Scuola secondaria di primo grado A. Vivaldi TUTTI IN GITA… MA DOVE? Il 4 maggio andremo in gita in una città che vanta origini antiche ed una grande bellezza: Mantova. Gli insegnanti si sono impegnati nella pianificazione di un programma che possa conciliare tutti gli “ingredienti” fondamentali per rendere simpatica e allo stesso tempo utile l’uscita d’istruzione che, fortunatamente, si fa sempre più vicina. Non mi dilungo a ricopiare questo tanto citato programma, poiché scopriremo a poco a poco, proprio durante la gita, le attività preparate per noi con così tanta attenzione. Preferisco, invece, dirvi che in questo libretto troverete molte informazioni sulla nostra meta, una città piccola che molti escludono dal programma turistico per dare la precedenza ad altri luoghi lombardi più conosciuti: Milano, con il suo Duomo, il lago di Garda, percorsi immersi nella natura lungo il Po ecc… Mantova rimane spesso esclusa perché non è molto conosciuta, e molti pensano che non vi siano edifici e monumenti di interesse artistico e storico, non pensando, per esempio, che proprio questa città è stata patria della casata dei Gonzaga, che hanno avuto anche contatti diretti con la dinastia di Ferrara, specialmente con Isabella d’Este. A questo punto, sarete ancora più spinti di prima ad aprire il libretto che tenete fra le mani e leggerlo. Spero che questa premessa sia all’altezza dei contenuti. Mi resta solo più augurarvi… Buona gita e buon divertimento!! Note di viaggio: Intorno al sesto secolo A.C. si sviluppò la Mantova etrusca. Il nome di Mantova prende origine dalla divinità infernale etrusca Mantus a cui il fondatore Ocno l'avrebbe dedicata, i Romani poi la confonderann o con Manto, figlia dell' omerico Tiresia. Fra la prima e la seconda guerra punica subì la dominazione romana senza divenire un centro urbano importante. In seguito alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476 D. C.) la città subì le invasioni dei barbari e le diverse dominazioni di Goti, Bizantini, Longobardi e Franchi, finché, verso il Mille, entrò finalmente a far parte dei possedimenti dei Canossa, la cui ultima rappresentante fu la contessa Matilde che morì nel 1115. In questo periodo Mantova si ornò di importanti costruzioni ma l'unica superstite cittadina dell'epoca matildica è la Rotonda di San Lorenzo , che sembra sia stata costruita sui resti di un tempio pagano nel 1082. Dopo la morte dell'ultima rappresentante della casata dei Canossa, Mantova si resse a libero Comune difendendo strenuamente la propria indipendenza contro le forze imperiali. In questo periodo si abbellì di magnifici edifici quali i palazzi del Brotoletto e della Ragione. Alberto Pitentino, nel 1198, regolò il corso del Mincio creando i quattro laghi che per secoli cinsero Mantova costituendo un baluardo difensivo naturale. Furono erette molte chiese romaniche demolite in seguito per essere ricostruite in stili e dimensioni più confacenti alle ambizioni dei Gonzaga. Di questa epoca sopravvivono soltanto alcuni campanili fra cui la testimonianza più prestigiosa è fornita dalla Torre campanaria del Duomo. La decadenza della signoria di Mantova comincia con Vincenzo II il quale, debole, vizioso e sommerso da debiti, venne a trovarsi in una situazione critica sia sotto il punto di vista economico che quello familiare. Non riuscendo ad avere figli e neppure a sciogliere il matrimonio, alla sua morte il ducato toccò a Carlo Rethel Gonzaga Nevers, un principe francese appartenente ad un ramo cadetto della famiglia mantovana. La presenza di un nobile straniero alla guida di uno staterello italiano geograficamente e politicamente assai importante, spinse l'Impero ad inviare un esercito di 36.000 lanzichenecchi, i quali, nel 1630, presero d'assedio Mantova e diffusero la peste. Quando gli imperiali se ne andarono, Mantova aveva perso tutta la sua eleganza ed i fasti di un tempo erano ormai solo un lontano ricordo. Da questo momento in poi il prestigio di Mantova non si riprenderà più nonostante i tentativi di Carlo I e Carlo II. Con quest'ultimo sorsero Palazzo Canossa (1669), Palazzo Valenti, Palazzo Sordi ( 1660). Alla sua morte il figlio Ferdinando,di cui è rimasto un ritratto a Palazzo D'Arco, prese il suo posto. Politicamente inetto, si dedicò solo a realizzare feste e spettacoli teatrali, trascurando di riammodernare la sua reggia. Si alleò con i francesi al tempo della guerra di successione spagnola che risultò disastrosa per la Francia. Per paura del castigo imperiale, il duca lasciò il feudo nel 1707 e si rifugiò a Venezia con un migliaio di quadri, mobili, gioielli. Alla sua morte (1708) venne dichiarato decaduto per fellonia e la sua famiglia perse tutti i diritti sul ducato di Mantova che passò sotto la dominazione austriaca. Il periodo della dominazione austriaca, fra il 1707 e il 1797, fu ricco di iniziative edilizie pubbliche e private che ridettero almeno in parte la dignità persa alla città di Mantova. Furono ricostruiti San Barnaba, rifatta la facciata del Duomo e con l’imperatrice Maria Teresa nacque la Regia Accademia di Scienze, Lettere e Arti che fu dotata dell’ attuale Teatro Scientifico progettato da Antonio Bibiena. La città si ornò anche del maestoso Palazzo D’Arco. Questa prima fase di dominazione austriaca si concluse con l’avvento delle truppe di Napoleone. Vi furono pesanti gabelle (l’abitudine è dura a morire...), nuove tasse e come se non bastasse altre preziose tele, oggetti preziosi e incunaboli furono portati in Francia. Con la morte di Napoleone tornò la dominazione austriaca che fece di Mantova uno dei capisaldi del famoso quadrilatero difensivo. Pur fra le continue angherie dei governanti austriaci e la sanguinosa repressione, la fede liberale andava diffondendosi sempre più. In questa atmosfera avvenne l’esecuzione dei Martiri di Belfiore che furono impiccati nella valletta Belfiore, un dolce declivio che degrada verso il lago Maggiore ove crescono i fiori di loto. Questo fu una delle pagine più tristi ma al tempo stesso più gloriose del nostro Risorgimento. Nel 1866 finalmente Mantova entrò a far parte dello Stato Italiano. La Mantova di oggi conserva il fascino che ispirò la poesia virgiliana, l’austera architettura medioevale, la grandiosità dei monumenti gonzagheschi, la maestosa signorilità dell’arte settecentesca ed i ricordi dolorosi della dominazione straniera. Tutto ciò è Mantova, piccola città dalle grandi bellezze artistiche e dal passato difficilmente eguagliabile. 1. Intorno a quale secolo si è sviluppata la Mantova etrusca?E da quale divinità ne prende il nome ? …………………………………… …………………………………… …………………………………..... Quali popolazioni la invasero in seguito alla caduta dell’Impero Romano? …………………………………… …………………………………… 3. Chi regolò il corso del Mincio creando 4 laghi? …………………………………… …………………………………… 4. La decadenza della signoria di Mantova con chi cominciò? E per quali motivi?Il prestigio di Mantova si riprenderà? …………………………………… …………………………………… 5. Quali palazzi sorsero in questo periodo ? …………………………………… …………………………………… 6. Con quale popolazione si alleò Ferdinando? …………………………………… …………………………………… 2. 7. A chi passò Mantova ?E chi la governò?Cosa fece nascere? …………………………………… …………………………………… …………………………………… 8. Cosa successe con la morte di Napoleone ? ………………………… ………………………… ………………………… 9. In quale anno Mantova entrò finalmente a far parte dello Stato Italiano? …………………………… Mantova e il Risorgimento Con Risorgimento Italiano si indica il movimento di riscossa nazionale che aveva preso avvio intorno al 1820 e che si sarebbe concluso con l'Unità d'Italia. L'Italia aveva perso la sua unità politica da ben tredici secoli e molti degli Stati in cui era divisa erano sottomessi a Paesi stranieri. Per questo motivo, l'obiettivo comune degli Italiani che combatterono durante il Risorgimento era riconquistare l'unità e l'indipendenza dell'Italia, portandola così a "risorgere". Nel mantovano la carboneria era attiva a Viadana, Quingendole, Gonzaga, Borgoforte, San Martino dall'Argine e a Mantova con il conte Arrivabene che, arrestato e momentaneamente liberato, fuggì all'estero stabilendosi in Belgio tornando a Mantova solo alla fine del 1866. Nell'aprile del 1822 furono arrestati Luigi Manfredini, direttore delle poste di Mantova, e Cesare Albertini, farmacista a Quingendole, che, condotti a Milano, vennero sottoposti a pressanti interrogatori. Condannati a morte nel 1823, la pena "in via di grazia" venne commutata rispettivamente a 20 e 15 anni di carcere. Il 6 febbraio 1831 il Duca di Modena si rifugiò a Mantova a causa della rivolta dei Carbonari che era scoppiata a Modena e nei Ducati limitrofi di Parma, Bologna e in Romagna. Sedati i disordini in pochi giorni, il modenese Ciro Menotti fu tradotto nel castello di San Giorgio e nel carcere di S. Sebastiano di Mantova. A Mantova, venne arrestato il fratello dell'Arrivabene, Giovanni che aveva scambiato con il Menotti delle lettere. I primi mazziniani mantovani processati dagli austriaci furono Orazio Cerini e Francesco Menegari di Medole. A Mantova mancò l'organizzazione, una guida che prendesse in mano le redini della rivolta per condurla alla vittoria. Il 18 marzo (festa del patrono) le cose presero un buona piega alla notizia che Vienna era insorta, uscirono le bandiere tricolori, vi furono manifestazioni patriottiche, anche un Te Deum di ringraziamento. Un nutrito gruppo di cittadini si radunò davanti al Palazzo Ducale e ottenne la liberazione di alcuni giovani che avevano scritto slogan patriottici sui muri. Venne costituito un corpo armato di 300 guardie civiche, tutto era pronto e favorevole, visto che la guarnigione austriaca era formata da 3.300 soldati di cui 3.000 italiani. Il 21 marzo, alla notizia che Milano era insorta, vennero erette alcune barricate e la guardia civica vi si dispose a difesa. Il 22, gli austriaci fecero per togliere le barricate ma un solo colpo di fucile sparato dalle guardie li fece retrocedere e rientrare in caserma. Non seguirono altri fatti d'arme sia per l'atteggiamento prudente del comandante sia per l'atteggiamento dei moderati e della curia che raffreddarono gli entusiasmi permettendo, il successivo 24, l'arrivo delle truppe ungheresi di rinforzo. L'occasione era persa, ora la città era piena di soldati e ogni tentativo di rivolta era impossibile. Altre città lombarde insorsero, i duchi di Parma e Modena furono costretti a promulgare la costituzione. Nel timore che anche in Piemonte si potessero verificare fatti analoghi, promossi dai repubblicani, approfittando degli eventi favorevoli, il 23 marzo, Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria. L'entusiasmo popolar-liberale costrinse i sovrani di Toscana e di Napoli e perfino il Papa ad inviare truppe regolari per dare aiuto all'esercito sabaudo. A Gazzuolo i fuoriusciti da Mantova, in seguito alla mancata rivolta, costituirono un corpo che si autonominava"Colonna Mantovana". Molti erano i volontari non mantovani, tra di loro Nino Bixio e Goffredo Mameli. La guerra cominciò con alcune vittorie sulle retrovie austriache: a Pastrengo (VR) dove si distinsero in un'epica carica i Carabinieri, a Valeggio, Monzambano, Pozzolo e a Goito (il 9 aprile), in cui ebbe il battesimo del fuoco il nuovo corpo dei Bersaglieri. In precedenza, il 27 marzo, le truppe austriache inviate da Verona a Mantova misero al sacco il paese di Castiglione mantovano con morti e feriti. La sosta delle operazioni permise agli austriaci di riorganizzare le fila e forti di oltre 35.000 uomini si mossero da Mantova con tre distinte colonne. Una in direzione di Cremona a ridosso del lago, l'altra verso Montanara, mentre la terza si dirigeva verso Buscoldo con lo scopo di prendere alle spalle le forze dislocate a Levata e Montanara . Sull'esile linea difensiva predisposta lungo 30 km, erano dislocati alcuni reparti regolari ed i 6.000 volontari composti dagli universitari toscani e da un battaglione di Napoletani con sei cannoni, al comando del generale De Auger. Le intenzioni di Radetzky erano quelle di travolgere le esili difese per proseguire verso Goito così da stringere i piemontesi in una morsa. Contro un nemico quattro volte superiore la resistenza dei volontari fu encomiabile, per sei ore tennero testa agli austriaci fino a che non vennero sopraffatti dalla superiorità nemica. Tra i superstiti, lo scrittore Carlo Lorenzini più noto con il nome di Collodi. Questo sacrificio permise al re Carlo Alberto di schierare l'esercito in una posizione più favorevole e vincere gli Austriaci, nuovamente, a Goito per poi prendere la fortezza di Peschiera il 30 maggio. Ancora una volta Carlo Alberto non seppe approfittare della vittoria e proseguire verso il cuore del Veneto. Dopo la sconfitta, l'esercito asburgico in rotta compì razzie e saccheggi nei comuni di Casaloldo, Castelgoffredo, Guidizzolo, Castellucchio, Ospitaletto e Rivalta. Anche a Mantova avvennero saccheggi il più importante dei quali fu la trafugazione e dispersione dei Sacri Vasi, due reliquari d'oro realizzati da Nicolò da Milano disegnati dal Bernini in cui era conservato il Sangue di Gesù, in seguito l'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe si fece carico, a titolo di riparazione, dei nuovi reliquari che furono realizzati da Giuseppe Bellezza. Nel 1857 Pisacane, pensando che nel Regno delle Due Sicilie stessero maturando fermenti rivoluzionari, volle mettere in pratica le sue idee. Con un piccolo esercito di 300 volontari sbarcò a Sapri, in Campania, sperando che i contadini avrebbero partecipato alla rivolta. Ma furono proprio i contadini, che i democratici non erano riusciti a coinvolgere nei loro programmi, sobillati dai signori locali, ad affrontare i patrioti coi tridenti e con le roncole. Pisacane non oppose resistenza e, già ferito, si uccise con un colpo di pistola. Questa nuova, tragica sconfitta convinse una parte dei democratici, tra cui Garibaldi, che dopo la Repubblica romana era tornato nelle Americhe, a collaborare con la monarchia dei Savoia, che ormai sembrava essere l'unica forza in grado di guidare la lotta per l'unità nazionale. Infatti dopo la sconfitta, dal 1850 il Piemonte era notevolmente cambiato, grazie alle capacità politiche di Camillo Benso conte di Cavour. Primo ministro dal 1852, Cavour aveva in pochi anni fatto del Regno di Sardegna uno Stato economicamente prospero, anche se non poteva reggere il confronto con l'Inghilterra e la Francia, era comunque all'avanguardia nella nostra Penisola. Cavour, di convinzioni liberali, aveva saputo creare in Piemonte un clima di tolleranza e di apertura, limitando le interferenze della Chiesa in campo politico. Questo clima aveva attirato in Piemonte molti esuli, perseguitati negli altri Stati italiani, più di 20.000 persone, tra le quali alcuni dei più noti intellettuali dell'epoca. Ricca di fermenti ideali Torino stava diventando la capitale morale dell'Italia, prima ancora di diventarne, dopo l'unificazione, la capitale politica. Queste condizioni favorevoli si trasformarono in una realtà politica grazie all'abile e spregiudicata azione diplomatica promossa da Cavour. Egli comprese infatti che l'unificazione dell'Italia poteva essere raggiunta soltanto con l'aiuto delle grandi nazioni europee che avevano interesse a limitare il potere dell'Austria. Mirò dunque a suscitare l'interesse di quei Paesi per la causa italiana cercando di favorirne la politica per guadagnarne l'alleanza. L'occasione si presentò nel 1854, quando scoppiò la cosiddetta guerra di Crimea, condotta da Inghilterra e Francia contro la Russia, che aveva voluto approfittare della crisi dell'impero turco per allargare i propri domini. Anche se la questione non toccava l'Italia, Cavour nel 1855 inviò in Crimea 18.000 soldati, tra cui molti bersaglieri, per combattere a fianco della Francia e dell'Inghilterra. Queste due potenze, dopo la vittoria, nel Congresso di Parigi (1856) tacitamente autorizzarono il Piemonte a farsi promotore dell'unità italiana. Le successive iniziative di Cavour furono messe in pericolo dall'iniziativa di Felice Orsini, un mazziniano che nel gennaio 1858 cercò di uccidere Napoleone III, nella speranza di suscitare un movimento democratico in Francia che avrebbe a sua volta aiutato quello italiano: l'attentato fallì, e Orsini finì sul patibolo. Grazie alla sua abilità Cavour convinse Napoleone III, per limitare il ruolo dei democratici nel movimento risorgimentale, ad appoggiare e favorire il Piemonte. Il primo ministro piemontese e l'imperatore francese si incontrarono segretamente a Plombieres (in Francia) il 20 luglio 1858, e Napoleone promise un appoggio militare in caso di attacco da parte dell'Austria, prevedendo di dividere l'Italia in tre regni (settentrionale, centrale e meridionale), di cui soltanto il primo sarebbe stato affidato ai Savoia. A questo punto non restava a Cavour che provocare l'attacco dell'Austria. Mentre diventavano sempre più evidenti i preparativi per la guerra, il re Vittorio Emanuele II dichiarava pubblicamente di non essere insensibile al "grido di dolore" (cioè al desiderio di indipendenza) che si levava dall'Italia. L'Austria chiese che cessassero le manifestazioni di ostilità e venissero sciolti i corpi volontari che si erano ammassati in Piemonte, respinto l'ultimatum, il 26 aprile 1859 l'Austria dichiarò aperte le ostilità dando inizio alla seconda guerra d'indipendenza. Il comando delle operazioni fu assunto da Napoleone III, che vinse gli Austriaci a Palestro, Montebello e Magenta, ed entrò a Milano insieme a Vittorio Emanuele II, mentre Garibaldi, che per l'occasione aveva formato il corpo dei "Cacciatori delle Alpi", batté gli Austriaci a Varese, San Fermo e Brescia. Il 24 giugno Francesi e Piemontesi riportarono una seconda vittoria a Solferino e San Martino. Fu una battaglia terribile e sanguinosa morirono 40.000 soldati, 1566 ufficiali, 9 generali e tre feldmarescialli. I feriti a migliaia, solo a Castiglione delle Stiviere ne furono curati 25.000, riempirono case, chiese, conventi e le stesse piazze e strade. Una babele di lamenti e urla, francesi, austriaci, croati, slavi, rumeni ed italiani uniti nella comune sventura. La popolazione civile si prodigò senza sosta per assistere e curare la moltitudine di feriti e ciò servi da spunto allo svizzero Henry Dunant per gettare le basi per una creazione della Croce Rossa. A questo punto, però, le cose non andarono come Napoleone III aveva sperato. Nei Ducati di Modena e Parma, in Toscana e nello Stato pontificio scoppiarono moti di rivolta che chiedevano l'annessione al Piemonte. I cattolici francesi ancora una volta si schierarono dalla parte del Papa, premendo perché Napoleone abbandonasse la guerra. Costui temeva inoltre che il Piemonte diventasse troppo forte. In queste condizioni l'imperatore abbandonò la guerra, firmando un armistizio separato con l'Austria, a Villafranca, nel luglio 1859. La Lombardia, ad eccezione di Mantova e circa metà della sua attuale provincia, veniva ceduta alla Francia che l'avrebbe poi ceduta al Piemonte. Vittorio Emanuele II non volle proseguire i combattimenti senza l'alleato francese nonostante le esortazioni di Cavour, il quale per protesta dopo un'accesa discussione tenutasi a villa Melchiorri di Monzambano si dimise. La difficile situazione fu risolta dal perdurare delle rivolte nell'Italia centrale. In Toscana, in Emilia, a Modena e a Parma l'11 e il 12 marzo 1860 si svolsero dei plebisciti che decretarono l'annessione al Regno di Sardegna. Mentre questo si ingrandiva, lo Stato della Chiesa veniva ridotto. Le delusioni provocate dal comportamento di Napoleone III diedero nuovo spazio all'iniziativa dei democratici e dei mazziniani. Movimenti mazziniani si erano avuti nel Sud e specialmente in Sicilia. Dopo il fallimento di una rivolta a Palermo (aprile 1860), i democratici chiesero l'intervento di Garibaldi. Nacque cosi l'idea della spedizione dei Mille, un piccolo esercito di volontari che avrebbe dovuto "liberare" dal dominio dei Borbone l'Italia meridionale, contribuendo cosi in maniera decisiva all'unità della nazione. Il piccolo esercito delle "camicie rosse", sbarcato a Marsala l'11 maggio 1860, ebbe una serie di successi militari (come quello di Calatafimi), accompagnati però da gravi problemi politici e sociali. Mentre Garibaldi si proclamava dittatore della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II, i contadini siciliani credettero che fosse giunto il momento di liberarsi degli antichi padroni latifondisti e di impadronirsi delle terre. Di fronte alle rivolte contadine, i garibaldini non seppero fare altro che reprimerle, per paura di perdere l'appoggio della borghesia e dei latifondisti. Altri problemi nascevano dalla netta opposizione di Cavour all'impresa dei Mille. Dopo avere conquistato la Sicilia, Garibaldi sbarcò in Calabria e, dopo pochi giorni, entrò trionfalmente a Napoli, mentre Francesco II fuggiva a Gaeta. A questo punto Cavour convinse Napoleone III che i Piemontesi avrebbero dovuto occupare lo Stato pontificio per impedire a Garibaldi di giungere per primo a Roma. Se questo fosse accaduto, infatti, non soltanto il Papa avrebbe perduto tutti i suoi territori, ma l'Italia avrebbe rischiato di diventare una repubblica. E sappiamo che entrambe le cose non piacevano all'imperatore francese. Col suo consenso, dunque, le truppe piemontesi occuparono le Marche e l'Umbria, sconfiggendo l'esercito papale a Castelfidardo (AN). Ma quando Garibaldi, nella battaglia del Volturno, sconfisse definitivamente i borbonici, lo stesso Vittorio EmanueleII si mise alla testa delle truppe sabaude per impedirgli di marciare su Roma. Nell'ottobre del 1860 nell'ex Regno di Napoli si tennero i plebisciti che decisero l'annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte; nello stesso mese avvenne lo storico incontro di Teano in cui Garibaldi, salutò Vittorio Emanuele II "re d'Italia", e gli consegnò i territori da lui liberati. Il 4 novembre con un plebiscito anche le Marche e l'Umbria vennero annesse al Piemonte. Il Regno d'Italia e la terza guerra d'indipendenza Cavour aveva saputo cogliere i frutti di una impresa promossa e realizzata dai democratici. L'unità d'Italia si compiva sotto la guida della monarchia sabauda e il controllo politico dei liberali. Il 17 marzo 1861 il Parlamento di Torino, capitale del regno, proclamò Vittorio Emanuele II, re d'Italia "per grazia di Dio e volontà della Nazione". L'unità d'Italia non era però ancora completa. A nord, Mantova, il Veneto, Trento e Trieste rimanevano sotto il dominio austriaco. Al centro, Roma e il Lazio appartenevano ancora allo Stato pontificio. Con una Convenzione” stipulata con i francesi nel settembre 1864 il Regno d’Italia rinunciava (per il momento a Roma capitale) impegnandosi a difendere gli attuali confini dello Stato Pontificio e optò per il trasferimento della capitale del Regno da Torino a Firenze . Per quanto riguarda il Nord, la situazione cambiò in seguito alla terza guerra d'indipendenza, che scoppiò nel 1866, cinque anni dopo la proclamazione del Regno. Anche quest'ultima guerra fu sostenuta dall'Italia con l'aiuto di un alleato straniero, la cui azione fu determinante: si trattava della Prussia. Essa aspirava da tempo a guidare un movimento di unificazione della Germania e aveva trovato il suo genio politico in Otto von Bismarck, divenuto primo ministro nel 1862. Egli non credeva nelle idee liberali e disprezzava il Parlamento, pensando che la nazione tedesca dovesse essere costruita con un atto di conquista militare, senza mai rinunciare al carattere autoritario dello Stato prussiano. Il primo passo da compiere su questa strada consisteva nel liberare la parte meridionale della Germania dal controllo che vi esercitava l'impero austriaco fin dai tempi del Congresso di Vienna. Per questo Bismarck cercò l'alleanza dell'Italia, ben sapendo che anch'essa era interessata a cacciare gli Austriaci dalle sue terre; al tempo stesso, egli si garantì la neutralità della Francia di Napoleone III. La guerra contro l'Austria del 1866 dal punto di vista militare fu per l'Italia un'altro disastro militare. Le truppe italiane furono battute sia per terra, nuovamente a Custoza, sia per mare presso l'isola di Lissa, nell'Adriatico. I Prussiani, invece, riportavano una decisiva vittoria a Sadowa in Boemia, dimostrando una schiacciante superiorità nella strategia e nella tecnologia militare. Grazie a questo successo riuscirono a porre fine al dominio austriaco sugli Stati della Germania meridionale. Bismarck ottenne che l'Austria cedesse Mantova ed il Veneto all'Italia, anche se questa era stata ripetutamente sconfitta. Con dispregio l'Austria cedette i territori alla Prussia che successivamente li "girò" attraverso la Francia al Piemonte. Rimanevano così sotto il dominio austriaco soltanto i 700.000 italiani di Trento e Trieste. Dal Museo del Risorgimento alla Sezione Risorgimentale del Museo della Città. Il Museo del Risorgimento di Mantova è stato inaugurato il 3 marzo del 1903 in occasione del 50° anniversario del sacrificio dei Martiri di Belfiore. Prima sede del Museo fu una sala del Palazzo Accademico, che già ospitava il civico Museo Patrio. Da qui, nel 1920, a seguito di specifica Convenzione tra Stato e Comune, l´intera raccolta viene depositata in alcuni ambienti al piano terra di Palazzo Ducale per poi essere trasferita nel 1935 nelle Carceri politiche austriache del Castello di San Giorgio. Passata nuovamente sotto il diretto controllo dell´Amministrazione Comunale, nel 1941 la collezione viene spostata in alcuni locali di proprietà sta tale del Palazzo del Capitano. Cosa significa la parola Risorgimento? ……………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………… Come è divisa l’Italia nel 1847? ……………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………… Cosa successe il 6 febbraio del 1881? ……………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………… Cosa successe il 18 marzo del 1847? ……………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………… Spazio per appunti sul Risorgimento mantovano. ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………….. MARTIRI DI BELFIORE L'episodio risorgimentale noto come Martiri di Belfiore (dalla valletta di Belfiore situata all'ingresso ovest di Mantova ove furono eseguite le sentenze di morte) riguarda la prima di una lunga serie di condanne a morte per impiccagione irrogate dal governatore generale del Lombardo-Veneto, feldmaresciallo Radetzky. Esse rappresentarono il culmine della repressione seguita alla prima guerra d'indipendenza e segnarono il fallimento di ogni politica di riappacificazione. CONTESTO STORICO Soffocati i moti e vinta la prima guerra italiana ('48-'49), l'Austria era ben decisa a scoraggiare qualsiasi nuovo tentativo d'autonomia. Il cancelliere dell'Impero, Felice di Schwartanberg succeduto a Metternich, era convinto che per tenere sotto controllo il Lombardo-Veneto c'era bisogno di qualche "salutare impiccagione". In un anno infatti vennero eseguite 961 condanne a morte e inflitte numerose pene corporali. Le autorità imponevano inoltre pesantissimi tributi per evitare le sottoscrizioni a favore di organizzazioni clandestine. Di fronte ad una reazione così dura, era inevitabile che si sviluppasse un movimento di rivolta. IL PROCESSO Vennero arrestati: Carlo Poma, Tito Speri, Carlo Montanari e altri iscritti di Mantova, di Verona, di Brescia, di Venezia. A quel tempo Mantova era dotata di varie strutture carcerarie : il carcere della Mainolda, luogo dalle condizioni igienico sanitarie veramente disumane, il Convento di S. Domenico e il Castello di San Giorgio ove vennero ospitati i cospiratori. I "Martiri di Belfiore" furono trasferiti al Confortatorio di Santa Teresa, ove trascorsero le ultime ore prima dell’ esecuzione. Di origini contadine, i Gonzaga vivevano all'ombra del Monastero di San Benedetto. I vasti terreni venivano dati in affitto a coloro che si impegnavano a coltivarli o che erano tenuti in amichevole considerazione dai monaci. Fu così che i Gonzaga poterono crearsi una ricchissima proprietà rurale ; in seguito si trasferirono in città dove fecero delle apparizioni nella vita politica mantovana. Nel 1328 Luigi Gonzaga, in un'afosa notte di agosto, grazie ad un’ astuzia nelle piazze del centro cittadino ( riportata nel quadro Cacciata dei Bonacolsi) prese il potere. La città fu dotata di nuove mura difensive con cinque porte di accesso. Ludovico II succedutogli amò circondarsi di umanisti, letterati e artisti quali Donatello, Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna e Luca Fancelli. Trasferì la sua abitazione dalla Corte Vecchia al Castello di San Giorgio che Luca Fancelli trasformò in una comoda dimora senza alterare il suo aspetto esterno. Ludovico II morì in seguito ad una pestilenza, il suo posto lo prese il figlio Federico I che governò solo sei anni. Quest'ultimo venne definito dal cronista mantovano "gobbo cortese e piacevole" per la malformazione fisica di cui la famiglia era affetta. Nel 1490 Isabella d'Este giunse a Mantova come sposa del marchese Francesco II . Federico II, figlio di Isabella d'Este, duca di Mantova dal 1530, chiamò a corte Giulio Romano, l'allievo di Raffaello che in pochi anni creò il Palazzo Te. Frattanto il dominio dei Gonzaga si era ingrandito con l'acquisto del Monferrato, raggiungendo l'apice di floridezza economica e politica. Stemma originario della famiglia fino al 1389. Stemma di Francesco I tra il 1389 e il 1391. Stemma dal XIV secolo Stemma dal 1934 I Gonzaga hanno fondato varie città nel territorio mantovano come Reggio Emilia, Guastalla, Reggiolo e una cittadina a cui hanno dato il nome di Gonzaga. Hanno lasciato,inoltre, nel centro di Mantova molti palazzi storici e chiese, tra cui il Duomo, vera e propria dimostrazione della grandezza mantovana. Anche strutture come Palazzo Te, Palazzo Ducale e Palazzo del Podestà dimostrano la grandezza nelle arti e nell’ architettura. Celebri a Mantova sono varie piazze ne è un esempio Piazza Sordello. Palazzo Ducale Palazzo Te I Gonzaga non hanno fondato città V F I Gonzaga avevano una proprietà rurale perché possedevano terreni V F Federico I prese il potere in un’ afosa notte d’ agosto V F Palazzo Te è stato costruito da Raffaello V F I Gonzaga vivevano nel monastero di San Benedetto V F Unisci gli artisti alle proprie opere o agli aggettivi a loro assegnati Andrea Mantegna Decorazione Palazzo Te Federico I Palazzo Te Giulio Romano Gobbo e piacevole Il Palazzo Ducale è stata la residenza principale dei Gonzaga, signori marchesi ed infine duchi della città di Mantova.Venne chiamato Palazzo Reale durante la dominazione austriaca a partire dall'epoca di Maria Teresa d'Austria regnante. Gli ambienti del Palazzo Ducale furono costruiti in epoche diverse a partire dal XIII secolo, per opera della famiglia Bonacolsi successivamente dai Gonzaga. Fu il duca Guglielmo ad incaricare il prefetto delle Fabbriche Giovan Battista perchè collegasse i vari edifici, così da creare, a partire dal 1556, un unico grandioso complesso monumentale e architettonico, uno dei più vasti d'Europa, che si estende tra la riva del lago Inferiore e Piazza Sordello, l'antica Piazza di San Pietro. Morto Bertani nel 1576, l'opera fu continuata da Bernardino Facciotto che completò i giardini,le piazze,il portico,le gallerie,i cortili, fissando definitivamente l'aspetto della residenza ducale. L'interno del Palazzo è quasi spoglio perchè una volta impoveritisi, i Gonzaga dovettero vendere opere d'arte (soprattutto a Carlo I d'Inghilterra) e arredi, parte furono sottratti da Napoleone. CORTE VECCHIA IL PALAZZO DEL CAPITANO, che si affaccia su piazza Sordello, è l'edificio più antico del palazzo Ducale voluto da Guido Bonacolsi e finito nel Duecento. Inizialmente costruito su due piani e separato dalla Magna Domus da un vicolo, nei primi anni del 1300 fu rialzato di un piano e unito alla stessa Magna Domus con un portico avente una facciata rimasta tale fino ad oggi. Nel secondo piano c'è un enorme salone detto dell'America,o anche Salone della Dieta. Questo ambiente è ora abbandonato e bisognoso di restauro. La Magna Domus e il Palazzo del Capitano costituiscono il nucleo originario della Corte Vecchia. A metà del XIV secolo in alcune delle sale Pisanello mise mano ad un ciclo di affreschi. Corte Vecchia riacquistò un suo nuovo prestigio quando nel 1519 Isabella d'Este lasciò la dimora nel Castello e si trasferì al pian terreno della reggia gonzaghesca, nell'appartamento detto vedovile. L'appartamento di Isabella era formato da due ale che contenevano molti affreschi. Successivamente Guglielmo Gonzaga 1550-1587 trasformò gli ambienti di Corte Vecchia creando il Refettorio affacciato sul Giardino Pensile e la Sala dello Specchio destinata alla musica. APPARTAMENTO DEGLI ARAZZI RAFFAELLESCHI In epoca asburgica il Refettorio venne ristrutturato, fu creata la Sala dei Fiumi, con dipinti giganteschi che rappresentano i fiumi del territorio mantovano. Contemporaneamente fu creato l'appartamento degli Arazzi formato da quattro sale, sulle pareti di tre di queste sono estesi nove arazzi tessuti a mano nelle Fiandre con disegno preparatorio di Raffaello. STANZA CON SOFFITTO DEL LABIRINTO CASTELLO DI SAN GIORGIO Costruito a partire dal 1395 e concluso nel 1406 è un edificio a pianta quadrata con quatto torri angolari e cinto da un fossato con tre porte e relativi ponti levatoi. CAMERA DEGLI SPOSI Meravigliosa stanza del piano nobile del castello che contiene affreschi della famiglia Gonzaga,"LA SCENA DELL'INCONTRO” e la “SCENA DELLA CORTE". SALA DEGLI ARCIERI Attualmente sono esposti dipinti provenienti da chiese e monasteri soppressi. La tela più famosa rappresenta LA TRINITA' ADORATA DALLA FAMIGLIA GONZAGA. LE CATACOMBE IN CORTE IL duca Ferdinando Gonzaga ordinò la costruzione della Scala Santa “in scala” ubicata sotto il suo appartamento nella Domus Nova. Questi ambienti ridotti riproducono la Scala Santa di Roma in San Giovanni in Laterano. Questa miniaturizzazione degli ambienti ha portato a pensare che questi locali servissero ad ospitare i nani gonzaghesi,rappresentati anche nella Camera degli Sposi. Tale alloggio fu appunto chiamato "appartamento dei nani" fino al 1979,quando si scoprì la corrispondenza con l’originale romano. CORTE NUOVA SALA DI MANTO La sala di Manto è all'interno della Corte Nuova. Inizialmente era l'ingresso dell'appartamento di Troia che deve il suo nome agli affreschi che raccontano l’arrivo in Italia di Manto, figlia dell’indovino Teresio. CHIESA PALATINA DI SANTA BARBARA La Basilica della Corte gonzaghesca fu costruita tra il 1562 e il 1572. Fu ideata come sede di cerimonie liturgiche accompagnate da musiche. I GIARDINI E I CORTILI Il Cortile della Cavallerizza chiamato anche prato della Mostra, era il luogo dove erano mostrati i cavalli gonzagheschi pronti per la vendita. I GIARDINI: Giardino dei Semplici detto anche Giardino del Padiglione Giardino del Pensile Giardino Segreto Cortile delle Otto Facce detto anche Cortile degli Orsi Cortile dell'onore detto anche Giardino Ducale, Cortile di Santa Croce, Cortile dei Cani. GIOCHIAMO... Quando fu costruito il Palazzo Ducale di Mantova? ................................................................................................. ......................................... Che superficie occupa il Palazzo Ducale? ................................................................................................. ......................................... Quando è stato restaurato il Palazzo Ducale? ................................................................................................. ......................................... Il Palazzo Ducale è residenza principale di quali Signori? ................................................................................................. ........................................ Dove si affaccia il Palazzo del Capitano? ................................................................................................. ......................................... Cosa c'è da vedere nell'appartamento degli arazzi? ................................................................................................. ......................................... E' cinto da un fossato,quattro torri angolari,quattro porte e relativi ponti levatoi?Di cosa si tratta? ……………………………………………… Come si chiamano i due affreschi dipinti nella Camera degli Sposi? ................................................................................................. ......................................... Dove sono conservate le piante ornamentali? ................................................................................................. ......................................... P_ _ _ _ _ O D_ _ _ _ E C_ _ _ _ A DEGLI S_ _ _ _ I A_ _ _ _ I Mantova è una delle città d’arte più importanti d'Italia. Anche se è una piccola città con all'incirca 50.000 abitanti, la bellezza e la tranquillità del suo centro storico la rendono interessante quanto altre città con maggiore afflusso turistico. Il palazzo prende il nome dal luogo in cui sorge: l'isola del Te, circondata dai laghi e dal canale che costeggia le mura meridionali di Mantova. I lavori di costruzione e decorazione iniziano con ogni probabilità negli ultimi mesi del 1525 e si prolungano fino al 1535. Su commissione di Federico Gonzaga, Giulio Romano trasforma le preesistenti scuderie in una villa sontuosa, riutilizzando in gran parte le vecchie muraglie che delineano la corte quadrata. Giulio progetta la nuova configurazione architettonica, messa in opera sotto la direzione di Battista Corvo, e disegna nei minimi dettagli i cicli di affreschi e i fregi di stucco. L'impianto planimetrico con la sua successione Atrio – Cortile Quadrangolare - Loggia - Giardino, riecheggia lo schema della domus antica. Anche il ricorso all'arcaico ordine dorico dimostra il gusto antiquario del progettista. Originale la scelta di rivestire le facciate della villa con un bugnato rustico, ingegnosamente ricavato da laterzi sbozzati e sagomati. Le irregolarità nell'ampiezza delle campate o nella posizione delle aperture dipendono solo in parte dalle preesistenze: sono piuttosto il frutto di contraddizioni compositive che l'autore talvolta attenua con artifici ottici, mentre in altri casi preferisce metterle in evidenza. La villa, dove Federico Gonzaga soggiorna di rado, ha una funzione prevalentemente rappresentativa: nel 1530 e nel 1532 ospita l'imperatore Carlo V, nel 1536 il duca di Baviera Ludovico X. Il Palazzo della Ragione fu edificato quand'era podestà Guido da Correggio (1242), in epoca comunale, per assolvere alle funzioni pubbliche e allo scopo di consentire le assemblee e le adunanze cittadine. Al piano terreno il palazzo ospitava numerose botteghe, mentre nell'ampio salone al piano superiore, si amministrava la giustizia. Sulle pareti di questo ambiente sono visibili i resti di affreschi medievali della fine del XII e del XIII secolo recentemente restaurati. A questo salone si accede tramite una ripida scala posta sotto la Torre dell'Orologio innalzata nel Quattrocento, epoca alla quale risalgono anche i portici che si affacciano su Piazza Erbe. Il Palazzo è ora adibito a sede espositiva ospitando mostre d'arte organizzate dal Comune di Mantova. Palazzo San Sebastiano fu costruito tra il 1506 e il 1508 per volere del marchese Francesco II che lo abitò e vi morì nel 1519. Fu utilizzato dai Gonzaga per trent'anni e nel 1536 fu abbandonato e spogliato dai successivi duchi. Nel salone principale del palazzo vi erano le nove tele del Mantegna raffiguranti I Trionfi di Cesare che furono vendute alla corona inglese ed oggi sono conservate ad Hampton Court. Subì molteplici trasformazioni fino al 1998 quando sono iniziati i restauri. Dal 2005 è adibito a Museo della Città. Nelle sale che conservano ancora tracce di affreschi del glorioso passato come la Camera del Crogiuolo, la Camera delle Frecce, la Camera del Sole e nella Loggia dei Marmi, sono esposti dipinti, statue, busti, fregi e altri reperti architettonici Il Palazzo del Podestà, detto anche "Palazzo del Broletto", fu costruito nel 1227, committente il bresciano Martinengo nominato podestà di Mantova. Unitamente alla torre civica rappresentò il centro amministrativo del comune di Mantova. Verso piazza Broletto fu collegato al palazzo degli ex Magazzini Generali con la costruzione dell'Arengario e al palazzo della Ragione sul lato affacciato su piazza Erbe. Sulla facciata è visibile una statua duecentesca raffigurante Virgilio in cattedra. Subì rifacimenti e modifiche architettoniche anche a causa dei numerosi incendi accaduti nel corso dei secoli.. Dal 1462 fu sottoposto a una importante ristrutturazione a opera di Giovanni da Arezzo su incarico di Ludovico II Gonzaga. Dell'epoca e legata al gusto di Luca Fancelli è la merlatura cieca posta a coronamento dell'edificio. Negli ultimi tre secoli è stato destinato a svariati usi tra cui anche quello di carcere. LE CHIESE DI MANTOVA La chiesa dedicata a S. Pietro è di origine medievale, ma fu ricostruita più volte. Si possono vedere sul fianco destro i muri superstiti di cappelle gotiche poi soppresse, ornati da cuspidi e pinnacoli risalenti al secolo XV. Il campanile è invece in stile romanico. La facciata odierna fu costruita nel 1756 su disegni di Nicola Baschiera in sostituzione di quella ormai cadente dei fratelli Jacomella e Pietropaolo dalle Masegne del 1400. Il corpo del tempio è opera di Giulio Romano che ne iniziò la ricostruzione nel 1545. L'interno si presenta molto ampio e sontuoso: lo spazio di pianta quadrata è diviso longitudinalmente da colonne corinzie, in cinque navate (quelle esterne hanno a lato cappelle chiuse da cancelli). Il Transetto è coperto al centro da una cupola ottogonale. Un ricco soffitto a cassettoni dorati copre la navata principale, ornata da statue cinquecentesche in stucco (Sibille e Profeti). L'architettura della chiesa dimostra come il Romano si sia ispirato alle basiliche paleocristiane di Roma; la varietá dei motivi è invece frutto dell'esuberanza dell'arte giuliesca e dei fasti del '500 mantovano. Secondo la leggenda la basilica sorge nel luogo in cui furono ritrovati (804 d.c.) i Sacri Vasi, reliqua religiosa ancor oggi ivi custodita contenente il sangue di Cristo. Nel 1037 il tempio venne affiancato da un monastero benedettino che diventa di grande importanza nell'etá comunale, finchè nel 1472 fu soppresso da papa Sisto IV su richiesta dei Gonzaga. Di quel periodo rimane solo il campanile gotico, eretto nel 1413. Dopo la soppressione del monastero la chiesa venne totalmente ricostruita in stile rinascimentale. Il progetto scelto per tale opera è di Leon Battista Alberti, il quale però scomparve prima dell'inizio dei lavori. Questi furono pertanto affidati a Luca Fancelli fino al 1490. All'interno la decorazione pittorica e le rifiniture videro protagonisti Andrea Mantegna e Giulio Romano con i rispettivi allievi. Nel '500 furono costruiti i due bracci del transetto, il presbiterio e la cripta. La cupola fu terminata nel 1765, senza più rispettare i disegni iniziali ma su un'idea del siciliano Filippo Juvarra. La facciata si ispira alla classicità dei monumenti della Roma antica. Da notare è il portale di marmo dell'ingresso centrale, scolpito tra il '400 e il '500. All'interno nella struttura a croce latina con unica navata coperta da una volta a botte fiancheggiata da ampie cappelle quadrate, echeggiano le maestosità e la solennità dell'Alberti. Nel complesso, la basilica si presenta con un corpo di creazione quattrocentesca di Alberti, sormontato da cupola settecentesca di Juvarra e adornata da decorazioni pittoriche del '500, '600 e '700. Nella prima cappella piccola del lato sinistro è sepolto Andrea Mantegna. Chiesa della corte dei Gonzaga fu voluta dal duca Guglielmo che incaricò del progetto l'architetto mantovano Giovan Battista Bertani. Parte integrante del Palazzo Ducale, la edificazione della chiesa fu conclusa nel 1572. Iniziato nel 1460 da Luca Fancelli su progetto di Leon Battista Alberti, fu completato nel 1529. Sconsacrato nel XVIII secolo fu adibito a diversi usi fino al 1925 quando, dopo un discutibile restauro che ha aggiunto le due scalinate d'ingresso, è stato trasformato in famedio dei caduti mantovani di tutte le guerre. CHIESA DI SAN BARNABA La prima chiesa dedicata a San Barnaba nel luogo dell'attuale fu costruita intorno all'anno 1263 e successivamente varie volte ristrutturata.La facciata fu rifatta da Antonio Galli da Bibbiena nel 1737. All'interno sono conservati dipinti di Lorenzo Costa il Giovane, Gerolamo Bonsignori, Giuseppe Bazzani. La costruzione della chiesa conventuale di San Francesco risale al 1304. Al suo interno fu edificata la Cappella Gonzaga che divenne mausoleo dei Signori di Mantova dal 1369 al 1484. Nel 1526 venne sepolto tutto armato il condottiero Giovanni dalle Bande Nere. Gli austriaci soppressero la chiesa nel 1782 e la trasformarono in arsenale nel 1811. Dato l'uso militare dell'edificio, lo stesso fu devastato da un bombardamento aereo nel 1944. Fortunosamente la Cappella Gonzaga si salvò e con essa preziosi affreschi del 1300, recentemente restaurati, raffiguranti le storie di San Ludovico d'Angiò. Conservando lo stile romanico-gotico la chiesa fu comunque ricostruita intorno a quanto si salvò dalla distruzione bellica, la facciata con le tre guglie, il campanile e la Cappella Gonzaga. L'edificio d'aspetto romanico-gotico fu eretto nella seconda metà del XIII secolo in una zona chiamata cretarium, ad alta densità di cave di creta, nel luogo dove, secondo la tradizione, fu martirizzato S. Longino, il centurione romano che portò a Mantova il Preziosissimo Sangue di Cristo. Nel 1775 venne soppressa dopo che dal 1454 era divenuta proprietà dei monaci Olivetani. La chiesa presenta una facciata a capanna asimmetrica ornata da un grande rosone. L'interno, diviso in tre navate, conserva affreschi duecenteschi e decorazioni del XVI sec. Questi affreschi furono "riscoperti" alla fine dell'1800 e in seguito anche a successivi restauri, la chiesa è stata nuovamente riaperta al culto nel 1966. La chiesa, comunemente denominata "Madonna della Vittoria", fu fatta erigere dal Marchese Francesco II Gonzaga nel 1496. Il tempio votivo celebrava la vittoria militare a Fornovo contro Carlo VIII di Francia, e conservava al suo interno la pala della Madonna della Vittoria opera di Andrea Mantegna, trafugata da Napoleone e oggi al Louvre La costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1609. Del monumento barocco progettato da Antonio Maria Viani risaltano l'imponente facciata del 1731 e una quadreria d'indubbio valore con tele preziose di Ludovico Carracci, il Martirio di Santa Margherita e un'Annunciazione, di Geffels, di Jacob Denys, entrambi fiamminghi, di Giuseppe Bazzani e di altri autori del Seicento. La chiesa dedicata a San Martino, vescovo di Tours, fu edificata in epoca medievale subendo successivamente rifacimenti e ristrutturazioni. L'attuale aspetto è dovuto all'intervento architettonico d'impronta barocca dell'architetto Frans Geffels eseguito negli anni tra il 1680 e il 1693. La chiesa dedicata a "Santa Maria della Carità" esisteva fin dall'anno Mille, costruita su iniziativa degli orefici mantovani. L'attuale aspetto lo si deve a ristrutturazioni susseguitesi dal Seicento. D'impianto barocco l'interno, lo stesso fu particolarmente arricchito dalle opere di Giuseppe Bazzani che in questa chiesa vi fu battezzato nel 1690. Situato in Piazza Sordello, fu edificato da Pinamonte dei Bonacolsi intorno al 1272 e riadattato da Luigi Gonzaga dopo la conquista del potere nel 1328. È stato l'antica dimora della famiglia Bonacolsi, che governò la città dal 1272 al 1328. Il palazzo è attualmente ancora dimora della famiglia dei conti Castiglioni, discendente da Baldassarre Castiglione, uomo politico e studioso del XVI secolo, autore de Il Cortegiano. Al piano terra vi è l'originario portone dell'ingresso con grande arco a sesto acuto bicolore e decorato con scudi con lo stemma dei Bonacolsi. Fu costruito nel 1784 su un preesistente palazzo del XV secolo dall'architetto Antonio Colonna per la famiglia di origini trentine D'Arco. Caratterizzato dall'ampia facciata neoclassica ispirata all'arte del Palladio, il palazzo è sede museale per i tesori d'arte che contiene: tuttora arredato con i mobili della casata ospita importanti collezioni artistiche tra cui spiccano le tele settecentesche di Giuseppe Bazzani, una biblioteca di oltre seimila volumi e una collezione di strumenti scientifici. Nella Sala dello Zodiaco sono visibili affreschi (1520) attribuiti a Giovanni Maria Falconetto. Nel Palazzo vi si celebrò nel 1810 il processo a Andreas Hofer eroe dell'indipendenza tirolese contro la dominazione francese. . Giuseppe Verdi ne musicò la storia e i mantovani gli diedero la residenza; verso la fine di Piazza Sordello si trova la casa del "Rigoletto", il buffone di corte Gonzaga. Il personaggio ha in realtà poco di mantovano, l'omonima opera di Verdi infatti venne tratta da un dramma di Victor Hugo e riadattata in territorio mantovano, trasformando il re di Francia nel duca di Mantova, e cambiando il nome del protagonista da Triboulet a Rigoletto. La struttura quattrocentesca accoglie la scultura del Rigoletto, opera di Aldo Falchi, sistemata nel piccolo cortile interno. Nel gennaio del 1457 Andrea Mantegna aveva già accolto l'offerta del marchese Ludovico Gonzaga di trasferirsi a Mantova. Si trattava di un ruolo che offriva indubbi vantaggi economici, ma impegnava l'artista a mettere la propria cultura e la propria arte esclusivamente al servizio di un committente: il signore di un piccolo stato lombardo, dai gusti assai diversi rispetto agli aristocratici padovani presso i quali aveva lavorato. Il trasloco del maestro avvenne pertanto solo nel 1460; in seguito il Mantegna si sarebbe stabilito definitivamente a Mantova fino alla sua morte nel 1506. Ludovico Gonzaga, come altri principi delle corti padane del suo tempo, era uomo d'armi e di lettere; si era formato alla scuola dell'umanista Vittorino da Feltre dedicandosi allo studio degli scrittori classici Greci e Latini, all'apprendimento della matematica e del disegno. Nel maggio del 1459 aveva dovuto organizzare presso il proprio palazzo la Dieta convocata da Papa Pio II (Piccolomini), che aveva indetto la crociata contro i Turchi, perciò aveva dovuto ristrutturare il palazzo di Mantova a partire dal Castello di San Giorgio. La decorazione che riveste le pareti e la volta della “Camera Picta”, situata al piano nobile della torre nord-orientale del castello di San Giorgio, iniziò il 16 giugno del 1465 e terminò nel 1474, quando il Mantegna in una lunga iscrizione redatta in latino dedicava il lavoro al marchese Ludovico e a sua moglie, Barbara di Brandeburgo. Attraverso un uso abilissimo della prospettiva, la complessa decorazione ad affresco trasforma completamente la semplice struttura della non vasta stanza in una finta e articolata costruzione architettonica all'antica. I finti pilastri si innestano su un alto piedistallo che corre lungo il perimetro della stanza e simulano una funzione di sostegno del soffitto. Tra essi si possono cogliere le immagini del Marchese di Mantova, dei suoi famigliari, dei cortigiani e degli ospiti che celebrano lo storico passaggio del Papa alla corte dei Gonzaga. Quest'ambiente veniva utilizzato come camera da letto del Marchese, come sede per le udienze e come archivio. Il Mantegna aveva cominciato con il dipingere la volta attraverso costoloni suddivisa diagonali e occupata al centro da una balaustra circolare in finto marmo bianco che simula l'apertura sul cielo, dalla quale si sporgono a guardare verso l'interno della stanza due gruppi di donne, un pavone e una schiera di putti. Tutt'intorno, entro medaglioni in finto marmo bianco sono rappresentati i ritratti dei primi otto imperatori romani e sotto le storie di Orfeo, di Arione e di Ercole. Le due scene sulle pareti rappresentano il succedersi di fatti storici precisi, accaduti all'inizio del 1462: sulla parete a nord la corte si è riunita per leggere la lettera di Bianca Maria Visconti che convocava con urgenza il Marchese a Milano, su quella occidentale l'incontro di Ludovico a Bozzolo con i figli Francesco e Federico che rientravano da Milano dove si erano recati per ringraziare Francesco Sforza per il ruolo giocato nelle trattative che avevano condotto Francesco alla nomina di Cardinale. Le pareti occidentali e meridionali rappresentano finti tendaggi dipinti a imitazione delle tappezzerie che realmente coprivano i muri delle stanze del castello. Gli esami di laboratorio effettuati in tempi recenti sulle opere pittoriche dell'artista rivelano la presenza di disegni assai accurati e perfezionati che indicano la meticolosa progettazione dell'opera e giustificano l'aggettivo “tenue” con il quale il Mantegna indicava la minuziosa stesura degli affreschi. GLOSSARIO Campata: spazio coperto,generalmente quadrilatero, compreso tra sostegni ad esempio pilastri o colonne Cassettoni: incavi decorati nel soffitto, a forma poligonale Cripta: ambiente sotterraneo dove, nelle chiese cristiane, sono conservate le reliquie di martiri Cupside: elemento architettonico triangolare, posto a coronamento di facciate o portali Merlatura: insieme di “merli”, elementi in muratura a funzione militare, collocati a ritmo regolare su edifici medioevali e rinascimentali Navata: corridoio longitudinale (verticale) interno alla basilica, limitato da file di colonne o pilastri Pinnacolo (o guglia): elemento architettonico a forma piramidale, slanciato verticalmente, caratteristico dell'architettura gotica Presbitero: zona della chiesa che circonda l'altare maggiore, riservata al clero Transetto: nelle chiese cristiane, navata trasversale perpendicolare a quelle longitudinali Volta: struttura architettonica di superficie curva (detta”a botta”) o appuntita (detta “a ogiva”), che copre un edificio. W I GIOCHI L' IDENTIKIT Riordina le parole in modo da formare nomi di monumenti,luoghi e personaggi cmreaa aptic:______ _____ plzazao lde ooltbret:_______ ___ ________ Adnare Mategann:______ ________ Zgnagoa:_______ Bsacclia id S.Dnaare:_______ __ _. ______ BREVETTI TRUCCATI Abbina gli artisti alle opere tramite frecce camera degli sposi------ Juvarra facciata odierna del duomo------Mantegna transetto della Basilica di S.Andrea------Baschiera Virgilio Publio Virgilio Marone nacque il 15 ottobre del 70 a.C. ad Andes piccolo villaggio nei pressi di Mantova, identificabile con l'odierna Pietole. La sua famiglia di modesti proprietari terrieri gli permise di ricevere una accurata educazione prima a Cremona e a Milano, poi a Roma. L'eloquenza e l'oratoria non si rivelarono però molto congeniali alla natura del mite Virgilio, riservato e timido. Forse, più delle scuole da lui frequentate, giovarono alla sua formazione di poeta i primi dodici anni di vita trascorsi nella ridente campagna mantovana. Altrettanto formativa fu per Virgilio la corrente letteraria dei Poetae Novi (Catullo) i quali, abbandonato il poema epico, si rivolsero a composizioni più leggere sul tema dell'amore e degli affetti. Terzo elemento che fece di Virgilio il grande poeta fu l'influenza della filosofia di Epicuro, che invitava ad amare la vita semplice, la natura, ed abbandonare le ambizioni, le passioni, i turbamenti della vita frenetica della città. Virgilio ne fu così affascinato che si trasferì nel tranquillo Golfo di Napoli per seguire gli insegnamenti dell'epicureo Sirone. Qui egli concepì la prima grande opera: le Bucoliche a cui seguirono le Georgiche; infine l'Eneide che fu pubblicata dopo la morte avvenuta nel 19 a.C. a Brindisi. Virgilio fu sepolto a Napoli. Le opere giovanili La prima opera di Virgilio si intitola Bucoliche: si tratta di dieci composizioni in versi, che hanno per protagonisti pastori e contadini e ne cantano la vita semplice e tranquilla. Virgilio scrisse poi le Georgiche,basata sul tema dell’ agricoltura,la vita del contadino è esaltata per la sobrietà e l’ onestà. Il capolavoro Virgilio si dedicò all’Eneide.La concepì come un’opera che glorificasse le origini dei Romani e nello stesso tempo esaltasse Ottaviano.Voleva creare un poema degno dell’Iliade e dell’Odissea, che tanta gloria avevano dato ai Greci. Lavorò all’opera undici anni e dopo si ammalò gravemente. Prima di morire chiese agli amici di distruggere il manoscritto,poiché non ne era soddisfatto. Eneide significa “il poema di Enea”.Questi era un eroe troiano,egli era cognato di Ettore. Diversamente da quanto accade nell'Odissea di Omero, gli eventi narrati nell'Eneide non presentano una chiara scala temporale. Neppure l'età del figlio di Enea, Ascanio, si rivela utile per fornire qualche indizio in tal senso: nel settimo libro, ad esempio, egli ha un'età tale da permettergli di partecipare ad una battuta di caccia, mentre nel primo libro deve essere ancora molto piccolo tenendo conto che Cupido, avendone preso le fattezze, se ne sta tra le braccia di Didone a scagliare frecce nel suo cuore. Andrea Mantegna Andrea Mantegna è nato a Isola di Carturo (Padova) nel 1431 ed è morto a Mantova nel 1506. Fu allievo a Padova dello Squarcione e si formò in un ambiente culturale molto fecondo per l'apporto degli artisti toscani che vi erano allora attivi: Paolo Uccello, Andrea Castagno e Donatello. Fino al 1460 quando Mantegna si trasferì a Mantova come pittore di corte per Ludovico III Gonzaga, realizzò capolavori come il Polittico di S. Luca, la Pala di S.Zeno e l'Orazione nell'orto. Questi capolavori, l'Adorazione dei Magi, la Circoncisione e la Morte della Vergine preannunciano la realizzazione della decorazione della Camera degli Sposi nel Castello di San Giorgio. L'affresco completo delle pareti e della volta raffigura un padiglione aperto su erosi paesaggi, in cui si articolano le due scene della Famiglia di Ludovico Gonzaga radunata per una cerimonia e dell'Incontro del marchese Ludovico col figlio Francesco cardinale e del suo seguito in un tono altissimo di serena ed epica classicità. Negli ultimi anni Mantegna cercò di indirizzarsi verso una ripresa degli scorci audaci e delle forme violentemente definite dal disegno; vedi il Cristo morto (Milano, Brera). Alla tarda attività dell'artista appartengono anche il Parnaso e il Trionfo della Virtù nello studiolo di Isabella d’Este e ora al Louvre. Mantegna realizzò molte opere come Sansone e Dalila, Il trionfo di Scipione, Giuditta con la testa di Oloferne, ecc... attraverso le quali esercitò un profondo influsso sulla pittura rinascimentale. Isabella d’Este Marchesa di Mantova è nata a Ferrara nel 1474 e morta a Mantova nel 1539. Figlia del duca Ercole di Ferrara e di Eleonora d'Aragona, a sedici anni sposò Francesco Gonzaga.Fu una delle donne più notevoli e raffinate del Rinascimento, amante della musica e della poesia. Affidò l'educazione del figlio Federico al filosofo Pietro Pomponazzi e fece di Mantova un centro di cultura. Isabella d'Este abile diplomatica resse il governo del ducato con fermezza sia durante la prigionia del marito a Venezia, ottenendone mediante trattative la sua liberazione, sia dopo la sua morte (1519. .Isabella, sensibile al richiamo del bello e dell'antico,arricchì le stanze del Castello concentrando l'attenzione sullo Studiolo e la Grotta, due camerini a lei lasciategli dallo sposo. Per i lavori allo Studiolo Isabella si rivolse al pittore Giovan Luca Palombeni che ornò con fregi e stemmi gli sportelli degli armadi a muro che lo ricoprono, questi furono successivamente eliminati per essere sostituiti da Isabella con una serie di dipinti allegorici (realizzati dal Mantegna).Per la Grotta chiamò i fratelli Mola che intarsiarono su pannelli di legno le architetture di città e palazzi fantastici, strumenti musicali e graziose scene di corte. In questa stanza Isabella raccolse ogni genere di capolavori: bronzetti, preziosi manoscritti, strumenti musicali ed un mappamondo su cui seguì i viaggi di Colombo. Dei 1600 pezzi oggi ne sono rimasti solo tre. Indovina indovinello … 1 il cognome di Andrea; ………………………………………………………………………… 2 luogo in cui è nato Virgilio; ………………………………………………………………………… 3 luogo in cui è sepolto Virgilio; ………………………………………………………………………… 4 Andrea realizzò il _ _ _ _ _ _ _ di Scipione; 5 Andrea realizzò per i Gonzaga l’ _ _ _ _ _ _ _ _ nell’orto; 6 Il marito di Elisabetta andò in prigione a…; 7 Le Georgiche erano basate sull’ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _. 1 2 3 4 5 6 7 I laghi di Mantova in origine erano quattro: Superiore, di Mezzo, Inferiore e Paiolo. La città era di fatto un'isola. Tale assetto idraulico, che regola tuttora il corso del fiume Mincio attorno alla città, fu creato nel 1190 ad opera dell'ingegnere bergamasco Alberto Pitentino. Essendo queste opere idrauliche un monumento di ingegneria idraulica, antiche di oltre otto secoli, si è indotti a pensare che i laghi di Mantova siano "laghi naturali" anziché sbarramenti fluviali artificiali. Il lago Paiolo fu poi prosciugato alla metà del '700, così che la città di Mantova si trasformò in una penisola. I laghi di Mantova dal 1984 sono parte integrante del Mincio. Ma una seconda Leggenda porta ad un'altra teoria, Mantova trae l'origine del suo nome da Mantu, dio etrusco signore dei morti del pantheon tirreno. Dunque il primo villaggio risale al 2000 a.C. abitato dagli Umbri, nel VI sec. a.C. si sviluppa sotto gli Etruschi e in seguito sotto i Galli e poi il territorio mantovano viene colonizzato dai soldati veterani di Augusto. Flora e fauna del territorio ruotano inevitabilmente attorno all'imponente presenza a Mantova dei laghi e delle acque che la cingono. Sorprendentemente nei laghi mantovani sono presenti i fiori di loto (Nelumbo nucifera), originari del Sud Est asiatico. Dalle sponde del parco pubblico di Belfiore, sul lago Superiore, è ben visibile l'isola galleggiante dei fiori di loto con la spettacolare fioritura in luglio-agosto-settembre. La loro bellezza è indubbia ma dal punto di vista ambientale l'introduzione del fior di loto è stata un'operazione discutibile dato che si tratta di una specie aliena dotata di forte capacità infestante che fa sì che siano oggetto di massicci interventi periodici di sfalcio per preservare l'integrità dei laghi. La loro introduzione in Italia è opera nel 1914 dei padri Saveriani di Parma che decisero di utilizzare la fecola ottenuta dai rizomi a scopo alimentare, come da secoli facevano i cinesi. Anna Maria Pellegreffi, giovane laureata in Scienze Naturali, si occupò del trapianto dei rizomi nel Lago Superiore di Mantova nel 1921. La farina non ebbe successo nella cucina mantovana ma il fiore colonizzò i laghi. Il paesaggio emozionante e surreale che la distesa di fiori di loto concorre a creare ha dato vita anche a una leggenda sulla loro nascita in territorio. Si racconta che un giovane viaggiando per l'Oriente conobbe una ragazza dagli occhi a mandorla e con la pelle profumata come i petali del fior di loto. Venuta a Mantova, la povera ragazza, nello specchiarsi nel lago, vi cadde, perdendo la vita. Il ragazzo allora gettò dei semi del fiore nel lago in modo che, fiorendo ogni estate, potessero ricordare con il loro profumo e la loro delicata bellezza la sua sposa e sconfitto dal dolore si tolse la vita sparendo anch'egli nelle acque del lago. Oltre al re incontrastato del lago, è facile vedere le specie autoctone come la castagna d'acqua (Trapa natans), detta anche trigol, particolarmente sviluppata sul lago di Mezzo con i suoi frutti a forma di piramide e commestibili, le isolette di ranuncolo d'acqua (Nuphar luteum) con i loro fiori di colore giallo dorato, che aprendosi solo in parte mantengono la particolare forma rotondeggiante e le ninfee bianche con uno splendido fiore profumato che forma raggruppamenti vegetali assieme alle altre ninfee ed erbe galleggianti (morso di rana, salvinia, Ceratophyllum demersum etc). Sul margine, assieme alle canne palustri, salici piangenti e cariceti (la famosa carésa utilizzata per impagliare sedie e confezionare cappelli e altri prodotti artigianali), cresce l'ibisco di palude, autoctono e molto raro, che si trova oltre che nelle Valli del Mincio solo in Toscana, Friuli e Veneto. Ormai è scomparsa in questi territori, come in quasi in tutta Italia, l'Aloe d'acqua (Stratiotes aloides). Gli uccelli trovano nei canneti e nelle acque del territorio palustre il luogo ideale per deporre le uova e trovare cibo. È la fauna aviare quindi quella più rappresentativa della zona anche più limitrofa alla città. L'airone rosso, le gallinelle d'acqua, le folaghe con tipico piumaggio nero in contrasto con il bianco che si estende sulla regione frontale, e altri anseriformi utilizzano il lago per "fabbricare" nidi galleggianti al limitare del canneto sulla riva o su accumuli vegetali mai troppo a largo, l'airone cenerino invece, nidifica sugli alberi vicini ai numerosi corsi d'acqua per l'irrigazione che si ramificano per i campi della provincia, luoghi di nidificazione e di caccia anche delle poiane dei tarabusi e delle più "riservate" civette. La famiglia degli aironi presenti nelle acque del Parco del Mincio, oltre al rosso e al cenerino, comprende anche le garzette, svassi, sgarze ciuffetto e le nitticore. Solitamente questi uccelli si osservavano solo nei mesi tra aprile e settembre perché specie migratorie, ma negli ultimi anni hanno preferito sostare anche d'inverno. Tra le canne si nascondono i nidi della cannaiola e del basettino. Ma le dolci acque del lago e delle paludi del Mincio e del Po sono popolate anche da pesce gatto, tinca, carpa, persico, anguilla e dal vorace e forte luccio. Lepri, fagiani e volpi possono essere i protagonisti di qualche incontro notturno nelle campagne mantovane. Rimpinzate dalle generose mani dei visitatori anche anatre e cigni sono da annoverare tra le specie presenti in "suolo" virgiliano, popolando, ormai senza troppi timori della presenza umana, le sponde dei laghi e regalando un forse inatteso contatto con la natura al turista della città d'arte. I fiumi Il Mincio Uscito dal Lago di Garda presso Peschiera, il Sarca muta nome in Mincio prendendo a scorrere prima tra le colline moreniche del Garda fino a Valeggio sul Mincio poi nella Pianura Padana con un certo dislivello (da Peschiera a Goito 34 m in 28 km), bagnando lungo il suo corso inferiore la città di Mantova, dove forma tre piccoli laghi (Superiore, di Mezzo e Inferiore). A sud della città entra nel Po come affluente di sinistra presso Governolo, dove è regolato da alcune dighe per consentirne la navigazione. Tra le località attraversate dal fiume v'è da ricordare: Ponti sul Mincio, Monzambano, Valeggio sul Mincio, Volta Mantovana, Goito, Marmirolo, Porto Mantovano, Rivalta sul Mincio, Grazie di Curtatone, Curtatone, Virgilio, Bagnolo San Vito e Roncoferraro. Presso il comune di Valeggio il fiume attraversa Borghetto sul Mincio, dove esiste un canale artificiale costruito per deviare l’eccesso d’acqua del fiume in caso di piena. Per rallentare il flusso del canale, prima del ritorno nel Mincio, si costruirono due scivoli ad imbuto con interposta una vasca di contenimento. L’imboccatura di tale canale artificiale appare ingannevolmente, per chi è in navigazione, come il proseguimento naturale del Mincio, mentre in realtà il percorso originario del fiume passa attraverso la chiusa di uno sbarramento che sembra una diga, spesso in parte chiusa alla navigazione. Il fiume è navigabile con imbarcazioni piccole dal Lago di Garda ai Laghi di Mantova e da questi fino all'immissione nel Po anche con imbarcazioni pesanti (bettoline). Il corso in Pianura Padana fino al Lago Superiore è caratterizzato dal non essere arginato, questo perché è al centro in una ampia depressione rispetto al livello della pianura circostante detta Valle del Mincio (valle di pianura). Dal Lago di Garda fino a qualche chilometro a monte di Mantova scorre in suoli marcatamente calcarei, caratteristica unica nella Pianura Padana, queste concrezioni calcaree sono chiamate dagli agricoltori bambole o castracan. Nel periodo etrusco probabilmente il Mincio si univa con il Tartaro e sboccava nel Mar Adriatico nella fossa Filistina, in epoca romana fu fatto confluire nel Po con tre rami da Mantova ad opera di Quinto Curio Ostilio (Quinto Curio Hostilio), successivamente riuniti in un tronco unico arginato nel 1198 su progetto di Alberto Pitentino e regimato il suo corso con diverse dighe (Ponte dei Molini e sbarramento di Governolo) per renderlo navigabile, per evitare che la Città di Mantova fosse inondata dai regurgiti del fiume Po in piena e per migliorare la qualità dell'aria. In particolare il Ponte dei Molini è una vera e propria diga tra il Lago Superiore ed il Lago di Mezzo, fondamentale nel creare il lago Superiore. Al tempo della creazione del Ponte il salto d'acqua era di circa 3 metri e veniva utilizzato per azionare numerosi mulini per gli opifici situati sul ponte stesso, ad oggi il dislivello complessivo tra Lago Superiore ed Inferiore è di circa 5 metri. Fino alla fine del 1700 creava 4 laghi con al centro la città di Mantova: Lago Superiore, Lago di Mezzo, Lago Inferiore e Lago Paiolo oggi non più esistente, inoltre da Curtatone si staccava un ramo che dopo essersi sdoppiato all'altezza di Montanara entrava in Po poco a monte di Borgoforte. L'area così delimitata dai Laghi di Mantova, da questi rami del Mincio e dal Po aveva una alta valenza di protezione militare e veniva chiamata il Serraglio. Prima di entrare nei laghi di Mantova il Mincio curva bruscamente verso Est, tale piega è parallela all'anticlinale di Piadena ed è probabilmente dovuta allo spostamento di questa faglia . Fiume Mincio a Mantova. . Il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante Il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante è un fiume dell'Italia nordorientale che sbocca nel mare Adriatico fra l'Adige ed il Po. È uno dei pochi fiumi italiani che nascono in pianura da risorgive, assieme ai suoi affluenti. Il tratto iniziale, della lunghezza di 52 km, è naturale e prende il nome di "Tartaro". Esso è connesso, a monte, attraverso il nodo idraulico di Governolo, al sistema dei laghi di Mantova. Si estende tra le sorgenti e la conca di Torretta Veneta. Da tale località entra in provincia di Rovigo che attraversa longitudinalmente per la sua intera lunghezza. Il tratto intermedio è costituito da un canale artificiale che prende il nome di "Canalbianco" o canal "Bianco" fino alla conca di Volta Grimana ed è lungo 78 km. Il tratto finale è stato ricavato da un antico ramo deltizio del fiume Po e prende infatti il nome di "Po di Levante". Esso ha una lunghezza fino alla foce di 17 km. La lunghezza totale del fiume dalle sorgenti al mare è di 147 km. Per ragioni storiche, qualcuno (in particolare la popolazione locale) chiama ancora "Tartaro" anche il tratto che va da Torretta a Canda, della lunghezza di 18 km, oggetto della sistemazione più recente. Il fiume è navigabile per 113 km, dalla confluenza del canale Fissero, con il quale costituisce l'idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco o "Mantovamare", fino alla foce in Adriatico. Si collega inoltre alla linea navigabile "Po-Brondolo" che dalla laguna di Chioggia permette di raggiungere Venezia. Sbocca nel mare Adriatico in località Porto Levante del comune di Porto Viro, all'altezza dell'isola di Albarella. Può essere definito il nuovo sbocco a mare commerciale e diportistico della provincia di Rovigo; sul Po di Levante sorgerà nei prossimi anni il porto di Cà Cappello. Il bacino idrografico del sistema TartaroCanalbianco-Po di Levante è ufficialmente chiamato "bacino del Fissero-TartaroCanalbianco" o, più raramente, "bacino del Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante". Il fiume Adige ha il suo ultimo tributo di destra in Val d'Adige, con i piccoli affluenti montebaldini; il Po ha il suo ultimo apporto in sinistra con il fiume Mincio; il bacino del Fissero-TartaroCanalbianco si colloca quindi tra quelli di questi due corsi d'acqua e comprende tutti i territori della bassa veronese, della mantovana orientale e dell'alto, medio e porzione nord del basso Polesine, facendo da gronda del territorio compreso tra l'Adige e il Po. Giochi! Gioco 1: - Indovina il nome del fiume misterioso a) Nilo. b) Tanaro. c) Mincio. Gioco 2. - Trova il fiume Mincio nella cartina Gioco 3: Quale delle tre immagini è quella che si riferisce alla fauna del luogo? Cerchia quella giusta! Immagine 1 Immagine 2 Immagine 3 Mantova è capoluogo dell'omonima provincia, ha circa 55,000 abitanti (CAP 46100, TEL. 0376) ed è adagiata sul lato destro del fiume Mincio. Prospiciente la pianura padana da secoli le principali risorse per Mantova sono l'agricoltura , l'allevamento bovino e le industrie alimentari correlate (burro, formaggi, carni insaccate) a cui si sono aggiunte successivamente industrie meccaniche, petrolchimiche e dell'abbigliamento. Storicamente fu con ogni probabilità fondata dagli Etruschi, quindi nel V sec. a. C. fu abitata dai Galli per divenire infine colonia romana nel 214 a. C. Nel VII sec. entrò a far parte del dominio longobardo e successivamente del feudo di Canossa, fino alla morte di Matilde (1115). Nel 1126 divenne libero comune, fino al 1272 quando si trasformò in signoria, dopo la vittoria dei Bonacolsi. Nel 1328, la rivolta capeggiata dai Gonzaga scacciò i Bonacolsi e Mantova proprio con i Gonzaga divenne una delle principali corti rinascimentali. Nel 1707 entrò a far parte dell'impero austro-ungarico, fino al 1866, quando fu annessa all'Italia di cui da allora condivide il percorso storico. I principali monumenti sono: il Castello di San Giorgio (XIV sec.), il Palazzo Ducale (XIII-XVIII sec., con affreschi di Mantegna), il Duomo (1545, ricostruito da Giulio Romano), le Chiese di San Sebastiano (1460) e Sant'Andrea (1472), il Palazzo della Ragione (XIII sec.), il Broletto (1227) e il Palazzo rinascimentale del Tè (XVI sec., su progetto e con decorazioni di Giulio Romano). Parco del Mincio - Mantova Il Parco del Mincio a Mantova è un insieme di natura, cultura, arte e storia. Un'area che comprende 13 comuni del mantovano e in cui si sovrappongono testimonianze storiche come i castelli e le fortificazioni medievali o scaligere dell'arco morenico, i territori di caccia, i palazzi dei duchi di Mantova e le testimonianze etrusche del Forcello o quelle preistoriche di Castellaro Lagusello. IL FESTIVALETTERATURA!!!! Il Festivaletteratura di Mantova è una manifestazione culturale nata nel 1997, in cui, nei primi giorni di settembre, si susseguono incontri con autori, reading, spettacoli, concerti, installazioni artistiche. La manifesta zione riscuote un notevole successo di pubblico fin dai primi anni ed è attualmente tra gli appuntamenti culturali e letterari più importanti d'Italia. Nel 2010 si è svolta la quattordicesima edizione (dall'8 al 12 settembre) Gli organizza tori hanno preso spunto da iniziative simili vissute nei paesi anglosassoni: nello specifico il Festival di Mantova non ha mai nascosto di essersi ispirato a quello di Hay-on-Wye nel Galles: formula questa che ben si è adattata alle caratteristiche della città di Virgilio. La particolarità di questo evento è la dimensione "ridotta": gli incontri tra il pubblico e gli autori si svolgono infatti nel centro storico della città, all'interno dei palazzi signorili, nei giardini e nelle piazze: la città stessa diventa quindi cornice degli eventi. L'autore è al centro dell'attenzione: gli incontri ruotano intorno alle sue esperienze e lasciano molto spazio alle domande del pubblico, dando la possibilità di interagire con chi di solito resta "al di là" del libro. Questo aspetto della manifestazione rende il Festivaletteratura diverso da altri appuntamenti SIMILI. LE MAGLIE BLU La forza del Festivaletteratura sono i volontari: persone di tutte le età, per la maggior parte ragazzi e ragazze tra i 15 ed i 25 anni, che mettono a disposizione il loro tempo e la loro energia per la perfetta riuscita del Festival. Dopo i primi anni, Mantova ha iniziato ad ospitare anche volontari da tutt'Italia e dall'estero, raggiungendo ben presto cifre elevate di partecipazione (nel 2004 i volontari sono stati più di 800). I volontari si occupano di tutti gli aspetti dell'organizzazione, affiancando in questo il Comitato Organizzatore: i loro ruoli sono la segreteria, il botteghino, l'assistenza agli eventi, l'allestimento dei luoghi, la realizzazione di audio e video, la redazione del giornalino. La "divisa" dei volontari è una maglietta blu, che l'Associazione Filofestival regala loro al momento dell'iscrizione, insieme ad una copertura assicurativa, al pass che permette loro di assistere a tutti gli eventi ed al vitto ed alloggio gratuiti. Che cos’ è il parco del Mincio?....................................... ...................... 2. Quanti e quali sono i laghi più importanti di Mantova?.................................... ..................................... 1. 3. Dove si possono trovare i fiori di Loto?......................................... .................................................. I F_ _ _ I DI L_ _ _. IL P_ R_ _ DI M_ _ _ _V_. PIATTI TIPICI MANTOVANI In questa sezione vi presentiamo i piatti tipici mantovani. La cucina mantovana è profondamente legata alle antiche tradizioni contadine; predilige i primi piatti ed i dolci, vero punto di forza del pasto mantovano. Meno numerosi ma non meno buoni i secondi piatti, solitamente a base di maiale o pesce d'acqua dolce. POLLO ALLA GONZAGHESCA La ricetta del “pollo alla gonzaghesca” è una rielaborazione in uso nelle famiglie mantovane della ricetta del 1662 del cuoco ducale Bartolomeo. AGNOLINI MANTOVANI L’agnolino mantovano tradizionalmente si distingue da quello bolognese sia per i componenti del pesto, sia per la forma. CALDI DOLCI (OS s DE MORT) I caldi dolci, o oss de mort, sono un dolce di pasticceria tipico mantovano che viene preparato nel giorno dei “Morti” cioè a novembre. FOJADE CON LE FOLAGA Ricetta Fojade con la Folaga (tagliatelle all’anitra selvatica o folaga) TIROT Il tirot è una focaccia tipica del Basso mantovano il cui nome deriva da “tirare”, in quanto il tirare è una delle fasi di lavorazione dell’impasto. CHISOL, CHISOLA E MIRTOL La schiacciata nostrana era di tre tipi: chisöl, chisöla, mirtol. RISOTTO CON IL PUNTEL Il risotto alla pilota, nei mesi invernali e specialmente quando nelle cascine si uccide il maiale (sempre giorno di festa), è presentato guarnito con costine o braciole cotte ai ferri, da mangiarsi insieme al risotto. NOCINO Il nocino è un liquore ottenuto dal mallo delle noci. RISOTTO CON I SALTAREI Una ricetta alternativa al risotto col pesce gatto è quella con pesce fritto e non lesso. Il pesce di acqua dolce che si trova nei corsi d’acqua nel mantovano può essere di diversi tipi: pesce grosso come la carpa, il gobbo o il pesce gatto o pesce piccolo come il saltarel. Il saltarel è il tipico gamberetto d’acqua dolce o di fiume, lungo pochi centimetri, che vive nei fondali, e che è un crostaceo delicatissimo. ZABAIONE Lo zabaione è mantovano di nascita, infatti la più antica ricetta conosciuta si deve ad un cuoco di corte della famiglia Gonzaga. TORTA MANTOVANA La Torta mantovana è un dolce semplice, fatto con ingredienti che le massaie degli anni Cinquanta freschi e trovavano facilmente “fatti in casa”: le uova dalle galline, la farina fatta macinare al mulino del paese. ARTIGIANATO MANTOVANO L'artigianato mantovano tradizionale è rappresentato da una realtà composita costituita da numerosi contesti produttivi in cui spiccano qualità professionali, creatività, originalità, imprenditorialità, innovazione e flessibilità aziendale. Nella provincia si evidenzia una forte concentrazione di imprese in due settori specifici principali tessile-abbigliamento ed alimentare, seguiti dal settore edile, che rappresentano complessivamente il 70% dell'artigianato artistico e tradizionale provinciale, con un'evoluzione comunque verso produzioni di carattere industriale. Le imprese mantovane attestano solidi legami produttivi con il territorio e tendono ad utilizzare in modo significativo tecniche e tecnologie semiautomatiche e meccanizzate, evidenziando una prevalenza numerica di imprese nel comparto dell'artigianato tradizionale rispetto a quello più propriamente artistico. Numerose sono nel territorio le testimonianze della tradizione storica artigianale ed artistica locale. Si segnala in particolare il MUSEO DELLA CULTURA POPOLARE PADANA, dedicato alla vita delle genti padane prima dell'avvento dell'agricoltura industriale. Il Museo Civico Polironiano di San Benedetto Po (MN) ospita tra le varie sezioni una stupenda collezione dedicata ai burattini e al teatro popolare costituita da trecentottantuno burattini (comprese le teste in legno scolpite e vestitini in stoffa), centonovantotto teste, novantadue marionette, centottantacinque fondali, trentanove copioni manoscritti e a stampa, cinque album fotografici, diapositive, novantasei stampe di maschere, vario materiale di ricambio (occhi, vestitini) e attrezzerie di scena. Sempre nell'ambito di una componente ludica e creativa il MUSEO CIVICO DI CANNETO SULL'OGLIO accoglie tra l'altro la Collezione del Giocattolo Giulio Superti Furga, che espone centinaia di bambole e giocattoli d'ogni epoca e materiale, in gran parte di produzione cannetese, il tutto corredato da fotografie d'epoca dei reparti di produzione delle industrie locali, prototipi, stampi, modelli in gesso. Altro esempio di conservazione di un'espressione di arte popolare molto antica in via di estinzione è rappresentato dal MUSEO DEI MADONNARI - CENTRO ITALIANO MADONNARI di Curtatone (MN), fondato per la conservazione del carteggio, del materiale fotografico e di significative opere a gessetto dei vari periodi, collegato all'"Incontro Nazionale dei Madonnari" rassegna che si tiene annualmente a Ferragosto sul sagrato del Santuario della Beata Vergine Maria delle Grazie, presso Mantova. GIOCHI 1. Individua il nome del piatto: ………………………………… ……………………………….... …………………………………. ………………………………….. 2. Riordina le lettere per formare una parola: IOTRT=………………………………………………… ILACD CILOD=…………………………………… TAROT NOTAVANMA=………………………… OABZANEI=………………………………………… CIOONN=…………………………………………… Feste tradizionali di Mantova A Mantova si svolgevano e si svolgono ancora oggi molte feste tradizionali. Ostensione dei sacri vasi:questi vasi vengono esposti una volta all’anno,al Venerdì Santo; secondo la storia-leggenda contengono il sangue di Gesù,raccolto da un soldato. Fiaccola della pastorella:si svolge a Canneto dell’Oglio, fiaccolate di musici riuniti tra le vie dei paesi,si esibiscono con canti natalizi. Festa dei Boriel:si svolge a Goito.La festa viene celebrata con un falò dove viene bruciato il fantoccio. Il giorno della Befana Falò di Sant' Antonio:si svolge ad Asola. Questa festa viene svolta di sera, vicino ad un palo di 20m,essa consiste nel depositare un pupazzo vecchio e bruciato. Festival della musica Celtica:si svolge a Montambano. Carnevale di Mantova:si svolge il venerdì grasso. Durante il carnevale mantovano si svolgono balli in maschera e sfilate di carri allegorici . Maschere tipiche Questionario Giocherellone. 1)Quanti e quali sono le Feste mantovane? ……………………………………………………… ……………………………………………………… 2)Quale festa si svolge il giorno dell’Epifania? ……………………………………………………… ……………………………………………………. 3)Come si svolge il Carnevale mantovano? ……………………………………………………… ……………………………………………………… Questa bellissima guida che ci ha illustrato una meravigliosa e affascinante città come Mantova purtroppo è terminata. Augurandovi buon viaggio vi salutiamo!!!