenzione alla persona, la preminenza del bene comune, che sono
valori connaturati con il volontariato.
IL VOLONTARIATO E GLI ENTI PUBBLICI
•Questo contributo emergerà maggiormente nelle imprese sociali nate
dal volontariato stesso per dare una risposta di continuità in un
determinato problema (tossicodipendenza, handicap, disabilità ecc.).
•L’art.1 della Legge 381/91 recita: “ le cooperative sociali hanno lo
scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione
umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. Lo scopo primario quindi
non è dare lavoro ai soci, ma uno scopo più ampio, per questo di
chiamano “sociali”.
•Anche tra il volontariato e l’associazionismo sociale si può sviluppare
sinergia: l’associazionismo sociale può diventare come il vivaio che
produce volontari e volontariato di servizio promuovendo iniziative non
profit.
Il volontariato a sua volta può essere il primo passo dei cittadini
verso la gestione amministrativa dei comuni e degli altri enti locali.
LA COPROGETTAZIONE
La co-progettazione dovrà rappresentare una nuova alleanza fra ente
locale, associazioni di volontariato e cittadinanza per la realizzazione
delle politiche sociali e la riqualificazione dei servizi.
E' un quadro di riferimento nuovo, che vede una programmazione, da
parte dell'ente locale, degli interventi da realizzare nel territorio.
Programmazione che si basa sull'analisi dei bisogni e una progettazione
degli interventi, che non deve prescindere dall'apporto del
volontariato. Volontariato che può, e deve, avere un ruolo attivo nel
proporre possibili progetti, possibili soluzioni, forme di intervento.
RISORSE FINANZIARIE ED ECONOMICHE
Le organizzazioni di volontariato hanno varie strade per raggiungere il
risultato di aumentare le risorse necessarie per la loro attività o per
specifici progetti:
 il found raising
 la sponsorizzazione di privati
 il contributo di enti pubblici
 la compartecipazione al progetto di privati, aziende ed enti pubblici
 i contributi europei su progetti di una certa rilevanza e relativi ad
un territorio non limitatissimo.
RISORSE FINANZIARIE ED ECONOMICHE
Chi sono gli enti pubblici erogatori di contributi e
sottoscrittori di convenzioni?
Quasi tutti.
Dai Comuni, alle aziende USL, alla Provincia, alla Regione
(specificatamente l'Assessorato alle politiche sociali, volontariato e
non profit e l'Assessorato alle politiche socio - sanitarie), al
Comitato di Gestione e relativi Centri di Servizio.
COMITATO DI GESTIONE PER IL FONDO
SPECIALE REGIONALE PER IL VOLONTARIATO
In sede di attuazione del fondo speciale, ai sensi dell’art. 15 della
L. 266/91, il D.M. Tesoro 21/11/1991 ha previsto l'istituzione
di un particolare organismo denominato Comitato di Gestione al
qual competono i seguenti compiti:
1.provvedere ad individuare e a rendere pubblici i criteri per
l'istituzione di uno o più centri di servizio nella regione;
2.ricevere le istanze e, sulla base di criteri e di scadenze
preventivamente predeterminati e pubblicizzati, istituire con
provvedimento motivato i Centri di Servizio;
3.istituire
l'elenco
regionale
dei
centri,
pubblicizzandone
l'esistenza;
COMITATO DI GESTIONE PER IL FONDO
SPECIALE REGIONALE PER IL VOLONTARIATO
4. nominare un membro degli organi deliberativi ed un membro
degli organi di controllo dei Centri di Servizio;
5. ripartire, annualmente, fra i centri istituiti, le somme
scritturate nel fondo speciale, sulla base di criteri e di
scadenze preventivamente predeterminati e pubblicizzati;
6. ricevere rendiconti di esercizio da parte dei Centri di servizio
e verificarne la regolarità nonché la conformità ai rispettivi
regolamenti;
7. cancellare, con provvedimento motivato, i Centri di Servizio in
caso di mancato svolgimento dell'opera a favore del
volontariato o quando appaia opportuna una diversa funzionalità
o competenza territoriale.
COMITATO DI GESTIONE PER IL FONDO
SPECIALE REGIONALE PER IL VOLONTARIATO
In Veneto, peraltro, la normativa regionale consente anche la
individuazione di specifici progetti di valenza regionale finanziati dal
Fondo su delibera del Comitato di Gestione in una misura stabilita
annualmente dal comitato stesso.
CENTRI DI SERVIZIO PROVINCIALI PER
IL VOLONTARIATO
• Nel Veneto esiste un Centro di Servizio con sede in ogni capoluogo di
Provincia (art. 14 ter L.R. n. 40/93).
• I Centri di Servizio favoriscono l'attività del volontariato ed
offrono le loro prestazioni a chiunque operi nel mondo della
solidarietà, ad essi, dunque, possono rivolgersi anche gli organismi
che non siano iscritti nel registro regionale del volontariato, così
come i singoli individui che vogliono partecipare alle attività del
volontariato.
CENTRI DI SERVIZIO PROVINCIALI PER
IL VOLONTARIATO
I compiti dei Centri ( vedi art. 14 bis, L.R. Veneto 30/08/93 n. 40)
sono:
 approntare strumenti ed iniziative per la crescita della cultura della
solidarietà, della promozione di nuove iniziative di volontariato ed il
rafforzamento di quelle esistenti;
 offrire consulenza ed assistenza qualificata nonché strumenti per la
progettazione, l'avvio e la realizzazione di specifiche attività;
 assumere iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli
aderenti delle Organizzazioni di volontariato;
CENTRI DI SERVIZIO PROVINCIALI PER
IL VOLONTARIATO
 offrire informazioni, notizie, documentazioni e dati sulle attività di
volontariato locale e nazionale;
 fornire direttamente o indirettamente alle organizzazioni di
volontariato servizi e prestazioni contenuti in specifici progetti,
organicamente formulati, promossi dalle medesime organizzazioni ed
approvati dal Comitato di Gestione in sede di riparto delle somme
iscritte nel Registro Speciale Regionale.
In presenza di risorse importanti, il Comitato di Gestione del Veneto
da affidato ai Centri di Servizio parte di queste somme per
finanziare specifici progetti locali. L'approvazione dei progetti ed il
controllo degli stati di avanzamento e dei risultati raggiunti spetta
ai Centri di Servizio che poi erogano le risorse deliberate ed
accantonate.
CENTRI DI SERVIZIO PROVINCIALI PER
IL VOLONTARIATO
• Nel Veneto esiste un Centro di Servizio con sede in ogni capoluogo di
Provincia (art. 14 ter L.R. n. 40/93).
• I Centri di Servizio favoriscono l'attività del volontariato ed
offrono le loro prestazioni a chiunque operi nel mondo della
solidarietà, ad essi, dunque, possono rivolgersi anche gli organismi
che non siano iscritti nel registro regionale del volontariato, così
come i singoli individui che vogliono partecipare alle attività del
volontariato.
AUTHORITY ONLUS E CONTROLLI
• Il D. L. 460/97 ha previsto la nascita di un organismo di controllo
nazionale: l’Authority sulle Onlus, con compiti di indirizzo, di
promozione e di vigilanza sugli enti ed organizzazioni non profit. Ha
sede a Milano presso gli uffici del Ministero delle Finanze.
Recentemente è stata nominata la nuova “squadra” con Presidente il
prof. Stefano Zamagni, uno dei padri della Legge 266/91.
• La funzione di controllo è svolta attraverso l’emissione di pareri
obbligatori e vincolanti che dovrebbero consentire a tutti maggiore
chiarezza evitando incertezze per gli operatori e per gli enti che
rientrano nell’area non profit.
AUTHORITY ONLUS E CONTROLLI
La Commissione può intervenire in via formale e sostanziale sull’intero
settore non lucrativo e solidaristico in genere, effettuando una
vera e propria attività accertativa e di ispezione in merito ai
seguenti aspetti principali:
1.
2.
3.
4.
atto costitutivo e/o statuto (redazione dell’atto, settore di
attività, attività principale e attività connesse, ecc.);
perdita di qualifica;
anagrafe unica delle Onlus (con le comunicazioni di inizio,
modifica o cessazione di attività);
impostazione fiscale e contabile secondo quanto previsto dagli
art.27 e 28 del D.L. 460/97.
Grazie per l’attenzione
AVIS-ABVS REGIONALE VENETO
FRANCESCO MAGAROTTO
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