Appunti Effelleci Mantova
agenzia di informazione settimanale
Martedì 30 aprile 2013
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Reclutamento docenti: bocciata la chiamata diretta.
La Consulta dichiara illegittimo l'art. 8 della legge lombarda
La FLC CGIL aveva ragione. La Corte Costituzionale conferma allo Stato la gestione del
reclutamento dei docenti.
25/04/2013
La Regione Lombardia con la legge 2 del 2012 aveva introdotto nella propria legislazione la
sperimentazione di un modello di reclutamento dei docenti sganciato dalle graduatorie e
affidato per i contratti annuali a concorsi di scuola, gestiti dai dirigenti scolastici.
La FLC CGIL è prontamente intervenuta nel merito dichiarando che l'articolo 8 della legge
lombarda, illegittimo e incostituzionale, discrimina i lavoratori, mortifica la professione docente e
preannuncia derive secessioniste con la destrutturazione del sistema statale nazionale
d'istruzione.
La FLC CGIL di conseguenza ha chiesto il formale disconoscimento da parte del Ministero
dell'operato della regione Lombardia, diffidando il Ministro Profumo dallo stipulare
qualsiasi intesa con la regione Lombardia per dare attuazione alla legge.
La sentenza della Corte Costituzionale, depositata il 24 aprile, accogliendo il ricorso della
Presidenza del Consiglio, conferma allo Stato la gestione del reclutamento dei docenti,
dichiarando illegittimi percorsi che disconoscano la normativa vigente.
Ancora oggi la FLC CGIL ritiene che l'operazione preliminare a ogni forma di
discussione sui temi del reclutamento deve guardare prima al reale stato della
scuola italiana: una scuola deprivata di parti sostanziali di organico che alimenta il precariato
senza dare continuità alle esperienze didattiche.
Ma tale operazione deve accompagnarsi ad alcuni atti propedeutici fondamentali:
una ricognizione di tutti i posti disponibili, a vario titolo, per procedere alle immissioni
in ruolo
una valutazione dei posti necessari a restituire alla scuola la dignità calpestata dai
tagli della Gelmini
una presa in carico di un piano di stabilizzazioni.
Ma per la scuola, come per tutti i comparti della Conoscenza, è necessario rivedere al più
presto i criteri di accesso al pensionamento introdotti dalla riforma Fornero, che
impediscono il ricambio generazionale e frenano i processi di occupazione.
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Primo Maggio: CGIL, CISL e UIL a Perugia 'Priorità Lavoro'
'Priorità Lavoro' è con questo slogan che le Segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL hanno
deciso di celebrare la Festa del Lavoro 2013 a Perugia. Un messaggio che partirà con forza
dalla città umbra che, alcune settimane fa, è stata teatro di un dramma del lavoro, infatti, il
1° maggio sarà anche un'occasione per ricordare Daniela e Margherita, le due lavoratrici
umbre barbaramente uccise lo scorso 6 marzo nel palazzo del Broletto per mano di un
imprenditore che vantava crediti nei confronti della Regione, il quale si è tolto la vita subito
dopo.
I sindacati danno appuntamento a Perugia mercoledì 1° maggio dalle ore 10 in Largo
Cacciatori delle Alpi (Piazza Partigiani), da qui il corteo proseguirà in via Luigi Masi, viale
Indipendenza, piazza Italia, Corso Vannucci, Piazza IV Novembre, Corso Vannucci fino ad
arrivare in piazza IV Novembre per il comizio conclusivo dei tre Segretari Generali Susanna
Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. A Perugia sarà presente anche il Segretario
Confederale della CGIL, Vincenzo Scudiere. (Scarica la mappa del corteo di Perugia)
Quest'anno lo slogan del tradizionale 'concertone' di Piazza San Giovanni, a Roma sarà: 'La
musica per il nuovo mondo. Spazi, radici, frontiere', alla conduzione Geppi Cucciari. “Il
concerto del 1° maggio è un grande momento di aggregazione giovanile, che non deve
essere sottovalutato. E per il sindacato è una occasione fondamentale per parlare di lavoro” è
quanto ha affermato il segretario Organizzativo della CGIL, Vincenzo Scudiere, in occasione
della conferenza stampa di presentazione del concertone che sarà trasmesso in diretta sulla
Rai dalle 15 a mezzanotte.
Tra le numerose manifestazioni in programma in tutta Italia in occasione della
Festa del Lavoro segnaliamo: a Novara il corteo partirà da Piazza Cavour alle ore 9.30 per
giungere in Piazza Matteotti dove prenderà la parola il Segretario Confederale della CGIL,
Vera Lamonica; in Calabria a Cosenza è prevista la presenza del Segretario Confederale
della CGIL, Elena Lattuada, mentre a Savona sarà presente il Segretario Confederale della
CGIL, Danilo Barbi; La manifestazione di Empoli sarà conclusa dall'intervento del Segretario
Confederale della CGIL, Nicola Nicolosi; All'iniziativa in programma a Bari, è prevista la
partecipazione del Segretario Confederale della CGIL, Serena Sorrentino; In Piemonte, ad
Asti, il corteo partirà alle ore 9 da Piazza Alfieri e si concluderà in Piazza S. Secondo con
l'intervento del Segretario Generale della FIOM CGIL, Maurizio Landini; a Reggio Calabria il
Primo Maggio verrà festeggiato con un corteo che da Piazza de Nava alle ore 16.30 arriverà in
Piazza Duomo, da dove prenderà la parola il Segretario Generale della FILCAMS CGIL,
Franco Martini; In Sicilia a concludere la manifestazione di Portella della Ginestra sarà il
Segretario Generale della FLAI CGIL, Stefania Crogi; in Molise, a Santa Croce di Magliano
sarà presente il Segretario Generale della FLC CGIL, Domenico Pantaleo; per i lavoratori di
Udine e della Bassa friulana, che anche quest‟anno sfileranno a Cervignano, appuntamento
alle ore 9.30 in via Garibaldi per giungere a piazza Indipendenza, sul palco salirà il Segretario
Generale della SLC CGIL, Massimo Cestaro; a Reggio Emilia corteo da Viale Montegrappa a
Piazza della Vittoria, a salire sul palco per le conclusioni, il Segretario Generale dello SPI CGIL,
Carla Cantone; le manifestazioni di Bergamo e Siracusa verranno concluse rispettivamente
dai Segretari Generali della FISAC CGIL, Agostino Megale e dal Segretario Generale del
SILP CGIL, Emilio Miceli.
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1° maggio per la democrazia e per il lavoro
Valorizziamo la giornata senza acquisti. Festeggiamo con la natura, la cultura, lo sport.
Scegliamo lo stare insieme, gli affetti, il riposo. Aiutiamo chi ne ha perso il diritto a fare festa
SUZZARA
ore 9.30 CONCENTRAMENTO: GIARDINI CADORNA
rinfresco offerto da CRAL Bondioli & Pavesi - distribuzione ai bambini dei palloncini 1°
maggio - distribuzione garofano rosso
ore 10.00 DEPOSIZIONE DEL GAROFANO al Monumento “CADUTI SUL LAVORO”
ore 10.15 CORTEO delle lavoratrici, lavoratori e cittadini per le vie della città
esibizione della banda di Novi di Modena
ore 10.45 COMIZIO: Piazza Garibaldi
saluto del Segretario Camera del Lavoro, Gianni Nosari - saluto del Sindaco della città di
Suzzara, Wainer Melli - a nome di CGIL, CISL e UIL intervento di GIACINTO BOTTI
ore 21.00 CONCERTO: centro sociale “Città di Suzzara”
nel bicentenario della nascita di G. Verdi Concerto della corale Suzzarese “G. Pierluigi
Da Palestrina” - con il contributo dei sindacati pensionati CGIL - CISL – UIL
PEGOGNAGA
ore 10.00 CONCENTRAMENTO piazzale della COOP in Via E. Berlinguer
ore 10.20 FORMAZIONE DEL CORTEO sfilata per le vie cittadine con l’esibizione della Banda, la
partecipazione dei Cavalieri della Pianura di Pegognaga e una rappresentanza del mondo
agricolo con trattori d’epoca
ore 10.45 PIAZZA MATTEOTTI
a nome delle amministrazioni comunali di Pegognaga, Moglia e Gonzaga, saluto del
Sindaco di Pegognaga, Dimitri Melli
ore 11.00 INTERVENTO A NOME DI CGIL CISL E UIL di un segretario provinciale
al termine della manifestazione a cura delle Amministrazioni Comunali verrà offerto un
piccolo rinfresco ai partecipanti
SAN BENEDETTO PO
ore 10.00 Ritrovo di fronte al Comune (Via Ferri) - esibizione del Corpo bandistico società
“Filarmonica
Claudio Monteverdi”
ore 11.00 Ritorno del corteo di fronte al Comune (Via Ferri) saluto del Sindaco Marco Giavazzi
intervento a nome di CGI L, CISL e UIL Giovanni Pelizzoni
CASTELLUCCHIO
CAMERA DEL LAVORO DI CASTELLUCCHIO in collaborazione con il circolo cooperativo
“La Fratellanza”
ore 10.00 piazzale del bar “Il PARCO” - Saranno presenti: il presidente della Cooperativa Ezio
Volpi - il segretario SPI CGIL Lega Virgiliana Serafino Scandola - la segretaria provinciale
dello SPI CGIL Mantova Enrica Chechelani
QUINGENTOLE
ore 8.00 RITROVO A CORTE BREDA
distribuzione del garofano - tradizionale colazione in piazza con schiacciatine e vino
bianco - incontro pubblico, partecipa Rita Bonizzi, segreteria CGIL Mantova
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Maria Chiara Carrozza (nuovo Ministro dell’Istruzione ).
"Investire su ricerca e istruzione"
Fonte: http://www.huffingtonpost.it/2013/02/21/maria-chiara-carrozza-pd-investire-su-ricerca-e-istruzione_n_2733303.html
Ecco le risposte di Maria Chiara Carrozza e Francesca Puglisi, sul tema dell'istruzione, alle domande
del professor Stefano Semplici:
1) L'Unione Europea ha fissato per tutti gli stati membri l'obiettivo di una percentuale di laureati
sul totale della popolazione, nella fascia di età compresa fra i 30 e i 34 anni, pari al 40 percento.
Questo obiettivo, che dovrebbe essere centrato entro il 2020, appare irraggiungibile per l'Italia,
che è riuscita finora a portarsi solo intorno al 20 percento (anche se i dati sui laureati triennali
degli ultimi anni fanno immaginare che questa percentuale si alzerà). La candidata/il candidato
dica se condivide o no la tesi, ribadita dal Consiglio dell'Ue nel 2011, che il perseguimento di
questo obiettivo ha "un impatto positivo sull'occupazione e la crescita". Se la condivide, illustri le
iniziative che a suo avviso devono essere assunte in tema di strutture, personale e organizzazione
didattica. Dica anche in che modo dovranno essere finanziate.
La candidata/il candidato dica se condivide o no la tesi, ribadita dal Consiglio dell'Ue nel 2011, che
il perseguimento di questo obiettivo ha "un impatto positivo sull'occupazione e la crescita". Se la
condivide, illustri le iniziative che a suo avviso devono essere assunte in tema di strutture,
personale e organizzazione didattica. Dica anche in che modo dovranno essere finanziate.
La tesi del Consiglio dell‟UE è condivisibile: i veri obiettivi irrealistici sono quelli che perseguono la
crescita senza l‟investimento in istruzione e ricerca. La Strategia “Europa 2020” punta al
raggiungimento del 40% di laureati entro il 2020, mentre come si ricordava noi siamo poco sopra il
20%, contro una media europea di circa il 32,5%.; l‟obiettivo per il 2020 è anche quello di arrivare
a meno del 10% di dispersione scolastica, e noi siamo vicini al 19%, con punte molto più alte nel
Sud e nelle isole, mentre la media europea è al 14%. Il Piano Nazionale di Riforma 2011 del
Governo Berlusconi indica obiettivi inferiori (il 26-27% di laureati, il 15-16% di dispersione
scolastica) rispetto non alle ambizioni europee per il 2020, ma alle medie europee del 2010.
I recenti dati del Cun, invece, certificano la “fuga dall‟università”, che va contrastata, se abbiamo
bisogno di più laureati. Per cambiare, è essenziale ripartire dalle scelte degli ultimi anni in termini
di composizione della spesa pubblica: come certifica il Rapporto Giarda, l‟Italia negli ultimi 20 anni
ha ridotto enormemente il totale della spesa pubblica destinata all‟istruzione, (-5,4%), che non ha
paragone in nessun altro comparto della spesa dello stato. È necessaria un‟inversione di tendenza,
con un presupposto fondamentale: pur tenendo presenti gli attuali vincoli di bilancio, l‟università
ha già pagato pesanti costi di aggiustamento, e bisogna pensare a una graduale convergenza dei
finanziamenti verso la media UE. È poi fondamentale adottare politiche che riducano il nostro
divario con gli altri paesi europei. I laureati non devono essere soltanto italiani: bisogna creare un
ecosistema in cui i talenti di qualsiasi nazionalità si sentano accolti in Italia. Si deve puntare a una
vera “circolazione dei cervelli”, con politiche adeguate sulla mobilità in entrata e in uscita (nel
dettaglio qui in appendice).
I fronti d‟azione sono almeno tre: gli studenti, i docenti e la struttura di governo universitaria.
Partiamo dagli studenti lavorando sull‟orientamento e il diritto allo studio. Serve un investimento
serio sull‟orientamento e l‟informazionde dei diplomandi e delle famiglie, e soprattutto dei
professori delle scuole superiori con ore dedicate, pre-test e un adeguato materiale informativo
nazionale. Studiare non è inutile: i laureati continuano ad avere migliori opportunità lavorative e
salari più elevati, ma negli ultimi vent‟anni i rendimenti dei titoli di studio di livello universitario e di
scuola media superiore sono diminuiti in Italia in modo consistente, generando una caduta delle
aspettative nell‟istruzione, evidente nell‟aumento dei giovani che non studiano, non si formano e
non lavorano.
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Gli studenti e le famiglie, però, devono essere messi in condizione di poter affrontare
l‟investimento universitario ripartendo dal diritto allo studio e cancellando l‟inutile “fondo per il
merito” tremontiano per realizzare un “Programma nazionale per il merito e il diritto allo studio”,
finanziato con 500 milioni (per i primi anni tratti in larga parte dal Fondo ordinario per l‟università,
riportato alla sua dotazione precedente agli ultimi tagli), che affianchi gli interventi regionali. Per
quanto riguarda i docenti, di cui dirò maggiormente nella risposta alla terza domanda, dobbiamo
superare gli attuali vincoli al turn-over, perché la paralisi nel reclutamento ha portato a un blocco
complessivo del sistema e andare oltre il circuito vizioso della precarietà e dell‟incertezza, che a
volte diventa vero e proprio sfruttamento. In terzo luogo la governance universitaria per dare
un‟autonomia responsabile su cui tornerò nella risposta alla seconda domanda.
2) Negli anni Ottanta del diciannovesimo secolo, il ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli
promosse un tentativo di riforma dell'università che non ebbe successo. Egli intendeva garantire
agli atenei una "triplice autonomia" (amministrativa, disciplinare e didattica), con l'obiettivo di
promuovere una "concorrenza vigorosa" e una "selezione naturale". La candidata/il candidato
ritiene che l'idea della competizione per la sopravvivenza sia la chiave per promuovere allo stesso
tempo l'eccellenza e l'equità? E' favorevole alla separazione fra poche università riservate ai
migliori (docenti e studenti) e una rete anche ampia di università di "seconda fascia" per tutti gli
altri? E in che modo andrebbe a suo avviso regolato l'accesso (per docenti e studenti) alle
università della serie A?
Quando si parla di “eccellenza” e di “equità”, infatti, è necessario introdurre anche il termine
“sopravvivenza”, la vera sfida di molti atenei nel contesto della riforma. Noi condividiamo la
prospettiva di assegnare quote crescenti del FFO in base a criteri di natura valutativa, tanto che
nel confronto parlamentare sulla legge 240, nel 2010, il PD propose emendamenti finalizzati a
portare gradualmente fino al 50% le risorse assegnate a dipartimenti e atenei in base a una serie
di parametri (numero di studenti, valutazione di ricerca e didattica, contemperati da obiettivi di
coesione del sistema). Ma dobbiamo tenere presente che gran parte degli atenei utilizza il 90% e
oltre del proprio FFO per il pagamento degli stipendi e per altre spese di minore entità comunque
incomprimibili (bollette, manutenzione ordinaria…), quindi bisogna intervenire sulla quota generale
del FFO. Non ha senso parlare di progetti bandiera ottenuti sottraendo risorse dal FFO in modo
incoerente e senza un piano definito, ma vanno finanziati con risorse aggiuntive e vanno stabiliti
secondo priorità condivise.
La vera sfida è dare strumenti a un‟autonomia responsabile per gli atenei, e a una differenziazione
tra la presenza diffusa sul territorio del primo ciclo formativo peri andare verso l‟obiettivo di Europa
2020 (40% di cittadini con titolo di studio universitario) e dall‟altra parte l‟attivazione di percorsi
successivi dovrebbe rispondere a criteri rigorosi di solidità scientifica e infrastrutturale: la divisione
del lavoro virtuosa tra università non deve essere in nessun modo intesa come una segregazione
tra atenei di serie A e atenei di serie B. Serve un coordinamento macro-regionale dell‟offerta
formativa, coerente con la strategia di specializzazione dei territori, anche attraverso una
premialità determinata dalle risorse regionali.
L‟investimento selettivo non deve essere ad hoc, ma deve rispondere a logiche di vero merito
scientifico: crediamo che possa essere valorizzato in una logica realmente autonomista, che
accompagni processi di differenziazione interna e stimoli le università a specializzarsi, come
avviene in altri paesi come l‟Olanda. È evidente che quest‟obiettivo è in totale contraddizione con
una legge come quella Gelmini, e con una programmazione triennale che impone totale uniformità
agli atenei sui corsi di studio, sul reclutamento, sull‟internazionalizzazione (che deve diventare un
fattore essenziale per la valutazione) e che va perciò cambiata. In ogni caso, eventuali piani di
potenziamento di una rete di atenei o dipartimenti maggiormente qualificati, diffusi su tutto il
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territorio nazionale, potrebbero essere impostati solo a seguito di un‟analisi approfondita del
funzionamento del sistema e delle sue prospettive di sviluppo.
È essenziale anche considerare le best-practices internazionali: per esempio, la direttiva del
governo australiano con la quale si invita le università a tenere corsi di formazione intensiva per i
componenti dei consigli di amministrazione, oppure il modo in cui le università olandesi finanziano
ma controllano in modo virtuoso la partecipazione dei propri docenti a convegni nazionali ed
internazionali.
I provvedimenti di questi ultimi anni, a partire dalla legge Gelmini, hanno decisamente concentrato
sulla ricerca la valutazione dell‟attività e della “produttività” dei docenti universitari. Nelle nuove
procedure di abilitazione, requisito necessario per la partecipazione ai veri e propri “concorsi”, non
si prevede più una prova didattica. La candidata/il candidato pensa che possano esserci
“professori” che non insegnano o riconosce al contrario la centralità della responsabilità didattica
nella sua unità inscindibile con l‟attività di ricerca? È favorevole all‟indicazione di un limite minimo
di ore di lezione che tutti i docenti universitari dovrebbero essere obbligati a tenere, a prescindere
da qualsiasi “merito” e impegno di ricerca? Ritiene che 120 ore di lezione l‟anno possano essere un
limite ragionevole? Quali provvedimenti intende promuovere per garantire agli studenti la presenza
puntuale di tutti i loro professori per le lezioni, il ricevimento, gli esami?
I docenti sono l‟anello centrale del sistema università. La valutazione del loro lavoro è chiave, ma è
innanzitutto necessario metterli in condizione di svolgere il loro lavoro, didattico e di ricerca. Si
deve partire da un superamento degli attuali vincoli al turn-over, perché la paralisi nel
reclutamento ha portato a un blocco complessivo del sistema; ridurre l‟età di accesso e massima
rigidità e vigilanza sulle attività gratuite nell‟università (i contratti a un euro). Sul reclutamento e le
carriere, partiamo dalla semplificazione delle figure pre-ruolo, concentrando tutti i post-doc in due
tipologie: a) un contratto unico di ricerca; b) professori junior in tenure track.
E‟, inoltre, necessario investire sulla mobilità, estendendo progressivamente l‟efficacia delle
disposizioni anti-inbreeding puntando verso un sistema di tipo tedesco e impedendo lo svolgimento
di tutta la carriera sempre nella stessa sede. Abbiamo bisogno di bandi nazionali per posizioni postdoc e di tenure track che offrano ai vincitori il budget economico e i fondi di ricerca, lasciando loro
la possibilità di scegliere in autonomia l‟ateneo presso il quale svolgere la propria attività (escluso
l‟ateneo di origine), consolidando il budget legato alla posizione nel FFO. Pensiamo, infine, a un
sistema di controllo e all‟introduzione di limiti per il part-time e all‟ancoraggio al beneficio
dell‟università delle attività libero-professionali dei docenti, come avviene in molti altri paesi.
3) I provvedimenti di questi ultimi anni, a partire dalla legge Gelmini, hanno decisamente
concentrato sulla ricerca la valutazione dell'attività e della "produttività" dei docenti universitari.
Nelle nuove procedure di abilitazione, requisito necessario per la partecipazione ai veri e propri
"concorsi", non si prevede più una prova didattica. La candidata/il candidato pensa che possano
esserci "professori" che non insegnano o riconosce al contrario la centralità della responsabilità
didattica nella sua unità inscindibile con l'attività di ricerca?
E' favorevole all'indicazione di un limite minimo di ore di lezione che tutti i docenti universitari
dovrebbero essere obbligati a tenere, a prescindere da qualsiasi "merito" e impegno di ricerca?
Ritiene che 120 ore di lezione l'anno possano essere un limite ragionevole? Quali provvedimenti
intende promuovere per garantire agli studenti la presenza puntuale di tutti i loro professori per le
lezioni, il ricevimento, gli esami?
Il divario Nord-Sud è l‟ovvia conseguenza di un servizio scolastico molto diverso tra le due aree del
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Paese in termini di infrastrutture, asili e servizi scolastici. Per ridurre questa iniquità è dunque
primario assicurarsi che i prossimi interventi non siano recepiti solamente dalle regioni “virtuose”,
ma concentrarsi sulle difficoltà finanziarie, organizzative e infrastrutturali del Sud. Si tratta, mutatis
mutandis, di applicare il “metodo Barca” per i fondi strutturali anche alla scuola e agli altri campi in
cui il Sud resta in ritardo.
L‟obiettivo nazionale è riportare gradualmente l‟investimento almeno al livello medio dei Paesi
OCSE (6% del PIL). E‟ fondamentale cominciare l‟investimento fin dai più piccoli (0-6 anni): è
urgente varare un nuovo piano per raggiungere l'obiettivo del 33% di copertura dei posti all'asilo
nido come chiesto dall'Europa e garantire a tutti un posto nella scuola dell'infanzia. Nella scuola
primaria vogliamo rimettere in vetrina i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano: tempo
pieno e modulo a 30 ore con le compresenze, mentre per la scuola media, punto critico per
l'abbandono scolastico, dobbiamo reclutare una leva di insegnanti specializzati per preadolescenza
e adolescenza, e allungare il “tempo scuola” (scuole aperte anche al pomeriggio con sport,
tecnologia, studio in gruppo, laboratori, classe aperte ecc).
Per il ciclo superiore, il Pd propone un primo biennio unitario, così che la scelta a quale scuola
iscriversi non sia fatta in 3° media, troppo presto, ma maturi dopo i primi due anni della
secondaria. Inoltre, è fondamentale rilanciare l'istruzione e la formazione tecnica e professionale
per rilanciare il Made in Italy nel mondo. Per questo serve una nuova governance territoriale per
migliorare l‟offerta formativa puntando a istituire Poli per l‟Istruzione Tecnica Superiore che
tengano insieme l‟istruzione tecnica/professionale e la formazione professionale (sistema
integrato), le imprese, l‟università e il mondo della ricerca. Così facendo potremo alzare la qualità
del sistema scolastico, adattare la formazione alle specificità territoriali e ridurre il divario NordSud.
4) Nei test di verifica delle principali competenze acquisite dagli studenti delle scuole italiane il
"federalismo" delle differenze si impone come una realtà ormai consolidata. Prendendo come
esempio i risultati dell'indagine Ocse-Pisa del 2009 per le scienze, gli studenti di regioni come la
Lombardia, il Friuli Venezia Giulia, la Valle d'Aosta, il Trentino Alto Adige e il Veneto si collocano al
di sopra della media Ocse, mentre molto al di sotto sono quelli di quasi tutte le regioni meridionali,
con dati particolarmente negativi per Calabria, Campania e Sicilia. In che modo la candidata/il
candidato ritiene che si debba intervenire per ridurre questo fattore primario di iniquità? E con
quali risorse? E' favorevole, in particolare, a concentrare gli interventi anche "premiali" su quelle
realtà che si rivelano capaci di contribuire di più alla crescita dei giovani nelle aree più difficili e
disagiate?
Se andiamo a guardare bene i dati, scopriamo che ci sono differenze non solo tra Nord e Sud, ma
fra periferia e città, fra zone di marginalità e zone di benessere, fra studenti italiani e figli di
genitori stranieri. Il federalismo del disagio scolastico è molto più ampio e più complesso di quel
che si potrebbe immaginare. Questi dati ci dicono che e' stato tradito il compito che e' assegnato
alla Repubblica e alla scuola dall'articolo 3 della nostra Carta Costituzionale: rimuovere gli ostacoli
di origine economica e sociale che si frappongono fra i cittadini e la loro piena partecipazione alla
vita economica e sociale del Paese.
Nel rapporto Ocse-Education at Glance 2012 la principale indicazione evidenziata è quella che
riguarda la correlazione tra condizione sociale della famiglia e successo scolastico: più povera è la
famiglia, minori sono le probabilità di successo formativo. Mentre alcuni Paesi sono impegnati in
azioni di contrasto del fenomeno (Australia, Finlandia, Irlanda, Svezia), altri mantengono basse
percentuali di accesso all‟istruzione superiore per i ragazzi provenienti dalle famiglie di più modesta
condizione: meno del 20%, e fra questi paesi ci sono Italia, Portogallo, Turchia.
Il Rapporto Istat 'La scuola e le attività educative' dello scorso anno sottolinea come “i risultati
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scolastici siano correlati all‟estrazione sociale della famiglia di origine: quelli meno soddisfacenti si
riscontrano più di frequente nelle famiglie in cui la persona di riferimento è operaio (il 41,3% ha
conseguito il giudizio “sufficiente”) lavoratore in proprio o in cerca di occupazione (37% in
entrambi i casi)”.
Ecco, allora, smontati del tutto i falsi richiami al 'merito', alla 'scuola dei migliori', alla scuola delle
'eccellenze' che prima Moratti, poi Gelmini e infine Profumo hanno fatto, tutti accomunati dalla
medesima visione della scuola dove il figlio del notaio farà il notaio e la figlia del manager avrà la
strada spianata. Dobbiamo dirlo con chiarezza: oggi in Italia l'unico merito che conta è nascere
nella famiglia giusta.
Se toccherà a noi governare, dovremmo andare a incidere col bisturi questa ferita. Perché ogni
giovane che non abbiamo aiutato a esprimere il proprio talento, che a 16 anni finisce nel buco
nero della dispersione, è una ferita alla democrazia. Oggi purtroppo troppo spesso gli studenti
sono considerati una parte marginale del processo decisionale all‟interno delle istituzioni
scolastiche, mentre invece ne dovrebbero essere i protagonisti, perché la scuola è nata come
luogo della loro educazione, è nata per loro, ed è per loro che deve funzionare. Riportare al centro
del processo educativo gli studenti, significa ripensare l‟intero modo di vivere e far funzionare la
scuola. I ragazzi e le ragazze hanno bisogno di tempi distesi per l'apprendimento, di percorsi
individualizzati, di compiere scelte determinanti per la propria vita consapevolmente, offrendo il
tempo per farle maturare.
Nel nostro Paese si e' tagliato il tempo scuola, in contro tendenza al resto d'Europa. Il tempo
scuola e' il miglior antidoto alla dispersione scolastica. Questo ci dicono i dati. Occorre tenere le
scuole aperte il pomeriggio per permettere di studiare a scuola da soli o in compagnia, per favorire
il cooperative learning, per trovare a scuola i libri e i computer che a volte a casa non si hanno.
Servono insegnanti adeguatamente formati a catturare le teste veloci dei preadolescenti,
diventando facilitatori dell'apprendimento.Serve un biennio unitario e un triennio di Indirizzo per
permettere agli studenti di compiere scelte mature e consapevoli, con materie comuni tra gli
indirizzi e opzioni individuali.
Quelli che definiamo „nativi digitali‟, frequentano già le nostre scuole, sono iscritti al primo anno
delle superiori, e nella loro testa c‟è un modello di apprendimento che fa fatica ad adeguarsi alla
tradizionale lezione frontale. E il docente si sente demotivato e ben poco supportato da uno Stato
che non investe un euro in formazione in servizio, obbliga alle iscrizioni online o all‟adozione degli
ebooks ma si disinteressa se nella scuola c‟è o no la banda larga, se i pc sono primitivi, se le
famiglie hanno una connessione internet.
Servono laboratori che sappiano coniugare il sapere al saper fare, la rottura dell'unità della classe e
della consequenzialità delle lezioni, una scuola che superi la rigidità dell'orario e degli spazi. Non e'
assegnando un premio o una punizione o scatenando competizione tra le scuole che si sollecitano
le stesse al miglioramento. Non serve un sistema scolastico che aumenti la competizione tra
scuole, ma che favorisca la collaborazione tra docenti e tra reti di scuole. Serve collaborazione per
diffondere le buone pratiche didattiche per aiutare le scuole a raggiungere il massimo del proprio
potenziale. Un sistema nazionale di valutazione e di ricerca educativa che serva davvero come
strumento con cui confrontarsi per verificare se ciò che si fa a scuola ha efficacia con gli studenti.
La Fondazione Giovanni Agnelli calcola che ci sarebbero 1 milione e 300 mila occupati in più e un
reddito aggiuntivo di 70,7 miliardi di euro, se riuscissimo ad abbattere l‟abbandono scolastico. Per
questo occorre agire, e subito, per riportare l'istruzione al centro delle politiche nazionali.
Non abbiamo bisogno di F35, ma certo abbiamo bisogno di più soldi per l'edilizia scolastica, per gli
stipendi dei docenti che sono i più bassi d'Europa, per la formazione in servizio, per far sì che il
collegamento web non ci sia solo in segreteria ma in ogni classe.
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Il Pd ha già dichiarato che ogni euro che arriverà dalla lotta all'evasione fiscale sarà investito qui,
nella scuola, perché il sistema nazionale di istruzione ha bisogno di risorse, oltre che di fiducia e
stabilità. Da tempo sosteniamo che occorre individuare 'zone di educazione prioritaria' -penso ad
alcune zone del Meridione, ad alcune periferie del Nord- su cui concentrare gli sforzi, anche di
innovazione didattica, per recuperare i giovani allo studio.
Premesso che la legge stabilisce che i canali di reclutamento debbano essere due (graduatorie e
concorso), il Pd ha più volte ribadito al ministro Profumo che meglio sarebbe stato bandirlo solo
per quelle classi di concorso esaurite o in via di esaurimento. In 64 provincie sono completamente
esaurite le graduatorie degli insegnanti delle scuole medie nelle materie matematico scientifiche.
Poteva essere una grande occasione per ringiovanire davvero la classe docente di quelle scuole, su
discipline in cui i nostri ragazzi stentano. In questo modo, invece, il concorsone con numeri
abnormi di partecipanti, si è presto trasformato in una sorta di lotteria.
Ciò detto, il PD crede che non sia possibile andare avanti senza metter mano a una riforma vera,
condivisa dal mondo della scuola, delle modalità di formazione iniziale e reclutamento, poiché dagli
anni '80 in poi sono state approvate continue riforme, che non hanno fatto altro che stratificare
diritti, troppo spesso lesi, e sistemi ingarbugliati di punteggi che hanno alimentato lo sfruttamento
e la precarizzazione degli insegnanti. E così, alla drammatica precarietà del vivere degli insegnanti,
si è aggiunto il danno della precarietà dell'apprendere. Migliaia di studenti ogni anno salutano
maestri e professori a giugno, nella quasi certezza di non ritrovarli a settembre, dovendo quindi
iniziare il proprio lavoro daccapo.
Dobbiamo prevedere un piano pluriennale di esaurimento delle graduatorie per eliminare la
precarietà dalla scuola (non costa un euro in più stabilizzare chi lavora su posti vacanti) e offrire la
necessaria continuità didattica agli studenti. E contemporaneamente metter mano ad un modello
di formazione iniziale e reclutamento, equo e trasparente, che offra ragionevoli speranze ai giovani
che desiderano dedicare la propria vita professionale all‟insegnamento, selezionando tramite
concorso i migliori laureati per l‟accesso alla formazione iniziale, secondo numeri programmati al
fabbisogno; un anno di prova attraverso tirocinio e supplenze brevi accompagnati da un
insegnante esperto, e infine la firma del contratto a tempo indeterminato. Se tocca a noi, questo
sarà il nostro impegno.
5) Si stanno svolgendo le prove del concorso voluto dal Ministro Profumo per gli insegnanti delle
scuole. Questa decisione è stata fortemente contestata da quanti avrebbero preferito non bandire
concorsi fino all'esaurimento delle graduatorie dei precari. Qual è la posizione della candidata/del
candidato su questo problema? Si impegnerà ad incalzare il prossimo governo perché ogni anno ci
siano altri concorsi? E con quali modalità?
Ridare fiducia alla scuola significa garantire un organico funzionale, cioè una dotazione di
personale, stabile per almeno un triennio, attraverso un nuovo piano pluriennale di esaurimento
delle graduatorie per stabilizzare i precari (lo Stato spende di più a licenziarli ogni anno!). La nostra
proposta prevede la selezione attraverso concorso dei migliori laureati per l‟accesso alla formazione
iniziale per ottenere l'abilitazione, un anno di prova attraverso tirocinio e supplenze brevi e firma
del contratto a tempo indeterminato. Gli insegnanti meritano quel prestigio sociale che i governi
prevedenti hanno negato, anche attraverso un nuovo contratto nazionale che attribuisca una
retribuzione più alta per chi decide di svolgere a scuola nel pomeriggio le attività svolte oggi a casa
come la correzione dei compiti, la preparazione delle lezioni, la formazione, ecc.
Appunti Effelleci di Mantova
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La regressione e la rivolta
Nel lucido e severo discorso di Giorgio Napolitano , tenuto in occasione della
sua
inedita rielezione a presidente della Repubblica, si trova un passaggio molto forte, che viene da
lontano: “ Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorte di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze,
convergenze tra forze politiche diverse è segno di una regressione…”.
Orrore e regressione sono espressioni pesanti, che rappresentano un duro rimprovero da
parte di un vecchio saggio impietoso. In particolare, il termine
regressione richiama i
meccanismi di difesa individuati dalla scuola psicanalitica. Quando il bambino, che non sa ancora
padroneggiare e tollerare la realtà, la nega ; e torna al piacevole e rasserenante mondo delle
favole . Similmente si comportano gli adulti, sospesi tra il principio del piacere e il principio della
realtà. Nei momenti di crisi, essi ricorrono al meccanismo di difesa, definito appunto di
regressione, ritirandosi su posizioni più arretrate del loro sviluppo, che sono considerate più
gratificanti e più sicure. Un rifugio nell‟età dei sogni e degli entusiasmi. Come Peter Pan, il simbolo
dell‟immaturità. Anche politica.
Non a caso Wladimir Lenin intitolò il suo più famoso libretto “ L‟ estremismo malattia infantile
del comunismo“. Un breve trattato, scritto in chiaro stile , che qualcuno accostò al “ Principe” di
Machiavelli. In esso si fa riferimento ad un compromesso storico importante per le sorti della
Russia, che ha firmato lo “ sconveniente armistizio” del 1918. Un atteggiamento intransigente
avrebbe stroncata la Russia. Da qui l‟attualità della lezione per il buon rivoluzionario : che, come
un comandante in guerra, deve sapere quando avanzare, quando fermarsi e persino quando
ritirarsi. Infatti non bisogna impuntarsi in battaglie che portino alla sconfitta; occorre invece
conservare e tenere pronte e unite le forze per la successiva offensiva. A volte dopo una lunga
marcia. Fino a quando, come avvertiva nel suo realismo Gramsci, i “rapporti di forza” fossero
risultati favorevoli.
Nella storia del nostro travagliato Paese , si sono verificati momenti, in cui le diversità e le
opposizioni scelsero
la tregua, l‟armistizio, la collaborazione. La Resistenza ne rappresentò
l‟occasione più alta e più responsabile. E sulla scia nacque la Costituzione, magnifica sintesi dei
valori delle forze più rappresentative della Repubblica italiana.
Poi ognuno riprese la propria
identità, la propria battaglia. Con una breve parentesi di “ compromesso storico”, al tempo di
Enrico Berlinguer. Sono i prezzi che vanno pagati nelle situazioni di grave crisi e di pericolo per il
bene comune.
Ora rincorre una di quelle gravi situazioni. Con, in aggiunta, i testardi numeri di un
Parlamento impantanato;
con la presenza di tre raggruppamenti importanti, ma nessuno dei
quali si mostra autosufficiente a formare un governo che ottenga la fiducia delle due Camere,
secondo l‟articolo 94 della Costituzione. Se il Pd non trova ( non ha trovato ) un qualche accordo
con il Movimento 5 Stelle, ben difficilmente può evitare un “ indispensabile”, doloroso, costoso
compromesso con la destra. Tutti gli iscritti e i simpatizzanti sono ( siamo ) inquieti, sconcertati;
non pochi sono addirittura infuriati, in rivolta aperta. Si annunciano possibili
rotture, divisioni,
dispersioni. E‟ la maledizione che perseguita la sinistra.
Eppure di unità c‟è bisogno, anche nel dissenso; senza disperazioni, senza illusioni; ma dentro
un impegno maturo, continuo, organizzato. Per stare sempre e insieme dalla parte di chi ha meno,
dalla parte dei perdenti. Gli altri si salvano o si dannano da soli.
Egidio Lucchini
Appunti Effelleci di Mantova
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Rassegna stampa
I “suggerimenti” dei “saggi” sulla scuola. Perché parlarne
Il documento, fino a ieri, non era di quelli per cui valeva la pena di “spendersi” più
di tanto ma oggi può invece essere letto come possibile base programmatica anche
per il governo della scuola per i prossimi due anni
25/04/2013
Antonio Valentino
A guardarsi intorno, non ci si aspettava che nel documento dei cosiddetti “10 saggi” si parlasse
anche di scuola. Perché – sappiamo - nell‟agenda della politica nostrana, la questione scuola
non occupa certamente un posto rilevante.
Comunque, il documento, fino a ieri, non era di quelli per cui valeva la pena di “spendersi” più
di tanto, almeno nella considerazione di chi scrive.
Ci poteva essere, da parte di chi si interessa di scuola, una sorta di curiosità su come la vedono
personalità più attente ed esperte di questioni istituzionali ed economiche. Niente di più.
Con la rielezione di Napolitano a Presidente della Repubblica e con un governo le cui
caratteristiche appaiono disegnate nel discorso di insediamento (e con i limiti temporali
abbastanza facilmente presumibili – e augurabili -), il documento dei saggi può invece essere
letto come possibile base programmatica – come si dice – anche per il governo della scuola per
i prossimi due anni (o giù di lì, se le cose marceranno per il verso giusto o che al giusto si
avvicinino di più).
Non è certo lecito chiedere al documento, per come è nato, quello che non può avere: cioè un
respiro che permetta di affrontare i nodi strutturali del nostro sistema scolastico.
Le scelte del documento privilegiano piuttosto un profilo che tende a circoscrivere – e di molto –
i campi di intervento, puntando su alcuni problemi socialmente rilevanti che caratterizzano
negativamente il pianeta scuola.
Si citano in primo luogo, al riguardo, due fenomeni certamente allarmanti: l‟abbandono precoce
della scuola, “assai più diffuso che nel resto d‟Europa”, e la riduzione drastica della mobilità
sociale (si riportano, al riguardo, i dati sconvolgenti che conosciamo, ma che opportunamente
vengono riproposti).
Un altro fenomeno su cui – stranamente, per chi vive soprattutto di pane e scuola - si appunta
l‟attenzione del documento è il “rischio di mortalità” in rapporto ai livelli di istruzione (“tra gli
uomini meno istruiti il rischio è dell‟80% più elevato rispetto ai più istruiti”, mentre, per le
donne, tale rischio è quasi il doppio!). Problema, a ben guardare, indubbiamente rilevante sotto
il profilo dei diritti e dell‟eguaglianza sociale.
Un ultimo campo problematico considerato è quello delle nuove tecnologie: a proposito delle
quali si rileva – non senza ragione - che l‟infrastruttura di rete è, attualmente, più
“dimensionata per la gestione amministrativa” e meno – si sottolinea - “per la costruzione degli
ambienti di apprendimento”.
Un aspetto interessante del documento è che, su ciascuna delle questioni considerate, si
Appunti Effelleci di Mantova
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propongono interventi non sempre nuovissimi, ma comunque sensati e concreti.
Sul fronte dell‟abbandono scolastico si dice, ad esempio, che “le analisi disponibili indicano
come il miglior strumento di contrasto sia il prolungamento della scuola al pomeriggio negli anni
del primo ciclo, mentre oggi giorno il tempo pieno alle elementari è diffuso solo in alcune
regioni (non a caso, quelle in cui la dispersione è minore) ed è di fatto inesistente nelle scuole
medie”.
Opportunamente, al riguardo, si richiamano cose –anche qui - non nuove, ma che comunque si
è fatto bene a ribadire: e cioè che le attività pomeridiane “non dovrebbero essere però una
replica delle lezioni frontali della mattina” e che l‟estensione del tempo scolastico consentirebbe
interventi innovativi. Come ad esempio, la scomposizione dei gruppi classe e la sperimentazione
di metodologie didattiche più efficaci anche per i ragazzi maggiormente a rischio (per i quali si
parla esplicitamente di insegnamento individualizzato da finalizzare “in modo prioritario, al
rafforzamento delle competenze di base”).
Sul versante della mobilità sociale, il “suggerimento”, per invertire “immediatamente” la
tendenza negativa in atto, riguarda – e a ragione - “la definizione dei livelli essenziali delle
prestazioni e dei requisiti di eleggibilità per il diritto allo studio universitario….”.
Sul rapporto salute-istruzione, poi, non mancano suggerimenti, anche specifici, nell‟ottica che
“dedicare risorse all‟insegnamento di stili di vita salutari è un investimento sul futuro, oltre che
uno strumento per migliorare la qualità della vita”.
Vale la pena richiamare infine il passaggio del documento dove si parla della importanza della
“scuola digitale” e di una “cultura attiva del dato” che permetta di superare le barriere
disciplinari e aprire la strada ad approcci sistemici e quantitativi.
Che dire infine sul documento nel suo insieme?
In primo luogo che sembra emergere, pur nel numero ristretto dei campi considerati, un‟idea di
scuola attenta al sociale e che rispetto al sociale tende a darsi un ruolo più incisivo.
L‟altra cosa che si può dire è che le proposte fatte richiedono investimenti non da poco.
Soprattutto l‟estensione del tempo scolastico. Che sarebbe scelta importante se si
accompagnasse, come d‟altra parte si legge nel documento, ad una diversa organizzazione
didattica e a pratiche educative innovative.
L‟aver scelto questa logica va comunque salutato come un fatto positivo, dopo un decennio di
tagli spesso indescriminati e insensati e di investimenti tendenti a zero.
Concludo con un‟ultima considerazione che continuo a vedere centrale. E cioè che le varie
misure proposte potranno risultare efficaci - e, più in generale, che l‟attuale crisi del sistema
scuola potrà arrestarsi - ad una preliminare condizione: affrontare la questione docenti.
Questione, assente nel documento, che in questa fase è la più delicata e importante e che
richiede di sciogliere soprattutto tre nodi: 1. risolvere definitivamente il gravissimo problema del
precariato, evitando però sanatorie rischiose e aprendo anche la scuola ai giovani; 2. motivare
gli insegnanti; 3. qualificarli.
Se non si sciolgono questi tre nodi, tutti gli altri cambiamenti, anche quelli importanti, rischiano
di non “reggere”.
Va anche chiarito che sciogliere il nodo della motivazione significa avere in mente soprattutto
una diversa considerazione sociale del ruolo sociale dell‟insegnante e una sua valorizzazione
Appunti Effelleci di Mantova
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(che riconosca l‟impegno e la competenza, anche ai fini di carriera); e che la qualificazione sarà
tale se eviterà ogni forma di estemporaneità e facoltatività nella formazione e nello sviluppo
delle competenze professionali.
Discorso certamente a lungo termine, ma che andrebbe almeno impostato da subito con
equilibrio e lungimiranza. Anche da parte delle organizzazioni e associazioni interessate.
Un‟altra “assenza” varrebbe infine la pena di considerare per la prossima agenda governativa:
riguarda le misure di accompagnamento all‟operazione di Riordino - in atto attraverso le
Indicazioni Nazionale per primo ciclo e licei e le Linee Guida per l‟istruzione tecnica e
professionale - . Di essa, purtroppo, si stenta a cogliere, da più parti e soprattutto nelle scuole,
le indubbie potenzialità nel disegno di una scuola rinnovata.
Fonte: http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/i-suggerimenti-dei-saggi-sulla-scuolaperche-parlarne.flc
http://www.sergiostaino.it/edicola_frame.htm
Appunti Effelleci di Mantova
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