Scuola secondaria di primo grado A. Vivaldi
TUTTI IN GITA… MA DOVE?
Il 4 maggio andremo in gita in una città che
vanta origini antiche ed una grande bellezza:
Mantova.
Gli insegnanti si sono impegnati nella
pianificazione di un programma che possa
conciliare tutti gli “ingredienti” fondamentali per
rendere simpatica e allo stesso tempo utile l’uscita
d’istruzione che, fortunatamente, si fa sempre
più vicina.
Non mi dilungo a ricopiare questo tanto citato
programma, poiché scopriremo a poco a poco,
proprio durante la gita, le attività preparate per
noi con così tanta attenzione.
Preferisco, invece, dirvi che in questo libretto
troverete molte informazioni sulla nostra meta, una
città piccola che molti escludono dal programma
turistico per dare la precedenza ad altri luoghi
lombardi più conosciuti: Milano, con il suo
Duomo, il lago di Garda, percorsi immersi nella
natura lungo il Po ecc…
Mantova rimane spesso esclusa perché non è molto
conosciuta, e molti pensano che non vi siano
edifici e monumenti di interesse artistico e storico,
non pensando, per esempio, che proprio questa
città è stata patria della casata dei Gonzaga, che
hanno avuto anche contatti diretti con la dinastia
di Ferrara, specialmente con Isabella d’Este.
A questo punto, sarete ancora più spinti di prima
ad aprire il libretto che tenete fra le mani e
leggerlo. Spero che questa premessa sia
all’altezza dei contenuti.
Mi resta solo più augurarvi…
Buona gita e buon divertimento!!
Note di viaggio:
Intorno al sesto secolo A.C. si sviluppò la Mantova
etrusca. Il nome di Mantova prende origine dalla divinità
infernale etrusca Mantus a cui il fondatore Ocno
l'avrebbe
dedicata, i
Romani poi la
confonderann
o con Manto,
figlia dell'
omerico Tiresia.
Fra la prima e la seconda guerra punica subì la
dominazione romana senza divenire un centro urbano
importante.
In seguito alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente
(476 D. C.) la città subì le invasioni dei barbari e le
diverse dominazioni di Goti, Bizantini, Longobardi e
Franchi, finché, verso il Mille, entrò finalmente a far parte
dei possedimenti dei Canossa, la cui ultima
rappresentante fu la contessa Matilde che morì nel 1115.
In questo periodo Mantova si ornò di importanti
costruzioni ma l'unica superstite cittadina dell'epoca
matildica è la Rotonda di San Lorenzo , che sembra sia
stata costruita sui resti di un tempio pagano nel 1082.
Dopo la morte dell'ultima rappresentante della casata dei
Canossa, Mantova si resse a libero Comune difendendo
strenuamente la propria indipendenza contro le forze
imperiali.
In questo periodo si abbellì di magnifici edifici quali i
palazzi del Brotoletto e della Ragione.
Alberto Pitentino, nel 1198, regolò il corso del Mincio
creando i quattro laghi che per secoli cinsero Mantova
costituendo un baluardo difensivo naturale. Furono erette
molte chiese romaniche demolite in seguito per essere
ricostruite in stili e dimensioni più confacenti alle ambizioni
dei Gonzaga.
Di questa epoca sopravvivono soltanto alcuni campanili
fra cui la testimonianza più prestigiosa è fornita dalla
Torre campanaria del Duomo.
La decadenza della signoria di Mantova comincia con
Vincenzo II il quale, debole, vizioso e sommerso da debiti,
venne a trovarsi in una situazione critica sia sotto il punto
di vista
economico che
quello familiare.
Non riuscendo
ad avere figli e
neppure a
sciogliere il
matrimonio, alla
sua morte il
ducato toccò a
Carlo Rethel Gonzaga Nevers, un principe francese
appartenente ad un ramo cadetto della famiglia
mantovana. La presenza di un nobile straniero alla guida
di uno staterello italiano geograficamente e politicamente
assai importante, spinse l'Impero ad inviare un esercito di
36.000 lanzichenecchi, i quali, nel 1630, presero d'assedio
Mantova e diffusero la peste.
Quando gli imperiali se ne andarono, Mantova aveva
perso tutta la sua eleganza ed i fasti di un tempo erano
ormai solo un lontano ricordo.
Da questo momento in poi il
prestigio di Mantova non si
riprenderà più nonostante i
tentativi di Carlo I e Carlo II.
Con quest'ultimo sorsero
Palazzo Canossa (1669),
Palazzo Valenti, Palazzo Sordi
( 1660). Alla sua morte il figlio
Ferdinando,di cui è rimasto un
ritratto a Palazzo D'Arco, prese il suo posto.
Politicamente inetto, si dedicò solo a realizzare feste e
spettacoli teatrali, trascurando di riammodernare la sua
reggia. Si alleò con i francesi al tempo della guerra di
successione spagnola che risultò disastrosa per la
Francia. Per paura del castigo imperiale, il duca lasciò il
feudo nel 1707 e si rifugiò a Venezia con un migliaio di
quadri, mobili, gioielli. Alla sua morte (1708) venne
dichiarato decaduto per fellonia e la sua famiglia perse
tutti i diritti sul ducato di Mantova che passò sotto la
dominazione austriaca.
Il periodo della dominazione austriaca, fra il 1707 e il
1797, fu ricco di iniziative edilizie pubbliche e private che
ridettero almeno in parte la dignità persa alla città di
Mantova.
Furono ricostruiti San Barnaba, rifatta la facciata del
Duomo e con l’imperatrice Maria Teresa nacque la Regia
Accademia di Scienze, Lettere e Arti che fu dotata dell’
attuale Teatro Scientifico progettato da Antonio
Bibiena. La città si ornò anche del maestoso Palazzo
D’Arco. Questa prima fase di dominazione austriaca si
concluse con l’avvento delle truppe di Napoleone. Vi
furono pesanti gabelle (l’abitudine è dura a morire...),
nuove tasse e come se non bastasse altre preziose tele,
oggetti preziosi e incunaboli furono portati in Francia.
Con la morte di Napoleone tornò la dominazione
austriaca che fece di Mantova uno dei capisaldi del
famoso quadrilatero difensivo. Pur fra le continue angherie
dei governanti austriaci e la sanguinosa repressione, la
fede liberale andava diffondendosi sempre più. In questa
atmosfera avvenne l’esecuzione dei Martiri di Belfiore che
furono impiccati nella valletta Belfiore, un dolce declivio
che degrada verso il lago Maggiore ove crescono i fiori di
loto. Questo fu una delle pagine più tristi ma al tempo
stesso più gloriose del nostro Risorgimento.
Nel 1866 finalmente Mantova entrò a far parte dello
Stato Italiano. La Mantova di oggi conserva il fascino
che ispirò la poesia virgiliana, l’austera architettura
medioevale, la grandiosità dei monumenti gonzagheschi, la
maestosa signorilità dell’arte settecentesca ed i ricordi
dolorosi della dominazione straniera. Tutto ciò è
Mantova, piccola città dalle grandi bellezze artistiche e dal
passato difficilmente eguagliabile.
1.
Intorno a quale secolo si è sviluppata la
Mantova etrusca?E da quale divinità ne prende il
nome ?
……………………………………
……………………………………
………………………………….....
Quali popolazioni la invasero in seguito alla
caduta dell’Impero Romano?
……………………………………
……………………………………
3. Chi regolò il corso del Mincio creando 4 laghi?
……………………………………
……………………………………
4. La decadenza della signoria di Mantova con chi
cominciò?
E per quali motivi?Il prestigio di Mantova si
riprenderà?
……………………………………
……………………………………
5. Quali palazzi sorsero in questo periodo ?
……………………………………
……………………………………
6. Con quale popolazione si alleò Ferdinando?
……………………………………
……………………………………
2.
7. A chi passò Mantova ?E chi la governò?Cosa
fece nascere?
……………………………………
……………………………………
……………………………………
8. Cosa successe con la morte di
Napoleone ?
…………………………
…………………………
…………………………
9. In quale anno Mantova entrò finalmente a far
parte dello Stato Italiano?
……………………………
Mantova e il Risorgimento
Con Risorgimento Italiano si indica il movimento di riscossa
nazionale che aveva preso avvio intorno al 1820 e che si
sarebbe concluso con l'Unità d'Italia. L'Italia aveva perso la
sua unità politica da ben tredici secoli e molti degli Stati in
cui era divisa erano
sottomessi a Paesi
stranieri. Per questo
motivo, l'obiettivo
comune degli Italiani che
combatterono durante il
Risorgimento era
riconquistare l'unità e
l'indipendenza dell'Italia,
portandola così a
"risorgere".
Nel mantovano la
carboneria era attiva a
Viadana, Quingendole,
Gonzaga, Borgoforte, San
Martino dall'Argine e a
Mantova con il conte Arrivabene che, arrestato e
momentaneamente liberato, fuggì all'estero stabilendosi in
Belgio tornando a Mantova solo alla fine del 1866. Nell'aprile
del 1822 furono arrestati Luigi Manfredini, direttore delle
poste di Mantova, e Cesare Albertini, farmacista a
Quingendole, che, condotti a Milano, vennero sottoposti a
pressanti interrogatori. Condannati a morte nel 1823, la
pena "in via di grazia" venne commutata rispettivamente a
20 e 15 anni di carcere.
Il 6 febbraio 1831 il Duca di Modena si rifugiò a Mantova a
causa della rivolta dei Carbonari che era scoppiata a
Modena e nei Ducati limitrofi di Parma, Bologna e in
Romagna. Sedati i disordini in pochi giorni, il modenese
Ciro Menotti fu tradotto nel castello di San Giorgio e nel
carcere di S. Sebastiano di Mantova. A Mantova, venne
arrestato il fratello dell'Arrivabene, Giovanni che aveva
scambiato con il Menotti delle lettere.
I primi mazziniani mantovani processati dagli austriaci
furono Orazio Cerini e Francesco Menegari di Medole.
A Mantova mancò l'organizzazione, una guida che
prendesse in mano le redini della rivolta per condurla alla
vittoria. Il 18 marzo (festa del patrono) le cose presero un
buona piega alla notizia che Vienna era insorta, uscirono le
bandiere tricolori, vi furono manifestazioni patriottiche,
anche un Te Deum di ringraziamento. Un nutrito gruppo di
cittadini si radunò davanti al Palazzo Ducale e ottenne la
liberazione di alcuni giovani che avevano scritto slogan
patriottici sui muri. Venne costituito un corpo armato di
300 guardie civiche, tutto era pronto e favorevole, visto
che la guarnigione austriaca era formata da 3.300 soldati di
cui 3.000 italiani. Il 21 marzo, alla notizia che Milano era
insorta, vennero erette alcune barricate e la guardia civica
vi si dispose a difesa. Il 22, gli austriaci fecero per togliere le
barricate ma un solo colpo di fucile sparato dalle guardie li
fece retrocedere e rientrare in caserma. Non seguirono
altri fatti d'arme sia per l'atteggiamento prudente del
comandante sia per l'atteggiamento dei moderati e della
curia che raffreddarono gli entusiasmi permettendo, il
successivo 24, l'arrivo delle truppe ungheresi di rinforzo.
L'occasione era persa, ora la città era piena di soldati e ogni
tentativo di rivolta era impossibile. Altre città lombarde
insorsero, i duchi di Parma e Modena furono costretti a
promulgare la costituzione. Nel timore che anche in
Piemonte si potessero verificare fatti analoghi, promossi dai
repubblicani, approfittando degli eventi favorevoli, il 23
marzo, Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria.
L'entusiasmo popolar-liberale costrinse i sovrani di Toscana
e di Napoli e perfino il Papa ad inviare truppe regolari per
dare aiuto all'esercito sabaudo. A Gazzuolo i fuoriusciti da
Mantova, in seguito alla mancata rivolta, costituirono un
corpo che si autonominava"Colonna Mantovana". Molti
erano i volontari non mantovani, tra di loro Nino Bixio e
Goffredo Mameli. La guerra cominciò con alcune vittorie
sulle retrovie austriache: a Pastrengo (VR) dove si
distinsero in un'epica carica i Carabinieri, a Valeggio,
Monzambano, Pozzolo e a Goito (il 9 aprile), in cui ebbe il
battesimo del fuoco il nuovo corpo dei Bersaglieri. In
precedenza, il 27 marzo, le truppe austriache inviate da
Verona a Mantova misero al sacco il paese di Castiglione
mantovano con morti e feriti. La sosta delle operazioni
permise agli austriaci di riorganizzare le fila e forti di oltre
35.000 uomini si mossero da Mantova con tre distinte
colonne. Una in direzione di Cremona a ridosso del lago,
l'altra verso Montanara, mentre la terza si dirigeva verso
Buscoldo con lo scopo di prendere alle spalle le forze
dislocate a Levata e Montanara . Sull'esile linea difensiva
predisposta lungo 30 km, erano dislocati alcuni reparti
regolari ed i 6.000 volontari composti dagli universitari
toscani e da un battaglione di Napoletani con sei cannoni,
al comando del generale De Auger. Le intenzioni di
Radetzky erano quelle di travolgere le esili difese per
proseguire verso Goito così da stringere i piemontesi in una
morsa. Contro un nemico quattro volte superiore la
resistenza dei volontari fu encomiabile, per sei ore tennero
testa agli austriaci fino a che non vennero sopraffatti dalla
superiorità nemica. Tra i superstiti, lo scrittore Carlo
Lorenzini più noto con il nome di Collodi. Questo sacrificio
permise al re Carlo Alberto di schierare l'esercito in una
posizione più favorevole e vincere gli Austriaci,
nuovamente, a Goito per poi prendere la fortezza di
Peschiera il 30 maggio.
Ancora una volta Carlo Alberto non seppe approfittare
della vittoria e proseguire verso il cuore del Veneto. Dopo
la sconfitta, l'esercito asburgico in rotta compì razzie e
saccheggi nei comuni di Casaloldo, Castelgoffredo,
Guidizzolo, Castellucchio, Ospitaletto e Rivalta. Anche a
Mantova avvennero saccheggi il più importante dei quali fu
la trafugazione e dispersione dei Sacri Vasi, due reliquari
d'oro realizzati da Nicolò da Milano disegnati dal Bernini in
cui era conservato il Sangue di Gesù, in seguito
l'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe si fece carico, a
titolo di riparazione, dei nuovi reliquari che furono
realizzati da Giuseppe Bellezza.
Nel 1857 Pisacane, pensando che nel Regno delle Due Sicilie
stessero maturando fermenti rivoluzionari, volle mettere in
pratica le sue idee. Con un piccolo esercito di 300 volontari
sbarcò a Sapri, in Campania, sperando che i contadini
avrebbero partecipato alla rivolta. Ma furono proprio i
contadini, che i democratici non erano riusciti a
coinvolgere nei loro programmi, sobillati dai signori locali, ad
affrontare i patrioti coi tridenti e con le roncole. Pisacane
non oppose resistenza e, già ferito, si uccise con un colpo di
pistola.
Questa nuova, tragica sconfitta convinse una parte dei
democratici, tra cui Garibaldi, che dopo la Repubblica
romana era tornato nelle Americhe, a collaborare con la
monarchia dei Savoia, che ormai sembrava essere l'unica
forza in grado di guidare la lotta per l'unità nazionale.
Infatti dopo la sconfitta, dal 1850 il Piemonte era
notevolmente cambiato, grazie alle capacità politiche di
Camillo Benso conte di Cavour. Primo ministro dal 1852,
Cavour aveva in pochi anni fatto del Regno di Sardegna
uno Stato economicamente prospero, anche se non poteva
reggere il confronto con l'Inghilterra e la Francia, era
comunque all'avanguardia nella nostra Penisola. Cavour, di
convinzioni liberali, aveva saputo creare in Piemonte un
clima di tolleranza e di apertura, limitando le interferenze
della Chiesa in campo politico. Questo clima aveva attirato
in Piemonte molti esuli, perseguitati negli altri Stati italiani,
più di 20.000 persone, tra le quali alcuni dei più noti
intellettuali dell'epoca. Ricca di fermenti ideali Torino stava
diventando la capitale morale dell'Italia, prima ancora di
diventarne, dopo l'unificazione, la capitale politica.
Queste condizioni favorevoli si trasformarono in una realtà
politica grazie all'abile e spregiudicata azione diplomatica
promossa da Cavour. Egli comprese infatti che
l'unificazione dell'Italia poteva essere raggiunta soltanto
con l'aiuto delle grandi nazioni europee che avevano
interesse a limitare il potere dell'Austria. Mirò dunque a
suscitare l'interesse di quei Paesi per la causa italiana
cercando di favorirne la politica per guadagnarne l'alleanza.
L'occasione si presentò nel 1854, quando scoppiò la
cosiddetta guerra di Crimea, condotta da Inghilterra e
Francia contro la Russia, che aveva voluto approfittare
della crisi dell'impero turco per allargare i propri domini.
Anche se la questione non toccava l'Italia, Cavour nel 1855
inviò in Crimea 18.000 soldati, tra cui molti bersaglieri, per
combattere a fianco della Francia e dell'Inghilterra. Queste
due potenze, dopo la vittoria, nel Congresso di Parigi (1856)
tacitamente autorizzarono il Piemonte a farsi promotore
dell'unità italiana. Le successive iniziative di Cavour furono
messe in pericolo dall'iniziativa di Felice Orsini, un
mazziniano che nel gennaio 1858 cercò di uccidere
Napoleone III, nella speranza di suscitare un movimento
democratico in Francia che avrebbe a sua volta aiutato
quello italiano: l'attentato fallì, e Orsini finì sul patibolo.
Grazie alla sua abilità Cavour convinse Napoleone III, per
limitare il ruolo dei democratici nel movimento
risorgimentale, ad appoggiare e favorire il Piemonte. Il primo
ministro piemontese e l'imperatore francese si incontrarono
segretamente a Plombieres (in Francia) il 20 luglio 1858, e
Napoleone promise un appoggio militare in caso di attacco
da parte dell'Austria, prevedendo di dividere l'Italia in tre
regni (settentrionale, centrale e meridionale), di cui soltanto
il primo sarebbe stato affidato ai Savoia.
A questo punto non restava a Cavour che provocare
l'attacco dell'Austria. Mentre diventavano sempre più
evidenti i preparativi per la guerra, il re Vittorio Emanuele II
dichiarava pubblicamente di non essere insensibile al "grido
di dolore" (cioè al desiderio di indipendenza) che si levava
dall'Italia. L'Austria chiese che cessassero le manifestazioni
di ostilità e venissero sciolti i corpi volontari che si erano
ammassati in Piemonte, respinto l'ultimatum, il 26 aprile
1859 l'Austria dichiarò aperte le ostilità dando inizio alla
seconda guerra d'indipendenza.
Il comando delle operazioni fu assunto da Napoleone III,
che vinse gli Austriaci a Palestro, Montebello e Magenta,
ed entrò a Milano insieme a Vittorio Emanuele II, mentre
Garibaldi, che per l'occasione aveva formato il corpo dei
"Cacciatori delle Alpi", batté gli Austriaci a Varese, San
Fermo e Brescia. Il 24 giugno Francesi e Piemontesi
riportarono una seconda vittoria a Solferino e San Martino.
Fu una battaglia terribile e sanguinosa morirono 40.000
soldati, 1566 ufficiali, 9 generali e tre feldmarescialli. I feriti
a migliaia, solo a Castiglione delle Stiviere ne furono curati
25.000, riempirono case, chiese, conventi e le stesse piazze
e strade. Una babele di lamenti e urla, francesi, austriaci,
croati, slavi, rumeni ed italiani uniti nella comune sventura.
La popolazione civile si prodigò senza sosta per assistere e
curare la moltitudine di feriti e ciò servi da spunto allo
svizzero Henry Dunant per gettare le basi per una creazione
della Croce Rossa.
A questo punto, però, le cose non andarono come
Napoleone III aveva sperato. Nei Ducati di Modena e
Parma, in Toscana e nello Stato pontificio scoppiarono moti
di rivolta che chiedevano
l'annessione al Piemonte. I
cattolici francesi ancora
una volta si schierarono
dalla parte del Papa,
premendo perché
Napoleone abbandonasse la
guerra. Costui temeva
inoltre che il Piemonte
diventasse troppo forte. In
queste condizioni
l'imperatore abbandonò la guerra, firmando un armistizio
separato con l'Austria, a Villafranca, nel luglio 1859. La
Lombardia, ad eccezione di Mantova e circa metà della sua
attuale provincia, veniva ceduta alla Francia che l'avrebbe
poi ceduta al Piemonte. Vittorio Emanuele II non volle
proseguire i combattimenti senza l'alleato francese
nonostante le esortazioni di Cavour, il quale per protesta
dopo un'accesa discussione tenutasi a villa Melchiorri di
Monzambano si dimise.
La difficile situazione fu risolta dal perdurare delle rivolte
nell'Italia centrale. In Toscana, in Emilia, a Modena e a
Parma l'11 e il 12 marzo 1860 si svolsero dei plebisciti che
decretarono l'annessione al Regno di Sardegna. Mentre
questo si ingrandiva, lo Stato della Chiesa veniva ridotto.
Le delusioni provocate dal comportamento di Napoleone III
diedero nuovo spazio all'iniziativa dei democratici e dei
mazziniani. Movimenti mazziniani si erano avuti nel Sud e
specialmente in Sicilia. Dopo il fallimento di una rivolta a
Palermo (aprile 1860), i democratici chiesero l'intervento di
Garibaldi.
Nacque cosi l'idea della spedizione dei Mille, un piccolo
esercito di volontari che avrebbe dovuto "liberare" dal
dominio dei Borbone l'Italia meridionale, contribuendo cosi
in maniera decisiva all'unità della nazione. Il piccolo esercito
delle "camicie rosse", sbarcato a Marsala l'11 maggio 1860,
ebbe una serie di successi militari (come quello di
Calatafimi), accompagnati però da gravi problemi politici e
sociali. Mentre Garibaldi si proclamava dittatore della
Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II, i contadini siciliani
credettero che fosse giunto il momento di liberarsi degli
antichi padroni latifondisti e di impadronirsi delle terre. Di
fronte alle rivolte contadine, i garibaldini non seppero fare
altro che reprimerle, per paura di perdere l'appoggio della
borghesia e dei latifondisti. Altri problemi nascevano dalla
netta opposizione di Cavour all'impresa dei Mille. Dopo
avere conquistato la Sicilia, Garibaldi sbarcò in Calabria e,
dopo pochi giorni, entrò trionfalmente a Napoli, mentre
Francesco II fuggiva a Gaeta. A questo punto Cavour
convinse Napoleone III che i Piemontesi avrebbero dovuto
occupare lo Stato pontificio per impedire a Garibaldi di
giungere per primo a Roma. Se questo fosse accaduto,
infatti, non soltanto il Papa avrebbe perduto tutti i suoi
territori, ma l'Italia avrebbe rischiato di diventare una
repubblica. E sappiamo che entrambe le cose non piacevano
all'imperatore francese. Col suo consenso, dunque, le
truppe piemontesi occuparono le Marche e l'Umbria,
sconfiggendo l'esercito papale a Castelfidardo (AN). Ma
quando Garibaldi, nella battaglia del Volturno, sconfisse
definitivamente i borbonici, lo stesso Vittorio EmanueleII si
mise alla testa delle truppe sabaude per impedirgli di
marciare su Roma.
Nell'ottobre del 1860 nell'ex Regno di Napoli si tennero i
plebisciti che decisero l'annessione del Regno delle Due
Sicilie al Piemonte; nello stesso mese avvenne lo storico
incontro di Teano in cui Garibaldi, salutò Vittorio
Emanuele II "re d'Italia", e gli
consegnò i territori da lui
liberati. Il 4 novembre con un
plebiscito anche le Marche e
l'Umbria vennero annesse al
Piemonte.
Il Regno
d'Italia e la terza guerra
d'indipendenza
Cavour aveva saputo cogliere i
frutti di una impresa promossa e
realizzata dai democratici. L'unità d'Italia si compiva sotto
la guida della monarchia sabauda e il controllo politico dei
liberali. Il 17 marzo 1861 il Parlamento di Torino, capitale del
regno, proclamò Vittorio Emanuele II, re d'Italia "per grazia
di Dio e volontà della Nazione". L'unità d'Italia non era però
ancora completa. A nord, Mantova, il Veneto, Trento e
Trieste rimanevano sotto il dominio austriaco. Al centro,
Roma e il Lazio appartenevano ancora allo Stato pontificio.
Con una Convenzione” stipulata con i francesi nel
settembre 1864 il Regno d’Italia rinunciava (per il momento a
Roma capitale) impegnandosi a difendere gli attuali confini
dello Stato Pontificio e optò per il trasferimento della
capitale del Regno da Torino a Firenze .
Per quanto riguarda il Nord, la situazione cambiò in seguito
alla terza guerra d'indipendenza, che scoppiò nel 1866,
cinque anni dopo la proclamazione del Regno. Anche
quest'ultima guerra fu sostenuta dall'Italia con l'aiuto di un
alleato straniero, la cui azione fu determinante: si trattava
della Prussia. Essa aspirava da tempo a guidare un
movimento di unificazione della Germania e aveva trovato il
suo genio politico in Otto von Bismarck, divenuto primo
ministro nel 1862. Egli non credeva nelle idee liberali e
disprezzava il Parlamento, pensando che la nazione tedesca
dovesse essere costruita con un atto di conquista militare,
senza mai rinunciare al carattere autoritario dello Stato
prussiano. Il primo passo da compiere su questa strada
consisteva nel liberare la parte meridionale della Germania
dal controllo che vi esercitava l'impero austriaco fin dai
tempi del Congresso di Vienna. Per questo Bismarck cercò
l'alleanza dell'Italia, ben sapendo che anch'essa era
interessata a cacciare gli Austriaci dalle sue terre; al tempo
stesso, egli si garantì la neutralità della Francia di
Napoleone III.
La guerra contro l'Austria del 1866 dal punto di vista
militare fu per l'Italia un'altro disastro militare. Le truppe
italiane furono battute sia per terra, nuovamente a
Custoza, sia per mare presso l'isola di Lissa, nell'Adriatico. I
Prussiani, invece, riportavano una decisiva vittoria a
Sadowa in Boemia, dimostrando una schiacciante
superiorità nella strategia e nella tecnologia militare. Grazie
a questo successo riuscirono a porre fine al dominio
austriaco sugli Stati della Germania meridionale. Bismarck
ottenne che l'Austria cedesse Mantova ed il Veneto
all'Italia, anche se questa era stata ripetutamente
sconfitta. Con dispregio l'Austria cedette i territori alla
Prussia che successivamente li "girò" attraverso la Francia al
Piemonte. Rimanevano così sotto il dominio austriaco
soltanto i 700.000 italiani di Trento e Trieste.
Dal Museo del Risorgimento alla Sezione Risorgimentale del
Museo della Città. Il Museo del Risorgimento di Mantova è
stato inaugurato il 3 marzo del 1903 in occasione del 50°
anniversario del sacrificio dei Martiri di Belfiore. Prima
sede del Museo fu una sala del Palazzo Accademico, che
già ospitava il civico Museo Patrio. Da qui, nel 1920, a
seguito di specifica Convenzione tra Stato e Comune,
l´intera raccolta viene depositata in alcuni ambienti al piano
terra di Palazzo Ducale per poi essere trasferita nel 1935
nelle Carceri politiche austriache del Castello di San
Giorgio. Passata nuovamente sotto il diretto controllo
dell´Amministrazione Comunale, nel 1941 la collezione viene
spostata in alcuni locali di proprietà sta tale del Palazzo del
Capitano.
Cosa significa la parola Risorgimento?
………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………
Come è divisa l’Italia nel 1847?
………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………
Cosa successe il 6 febbraio del 1881?
………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………
Cosa successe il 18 marzo del 1847?
………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………
Spazio per appunti sul Risorgimento mantovano.
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………..
MARTIRI DI BELFIORE
L'episodio risorgimentale noto come Martiri di
Belfiore (dalla valletta di Belfiore situata
all'ingresso ovest di Mantova ove furono eseguite le
sentenze di morte) riguarda la prima di una lunga
serie di condanne a morte per impiccagione irrogate
dal governatore generale del Lombardo-Veneto,
feldmaresciallo Radetzky. Esse rappresentarono il
culmine della repressione seguita alla prima guerra
d'indipendenza e segnarono il fallimento di ogni
politica di riappacificazione.
CONTESTO STORICO
Soffocati i moti e vinta la prima guerra italiana
('48-'49), l'Austria era ben decisa a scoraggiare
qualsiasi nuovo tentativo d'autonomia. Il cancelliere
dell'Impero, Felice di Schwartanberg succeduto a
Metternich, era convinto che per tenere sotto
controllo il Lombardo-Veneto c'era bisogno di
qualche "salutare impiccagione". In un anno infatti
vennero eseguite 961 condanne a morte e inflitte
numerose pene corporali. Le autorità imponevano
inoltre pesantissimi tributi per evitare le
sottoscrizioni a favore di organizzazioni clandestine.
Di fronte ad una reazione così dura, era inevitabile
che si sviluppasse un movimento di rivolta.
IL PROCESSO
Vennero arrestati: Carlo Poma, Tito Speri, Carlo
Montanari e altri iscritti di Mantova, di Verona, di
Brescia, di Venezia. A quel tempo Mantova era dotata
di varie strutture carcerarie : il carcere della
Mainolda, luogo dalle condizioni igienico sanitarie
veramente disumane, il Convento di S. Domenico e il
Castello di San Giorgio ove vennero ospitati i
cospiratori. I "Martiri di Belfiore" furono trasferiti al
Confortatorio di Santa Teresa, ove trascorsero le
ultime ore prima dell’ esecuzione.
Di origini contadine, i Gonzaga vivevano all'ombra del
Monastero di San Benedetto.
I vasti terreni venivano dati in affitto a coloro che si
impegnavano a coltivarli o che erano tenuti in amichevole
considerazione dai monaci.
Fu così che i Gonzaga poterono crearsi una ricchissima
proprietà rurale ; in seguito si trasferirono in città dove
fecero delle apparizioni nella vita politica mantovana.
Nel 1328 Luigi Gonzaga, in un'afosa notte di agosto,
grazie ad un’ astuzia nelle piazze del centro cittadino (
riportata nel quadro Cacciata dei Bonacolsi) prese il
potere. La città fu dotata di nuove mura difensive con
cinque porte di accesso.
Ludovico II succedutogli amò circondarsi di umanisti,
letterati e artisti quali Donatello, Leon Battista Alberti,
Andrea Mantegna e Luca Fancelli.
Trasferì la sua abitazione dalla Corte Vecchia al Castello
di San Giorgio che Luca Fancelli trasformò in una comoda
dimora senza alterare il suo aspetto esterno.
Ludovico II morì in seguito ad una pestilenza, il suo posto
lo prese il figlio Federico I che governò solo sei anni.
Quest'ultimo venne definito dal cronista mantovano "gobbo
cortese e piacevole" per la malformazione fisica di cui la
famiglia era affetta. Nel 1490 Isabella d'Este giunse a
Mantova come sposa del marchese Francesco II . Federico
II, figlio di Isabella d'Este, duca di Mantova dal 1530,
chiamò a corte Giulio Romano, l'allievo di Raffaello che in
pochi anni creò il Palazzo Te.
Frattanto il dominio dei Gonzaga si era ingrandito con
l'acquisto del Monferrato, raggiungendo l'apice di
floridezza economica e politica.
Stemma originario della famiglia fino
al 1389.
Stemma di Francesco I tra il 1389 e il
1391.
Stemma dal XIV secolo
Stemma dal 1934
I Gonzaga hanno fondato varie città nel territorio
mantovano come Reggio Emilia, Guastalla, Reggiolo e
una cittadina a cui hanno dato il nome di Gonzaga.
Hanno lasciato,inoltre, nel centro di Mantova molti
palazzi storici e chiese, tra cui il Duomo, vera e
propria dimostrazione della grandezza mantovana.
Anche strutture come Palazzo Te, Palazzo Ducale e
Palazzo del Podestà dimostrano la grandezza nelle
arti e nell’ architettura. Celebri a Mantova sono
varie piazze ne è un esempio Piazza Sordello.
Palazzo Ducale
Palazzo Te
I Gonzaga non hanno fondato città
V
F
I Gonzaga avevano una proprietà rurale
perché possedevano terreni
V
F
Federico I prese il potere in un’ afosa notte d’
agosto
V
F
Palazzo Te è stato costruito da Raffaello
V
F
I Gonzaga vivevano nel monastero di San
Benedetto
V
F
Unisci gli artisti alle proprie opere o agli aggettivi a
loro assegnati
Andrea Mantegna
Decorazione Palazzo Te
Federico I
Palazzo Te
Giulio Romano
Gobbo e piacevole
Il Palazzo Ducale è stata la residenza principale dei
Gonzaga, signori marchesi ed infine duchi della città di
Mantova.Venne chiamato Palazzo Reale durante la
dominazione austriaca a partire dall'epoca di Maria
Teresa d'Austria regnante.
Gli ambienti del Palazzo Ducale furono costruiti in
epoche diverse a partire dal XIII secolo, per opera
della famiglia Bonacolsi
successivamente dai
Gonzaga.
Fu il duca Guglielmo ad
incaricare il prefetto delle Fabbriche Giovan Battista
perchè collegasse i vari edifici, così da creare, a partire
dal 1556, un unico grandioso complesso monumentale e
architettonico, uno dei più vasti d'Europa, che si estende
tra la riva del
lago Inferiore e
Piazza Sordello,
l'antica Piazza di
San Pietro.
Morto Bertani nel 1576, l'opera fu continuata da
Bernardino Facciotto che completò i giardini,le piazze,il
portico,le gallerie,i cortili, fissando definitivamente
l'aspetto della residenza ducale.
L'interno del Palazzo è quasi spoglio perchè una volta
impoveritisi, i Gonzaga dovettero vendere opere d'arte
(soprattutto a Carlo I d'Inghilterra) e arredi, parte
furono sottratti da Napoleone.
CORTE VECCHIA
IL PALAZZO DEL CAPITANO, che si
affaccia su piazza Sordello, è l'edificio più antico del
palazzo Ducale voluto da Guido Bonacolsi e finito nel
Duecento. Inizialmente costruito su due piani e separato
dalla Magna Domus da un vicolo, nei primi anni del
1300 fu rialzato di un piano e unito alla stessa Magna
Domus con un portico avente una facciata rimasta tale
fino ad oggi. Nel secondo piano c'è un enorme salone
detto dell'America,o anche Salone della Dieta. Questo
ambiente è ora abbandonato e bisognoso di restauro.
La Magna Domus e il Palazzo del Capitano
costituiscono il nucleo originario della Corte Vecchia. A
metà del XIV secolo in alcune delle sale Pisanello mise
mano ad un ciclo di affreschi. Corte
Vecchia riacquistò un suo nuovo
prestigio quando nel 1519 Isabella
d'Este lasciò la dimora nel Castello
e si trasferì al pian terreno della reggia gonzaghesca,
nell'appartamento detto
vedovile.
L'appartamento di
Isabella era formato da
due ale che contenevano
molti affreschi. Successivamente Guglielmo Gonzaga
1550-1587 trasformò gli ambienti di Corte Vecchia
creando il Refettorio affacciato sul Giardino Pensile e la
Sala dello Specchio destinata alla musica.
APPARTAMENTO DEGLI ARAZZI
RAFFAELLESCHI
In epoca asburgica il Refettorio venne ristrutturato, fu
creata la Sala dei Fiumi, con dipinti giganteschi che
rappresentano i fiumi del territorio mantovano.
Contemporaneamente fu creato l'appartamento degli
Arazzi formato da quattro sale, sulle pareti di tre di
queste sono estesi nove arazzi tessuti a mano nelle
Fiandre con disegno preparatorio di Raffaello.
STANZA CON SOFFITTO DEL
LABIRINTO
CASTELLO DI SAN GIORGIO
Costruito a partire dal 1395 e concluso nel 1406 è un
edificio a pianta quadrata con quatto torri angolari e
cinto da un fossato con tre porte e relativi ponti levatoi.
CAMERA DEGLI SPOSI
Meravigliosa stanza del piano nobile del castello che
contiene affreschi della famiglia Gonzaga,"LA SCENA
DELL'INCONTRO” e la
“SCENA DELLA CORTE".
SALA DEGLI ARCIERI
Attualmente sono esposti dipinti provenienti da chiese e
monasteri soppressi. La tela più famosa rappresenta
LA TRINITA' ADORATA DALLA FAMIGLIA
GONZAGA.
LE CATACOMBE IN CORTE
IL duca Ferdinando Gonzaga ordinò la costruzione della
Scala Santa “in scala” ubicata sotto il suo
appartamento nella Domus Nova. Questi ambienti
ridotti riproducono la Scala Santa di Roma in San
Giovanni in Laterano. Questa miniaturizzazione degli
ambienti ha portato a pensare che questi locali servissero
ad ospitare i nani gonzaghesi,rappresentati anche nella
Camera degli Sposi. Tale alloggio fu appunto chiamato
"appartamento dei nani" fino al 1979,quando si scoprì la
corrispondenza con l’originale romano.
CORTE NUOVA
SALA DI MANTO
La sala di Manto è all'interno della Corte Nuova.
Inizialmente era l'ingresso dell'appartamento di Troia che
deve il suo nome agli affreschi che raccontano l’arrivo in
Italia di Manto, figlia dell’indovino Teresio.
CHIESA PALATINA DI SANTA
BARBARA
La Basilica della Corte gonzaghesca fu costruita tra il
1562 e il 1572. Fu ideata come sede
di cerimonie liturgiche accompagnate
da musiche.
I GIARDINI E I CORTILI
Il Cortile della Cavallerizza chiamato anche prato della
Mostra, era il luogo dove erano mostrati i cavalli
gonzagheschi pronti per la vendita.
I GIARDINI:
Giardino dei Semplici detto anche Giardino del
Padiglione
Giardino del Pensile
Giardino Segreto
Cortile delle Otto Facce
detto anche Cortile degli Orsi
Cortile dell'onore detto anche Giardino Ducale, Cortile
di Santa Croce, Cortile dei Cani.
GIOCHIAMO...
Quando fu costruito il Palazzo Ducale di Mantova?
.................................................................................................
.........................................
Che superficie occupa il Palazzo Ducale?
.................................................................................................
.........................................
Quando è stato restaurato il Palazzo Ducale?
.................................................................................................
.........................................
Il Palazzo Ducale è residenza principale di quali Signori?
.................................................................................................
........................................
Dove si affaccia il Palazzo del Capitano?
.................................................................................................
.........................................
Cosa c'è da vedere nell'appartamento degli arazzi?
.................................................................................................
.........................................
E' cinto da un fossato,quattro torri angolari,quattro porte
e relativi ponti levatoi?Di cosa si tratta?
………………………………………………
Come si chiamano i due affreschi dipinti nella Camera degli
Sposi?
.................................................................................................
.........................................
Dove sono conservate le piante ornamentali?
.................................................................................................
.........................................
P_ _ _ _ _ O D_ _ _ _ E
C_ _ _ _ A DEGLI S_ _ _ _ I
A_ _ _ _ I
Mantova è una delle città d’arte più
importanti d'Italia. Anche se è una piccola
città con all'incirca 50.000 abitanti, la
bellezza e la tranquillità del suo centro
storico la rendono interessante quanto altre
città con maggiore
afflusso turistico.
Il palazzo prende il nome dal luogo in cui sorge: l'isola del Te,
circondata dai laghi e dal canale che
costeggia le mura meridionali di
Mantova.
I lavori di costruzione e decorazione
iniziano con ogni probabilità negli
ultimi
mesi del 1525 e si prolungano
fino al 1535.
Su commissione di Federico
Gonzaga, Giulio Romano
trasforma le preesistenti scuderie in una villa sontuosa,
riutilizzando in gran parte le vecchie muraglie che
delineano la corte quadrata. Giulio progetta la nuova
configurazione architettonica, messa in opera sotto la
direzione di Battista Corvo, e disegna nei minimi dettagli
i cicli di affreschi e i fregi di stucco.
L'impianto planimetrico con la sua
successione Atrio – Cortile
Quadrangolare - Loggia - Giardino,
riecheggia lo schema della domus
antica. Anche il ricorso all'arcaico
ordine dorico dimostra il gusto
antiquario del progettista.
Originale la scelta di rivestire le facciate della villa con un
bugnato rustico,
ingegnosamente ricavato da laterzi sbozzati e sagomati.
Le irregolarità nell'ampiezza delle campate o nella
posizione delle aperture
dipendono solo in parte dalle preesistenze: sono piuttosto il
frutto di contraddizioni compositive che l'autore talvolta
attenua con artifici ottici,
mentre in altri casi preferisce metterle in evidenza.
La villa, dove Federico Gonzaga soggiorna di rado, ha una
funzione prevalentemente
rappresentativa: nel 1530 e
nel 1532 ospita l'imperatore
Carlo V, nel 1536 il duca di
Baviera Ludovico X.
Il Palazzo della Ragione fu edificato quand'era podestà
Guido da Correggio (1242), in epoca comunale, per
assolvere alle funzioni pubbliche e allo scopo di
consentire le assemblee e le adunanze cittadine. Al
piano terreno il palazzo ospitava numerose botteghe,
mentre nell'ampio salone al piano superiore, si
amministrava la giustizia. Sulle pareti di questo
ambiente sono visibili i resti di affreschi medievali della
fine del XII e del XIII secolo recentemente
restaurati. A questo salone si accede tramite una ripida
scala posta sotto la Torre dell'Orologio innalzata nel
Quattrocento, epoca alla quale risalgono anche i portici
che si affacciano su Piazza Erbe. Il Palazzo è ora
adibito a sede espositiva ospitando mostre d'arte
organizzate dal Comune di Mantova.
Palazzo San Sebastiano fu
costruito tra il 1506 e il
1508 per volere del
marchese Francesco II che
lo abitò e vi morì nel 1519.
Fu utilizzato dai Gonzaga
per trent'anni e nel 1536 fu
abbandonato e spogliato dai
successivi duchi.
Nel salone principale del
palazzo vi erano le nove tele
del Mantegna raffiguranti I
Trionfi di Cesare che furono
vendute alla corona inglese ed oggi sono conservate ad
Hampton Court. Subì molteplici trasformazioni fino al 1998
quando sono iniziati i restauri. Dal 2005 è adibito a Museo
della Città. Nelle sale che conservano ancora tracce di
affreschi del glorioso passato come la Camera del
Crogiuolo, la Camera delle Frecce, la Camera del Sole e
nella Loggia dei Marmi, sono esposti dipinti, statue, busti,
fregi e altri reperti architettonici
Il Palazzo del Podestà, detto anche "Palazzo del Broletto",
fu costruito nel 1227, committente il bresciano
Martinengo nominato podestà di Mantova.
Unitamente alla torre civica rappresentò il centro
amministrativo del
comune di Mantova.
Verso piazza Broletto fu
collegato al palazzo degli
ex Magazzini Generali
con la costruzione dell'Arengario e al palazzo della
Ragione sul lato affacciato su piazza Erbe. Sulla
facciata è visibile una statua duecentesca raffigurante
Virgilio in cattedra.
Subì rifacimenti e modifiche architettoniche anche a
causa dei numerosi incendi accaduti nel corso dei
secoli.. Dal 1462 fu sottoposto a una importante
ristrutturazione a opera di Giovanni da Arezzo su
incarico di Ludovico II Gonzaga. Dell'epoca e legata al
gusto di Luca Fancelli è la merlatura cieca posta a
coronamento dell'edificio.
Negli ultimi tre secoli è stato destinato a svariati usi
tra cui anche quello di carcere.
LE CHIESE DI MANTOVA
La chiesa dedicata a S. Pietro è di origine medievale, ma
fu ricostruita più volte.
Si possono vedere sul fianco destro i
muri superstiti di cappelle gotiche poi
soppresse, ornati da cuspidi e
pinnacoli risalenti al secolo XV. Il
campanile è invece in stile romanico.
La facciata odierna fu costruita nel 1756 su disegni di
Nicola Baschiera in sostituzione di quella ormai cadente
dei fratelli Jacomella e Pietropaolo dalle Masegne del
1400. Il corpo del tempio è opera di Giulio Romano che
ne iniziò la ricostruzione nel 1545. L'interno si presenta
molto ampio e sontuoso: lo spazio di pianta quadrata è
diviso longitudinalmente da colonne corinzie, in cinque
navate (quelle esterne hanno a lato cappelle chiuse da
cancelli).
Il Transetto è coperto al centro da una cupola
ottogonale. Un ricco soffitto a cassettoni dorati copre la
navata principale, ornata da statue cinquecentesche in
stucco (Sibille e Profeti). L'architettura della chiesa
dimostra come il Romano si sia ispirato alle basiliche
paleocristiane di Roma; la varietá dei motivi è invece
frutto dell'esuberanza dell'arte giuliesca e dei fasti del
'500 mantovano.
Secondo la leggenda la basilica sorge nel
luogo in cui furono ritrovati (804 d.c.) i Sacri Vasi,
reliqua religiosa ancor oggi ivi custodita
contenente il sangue di Cristo. Nel 1037 il tempio
venne affiancato da un monastero benedettino
che diventa di grande importanza nell'etá
comunale, finchè nel 1472 fu soppresso da papa
Sisto IV su richiesta dei Gonzaga.
Di quel periodo rimane solo il campanile gotico,
eretto nel 1413.
Dopo la soppressione del monastero la chiesa
venne totalmente ricostruita in stile
rinascimentale. Il progetto scelto per tale opera
è di Leon Battista Alberti, il quale però
scomparve prima dell'inizio dei lavori. Questi
furono pertanto affidati a Luca Fancelli fino al
1490. All'interno la decorazione pittorica e le
rifiniture videro protagonisti Andrea Mantegna e
Giulio Romano con i rispettivi allievi.
Nel '500 furono costruiti i due bracci del
transetto, il presbiterio e la cripta.
La cupola fu terminata nel 1765, senza più
rispettare i disegni iniziali ma su un'idea del
siciliano Filippo Juvarra. La facciata si ispira
alla classicità dei monumenti della Roma
antica. Da notare è il portale di marmo
dell'ingresso centrale, scolpito tra il '400 e il
'500. All'interno nella struttura a croce latina
con unica navata coperta da una volta a botte
fiancheggiata da ampie cappelle quadrate,
echeggiano le maestosità e la solennità
dell'Alberti.
Nel complesso, la basilica si presenta con un
corpo di creazione quattrocentesca di Alberti,
sormontato da cupola settecentesca di Juvarra e
adornata da decorazioni pittoriche del '500, '600
e '700. Nella prima cappella piccola del lato
sinistro è sepolto Andrea Mantegna.
Chiesa della corte dei Gonzaga fu voluta dal duca Guglielmo
che incaricò del progetto l'architetto
mantovano Giovan Battista Bertani.
Parte integrante del Palazzo Ducale,
la edificazione della chiesa fu
conclusa nel 1572.
Iniziato nel 1460 da Luca Fancelli su progetto di Leon
Battista Alberti, fu completato nel 1529. Sconsacrato nel
XVIII secolo fu adibito a diversi usi fino al 1925 quando,
dopo un discutibile restauro che ha
aggiunto le due scalinate d'ingresso, è
stato trasformato in famedio dei caduti
mantovani di tutte le guerre.
CHIESA DI SAN
BARNABA
La prima chiesa dedicata a San Barnaba nel
luogo dell'attuale fu costruita intorno all'anno
1263 e successivamente varie volte
ristrutturata.La facciata fu rifatta
da Antonio Galli da Bibbiena
nel 1737. All'interno sono
conservati dipinti di Lorenzo
Costa il Giovane, Gerolamo
Bonsignori, Giuseppe
Bazzani.
La costruzione della chiesa conventuale di San
Francesco risale al 1304. Al suo interno fu edificata la
Cappella Gonzaga che divenne mausoleo dei Signori di
Mantova dal 1369 al 1484. Nel 1526 venne sepolto tutto
armato il condottiero Giovanni dalle Bande Nere. Gli
austriaci soppressero la chiesa nel 1782 e la
trasformarono in arsenale nel 1811. Dato l'uso militare
dell'edificio, lo stesso fu devastato da un
bombardamento aereo nel 1944. Fortunosamente la
Cappella Gonzaga si salvò e con essa preziosi affreschi
del 1300, recentemente restaurati, raffiguranti le storie
di San Ludovico d'Angiò. Conservando lo stile
romanico-gotico la chiesa fu comunque ricostruita
intorno a quanto si salvò dalla distruzione bellica, la
facciata con le tre guglie, il campanile e la Cappella
Gonzaga.
L'edificio d'aspetto romanico-gotico fu
eretto nella seconda metà del XIII secolo
in una zona chiamata cretarium, ad alta
densità di cave di creta, nel luogo dove,
secondo la tradizione, fu martirizzato S.
Longino, il centurione romano che portò a
Mantova il Preziosissimo
Sangue di Cristo. Nel 1775
venne soppressa dopo che dal
1454 era divenuta proprietà
dei monaci Olivetani. La
chiesa presenta una facciata
a capanna asimmetrica
ornata da un grande rosone.
L'interno, diviso in tre
navate, conserva affreschi
duecenteschi e decorazioni
del XVI sec. Questi
affreschi furono "riscoperti" alla fine
dell'1800 e in seguito anche a successivi
restauri, la chiesa è stata nuovamente
riaperta al culto nel 1966.
La chiesa, comunemente denominata
"Madonna della Vittoria", fu fatta
erigere dal Marchese Francesco
II Gonzaga nel 1496. Il tempio
votivo celebrava la vittoria militare a
Fornovo contro Carlo VIII di
Francia, e conservava al suo interno la
pala della Madonna della Vittoria opera di Andrea
Mantegna, trafugata da Napoleone e oggi al Louvre
La costruzione della chiesa ebbe inizio
nel 1609. Del monumento
barocco progettato da Antonio
Maria Viani risaltano
l'imponente facciata del 1731 e
una quadreria d'indubbio valore
con tele preziose di Ludovico
Carracci, il Martirio di Santa
Margherita e un'Annunciazione, di
Geffels, di Jacob Denys, entrambi
fiamminghi, di Giuseppe Bazzani e di altri
autori del Seicento.
La chiesa dedicata a San Martino,
vescovo di Tours, fu edificata in
epoca medievale
subendo
successivamente
rifacimenti e
ristrutturazioni.
L'attuale aspetto è
dovuto
all'intervento
architettonico
d'impronta
barocca
dell'architetto Frans Geffels
eseguito negli anni tra il 1680 e il
1693.
La chiesa dedicata a "Santa Maria della
Carità" esisteva fin dall'anno Mille,
costruita su iniziativa degli orefici
mantovani. L'attuale aspetto lo si deve a
ristrutturazioni susseguitesi dal Seicento.
D'impianto barocco l'interno, lo stesso fu
particolarmente arricchito dalle opere di
Giuseppe Bazzani che in questa chiesa vi
fu battezzato nel 1690.
Situato in Piazza Sordello,
fu edificato da Pinamonte
dei Bonacolsi intorno al
1272 e riadattato da Luigi
Gonzaga dopo la conquista
del potere nel 1328. È stato l'antica dimora
della famiglia Bonacolsi, che governò la città
dal 1272 al 1328. Il palazzo è attualmente
ancora dimora della famiglia dei conti
Castiglioni, discendente da Baldassarre
Castiglione, uomo politico e studioso del XVI
secolo, autore de Il Cortegiano. Al piano terra
vi è l'originario portone dell'ingresso con
grande arco a sesto acuto bicolore e decorato
con scudi con lo stemma dei Bonacolsi.
Fu costruito nel 1784 su un preesistente palazzo del
XV secolo dall'architetto Antonio Colonna per la
famiglia di origini trentine D'Arco. Caratterizzato
dall'ampia facciata neoclassica ispirata all'arte del
Palladio, il palazzo è sede museale per i tesori d'arte
che contiene: tuttora arredato con i mobili della casata
ospita importanti collezioni artistiche tra cui spiccano le
tele settecentesche di Giuseppe Bazzani, una biblioteca
di oltre seimila volumi e una collezione di strumenti
scientifici. Nella Sala dello Zodiaco sono visibili
affreschi (1520) attribuiti a Giovanni Maria
Falconetto. Nel Palazzo vi si celebrò nel 1810 il processo
a Andreas Hofer eroe dell'indipendenza tirolese contro la
dominazione francese.
.
Giuseppe Verdi ne musicò la storia e i
mantovani gli diedero la residenza; verso la
fine di Piazza Sordello si trova la casa del
"Rigoletto", il buffone di corte Gonzaga.
Il personaggio ha in realtà poco di
mantovano, l'omonima opera di Verdi
infatti venne tratta da un dramma di Victor
Hugo e riadattata in territorio mantovano,
trasformando il re di Francia nel duca di
Mantova, e cambiando il nome del
protagonista da Triboulet a Rigoletto.
La struttura quattrocentesca accoglie la
scultura del Rigoletto, opera di Aldo Falchi,
sistemata nel piccolo cortile interno.
Nel gennaio del 1457 Andrea Mantegna aveva già accolto
l'offerta del marchese Ludovico Gonzaga di trasferirsi a Mantova.
Si trattava di un ruolo che offriva indubbi vantaggi economici,
ma impegnava l'artista a mettere la propria cultura e la
propria arte esclusivamente al servizio di un committente: il
signore di un piccolo stato lombardo, dai gusti assai diversi
rispetto agli aristocratici padovani presso i quali aveva
lavorato. Il trasloco del maestro avvenne pertanto solo nel 1460;
in seguito il Mantegna si sarebbe stabilito definitivamente a
Mantova fino alla sua morte nel 1506.
Ludovico Gonzaga, come altri principi delle corti padane del suo
tempo, era uomo d'armi e di lettere; si era formato alla scuola
dell'umanista Vittorino da Feltre dedicandosi allo studio degli
scrittori classici Greci e Latini, all'apprendimento della
matematica e del disegno.
Nel maggio del 1459 aveva dovuto organizzare presso il proprio
palazzo la Dieta convocata da Papa Pio II (Piccolomini),
che aveva indetto la crociata contro i Turchi, perciò aveva
dovuto ristrutturare il palazzo di Mantova a partire dal
Castello di San Giorgio. La decorazione che riveste le pareti
e la volta della “Camera Picta”, situata al piano nobile
della torre nord-orientale del castello di San Giorgio, iniziò
il 16 giugno del 1465 e terminò nel 1474, quando il Mantegna
in una lunga iscrizione redatta in latino dedicava il
lavoro al marchese Ludovico e a sua moglie, Barbara di
Brandeburgo.
Attraverso
un
uso
abilissimo
della
prospettiva, la complessa decorazione ad affresco trasforma
completamente la semplice struttura della non vasta
stanza
in
una
finta
e
articolata
costruzione
architettonica all'antica. I finti pilastri si innestano su
un alto piedistallo che corre lungo il perimetro della stanza
e simulano una funzione di sostegno del soffitto. Tra essi si
possono cogliere le immagini del Marchese di Mantova, dei
suoi famigliari, dei cortigiani e degli ospiti che celebrano lo
storico passaggio del Papa alla corte dei Gonzaga.
Quest'ambiente veniva utilizzato
come camera da letto del Marchese,
come sede per le udienze e come
archivio.
Il Mantegna aveva cominciato con il
dipingere
la
volta
attraverso
costoloni
suddivisa
diagonali
e
occupata al centro da una balaustra
circolare in finto marmo bianco che simula l'apertura sul
cielo, dalla quale si sporgono a guardare verso l'interno
della stanza due gruppi di donne, un pavone e una schiera
di putti. Tutt'intorno, entro medaglioni in finto marmo
bianco sono rappresentati i ritratti dei primi otto
imperatori romani e sotto le storie di Orfeo, di Arione e di
Ercole.
Le
due
scene
sulle
pareti
rappresentano il succedersi di fatti
storici precisi, accaduti all'inizio
del 1462: sulla parete a nord la
corte si è riunita per leggere la
lettera di Bianca Maria Visconti che convocava con
urgenza il Marchese a Milano, su quella occidentale
l'incontro di Ludovico a Bozzolo con i figli Francesco e
Federico che rientravano da Milano dove si erano recati per
ringraziare Francesco Sforza per il ruolo giocato nelle
trattative che avevano condotto Francesco alla nomina di
Cardinale.
Le
pareti
occidentali
e
meridionali
rappresentano finti tendaggi dipinti a imitazione delle
tappezzerie che realmente coprivano i muri delle stanze
del castello. Gli esami di laboratorio effettuati in tempi
recenti sulle opere pittoriche dell'artista rivelano la
presenza di disegni assai accurati e perfezionati che
indicano
la
meticolosa
progettazione
dell'opera
e
giustificano l'aggettivo “tenue” con il quale il Mantegna
indicava la minuziosa stesura degli affreschi.
GLOSSARIO
Campata: spazio coperto,generalmente quadrilatero,
compreso tra sostegni ad esempio pilastri o colonne
Cassettoni: incavi decorati nel soffitto, a forma
poligonale
Cripta: ambiente sotterraneo dove, nelle chiese
cristiane, sono conservate le reliquie di martiri
Cupside: elemento architettonico triangolare, posto a
coronamento di facciate o portali
Merlatura: insieme di “merli”, elementi in muratura a
funzione militare, collocati a ritmo regolare su edifici
medioevali e rinascimentali
Navata: corridoio longitudinale (verticale) interno alla
basilica, limitato da file di colonne o pilastri
Pinnacolo (o guglia): elemento architettonico a forma
piramidale,
slanciato
verticalmente,
caratteristico
dell'architettura gotica
Presbitero: zona della chiesa che circonda l'altare maggiore,
riservata al clero
Transetto:
nelle
chiese
cristiane,
navata
trasversale
perpendicolare a quelle longitudinali
Volta: struttura architettonica di superficie curva (detta”a
botta”) o appuntita (detta “a ogiva”), che copre un edificio.
W I GIOCHI
L' IDENTIKIT
Riordina le parole in modo da formare nomi di
monumenti,luoghi e personaggi
cmreaa aptic:______ _____
plzazao lde ooltbret:_______ ___ ________
Adnare Mategann:______ ________
Zgnagoa:_______
Bsacclia id S.Dnaare:_______ __ _. ______
BREVETTI TRUCCATI
Abbina gli artisti alle opere tramite frecce
camera degli sposi------ Juvarra
facciata odierna del duomo------Mantegna
transetto della Basilica di S.Andrea------Baschiera
Virgilio
Publio Virgilio Marone nacque il 15 ottobre del 70 a.C. ad
Andes piccolo villaggio nei pressi di
Mantova, identificabile con l'odierna
Pietole.
La sua famiglia di modesti proprietari
terrieri gli permise di ricevere una
accurata educazione prima a Cremona
e a Milano, poi a Roma.
L'eloquenza e l'oratoria non si
rivelarono però molto congeniali alla
natura del mite Virgilio, riservato e
timido. Forse, più delle scuole da lui frequentate, giovarono alla
sua formazione di poeta i primi dodici anni di vita trascorsi nella
ridente campagna mantovana.
Altrettanto formativa fu per Virgilio la corrente letteraria
dei Poetae Novi (Catullo) i quali, abbandonato il poema epico,
si rivolsero a composizioni più leggere sul tema dell'amore e
degli affetti.
Terzo elemento che fece di Virgilio il grande poeta fu
l'influenza della filosofia di Epicuro, che invitava ad amare la
vita semplice, la natura, ed abbandonare le ambizioni, le
passioni, i turbamenti della vita frenetica della città.
Virgilio ne fu così affascinato che si trasferì nel tranquillo
Golfo di Napoli per seguire gli insegnamenti dell'epicureo
Sirone. Qui egli concepì la prima grande opera: le Bucoliche a
cui seguirono le Georgiche; infine l'Eneide che fu pubblicata
dopo la morte avvenuta nel 19 a.C. a Brindisi.
Virgilio fu sepolto a Napoli.
Le opere giovanili
La prima opera di Virgilio si intitola Bucoliche: si tratta di
dieci composizioni in versi, che hanno per protagonisti pastori e
contadini e ne cantano la vita semplice e tranquilla.
Virgilio scrisse poi le Georgiche,basata sul tema dell’
agricoltura,la vita del contadino è
esaltata per la sobrietà e l’ onestà.
Il capolavoro
Virgilio si dedicò all’Eneide.La
concepì come un’opera che glorificasse
le origini dei Romani e nello stesso tempo esaltasse
Ottaviano.Voleva creare un poema degno dell’Iliade e
dell’Odissea, che tanta gloria avevano dato ai Greci. Lavorò
all’opera undici anni e dopo si ammalò gravemente. Prima di
morire chiese agli amici di distruggere il manoscritto,poiché non
ne era soddisfatto.
Eneide significa “il poema di Enea”.Questi era un eroe
troiano,egli era cognato di Ettore. Diversamente da quanto
accade nell'Odissea di Omero, gli eventi narrati nell'Eneide non
presentano una chiara scala temporale. Neppure l'età del figlio
di Enea, Ascanio, si rivela utile per fornire qualche indizio in
tal senso: nel settimo libro, ad esempio, egli ha un'età tale da
permettergli di partecipare ad una battuta di caccia, mentre
nel primo libro deve essere ancora molto piccolo tenendo conto
che Cupido, avendone preso le fattezze, se ne sta tra le
braccia di Didone a scagliare frecce nel suo cuore.
Andrea Mantegna
Andrea Mantegna è nato a Isola di Carturo (Padova) nel
1431 ed è morto a Mantova nel 1506. Fu allievo a Padova
dello Squarcione e si formò in un ambiente culturale molto
fecondo per l'apporto degli artisti toscani che vi
erano allora attivi: Paolo Uccello, Andrea Castagno e
Donatello. Fino al 1460 quando Mantegna si trasferì a
Mantova come pittore di corte per Ludovico III Gonzaga,
realizzò capolavori come il Polittico di S. Luca, la Pala di
S.Zeno e l'Orazione nell'orto. Questi capolavori, l'Adorazione
dei Magi, la Circoncisione e la Morte della Vergine
preannunciano la realizzazione della decorazione della Camera
degli Sposi nel Castello di San Giorgio.
L'affresco completo delle pareti e della volta raffigura un
padiglione aperto su erosi paesaggi, in cui si articolano le due
scene della Famiglia di Ludovico Gonzaga radunata per una
cerimonia e dell'Incontro del marchese Ludovico col figlio
Francesco cardinale e del suo seguito in un
tono altissimo di serena ed epica classicità.
Negli ultimi anni Mantegna cercò di
indirizzarsi verso una ripresa degli scorci
audaci e delle forme violentemente definite
dal disegno; vedi il Cristo morto (Milano,
Brera).
Alla tarda attività dell'artista appartengono anche il Parnaso e
il Trionfo della Virtù nello studiolo di Isabella d’Este e ora al
Louvre. Mantegna realizzò molte opere come Sansone e Dalila,
Il trionfo di Scipione, Giuditta con la testa di Oloferne, ecc...
attraverso le quali esercitò un profondo influsso sulla pittura
rinascimentale.
Isabella d’Este
Marchesa di Mantova è nata a Ferrara nel 1474 e morta a
Mantova nel 1539. Figlia del duca Ercole di Ferrara e di
Eleonora d'Aragona, a sedici
anni sposò Francesco
Gonzaga.Fu una delle donne più
notevoli e raffinate del
Rinascimento, amante della
musica e della poesia. Affidò
l'educazione del figlio Federico
al filosofo Pietro Pomponazzi e
fece di Mantova un centro di cultura. Isabella d'Este
abile diplomatica resse il governo del ducato con
fermezza sia durante la prigionia del marito a Venezia,
ottenendone mediante trattative la sua liberazione, sia
dopo la sua morte (1519. .Isabella, sensibile al richiamo
del bello e dell'antico,arricchì le stanze del Castello
concentrando l'attenzione sullo Studiolo e la Grotta, due
camerini a lei lasciategli dallo sposo. Per i lavori allo
Studiolo Isabella si rivolse al pittore Giovan Luca
Palombeni che ornò con fregi e stemmi gli sportelli degli
armadi a muro che lo ricoprono, questi furono
successivamente eliminati per essere sostituiti da
Isabella con una serie di dipinti
allegorici (realizzati dal
Mantegna).Per la Grotta chiamò i
fratelli Mola che intarsiarono su
pannelli di legno le architetture di
città e
palazzi
fantastici, strumenti musicali
e graziose scene di corte. In
questa stanza Isabella
raccolse ogni genere di
capolavori: bronzetti, preziosi
manoscritti, strumenti
musicali ed un mappamondo su cui seguì i viaggi di
Colombo. Dei 1600 pezzi oggi ne sono rimasti solo tre.
Indovina indovinello …
1 il cognome di Andrea;
…………………………………………………………………………
2 luogo in cui è nato Virgilio;
…………………………………………………………………………
3 luogo in cui è sepolto Virgilio;
…………………………………………………………………………
4 Andrea realizzò il _ _ _ _ _ _ _ di
Scipione;
5 Andrea realizzò per i Gonzaga l’ _ _ _ _
_ _ _ _ nell’orto;
6 Il marito di Elisabetta andò in prigione
a…;
7 Le Georgiche erano basate sull’ _ _ _ _
_ _ _ _ _ _ _.
1
2
3
4
5
6
7
I laghi di Mantova in origine erano quattro:
Superiore, di Mezzo, Inferiore e Paiolo. La
città era di fatto un'isola. Tale assetto
idraulico, che regola
tuttora il corso del
fiume Mincio
attorno alla città, fu
creato nel 1190 ad
opera dell'ingegnere
bergamasco Alberto
Pitentino. Essendo queste opere idrauliche un
monumento di ingegneria idraulica, antiche
di oltre otto secoli, si è indotti a pensare che i
laghi di Mantova siano "laghi naturali"
anziché sbarramenti fluviali artificiali.
Il lago Paiolo fu poi prosciugato alla metà del
'700, così che la città di Mantova si trasformò
in una penisola.
I laghi di Mantova dal 1984 sono parte
integrante del Mincio.
Ma una seconda Leggenda porta ad un'altra
teoria, Mantova trae l'origine del suo nome
da Mantu, dio etrusco signore dei morti del
pantheon tirreno. Dunque il primo villaggio
risale al 2000 a.C. abitato dagli Umbri, nel VI
sec. a.C. si sviluppa sotto gli Etruschi e in
seguito sotto i Galli e poi il territorio
mantovano viene colonizzato dai soldati
veterani di Augusto.
Flora e fauna del territorio ruotano inevitabilmente
attorno all'imponente presenza a Mantova dei laghi e
delle acque che la cingono. Sorprendentemente nei laghi
mantovani sono presenti i fiori di loto (Nelumbo
nucifera), originari del Sud Est asiatico. Dalle sponde
del parco pubblico di Belfiore, sul lago Superiore, è ben
visibile l'isola galleggiante dei fiori di loto con la
spettacolare fioritura in luglio-agosto-settembre. La loro
bellezza è indubbia ma dal punto di vista ambientale
l'introduzione del fior di loto è stata un'operazione
discutibile dato che si tratta di una specie aliena dotata di
forte capacità infestante che fa sì che siano oggetto di
massicci interventi periodici di sfalcio per preservare
l'integrità dei laghi. La loro introduzione in Italia è
opera nel 1914 dei padri Saveriani di Parma che decisero
di utilizzare la fecola ottenuta dai rizomi a scopo
alimentare, come da secoli facevano i cinesi. Anna Maria
Pellegreffi, giovane laureata in Scienze Naturali, si
occupò del trapianto dei rizomi nel Lago Superiore di
Mantova nel 1921. La farina non ebbe successo nella
cucina mantovana ma il fiore colonizzò i laghi. Il
paesaggio emozionante e surreale che la distesa di fiori di
loto concorre a creare ha dato vita anche a una leggenda
sulla loro nascita in territorio. Si racconta che un
giovane viaggiando per l'Oriente conobbe una ragazza
dagli occhi a mandorla e con la pelle profumata come i
petali del fior di loto. Venuta a Mantova, la povera
ragazza, nello specchiarsi nel lago, vi cadde, perdendo la
vita. Il ragazzo allora gettò dei semi del fiore nel lago in
modo che, fiorendo ogni estate, potessero ricordare con il
loro profumo e la loro delicata bellezza la sua sposa e
sconfitto dal dolore si tolse la vita sparendo anch'egli nelle
acque del lago.
Oltre al re incontrastato del lago, è facile vedere le specie
autoctone come la castagna d'acqua (Trapa natans), detta
anche trigol, particolarmente sviluppata sul lago di
Mezzo con i suoi frutti a forma di piramide e
commestibili, le isolette di
ranuncolo d'acqua (Nuphar
luteum) con i loro fiori di
colore giallo dorato, che
aprendosi solo in parte
mantengono la particolare
forma rotondeggiante e le ninfee bianche con uno
splendido fiore profumato che forma raggruppamenti
vegetali assieme alle altre ninfee ed erbe galleggianti
(morso di rana, salvinia, Ceratophyllum demersum etc).
Sul margine, assieme alle canne palustri, salici piangenti
e cariceti (la famosa carésa utilizzata per impagliare sedie
e confezionare cappelli e altri prodotti artigianali), cresce
l'ibisco di palude, autoctono e molto raro, che si trova
oltre che nelle Valli del Mincio solo in Toscana, Friuli
e Veneto.
Ormai è scomparsa in questi territori, come in quasi in
tutta Italia, l'Aloe d'acqua (Stratiotes aloides).
Gli uccelli trovano nei canneti e nelle acque del territorio
palustre il luogo ideale per deporre le uova e trovare cibo.
È la fauna aviare quindi quella più rappresentativa della
zona anche più limitrofa alla città.
L'airone rosso, le gallinelle d'acqua, le folaghe con tipico
piumaggio nero in contrasto con il bianco che si estende
sulla regione frontale, e altri anseriformi utilizzano il
lago per "fabbricare" nidi galleggianti al limitare del
canneto sulla riva o su accumuli vegetali mai troppo a
largo, l'airone cenerino invece, nidifica sugli alberi vicini
ai numerosi corsi d'acqua per l'irrigazione che si
ramificano per i campi della provincia, luoghi di
nidificazione e di caccia anche delle poiane dei tarabusi e
delle più "riservate" civette.
La famiglia degli aironi presenti nelle acque del Parco
del Mincio, oltre al rosso e al cenerino, comprende anche
le garzette, svassi, sgarze ciuffetto e le nitticore.
Solitamente questi uccelli si osservavano solo nei mesi tra
aprile e settembre perché specie migratorie, ma negli
ultimi anni hanno preferito sostare anche d'inverno.
Tra le canne si nascondono i nidi della cannaiola e del
basettino. Ma le dolci acque del lago e delle paludi del
Mincio e del Po sono popolate anche da pesce gatto,
tinca, carpa, persico, anguilla e dal vorace e forte luccio.
Lepri, fagiani e volpi possono essere i protagonisti di
qualche incontro notturno nelle campagne mantovane.
Rimpinzate dalle generose mani dei visitatori anche
anatre e cigni sono da annoverare tra le specie presenti in
"suolo" virgiliano, popolando, ormai senza troppi timori
della presenza umana, le sponde dei laghi e regalando un
forse inatteso contatto con la natura al turista della città
d'arte.
I fiumi
Il Mincio
Uscito dal Lago di Garda presso Peschiera, il
Sarca muta nome in Mincio prendendo a scorrere
prima tra le colline moreniche del Garda fino a
Valeggio sul Mincio poi nella Pianura Padana con
un certo dislivello (da Peschiera a Goito 34 m in
28 km), bagnando lungo il suo corso inferiore la
città di Mantova, dove forma tre piccoli laghi
(Superiore, di Mezzo e Inferiore). A sud della
città entra nel Po come affluente di sinistra
presso Governolo, dove è regolato da alcune
dighe per consentirne la navigazione.
Tra le località attraversate dal fiume v'è da
ricordare: Ponti sul Mincio, Monzambano,
Valeggio sul Mincio, Volta Mantovana, Goito,
Marmirolo, Porto Mantovano, Rivalta sul Mincio,
Grazie di Curtatone, Curtatone, Virgilio, Bagnolo
San Vito e Roncoferraro. Presso il comune di
Valeggio il fiume attraversa Borghetto sul Mincio,
dove esiste un canale artificiale costruito per
deviare l’eccesso d’acqua del fiume in caso di
piena. Per rallentare il flusso del canale, prima del
ritorno nel Mincio, si costruirono due scivoli ad
imbuto con interposta una vasca di
contenimento. L’imboccatura di tale canale
artificiale appare ingannevolmente, per chi è in
navigazione, come il proseguimento naturale del
Mincio, mentre in realtà il percorso originario del
fiume passa attraverso la chiusa di uno
sbarramento che sembra una diga, spesso in parte
chiusa alla navigazione.
Il fiume è navigabile con imbarcazioni piccole dal
Lago di Garda ai Laghi di Mantova e da questi
fino all'immissione nel Po anche con imbarcazioni
pesanti (bettoline).
Il corso in Pianura Padana fino al Lago Superiore
è caratterizzato dal non essere arginato, questo
perché è al centro in una ampia depressione
rispetto al livello della pianura circostante detta
Valle del Mincio (valle di pianura).
Dal Lago di Garda fino a qualche chilometro a
monte di Mantova scorre in suoli marcatamente
calcarei, caratteristica unica nella Pianura
Padana, queste concrezioni calcaree sono
chiamate dagli agricoltori bambole o castracan.
Nel periodo etrusco probabilmente il Mincio si
univa con il Tartaro e sboccava nel Mar
Adriatico nella fossa Filistina, in epoca romana fu
fatto confluire nel Po con tre rami da Mantova
ad opera di Quinto Curio Ostilio (Quinto Curio
Hostilio), successivamente riuniti in un tronco
unico arginato nel 1198 su progetto di Alberto
Pitentino e regimato il suo corso con diverse
dighe (Ponte dei Molini e sbarramento di
Governolo) per renderlo navigabile, per evitare
che la Città di Mantova fosse inondata dai
regurgiti del fiume Po in piena e per migliorare la
qualità dell'aria.
In particolare il Ponte dei Molini è una vera e
propria diga tra il Lago Superiore ed il Lago di
Mezzo, fondamentale nel creare il lago Superiore.
Al tempo della creazione del Ponte il salto
d'acqua era di circa 3 metri e veniva utilizzato per
azionare numerosi mulini per gli opifici situati sul
ponte stesso, ad oggi il dislivello complessivo tra
Lago Superiore ed Inferiore è di circa 5 metri.
Fino alla fine del 1700 creava 4 laghi con al
centro la città di Mantova: Lago Superiore, Lago
di Mezzo, Lago Inferiore e Lago Paiolo oggi non
più esistente, inoltre da Curtatone si staccava un
ramo che dopo essersi sdoppiato all'altezza di
Montanara entrava in Po poco a monte di
Borgoforte. L'area così delimitata dai Laghi di
Mantova, da questi rami del Mincio e dal Po
aveva una alta valenza di protezione militare e
veniva chiamata il Serraglio.
Prima di entrare nei laghi di Mantova il Mincio
curva bruscamente verso Est, tale piega è
parallela all'anticlinale di Piadena ed è
probabilmente dovuta allo spostamento di questa
faglia .
Fiume Mincio a Mantova.
.
Il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante
Il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante è un fiume
dell'Italia nordorientale che sbocca nel mare
Adriatico fra l'Adige ed il Po.
È uno dei pochi fiumi italiani che nascono in
pianura da risorgive, assieme ai suoi affluenti. Il
tratto iniziale, della lunghezza di 52 km, è naturale
e prende il nome di "Tartaro". Esso è connesso, a
monte, attraverso il nodo idraulico di Governolo,
al sistema dei laghi di Mantova. Si estende tra le
sorgenti e la conca di Torretta Veneta. Da tale
località entra in provincia di Rovigo che
attraversa longitudinalmente per la sua intera
lunghezza. Il tratto intermedio è costituito da un
canale artificiale che prende il nome di
"Canalbianco" o canal "Bianco" fino alla conca di
Volta Grimana ed è lungo 78 km. Il tratto finale è
stato ricavato da un antico ramo deltizio del
fiume Po e prende infatti il nome di "Po di
Levante". Esso ha una lunghezza fino alla foce di
17 km. La lunghezza totale del fiume dalle
sorgenti al mare è di 147 km.
Per ragioni storiche, qualcuno (in particolare la
popolazione locale) chiama ancora "Tartaro"
anche il tratto che va da Torretta a Canda, della
lunghezza di 18 km, oggetto della sistemazione più
recente.
Il fiume è navigabile per 113 km, dalla confluenza
del canale Fissero, con il quale costituisce
l'idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco o "Mantovamare", fino alla foce in Adriatico. Si collega
inoltre alla linea navigabile "Po-Brondolo" che
dalla laguna di Chioggia permette di raggiungere
Venezia. Sbocca nel mare Adriatico in località
Porto Levante del comune di Porto Viro,
all'altezza dell'isola di Albarella.
Può essere definito il nuovo sbocco a mare
commerciale e diportistico della provincia di
Rovigo; sul Po di Levante sorgerà nei prossimi
anni il porto di Cà Cappello.
Il bacino idrografico del sistema TartaroCanalbianco-Po di Levante è ufficialmente
chiamato
"bacino
del
Fissero-TartaroCanalbianco" o, più raramente, "bacino del
Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante".
Il fiume Adige ha il suo ultimo tributo di destra in
Val d'Adige, con i piccoli affluenti montebaldini;
il Po ha il suo ultimo apporto in sinistra con il
fiume Mincio; il bacino del Fissero-TartaroCanalbianco si colloca quindi tra quelli di questi
due corsi d'acqua e comprende tutti i territori
della bassa veronese, della mantovana orientale e
dell'alto, medio e porzione nord del basso
Polesine, facendo da gronda del territorio
compreso tra l'Adige e il Po.
Giochi!
Gioco 1: - Indovina il nome del fiume
misterioso
a) Nilo.
b) Tanaro.
c) Mincio.
Gioco 2. - Trova il fiume Mincio nella
cartina
Gioco 3: Quale delle tre immagini è quella che
si riferisce alla fauna del luogo? Cerchia
quella giusta!
Immagine 1
Immagine 2
Immagine 3
Mantova è capoluogo
dell'omonima provincia,
ha circa 55,000 abitanti
(CAP 46100, TEL. 0376)
ed è adagiata sul lato
destro del fiume Mincio.
Prospiciente la pianura padana da secoli le principali
risorse per Mantova sono l'agricoltura , l'allevamento
bovino e le industrie alimentari correlate (burro,
formaggi, carni insaccate) a cui si sono aggiunte
successivamente industrie meccaniche,
petrolchimiche e dell'abbigliamento.
Storicamente fu con ogni probabilità fondata dagli
Etruschi, quindi nel V sec. a. C. fu abitata dai Galli per
divenire infine colonia romana nel 214 a. C. Nel VII
sec. entrò a far parte del dominio longobardo e
successivamente del feudo di Canossa, fino alla morte
di Matilde (1115). Nel 1126 divenne libero comune,
fino al 1272 quando si trasformò in signoria, dopo la
vittoria dei Bonacolsi. Nel 1328, la rivolta capeggiata
dai Gonzaga scacciò i Bonacolsi e Mantova proprio con
i Gonzaga divenne una delle principali corti
rinascimentali. Nel 1707 entrò a far parte dell'impero
austro-ungarico, fino al 1866, quando fu annessa
all'Italia di cui da allora condivide il percorso storico.
I principali monumenti sono: il Castello di San
Giorgio (XIV sec.), il Palazzo Ducale (XIII-XVIII sec.,
con affreschi di Mantegna), il Duomo (1545,
ricostruito da Giulio Romano), le Chiese di San
Sebastiano (1460) e Sant'Andrea (1472), il Palazzo
della Ragione (XIII sec.), il Broletto (1227) e il
Palazzo rinascimentale del Tè (XVI sec., su progetto
e con decorazioni di Giulio Romano).
Parco del Mincio - Mantova
Il Parco del Mincio a Mantova è un insieme di natura,
cultura, arte e storia.
Un'area che comprende 13
comuni del mantovano e
in cui si sovrappongono
testimonianze storiche
come i castelli e le
fortificazioni medievali o
scaligere dell'arco morenico, i territori di caccia, i
palazzi dei duchi di Mantova e le testimonianze
etrusche del Forcello o quelle preistoriche di
Castellaro Lagusello.
IL
FESTIVALETTERATURA!!!!
Il Festivaletteratura di Mantova è una
manifestazione culturale nata nel
1997, in cui, nei primi giorni di
settembre, si susseguono incontri con
autori, reading, spettacoli, concerti,
installazioni artistiche. La manifesta
zione riscuote un notevole successo di
pubblico fin dai primi anni ed è
attualmente tra gli appuntamenti
culturali e letterari più importanti
d'Italia. Nel 2010 si è svolta la
quattordicesima edizione (dall'8 al 12
settembre)
Gli
organizza
tori hanno
preso
spunto da
iniziative
simili vissute nei paesi anglosassoni:
nello specifico il Festival di Mantova
non ha mai nascosto di essersi ispirato
a quello di Hay-on-Wye nel Galles:
formula questa che ben si è adattata
alle caratteristiche della città di
Virgilio. La particolarità di questo
evento è la dimensione "ridotta": gli
incontri tra il pubblico e gli autori si
svolgono infatti nel centro storico
della città, all'interno dei palazzi
signorili, nei giardini e nelle piazze: la
città stessa diventa quindi cornice
degli eventi. L'autore è al centro
dell'attenzione: gli incontri ruotano
intorno alle sue esperienze e lasciano
molto spazio alle domande del
pubblico, dando la possibilità di
interagire con chi di solito resta "al
di là" del libro. Questo aspetto della
manifestazione rende il
Festivaletteratura diverso da altri
appuntamenti SIMILI.
LE MAGLIE BLU
La forza del Festivaletteratura sono i
volontari: persone di tutte le età, per
la maggior parte ragazzi e ragazze
tra i 15 ed i 25 anni, che mettono a
disposizione il loro tempo e la loro
energia per la perfetta riuscita del
Festival. Dopo i primi anni, Mantova ha
iniziato ad ospitare anche volontari
da tutt'Italia e dall'estero,
raggiungendo ben presto cifre elevate
di partecipazione (nel 2004 i volontari
sono stati più di 800). I volontari si
occupano di tutti gli aspetti
dell'organizzazione, affiancando in
questo il Comitato Organizzatore: i
loro ruoli sono la segreteria, il
botteghino, l'assistenza agli eventi,
l'allestimento dei luoghi, la
realizzazione di audio e video, la
redazione del giornalino. La "divisa"
dei volontari è una maglietta blu, che
l'Associazione Filofestival regala
loro al momento dell'iscrizione,
insieme ad una copertura assicurativa,
al pass che permette loro di assistere
a tutti gli eventi ed al vitto ed
alloggio gratuiti.
Che cos’ è il parco del
Mincio?.......................................
......................
2. Quanti e quali sono i laghi più
importanti di
Mantova?....................................
.....................................
1.
3. Dove si possono trovare i fiori di
Loto?.........................................
..................................................
I F_ _ _ I DI L_ _ _.
IL P_ R_ _ DI M_ _ _ _V_.
PIATTI TIPICI
MANTOVANI
In questa sezione vi presentiamo i
piatti tipici mantovani. La cucina
mantovana è profondamente legata
alle antiche tradizioni contadine;
predilige i primi piatti ed i dolci, vero
punto di forza del pasto mantovano.
Meno numerosi ma non meno buoni i
secondi piatti, solitamente a base di
maiale o pesce d'acqua dolce.
POLLO ALLA GONZAGHESCA
La ricetta del “pollo alla gonzaghesca” è una
rielaborazione in uso nelle famiglie
mantovane della ricetta
del 1662 del cuoco
ducale Bartolomeo.
AGNOLINI MANTOVANI
L’agnolino mantovano
tradizionalmente si distingue
da quello bolognese sia per i
componenti del pesto, sia per la forma.
CALDI DOLCI (OS s DE MORT)
I caldi dolci, o oss de mort, sono un dolce di
pasticceria
tipico
mantovano
che viene
preparato nel
giorno dei
“Morti” cioè a novembre.
FOJADE CON LE FOLAGA
Ricetta Fojade con la Folaga (tagliatelle
all’anitra selvatica o
folaga)
TIROT
Il tirot è una focaccia tipica del Basso
mantovano il cui nome deriva da
“tirare”, in quanto il tirare è una delle
fasi di
lavorazione dell’impasto.
CHISOL, CHISOLA E MIRTOL
La schiacciata nostrana era
di tre tipi: chisöl, chisöla,
mirtol.
RISOTTO CON
IL PUNTEL
Il risotto alla pilota, nei mesi invernali e
specialmente quando nelle cascine si uccide il
maiale (sempre giorno di festa), è presentato
guarnito con costine o braciole cotte ai ferri, da
mangiarsi
insieme
al
risotto.
NOCINO
Il nocino è un
liquore ottenuto dal
mallo delle noci.
RISOTTO CON I SALTAREI
Una ricetta alternativa al risotto col pesce gatto è
quella con pesce fritto e non lesso.
Il pesce di acqua dolce che si trova nei corsi
d’acqua nel mantovano può essere di diversi tipi:
pesce grosso come la carpa, il gobbo o il pesce
gatto o pesce piccolo come il saltarel. Il saltarel è
il tipico gamberetto
d’acqua dolce o di
fiume, lungo pochi
centimetri, che vive nei fondali, e che è un
crostaceo delicatissimo.
ZABAIONE
Lo zabaione è mantovano di nascita,
infatti la più antica ricetta conosciuta
si deve ad un cuoco di corte della
famiglia Gonzaga.
TORTA MANTOVANA
La Torta mantovana è un dolce semplice,
fatto con ingredienti che le massaie degli
anni
Cinquanta
freschi e
trovavano
facilmente
“fatti in casa”: le uova dalle
galline, la farina fatta macinare al mulino
del paese.
ARTIGIANATO
MANTOVANO
L'artigianato mantovano tradizionale è
rappresentato da una realtà composita
costituita da numerosi contesti produttivi
in cui spiccano qualità professionali,
creatività, originalità, imprenditorialità,
innovazione e flessibilità aziendale.
Nella provincia si evidenzia una forte
concentrazione di imprese in due settori
specifici principali tessile-abbigliamento
ed alimentare, seguiti dal settore edile,
che rappresentano complessivamente il
70% dell'artigianato artistico e
tradizionale provinciale, con
un'evoluzione comunque verso produzioni
di carattere industriale.
Le imprese mantovane attestano solidi
legami produttivi con il territorio e
tendono ad utilizzare in modo significativo
tecniche e
tecnologie
semiautomatiche
e meccanizzate,
evidenziando
una prevalenza
numerica di
imprese nel
comparto dell'artigianato tradizionale
rispetto a quello più propriamente
artistico.
Numerose sono nel territorio le
testimonianze della tradizione storica
artigianale ed artistica locale. Si segnala in
particolare il MUSEO DELLA CULTURA
POPOLARE PADANA, dedicato alla vita
delle genti padane prima dell'avvento
dell'agricoltura industriale. Il Museo
Civico Polironiano di San Benedetto Po
(MN) ospita tra le varie sezioni una
stupenda collezione dedicata ai burattini e
al teatro popolare costituita da
trecentottantuno burattini (comprese le
teste in legno scolpite e vestitini in stoffa),
centonovantotto teste, novantadue
marionette, centottantacinque fondali,
trentanove copioni manoscritti e a stampa,
cinque album fotografici, diapositive,
novantasei stampe di maschere, vario
materiale di ricambio (occhi, vestitini) e
attrezzerie di scena.
Sempre nell'ambito di una componente
ludica e creativa il MUSEO CIVICO DI
CANNETO SULL'OGLIO accoglie tra
l'altro la Collezione del Giocattolo Giulio
Superti Furga, che espone centinaia di
bambole e giocattoli d'ogni epoca e
materiale, in gran parte di produzione
cannetese, il tutto corredato da fotografie
d'epoca dei reparti di produzione delle
industrie locali, prototipi, stampi, modelli
in gesso.
Altro esempio di conservazione di
un'espressione di arte popolare molto
antica in via di estinzione è rappresentato
dal MUSEO DEI MADONNARI - CENTRO
ITALIANO MADONNARI di Curtatone
(MN), fondato per la conservazione del
carteggio, del materiale fotografico e di
significative opere a gessetto dei vari
periodi, collegato all'"Incontro Nazionale
dei Madonnari" rassegna che si tiene
annualmente a Ferragosto sul sagrato del
Santuario della Beata Vergine Maria delle
Grazie, presso Mantova.
GIOCHI
1. Individua il nome del piatto:
…………………………………
………………………………....
………………………………….
…………………………………..
2. Riordina le lettere per formare una
parola:
IOTRT=…………………………………………………
ILACD CILOD=……………………………………
TAROT NOTAVANMA=…………………………
OABZANEI=…………………………………………
CIOONN=……………………………………………
Feste tradizionali
di Mantova
A Mantova si svolgevano e si svolgono
ancora oggi molte feste tradizionali.
Ostensione dei sacri vasi:questi vasi vengono
esposti una volta all’anno,al Venerdì Santo;
secondo la storia-leggenda contengono il
sangue di Gesù,raccolto da un soldato.
Fiaccola della pastorella:si svolge a Canneto
dell’Oglio, fiaccolate di musici riuniti tra le
vie dei paesi,si esibiscono con canti natalizi.
Festa dei Boriel:si svolge a Goito.La festa
viene celebrata con un falò dove viene bruciato
il fantoccio.
Il giorno della Befana
Falò di Sant'
Antonio:si svolge ad
Asola.
Questa festa viene
svolta di sera,
vicino ad un palo di 20m,essa consiste nel
depositare un pupazzo vecchio e bruciato.
Festival della musica Celtica:si svolge a
Montambano.
Carnevale di Mantova:si svolge il venerdì
grasso.
Durante il carnevale mantovano si svolgono
balli in maschera e sfilate di carri allegorici .
Maschere tipiche
Questionario Giocherellone.
1)Quanti e quali sono le Feste
mantovane?
………………………………………………………
………………………………………………………
2)Quale festa si svolge il giorno
dell’Epifania?
………………………………………………………
…………………………………………………….
3)Come si svolge il Carnevale
mantovano?
………………………………………………………
………………………………………………………
Questa bellissima
guida che ci ha
illustrato una
meravigliosa e
affascinante
città come
Mantova
purtroppo è
terminata.
Augurandovi buon
viaggio vi salutiamo!!!
Scarica

Mantova - "Vivaldi"!