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Sped. in a. p. art. 2, comma 20/b, legge 662/96 - Bologna / 45% ISSN 1720-3228
edizione speciale | ottobre2011
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sommario
edizione speciale | ottobre
editoriale
2 Gabriele Casoni
Centodieci anni e non sentirli!
stato Civile | materie generali
4 Salvatore Arena
I centodieci anni della nostra «Rivista» nella beneaugurante
coincidenza con i 150 anni dell’Unità d’Italia
6 Donato Berloco
La «Rivista» ha accompagnato l’evoluzione
dello status civitatis della donna
anagrafe | materie generali
8 Giovanni Pizzo
L’anagrafe cambia, cambia l’anagrafe: dalle procedure
e informazioni di carta all’INA-SAIA e WikiDemografici
ricerca storica | la «Rivista» racconta
12 Diego Giorio
Un lungo viaggio in compagnia della «Rivista»
attraverso la storia dei Servizi Demografici
annotazione a margine
80 Rosita Corsello
Dal 1988, un’annotazione per tutti
e tutti per un’annotazione
2011
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editoriale
Centodieci anni
e non sentirli!
Gabriele Casoni
Direttore
(Collaboratore dal 1996)
Dal 1901 è oggi di quarta generazione l’editore
della Rivista «Lo Stato Civile Italiano».
Saldamente nella gestione della famiglia Lombardini la Rivista ha attraversato due guerre, riforme legislative, mutamenti sociali ed il progressivo
cambiamento culturale e professionale dei propri lettori, sempre più esigenti e competenti in materie a
loro volta sempre più complesse.
A quattro editori corrispondono quattro direttori
ai quali, in centodieci anni, sono stati via via affidati
non facili compiti di conservazione della tradizionale autorevolezza dei contenuti – aspirazione del
fondatore Silvio ampiamente documentata nella recente biografia “Silvio Lombardini 1866 – 1935. Un
uomo perbene tra Santarcangelo, Forlì e Riccione”, MANLIo MASINI, Panozzo Editore 2011 - di ammodernamento dei sistemi di divulgazione e dello stesso
stile comunicativo.
Stimati e qualificati esperti delle materie demografiche si sono succeduti quali collaboratori di
primo piano della Rivista ed in questo ultracentenario anniversario come sempre apportano il loro contributo dirigenti della pubblica amministrazione,
avvocati, docenti universitari ed operatori che in co-
2
mune hanno la passione oltre che la competenza per
il diritto amministrativo “applicato” all’anagrafe, allo
stato civile, all’elettorale.
Essere oggi alla direzione di una Rivista che ha
fatto la storia dei Demografici è compito appassionante. Selezionare i migliori contributi dei più validi
studiosi, comporre ciascun numero della Rivista perché ogni fascicolo abbia una sua coerenza interna,
mantenere costante concentrazione verso qualsiasi
novità legislativa e con un riguardo speciale nei confronti degli orientamenti ministeriali, è incarico entusiasmante per i risultati che tanta attenzione
potranno raggiungere a beneficio di dirigenti ed operatori del settore.
I materiali pubblicati dal 1901 costituiscono un
vero e proprio corpo letterario del diritto, sul quale
si sono formate generazioni di specialisti in materie
ed argomentazioni ai più sconosciute. Ed un merito
particolare è irrinunciabilmente riconoscibile allo
sforzo di mantenere il passo coi tempi. Se la sostanza di ciascuna pubblicazione della casa editrice –
anche di volumi e monografie – è sempre stata la
profondità e la competenza profuse nelle argomentazioni affrontate, nondimeno le modalità di comu-
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editoriale
nicazione di quelle stesse dissertazioni ha dovuto
modificare canali e modalità, perché, per dirla con
facilità, il mondo cambia ed anche velocemente.
I tempi per lo studio, soprattutto nella pubblica
amministrazione, sono andati progressivamente diminuendo, in ragione (o per difetto) di una altrettanto progressiva diminuzione delle risorse e di un
parallelo aumento delle competenze e delle “complicazioni” (checché si voglia discutere di semplificazione). L’informatica ha velocizzato e restituito
maggiore precisione alla burocrazia, ma ha anche,
forse involontariamente, aperto spazi di lavoro che
non sono stati restituiti alla pubblica amministrazione (ed ai suoi lavoratori), ma hanno costituito il
presupposto per un “ricarico” eccessivo che ha sottratto tempo per le riflessioni e la formazione.
Ed accade allora che i funzionari pubblici, per essere continuamente sollecitati ed incalzati da mille e
mille compiti, adempimenti, responsabilità e normative, vogliono (debbono) essere raggiunti dalle
notizie con velocità, aggiornati in tempo reale, per
non avere essi il tempo di puntualmente informarsi.
Negli ultimi due anni «Lo Stato Civile Italiano» ha
arricchito gli strumenti di supporto alla periodicità
mensile della Rivista ed alle esigenze di celerità delle
informazioni, raggiungendo i propri abbonati con i
più conosciuti e frequentati sistemi informatici.
Tra questi, è il sito internet (sepel.it) in aggiornamento costante, con sezioni dedicate alle notizie ed
ai documenti di maggiore e più recente interesse,
uno scadenzario degli adempimenti periodici e di
più rilevante cogenza, una sezione dedicata alle
pubblicazione della casa editrice, le informazioni
sulle attività formative con particolare riguardo alla
possibilità di prenotare percorsi formativi in house.
Una speciale attenzione, motivo di vanto di questa
direzione, è l’implementazione di un sistema di inoltro quesiti particolarmente efficiente, costruito in
quattro anni di analisi, programmazione e studio,
che consente all’abbonato di inviare richieste di consulenza direttamente dal sito ed ai quali, grazie ad
una selezionata squadra di esperti, viene data risposta in tempi ristrettissimi con la garanzia di commenti affidabili e risoluzioni di certa utilità. Lo stesso
sistema consente al richiedente il quesito di moni-
torare il percorso della domanda posta e di rintracciare velocemente tutti gli interventi richiesti in una
propria area personale e riservata.
A sua volta, i quesiti di maggiore interesse vengono selezionati ed archiviati per la loro consultazione da parte di tutti gli abbonati. L’archivio, che
ad aggi conta circa tremila quesiti divisi per categoria, materia ed argomentazioni trattate, si è dimostrato particolarmente utile nella
ricerca e nella soluzione veloce dei
casi più ricorrenti.
L’appuntamento con l’informatica non poteva e non sarà
disatteso. Ma quel che più ci
inorgoglisce è la salvaguardia della competenza e
della dignità professionale
dei lavori, che utilizzano i
sistemi informatici per
rendere servizi di qualità,
senza scambiare il veicolo dell’informazione con l’informazione stessa.
Consueta autorevolezza ed attualità dei sistemi: a ripercorrere oltre un secolo di intenso lavoro v’è il rischio d’essere retorici e troppo
autocelebrativi. Ma è un rischio che corriamo volentieri. Ai nostri lettori il compito di stimare le pagine che seguono.
P.S. La vita ultracentenaria di una Rivista – che, per ovvi
motivi, ha sospeso le sue pubblicazioni nei soli anni del secondo
evento bellico – ha un significato che va oltre la palese dimostrazione di un successo imprenditoriale. Se gli amministratori
avessero ben chiara la differenza tra esistenza di fatto ed esistenza giuridica di una persona, con le annesse e connesse vicende che creano i rapporti giuridici fondamentali ed essenziali alla propria esistenza (almeno secondo l’ordinamento italiano),
comprenderebbero anche perché gli ufficiali di anagrafe, di stato
civile ed elettorali, esistono dall’Unità d’Italia e che la loro funzione non è banalmente riconducibile a quella di un evoluto
scriba medievale che al posto dello scriptorium di un monastero
ha solo sostituito l’ufficio dotato di computer e stampante. Il lavoro dei Demografici è un po’ più complicato, anzi, non è un lavoro, è una professione.
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stato civile | materie generali
I centodieci anni
della nostra «Rivista»
nella beneaugurante
coincidenza con i 150 anni
dell’Unità d’Italia
Salvatore Arena
Direttore Onorario
(Già Direttore Responsabile dal 1988 al 2008; Collaboratore dal 1964)
Vorrei iniziare queste note celebrative con
una considerazione che mi sembra rilevante soprattutto ai fini di valutare la genesi della Rivista «Lo
Stato Civile Italiano», al momento del compimento
del suo 110° anno dalla fondazione.
Il fatto che il Segretario Silvio Lombardini
nel lontano 1901 decidesse di dar vita a una pubblicazione del genere in forma concreta e non quindi
soltanto in linea sperimentale, è stato subito provato,
secondo me, dall’altisonante teoria dei luminari figurante nella prima copertina e comprendente i
maggiori esponenti che in allora illustravano il “jure”
nella professione forense e nelle aule universitarie.
Questa massiva adesione di personalità di così alto
spicco costituisce, già di per sé, un attestato di stima
nei confronti del fondatore e un viatico di garanzia
cui la pubblicazione non è mai venuta meno.
E’ indubitabile che centodieci anni sono
molti, tanto più se correlati al verificarsi di vicende
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destinate a sconvolgere la realtà esistenziale, quali –
a tragico esempio – due guerre mondiali, nonché
l’incessante moto innovativo determinato dal tecnicismo dilagante a livello mondiale.
E a proposito di innovazioni e tecnicismo
dilagante, scorrendo le pagine comprese tra il 1960
e i giorni nostri, non troviamo molti tratti tuttora validi, perché appunto superati dalle leggi o dalla tecnologia.
Ricordo, in particolare, l’apporto interpretativo che la Rivista ha dato nel difficile compito di
illustrare il nuovo diritto di famiglia allorché nel 1975
il vasto complesso delle norme della Legge n. 151
venne ad abbattere gli antichi capisaldi, fortemente
radicati nel nostro diritto e quindi non agevolmente
accettabili nel campo applicativo. Basterebbe citare
l’argomento riguardante il riconoscimento della
prole naturale da parte della donna coniugata per indurci a pensare con meraviglia come il rivoluziona-
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stato civile | materie generali
rio criterio interpretativo che tradusse sul piano operativo l’applicazione dell’art. 250 del codice civile, sia
attualmente collocato ormai tra i ricordi, dopo l’ampia e vivace trattazione che in quegli anni ne formò
l’oggetto!
Con tutto questo, lo “stato civile” è relativamente giovane dal momento che sino all’anno 1866
costituiva una materia che i Comuni non erano obbligati a curare essendone essenzialmente facoltativa
l’applicazione: un fatto mirabile ove si consideri l’importanza che via via la materia stessa è venuta ad assumere con il tempo.
Lo stato civile trovava un concreto riferimento nelle Parrocchie dove, tra l’altro, non venivano conservati con gli atti di matrimonio e di morte
gli atti di nascita per il semplice motivo che avevano
uno specifico, comprensibile rilievo soltanto gli atti
di battesimo. Ciò nondimeno, gli atti dello stato civile tenuti dalle Parrocchie vennero col tempo ad assumere un’importanza così rimarchevole che
nell’evoluzione del sistema burocratico, le certificazioni da essi desumibili finirono per assumere – soprattutto su parere della Magistratura – un
determinato valore di estrazione civilistica, tuttora
ancora attuale per i documenti non ricavabili dai Comuni – la stragrande maggioranza – che sino al 1866
considerarono appunto facoltativa l’istituzione dello
stato civile.
Giunse il 1865, anno in cui l’Unità d’Italia
era ormai dal 1861 una realtà in atto e con il 1864
venne riconosciuta la follia di trascurare proprio la
materia cui ben presto venne riconosciuta la funzione di cardine di tutta l’attività dei Comuni! Raccolte tutte le disposizioni sparse, con l’emanazione
del R.D 5 novembre 1865 n. 2602, venne istituito
per la prima volta un nuovo “corpus” destinato a regolare lo stato civile come materia obbligatoriamente applicabile a far data dal 1° gennaio 1866.
Come si può notare, erano passati quattro
anni da quel fatidico 1861 che segnò l’inizio dell’Unità d’Italia e quindi non posso non segnalare che
le presenti note, le quali compaiono nella nostra Rivista in questo 2011, stanno anche in funzione celebrativa dei 150 anni dell’Unità d’Italia oltreché
nell’intento celebrativo del centodecimo anno dalla
fondazione della pubblicazione… Una molto vicina
coincidenza che sta a significare come in pochi decenni e cioè nel 1901, alla raggiunta Unità d’Italia,
ha fatto seguito la sentita necessità di unificare il più
possibile le procedure applicative di una materia
ormai riguardante l’intero territorio nazionale.
Poiché la Rivista «Lo Stato Civile Italiano» si
è per l’appunto prefissa da sempre di attuare quell’unitarietà procedurale così necessaria in
una materia che coinvolge tutte le comunità del nostro Paese, è il caso di
osservare che l’obiettivo è stato
raggiunto.
In questi 150 anni
di Unità nazionale sono
stati emanati ben tre ordinamenti dello stato civile: il primo, come già
detto, mediante il R.D. n.
2602/1865, il secondo nel
1939 mediante il R.D. n.
1238/1939 e il terzo, dieci anni
addietro, con il D.P.R. n. 396/2000,
quest’ultimo in pieno clima informatico e
all’insegna dello snellimento e della semplificazione
questa volta anche troppo accentuata.
Sta di fatto che in vigenza dell’abrogato R.D.
n. 1238/1939, sono venute ad insorgere le problematiche più salienti, talché fu avvertito da più parti con
sempre maggiore intensità, la necessità di offrire alla
vasta e impegnata famiglia degli operatori dei Servizi
Demografici, tutta una serie di strumenti di lavoro
che ha conseguito lo scopo di agevolare l’applicazione della difficile materia.
Nell’assolvimento di tali compiti la Rivista
«Lo Stato Civile Italiano» si trova ancora e sempre in
prima linea con l’intento di apportare senza sosta
miglioramenti e di realizzare le aperture innovative
imposte dall’incessante avanzata della tecnologia.
Centodieci anni di attività vitale rappresentano un traguardo invidiabile e raro, ma soprattutto,
nel nostro caso, si palesano come l’attestato di una
continuità operativa che persevera nel trovare lo
sprone più sollecitante per il conseguimento dei traguardi futuri.
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stato civile | materie generali
La «Rivista»
ha accompagnato
l'evoluzione dello status civitatis
della donna
Donato Berloco
Vicedirettore
(Collaboratore dal 1985)
La ricorrenza del 110° anno della Rivista (che è stata, e lo è ancora di più oggi, l’organo di informazione,
ma soprattutto, di formazione degli operatori dei Servizi Demografici) si intreccia ineluttabilmente con la
ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
La Rivista è stata sempre presente in questi lunghi
anni della sua vita per offrire ai suoi utenti consigli,
suggerimenti non solo sul quotidiano operare mediante risposte a quesiti nel campo dello stato civile,
dell’anagrafe, dell’elettorale, ma anche nel fornire
orientamenti giurisprudenziali e dottrinali alle materie demografiche.
I più anziani di servizio ricordano con nostalgia e con
ardore di aver appreso dalla Rivista i primi rudimenti
della materia nelle distinte branche demografiche.
Un tema, vecchio, ma sempre di viva attualità che ha
lasciato un segno duraturo e incancellabile è stato
quello dell’evoluzione dei diritti della donna nell’arco
dei 150 anni dell’Unità d’Italia, passando da un ordinamento che considerava la donna priva di diritti e potestà alla piena parificazione con i diritti che da sempre
sono stati riconosciuti ai cittadini di sesso maschile.
Così, per fare un esempio, un argomento che la Rivista ha sempre trattato e seguito con l’evolversi della
6
relativa normativa è stato quello della cittadinanza
della donna.
Per motivi di brevità, partirei dall’anno 1912. E’ un
arco di tempo che si avvicina ai 100 anni, pari a due
terzi della storia dell’Unità d’Italia.
Il riferimento temporale è da collegare all’emanazione della legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza italiana, la quale, pur essendo stata abrogata
dalla legge n. 91/92, continua ad esplicare effetti sulle situazioni che hanno avuto origine in vigenza di
detta legge in base al principio tempus regit actum.
Ebbene, a riprova del fatto che la donna non era
considerata una persona – come centro di imputazioni di diritti pubblici alla pari dell’uomo – va menzionato, innanzitutto, l’art. 1 di detta legge del 1912, secondo cui la cittadinanza si trasmetteva iure sanguinis
al figlio solo dal lato paterno. Solo se il padre fosse
ignoto o non avesse la cittadinanza italiana, né quella
di altro Stato, ovvero quando il figlio non seguisse la
cittadinanza del padre straniero secondo la legge dello Stato di appartenenza, solo allora assurgeva la posizione della donna-madre come soggetto idoneo a
trasmettere la cittadinanza al figlio.
Concetti questi che appaiono così lontani dall’at-
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stato civile | materie generali
tuale configurazione giuridica e dall’attuale modo di
concepire nella società la posizione della donna da
considerarli appartenenti alla cultura dell’800.
oggi, invece, la cittadinanza italiana viene trasmessa ai propri figli sia dal lato paterno che da quello materno. Infatti, l’art. 1 della vigente legge n. 91 del 5
febbraio 1992 statuisce che “è cittadino (italiano) per nascita il figlio di padre o di madre cittadini”.
Però, prima ancora di arrivare a tale enunciazione
normativa che rende onore alla cultura italiana e al sentimento nazionale, vi è da evidenziare che la legge n.
123 del 21 aprile 1983 – ora abrogata dalla legge n.
91/92 – all’art. 5 stabilì che “è cittadino italiano il figlio minorenne, anche adottivo, di padre cittadino o di madre cittadina”.
A sua volta, tale principio è in stretta derivazione
dalla pronuncia additiva della Corte Costituzionale n.
30 del 9 febbraio 1983, che dichiarò illegittimo sotto
il profilo costituzionale l’art. 1, punto 1, della legge
del 1912 nella parte in cui “non prevedeva che fosse cittadino italiano per nascita anche il figlio di madre italiana”.
Una precedente scrollata al sistema allora vigente
di mancata equiparazione dei diritti tra uomo donna si
ebbe con la sentenza della Corte Costituzionale n. 87
del 16 Aprile 1975 che dichiarò incostituzionale il 3°
comma dell’art. 10 della legge n. 555/1912, “nella parte
in cui prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna” che si fosse sposata
con un cittadino straniero qualora acquistasse la cittadinanza del marito per il fatto del matrimonio.
E il Legislatore della Riforma del diritto di famiglia
(legge n. 151 del 19 maggio 1975) tenne conto di detto insegnamento e introdusse l’art. 143 ter al c.c. del
seguente tenore: “La moglie conserva la cittadinanza italiana, salvo sua espressa rinunzia, anche se per effetto del matrimonio o del mutamento di cittadinanza da parte del marito
assume la cittadinanza straniera”. Detto articolo, successivamente, è stato abrogato espressamente dalla legge n. 91/92, dal momento che quest’ultima normativa disciplinava, e continua a disciplinare in modo organico, l’intera materia della cittadinanza.
La stessa legge di Riforma del diritto di famiglia formulò, altresì, l’art. 219 che consentiva alle donne che
avevano perso la cittadinanza per matrimonio con
straniero o per le vicende di cittadinanza del marito, di
riacquistarla tramite una espressa dichiarazione.
ora, invece, le cose sono ben diverse.
La donna italiana che si sposa con un cittadino straniero non perde automaticamente come per il passato la cittadinanza italiana.
La perdita dello status civitatis da parte della donna
italiana avviene solo se ella sia in possesso di una cittadinanza straniera e rinunci espressamente alla cittadinanza italiana e a condizione che risieda all’estero o stabilisca la residenza all’estero
allo stesso modo in cui è consentito all’uomo cittadino italiano di rinunciare (art. 11 della legge n.
91/92).
Dal quadro delineato
emerge come la posizione
della donna all’interno
della comunità nazionale
abbia avuto il suo giusto
riconoscimento di pari
trattamento nei suoi diritti
fondamentali con quelli che
un ordinamento arcaico consentiva e riconosceva soltanto all’uomo.
Sono fatti ed eventi questi che assumono valenza storica.
E la Rivista «Lo Stato Civile Italiano» è stata partecipe e testimone di eventi epocali, come quelli sopra
esposti, che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia della nostra comunità nazionale. La testimonianza è possibile desumerla dai numerosi scritti di
validi collaboratori della Rivista ed, in primis, del suo
Direttore Salvatore Arena, insigne cultore dello stato
civile ed, in particolare, della materia della cittadinanza, con i suoi numerosi scritti e volumi. Non va messo nell’oblio, infine, la circostanza che
«Lo Stato Civile Italiano» si è reso portavoce, mediante i
suoi dotti cultori, di istanze, di idee, di aspirazioni miranti e tendenti verso i concetti di uguaglianza tra i
cittadini, e altresì sostenitore aperto delll’Unità della
Nazione, di cui quest’anno si commemora – come
accennato all’inizio – il 150°anno, per la semplice
considerazione che le materie demografiche (stato
civile, anagrafe, elettorale, carte di identità, ecc.) non
possono non avere un trattamento unitario su tutto il
territorio nazionale.
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anagrafe | materie generali
L’anagrafe cambia,
cambia l’anagrafe:
dalle procedure
e informazioni di carta
all’INA-SAIA e WikiDemografici
Giovanni Pizzo
(Collaboratore dal 1990)
Scrivere articoli è l’unico lavoro in cui il sarcasmo passa per intelligenza.
(John Sandford – Gli occhi della preda)
Dal censimento all’anagrafe.
A quanto pare, quello della conta degli umani non è
un bisogno solo dei tempi moderni ma risale alla (per
noi) notte dei tempi e per motivi almeno in parte diversi dagli attuali. Allora la contabilità degli individui
avveniva con il censimento – termine coniato dal latino censere, valutare; sembra che il primo sia stato effettuato dal regno babilonese nel 3800 a.C. –, per ragioni militari e (ahinoi) fiscali. I censimenti, voluti dai
potenti dell’epoca perlopiù sui territori conquistati
(si ricorda tra i molti quello svolto “su tutta la terra” intorno all’anno zero del calendario gregoriano, ordinato da Cesare Augusto “quando Quirino era governatore
della Siria”, che costrinse una allora anonima e trava1
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gliata coppia incinta a salire “dalla Galilea, dalla città
di Nazaret [...] nella Giudea, alla città di Davide, che si
chiamava Betlemme”1), servivano a stimare i tributi
dovuti in base ai beni posseduti e per il calcolo degli
uomini da destinare, secondo svariate regolamentazioni, alle attività belliche. Consentendo in tal modo
di valutare le risorse umane ed economiche dei Paesi
conquistati.2 Inoltre, con l’andare dei secoli, dai beni
posseduti dipendevano anche l’assegnazione ad una
determinata classe sociale e il ruolo nell’organizzazione politica e militare.
Ai nostri giorni il censimento presenta caratteristiche e finalità più articolate e meno deterministiche
(sul piano militare, fiscale e classista); fornisce ai go-
Vangelo di Luca 2, 4.
Talvolta erano un semplice espediente, quasi un improprio strumento per la distruzione di massa: “Ma il sovrano mongolo [Gengis Khan], nel timore che la città diventasse un focolaio di resistenza per i suoi nemici, fece uscire tutta la popolazione con il pretesto di censirla e la fece massacrare”. (RENé GRoUSSET, Il Conquistatore del mondo,
Adelphi 2011, pag. 270).
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anagrafe | materie generali
vernanti informazioni sulla localizzazione delle persone sul territorio, sui movimenti migratori, sulla ripartizione per sesso, per età, per stato civile, per composizione delle famiglie; altri dati riguardano la tipologia delle abitazioni, l’attività economica e il livello di
istruzione.3 Il governo, gli enti locali, le imprese, le associazioni di categoria sono solo alcuni dei numerosi
utenti che utilizzano le informazioni del censimento
per pianificare i servizi di cui beneficiano le persone.
Nel nostro Paese, tra gli obiettivi base del censimento della popolazione vi è la revisione e l’aggiornamento dell’archivio anagrafico dei residenti di ciascun Comune. In tale frangente l’anagrafe viene aggiornata attraverso i dati relativi a ciascun componente di ogni nucleo familiare; e nella fase di verifica
definitiva dei questionari viene controllato che tutte
le famiglie siano state rilevate una volta e che nessuna
lo sia stata due o più volte: se del caso si apportano le
correzioni necessarie.
Figlia di un dio minore.
Fu sulla scorta del censimento del 31 dicembre
1861 che si adottò il primo atto dell’Italia unita per la
creazione del registro della popolazione (R.D. 31 dicembre 1864, n. 2105), e via-via seguirono altri provvedimenti per obbligare i Comuni a dotarsi di un
elenco delle persone residenti e relative informazioni, furono anche approvati i modelli per le schede individuali e i fogli di famiglia. Queste norme miravano
perlopiù a coprire le necessità di rilevazione demografica nell’intervallo tra i censimenti (l’istituzione
dei registri della popolazione fu sancita da due articoli inseriti nella legge del secondo censimento, gli artt.
7 e 8 della legge 20 giugno 1871, n. 297). Solo dal 1926
con la creazione dell’Istituto centrale di statistica
(legge 1162) furono adottati interventi legislativi per
regolare l’attività di raccolta e registrazione delle persone secondo criteri scientificamente statistici.
occorre arrivare al 24 dicembre 1954 (annata fausta
per tanti eventi) per avere la prima organica legge anagrafica, la n. 1228; seguì nel 1958 un primo regola3
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mento di esecuzione (D.P.R. 31 gennaio 1958, n. 136),
sostituito trent’anni dopo con l’ancora vigente seppur
variamente modificato D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.
Ma nel soffiare sulle 110 luminose candeline de «Lo
Stato Civile Italiano» – 1° numero ottobre 1901, ci si accorge che l’anagrafe non appassionava più che tanto
gli addetti, forse il suo essere intesa come abaco umano e poco altro non gratificava l’impulso dottrinal-interpretativo-applicativo come altre
materie del settore. Nei primi mesi,
nella Rivista si discetta piuttosto
delle questioni ‘alte’ poste in
particolare dallo stato civile,
terreno florido di problematiche giuridicamente
stimolanti4 (le filiazioni, i
matrimoni…) – ancorché
forse allora ignote alla
gran parte degli scrivani
provetti dediti alla mera redazione degli atti, ma buona
palestra per i pratici del diritto
presenti nei Comuni, i segretari comunali. Ancora nel 1963 (in un breve redazionale
nel numero di gennaio, in calce alla prima colonna di
pag. 6) l’invito a disporre “per il pagamento” delle
quote arretrate dell’abbonamento è rivolto “con viva
preghiera ai colleghi Segretari e Ufficiali di Stato Civile”. L’anagrafe non valeva neanche come ‘moneta’
per pagare i debiti verso la Rivista.
Ci hanno pensato il tempo e i rivolgimenti economici, sociali e politici di questi ultimi decenni a ribaltare il proscenio dei servizi demografici.
L’ accresciuta mobilità sia geografica che sociale, la
immigrazione incontrollata (e, forse, incontrollabile), l’apertura delle frontiere europee, il maggiore potere d’acquisto delle famiglie, la presa di coscienza
delle persone di essere attrici della realtà e non solo
beneficiarie, la diffusione e il consolidamento di pratiche di cittadinanza attiva e non soltanto di sudditanza – tutto questo (e non solo, ovviamente) ha provo-
Per altri cenni sui censimenti cfr. GIoVANNI PIzzo, Un manuale per la gestione quotidiana dell’anagrafe, Sepel 2010, pagg. 25-30.
Si riscontra questo dato nello scritto dell’Avv.SALVAToRE ARENA “La formazione, l’informazione, l’ausilio per quanti operano nel Settore dei Demografici è nel DNA della rivista «Lo Stato Civile Italiano»”, Lo Stato Civile Italiano, giugno 2010, pagg. 4-6.
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cato riflessi importanti nella gestione del servizio
anagrafico (e non solo, ovviamente). Tra i molti sottolineo due aspetti che mi sembrano determinanti
per il cambiamento: la residenza come diritto soggettivo e non solo interesse legittimo, l’informatica e la
telematica applicate ai Servizi Demografici.
A) Residenza come diritto .
Si è acuita la consapevolezza che quello della ‘residenza’ è un diritto soggettivo della persona che l’ufficiale di anagrafe deve riconoscere, diritto le cui radici
affondano nell’art. 16 della Costituzione. Questo significa che in anagrafe l’attività è regolata da norme
di natura vincolata perché dettate nell’interesse diretto della popolazione residenziale; norme che non attribuiscono all’amministrazione comunale alcun potere idoneo a degradare i diritti soggettivi attribuiti ai
singoli individui (Cass. S.U. 19 giugno 2000, n. 449).
Così, le prassi (la corretta e puntuale compilazione
dei ‘moduli’ e delle schede, le verifiche sulla abitualità
della dimora) e la registrazione nominativa secondo
determinati caratteri naturali e sociali delle persone
residenti in un Comune, sia come singoli individui sia
come componenti di una famiglia o di una convivenza, nonché le variazioni che intervengono sulle stesse, acquistano una tonalità diversa. Al centro dell’attenzione non c’è l’interesse del Comune ma la pretesa
dell’individuo di essere annoverato tra i componenti
della comunità locale, con tutto quanto ne consegue.
E i reiterati tentativi messi in atto da molti sindaci negli ultimi lustri per ridurre questa pretesa a mera concessione sono puntualmente frustrati dalla magistratura e infine dal giudice delle leggi.5
B) L’informatica come ambiente di gestione
Dopo la scoperta del fuoco e l’nvenzione della
ruota, l’informatica ha globalmente rivoluzionato il
5
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8
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10
modo dell’uomo di abitare il pianeta Terra. Nell’angusto ambito di cui ci stiamo qui occupando – che è
quello della acquisizione, gestione e ostensione della
massa di dati personali relativi a tutte le persone residenti – la tecnologia informatica e telematica svolge
un ruolo determinante. Agli atti e schede compilati
a mano per più di cent’anni da impiegati affetti da latente crampo dello scrivano è seguita la breve stagione della macchina da scrivere, e già nel 1989 il legislatore ha previsto la concreta possibilità di gestire
l’anagrafe utilizzando “elaboratori elettronici”, e conseguente definitiva archiviazione della gran parte del
cartaceo.6 Nel 2000 l’ultimo nato, l’Indice Nazionale
delle Anagrafi (INA)7, istituito dapprima come una
semplice rubrica su scala nazionale tenuta presso il
Ministero dell’Interno, è di fatto diventato un grande
fratello che assembla la gran parte dei dati personali
di tutti gli individui che sono stati a vario titolo registrati in una anagrafe comunale.8 Naturalmente l’intento manifesto è nobile: l´associazione tramite il
codice fiscale fra i dati identificativi dell’individuo e
il Comune di residenza per completare la circolarità
anagrafica al fine di conseguire l’obiettivo della semplificazione e razionalizzazione dell’azione amministrativa.9
Con l’INA (che viaggia nella rete attraverso il Sistema di Accesso e Interscambio Anagrafico - SAIA)
l’anagrafe è posta al crocevia della molteplicità dei
procedimenti amministrativi per quanto attiene ai
dati personali degli utenti, le viene imposto di essere
quotidianamente allineata con l’attualità delle sue informazioni, gestite con strumenti informatici che
consentano l’immediato riflusso nella rete telematica.10 Questo afferma l’INA, indirizzando le anagrafi
a operare – e ancor prima a ragionare – per i risultati
che il legislatore ha previsto e non per la quantità di
moduli compilati, i mai rimpianti carichi di lavoro.
Corte Costituzionale, sentenza n. 115/2011.
E’ il Ministero di Grazia e Giustizia che con il D.M. 18 novembre 1967 ammette per la prima volta “la scrittura a macchina degli atti dello stato civile con l’osservanza delle norme contenute nel presente decreto”; a quei tempi, ciò che valeva per la materia nobile dello stato civile si calava con naturalezza anche nella popolana anagrafe. Il passaggio dalla carta alla gestione informatica dell’anagrafe è previsto dal D.P.R. 223/1989, art. 23 [cfr. www.servizidemografici.interno.it (area Anagrafe, Abbandono cartaceo art. 23 D.P.R. 223/89)].
Il D.L. 392/2000 (in legge 26/2001) ha modificato l´art. 1 della legge 1228/1954; è seguito il regolamento di attuazione con il D.M. 13 ottobre 2005, n. 240.
D.L. 78/2010, art. 50, comma 5, ultimo capoverso: l’INA rende disponibili, in tempo reale, i dati relativi “alle generalità, alla cittadinanza, alla famiglia anagrafica nonché all’indirizzo anagrafico delle persone residenti in Italia, certificati dai comuni”.
Ministero dell’Interno, circolare 58/2005.
Cfr. l’art. 16-bis del D.l. 185/2008 (in legge n. 2/2009), in particolare il comma 1 nel testo integrato dal D.L. 70/2011 (in legge 106/2011).
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anagrafe | materie generali
La scarpetta di Cenerentola .
Per avere un’idea di cosa sia diventata l’anagrafe e di
tutto quanto le afferisce ai fini della sua corretta gestione – che riguarda naturalmente non solo l’APR
ma anche l’AIRE – basta pensare al materiale normativo, regolamentare, giurisprudenziale e di quesiti
raccolto nell’austero Quesitario massimario di anagrafe
dell’attuale Direttore della Rivista11 (testo che fa degnamente il paio con il precedente dedicato allo stato
civile dal precedente … Direttore12): 1374 fitte pagine di attualità senza commenti. Una sorta di plastico
affrancamento da qualsiasi supposta inferiorità di
classe all’interno dei servizi demografici comunali.
Una massa di cognizioni che si presume siano patrimonio di ciascun ufficiale di anagrafe, anche se sappiamo bene che la quotidianità tende a scombinare i
buoni propositi e induce ad agguantare la zattera di
salvataggio rappresentata dalle pratiche consolidate;
troppo spesso non c’è tempo né modo di apprendere
e interiorizzare i molteplici cambiamenti intervenuti.
Con le conseguenze indesiderate che non si fatica a
immaginare e che purtroppo si sperimentano.
Cotillon per il 110° genetliaco .
Niente può supplire all’impegno dell’apprendimento professionale e del costante aggiornamento che la
gestione del servizio richiede. E’ possibile però dotarsi
di strumenti di lavoro di pronto intervento, di cui peraltro i bei tomi appena citati costituiscono le più solide
certezze e fondamenta, in grado di supportare l’operatore anche più oberato nelle decisioni che dì per dì deve prendere. Tra questi strumenti annoveriamo una
novità assoluta, di che cosa si tratta è presto detto.
Alle feste di compleanno sono gli amici che, di solito, portano regali. A «Lo Stato Civile Italiano» si è voluto
fare gli originali, e per l’ultracentenario genetliaco
l’omaggio lo fa la Rivista13 a tutti gli anagrafisti di buo11
12
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15
na volontà: la sorpresa si chiama WikiDemografici.
Come si intuisce, il modello proposto richiama la
universale Wikipedia e la sua ragione di essere e il suo
modo di funzionare. Perciò, l’Editore mette a disposizione le proprie risorse tecnologiche e ne garantisce
il mantenimento; qualcuno ha ridotto in pillole digeribili argomenti, tempi e pratiche sull’anagrafe già
raccolti in scritti di varia natura. Il prodotto che ne risulta è alla libera lettura di chiunque interessato, gli
basta collegarsi al sito http://wiki.sepel.it (magari
qualche ardito lo include tra i preferiti); chiunque interessato potrà – si auspica in tanti e valenti – mettere
mano alle varie voci, aggiornarle, rielaborarle, aggiungerne altre attinenti; magari traducendo in teoria
per tutti la buona soluzione a particolari richieste
adottata nella propria esperienza di lavoro. 14
Ecco, per questa tappa editoriale e professionale,
«Lo Stato Civile Italiano» cerca di mantenere il passo
con i tempi e le sue evoluzioni anche sul terreno mobile della informatica e della telematica (sono in avanzato stadio di elaborazione altri progetti, mica finisce
qui). Senza recedere di un niente rispetto al patrimonio di autorevolezza che ha fatto e continua a fare
della Rivista e di quanto da essa promana l’incontrastabile punto di riferimento per coloro che operano
per/nei servizi demografici: gli ufficiali dello stato civile, gli ufficiali di anagrafe, i responsabili degli uffici
elettorale, gli operatori demografici in genere, il Ministero dell’Interno, le Prefetture e le altre ‘superiori
autorità’. Ben consapevoli che questi 110 gloriosi anni altro non sono che un ambìto traguardo volante,
non c’è motivo di crogiolarsi troppo sugli autocompiacimenti e i risultati conseguiti, dato che “on the road
again, e per sempre: ecco cosa siamo, Rico”.15
Indirizzo di accesso al sito:
http://wiki.sepel.it
GABRIELE CASoNI, Quesitario massimario di anagrafe, 2^ ed., Sepel 2010.
SALVAToRE ARENA, Quesitario Massimario di stato civile, 5^ ed., Sepel 2009.
L’Editore Sepel continua così una tradizione di riguardo per quanto di nuovo si muove nel settore dei demografici, come già avvenne alle soglie dei suoi 79
anni, quando la Rivista lanciò sul numero di ottobre 1980 la convocazione della prima assemblea della costituenda Anusca. Associazione che anche per questo iniziale disinteressato supporto ha potuto festeggiare lo scorso anno i 30 anni di attività.
WikiDemografici non intende essere uno sfogatoio para-professionale per lenire con parole a ruota libera le pur comprensibili frustrazioni che abitano i
nostri uffici, bensì un luogo virtuale di competenze e concreto supporto per i colleghi; è auspicabile che chi ci mette mano non usi artifizi di anonimato o depistaggio, che sarebbero deleteri per i colleghi lettori e di costoro assai poco rispettosi; si invitano inoltre perditempo e superficiali a desistere da ogni intervento.
JEAN-CLAUDE Izzo – Il sole dei morenti, edizioni e/o 2004.
edizione speciale ottobre 2011
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ricerca storica
Un lungo viaggio
in compagnia della «Rivista»
attraverso la storia
dei Servizi Demografici
Diego Giorio
Collaboratore dal 2009
Gustare la storia è vivere al presente la propria millenaria esperienza.
Nel corso di questo 2011 ricorrono due anniversari
importanti: il 150° anno dell’Unità d’Italia, che ci interessa tanto come cittadini quanto come pubblici
ufficiali, ed i 110 anni di fondazione di questa Rivista.
Un anniversario per pochi intimi, ma ugualmente
importante, dato che Lo Stato Civile Italiano ha accompagnato buona parte della storia del Paese, formando
nuove generazioni di operatori dei Servizi Demografici, stimolando la ricerca ed il confronto, facendo conoscere alle Istituzioni problematiche e aspettative
degli operatori.
Nel 1901 Silvio Lombardini, fondatore della Rivista, scriveva che “le istituzioni civili si trasformano e si
plasmano a seconda dello stadio di evoluzione e di progresso
conquistato dalla coscienza collettiva della società”, parole
ancora attuali, che continuano a descrivere la ragione
di esistere della Rivista, “libera palestra di studi sereni
per il miglioramento di quegli istituti che sono la base del civile consorzio”.
Quando la Rivista è nata meno del 20% della popolazione aveva diritto di voto, i maschi avevano un’altezza media ridotta di 10 cm rispetto all’attuale (e non
è dato sapere quella delle femmine, che erano di solito escluse dalle statistiche), circa la metà della popolazione era analfabeta e solo lo 0,4% aveva frequentato
12
l’Università, contro il quasi 60% dei giovani del 2010.
L’Italia di oggi è molto diversa rispetto ai primi anni
del novecento. Negli anni sono cambiate leggi, costumi, linguaggio, ma quell’idea di 110 anni fa resta attuale e vivace ai nostri giorni, e ci auguriamo che quei
“…voti che il giornale abbia vita lunga e prosperosa essendo
molto utile...” presentati a inizio del secolo scorso dal
collega di Voghera possano ancora accompagnarci
per tanti anni.
oggi in una tranquilla strada laterale di Minerbio si
trova un bel palazzo antico, perfettamente restaurato, nel quale si trova la direzione della SEPEL, editrice della Rivista. Sotto soffitti affrescati trovano posto
il vecchio torchio per la stampa a mano ed i moderni
computer per l’impaginazione dei testi e la gestione
degli abbonamenti. La gentile presenza della dottoressa Chiara Soldati e dell’Ing. Mario Lombardini è il
segno della continuità nell’impresa di famiglia che,
fra modernità e tradizione, è arrivata alla quarta generazione di editori, mentre il dott. Silvio Lombardini,
omonimo nipote del Fondatore, continua a condividere la sua lunga esperienza con i collaboratori più
giovani e con il dott. Gabriele Casoni, attuale direttore che cura la redazione della Rivista.
Modernità e tradizione sono sempre compresenti,
InternoSpecialeBis_Layout 1 08/11/11 17.29 Pagina 13
ricerca storica | la Rvista racconta
non solo nella sede, e ci accompagneranno in questo
speciale, fra concetti utili solo per curiosità storica e
risposte ancora attuali dopo cento anni, fra un linguaggio oramai obsoleto ed un approccio editoriale
sobrio e concreto ancora insuperato.
La Rivista si è sempre impegnata a trasmettere e
spiegare la normativa, eventualmente suggerendo
modifiche o chiedendo nuove leggi, ma sempre nel
rispetto del ruolo del Legislatore, del quale si rispetta
la volontà anche se questi non sempre emana regole
che incontrano il nostro plauso.
La testata ha sempre rispettato le Istituzioni e collaborato con esse, ma senza esserne succube e senza
esimersi dal mettere in evidenza eventuali problematiche e lacune.
Questo numero speciale non vuole essere solo autocelebrativo per le realizzazioni passate, ma vuole
essere un’occasione per riflettere sulle opportunità
future, per capire cosa mantenere e cosa rinnovare,
cosa introdurre e cosa lasciare alla Storia.
In questo viaggio in compagnia della Rivista daremo più spazio agli anni più lontani, dato che le questioni superate da pochi anni sono ancora nella memoria senza costituire curiosità storica.
110 anni sono molti e sono pochi. Sono molti se
confrontati con altre riviste e associazioni, di assoluto rispetto, la cui storia è tuttavia molto più breve.
Sono molti se confrontati con i pur lunghi anni che
trascorrono tra la vincita del concorso e l’agognata
pensione. Tutto sommato sono molti anche se confrontati con la vita degli uffici di Stato Civile, che
nella maggior parte del Paese sono operativi dal
1866.
Sono però un tempo brevissimo se confrontiamo
questo periodo con la storia della civiltà, anche solamente intesa in senso moderno. Grandi imperi come
quello romano o l’Europa di Carlo Magno organizzavano censimenti periodici o elenchi di persone in grado di combattere, seguendo l’antico concetto di legare le informazioni alle opportunità belliche: “Fate il
censimento di tutta la comunità degli Israeliti, secondo le loro
famiglie, secondo il casato dei loro padri, contando i nomi di tutti i maschi, testa per testa, dall’età di venti anni in su, quanti in
Israele possono andare in guerra”. 1
Quante informazioni potrebbero ricavare gli sto1
rici se gli archivi demografici esistessero da Babilonia in poi!
La gestione dell’anagrafe e dello stato civile non è
quindi meramente un ufficio che appesantisce l’apparato burocratico, ma è anche il segno di una svolta di
civiltà nell’approcciare il rapporto fra Stato e cittadino, il quale non è più un semplice suddito utile alla
guerra, ma è portatore di diritti e, per poterli esercitare
come persona, studente, elettore o paziente, necessita
di un atto di nascita e di un’iscrizione anagrafica.
La registrazione puntuale ed attendibile delle persone permette di pianificare le risorse e la gestione del
territorio.
Ma i Servizi Demografici sono qualcosa di più rispetto al mero dato numerico.
Attraverso i dati dello stato civile e dell’anagrafe si
possono ripercorrere le storie delle famiglie e delle società, osservare l’evoluzione del costume e della cultura. Scorrendo gli atti dell’ottocento e del primo novecento si sorride davanti alle grafie stentate dei testimoni, ai segni di croce degli sposi, al “consenso del padre” per il matrimonio di una donna di trentadue anni.
Ci si stupisce di vedere che gli atti di morte hanno
variazioni che da un anno all’altro possono essere del
300%, per poi capire che epidemie e carestie erano all’epoca una costante della vita sociale. Si osservano
con tristezza gli atti di morte a coppie, della mamma
di 16 anni e del suo bambino che non ha mai visto la
luce o se n’è andato poco dopo.
Nelle anagrafi si vedono paesi floridi che si sono
svuotati perché i giovani hanno cercato fortuna in altre regioni o in nazioni lontane, città che sono cresciute a dismisura attorno a grandi fabbriche, e che
ora invertono la tendenza.
Ci sono le storie di Oldrado, di Catterina, Giuglia, Gioanni (sì, proprio con queste grafie, come si usava allora), che sono nati, si sono sposati, hanno avuto figli e
nipoti, per poi entrare nell’ultimo registro.
I Servizi Demografici non sono un servizio come
tanti: sono lo specchio delle Persone, con la maiuscola perché, tutte insieme, costituiscono le comunità e
la Nazione, e per questo, nel ricercare il materiale per
questo lavoro, ho trovato tanta passione, tanti episodi commoventi e significativi.
Ma lo scopo di questo lavoro non è solo quello di
Bibbia, Libro dei Numeri 1 – 2,3.
edizione speciale ottobre 2011
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dare uno sguardo al passato, in un torcicollo esistenziale che ci faccia guardare con nostalgia ai bei tempi
andati, che non ci furono mai.
Conoscere la storia significa vivere al presente la
propria esperienza millenaria. Dallo studio dei tempi
passati dovremmo, come singoli e come società, imparare a non ripetere gli stessi errori, ad anticipare gli
eventi e gli orientamenti.
Alcune tendenze cominciano a delinearsi: una certificazione più uniforme nell’Unione Europea, un cognome non limitato a quello del padre, una piena
equiparazione fra figli legittimi e naturali, coppie
omosessuali. Ma dopo avere letto Le meraviglie del duemila, scritto da SALGARI a inizio ‘900, preferisco non
gettarmi in anticipazioni, perché non vorrei parlare
del futuro dei Servizi Demografici in termini equivalenti alle macchine volanti a vapore che attraversano
l’Atlantico alla folle velocità di 110km/h.
Chissà allora se il collega del 2101 festeggerà i 200
anni de Lo Stato Civile Italiano applicando una legislazione unica in tutta Europa, oppure se ci saranno
norme diverse per la Padania e la Borbonia. Chissà se
guardando indietro, arroccati in un nuovo nazionalismo, si derideranno i tentativi di Unione dell’Europa,
oppure se, cittadini del Villaggio Globale, non esisterà più la casella della cittadinanza nell’archivio d’anagrafe e si troveranno assurde le norme che distinguono e categorizzano italiani, comunitari lavoratori,
non lavoratori, extra UE, esuli ecc. ecc.
Quello di cui sono certo è che anche nel futuro, di
nuovo con le penne d’oca o con computer quantistici
controllati dal pensiero, i Servizi Demografici saranno sempre vicini alla gente ed alle loro storie, pronti
ad erogare servizi in linea con i tempi.
Purché, a furia di tagli, non si eliminino semplicemente l’anagrafe e lo Stato Civile!
Quando ho iniziato a pensare a questo lavoro temevo che sarebbe risultato un testo scarno e un po’ sterile, un elenco di qualche pagina di leggi e circolari; mi
sono trovato invece a dovere selezionare materiale
sufficiente per scrivere un’enciclopedia, scegliendo
quei passaggi che maggiormente potevano rappresentare l’epoca ed il mestiere dei demografici.
Non è importante la mera citazione della Legge 13
novembre 1859 n. 3725 del Regno di Sardegna. E’
14
importante osservare che a metà ‘800 gli sposi firmano con la croce praticamente tutti gli atti, mentre a
inizio ‘900 una buona metà è firmata per esteso, segno che quella Legge Casati, nell’imporre due anni di
scuola obbligatoria per tutti, ha raggiunto lo scopo.
Spero di essere riuscito a trasmettere il sentimento
che accompagna le pagine di questi 110 anni, la passione con cui tanti colleghi e studiosi hanno difeso le
loro idee e portato avanti le loro tesi, nell’interesse del
bene comune e del progredire della conoscenza.
Se non sono riuscito a comunicare questi sentimenti, il limite è certamente mio e non della materia.
Consapevole di essere sentimentale ed accettando il
rischio di cadere nella retorica, concludo allora con
un pensiero ed un augurio per tutti.
Per i colleghi che mi hanno preceduto su queste pagine, per quanti vi scrivono ora e per quanti lo faranno in futuro.
Per i colleghi e gli studiosi che ci leggono, affinché
possano sempre lavorare con la soddisfazione di
svolgere un servizio utile alla collettività, che resterà
nei secoli e per secoli sarà fonte di informazione e
materia di studio.
Per quanti emanano le norme e quanti ne spiegano
ed armonizzano l’applicazione, perché possano sempre agire per il bene comune e con la consapevolezza
degli effetti che le loro scelte hanno sulle persone e
sulla Storia.
Non ho voluto fare nomi, perché di persone illustri,
preparate, appassionate sulle pagine di oggi e di ieri
ne troviamo davvero tante, ma consentitemi poche
eccezioni: un pensiero riconoscente al dr. Silvio
Lombardini, che con la sua intuizione e la sua dedizione ha creato una Rivista che, anche attraverso i suoi
discendenti, per oltre un secolo ha formato generazioni di operatori dei Servizi Demografici.
All’avv. Salvatore Arena, per tanti anni direttore de
Lo Stato Civile Italiano e “papà” di tanti Ufficiali dello
Stato Civile, che col suo impegno ed il suo acume ha
portato i Servizi Demografici ad essere a tutti gli effetti una branca della scienza del diritto.
A Chiara, Gabriele e Donato, che hanno traghettato
la Rivista nel nuovo millennio, credendo in essa, nei
Servizi Demografici, ed in questo speciale.
Buon – sempre più difficile – lavoro a tutti!
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ricerca storica | parte prima | 1901 - 1913 La fondazione ed i primi anni
Il numero 1 della Rivista “Lo Stato Civile Italiano” vede la luce nell’ottobre 1901 da un’idea di Silvio Lombardini (1866-1935).
edizione speciale ottobre 2011
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Le molteplici esperienze di segretario capo e contabile maturate in vari municipi d’Italia (tra cui ricordiamo gli
incarichi di vice segretario comunale presso il Comune di Santarcangelo di Romagna e di segretario capo a Sermoneta, Montereale, Marradi e Cavarziere) hanno permesso al fondatore della rivista di acquisire una notevole
padronanza della materia amministrativa e di constatare la necessità di colmare il vuoto legislativo diffuso nella
maggior parte degli uffici comunali.
16
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ricerca storica | parte prima | 1901 - 1913 La fondazione ed i primi anni
Nell’ottobre del 1901, Silvio Lombardini (allora segretario capo del comune di Modigliana) dà alle stampe il
primo numero de “Lo Stato Civile Italiano” mensile di “dottrina e legislazione, giurisprudenza e pratica” ad uso degli
uffici di stato civile e loro funzionari in particolare sindaci, segretari, consoli oltre che procuratori del re, pretori, avvocati, notai e studiosi. Nata per aggiornare, aiutare e semplificare il lavoro dei funzionari dello stato.
edizione speciale ottobre 2011
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Sulle origini della rivista riportiamo alcuni stralci tratti dal paragrafo “Imprenditore” inserito nella recente biografia2 a cura del giornalista Manlio Masini del fondatore della rivista Silvio Lombardini funzionario dello stato, imprenditore e amministratore pubblico di grande spessore.
La rivista, sin dal suo esordio si avvale della collaborazione di magistrati, docenti di diritto e funzionari di comuni con l’obiettivo di avere “speciale cura di essere guida pratica a tutti coloro che per dovere d’ufficio o professionale sono chiamati alla retta applicazione ed all’esatta osservanza delle leggi e dei regolamenti sulla vasta materia impresa a trattare”.
...Per promuovere la neonata rivista, Lombardini la spedisce gratuitamente, con invito a sottoscrivere l’abbonamento, a municipi, preture, studi di notai, avvocati e professionisti. La invia al presidente del
Consiglio dei ministri Giuseppe zanardelli, al ministro dell’interno Giovanni Giolitti, al vicepresidente
del Senato del regno Gaspare Finali, al presidente del Consiglio di stato Giuseppe Saredo e a tanti altri
che non mancano di complimentarsi con il direttore.
...Nonostante la bella e gratificante accoglienza che riscuote il mensile, gli abbonamenti scarseggiano e non coprono le ingenti spese di stampa e di spedizione.
Nel fascicolo di gennaio 1902 Lombardini rivolge un appello ai lettori:
“La Rivista ci costa sacrifici di lavoro e di borsa; per cui a tutti coloro che intendono assumere l’abbonamento raccomandiamo di inviarci al più presto le tenua somma di Lire 6, unico modo per assicurare alla Rivista vita rigogliosa e duratura”.
Queste chiamate continueranno invano nel tempo, ma Lombardini non si perde d’animo, crede
nell’iniziativa e vi investe i suoi risparmi e le sue energie ed il tempo gli darà ragione.
...Al terzo anno di vita la rivista comincia ad ingranare ed il direttore la trasforma in quindicinale
con uscita il 1° ed il 15 di ogni mese. I fascicoli mantengono lo stesso numero di pagine mentre l’abbonamento passa da 6 a 9 lire annue.
...Nel quarto anno di vita gli abbonamenti a “Lo Stato Civile Italiano” arrivano a pioggia, tanto che
il quindicinale comincia ad avere una divulgazione capillare su tutto il territorio nazionale.
...L’impegno che Lombardini dedica a questa sua “creatura” diviene così gravoso da non consentirgli più di svolgere con la necessaria dedizione i compiti di segretario capo del municipio di Modigliana e con l’onestà che lo contraddistingue nel marzo 1905
matura la decisione di dimettersi e lasciare la carriera di funzionario dello stato per intraprendere quella di imprenditore e pubblicista.
...Fino al 1905 “Lo Stato Civile Italiano” è stampato a Faenza nello Stabilimento tipografico Novelli & Castellani; a Modigliana, nell’abitazione comunale dove risiede, Lombardini ha la direzione e l’amministrazione della rivista. A partire da quell’anno l’ex segretario comunale trasferisce la sua nuova attività di imprenditore dell’area editoriale a Forlì, in piazza XX
Settembre, nello Stabilimento tipografico romagnolo, che ha da poco allestito utilizzando le cinquemila lire che la moglie gli
ha portato in dote. Qui, insieme con la rivista, inizia a pubblicare gli stampati per le amministrazioni: manuali di legislazione a
pratica sugli adempimenti degli uffici e schedari a mobile per i servizi relativi al movimento anagrafico della popolazione organizzando in proprio la fornitura ai municipi. Col tempo Lombardini guiderà anche i segretari municipali “all’uso dei timbri,
dei registri e della ceralacca” e li rifornirà di “cabine, urne, tavoli per le complesse pratiche elettorali”.
...Anno dopo anno “Lo Stato Civile Italiano” incontra sempre più consenso e i suoi articoli, precisi e puntuali, hanno la forza di
unificare la categoria degli ufficiali e impiegati dello stato civile. All’Esposizione internazionale di Torino del 1911 la rivista è premiata con medaglia d’argento, così come alla prima Mostra italiana delle attività municipali di Vercelli.
...Lombardini diviene un punto di riferimento culturale per quanti desiderano approfondire lo studio dell’amministrazione
dello stato. Sempre più lettori lo sollecitano a programmare un congresso nazionale degli ufficiali dello stato civile e degli studiosi della materia per riesaminarla nei suoi aspetti legislativi, dottrinari e pratici.
...Nel 1933 Lombardini acquista la Ditta Paolo e C.Bevilacqua di Minerbio, una grossa industria leader nelle forniture agli
enti pubblici degli impianti per il registro della popolazione (specializzata in schedari meccanici per la conservazione delle schede, mobili casellari e ogni genere di stampato) posta in stato di liquidazione. Attraverso lo stabilimento di Minerbio Silvio ha in
mente di crearsi uno spazio tra i fornitori di impianti anagrafici, mobili e arredi metallici per uffici e scuole, ma le difficoltà nell’impostare il nuovo lavoro sono tante e anche di ordine politico. I fascisti lo hanno emarginato a seguito delle sue dimissioni da
sindaco di Riccione e la nomea di cane sciolto senza collare non gli consente di ottenere più alcun incarico di governo.
...Alla morte di Silvio la direzione dello stabilimenti di Minerbio è assunta dal figlio Aristide. Nel 1937, in seguito ad una prestigiosa commessa ricevuta dall’Argentina per la realizzazione degli impianti per il registro della popolazione della città di Buenos Aires, la ditta minerbiese è ampliata con la costruzione di nuovi capannoni. Nel 1939 lo stabilimento di Forli viene chiuso e
l’attività si concentra tutta su Minerbio. Nel 1969 ad Aristide Lombardini subentra il fratello Aldo Lombardini e a questi dal 1967
suo figlio Silvio, che gradualmente trasforma l’attività, che prende il nome di SEPEL da tipografica in editoriale.
2
MANLIo MASINI, Silvio Lombardini 1866-1935 un uomo perbene tra Santarcangelo Forlì e Riccione, Panozzo Editore, Rimini, 2011.
18 dicembre 2008
InternoSpecialeBis_Layout 1 08/11/11 17.29 Pagina 19
ricerca storica | parte prima | 1901 - 1913 La fondazione ed i primi anni
Già nei primi numeri della rivista compare la sezione “quesiti”, nella quale gli operatori possono ottenere risposte utili a tutti i colleghi. Ed è bello vedere che la risposta al primo quesito è ancora valida oggi, dopo 110 anni.
Come ancora valido resta il primo articolo pubblicato: pur con
un linguaggio al quale non siamo più abituati, ci parla della storia
dello Stato Civile e vogliamo quindi riproporlo integralmente.
PARTE I. Materie Generali. Storia e legislazione dello Stato Civile
Fu saggio divisamento la pubblicazione di cui non si aveva peranco esempio
in Italia di un periodico che rechi ai Municipi del Regno, e agli Uffici delle Regie Procure, diuturne notizie intorno a tutto ciò che per dottrina, giurisprudenza e legislazione, viene man mano affermandosi intorno allo Stato Civile.
E il Lombardini che si è accinto, dando prova di grande amore a studi ben
sovente ardui e sempre utili, a fornire il nostro paese di tale effemeride,
merita lode e soprattutto incoraggiamento.
Tutto ciò potrà aver sembianza di un fervorino; e sia pure, sarà patrocinio di causa e di opera utilissima; né di ciò mi pento per certo; aggiungo
anzi che il periodico attuato dal Lombardini dovrebbe trovar suo posto,
e posto degno, presso tutti gli Ufficiali dello Stato Civile e per essi intendo essenzialmente far capo ai Segretari Comunali, la cui numerosa ed
eletta schiera, ha innanzi a sé continue difficoltà nella redazione degli atti
dello Stato Civile; intendo far capo ai miei Colleghi delle Regie Procure,
che, incaricati per l’ordinamento dello Stato Civile (art. 13) di vigilare e
corrispondere cogli Ufficiali dello Stato Civile per tutto ciò che riguarda
le importanti funzioni di quest’ultimi, avranno nel periodico guida e
lume per la risoluzione dei molteplici quesiti che ad essi Procuratori del
Re sono sottoposti in esame. Dacché io amerei che i primi potessero
prescindere dal chieder lumi ai secondi; e tanto più sarebbe mio desiderio che i Procuratori del Re sapessero risolvere essi medesimi ogni
dubbio senz’uopo di ricorrere al Procuratore Generale o al Ministero.
Non convien nasconderlo; i dubbi che possono sorgere nell’applicazione delle leggi e regolamenti concernenti lo Stato Civile sono frequentissimi. Basti l’aprire l’aureo libro del Sighele (I) l’opera del
Perotta (2) il trattato del Fortunato (3) e il mio recente manuale (4) per
convincersi della quantità di questioni che si svolgono nella applicazione di tali leggi e regolamenti, e di quelle molte che ancor tengono
diversi gli autori.
Di qui l’utilità per gli Ufficiali dello Stato Civile, per i Procuratori del
Re, ed anche per i giuristi, e i notai, di mantenersi ognora al corrente
dello stato della dottrina e della giurisprudenza in questa delicata e
ardua materia.
Ciò premesso, non sarà discaro, io spero, a chi avrà la bontà di leggere questo mio scritto, che io dia qualche nozione storica-legislativa sullo Stato Civile che, ben può darsi, il modo legale di esistenza
di un cittadino nella famiglia e nella società, e che, per ciò stesso, ha
dovuto ognora costituire uno dei principali obbiettivi di coloro che
avevano nelle loro mani le redini di un governo.
Una legge che accerti e determini in ogni istante, in ogni punto saliente della vita di un cittadino, la somma de’ suoi doveri e diritti, è
legge necessaria al regolare andamento d’ogni civile consorzio, è
legge indispensabile alle funzioni di un ordinato governo.
(segue a pag.20)...
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....(segue da pag.19)
Per verità, se non si fissano con termini sicuri ed esatti, se non si accertano col mezzo di documenti legali e
autentici, i punti più salienti della vita del cittadini, non si può raggiungere lo scopo di stabilire i precisi suoi doveri e diritti di fronte alla famiglia e
alla società; mancando i dati di tutta l’esistenza del cittadino, nascita, vita, morte, e cioè principio, continuazione e fine, lo stato vagherebbe nel buio
per creare e determinare i diritti dei suoi membri.
Presso Roma antica, rimontando all’epoca dei primi sette Re, al così detto periodo regio, non si avevano speciali annotazioni e tanto meno registri
veri dei tre momenti nei quali si compendia la vita umana; nascita, matrimonio e morte; ma è certo che Servio Tullio ebbe ad introdurre un sistema
equipollente di alcuni di tali registri, facendo obbligo di inscrizione dei nati e dei morti nei registri censuari, che erano tenuti da un magistrato apposito detto censore.
In questi registri censuarii ogni pater familias doveva rendere esatto conto della condizione di tutti i suoi dipendenti, moglie, figli e servi, indicando nome, età e condizione loro. Inoltre pater familias doveva in tali registri dar notizie della sua proprietà mancipi, cioè quella compresa nel suolo italico: servi, campi, attrezzi rurali, e ogni suo diritto reale di natura immobiliare.
Con tal mezzo era dato il conoscere l’età di ogni cittadino, ed anche la condizione di esso. Le morti non si registravano, ma ben si potevano desumere dal confronto dei censi susseguenti, che avevano luogo ogni lustro, coi censi precedenti.
Ma prima ancora del sistema censuario introdotto da Servio Tullio si poteva ottenere una grossolana idea del movimento annuale della popolazione mediante le speciali offerte che si dovevano apportare alle Divinità (Dee Minerva, Juventus e Libitina) in ogni epoca caratteristica della vita, cioè nascita, pubertà e morte. Queste offerte consistevano in monete di diversa specie a seconda del sesso, dell’acquisto della toga virile, e della morte; dal numero e dalla specie di queste monete si desumeva lo stato della popolazione.
Alcuni autori, fra cui Tito Livio, ritengono che al difetto di pubblici registri di nascita, di matrimoni e di morti, si veniva supplendo con pubbliche
testimonianze, o con quei speciali registri, che eran chiamati adversaria, in cui le famiglie romane annotavano gli avvenimenti domestici più importanti, o con quegli altri detti professiones, nei quali contenevansi le dichiarazioni che i Romani facevano di tutte le circostanze interessanti la loro vita
pubblica e privata.
Io sono d’avviso con Fortunato, che nei registri del censo si aveva alcunché da raffigurare un vero registro dello Stato Civile, e che poteva fornire,
secondo le occasioni, degli elementi di prova nei giudizi civili o criminali; ma più che tutto potevano essere un mezzo, se non autentico per certo
molto attendibile, per fissare l’età di un cittadino, ed abilitarlo così agli sponsali, o al servizio militare, o agli onori, o alle cariche pubbliche, a seconda avesse o meno raggiunta quell’età che per la legge annuale del 573 dalla fondazione di Roma era stata fissata in seguito, pendente il periodo della
repubblica, per raggiungere le cariche pubbliche, cioè 35 anni per i questori, 37 per gli edili, 40 per i pretori, 43 per i consoli.
La prova l’abbiamo in Tito Livio, che accennando alle guerre puniche, espone che presso i vari popoli d’Italia i ruoli di coscrizione militare portanti l’età degli uomini chiamati al servizio ricavavansi la questione di stato. Census nostrus requiri, diceva Cicerone, contrastando al poeta Archia il suo
diritto di cittadino.
Per certo l’interessa nei Romani, popolo eminentemente militare, stava nel conoscere l’età d’ogni singolo cittadino.
Dei matrimoni era più difficile, salvo nelle adversaria e nelle professiones, avere dati precisi.
Il modo stesso con cui il matrimonio si contraeva (per aes et libram, per rito di confarreazione, per consuetudine o per uso) rendeva difficile un sistema più
o meno autentico di date del coniugio.
Né quando la inesorabile Parca veniva a tagliare lo stame della vita, poco più interessava a quel popolo guerriero il conoscere la data di tale avvenimento, che aveva unico riflesso nella famiglia, e non per lo Stato.
In Grecia, da quanto pare, si tenevano registri ove si inscrivevano i nati man mano che avveniva il fatto della nascita. Dico, pare, perché nulla di positivo, nulla di scritto in proposito sebbene sia certo che nella festa delle Apaturie presentavasi il fanciullo minore di un anno, ed ufficiali a ciò incaricati iscrivevano su registri questi nati, iscrizioni che avevano scopo eminentemente politico, più che servire alla constatazione dello Stato Civile.
Devo pure aggiungere che, per quanto consta, nessuna nazione antica, e neppure la Chinese, la Indiana, che furon maestre in tante cose, ebbero
registri atti a comprovare lo Stato Civile dei cittadini. Tanto meno ne ebbero i Longobardi, e gli altri popoli settentrionali.
Solo nel medio evo si incominciò a tenere una registrazione degli atti dello stato civile per opera del Clero. Ben può dirsi che il sentimento religioso, che portava ad accompagnare con un rito speciale ogni avvenimento di nascita, di matrimonio o di morte, creò nel Clero l’opportunità di registrare, di tener nota di tali avvenimenti. E incominciarono precisamente i sacerdoti preposti alle funzioni religiose del battesimo, dell’unione
matrimoniale, e della sepoltura agli estinti, di inscrivere il giorno della nascita, il nome del bambino recato al sacro fonte, il nome de’ suoi genitori; a segnare il giorno degli sponsali, e della celebrazione del matrimonio; a prender nota dei nomi dei defunti e del giorno della loro morte.
Dapprima sfuggivano tali registri ad ogni vigilanza dello Stato, sebbene fossero invocati come documenti di nascita, di matrimoni e di morte per
regolare e lo stato delle persone, e i loro diritti di successione; ma ciò avveniva come di qualunque altra documentazione, senza che un vero carattere di autenticità fosse impresso a questi registri parrocchiali, appunto perché nelle chiese matrici celabravansi le funzioni religiose per le nascite, matrimoni e morti.
Senonché ai Governi non poteva che convenire il sistema adottato dal Clero; e man mano incaricarono senz’altro ufficialmente di questo utilissimo servizio gli stessi parroci, rendendoli veri depositari degli atti dello Stato Civile.
E così, insensibilmente, in tutta Europa, si ridusse la cura di tenere questi registri nelle mani del Clero, ma, insensibilmente pure, i diversi
Governi vennero addossando al Clero tale registrazione, e il dovere di rilasciare analoghi estratti, quando richiesto da interessati, accordando
a questi estratti piena fede sino a prova contraria.
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ricerca storica | parte prima | 1901 - 1913 La fondazione ed i primi anni
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In Norvegia, in Danimarca, in Prussia, in Svizzera, e più tardi in Francia (1539) i Parroci furono creati depositari di tali registri.
La nazione che tentò per prima di sottrarre ai Parroci questa registrazione fu l’Italia.
Il Pertile (5) asserisce, e documenta, come in molte regioni d’Italia si avessero sino dal XIII secolo registri nei quali si annotavano alcuni atti
della vita dei cittadini, che ben si potevano equiparare ai registri di Stato Civile, e ciò indipendentemente dai registri parrocchiali. Cita il Pertile statuti, decreti, ordinanze di molte città, quali Firenze, Moncalieri, Mantova, Parma, Chiari, Lucca, Bologna, Siena, Pisa, Piacenza, Modena, Venezia. In tutte queste città vi era per tal guisa una doppia registrazione di atti dello Stato Civile.
Secondo il Cantù i primi registri dello Stato Civile, col mezzo dei quali si potesse dimostrare con certezza assoluta, ad ogni momenti, l’età
degli individui, il giorno della loro morte, i matrimoni e le figliazioni, sarebbero istituito a Siena nel XIV secolo.
Nel 1560 Emanuele Filiberto in Piemonte imponeva la formazione dei registri delle nascite ai segretari dei giudizi, non che ai parroci, prescrivendo venissero confrontati ogni mese i libri di questi e di quelli.
Erano conati dell’autorità civile. L’autorità ecclesiastica, forte dei decreti del Concilio di Trento che ai soli parroci riservava la registrazione
delle nascite e dei matrimoni, e della decretale di Sisto V che aggiunse l’obbligo ai parroci della registrazione anche dei morti, si ribellava alla
invasione, alla inframmettenza dell’autorità civile.
E per tal modo si continuò sino alla rivoluzione francese.
L’assemblea legislativa ha tagliato corto, senza mezzi termini. Con suo decreto del 20 Settembre 1792 sottraeva, per gli effetti civili, alla autorità ecclesiastica i registri dello Stato Civile, affidandoli esclusivamente ad Ufficiali Municipali. Il decreto dell’assemblea legislativa, man mano
che l’aquila Napoleonica estendeva i suoi domini, venne applicato in gran parte d’Europa e in tutta l’Italia fu il decreto imperante pendente
la dominazione francese.
Caduto l’impero Napoleonico, cadde anche in Italia l’osservanza del decreto. Due Stati soltanto ebbero il lodevole coraggio di rifiutarsi a ritornare ai parroci la tenuta dei registri dello Stato Civile, e furono il Regno delle Due Sicilie, e il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, i
quali mantennero le disposizioni del Titolo II Libro I del Codice Civile Napoleonico relative alla tenuta dei registri degli atti dello Stato Civile presso i Municipi.
Nel Ducato di Modena si adottò come temperamento un sistema misto, e si prescrisse: “col primo Gennaio 1815 sono aboliti in tute le comunità gli attuali uffici del registro di nascita, morti e matrimoni; ma a cominciare dal 5 Febbraio 1815, il giorno quinto d’ogni mese ciascun
parroco dovrà rimettere al proprio podestà o sindaco tre separati fogli in cui saran registrati gli atti di nascita, morte e matrimonio succeduti
nella sua parrocchia nell’antecedente mese”. E così si dava ai parroci, mantenendo ai sindaci.
Questo stato di cose durò sino alla unificazione legislativa che andò in vigore col I Gennaio 1866. Il Codice Civile Italiano nel Titolo XII
del Libro I ripristinò il sistema del Codice Napoleonico “gli atti di nascita, di matrimonio e di morte debbono essere formati nel Comune
in cui tali atti accadono” fu scritto nell’art.350 del Cod. Civ. Italiano, soggiungendosi nell’art. 363 che tali atti avrebbero fatto prova sino a
querela di falso di ciò che l’ufficiale pubblico attesta avvenuto alla sua presenza, mentre le dichiarazioni dei comparenti avrebbero solo fatto
fede sino a prova contraria, e nessuno valore avrebbero le indicazioni estranee all’atto.
Il Codice Civile doveva dare, a dette in effetto, tutte quelle disposizioni che erano essenziali a che gli atti dello Stato Civile fossero rivestiti
di tutte quelle formalità necessarie a dar vita legale e inoppugnabile ad atti emanati da un pubblico ufficiale.
Ma ciò non bastava; la designazione degli Ufficiali dello Stato Civile, le loro attribuzioni, la vigilanza cui dovevano assoggettarsi per il miglior andamento di servizio tanto importante, le modalità di composizione degli atti, della loro vidimazione, trasmissione ad altri uffici, del
modo con cui si doveva procedere per la loro rettificazione, non poteva trovar posto nel Codice Civile, anzi male si sarebbero conciliate con
i dettati di un Codice di diritto.
Da qui la pubblicazione del decreto legislativo sull’ordinamento dello Stato Civile del 15 Novembre 1865.
Sarebbe vano di contestare che questa legge (dacché ha vero carattere di legge, anziché di semplice regolamento) non sia suscettibile di modificazioni che rendano più semplice e spedito il servizio dello Stato Civile.
Tuttavia molto si è fatto dal 1865 in poi per aggiungere, correggere, e togliere quanto giovava, o nuoceva alla speditezza di tal servizio. Provvida essenzialmente fu la legge 14 Giugno 1874 che ha prescritto ai Comuni di tenere gli atti dello Stato Civile in registri stampati con modelli che furono poi stabiliti con Decreto speciale.
Io non verrò qui indicando, dacché il tema che tratto nol consente, quali innovazioni si potrebbero introdurre per migliorare il servizio dello
Stato Civile. Ciò che ha d’uopo essenzialmente d’essere modificato è il sistema per accertare lo Stato Civile dei cittadini che hanno residenza
all’estero, pur non avendo perduta mai la cittadinanza italiana.
Di questi cittadini non si dovrebbe mai perdere traccia. o si uniscono in matrimonio, o abbiano figli, o muoiano, il Comune di loro origine
deve avere presso di sé la storia della loro vita. E non è difficile ottenere questo scopo: occorre maggiore concorso nell’opera dei Consoli;
occorrono accordi più semplici con tutte le nazioni, e specialmente con quelle ove più intensa si fa l’emigrazione italiana, e occorre finalmente che a questi accordi, a questi trattati si dia piena ed intera esecuzione. Ciò è trascritto sempre in capo ad ogni trattato internazionale, ma
viceversa poi la osservanza riesce ognora imperfetta, perché poco si cura dei Consolati questo servizio. Si ha la più evidente prova di ciò nel
ritardo con cui vengono comunicate nei bollettini ufficiali del Regno le notizie delle morti all’estero dei nostri connazionali.
Noi assistiamo pure, e continuamente, al fatto di cittadini italiani che si sono recati in America e dei quali non è possibile mai l’avere
notizie.
(segue a pag.22)...
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Eppure la necessità di conoscerne anche la temporanea residenza è impellente sia per il
Governo che per la famiglia, che per i cittadini stessi che si sono recati all’estero. Se ai Consoli venissero dati ordini più severi, se gli
emigranti e gli agenti d’emigrazione venissero con sagge disposizioni obbligati sotto la comminatoria di sanzioni penali a somministrare notizie periodiche sugli emigrati, il mezzo di seguire ovunque il cittadino italiano non mancherebbe. A ciò dovrebbe seriamente pensare il Governo. Uno studio accurato che al Ministero degli Esteri venisse fatto per raggiungere questo scopo, tornerebbe proficuo e utile assai, e per gli emigranti, e per le loro famiglie.
Con questo voto, il cui adempimento ritengo della massima importanza, e che costituisce una lacuna nella nostra legislazione, comechè la legge consolare, e il regolamento per la sua esecuzione, pubblicati e attuati sino dal 1866, più non rispondono ai cresciuti
bisogni della nostra popolazione e al continuo e rapido espandersi della stessa nelle varie regioni del mondo, io chiudo questi brevi cenni storici legislativi, augurandomi di trovar modo e tempo per interloquire in materia più speciale, quando il Periodico che il
Lombardini va pubblicando me ne porgerà occasione.
Torino 7 Agosto 1901
E.DE GiulJ
Consigliere di Cassazione
(1) ordinamento dello Stato Civile
(2) Gli atti dello Stato Civile
(3) Enciclopedia giuridica italiana – Atti dello Stato Civile – Milano 1897 – Società Editrice Libraria
(4)Società Editrice Sonzogno – E.De Giulj – Atti dello Stato Civile – Milano 1899
(5) Storia del diritto privato – Vol. III pag. 254-255
Se la separazione è sempre esistita, per quanto fosse più intesa come
colpa di uno dei coniugi, nel 1901 si parla già di divorzio, e sembra di capire che le discussioni fossero piuttosto accese. La Rivista non esprime
un giudizio ma raccoglie le opinioni di entrambe le parti: i favorevoli ed
i contrari all'istituto del divorzio.
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ricerca storica | parte prima | 1901 - 1913 La fondazione ed i primi anni
Lo Stato Civile Italiano non si occupa solo della materia che le ha dato vita, ma
più in generale si occupa dei Servizi Demografici. Sempre nel 1901 usciva il
Regolamento per la formazione e tenuta del registro di popolazione. Non viene usato il
termine “anagrafe”, ma le schede da compilare erano più o meno quelle di oggi, con l’aggiunta del “foglio di casa”, dato che allora l’anagrafe fungeva anche
da catasto urbano, come vedremo nelle pagine seguenti.
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ricerca storica | parte prima | 1901 - 1913 La fondazione ed i primi anni
Ci sono poi tanti grandi e piccoli interventi, curiosità ed aneddoti; ad esempio chi ancora conosce il “delitto di soppressione di stato”?
Era contemplato nell’allora art. 362 del Codice Penale, ovvero vietava di
abbandonare figli legittimi “occultandone lo stato”. In pratica era lecito (e piuttosto normale) abbandonare
un figlio naturale, mentre era
“un delitto che sovente si consuma”
l’abbandono del figlio di una
coppia regolarmente sposata.
Che dire invece dei dubbi su
come registrare i “nati mostri”? (peraltro, al di là del linguaggio, la registrazione di
due gemelli siamesi può suscitare un momento di perplessità anche oggi).
Altre questioni sono invece
state superate dal tempo e
dall’evoluzione normativa:
oggi sorridiamo davanti ai
dubbi sulla potestà della madre, al fatto che solo il primo
nome ha valore, così come i
giovani ufficiali dello stato civile non concepiscono che un
dirigente dell’ufficio non possa in nessun caso celebrare un matrimonio, o trovano assurdo il censimento dei muli e dei cavalli, che all’epoca avevano invece una grande importanza sia industriale che strategica.
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I primi anni della Rivista rappresentano un’epoca nella quale dall’Italia si emigrava in cerca di fortuna, e certo il nostro Paese non era meta ambita di tanti disperati in cerca di futuro.
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ricerca storica | parte prima | 1901 - 1913 La fondazione ed i primi anni
Sin dalla nascita della Rivista, il fondatore della Rivista, aveva un ambizioso progetto: fondare un’associazione
di categoria per gli operatori addetti allo stato civile ed anagrafe. L’idea continuerà a frullare nella testa di Lombardini per anni. Nelle giornate del 29 e 30 ottobre 1911 Lombardini organizza a Forli il I° Congresso nazionale dove per la prima volta viene alla ribalta l’Associazione Nazionale dei Funzionari di Stato Civile che otterrà l’ambito onore di rappresentare l’Italia a livello internazionale.
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Nonostante ai tempi non
fossero facili i contatti
(anche se allora le poste
funzionavano) ed i viaggi fossero impegnativi,
ci fu una grande e calorosa partecipazione, ed i
320 iscritti furono, per
l’epoca, un risultato di
tutto rispetto.
L’idea di associazione
era però un po’ diversa
da quella di oggi: doveva essere in parte un’associazione sul modello attuale, in parte sindacato ed in parte società di mutuo soccorso. Quest’impostazione suscitò sospetti e contrasti, per cui l’idea non esplose. Venne riproposta
in seguito, ma il regime fascista non vedeva di buon occhio tutte le associazioni non sotto il suo diretto controllo, per cui di nuovo si attesero
tempi migliori, dato che le rassicurazioni presentate evidentemente
non ottennero ascolto.
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ricerca storica | parte seconda | 1914 - 1919 La Grande Guerra
Il 1914 trascorre tranquillo
senza che sulla Rivista venga
dato rilievo ai venti di guerra
che pur dovevano soffiare in
Europa.
I problemi demografici legati agli eventi bellici si iniziano a sentire nel 1915, con
la necessità di un’amnistia
per recuperare soldati da
mandare al fronte e di procedure più snelle per i matrimoni dei militari.
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Nel corso di questi anni tanti interventi sono necessari: dalla regolamentazione della posta per i prigionieri di
guerra, alle regole per la trascrizione degli atti di quanti “caduti sul campo dell’onore”. Inoltre molti interventi del
legislatore sono dedicati a regolamentare benefici e pensioni di guerra, con l’obiettivo di risarcire chi era stato
menomato dalla guerra, gli orfani, i familiari dei caduti, evitando che qualcuno ne approfittasse indebitamente.
Problemi per il riconoscimento dei figli, il cui padre non aveva fatto a tempo a contrarre matrimonio prima di
partire per il fronte, dal quale non è più tornato.
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ricerca storica | parte seconda | 1914 - 1919 La Grande Guerra
E che dire di quegli impiegati richiamati in guerra che pure si perdono lo stipendio o si vedono annullare il
concorso?
Le annotazioni sugli atti sono specifiche per la guerra.
Particolarmente toccante una lunga elencazione di tutte le menomazioni che potevano essersi verificate, con
conseguente calcolo della pensione privilegiata.
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Dopo la guerra si rende necessario il razionamento dei generi alimentari ed il conseguente tesseramento.
Comunque gli eventi bellici
non eliminano totalmente altre
questioni demografiche, anche
se alcune considerazioni hanno oggi un sapore un po’ retrò.
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ricerca storica | parte seconda | 1914 - 1919 La Grande Guerra
La Rivista è sempre rimasta fedele al suo ruolo, portando a conoscenza degli operatori le innovazioni legislative e dando spazio al dibattito sull’interpretazione o sulla necessità di modifiche, ma non si è mai pronunciata
né a favore né contro la guerra. Anche l’intervento di un ministro del Regno, che con il linguaggio di allora saluta la vittoria, è solo l’occasione per tornare a chiedere una riforma dello Stato Civile, tema caro al fondatore e
già più volte affrontato in passato. Già allora lo Stato Civile risultava essere una materia complessa e spesso i
“modesti funzionari degli uffici” erano in difficoltà, per cui si chiedeva l’introduzione di una “patente di segretario”, ossia di una qualifica specifica per potere svolgere questo ruolo delicato.
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ricerca storica | parte terza | 1920 - 1939 Il periodo fascista
Dopo la Grande guerra continuano le problematiche legate alle pensioni ed agli indennizzi di guerra, testimoniati da tante situazioni concrete spesso difficili da inquadrare alla luce della normativa generale allora vigente. L’Italia si trova a fronteggiare una pesante inflazione, come testimoniato dall’aumento del prezzo dell’abbonamento alla Rivista, che dalle 9 lire del 1901 passa alle 18 lire del 1920 ed alle 25 del 1924.
Sorgono inoltre problematiche relative all’armonizzazione della normativa dei territori annessi, ad esempio il riconoscimento o meno di divorzi pronunciati secondo la legislazione previgente.
Riprendono anche le questioni più ordinarie legate ai Servizi Demografici: la ripartizione delle spese per la tenuta di questo nuovo e parzialmente sconosciuto “registro di popolazione”, i dubbi sull’effettiva dimora, l’insistenza per la riforma dello Stato Civile.
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Non dimentichiamoci che i titoli nobiliari furono aboliti solo
dopo la Seconda Guerra Mondiale, per cui all’epoca bisognava
prestare attenzione al complesso
formalismo.
Già all’epoca la questione del bollo non era né facile né accettata.
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ricerca storica | parte terza | 1920 - 1939 Il periodo fascista
Intanto iniziano alcune svolte epocali, con il concordato fra Stato e Chiesa, la politica di espansione demografica, fino ad arrivare alle legge razziali. Quale sia l’orientamento religioso o politico della Redazione e dei collaboratori, la Rivista non può ignorare questi passi, ed iniziano gli articoli per spiegare e commentare le nuove
norme.
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Nel 1929 e negli anni seguenti sono veramente tantissimi gli interventi per spiegare e commentare
il Concordato, che costituiva, per
lo Stato Civile, una vera rivoluzione, dato che a svolgere le funzioni di Ufficiale era un ministro
di culto, normalmente preposto
ad altre funzioni. Questa situazione non fu subito ben compresa da ambo le parti. Nel 1930
un articolo titola “Il ministro di
culto ufficiale dello stato civile? “ con
un punto interrogativo che dimostra l’incertezza interpretativa, così come i parroci ebbero
molte difficoltà nel comprendere che i matrimoni dovevano
essere celebrati tenendo anche
conto degli impedimenti civili
e non soltanto religiosi. Non
possiamo soffermarci troppo
su quest’unico tema, ma osserviamo che non ci si era neppure dimenticati di altre religioni,
che venivano definite culti tollerati.
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ricerca storica | parte terza | 1920 - 1939 Il periodo fascista
Alcune questioni sono oggi abbondantemente superate, altre ci appaiono totalmente incomprensibili. Ad
esempio il servizio pupillare, che oggi non sappiamo neppure cos’è, ma ci spiega come il magistrato ordinario
“intervenga impartendo consigli e fungendo da guida”, dando un’idea di magistratura forse un po’ diversa da quella
che abbiamo oggi. oppure la gestione degli stranieri, “questione che se non è nuova è assai rara” .
E se il divorzio ancora non era entrato nel nostro ordinamento, le separazioni non erano propriamente marginali.
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Nel 1930 il Registro di popolazione non è ancora stato bene compreso e diffuso, e si rende necessario un intervento legislativo di aggiustamento; resta comunque l’impianto precedente, con schede individuali, di famiglia
e di casa. Senza addentrarci in una normativa superata, rileviamo la curiosità di una previsione normativa specifica per i bambini dati a balia.
All’epoca gli Ufficiali dello Stato Civile rischiavano sanzioni pecuniarie, anche se i problemi e gli errori non
mancavano neppure allora.
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ricerca storica | parte terza | 1920 - 1939 Il periodo fascista
L’idea di un’Associazione Internazionale degli Ufficiali dello Stato Civile non è nuova, ed all’epoca era probabilmente rivoluzionaria, dato che ancora oggi non c’è un gran senso di appartenenza, in generale, ad una categoria europea.
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Ancora tutto sommato attuale questo albero dei gradi di consanguineità secondo la legge canonica.
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ricerca storica | parte terza | 1920 - 1939 Il periodo fascista
Inizia poi la preparazione al censimento generale della popolazione del 1931, continuano le discussioni attorno al matrimonio religioso; nonostante il nazionalismo che imperava in quegli anni, la Rivista, anche sulla base
di circolari ed informazioni da parte del Ministero degli esteri, dedica comunque diversi articoli a legislazioni
straniere.
Il nostro codice civile, e quindi
l’ordinamento dello stato civile,
trae ispirazione dal codice napoleonico, che, a sua volta, raccoglie tradizioni del diritto romano e dei principi dell’illuminismo. Il fatto che la Francia
abbia riorganizzato e semplificato il proprio ordinamento è
quindi particolarmente significativo e fornisce buone argomentazioni per perorare la causa dell’ammodernamento anche del sistema italiano.
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A quanto pare il problema dell’iscrizione anagrafica si pone da sempre; un convegno precedente era stata
l’occasione per chiedere alcuni interventi normativi, ma la recente riforma non è stata ritenuta sufficiente. La
Rivista ripropone allora le problematiche, molte delle quali sono poi state effettivamente recepite nei successivi regolamenti o superate dal mutare della società. Torniamo ad osservare che la Rivista è sempre stata fedele
alle norme ed alle Istituzioni, ma senza timore di sottolineare carenze, contraddizioni, anomalie o richiedere
interventi ritenuti necessari.
Cominciano in questi anni molti interventi in materia demografica, in accordo col principio
fascista “numero è potere”.
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ricerca storica | parte terza | 1920 - 1939 Il periodo fascista
Vengono pubblicati ogni quindici giorni dati statistici aggiornati, cominciano gli interventi contro il celibato, si italianizzano nomi e cognomi, cresce l’attenzione ai dati demografici di altri Stati, si regolamenta e
controlla l’uso della bandiera nazionale.
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Lasciando da parte le considerazioni sulle motivazioni per questo interesse, è forse questo il periodo nel quale
gli Ufficiali d’anagrafe e stato civile sono stati oggetto della maggiore attenzione da parte del legislatore e
delle autorità. La Rivista continua a dare spazio alle voci di tutti, come “palestra aperta”, curando di differenziare ciò che è normativa dalle discussioni accademiche, a volte anche prendendo le distanze da opinioni non
pienamente condivise, ma comunque pubblicate e rispettate.
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ricerca storica | parte terza | 1920 - 1939 Il periodo fascista
Diversi provvedimenti riguardano anche l’italianizzazione delle colonie, a volte definite “territori redenti”.
Curioso osservare come si desiderava che la donna non lavorasse ma “tornasse al focolare”, salvo poi, durante la guerra, usare abbondante manodopera femminile nell’industria, anche bellica, per sostituire gli uomini al
fronte.
Sempre attuale sotto tutti i regimi ed in tutte le epoche, e sempre inascoltato dai politici, che siano regnanti o
parlamentari, l’invito ad anticipare i pensionamenti per dare spazio ai giovani.
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Nel 1938 arrivano le leggi razziali. Abbiamo detto più volte che la Rivista è sempre stata fedele alla sua missione di far conoscere le normative, anche se non pienamente condivise, ma quando è troppo è troppo! A questo tema viene dedicato il minimo spazio possibile, e non vengono praticamente pubblicati articoli di commento, limitandosi a riportare la normativa necessaria allo svolgimento del lavoro ed a rispondere ai quesiti
che gli operatori ponevano sull’argomento.
Questa posizione doveva essere piuttosto condivisa dalla
maggior parte degli operatori
dei servizi demografici, che cercavano tutte le scuse per non applicare le leggi razziali, come testimoniato da
questo intervento del Prefetto di Padova, che richiamava al rispetto dell’essenza della norma:
“Ai Podestà e Commissari Prefettizi della Provincia di Padova. In ordine alle denunce di appartenenza alla razza ebraica previste e prescritte dagli art. 9 e 19 del R.D.L. 17.11.1938 XVII, n. 1728, convertito in legge 5.1.1939 XVIII, n. 274, si è avuta l’occasione di rilevare che alcuni Uffici di Stato Civile rifiutano l’accettazione di denunce di razza perché presentate tardivamente, cioè scaduti i termini fissati con l’art. 19
anzidetto. E’ evidente che tale rifiuto oltre ad essere ingiustificato, va a tutto danno del servizio di accertamento delle singole posizioni razziali, non potendo essere apportate le necessarie annotazioni sugli atti di Stato civile e di popolazione dei denuncianti. Si ripete poi che tale rifiuto è ingiustificato perché il capoverso dell’art. 19, stabilendo una sanzione penale per coloro “che non adempiono all’obbligo entro il termine prescritto”, non ha certamente voluto escludere che a detto obbligo possa essere ottemperato anche decorso tale termine. Soltanto in tal caso, come negli altri previsti dallo stesso art. 19, gli
Uffici dello Stato Civile provvederanno a promuovere a carico degli inadempienti, o degli adempienti tardivi o in modo inesatto o incompleto, l’applicazione delle sanzioni penali comminate dalla legge; sempreché naturalmente nei casi suesposti, non sia evidente la buona fede degli interessati o la forza
maggiore che abbia loro impedito di ottemperare tempestivamente e nei modi voluti dalla legge.
Il Prefetto: CIMORONI”.
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ricerca storica | parte terza | 1920 - 1939 Il periodo fascista
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Infine, anche per il rispetto e l’ammirazione che gli dobbiamo, non possiamo non riportare il necrologio per
la morte del Fondatore Silvio Lombardini. Mi sembra questo il momento migliore per riportare un aneddoto: quando, in tempi relativamente recenti, la Società editrice si è data un’organizzazione moderna, è
stato riscontrato che solo la metà degli abbonamenti era effettivamente pagata. I problemi di bilancio nella
Pubblica Amministrazione non sono nuovi, ed il Fondatore aveva sempre detto che, trattandosi di uno
strumento utile per lavoro, era importante far arrivare la Rivista a chi la leggeva ed utilizzava; se poi non era
in grado di pagarla, pazienza. Non credo serva altro per descrivere la statura morale della persona e la passione per questo nostro lavoro.
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ricerca storica | parte quarta | 1940 - 1949 Gli anni della guerra
La seconda guerra mondiale fu un evento devastante per il mondo intero, ma di poco impatto sui Servizi Demografici: molti impiegati erano al fronte, governanti e popolazione erano presi da altri problemi, anche perché, per la prima volta nella storia, i bombardamenti aerei hanno distribuito il fronte sull’intera nazione e non
solamente sui territori contesi.
Ancora prima di aprire la raccolta, si nota che il volume del 1942 è più sottile degli altri, e scorrendo gli articoli
è evidente una stagnazione, con pochi articoli significativi ed ancor meno novità.
Nel 1943 la pubblicazione venne invece interrotta col numero di maggio – giugno.
Le truppe germaniche confiscarono infatti la tipografia per poter pubblicare
un giornale in lingua tedesca, destinato
alle truppe al fronte. Per amore della verità, bisogna comunque riconoscere che
gli occupanti furono disponibili ad organizzare delle turnazioni, in modo da
permettere l’uscita della Rivista. Il problema era però la carta, che all’epoca
scarseggiava, infatti non si riuscì a reperirne a sufficienza per entrambe le pubblicazioni, per cui si dovette aspettare il
1948 per poter riprendere il lavoro.
Con la ripresa nel dopoguerra la Rivista può anche parlare apertamente di
“crudeltà” di certe norme, la cui “pratica
applicazione è stata causa non ultima del
conflitto mondiale”. Teniamo inoltre presente che, fra la fine del conflitto e
l’abrogazione di determinate norme,
passa inevitabilmente un certo tempo, non fosse altro che per la necessità
del nuovo Stato di dotarsi di una Costituzione e di un’organizzazione parlamentare.
Durante gli anni della guerra continuano le questioni già viste in precedenza: applicazione delle leggi razziali, cittadinanza di minoranze,
oltre alle problematiche che accompagnano da sempre anagrafe e Stato Civile, qualche curiosità, come
l’obbligo di pagare alla moglie vestiti di lusso, se la condizione sociale lo
consente, pur essendo la moglie “in
condizione giuridicamente, moralmente e
socialmente inferiore”.
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ricerca storica | parte quarta | 1940 - 1949 Gli anni della guerra
Al di là della questione razziale, il problema della mancanza dei regolamenti attuativi era già sentito a quell’epoca, così come anche allora non mancavano colleghi che interpretavano le norme in modo fantasioso.
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“Si riprende il lavoro”. Alcune leggi appaiono superate, ma sono ancora in vigore.
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ricerca storica | parte quarta | 1940 - 1949 Gli anni della guerra
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ricerca storica | parte quarta | 1940 - 1949 Gli anni della guerra
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I fascicoli del 1948 e del 1949 sono caratterizzati da molti articoli sulla filiazione e la legittimazione.
Immaginiamo siano dovuti al fatto che fra politiche di protezione della razza, guerre e politiche coloniali, leggi palesemente obsolete non ancora sostituite da normative più idonee, il problema degli orfani di guerra e di
figli legittimi o illegittimi fosse abbastanza sentito nell’immediato dopoguerra.
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ricerca storica | parte quinta | 1950 - 1970 Il dopoguerra e l’Italia del boom
Interessante il dibattito che si apre nell’immediato dopoguerra sull’identificazione del capo famiglia. Anche se dovremo aspettare il 1975 per una riforma completa del diritto di famiglia, subito dopo la guerra appare
evidente a molti che l’attribuzione del titolo di capofamiglia nel registro
anagrafico non riguarda scontatamente l’uomo più anziano.
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Pochi anni di conflitto hanno mutato profondamente la cultura degli italiani,
un popolo che prima della guerra era prevalentemente contadino e generalmente provinciale, e che si è trovato sorvolato da macchine volanti, attraversato da carri armati, jeep e motorette, nonché chiamato ad un impegno industriale per sostenere lo sforzo bellico. Questa “chiamata alle macchine” che
ha accompagnato la classica chiamata alle armi ha riguardato soprattutto le
donne, dato che gli uomini erano impegnati al fronte, ed ha portato ad una
nuova visione della società e ad un nuovo ruolo per la donna, cambiando inevitabilmente anche la visione della famiglia.
Inoltre sembra che questa figura di capofamiglia dia diritto a dei vantaggi economici, immaginiamo legati alle pensioni di guerra, per cui vengono chieste
delle regole chiare che permettano agli ufficiali d’anagrafe di operare correttamente. Qualcuno coglie gli aspetti umoristici della situazione e scrive qualche
battuta sugli stati di famiglia (chissà se era un antenato dell’amico Gianni
Pizzo, che oggi accompagna la competenza con uno stile altrettanto efficace e
pungente).
Questa mutazione è rappresentata forse più efficacemente da una pubblicità
che da tanti articoli: qui vediamo la pubblicità del moderno archivio meccanico, di fronte al quale non è più rappresentato un “mezzemaniche” con i baffoni, bensì una sorridente signorina.
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ricerca storica | parte quinta | 1950 - 1970 Il dopoguerra e l’Italia del boom
Continuano naturalmente tutte le discussioni attorno alle tematiche fondamentali della rivista: adozione, matrimoni, cittadinanze, iscrizioni anagrafiche.
Alcuni aspetti sono mutati, nel tempo, ad esempio il fatto che le notizie anagrafiche non venissero rilasciate “a chiunque ne faccia richiesta”, come avviene
oggi, ma solo all’interessato oppure a chi dimostri un interesse legittimo (e
pensare che all’epoca ancora non si parlava di privacy…)
Si comincia anche a parlare di Europa unita, e la Rivista comincia a dedicare
un po’ d’attenzione a questa importante tematica, anche se solo in anni recenti il diritto dell’Unione ha richiamato l’attenzione dei Servizi Demografici.
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L’idea di un’associazione (qualcuno propone la parola “lega”) degli Ufficiali dello Stato Civile ritorna in voga.
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ricerca storica | parte quinta | 1950 - 1970 Il dopoguerra e l’Italia del boom
Parecchi quesiti riguardano la ricostruzione degli atti distrutti dagli eventi bellici, ma la guerra sembra essere velocemente dimenticata e per lo più si guarda al futuro, anche se alcuni strascichi non mancano, ad
esempio i campi profughi o la questione della restituzione dei beni sottratti agli ebrei, e, di conseguenza,
del riconoscimento della cittadinanza e dello status.
Nel 1953 perdura la norma che impedisce di attribuire ai neonati nomi stranieri, anche se verrà abrogata
pochi anni più tardi.
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Inoltre si inizia a vedere l’evoluzione
tecnologica della società: cominciano
articoli sui primi incidenti stradali,
sulla meccanizzazione dell’anagrafe,
sull’uso della macchina da scrivere
per la redazione degli atti. Tutte questioni allora modernissime, oggi completamente superate dai calcolatori.
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ricerca storica | parte quinta | 1950 - 1970 Il dopoguerra e l’Italia del boom
Notiamo che gli operatori chiedono
il permesso per poter generare gli atti
con la macchina da scrivere. Questo
permesso arriverà nel novembre
1967, col Decreto del Ministero di
Grazia e Giustizia1, ma molti Comuni lo recepiranno solo qualche anno
più tardi, continuando a scrivere a
mano su modelli prestampati.
1
DMCG 18 novembre 1967, in G.U. n. 261 del 22 novembre 1967
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Mentre è del 1954 il primo riferimento che ho trovato sull’inseminazione artificiale umana:
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ricerca storica | parte quinta | 1950 - 1970 Il dopoguerra e l’Italia del boom
In questi anni la Rivista si apre al mondo, presentando una bella panoramica sulla situazione dello Stato
civile in molti Paesi, anche esotici. Come autore, devo riconoscere un grosso sforzo di ricerca perché anche
oggi, nonostante Internet, non sarebbe facile raccogliere tutte queste informazioni.
Significative le diatribe che si imperniano attorno al retaggio di una norma fascista del 19392 contro l’urbanesimo: per evitare la migrazione verso grandi città e mantenere il carattere rurale del Paese erano state stabilite limitazioni al movimento delle persone. Negli anni ’60 la tendenza era esattamente opposta, con le grandi fabbriche del Nord che attiravano migliaia di famiglie, ma alcuni amministratori si appellavano a quella norma,
non ancora abrogata, per cercare di limitare il flusso. Con queste premesse, si può forse meglio comprendere il
significato dell’art. 16 della Costituzione, che oggi i giovani ritengono scontato: “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale”.
D'altra parte in altri Paesi questa libertà è una conquista ancora più recente, come si evince da un titolo di giornale del novembre 2010.
2
L. n. 1092 del 6 luglio 1939
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ricerca storica | parte sesta | 1970 - 1987 Grandi mutamenti sociali
La data del 1987 come fine del capitolo è alquanto arbitraria, dovuta solamente al fatto che nel prossimo brano
inizieremo con l’AIRE e quindi con la parte moderna ed ancora attuale delle grandi riforme dei Servizi Demografici (in realtà l’AIRE esisteva già prima, tanto che nel 1978 una circolare ricordava di inserire l’indirizzo
completo sulle schede, ma fu solo nell’88 che assunse una forma moderna e organizzata). Naturalmente
un’epoca non si chiude con una data specifica. Neppure il fascismo, la cui sconfitta politica e militare può ricondursi a date certe, ha cessato di esistere negli effetti normativi e culturali il 25 aprile 1945.
Un esempio è in questo articolo del novembre 1980, relativo alla gestione delle annotazioni razziali, i
cui effetti continuano a farsi sentire, anche perché da un lato non è legittimo certificare l’appartenenza alla razza, stante l’indicazione di considerare come non apposte tutte queste annotazioni, dall’altro sono a volte gli
stessi interessati a richiederle:
Le annotazioni razziali: un drammatico reperto archeologico - Problemi per l’ufficiale dello stato civile
PELLEGRINO MARIO
(Lo Stato Civile Italiano- Novembre 1980 – Estratto)
Nelle due annotazioni marginali, alla cui analisi ho dovuto dedicarmi in seguito al verificarsi di alcuni casi concreti, si riverberano
sinistralmente eventi lontani, che forse sono ancora vivi solo nella memoria di chi ne fu personalmente coinvolto.
Oggetto di questo studio, dunque, è un particolare adempimento di stato civile riferito ai cittadini ebrei, che trascende il mero
fatto burocratico per assumere il significato di sintesi esegetica di tormentate vicende storiche, di cui, in qualche parte del mondo, si hanno ancora anacronistiche e preoccupanti reviviscenze.
Insomma, la diversa fede, la diversa cultura e – se proprio si vuole – talune peculiarità somatiche e comportamentali, le prime di
carattere etnico e le seconde derivate dai precedenti condizionamenti sociali, non avevano alcuna rilevanza nell’opinione degli
italiani, il cui spirito di tolleranza verso genti diverse è retaggio della loro storia di navigatori e di mercanti, di conquistatori e di
conquistati.
Improvvisamente, nel 1937, si stravolge la favorevole situazione che perdurava da quasi un secolo. Il riavvicinamento dell’Italia
alla Germania, dove già dal 1933 era in atto una forsennata persecuzione antiebraica (1) determina l’adesione del governo fascista al movimento antisemita promosso da Hitler. Si scatena una campagna diffamatoria a carico degli ebrei che – d’un tratto –
vengono additati come colpevoli di tutte le più basse macchinazioni a danno della ”razza ariana“. Ai tradizionali argomenti contro il ”popolo decida“, si affiancano più pesanti accuse contro il giudaismo liberalmassonico, avido di ricchezze e di potere. Si
passa rapidamente dal piano teorico delle ”precisazioni e delle invettive a quello delle restrizioni legali“.
Il D.L. 17 novembre 1938, n. 1728 stabilisce le seguenti limitazioni:
1) divieto di matrimonio fra cittadini di razza ariana ed appartenenti ad altre razze, ossia in concreto alla razza ebraica, anche se
passati al Cattolicesimo (art. 1). Ne consegue l’obbligo, per l’ufficiale dello stato civile richiesto di pubblicazioni di matrimonio,
di accertare la razza dei nubendi (art. 5); ne deriva altresì la non trascrivibilità nei registri di stato civile dei matrimoni misti celebrati in forma canonica e trascrivibili secondo le norme concordatarie (art. 6);
2) esclusione dal servizio militare in pace ed in guerra (art. 10);
3) esclusione da tutti gli uffici pubblici e dai pubblici impieghi presso le Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle Amministrazioni delle Provincie e dei Comuni, delle istituzioni di assistenza e beneficenza e di tutti gli enti statali e parastatali in genere; imprese private di assicurazione;
4) divieto di esercizio dell’ufficio di tutore e curatore di minori o incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
5) possibilità di perdita della patria potestà sui figli che appartengano a religione diversa da quella ebraica, qualora risulti che il padre impartisca ad essi un’educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali;
6) divieto di proprietà o gestione a qualsiasi titolo di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione e di aziende impieganti più di 100 persone;
7) divieto di proprietà immobiliare quanto ai terreni per un estimo superiore a L. 5.000 (art. 10/D), quanto ai fabbricati per un
imponibile superiore a L. 20.000 (art. 10/E);
8) divieto di tenere alle proprie dipendenze come domestici cittadini italiani di razza ariana.
In quanto a chi deve essere considerato di razza ebraica, il Decreto attribuisce tale qualifica a:
a) chi è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera;
b) chi è nato da genitori entrambi ebrei, anche se professanti religione non ebraica;
c) chi è nato da madre ebrea e da padre ignoto;
d) chi è nato da matrimonio misto fra persone entrambe italiane di cui una di razza ebraica, e che non risulta
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appartenente a religione diversa da quella ebraica alla data del 1 ottobre 1938 (art. 8).
Tutte le norme ispirate a principi razziali, vengono abrogate e dichiarate prive di efficacia giuridica ex tunc e si dispone,
con il D.L. 20 gennaio 1944 n. 25 che: ”I cittadini italiani che l’art. 8 del D.L. 17 novembre 1938 dichiarava essere di razza ebraica
sono reintegrati nel pieno godimento di diritti civili eguali a quelli di tutti gli altri cittadini dei quali hanno eguali doveri“.
In seguito, tutti gli appartenenti alle amministrazioni civili e militari dello Stato e degli enti parastatali che fossero stati licenziati
per motivi politici e razziali vengono richiamati in servizio. Viene anche riconosciuto l’esercizio delle libere professioni, compresa quella di notaio.
Particolare importanza, nel quadro delle norme riparatrici, rivestono le disposizioni volte alla reintegrazione patrimoniale dei
cittadini già considerati di razza ebraica.
Le vicissitudini degli ebrei, con il ripristino della normalità, comportarono per lo stato civile una notevole somma di adempimenti, fra cui:
– la trascrizione dei matrimoni celebrati in forma canonica già dichiarati intrascrivibili per l’impedimento della razza ai sensi dell’art. 6 dell’abrogato D.L. 7 novembre 1938, n. 1728;
– la rettificazione, disposta con D.L.L. 14 ottobre 1944, n. 306 degli atti di stato civile redatti in maniera non conforme al vero e
relativi a persone colpite da leggi razziali, i cui falsi furono commessi per sottrarsi o sottrarre altri alla persecuzione razziale e di
cui viene dichiarata la non punibilità;
– le procedure di cui all’art. 2 del succitato decreto luogotenenziale volte al ripristino del cognome da parte di coloro che l’avevano mutato per motivi razziali, con effetti sugli atti relativi al coniuge ed ai discendenti.
L’immane tragedia degli ebrei si compendia nella concisa espressione grafica che figura a margine dei loro atti di nascita formati
anteriormente all’entrata in vigore del D.L.L. 20 gennaio 1944, n. 25, con le annotazioni relative alla dichiarazione di appartenenza alla razza ebraica:
”Si dà atto, agli effetti dell’art. 9 del R.D.L. 17 novembre 1938, n. 1728 che il controscritto appartiene alla razza ebraica“
ed in quella eventuale del provvedimento di discriminazione: ”Il di contro è stato discriminato con Decreto Ministero Interni in
data 14 marzo 1940, n. 1815“.
In merito a tali indicazioni, l’art. 3 del citato decreto luogotenenziale, abrogativo, dell’art. 187 del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, stabilisce che:
”Le annotazioni di carattere razziale iscritte nei registri dello stato civile ed in quelli della popolazione, sono da considerarsi inesistenti. Nel rilascio di estratti o copie di atti dello stato civile, tali annotazioni non dovranno mai essere riprodotte, salvo che per
espressa richiesta dell’autorità giudiziaria o in seguito a specifica autorizzazione del procuratore della Repubblica su domanda
dell’interessato.
Ormai sono trascorsi ben 36 anni da quando si conclusero le sinistre vicende di quella gente. Eppure, sebbene in qualche modo
siano stati liquidati i danni patrimoniali e reintegrate le legittime proprietà forzatamente alienate, a tutt’oggi si sta ancora cercando di ristabilire, nei limiti del possibile, le posizioni professionali sconvolte e frammentate dalle leggi antiebraiche e di regolare le
non poche situazioni abnormi generate dalle medesime.
In ordine a particolari benefici, quali la ricostruzione di carriera, si rivolgono sovente agli uffici dello stato civile cittadini ebrei i
quali, muniti della prescritta autorizzazione del Procuratore della Repubblica, chiedono il rilascio di estratti di nascita sui quali risulti la menzione dell’appartenenza alla razza ebraica. E qui, le vicissitudini di un popolo concretizzano un delicato problema di
legittimità certificatoria. Il problema prende corpo quando si riscontra che sull’atto, oltre alla menzione della razza, compare anche quella del provvedimento di discriminazione.
Riassumo quindi una casistica molto episodica ma tale da indurre al riesame di una questione che sembrava di tutto riposo, giovandomi di un emblematico caso concreto.
Orbene: si presenta al mio ufficio una Signora ebrea, la quale, munita della prescritta autorizzazione, richiede il solito estratto
corredato della menzione della razza. Riscontrato che sull’atto figurava altresì l’annotazione relativa al provvedimento di discriminazione, venni assalito da un dubbio circa l’opportunità di riferire, in sede di estratto, una o entrambe le notizie, salomonicamente, optai per il rilascio della copia integrale in forza dell’autorizzazione già prodotta.
Questa soluzione, sebbene accettata senza obiezioni in casi consimili, provocò la netta ripulsa dell’interessata, che mi informò
senza infingimenti delle sue esigenze: ottenere una certificazione dalla quale risultasse (evidentemente aveva difficoltà di dimostrarlo altrimenti) che in quel nefasto periodo era stata identificata e quindi perseguitata quale ebrea. La stessa riteneva però pregiudizievole al buon esito di una pratica che aveva in corso presso la Corte dei Conti, il fatto che sulla certificazione risultasse anche il successivo provvedimento di discriminazione.
Appare chiaro, alla luce dell’excursus storicogiuridico con cui ho esordito, che agli ebrei non discriminati, avendo subito in pieno le conseguenze dell’aberrante politica razziale, competevano misure riparatorie di maggiore portata rispetto agli ebrei discriminati, che di tale politica avevano potuto
scongiurare gli effetti più deleteri. D’altra parte, una volta raggiunta la certezza del regolare rilascio della certificazione, non competeva a me accertare
quale uso intendesse fame l’interessata, se proprio od improprio, se legittimo o fraudolento, tanto più che a carico di chi trae in inganno un’amministrazione al fine di lucrarne indebiti benefici, vengono irrogate le sanzioni previste dal codice penale.
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Se gli anni 50 e 60 sono stati gli anni del boom economico, della nuova libertà, delle grandi migrazioni interne,
dell’innovazione tecnica, gli anni 70 ed 80 sono stati gli anni delle rivendicazioni sociali e sindacali, anni di
piombo, anni di ripensamento della struttura sociale, di una prima consapevolezza ecologica, del tutto estranea alla cultura del primo ‘900.
Molti dei principi costituzionali devono ancora dispiegare i loro effetti, pensiamo ad esempio al principio di
uguaglianza espresso dall’art. 3 che troverà applicazione nella legge sul diritto di famiglia solamente nel 1975,
con la legge n. 151. Questa legge modifica anche l’età del matrimonio, senza però tenere conto degli accordi
con la Santa Sede, per cui si apre un vuoto legislativo che impegna la dottrina in molti dibattiti.
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ricerca storica | parte sesta | 1970 - 1987 Grandi mutamenti sociali
Nel 1970 arriva la legge n. 898 che consente il divorzio; la vivace discussione fra favorevoli e contrari sfocerà
nel referendum del 1974, che vedrà alle urne il 90% degli aventi diritto, 60 su 100 favorevoli al divorzio.
Altro grande tema etico di quegli anni fu la questione dell’aborto, che portò alla legge n. 194 del 1978, frutto di
compromessi, tanto che nel 1981 si proporranno contemporaneamente due referendum: uno per abolire la
norma, l’altro per renderla meno restrittiva. Entrambi si concluderanno con la vittoria del no, anche se solo
l’11% risulterà favorevole ad una maggiore liberalizzazione contro un 32% che vorrebbe l’abrogazione, e la
legge resterà in vigore.
Iniziano le discussioni attorno ai figli naturali,
ancora non equiparati ai legittimi, iniziano le
possibilità di cambio di sesso e di procreazione assistita, con tutte le questioni annesse per
gli uffici di anagrafe e stato civile.
Diverse leggi legate al problema del terrorismo impattano sul lavoro dei demografici, pensiamo ad esempio alla Legge 191/78 che impone la segnalazione di cessione del fabbricato, gestione che in moltissimi Comuni è
stata a carico dell’anagrafe. Sempre del 1978 l’adozione del libretto internazionale di famiglia, concordata a
livello internazionale quattro anni prima.
Siamo comunque in anni moderni, non così lontani
dalla cultura del nostro tempo, anche se alcuni orientamenti sono mutati nel tempo. Ad esempio in questo
quesito del gennaio del 1980, viene consigliato di rifiutare un atto con nome maschile attribuito ad una femmina, mentre oggi diremmo che, informato il genitore, si deve comunque procedere alla redazione, salvo le comunicazioni dovute alla Procura della Repubblica.
Curiosa la discussione che riguarda la possibilità di inserire in anagrafe il gruppo sanguigno, che i nuovi sistemi
diagnostici hanno reso disponibile facilmente. Sempre ricorrenti i problemi dell’anagrafe, mentre è nuova la
possibilità di cambiare sesso.
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Sono anche gli anni nei quali l’idea di un’associazione trova alla fine compimento. Pur non essendoci ancora
Internet e cellulari, che oggi favoriscono lo scambio di idee ed informazioni, ed anche grazie allo spazio informativo che concede la Rivista, all’epoca unica nel settore, nasce l’ANUSCA, un’associazione che a partire da
un nucleo di pochi appassionati, crescerà negli anni e contribuirà alla formazione di tantissimi operatori del
settore.
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ricerca storica | parte settima | 1988 - 2011 Storia recente di grandi riforme
Siamo così arrivati ai giorni nostri, che segnano anche una data importante per la Rivista, in quanto la direzione, sino a quel momento sempre affidata alla famiglia Lombardini, passa nelle capaci mani dell’Avv.
Salvatore Arena, già collaboratore e vice-direttore.
L’avvocato Arena guiderà la testata fino al 2008, non solo seguendo per vent’anni la vivace evoluzione
normativa, ma interpretandone gli aspetti più complessi ed incerti, e facendosi portavoce di domande,
istanze, auspici che tutti gli operatori rivolgono nel corso di questi importanti passaggi.
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Su questi anni non ci soffermiamo molto, perché molti di noi li hanno seguiti in prima persona, ed anche i più
giovani si trovano a dover conoscere ed applicare la normativa vigente.
Anno 1998: prende forma l’AIRE, con tutto il lavoro che ha comportato e le successive conseguenze sul voto degli italiani all’estero.
Anno 1989: arriva il nuovo Regolamento Anagrafico, che oggi applichiamo, ma che comincia a dare segni di vecchiaia, tanto che si sta parlando di
un nuovo testo.
Anno 1990: la Legge 241 sul procedimento amministrativo ha rappresentato una rivoluzione nei rapporti
fra PA e cittadino, che non è più un soggetto passivo che “porge rispettosa domanda” e poi attende indefinitamente una risposta dalla PA, ma diventa soggetto
attivo, titolare di diritti definiti e di possibilità di
partecipazione.
Anno 1992: la riforma della legge sulla cittadinanza.
Anno 1995: la Legge 218 riforma il Diritto Internazionale Privato, che peraltro grava l’ufficiale di Stato
Civile di nuove responsabilità.
Anno 2000: il D.P.R 445 e la grande riforma dello
Stato Civile, che col D.P.R. 396 rivoluziona alcuni
concetti, dando più responsabilità (e
soddisfazione professionale) all’impiegato, che può firmare e correggere i
propri atti.
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La legge sulla Privacy rappresenta poi un’altra pietra miliare.
Continuano, e continueranno sempre, tutti i quesiti su questioni concrete e particolari, incluso il caso di una
sposa deceduta durante la celebrazione, lasciando l’atto a metà, una delle tante situazioni curiose che costituiscono il sale del nostro lavoro.
A partire dagli anni novanta iniziano immigrazioni massicce da Paesi stranieri, che costringono le anagrafi e gli uffici dello Stato Civile a
confrontarsi con problematiche nuove e variegate, che forse sono state la vera rivoluzione
per gli operatori dei Servizi Demografici, molti
dei quali hanno dovuto rispolverare nozioni
che pensavano di non dovere applicare mai
nella vita professionale. Inutile citare in questa
sede tutta la corposa normativa, a volte neppure ben armonizzata, che ha accompagnato
questi flussi migratori ed ha richiesto continui
ritocchi e variazioni, per adeguarsi alle indicazioni dell’Europa da una parte ed alle mutate
condizioni geopolitiche dall’altra.
La Rivista dedica, in circa trent’anni, oltre 500
articoli a queste tematiche.
Non parliamo poi della rivoluzione tecnologica, con l’introduzione di e-mail, posta certificata, firma digitale,
albo pretorio on-line, carta d’identità elettronica (sì, qualcuno l’ha vista!) e tante altre meraviglie.
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Ma queste saranno oggetto di un nuovo speciale fra 100 anni.
Oggi sono il nostro pane quotidiano, anche nel senso che con gli stipendi che abbiamo è sempre più difficile
procurare il companatico, e per leggere gli articoli non è più necessario andare a rovistare negli archivi, è sufficiente collegarsi al sito dell’Editore per potere leggere e scaricare tutto quanto ci occorre.
Magari non su un arcaico PC, ma su un modernissimo tablet !
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annotazione a margine
Dal 1988,
un’annotazione per tutti
e tutti per un’annotazione
Rosita Corsello
(Collaboratrice dal 1987)
“A partire dal presente numero di gennaio, la”rivista” pubblicherà una pagina che ad onta del titolo tecnico “annotazione a margine” così familiare agli operatori, avrà per
oggetto notizie, vicende, situazioni talora curiose, direttamente
o indirettamente connesse al Settore dei Demografici. Non è
escluso che da una semplice rubrica del genere, condotta a prescindersi da rigore scientifico, si possano nondimeno desumere
spunti o suggerimenti significativi e magari sollecitanti anche
ai fini dell’operatività”.
Con queste parole, nel gennaio del 1988, nasceva – tenuta a battesimo nientemeno che dall’Avv.Salvatore Arena – “annotazione a margine”.
Voglio sperare che gli auspici in allora espressi
e volti a poter “desumere” – da una semplice rubrica
– “spunti e suggerimenti significativi”, si siano concretizzati, almeno in qualche occasione, in altrettante idee
e in qualche riflessione da parte di chi – ormai da
parecchio tempo – legge le mie elucubrazioni.
Già in occasione del primo decennale della
“rubrica”, mi era piaciuto ricordare le prime “uscite”
di “annotazione a margine” inframmezzata (dove trovava spazio) tra le varie sezioni della rivista... Ricordo
ancora che - in un primo momento - neppure si pro-
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poneva con un proprio titolo: al lettore venivano
proposti dei semplici appunti di vita di ogni giorno
legati alla civica dipendenza, al pubblico servizio, alla
realtà di quanti come noi si trovano a battagliare con
leggi, leggine, circolari e vari scartafacci, croce e delizia di chi opera nell’ambito del complesso Settore
dei Servizi Demografici.
Con la messa a punto di una in allora rinnovata veste grafica risalente al lontano 1992, “annotazione a margine” si era già fatta più adulta: ecco che
trova una propria sistemazione abituale nell’ultima
pagina della “Rivista”, si dà di volta in volta un titolo
e non si smentisce (questa almeno è l’intenzione di
chi ne cura a tutt’oggi la stesura) nel voler essere, per
quanto possibile, sempre attenta osservatrice delle
“nostre” realtà.
Dal lontano gennaio 1988 ad oggi, è innegabile che di acqua sotto i ponti ne è passata davvero molta; alcune cose sono cambiate ed altre hanno subito
inevitabili trasformazioni, ma quel che continua a
rendere la conduzione della “rubrica” per me indiscutibilmente appassionante, è il contatto diretto con
quanti mi leggono che pur tenendo in considerazio-
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annotazione a margine
ne le non poche variabili legate agli strumenti e alle
modalità previste per la comunicazione, continuano
a farmi sentire la loro “presenza”. E a proposito di
“presenza” e di “incontri” con i lettori delle “nostre pagine”, mi piace ricordare, seppure di sfuggita, i successi
riportati in occasione dei convegni che – per la SEPEL – ha avuto l’onore di organizzare, in occasione
dell’85° anno di attività de “Lo Stato Civile Italiano”
con la storica “tre giorni” del 27, 28 e 29 maggio 1986
presso la Fiera Internazionale di Genova e ancora in
occasione del 1° secolo di vita della stessa “rivista”
con l’ “appuntamento” del 6 aprile 2001 nella splendida
cornice dello Schuhmann Strand Hotel Barlotti di
Paestum in provincia di Salerno.
In queste, come in molte altre intriganti occasioni, ho avuto e continuo ad avere il piacere di
sentirmi rivolgere espressioni decisamente lusinghiere e incoraggianti in modo particolare – forse –
proprio da quanti si sono riconosciuti o si riconoscono in qualcuna delle situazioni descritte in qualche “annotazione”…, da chi ha ravvisato in qualche
mio scritto una propria analoga esperienza, da chi –
nel caso di argomentazioni relative ad esempio ad
un determinato progetto –, ha magari colto l’idea
per mettere a punto nel proprio Comune un’esperienza consimile…
Insomma scrivere “annotazioni a margine” lusinga, intriga, coinvolge, appassiona e qualche volta
persino commuove e allora – in occasione di questo
“speciale” dedicato ai 110 anni della “Rivista” – “un’annotazione per tutti e tutti per un’annotazione!”
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Ai collaboratori di ieri e di oggi che a par
alla crescita della «Rivista» nel giorno del
Abbatista Roberto | Abbatantuono Giovanni | Accetulli Luigi | Acconcia Antonio | Achilli Carlo |
Adami Vincenzo | Adrower Camillo | Addon Salvatore | Alata Attilio | Albanesi Alfredo | Albertazzi Alberto | Alpi Luigi | Allasia Maria Laura | Allevi Giuseppe | Allice Guido | Altieri Regina | Ambrosio Luigi |
Anania Roberto|Anastasi Matteo|Anceschi Giulio|Andreotti Alfredo | Angeli Alberto | Angeli Elio | Angioni F.
Angelo | Ansalone Michele | Antenucci Nicolino | Antimo
Giacomo | Anzilotti Alberto | Anzilotti Pietro | Appiani Agostino |
Ardita Claudia Maria | Ardò Luigi Andrea | Arena Salvatore | Armato
A. | Arvigo Sergio | Arzenton Adriano | Ascoli A. | Assirelli Gio. Pietro | Atzeri
Francesco | Augelli Giuseppe | Azzolini Giuseppe | Babbini Loris | Baccalà Michelina |
Baccarini G. |Bacci Benito|Bagnera Carlo G.|Bagni Riccardo|Balboni Adolfo|Baldan Franco|Baldi Vincenzo|Balestrieri Costanzo | Balla Maurizio Italo | Ballarini Italo | Balsamo Vincenzo | Bandiera Dante | Banzi Alberto | Barbadoro Aldo | Barbagallo Salvatore | Barbano Pietro | Barbieri Carlo | Barbieri Leonida | Bardelle Roberto | Bargellini Giovanni | Barel Bruno | Baricchi Giuseppe | Bariviera Giuseppe | Barone Alfredo | Bartoli Giorgio | Bascioni Giuseppe | Bassi Camillo | Basso Alessandro M. | Battini Oscar | Becchi Paolo | Bellandi Bruno | Bellato Severino | Belli
Piero|Bellini Lorenzo |Bello Giovanni|Bellona Giuseppe |Benazzi Agostino |Benazzi Giuseppe |Benecchi Fernando | Benedetti Lino | Benedetti Mario | Benettin Antonio | Benfatto Simone | Benini Cesare | Benini Grazia | Benussi
Giovanni | Benvenuti G. | Benzoni Wasington | Berca Arena Lidia | Berghini Vladimiro | Berlingieri Francesco | Berloco Donato | Berloco Giovanni | Berloco Graziangela | Bernardi Carlo | Bernardini Alfredo | Bernazzani Fernando |
Berni Ghino | Biancherini Elena | Bianchi Alcibiade | Bianchi Ettore | Bianchi Rodolfo | Bianchini Emilio | Bianchini
Giuseppe | Bianchini Guglielmo | Bianconi Sergio | Billi Luigi | Billia Giovanni | Bizzarro Antonio | Blanc G. A. | Boca
Adriano | Boccaccio Simonetta | Bocchio Giancarlo | Bogianckino
Temistocle | Bolgeo Luigi | Bolgheroni Giulio | Bolumetti Costantino | Bondeni Eugenio | Bonelli Alessandro | Bonfigli Olmeto |
Bongiorni Mario | Bonicelli Vittorio | Borgioli Piergiovanni | Borgovini Giovanni | Bortolotti Cecilia | Bosco Giovanni | Bonzi Giuseppe | Borri Umberto | Borsini Giuseppe | Boselli Francesco | Bosi
Carlo |Buonfrate Manuela |Buson Dante |Brancatisano Giuseppe
| Bracchi Giampio | Brighetti Amedeo | Brugnoli Gianna | Bruni
Giovanni | Bruschi Andrea Carlo | Bruschi Vinicio | Busciglio Gaetano | Bruscoli Alfredo | Bruzzone Gian Maria | Bugliari Angelo |
Buono Federico | Burato G. | Burlazzi Mario | Burnelli Leo | Busacca Vincenzo | Busani Angelo | Busca Mario | Bussotti Busone | Buttazzoni Piero | Buzzati G. C. | Buzzi-Donato Alessandro | Buzzo
Guido|Cabas Adriano|Cableri Antonio|Caccin Riccardo|Cacciola Giovanni | Cadamuro Renzo | Calabrese Ernesto | Calabrese
Raffaele | Calarco Francescantonio | Calciolari Severino | Calderani Giuliana|Caliaro Marina|Colombai Renato|Caltabiano Paolo
|Calvelli Umberto|Calvigioni Renzo|Cambosu Gavino|Cammarata Ernesto |Campalto Daniele|Campana Gianfranco|Campigli
Ugo | Caminati G. | Camusso Carlo | Canali Enzo | Candotti Dante |
Cantelli Alfonso | Capacci Teobaldo | Capalozza Michele | Capone
Gaspare | Capoferro Raffaele | Cappelli Antonio | Cappellini Antonio | Cappellini Riccardo | Cappello Valerio | Caprino Emma | Capriotti G.|Carani Giuseppe|Carastro Antonio |Carboni Giunipero
| Carcillo Franco | Carcani L. | Carfi M. | Carnevale Enzo | Carollo
D’Anna Giuseppe |Carone Sara |Carossa Pietro |Carrozza Vincenzo|Carusio Ugo|Caruso Luigi |Carozza Vincenzo|Casale Giuseppe|Casari Giuseppe|Casetti Enzo|Caso Pasquale|Casoni Gabriele | Cassani Aldo | Cassina Alessandro | Castaldi Mauro | Castaldo
Giuseppe | Catalini Francesco | Cattaruzza Silvio | Catenacci Lucio
|Caucci Alfio|Cauchi Loris|Cava Ciro|Cavallero Camillo|Cavazzoni Marziano | Cecchi Umberto | Ceccotti Mario | Cerquetti Proietti Pietro | Cerruti Donata | Cerruti Mario | Cesari Luigi | Cesco
Luigino | Cestari Ruggero | Chiappe Lorenzo | Chiappi Umberto |
Chiaradia Rino|Chiesi Massimo|Chinnici Giusto|
Chiotti Orazio | Ciaccio Umberto | Ciarrocchi Filippo | Ciavattone Leonardo Giovanni | Cicconi Benigno|Cicoria Luigi|Cifarelli Lorenzo|Cimoli Roberto | Civai Aldo | Citi Plinio | Clemente Giovanni | Coassin Umberto | Cocco Guglielmo | Cocco Raimondo |
Cocconcelli Edgardo | Cocconcelli Pietro | Cogorno
Francesco | Colorni Renato | Coluccini Luciano | Collu
Giorgio|Conconi Filippo |Conforti Silvio |Conrado Giampiero | Consolo Riccardo | Conte Antonio | Conti Graziano | Contini
Luigia|Coppola Umberto|Coppini Aldo|Corrado Sebastiano|Cornero Franco | Corsale Massimo | Corsello Rosita | Corsi Vanna | Corte Enna Raimondo | Cortese Antonio | Cortese Vincenzo | Cortolezzis Angelo | Corvino Nicola | Coscia Antonio | Coscia Flavia | Cossu Giovanni | Costa Nereo | Costantini Rinaldo | Costantini Silvano | Coviello Leonardo | Covili Faggioli Giuseppe | Cozzani Maria Luisa | Cozzoli Vanni | Crestan Luciano | Crotti Battista | Crovetto
Emilio | Cuccu Michelangelo | Cuoco Gian Lucio | Currà Anselmo | Cuturi Torquato | D’Alessandro Leone | D’Antonio Ferdinando | Dabbicco Maria Filomena | Dal Mas Enrico | Dal Santo Moreno | Damiani Vincenzo | Dattino Giovanni | Davi Guido | Decastro Nicola | Decastro Niccolò | Deidda Federico | Deodato Lorenzo | D’Egidio Antonio | De
Angelis Agostino | De Angelis Vincenzo | De Bonis | De Cecco Marcello | De Felice Renato | De Gaetani Giuseppe | De
Gennaro Giovanni | De Giovanni Umberto | De Giulj Enrico | De Leo Stefano | De Leone P. | De Luigi Fabio | De Marco Francesco|De Marco Luciano|De Marziani Arturo|De Mori Igino|De Nicola Ignazio|De Pascalis Attilio|De Paulis Pietro | De Peppo Enrico | De Salvo Antonio | De Santis Giuseppe | Degano Gennaro | Degli Esposti Mario | Del Balzo Raimondo | Delconte Roberto Carlo | Demaio Alfonso | Del Vecchio Francesco | Delmastro Calvetti Giulio | Desinopoli Giovanni | Diasparra Paolo | Di Benedetto Bruno | Di Bernardo Gaetana | Di Bernardo Maria | Di Cristofaro
Emilio | Di Fornunato Bruno | Di Gaetano Cosimo | Di Giacomo
Franco | Di Gruso Rosario | Di Maio Carlo | Di Maria Giuseppe | Di
Paola Giuseppe | Di Paolo Giuseppe | Di Pietro Antonio | Di Prete
Mauro|Di Renzo Giovanni|Di Rho C.R.D.|Di Stefano Antonio|Di
Stefano Giuseppa | Di Stefano Salvatore | Di Stilo Rocco Orlando |
Di Tommaso Salvatore | Dighero Paola | Dina Ennio | Doctor | Dogliotti Massimo | Donati Giancarlo | Donatiello Nello | Doni Alessandro | Donno Salvatore | Dorigatti Giorgio | Durante Rocco |
Drufuga Demetrio | Dvornicich Mauro | Dvornicich Piergiorgio |
Elena Gaetano Filippo | Enimo Silla | Ercolani Maria Vittoria | Errera Giuseppe | Esperson Pietro | Esposito Panfilo | Esposito Ziello
Pina | Eusebio Giuseppe | Evangelista Edoardo | Evangelisti Ugo |
Fabris Ubaldo | Fabrizio Antonio | Fabbri Archimede | Fabbrocino
Daniele|Fabiani Antonio |Fabiani Luigi |Fabiano Matteo |Fadale
Carlo | Fajella Sergio | Failoni Giuseppe | Falcetti Carlo | Falconi
Omero | Falchi Ugo | Fanucchi Alberto | Farinella Antonio | Farri
Luigi | Favuzza Giuseppe | Fazio Gaetano | Fazzini Giunio Lucio |
Fedele Antonino | Federico Domenico | Felicani Carlo | Felice Gaetano | Feliciotto Guido | Ferrante Paolo | Ferrari Corrado | Ferrari
Damiano | Ferrari Italo | Ferrari Massimo | Ferriani Lino | Ferri
Raffaele | Filippetti A. | Filippi Claudio | Fiordaliso Giulio | Fiore
Domenico | Fiorucci Rolando | Fisichella Francesco | Floris Luigi |
Fontana Ettore | Forcellini Giuseppe | Forgnone Franca | Fortuna
Ennio | Fossa Michele | Fossati Mario | Fuolques Gilberto | Fragetti
Mario | Fragola Giuseppe | Francalanza Salvatore | Francischelli
Luigi | Franceschi Aldo | Franchella Amedeo | Franchi Roberto |
Frola Pier Eugenio | Fromentana A. | Gabba Giulio | Gaibisso Livio
| Galantino Pantaleo Mario | Galastro Antonino | Galanti Cesare |
Galetta Alberto |Galiani Bernardo |Galli Ettore |Galli Gallo |Gallo Giuseppe | Garbellini Odoacre | Gargani Odorisio | Gargiulo F. S.
| Garibaldi Lazzarino | Garitti Alfredo | Garognoli Gio. Maria | Gasparini Massimo | Gatti Luigi | Gazzaniga Giovanni | Gazzoni Mario | Gelpi Alberto | Genghi Francesco | Genta Lino | Gentile Enzo |
Geraci Luigi |Geraldi Carmine |Germano Emilio |Germiniasi Re-
InternoSpecialeBis_Layout 1 08/11/11 19.42 Pagina 83
e a partire dal 1901 hanno contribuito
rno del suo 110° anniversario... grazie!
Varcasia Francesco | Varriale Michele | Vecchietti Giorgio | Vena Gandolfo | Vendemini Giovanni | Vendrame Gino | Venturini Giovanni | Ventrella Antonio | Vercelli Otello | Vermiglio
Graziella | Vernizzi Giuseppe | Vernizzi Torquato | Verino
Carlo | Verre Lucio | Verolino Alberto | Vescovelli Giorgio |
Vianello-Chiodo Mario | Vidari Ercole | Viganò Norma | Villaggio Giustino | Vincenti Bernardino | Vischi Antonio | Vita
Francesco | Vitali Luisa | Vitali Vittore | Viti Arnaldo | Vucusa
Riccardo | Witzel Gustavo | Zacà Cosimo Damiano | Zaffiro
migio | Gervasoni Mario | Giacomin Efrem |
Antonino | Zanazzi Archimede | Zanini Carlo | Zanoli
Giacomini Antimo | Giacomini Gino | Gianello Italo | Gianniti AngeLuigi | Zanovello Silvio | Zappa Giancarlo | Zasso
lo | Giari Matteo | Gibertini Amilcare | Gigli Arrigo | Gino Felice | Giolla Piero | Giordani
Guido | Zini Silvia | Zoppi Sante | Zuccaro ArtuMaurizio | Giordani Michele | Giorgianni Luca | Giorgio Domenico | Giorio Diego | Giovannini Alberto
ro | Zuccotti Andrea | Zuliani Alberto |
| Giovannini Marco | Giovannucci Giuseppe | Giugni Vittorio | Giuliani Giovanni | Giulietti Luigi | Gollo Isidoro |
Zuliani Augusto | Zuliani
Gori Livio|Gramatica Filippo|Grampa Ercole|Granelli Antonio Emanuele |Grassano Pietro|Grassi Carla|Graziani Franco
Gianfranco
| Greco Francesco | Grossardi A. | Grotto Rino | Gualandi Gian Luigi | Gualdi Leo | Guarino Antonio | Guarino Nino | Guarino Vincenzo
| Guarna Fernanda | Guarnieri Fabio | Guerra Achille | Guerra F. | Guerreri Arena Giovanni | Guerrieri Luigi | Guerrieri Marcello | Guglielman
Paolo|Guglielmi Stefania |Gullini Paride|Gullo Salvatore |Guffanti Francesco |Gusmeri Angelo|Guzzo Antonio|Kaller Antonio |Kremmer Agenore | Iadicicco Agata | Iacovelli Luigi | Imbimbo Carmelo | Ioima Raffaele | Iorizzi Luigi | Iovene Tiziana | Ius Michele | Jorizzi Federico | Jovane Enrico | Isolabella Loriano | Ippedico Giuseppe | La Torre Michele | Labellarte Giuseppe | Lafaci Salvatore | Laffranchi Giuseppe | Lampis Giuseppe | Lanzara Andrea | Lapi Edmondo |Lappa Assunta |Lattanzio V. |Lazzarino Garibaldi |Leone Benedetto |Leone Giovanni |Lepri Gallerano Michele |Lessona Carlo |Lessona Silvio |Levy Edoardo |
Liberale Albeto|Licoccia Anna|Livi Filiberto|Livio F.L.|Lionello Franco |Lo Bianco Gian Carlo |Locati Angelo|Locci Partemio|Lombardi Francesco |Lombardi Mario|Lombardi Michelino |Lombardo Emm. |Lombardini Silvio |Longo Geniale |Lorenzoni Leto |Lovallo Vincenzo |Luca’ Rosario |Lucarelli Ennio |Lucarelli Erminio |Lucchesini Nicola |
Luci Simeone|Luciani Cesare|Luminasi Primo |Limone Donato|Luperini Forese |Lupi Mario|Lupidi Arturo|Lupo Berghini Vincenzo |Luzi Romualdo|Madia Gennaro|Maggi Loris
|Maggiora Enrico|Magnani R.|Maiorana Vincenzo|Maiorino Giuseppe|Maira Stefano|Malaguti Aldo|Malaigia Aldo|Malgieri Angiolina Loredana Rita |Manci Eugenio|Mancinelli Carlo|Mandruzzato Carlo Alberto |Manera Romano |Manese Guido |Manfredi Luigi |Manfredini G. B. |Manzo Gianfranco |Marabelli Vittorio |Maracchia Serafino |Maramotti Floriano |Marangoni Ermete | Marcelloni S. | Marcinkiewicz Andrea | Marcotuli Francesco | Marchesani Luigi | Marchetti Valeriano | Margiotta Michele | Mariani Mario | Mariconda Rachele | Marinaro G. | Marinelli Rolando |Marini Marino |Marletta Francesco |Marmini Giovanni |Marozza Franco |Marucci Alberto |Marrapodi Domenico Antonio |Marrocchi Giovanni |Martini Francesco |Martini Giulio
|Martini Paolo |Martini Luigi |Martino Arcadio |Martino Giuseppe |Martis Augusto |Marzola Francesco |Mastella Giovanni |Mastrosimone Salvatore |Matarazzo Alfonso Ermanno |Matrone Francesco | Mattei Antonio | Matteuzzi Maurizio | Maurizi G. | Mazza Giovanni | Mazza Roberta | Mazza Rosalia | Mazziotti Arnaldo | Mazzitta Giuseppe | Mazzone Danilo | Mazzucca Marcello | Mei Mario |
Melchionda Raffaele | Melchiorri Emilio | Melchiorri Walter | Melica Luigi | Melindeo Nicola | Menghetti Guido | Menna Eugenio | Menocci Egidio | Mentasti Carlo Alberto | Meoli Riccardo | Mercurio Vincenzo | Mezzaro Mariano | Micheli Alvaro | Micci Rossella | Michelini Paola | Michelini Vieri Giovanni | Michi Piero | Migneco Enrico | Miletto Eugenio | Minardi Romano | Minella Francesco | Mineo Eraclio | Mingozzi Primo | Miniera Alessandro | Miotto Gianni | Mirenghi Alfredo | Miserocchi Francesco | Molinari Filippo | Molinari Silvio | Momigliano Eucardio | Mondello Gaspare | Monea Pasquale | Monni Emanuele |
Montagna Leonardo | Montanari Antonio | Montanari Valfredo | Monti Aurelio | Montixi Mario | Montinari Nicola | Moraglia Giambattista Cosimo | Morandi Ettore | Moratti Letizia | Mordenti Marco | Morea Michele |Moretti Vincenzo |Moricca Luigi |Morigi Quinto |Morozzo Della Rocca Paolo |Morossi Benigno |Morsiani Eriberto |Mortara Ludovico |Moscatelli Vincenzo |Moscioni Federico |Motolose Pietro |Motta Emanuele | Motto Gianni | Munzi Carlo | Murabito Salvatore | Murchio Bruno | Musomeci Alessandro | Muscariello Oscar | Mutti Angelo | Napolitano Antonio | Napoli Emilio Vito | Nardelli Francesco | Nast Chantal | Natale Marcello | Natali Nunzio | Negri Pio | Negro-Pascali A. | Nencini Gianna | Neri Giovanna | Nicastro Franco | Nicolini Luigi | Niglio Pinuccia | Nitta Ermenegildo | Nocella Aldo | Nunziata Massimo | Olei Giovanni |
Olivari Monica | Oliveri Oliviero | Ondei Emilio | Onofri Enzo | Orano Fabrizio | Orasi Aldo | Ordine Fedele | Ordine Luigi | Orlando Vincenzo | Ortalli Gherardo | Ostillio Alberto | Ottello Giovanni | Ottonello Lino | Pacini Fiorello |Pagnacco Sante |Pagnanelli Floriano |Pagni Vasco |Pagnotta Elio |Paini Alberto |Palese Pasquale |Palmieri Liliana |Palpacelli Maria |Palumbo Roberto |Panarello Francesco |Panetta Paolo |Panizzolo
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Filippo | Spanu Mario | Signore Donatella | Silvestrini Giuseppe | Simonetti Antonio | Spalazzi Leo | Spano Ausonio | Spanu Mario | Spinelli Guido | Spoltore Nicola |
Stancari Perla | Stanchi Andrea | Stefanelli Giacomo | Stella Giordano | Stocchiero Giuseppe | Sturm Friz | Tabaro Angelo | Tacca Aristodemo | Tacchino Carlo
| Tagliacarne Guglielmo | Tamburrini Pietro | Tampieri Ivo | Tanci Antonio | Taramelli Franco | Telese Mario | Telmon Giacomo | Teixeira De-Mattos
Vittore |Terra Abrami Valerio |Tesi Paolo |Ticchioni Emanuele |Tomasetti Leonardo |Tomaz Nicolò |Tomei Cesare |Tonato Fabio |Tony Piero | Toneatti Enzo | Torri Alberto Paolo | Torti Aldo | Toschi Erminio | Totti Giuseppe | Tozzoli Aldo | Tranchida Giacomo | Travaglini
Giuseppe |Trebeschi Cesare |Trento Francesco |Trimeri Giovanni |Trimboli Vincenzo |Troili Luigi |Trovato Francesco |Tucci Paolo | Turi Salvatore | Turolla Italo | Tusci Iris | Uberti Angelo | Uccelletti Aldo | Ugenti Domenico | Uggenti
Francesco | Umiltà Carlo | Urio G. | Vaccaro Aldo | Vaccaro Rino | Vacchina Aldo | Vaiarini Francesco
| Valentini Roberto | Valeriani Numa | Valerio Pier Luigi | Valori Pericle | Vandelli
Gaetano Oscar | Vangelista Guerrino | Vanzelli Francesco | Vanzi Abdon | Vaquer Giuseppe | Varano Francesco |
La Direzione e la Redazione
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edizione speciale | ottobre2011