L’APOCALISSE Brevi note ed appunti per lo Studio Biblico Il libro fu scritto intorno alla fine del I sec. d.C. dall’apostolo Giovanni (1:9). Il titolo deriva da un termine greco che significa "Rivelazione" (1:1). Scopo del libro è appunto quello di rivelare le cose "che sono" (1:19), cioè quelle contemporanee allo scrittore sacro, e quelle "che devono avvenire" (1:1,19; 4:1; 22:6). Questa rivelazione non serve solo a predire gli avvenimenti degli ultimi tempi, ma anche ad infondere coraggio ai credenti, dando loro la consapevolezza che ogni cosa è sotto il meticoloso controllo di Dio, che la vittoria finale è assicurata e che ai fedeli è riservato un avvenire eterno di gloria. Tra gli svariati modelli interpretativi proposti quello "storico-simbolico" sembra essere il più adeguato alla struttura ed al contenuto del libro. Secondo tale modello l’Apocalisse presenta lo sviluppo della storia, facendo largo uso di simboli ed immagini. Naturalmente non sempre è facile determinare ciò che è simbolico e quel che deve intendersi alla lettera, così come non è facile comprendere appieno il senso di alcuni simboli. Inoltre bisogna tener presente che, sebbene lo svolgimento degli eventi segua uno schema cronologico, la descrizione di essi presenta delle ripetizioni, delle visioni d’insieme che si alternano ad altre più dettagliate, delle profezie il cui adempimento si può sviluppare su diversi piani. CAPITOLO 1 – LA VISIONE DI GIOVANNI Nella dedica alle sette chiese dell’Asia, Giovanni augura "Grazia e pace" da parte dell’Iddio "trino" (1:4,5). Lo Spirito Santo è qui presentato con l’appellativo "i sette Spiriti di Dio". Il numero sette ha un carattere sacro ed indica la perfezione, la completezza e compare frequentemente nel testo apocalittico. Altri passi in cui compare questa espressione per indicare lo Spirito Santo sono 3:1; 4:5; 5:6 (vedi anche Zac. 3:9 e 4:10). Giovanni viene "rapito in Spirito" ed ha la visione di Gesù , che è nella gloria, ma anche in mezzo alla Sua Chiesa, di cui ha la signoria. I dettagli della descrizione del Signore ne esprimono il carattere, il ministero e l’autorità e alcuni di essi verranno ripresi nella presentazione a ciascuna delle sette chiese dell’Asia. CAPITOLI 2 E 3 – LE LETTERE ALLE SETTE CHIESE DELL’ASIA Le località citate corrispondono a città dell’Asia Minore (l’attuale Turchia), dove si era sviluppata la testimonianza cristiana e si erano costituite delle comunità. Sebbene le lettere facciano riferimento a situazioni specifiche di tali comunità, il loro messaggio ha validità per la Chiesa di tutti i tempi: uno studio comparato di esse permette di vederne pregi e difetti. Tutte le lettere presentano un medesimo schema. Si aprono con la "presentazione" dell’Autore del messaggio, cioè Gesù Cristo, il Quale fa pervenire il Suo messaggio al Conduttore della chiesa. Seguono l’"elogio" per gli aspetti positivi presenti nella testimonianza della chiesa e il "rimprovero" per quello che non è gradito al Signore. Le lettere si chiudono con una "esortazione" e una "promessa". CAPITOLI 4 E 5 – LA VISIONE DI DIO SUL SUO TRONO Questa è la prima di una serie di visioni della gloria del cielo. Le altre si trovano in Apoc. 6:9-11; 7:9-17; 8:3,4; 11:15-19; 14:2,3; 15:1-8; 19:1-5. Essa ha luogo prima che inizi la descrizione degli avvenimenti del tempo della fine, avvenimenti spesso carichi di sofferenze e così la visione della gloria di Dio è fonte di incoraggiamento per i credenti perché: • Dà loro coscienza che Dio conosce e controlla ogni cosa. • Ricorda loro che Dio conosce in particolare i loro travagli ed ascolta le loro preghiere. • Ravviva la speranza della gloria eterna che li attende. I "ventiquattro anziani" della visione (4:4) sono i rappresentanti del popolo di Dio di tutti i tempi: il loro numero ricorda i 12 figli di Israele e i 12 Apostoli. Le "quattro creature viventi" (4:6) sono esseri angelici, probabilmente cherubini, secondo la descrizione che si trova in Ezech. 1:10 e 10:12. Il "libro scritto di dentro e di fuori" (5:1) è il libro dell’avvenire. Esso è "suggellato", a significare che nessuno può conoscere il futuro. Solo Gesù è degno di aprire i suggelli del libro: Egli si presenta come l’"Agnello", per ricordare il Suo sacrificio espiatorio. Le "sette corna" simboleggiano la Sua potenza e i "sette occhi" l’intima unità con lo Spirito Santo. La visione si apre e si chiude con le parole e i gesti dell’adorazione resa a Dio da tutte le Sue creature che condividono la Sua gloria: Dio viene adorato e lodato per i Suoi attributi e per la Sua opera. CONSIDERAZIONI SULLE SOFFERENZE DESCRITTE NELL’APOCALISSE Le tribolazioni descritte dal libro dell’Apocalisse sono raggruppate in tre grandi gruppi di sette ciascuno. Forse, oltre che ad una lista di 21 episodi elencati in ordine cronologico, si può guardare ad essi come ad una tripla ripetizione di avvenimenti relativi al tempo della fine, visti di volta in volta da prospettive diverse e in modo da completarsi vicendevolmente. E’ infatti rilevante notare come, al termine di ogni gruppo di pene, venga descritta la fine del presente stato di cose e come vi sia qualche corrispondenza tra le sofferenze descritte, specie tra quelle del 2° e del 3° gruppo. In ogni caso la descrizione di questi tormenti è piuttosto generica all’inizio per diventare in seguito sempre più dettagliata. Così pure le loro sfere di azione diventano sempre più ampie. Lo schema della pagina seguente dà una visione sinottica di tali tormenti. LE SETTE TROMBE LE SETTE COPPE CAVALLO BIANCO GRANDINE E FUOCO ULCERA MALIGNA Conquistatore 1/3 della Terra è arso Tormento fisico CAVALLO ROSSO MONTAGNA ARDENTE IL MARE DIVENTA SANGUE Guerra 1/3 del mare è insanguinato CAVALLO NERO STELLA ARDENTE Carestia 1/3 delle acque diventa amaro CAVALLO GIALLASTRO FENOMENI ATMOSFERICI Pestilenza 1/3 di sole, luna e stelle viene oscurato I SETTE SUGGELLI I II III IV V VISIONE DEI LOCUSTE MARTIRI Tormento fisico I FIUMI E LE FONTI DIVENTANO SANGUE IL SOLE AUMENTA IL SUO CALORE Gli uomini sono ustionati IL REGNO DELLA BESTIA DIVENTA TENEBROSO Tormenti fisici VI FENOMENI NATURALI CAVALLI Fine presente stato di cose Tormento fisico SPIRITI IMMONDI Il giorno del Signore VII Preparazione della battaglia di Harmaghedon PAUSA DRAGONE E BESTIE VISIONE DELLE MIETITURA E VENDEMMIA EVENTI FINALI SETTE TROMBE La Grande Tribolazione, a cui questi tormenti si riferiscono, è presentata dalle Scritture come un tempo di castighi divini; non è superfluo, però, notare come molti di questi tormenti siano attribuiti a potenze demoniache e siano dunque, almeno parzialmente, la conseguenza del peccato dell’uomo, nel senso che è l’uomo stesso, con la sua stoltezza e con la sua sottomissione a Satana, a creare le premesse di questo tempo di dolori. Leggendo le descrizioni simboliche dell’Apocalisse non si può fare a meno di associare alle piaghe descritte nel libro quelli che sono i grandi problemi e i grandi timori dei nostri giorni: le armi nucleari, l’inquinamento delle acque e dell’atmosfera, le malattie attualmente incurabili, l’aumento dell’"effetto serra" che produce l’innalzamento della temperatura media del pianeta, l’assottigliamento della fascia di ozono che ci protegge dalle radiazioni ultraviolette del sole, le lotte per il potere e per lo sfruttamento delle materie prime, la fame nel mondo, le guerre, ecc., problemi tutti dei quali l’uomo è il responsabile principale. Tutte le piaghe descritte nell’Apocalisse sarebbero già oggi possibili; anzi l’uomo è purtroppo in grado di arrecare danni a se stesso e alla natura ancora più gravi di quelli descritti nella Bibbia! E i tempi di attuazione vanno maturando progressivamente e forse ci troviamo già in quello che Gesù chiamò "principio di dolori" (Matt. 24:8). CAPITOLI 6 E 7 – L’APERTURA DEI SUGGELLI Alle visioni delle sofferenze simboleggiate dai quattro cavalli e dai relativi cavalieri, segue la visione delle anime dei martiri della fede (6:9-11). E’ da notare che il testo parla di "anime", giacchè non è ancora avvenuta la resurrezione dei corpi. Il brano inoltre getta uno squarcio di luce sullo stato dei morti in Cristo: sono alla presenza di Dio, in uno stato di coscienza e godono una condizione di riposo. Prima della descrizione delle piaghe introdotte dalle sette trombe, Giovanni sentì che una schiera di 144.000 fedeli sarebbe stata segnata con un suggello di Dio in fronte (7:3,4). Non crediamo, come i Testimoni di Geova, che essi siano credenti di diversa levatura spirituale, né che solo ad essi sia riservata la gloria del cielo. Non si può affermare con certezza, come sostengono alcuni, basandosi sul fatto che sono nominate le tribù di Israele, che essi siano gli Ebrei convertitisi all’Evangelo. Rappresentano in ogni caso il popolo di Dio, o parte di esso, che vive in quel particolare momento della storia. Il numero, per la sua particolare struttura (12.000 x 12) ci pare senza dubbio simbolico. In quanto al suggello di cui si parla, non sappiamo se si tratterà di un segno "visibile" o meno: ricordiamo che anche lo Spirito Santo è definito "suggello" dalla Parola di Dio (2 Cor. 1:22; Ef. 1:13; 4:30). Questo suggello non sarà una garanzia contro tutte le sofferenze descritte nel testo, ma assicurerà ai fedeli l’assistenza divina nel momento della prova CAPITOLI 8 E 9 – LE PRIME SEI TROMBE L’apertura del settimo suggello introduce sette angeli con sette trombe (8:1,2). Il silenzio simboleggia la solennità del momento e l’intensa aspettazione con cui sono seguiti gli eventi. E’ significativo che prima che comincino a manifestarsi le sofferenze che colpiranno gli uomini, le preghiere dei santi vengono arricchite dei "profumi": è necessario che la preghiera, indispensabile per poter affrontare un periodo di prova così duro, sia accolta favorevolmente da Dio. Le piaghe delle sette trombe possono dividersi in due gruppi: il primo, costituito dalle prime quattro piaghe, agisce essenzialmente sul mondo fisico e da esso si ripercuote sulla vita degli uomini; il secondo invece agisce direttamente sugli uomini, provocando tormento e morte. La descrizione simbolica delle prime quattro piaghe fa pensare a stravolgimenti di carattere meteorologico.1 Le "locuste" che salgono dal "fumo del pozzo dell’abisso" (9:1-12) possono simboleggiare demoni, al servizio del Distruttore, i quali sono in grado di tormentare gli uomini, e il tormento oltre che fisico, potrebbe anche essere spirituale. La piaga introdotta dal suono della sesta tromba fa pensare ad un conflitto di proporzioni planetarie: le moderne armi atomiche sarebbero in grado di sterminare più della "terza parte degli uomini " indicati nel testo (9:15,16). La piaga viene simboleggiata da "cavalli", che avevano il potere di far male "nella loro bocca e nelle loro code" (9:17-19). Se si pensa che i danni causati dalle esplosioni nucleari sono quelli primari, dovuti alla potenza distruttiva dell’onda d’urto dell’esplosione e quelli secondari, dovuti alla ricaduta radioattiva e che la Scrittura parla di "fuoco, fumo e zolfo", è verosimile pensare ad uno scenario da conflitto nucleare per l’adempimento di questa triste profezia. E ancor più triste è leggere che, nonostante tutte le piaghe sofferte, l’umanità non si ravvede dalle proprie vie peccaminose (9:20,21). CAPITOLI 10 E 11 - I DUE TESTIMONI Il "libretto aperto" ricevuto da Giovanni (10:2) si riferisce con ogni probabilità al prosieguo delle profezie relative al tempo della fine. Esso è "dolce" in bocca all’apostolo, perché è cosa gradevole essere onorato delle rivelazioni divine, ma è "amaro" nelle viscere perché sapere attraverso quali sofferenze dei fedeli e quali tremendi giudizi si giungerà alla gloria del Regno di Dio , non potrà che riempire di amarezza il cuore del profeta. L’apostolo viene quindi chiamato a "misurare il tempio" e a "contare quelli che vi adorano" (11:1). Il cortile esterno viene tralasciato. Ciò indica che il Signore mantiene la Sua vigile attenzione sui Suoi, mentre gli altri, compresi coloro che hanno solo una fede nominale, sono abbandonati alle tristi vicende della storia. Sembra una profezia riferita soprattutto ad Israele, ma non si può escludere che essa riguardi la Chiesa tutta di cui Israele e Gerusalemme sono figura. In questa fase si svolge il ministero dei "due testimoni" (11:3). Alcuni hanno pensato che si tratti di Mosè ed Elia per alcune caratteristiche del loro ministero che ricordano quelle dei due rappresentanti dell’Antico Testamento (11:5,6), ma non è una interpretazione convincente, perché questa sorta di "reincarnazione" non è sostenuta da nessuna parte della Scrittura. E’ più logico pensare che si tratterà di un ministero profetico potente che il Signore susciterà a suo tempo, che causerà "tormento" (11:10) spirituale alle coscienze degli uomini e che si svilupperà per un periodo di 3 anni e mezzo, se bisogna prendere alla lettera l’indicazione temporale data in 11:3. Sono chiamati "olivi" perché in loro è la vita dello Spirito, spesso simboleggiato dall’olio nelle Scritture, e "candelabri", perché portatori della luce divina nel mondo delle tenebre (11:4). Saranno combattuti, vinti e messi a morte dalle potenze del male, ma risusciteranno e ascenderanno al cielo. CAPITOLO 12 – LA DONNA E IL DRAGONE Al suono della settima tromba, dopo una nuova visione della gloria del cielo (11:15-19), Giovanni vede una donna incinta, in travaglio per l’imminenza del parto. Il figlio che partorisce è Gesù (12:5) e il capitolo descrive la lotta che il diavolo ha ingaggiato contro di Lui e contro i Suoi fedeli, i suoi tentativi di distruggere il Figlio di Dio e la testimonianza dei Suoi redenti nel corso della storia in generale e negli ultimi tempi in particolare. La donna rappresenta la totalità del popolo di Dio: rappresenta Israele da cui nacque il Messia e la Chiesa cristiana per la predicazione della quale Gesù continua a "nascere" nel cuore degli uomini. Ella è "rivestita dal sole" (12:1), cioè illuminata dalla luce divina; ha "la luna sotto i piedi", perché la conoscenza delle verità spirituali e morali della fede è di gran lunga superiore ai pallidi raggi della sapienza umana, che non è altro che un riflesso di quella divina; ha "sul capo una corona di dodici stelle", che rappresentano i dodici patriarchi del popolo d’Israele e i dodici apostoli del Signore Gesù. Gesù viene accolto in cielo al termine del Suo ministero (12:5), la donna viene perseguitata dal diavolo, ma custodita da Dio Anche in questo brano compare l’indicazione temporale dei 3 anni e mezzo (12:6,14) che ha caratterizzato il ministero profetico dei "due testimoni": in questo tempo l’opposizione del male contro il popolo di Dio sarà particolarmente forte. La "fiumana" del v. 15 indica appunto la violenza di tale persecuzione; il "soccorso" del v. 16 indica le condizioni ambientali o politico-sociali che consentono alla Chiesa di uscire indenne dall’opposizione diabolica. Il "dragone rosso" (12:3) è Satana, l’avversario (12:9); le "sette teste e dieci corna" indicano l’universalità e la multiforme varietà della sua potenza; le "stelle del cielo" trascinate dalla sua coda parlano dell’influenza negativa da lui esercitata sulle creature angeliche, parte delle quali seguirono la sua ribellione contro Dio. CAPITOLO 13 – L’ANTICRISTO E IL FALSO PROFETA La rivelazione prosegue con la visione di due inquietanti personaggi simboleggiati da due "bestie". La comprensione di questo passo della Scrittura non può prescindere dalla conoscenza dei cap. 2 e 7 del libro del profeta Daniele, di cui lo schema seguente presenta una descrizione schematica e l’interpretazione comparata. VISIONE SOGNO GRANDE STATUA INTERPRETAZIONE (Daniele cap. 2) 4 BESTIE (Daniele cap.7) TESTA D'ORO IMPERO BABILONESE LEONE BUSTO E BRACCIA DI IMPERO MEDIO-PERSIANO ORSO VENTRE E COSCE DI RAME IMPERO MACEDONE LEOPARDO GAMBE DI FERRO. IMPERO ROMANO QUARTA BESTIA ARGENTO PIEDI DI FERRO E ARGILLA La "quarta bestia" della visione di Daniele trova riscontro nella "bestia che sale dal mare" (13:1). Essa rappresenta una grande potenza mondiale. Sebbene non tutti gli studiosi siano concordi, è possibile che si tratti di una singola persona in grado di assumere il potere. Corrisponderebbe all’"uomo del peccato, il figliuolo della perdizione, l’avversario" (2 Tess. 2:3,4), all’"anticristo" (1 Giov. 2:18). Sarà una personalità eminentemente politica, che sorgerà in un ricostituito "impero romano". Tale "impero" potrebbe consistere in uno Stato o Federazione di Stati o Alleanza di Stati legati territorialmente o culturalmente all’Impero Romano (Europa Sud-Occidentale? Mondo Occidentale?) Le "sette teste " e le "dieci corna" della bestia (13:1) sono dei "re" (17:10,12): questa indicazione fa pensare alla Federazione di Stati di cui si è detto prima. La testa "ferita a morte" (13:3) indica una qualche "crisi" all’interno di questa struttura, che tuttavia viene risolta. Il potere di questa entità politica si eserciterà, almeno nel suo più completo sviluppo, per i 3 anni e mezzo già ripetutamente incontrati nel corso dello studio. Sarà un potere molto forte, che estenderà la sua influenza anche sul mondo economico, culturale e religioso (13:15-18). E’ probabile che sarà un potere gradito alle masse (13:4, 12), socialmente avanzato, ma quando si penserà di aver raggiunto "pace e sicurezza" (1 Tess. 5:3), e cioè il modello ideale di governo, verrà la sua fine. Può essere utile stabilire un parallelo tra la profezia di Daniele e quella di Giovanni sulle caratteristiche di questa "entità": • Dan. 7:3-6 e Apoc. 13:2. Il regno dell’anticristo avrà caratteristiche che ricorderanno tutti i regni del passato: sarà l’apogeo della potenza umana. • Dan. 7:8,11 e Apoc. 13:5. Sarà arrogante, autoritario, egocentrico, orgoglioso. • Dan. 7:23 e Apoc. 13:7. Eserciterà il suo potere (o almeno la sua influenza) su tutta la terra. • Dan. 7:25 e Apoc. 13:6,7. Sarà idolatra e profanatore; perseguiterà i santi di Dio. • Dan. 7:26 e Apoc. 19:20. Sarà abbattuto e il suo regno sarà annientato per opera divina. Alla " bestia che sale dal mare", simbolo quest’ultimo che probabilmente evoca moltitudini di genti in continua agitazione, si associa la "bestia che sale dalla terra", simbolo di un ordine ben stabilito. Se la prima bestia rappresenta il potere politico culminante alla fine nell’azione dell’anticristo, la seconda bestia rappresenta l’influenza religiosa che si mette al servizio del potere politico. Gesù profetizzò la venuta di "falsi cristi e falsi profeti" (Matt. 24:5,24). La descrizione di Apoc. 13:11 fa pensare ad un essere che in apparenza avrà un aspetto docile, simile a Gesù, ma che rivela infine la sua influenza satanica (Matt. 7:15,16). Costui, come si è già detto, sosterrà il regno dell’anticristo, avrà il potere di far prodigi (si servirà per questo della tecnica, già così avanzata ai giorni nostri?), sarà causa e strumento di persecuzione. In questo tempo, per l’azione di queste potenti forze politiche e religiose, si determina un regime che esercita un controllo molto stretto sulla vita degli uomini, sia dal punto di vista economico che sociale. Il testo biblico parla di un "marchio" consistente nel "nome" della bestia o nel suo "numero" (13:16,17). Ci si potrà rifiutare di essere aggregati alle masse schiave di queste potenze sataniche (19:20; 20:4), ma a costo di emarginazione e persecuzione (14:16,17; 20:4). Gli avanzati mezzi della tecnologia informatica dei nostri giorni ci fanno capire come non sia cosa affatto problematica stabilire controlli di tale natura. Molti hanno cercato di dare una soluzione all’enigma del numero "666", ma ogni tentativo fatto non è risultato essere soddisfacente. Basti notare che la struttura di questo numero (la cifra 6 ripetuta tre volte) indica la capacità, ma anche l’imperfezione, dell’uomo portata ai massimi livelli, cioè l’espressione di quanto di meglio, ma anche di quanto di più peccaminoso l’uomo sarà capace di esprimere. CAPITOLO 14 – MESSAGGI DALL’ALTO In contrapposizione alla grande massa di persone che portano il "marchio" della bestia, Giovanni vede i fedeli che hanno invece il nome di Dio "scritto sulle loro fronti" (14:1). Sono i 144.000 già presentati al cap. 7, i quali si trovano ora con Gesù "sul monte Sion", che simboleggia il luogo dove c’è la presenza di Dio, dove i salvati trovano protezione e scampo (Gioele 2:32). Sono rimasti fedeli al Signore, nonostante i tempi difficili e vivono in comunione con il cielo. Anche nel tempo in cui le potenze diaboliche scatenano le loro più grandi energie, seducendo gli uomini, non mancano gli appelli divini che mettono in guardia gli uomini e li invitano al ravvedimento. Si tratta di tre messaggi: 1. Invito a temere Iddio e a darGli gloria, mentre rimane ancora un piccolo margine di tempo prima del giudizio divino. 2. Annuncio profetico della imminente caduta di "Babilonia, la grande". 3. Solenne avvertimento a non seguire la "bestia" e a non cedere alle pressioni esercitate dal suo potere, per non subire la tremenda sorte delle pene eterne. Gli avvenimenti dei cap. 12-14 si collocano tutti all’interno del tempo annunciati dal suono della "settima tromba" (11:15). Come si è già avuto modo di notare, alla fine di ogni serie di piaghe c’è sempre l’annuncio della fine. In questo caso la fine è simboleggiata dalla "mietitura" e dalla "vendemmia" (14:14-20). Questi due simboli sono usati nelle Scritture in modo interscambiabile per indicare la fine dei tempi e il giudizio di Dio, ma in questo passo forse è possibile vedere nella "mietitura" il giudizio su tutte le nazioni e nella "vendemmia" il giudizio sul popolo d’Israele. Ciò per le seguenti considerazioni: a. Spesso la vigna è il simbolo del popolo ebreo (Sal. 80:8-18; Is. 5:7; Matt. 21:33-45; ecc.). b. E’ fatto riferimento alla "città" (Gerusalemme). c. L’estensione dell’area su cui si spande il sangue che esce dal "tino dell’ira di Dio" coincide approssimativamente con le dimensioni della terra di Palestina. CAPITOLI 15 E 16 – LE SETTE COPPE Ancora una volta, prima della visione di un’altra serie di piaghe destinate all’umanità, Giovanni ha una visione della gloria del cielo e ode un canto di lode e di adorazione. E’ il canto di "quelli che avevano ottenuto vittoria sulla bestia" (letteralmente "dalla bestia") (15:2). Sebbene siano stati combattuti e vinti dalle potenze demoniache (13:7; 14:15), essi sono considerati da Dio i veri vincitori e perciò ammessi alla Sua gloria. Le piaghe simboleggiate dalle "sette coppe" (16:1) richiamano quelle già annunciate dalle “sette trombe", tanto che alcuni commentatori ritengono che non si tratti di nuovi giudizi, ma di una ripetizione degli stessi, i quali verso la fine diventeranno sempre più terribili e avranno una maggiore estensione. Alcuni intendono queste piaghe in senso allegorico e non letterale, ma non ci sono motivi sufficienti per escludere che le sofferenze presentate interessino anche il mondo fisico. Le prime quattro piaghe mostrano notevole somiglianza con i giudizi delle prime quattro trombe. La quinta piaga parla di "tenebre" che avvolgono il regno dell’anticristo e si può trattare di tenebre morali, ma anche di tenebre fisiche, a causa di sconvolgimenti di tipo cosmico. La sesta piaga prefigura lo scontro finale: non sono sufficientemente chiari i dettagli di tale scontro, ma in ogni caso alla fine sarà uno scontro contro Dio e il Suo esercito (19:19). Sarà l’atto finale della potenza demoniaca manifestatasi attraverso l’opera dell’anticristo e del falso profeta e si concluderà con la loro sconfitta. La settima coppa annuncia ancora una volta la fine e prefigura in particolare la caduta di "Babilonia la grande". CAPITOLI 17, 18 E 19 – LA CADUTA DI BABILONIA La caduta di Babilonia, già preannunciata dall’angelo in 14:8, viene descritta in questa parte del libro. Il nome Babilonia deriva da Babel=confusione (Gen. 11:9). La potenza babilonese è stata sempre un pericolo per il popolo ebreo, sia dal punto di vista militare che religioso ed anche quando l’impero babilonese cessò di esistere, il termine "Babilonia" è stato usato allegoricamente per indicare corruzione spirituale, idolatria, mondanità, ecc. Qui "Babilonia" indica con tutta probabilità la chiesa infedele, apostata. Essa è descritta come "gran meretrice" (17:1), "la madre delle meretrici" (17:5), donna "con la quale hanno fornicato i re della terra" (17:2), in contrapposizione alla Chiesa fedele che è chiamata la "casta vergine" (2 Cor. 11:2), la Sposa "senza macchia" (Ef. 5:27). Babilonia è chiamata "la gran città, la potente città" (18:10), mentre la Chiesa è chiamata "la santa città" (21:2,10). L’indicazione di 17:9 naturalmente fa pensare a Roma e la storia del cattolicesimo romano attraverso i secoli ben si accorda con le descrizioni di questi capitoli. Va tuttavia detto che la chiesa infedele non si può identificare con una sola denominazione, ma comprende tutti coloro che, come singoli o come movimenti, si sono allontanati dalle vie della verità. La donna siede sulla "bestia" che sale dall’abisso (17:3), dunque si appoggia al potere politico ed esercita autorità ed influenza che si estendono in tutte le parti della terra (17:15). I legami esistiti tra potere politico e potere religioso in ogni tempo sono noti a tutti e non ci stupisce quindi l’accostamento tra la "meretrice" e la "bestia". Come si è già avuto modo di dire la "bestia" simboleggia l’ultima potenza mondiale. Essa "era, e non è, e deve salire dall’abisso" (17:8): ciò indica la sua esistenza nei tempi passati, il suo temporaneo tramonto, il suo ritorno alla fine dei tempi. Le "sette teste" della "bestia" sono, oltre che i "sette monti sui quali la donna siede" (17:9), anche "sette re" (17:10) o regni, succedutisi nel corso dei secoli. Le "dieci corna" (17:12) indicano altri re o governi che in uno stesso periodo eserciteranno il loro potere insieme alla "bestia", l’"ottavo re", cioè l’anticristo. Ciò lascia pensare alla coalizione o alla federazione di Stati per il governo mondiale degli ultimi tempi. Il potere politico, dopo aver sostenuto la "donna" (e, forse, dopo essersene servita per il conseguimento dei propri fini), si rivolterà contro di essa, rendendola "desolata e nuda" (17:16), distruggendone l’esistenza stessa. La Bibbia afferma chiaramente che, benchè avverrà per opera dell’uomo, l’abbattimento della chiesa apostata rientra nel disegno di Dio, Che si servirà di mezzi umani per adempiere il Suo giudizio contro di essa (17:17; 19:2). La caduta della "gran città" sarà motivo di cordoglio sulla terra per coloro che ad essa si erano appoggiati, ma sarà motivo di gioia nei cieli per la fine dell’iniquità ad essa collegata. Giovanni ha una nuova visione della gloria celeste e, dopo il grido di trionfo per la caduta di "Babilonia", ode il grido di giubilo per l’annuncio delle imminenti "nozze dell’Agnello" (19:7), cioè l’unione di Gesù Cristo con la Sua Chiesa. LA BATTAGLIA DI HARMAGHEDON Il termine ebraico "Harmaghedon" significa "Monte di Meghiddo". Tale località, che si trova nel nord della Palestina, fu teatro di varie battaglie ricordate nell’Antico Testamento (Gios. 5:19; 2 Re 9:27; 23:29), e divenne per gli Ebrei sinonimo di lutto e di cordoglio (Zacc. 12:11). La battaglia di Harmaghedon è profetizzata in 16:13-16 e 19:19-21. Non conosciamo i particolari relativi alle cause che porteranno a tale conflitto finale, né i suoi sviluppi in modo dettagliato. In ogni caso, del tutto singolare sarà l’epilogo di questa battaglia in quanto Gesù stesso interverrà, sconfiggendo gli eserciti terreni. Egli, accompagnato dai Suoi santi (i credenti rapiti e gli eserciti angelici), porrà piede sulla terra, sul monte degli Ulivi (Zac. 14:3-6). Eserciterà un giudizio immediato sull’anticristo e sul falso profeta, che saranno gettati vivi nello "stagno di fuoco", e sugli eserciti raccolti (19:19-21). CAPITOLO 20 – GLI AVVENIMENTI FINALI Dopo il giudizio esercitato sull’anticristo e sul falso profeta, l’azione divina si volge contro Satana, che viene "legato", cioè reso impotente ad agire per 1000 anni. L’"abisso" (20:1) è la dimora dei demoni ed è anche la loro "prigione" (Luc. 8:31; 2 Piet. 2:4), in attesa del giudizio finale che sarà esercitato anche su di essi. Il passo di Isaia 24:21-23 può riferirsi profeticamente proprio agli avvenimenti di questo tempo della fine. Ha così inizio il periodo della storia dell’umanità chiamato "Millennio" ed anche se il numero di anni indicato da questo termine dovesse avere valore simbolico, è chiaro che si tratta di un periodo di tempo lungo. All’inizio del "millennio" si colloca la "prima risurrezione" (20:5): torneranno in vita i martiri uccisi durante il periodo della Grande Tribolazione. Quindi Gesù Cristo stesso assumerà il governo della terra, adempiendo così le molte profezie al riguardo (Sal. 2:8,9; Is. 9:5,6; Dan. 7:13,14; Zac. 14:9; ecc.). I santi, provenienti dal Rapimento e dalla 1^ Risurrezione regneranno con Cristo e giudicheranno le nazioni (20:4; vedi anche Dan. 7:21,22,26,27; 1 Cor. 6:2), cioè parteciperanno con Gesù al governo dell’umanità. Non è detto in quali modi e in quali forme si eserciterà questa azione di Cristo e dei Suoi santi: se sarà visibile o invisibile, se dal cielo o dalla terra. Quali saranno le caratteristiche di questo regno messianico è possibile immaginarlo, anche sulla base dei passi profetici che a questo tempo si riferiscono. L’azione di governo del Signore e l’assenza di Satana saranno garanzia di ogni forma di bene per il genere umano. Sarà un tempo caratterizzato da giustizia (Sal. 45:6,7; Is. 2:2-4; 11:1-9), pace (Is. 11:6-9), felicità (Is. 12:3,4), longevità (Is. 65:17-23), benessere (Amos 9:11-14). Il Signore opererà una sorta di restaurazione nella natura e nell’uomo dopo i guasti prodotti dal peccato. Nonostante le benedizioni godute durante il regno di Cristo sulla terra, l’umanità farà presto a ribellarsi ancora al Signore. Infatti alla fine del "millennio", essendo stata ridata a Satana libertà di azione, gli uomini saranno di nuovo trascinati dal tentatore a combattere contro Dio (20:7-10). Le nazioni della terra, simboleggiate da "Gog e Magog" (Gen. 10:2; Ez. 38:2,3; 39:1), si raccoglieranno ancora contro i santi e, come nella battaglia di Harmaghedon, l’intervento divino porrà fine ad ogni ostilità. Satana sarà vinto per l’ultima volta e gettato nello "stagno di fuoco". Si avrà infine il giudizio finale: Iddio giudicherà tutti gli uomini, credenti e non (Rom. 14:10-12; 2 Cor. 5:10; Eb. 9:27). A tale scopo i morti di tutte le epoche, rimasti inanimati all’atto del Rapimento della Chiesa e della 1^ Risurrezione, torneranno in vita (20:13) e, insieme ai credenti, compariranno davanti al tribunale di Dio. Sarà giudizio di condanna per alcuni e di premio per altri; i primi andranno a punizione eterna nello "stagno di fuoco", che è chiamato anche la "morte seconda" (20:14), cioè definitiva; i secondi a vita eterna nella nuova creazione. CAPITOLI 21 E 22 – LA NUOVA GERUSALEMME Dopo il giudizio esercitato da Dio, Giovanni vede "un nuovo cielo e una nuova terra" (21:1). Si tratta della "nuova creazione" di cui già parlò Gesù (Matt. 19:28). Così come gli esseri umani rivestiranno un corpo immortale ed incorruttibile al posto di quello mortale e corruttibile del tempo presente (1 Cor. 15:52-54), anche il creato sarà profondamente modificato (Rom. 8:19-21; 2 Piet. 3:10,11), anche se non ci sono rivelati tutti i dettagli di questa radicale trasformazione. Ci viene detto che non ci sarà più mare (21:1), né sole e luna (21:23), né notte (21:25; 22:5). In questo ambiente nuovo ci sarà la "nuova Gerusalemme" (21:2), che è presentata sia come la dimora dei santi, sia come la personificazione della Chiesa glorificata. Per questo motivo si incontra spesso il numero "dodici", simbolo della totalità del popolo di Dio, o alcuni suoi multipli (il lato della città è lungo dodicimila stadi = 2.220 Km.; il muro è alto centoquarantaquattro cubiti = circa 70 m.). La descrizione della "santa città" presenta sicuramente elementi simbolici, ma colpiscono la grandiosità e la ricchezza delle sue caratteristiche. E’ una città piena di splendore (21:11), con i fondamenti, le porte, la piazza costituiti da materiali pregiati. Si parla di pietre preziose, di perle, di oro, ma visto che si tratta di un nuovo mondo, non sappiamo se la materia di questa nuova creazione sarà identica a quella attuale. Il "fiume dell’acqua della vita" e "l’albero della vita" (22:1,2) testimoniano della pienezza di vita che si godrà nella città santa. Troveranno così pieno adempimento le parole di Gesù: "Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano ad esuberanza" (Giov. 10:10). Ma la cosa più rilevante sarà la presenza di Dio in mezzo ad essa (21:3,23; 22:3,4), una presenza non più condizionata dai limiti della attuale natura umana (Es. 33:20; Giov. 1:18), ma piena e completa (1 Cor. 13:12; 1 Giov. 3:2,3). Rodolfo Arata