XI Congresso CGIL ABRUZZO – La relazione di Gianni Di Cesare La Relazione del Segretario Generale Gianni Di Cesare (bozza non corretta) Gentili ospiti, amici invitati, delegate e delegati, care compagne e cari compagni, intendo salutare, con particolare affetto chi in questi mesi ha sofferto il dolore e il lutto che il terremoto porta con se, le persone care del mio territorio. Voglio, inoltre, ringraziare tutti coloro, e sono centinaia di migliaia, che si sono prodigati per alleviare le nostre sofferenze, in particolare il Corpo dei Vigili del Fuoco, insieme alle compagne ed i compagni dello SPI e dell’ AUSER, e delle CGIL di tutta l’Italia e tanti volontari ed Associazioni. Vi propongo un minuto di silenzio in ricordo di tutte le vittime delle catastrofi naturali e ambientali. Arriviamo a questo congresso regionale dopo aver svolto 1136 assemblee di base, di luogo di lavoro e territorio, illustrando le due mozioni con rispetto e spirito di confronto. Si sono espressi con il voto 32.458 lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, hanno aderito al documento Epifani in Abruzzo il 76,84% dei voti validi e al documento Moccia il 22,76%. Abbiamo già eletto 2.200 dirigenti sindacali nei direttivi delle Camere del Lavoro e nelle categorie e tanti lavoratori e pensionati nei Comitati degli iscritti e nelle Leghe dello SPI. La CGIL Abruzzo si presenta al Congresso con una crescita della sua forza organizzativa. Al 31 dicembre 2009 abbiamo 123.429 iscritti, con un incremento di 4.456 iscritti pari al 3,7 % rispetto al precedente congresso. Le nostre strutture che tutelano i diritti individuali (Inca, CAAF, Uffici Vertenze), hanno avuto complessivamente in questo anno 750.000 contatti con persone che avevano bisogno di curare, risolvere o rivendicare i propri diritti individuali. In questi anni i lavoratori, migranti compresi, ci hanno reso con il loro voto per le RSU il primo sindacato della regione. Questo siamo, la CGIL, il più grande sindacato italiano, tra i più importanti nel mondo; una comunità di uomini e donne che in libertà si associano, discutono, lottano, decidono ed agiscono per rendere dignità e diritti alle persone. Non parteciperà al Congresso della CGIL Bruno Trentin, figura mitica del sindacalismo nazionale e internazionale che ha accompagnato la CGIL ininterrottamente dal dopoguerra. Uomo capace di influenzare con il suo pensiero e le sue azioni coerenti la storia e gli eventi, non solo di questo Paese. La passione e i fondamenti etici che ci animano ci permettono di essere una organizzazione sempre presente, aperta al confronto e al dialogo con tutti. Noi siamo quelli che non hanno condiviso le scelte, le analisi fatte sulla crisi e sulla riforma contrattuale; sono andati tra i lavoratori a confrontarsi e a spiegare le proprie ragioni. Noi siamo quelli che il 4 di aprile 2009 hanno riempito, per davvero, un enorme distesa quale è l’area del Circo Massimo. Noi siamo quelli che instancabilmente promuovono decine di vertenze, scioperi aziendali, territoriali, regionali, nazionali con altri sindacati o da soli, ma sempre per rivendicare diritti: di cittadinanza, di salario, di lavoro per tutti. Noi siamo quelli che credono nel valore che gli uomini e le donne, i giovani, i migranti, gli anziani, gli ambientalisti, portano nelle politiche di ogni settore. Noi siamo quelli che hanno voluto e saputo organizzare, con sacrificio e dedizione, il Campo di Coppito, qualche ora dopo il terremoto, per esserci e per donare uno spazio di democrazia e di impegno. Abbiamo attraversato il primo decennio del nuovo secolo con la rapidità di chi vive costantemente nel presente, avvertendo spesso più il peso che la libertà dell’esperienza quotidiana che la storia recente ci ha fatto vivere. Siamo arrivati all’appuntamento con il 2009, anno orribile per densità di eventi, già esausti e forse non sufficientemente pronti a costruire le difese necessarie. Il Paese, in questo decennio, si è rappresentato con la scelta di affidarsi alla destra ed alla forte leadership del Presidente Berlusconi. Un governo della destra che dura ormai da sette anni, impregnato in ogni suo atto dal peso aggiunto del presidente del Consiglio, della sua morale, della sua idea di impresa, di lavoro, di Stato. La sua pratica è stata quella di chi crede fermamente nel dominio sulle persone, sulle opinioni, sulle coscienze. In un mirabile libretto, prima di morire, Sylos Labini raccontava perfettamente di questa Italia berlusconiana: “ Berlusconi per mantenersi al potere ha bisogno di camerieri, i quali possiedono la peculiarità di obbedire. La loro abilità è servire. Chi possiede un qualche valore e una qualche competenza non può essere servo fino in fondo, quindi con Berlusconi non dura “. La Regione Abruzzo vive qui, in questa storia del decennio del centro destra, tra scelte sbagliate, commissari ed elezioni anticipate, con la sua grave crisi economica che precede quella mondiale, nella illusione di un federalismo mai praticato e in una crisi di bilancio regionale e di molti comuni da far tremare le vene. Un decennio istituzionale segnato dalla questione morale e dalle continue crisi politicoistituzionali, nella Regione come nei Comuni, che hanno coinvolto i ceti dirigenti del centro sinistra e del centro destra, lasciando questa Regione senza guida politica proprio quando la Riforma Costituzionale del Titolo V, il federalismo, doveva diventare concreto agire. Il popolo abruzzese avrebbe avuto bisogno di una guida competente, preparata al cambiamento; eticamente capace per affermarsi in una nuova forma di Stato. Il Presidente Chiodi invece si è presentato a noi sindacati con la proposta del “Patto della fiducia” chiedendoci di rinunciare all’etica dei principi e della responsabilità, mentre lo stesso nuovo Statuto della Regione Abruzzo, quello redatto dopo la Legge costituzionale attuativa il Titolo V del 2001, prevedeva la concertazione, la partecipazione attiva delle organizzazioni sindacali come strumento per un percorso responsabile e democratico per gli uomini e le donne, i lavoratori e i pensionati che essi rappresentano. Poi l’ideologia liberista, arrogante e presuntuosamente universale, quella che vuole imporre al mondo un’idea di Stato minimo, ci ha “invaso”, permeata dalla nota squisitamente nazionale imposta da un Presidente del Consiglio che sostiene che lo Stato serve a difendere se stesso, i propri beni, non certo quelli comuni. Un individuo tanto al centro della proprietà da ritenere proprio anche lo Stato. Lo smantellamento progressivo dello Stato Sociale è proseguito visibile ed implacabile nell’inganno di presentare per “spreco” i diritti dei cittadini deboli, tagliando sempre le risorse alla scuola pubblica, alla sanità, alle università, all’assistenza. Il nuovo Governo Berlusconi, dopo la caduta di Prodi, si è presentato con il biglietto da visita lanciato da Tremonti nell’agosto 2008, e oggi mostra tutti i suoi effetti nelle leggi della Gelmini su scuola ed Università, in quelle di Brunetta sul lavoro pubblico: taglio del personale insegnante precario, Università con bilanci ridotti alla possibilità di riprodurre appena quel che esiste, soffocando la ricerca, tagli ai bilanci di tutti gli enti locali, e della sanità, così vistosamente in ginocchio. Oggi, questo lungo lavorio della destra contro le classi più deboli ci mostra una società più disuguale dove i diritti costituzionali come, per esempio, quello all’istruzione, perdono il loro carattere universale, e si affermano privilegi individuali, disponibili per pochi. La CGIL considera, invece, l’uguaglianza nel sapere come valore fondante di una società. E ci chiediamo davvero perché CISL e UIL non hanno avuto già allora la forza di dire no, che cosa rintracciano di positivo in questi fatti? Dov’è la difesa di tutti a partire dall’ultimo? Diceva Don Milani che non c’è atto più ingiusto che fare parti uguali tra diseguali. E la CGIL ne è convinta oggi ancora di più. Questo corposo dominio del decennio berlusconiano, espresso spesso con l’ arroganza e la violenza delle dichiarazioni poi ritrattate, ha dietro un terreno che permea i comportamenti stessi delle persone, le espressioni di voto e di consenso ne sono la rappresentazione più chiara, ma non l’unica. Non è solo il centro sinistra che è debole – e lo è - c’è la potenza della persuasione che fa leva su insicurezze e paure per proporre un modello sociale che elude ed esclude i diversi, a partire dagli immigrati. Non ci stupisca quindi il ruolo dello Stato disegnato dai partiti di maggioranza. Uno Stato non più autorevole soggetto capace di ricomporre le contraddizioni e i contrasti sociali ma partigiano, schierato e spesso contro i più deboli per favorire i “forti”. Macroscopici gli interventi sul lavoro, progressivamente sempre più subordinato: una serie di interventi e modifiche legislative, che nella loro somma, dalla legge 30 fino al tentativo di modifica dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, oggi di nuovo riproposto, “sottomettono” lavoratori e lavoratrici, ridimensionando la loro capacità di aggregazione in sindacato. Non si vuole solo ridimensionare e colpire la CGIL, obiettivo esplicitamente dichiarato, ma la forza che i lavoratori hanno quando si associano in sindacato. Oggi sono separati con contratti individualmente diversi nello stesso luogo di lavoro, precari, a rischio. Nel precedente congresso la richiesta della CGIL per la modifica della legge 30 era forte, come quella di una legge sulla rappresentanza, e se ci fossero avrebbero immediatamente restituito dignità alle persone che lavorano e forza collettiva, contrattuale, alla rappresentanza del lavoro. Oggi, in questo congresso, dobbiamo analizzare bene le modifiche sociali che queste stesse leggi hanno prodotto. Se pensiamo all’Abruzzo, in questi anni, sono esplose le forme contrattuali più diverse, facendo del precariato un vero e proprio punto di forza per la Confindustria, Confcommercio ecc., e negli stessi settori pubblici dai Comuni alle ASL, insieme alle esternalizzazioni dei servizi, sono diventati un piccolo esercito di riserva. Questa situazione ci fa, di fatto, tornare ad un tempo molto antico dove la “dialettica storica tra lavoratore e padrone” aveva il tratto essenziale dell’asservimento. Di nuovo questa lotta “si conclude quando il servo diventa libero, perché lotta non solo per la propria sopravvivenza ma per il proprio riconoscimento come persona”. Il tempo per un nuovo progetto che rimetta al centro il lavoro e i diritti è adesso, non c’è da aspettare per una nuova libertà del lavoro e nel lavoro . Oggi si sono aperte contraddizioni e noi dobbiamo ancora favorire in ogni situazione vertenze, iniziative ed accordi per strappare le migliori e più sicure condizioni di lavoro. La CGIL Abruzzo deve assumere “un progetto incentrato sulla valorizzazione crescente dell’elemento personale , sull’assunzione della figura del lavoratore come persona con le sue esigenze professionali, di autonomia, di istruzione e di salute, con le sue libertà e con la volontà di realizzarsi anche nel proprio lavoro”! (come ci ha sempre dettoTrentin). A partire dal lavoro precario. Ma questo, oggi, può essere realizzato solo se sapremo intrecciare la contrattazione articolata nei luoghi di lavoro e la contrattazione sociale e territoriale, contrastando lo smantellamento dello stato sociale. La CGIL ha difeso i lavoratori, i pensionati, le persone mettendo in campo tutta la sua capacità di essere soggetto politico e di spendere nella quotidianità tra la gente tutta la sua forza data dai 5.700.000 iscritti e dalla sua storia centenaria. Ha speso e sta spendendo al meglio tutta la fiducia accumulata in una lunga storia fatta di lotte collettive e passioni individuali. La CGIL ha messo in campo tutto il suo peso per difendere e valorizzare la Costituzione italiana e qui si è espressa al meglio la CGIL quale soggetto politico. Nessuno credeva che nel 2006 il popolo bocciasse con il voto referendario le rilevanti modifiche costituzionali proposte da Berlusconi e dal suo precedente governo. La CGIL ha messo in campo, un progetto di formazione e di diffusione culturale dei valori della Costituzione, abbiamo onorato la ricorrenza del 25 aprile e del primo maggio sempre pensando alle scelte di vita fatte dai nostri padri nella guerra e nella lotta partigiana. La CGIL nazionale e quella abruzzese hanno promosso un corso di formazione sulla Costituzione (Progetto 20000) che ha ricevuto un esteso, profondo consenso dai nostri delegati. Seguiteremo questo impegno perché bisogna ancora difendere quei valori: Berlusconi, nelle cronache di oggi, ci racconta di come voglia smantellare la seconda parte della Costituzione mettendo così a repentaglio la stessa prima parte, quella fondamentale dei valori. Prima dell’orribile 2009 è da ricordare anche il ritrovamento della più grande discarica europea di rifiuti tossici e nocivi alla porte di Bussi. Il titolo dell’Espresso ci stupì ma ben presto dovemmo apprendere un nuovo aspetto dell’industrializzazione abruzzese, non coniugato, per lungo tempo, con la difesa dell’ambiente e della natura. Oggi siamo un sindacato consapevole della rilevanza che ha il rapporto lavoro-ambientenatura per le persone che rappresentiamo e per lo sviluppo del Paese. Sicuramente in questo rapporto sta il cuore della scelta che indica la necessità di avere un “nuovo modello di sviluppo”. Quando migliaia di cittadini possono aver bevuto acqua non perfettamente potabile è necessario interrogarsi ed agire. Perciò abbiamo chiesto investimenti per la bonifica del sito – riconosciuto come Sito di interesse nazionale- ma la scure dei tagli del governo ha sottratto i 3 miliardi di euro necessari per le bonifiche in Italia, con buona pace per l’ambiente e per l’occupazione che in questo caso sarebbero il presidio della sicurezza e della salute di tutti. Avremmo avuto lì un esempio dell’integrazione tra il lavoro nell’industria e nel servizio per l’ambiente, un lavoro non solo per il mercato ma a favore di beni comuni quali l’acqua, il territorio, la salute dei cittadini. Comunque per la CGIL da una politica diretta a controllare l’inquinamento e a riparare i danni, a valle del processo produttivo, si deve passare a una politica generale volta ad attuare una produzione eco sostenibili. Quando si pronuncia la parola Regione rappresentiamo una Istituzione che opera per/ su un insieme : abitazioni, città, ambienti, prodotti, risorse, suolo, spazio sociale, migrazioni, lavori, salute, ecc. Un insieme dal cui equilibrio dipende la vitalità reciproca. La riforma del titolo V della Costituzione ci ha assegnato il compito di essere Stato qui, in una regione. Ma ritorna prepotente la domanda: siamo all’altezza del compito? Siamo stati messi in condizione di esercitare questo compito? Ci sono le premesse per esercitarlo? In questi dieci anni, abbiamo forse dissipato questa possibilità. La CGIL si sente responsabile ma, nello stesso tempo, è orgogliosa di aver mantenuto costantemente un suo profilo di diversità, di denuncia, di proposta e di lotte che contrastavano scelte sbagliate. Siamo, comunque, arrivati all’orribile anno 2009 con una situazione economica, di bilancio e di qualità dell’occupazione e di reddito veramente disastrosa. Basta ricordare i dati più significativi per comprendere la situazione di contesto che ci prepara alla crisi più grave. Vogliamo, qui, in breve ricordarli: 1 l’economia regionale registra, nel triennio 2002-2004 una diminuzione del Prodotto Interno Lordo che attesta la crescita, fino al 2008, al + 0,5%, al di sotto di quella Italiana che è del +0,9%; 2 il PIL pro-capite perde 19 punti rispetto alla media U.E. Passiamo, fatta 100 la media dell’U.E. a 27, da un valore 104 (1995) a 85 (2006); 3 il debito della Regione Abruzzo passa dai 558,6 milioni (anno 2000) ai 3miliardi 982,7 nel 2007. Un dato insopportabile per chiunque governi. L’andamento del tasso di attività e di occupazione, a fine 2008, ci tiene ben lontano dall’obiettivo assegnato dal Consiglio Europea di Lisbona del 24 marzo 2000 ai paesi, alle regioni e alla stessa Europa. In Abruzzo la crescita dell’occupazione fino al 2008 si realizza con una presenza nel mercato del lavoro di una notevole quantità di lavoro precario e con una riorganizzazione all’interno dei settori: all’interno del settore terziario, si perde il lavoro più qualificato, basta ricordare la ristrutturazione e riorganizzazione del sistema creditizio, sostituito con il lavoro più povero e i call-center sono un esempio. Nel settore dell’industria diminuisce il peso dell’edilizia a favore dell’impresa manifatturiera. Il fatto veramente positivo per l’Abruzzo è stato di aver avuto una consistente crescita dell’occupazione nell’impresa manifatturiera. Siamo la settima regione per industrializzazione in Italia. Intorno a questa situazione favorevole è solo il sindacato che propone una strategia di sviluppo e di consolidamento (a partire dallo sciopero generale di Sulmona). Si realizzano protocolli di accordo territoriale in sede ministeriale (Valle Peligna, Val Vibrata, Campus) e aziendali. Una strategia riproposta oggi per “riempire” l’art. 10 comma 3 della legge 77/09 (quella sul sisma Abruzzo) con la concertazione sul Masterplan. L’orribile 2009 Fin dal 2005 la CGIL leggeva, nei dati della società e dell economia italiana una condizione di debolezza, sintetizzata nella formula del declinio del Paese. Allora eravamo i menagramo! Questa lettura critica ci ha permesso di vedere subito le conseguenze della crisi finanziaria, della globalizzazione e della distribuzione del reddito. Ancora nel 2008, con l’allarme lavoro sollevato con lo sciopero generale del 12 dicembre su una Piattaforma orientata alla difesa del lavoro eravamo i “pessimisti”. Il Governo, la Confindustria, le altre OO.SS., come gli stessi partiti negavano le possibili conseguenze nefaste che si sarebbero potute avere nel nostro paese con le crisi. E solo oggi per loro c’è la crisi,…. ma sta già finendo. In Abruzzo il governo Chiodi, appena insediato, sottovalutava la portata della crisi nella regione, ed il patto per la fiducia ne è esemplare testimone. La crisi finanziaria e della globalizzazione nel settore manifatturiero produce immediatamente in Abruzzo il taglio del lavoro precario. Migliaia di lavoratori perdono il loro lavoro precario. Il precario è disoccupato. Le “giovani generazioni non hanno mai sperimentato una depressione economica che sarà prolungata e la disoccupazione può essere di massa” Quindi le conseguenze della crisi mondiale si abbattono prima di tutti e pesantemente sulle giovani donne e uomini abruzzesi. Il Gruppo FIAT/SEVEL in pochi mesi taglia 1.300 lavoratori precari, la propaganda aziendale e l’indifferenza delle istituzioni produce un effetto di rassegnazione, paura tra i lavoratori licenziati che solo in piccola parte si rivolgono al sindacato per avere tutelato il loro diritto al lavoro. Questi fatti per noi costituiscono un problema enorme. Ma la crisi dell’industria manifatturiera abruzzese si propaga con una rapidità unica e la nostra, la settima regione più industrializzata a fine anno 2009 ha 34 milioni di ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria). Nel 2010 le cose non migliorano, anzi. Poi c’è la crisi del lavoro nella città e nella zone colpite dal sisma Dal 6 aprile 2009 non c’è solo un dolore immenso per i 308 morti, i feriti, gli anziani che spesso si lasciano andare, la perdita delle case e della socialità ma anche la crisi del lavoro nel mercato locale, nella città. Ci sono gli accordi positivi fatti con Regione e Governo, sulla cassa in deroga per tutti, la CGIL firma 1.768accordi, c’è una salvaguardia minima del reddito ma siamo a 7 milioni di ore di cassa integrazione, di cui 3 milioni e 400mila nel commercio. La città e la sua economia non ci sono più e con essa i lavori, dipendenti o autonomi che siano. A un anno dal sisma le cose sono leggermente migliorate. L’economia e la società aquilana avevano nella Università un punto chiave dello sviluppo, ora lo vedono messo in discussione, e ne comprendono il valore. La città del lavoro e del reddito prodotto dalla conoscenza, oggi, non c’è più. Ci vorranno alcuni anni per recuperare e ricostruire quelle possibilità. Sarebbe necessario, però, avere strumenti legislativi e di bilancio regionale, oltre quelli ministeriali, per ridare speranza all’ipotesi che vuole ancora L’Aquila città della conoscenza e del lavoro ad essa connesso, con un diritto allo studio per tutti e tutte senza discriminazione. L’anno 2009 ha visto l’insediamento del nuovo Consiglio Regionale e della nuova Giunta del Presidente Chiodi, e la conferma delle innumerevoli forme di commissariamento, a partire dalla Sanità. La Regione ha una eredità pesante nel debito di bilancio regionale, abbiamo ricordato che ammonta a circa 3,5 miliardi di euro. La Giunta sceglie di affrontare il punto mantenendo un basso profilo. Nello stesso anno 2009, aprile e dicembre, vengono approvati due bilanci di previsione e documenti di programmazione economico finanziario senza alcun confronto con le parti sociali e di fatto il tavolo di concertazione è liquidato. L’assessore al bilancio è l’unico assessore a non aver mai proposto un incontro, non dico un negoziato. Il bilancio si caratterizza per essere una sequenza di zero nelle varie voci di spesa. Ci si trincera dietro l’emergenza terremoto, sicuramente vera ma non tale da giustificare il comportamento dell’assessore al bilancio. Le scarsissime risorse di bilancio sono allocate in poche voci (sanità, interessi passivi, alcuni servizi minimi, la burocrazia regionale). Gli accordi quadro con il governo sui fondi FAS, Masterplan, infrastrutture e la stessa legge sul terremoto (77/2009) non producono l’effetto immediato di spesa, viviamo un presente che vede anche per questa regione una difficoltà vera dei lavoratori più legati alla spesa pubblica della Regione-Stato: trasporti, cultura, turismo, artigianato, ambiente, agricoltura, piccola impresa, sanità, sociale, comunità montane, enti strumentali, consorzi industriali, ecc. Le vertenze per il lavoro si moltiplicano non ci sono solo quelle dell’industria ma in ogni settore. Emblematica è la vertenza Villa Pini, dove allo spreco di risorse di ieri si risponde con il taglio di oggi che mette in forse 1600 posti di lavoro, con lavoratrici e lavoratori che non prendono ormai lo stipendio da quasi 12 mesi, pur avendo avuto l’obbligo, anche morale, del lavoro per non lasciare i loro pazienti senza assistenza. Sulle zone terremotate la Regione non produce alcun intervento con il bilancio ordinario, dopo un anno dal sisma in Friuli, nel 1976, c’erano già 16 interventi di sostegno di carattere regionale. La costruzione di “case” e luoghi pubblici (progetto case, map, mar, ristrutturazione case A,B,C Musp ecc.) viene realizzata con fondi europei, donazioni e governativi. Ma quale è stato l’effetto sul lavoro degli abruzzesi nelle zone del sisma? Per adesso scarso, il lavoro in edilizia per gli abruzzesi non è cresciuto e i dati della cassa integrazione lo indicano. Hanno lavorato meno del 20% di operai edili delle nostre terre, anche il volano dell’edilizia per adesso non sta incidendo in modo significativo per i nostri lavoratori. La lista delle crisi abruzzesi è quindi così composta: 1 del welfare locale e nazionale; 2 del bilancio regionale; 3 della globalizzazione e dell’industria; 4 del terziario; 5 del credito alle piccole imprese; 6 del lavoro precario, soprattutto giovanile e femminile; 7 del reddito; 8 della città con il suo mercato. L’insieme di questa lista ha nel mercato del lavoro, nell’occupazione il denominatore comune. La crisi è del lavoro e della qualità del lavoro, infatti la media al terzo trimestre 2009 confrontata con lo stesso periodo del 2008, evidenzia una diminuzione di 25.000 occupati in Abruzzo con – 5.000 nel settore agricolo, – 7.000 nell’industria e – 13.000 nel terziario. Siamo dentro una spirale che può sintetizzarsi in una economia e società della depressione o come scrive Paul Krugman, economista di fama mondiale “l’economia della depressione è tornata”. In Italia come nel mondo questa condizione si può determinare con più probabilità per aree territoriali e per classi sociali. Essere cittadini del Mezzogiorno, italiano, donna, giovane e abruzzese, propone una condizione di lavoro molto incerta: precarietà, lavoro nero, disoccupazione, lavoro con basso salario. L’economia della depressione può realmente insediarsi in Abruzzo. Va interrotta ora la spirale della crisi del lavoro, della disoccupazione a due cifre. Il Ministro Sacconi in una recente intervista al Sole 24 Ore propone una “migrazione di lavoratori verso professionalità nuove. Verso i servizi di cura, verso quelli educativi o sanitari, verso il terziario industriale, anche nella ricerca” Ma è impossibile attuare una simile strategia nella nostra regione quando la situazione è quella che vi ho descritto! Impossibile con una riforma fiscale federale che non ha il concetto di perequazione! (Quaderno Svimez n. 21 luglio 2009). La CGIL ha messo in campo le sue azioni di lotta: il 28 novembre 2009 a Chieti con la Manifestazione per una nuova politica meridionale e il 12 marzo, con lo sciopero generale. Anche quest’ultimo aveva al centro il lavoro, ribadendo il no ai licenziamenti, la necessità di ammortizzatori sociali universali e di lunga durata, la richiesta di diritti civili per gli immigrati e la sospensione della Bossi-Fini, l’urgenza di una riduzione del prelievo fiscale sui redditi da lavoro e da pensione. Uno sciopero generale indetto per avere risposte da governo e Confindustria, ma anche per porre Cisl e Uil di fronte alle proprie responsabilità. Queste iniziative sono state accompagnate da rivendicazioni precise in Abruzzo come il blocco dei licenziamenti, gli investimenti per la tutela del territorio, il miglioramento dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, le infrastrutture di rete a partire dai collegamenti ferroviari, energia e green economy. Per la CGIL il Mezzogiorno è il banco di prova della politica nazionale per affrontare la crisi. Il Mezzogiorno è questione nazionale. Ad oggi le risposte del governo sono state largamente insufficienti. Anzi, questo governo sta sottraendo le risorse al meridione (vedi FAS). Al Sud servono risorse certe e realmente aggiuntive alla spesa ordinaria, da gestire attraverso una qualità nuova della governance: servono trasparenza e legalità, e ci rispondono solo con la Banca del Sud. La CGIL Abruzzo ha partecipato con convinzione alle iniziative sul Mezzogiorno perché i dati ci collocano, purtroppo, in una condizione assimilabile a quella tipica meridionale. La forte presenza industriale che ci caratterizza va rapidamente supportata da leggi regionali, da politiche di sostegno orizzontali e verticali necessarie per renderla robusta e radicata. (energia, ricerca, mobilità delle merci, marketing, sostegno all’internazionalizzazione, patto con le imprese multinazionali, sostegno finanziario e del credito, ambiente). Nei confronti con la Giunta regionale sul FAS e sul Masterplan si è evidenziato un quadro di riferimento condivisibile negli indirizzi ma inadeguato nella quantificazione certa di risorse aggiuntive. Anche gli incontri al Ministero delle Attività produttive sulle varie crisi aziendali e territoriali si svolgono come se questi strumenti non ci fossero, siamo costretti a continuare con il vecchio metodo rivendicativo delle vertenze. La Giunta del Presidente Chiodi, gli assessori che partecipano ai negoziati non svolgono alcun ruolo attivo. Non si può attendere la fine della grande crisi, ognuna delle scelte va seguita, monitorata e guidata dallo Stato. Con questi stessi strumenti, FAS e Masterplan, si deve ancora elaborare un piano per la ricostruzione e la rinascita delle zone terremotate, a partire da L’Aquila. Per questo lavoro titanico, ad oggi, siamo allo zero: non si sono costituiti tavoli di confronto locale, le risorse destinate dalla legge sul terremoto, quelle dell’art. 10 comma 3, non sono quantificate in impegni certi annuali. E’ compito dello Stato in questo momento dare un grande impulso e compito della Regione chiamare a raccolta i grandi gruppi nazionali, importanti centri di ricerca, i dipartimenti universitari, per proporre un progetto di rinascita. Le OO.SS. possono fare la loro parte mettendo a disposizione il loro bagaglio di competenze e proposte accumulato in una lunga storia. Un confronto specifico deve essere proposto sulle professioni necessarie alla ricostruzione delle case e dell’immenso patrimonio monumentale. Il lavoro edile dovrà essere reperito in regione, riconvertendo quello oggi non utilizzato, sarà inoltre necessario creare nuove figure professionali in grado di essere all’altezza delle nuove tecnologie e tecniche, e anche il lavoro dei progettisti potrà essere riorganizzato per questo inedito impegno. Comunque resta il punto generale, non dimentichiamo che questa Regione è stata colta dalla crisi finanziaria della globalizzazione e dalla catastrofe del terremoto quando era già in una condizione negativa. Per esempio, se noi analizziamo la mobilità, i trasporti, in particolare quello su ferro, vediamo tutti i limiti di ieri e il rischio di nuovo isolamento. La scelta della Regione Puglia di attraversare l’Italia verso il Tirreno e di collegarsi da lì alla verticale del Nord con l’alta velocità, ci confina all’isolamento. Se poi aggiungiamo le difficoltà dell’aeroporto di queste ore il quadro è chiaramente negativo. Le ferrovie in Abruzzo hanno peggiorato la loro velocità media rispetto agli anni precedenti. Va riportata la velocità media di sistema a un livello accettabile. Rilanciare investimenti in nuovi mezzi di trasporto collettivo e in maggiore occupazione nel settore è il modo per combattere veramente l’inquinamento acustico e dell’aria. E’ un bene per la salute delle persone a partire da quelle anziane e dai bambini. Ma le risorse messe a disposizione dal governo centrale, oggi, e domani dalla legge delega n. 42/2009 sono la cartina di tornasole per verificare che tipo di Stato ha in mente questo governo: se unitario come la storia del risorgimento ci indica o di stampo pre-risorgimentali. I decreti delegati dovranno prevedere il finanziamento integrale di funzioni fondamentali come Sanità, istruzione, assistenza sociale, trasporti, per tutte le regioni, considerando il principio dell’uguaglianza delle persone (principio Costituzionale) l’unico veramente condivisibile. Sarebbe opportuno che su questo tema la nostra Regione aprisse un tavolo di confronto e concertazione sotto la guida autorevole dello Svimez che ha già prodotto importanti analisi e proposte in materia. Dopo una catastrofe naturale, in una crisi di queste proporzioni, la CGIL dice che non si può accettare il patto di stabilità di ieri. La nostra Regione deve essere messa in condizione di avere le risorse necessarie per gli investimenti, per la ricostruzione, per il lavoro, per i servizi, per il turismo, per i beni comuni. La CGIL non può accettare che questa regione possa seguitare ad avere il massimo della tassazione, non basata sulla progressività e con tariffe che non tengano conto della condizione di reddito delle classi sociali più deboli. La CGIL è disponibile ad affrontare la riorganizzazione della Sanità in Abruzzo, per recuperare risorse dagli sprechi e per allocarle come investimenti in tecnologia e professionalità, realizzando una effettiva integrazione socio-sanitaria nei distretti . In questi mesi la Giunta regionale non ha espresso chiaramente una proposta concreta e non solo per l’intervento delle lobby ma anche per la confusione generata da tempo dal sovrapporsi di poteri e dalle varie gestioni commissariali. E’ comunque possibile fare scelte nella direzione giusta. 1 Conferire risorse adeguate a tutti i servizi di medicina preventiva nei luoghi di lavoro occupando in questo modo un buon numero di lavoratori; 2 non procedere alla privatizzazione dell’Ospedale di S. Omero; 3 superare l’anomalia della psichiatria assegnata prevalentemente al privato per riportare la stessa allo spirito e alla lettera della legge 180; 4 prevedere come da piano una riabilitazione con la presenza importante del pubblico; 5 spostare l’attenzione delle politiche sanitarie verso il principio del diritto alla salute. E questo comporta respingere, anche dall’Abruzzo, il progetto delineato nel libro bianco del Ministro Sacconi, quello di uno Stato sociale minimo a partire dalla sanità. Oggi l’investimento nello stato sociale è la forma più certa per contrapporsi alla disoccupazione in modo qualitativo considerando la sanità, come la scuola, scelte nazionali e non opzioni da proporre regione per regione. Non si può scrivere che il Sistema Sanitario nazionale ha ottenuto risultati fondamentali, quali l’allungamento della vita media nel nostro paese e poi tagliare i fondi che l’hanno consentito. La piena e buona occupazione rappresenta dunque un indicatore della qualità dei servizi che lo Stato fornisce. Con questa crisi gli investimenti nella società ed economia della conoscenza rappresentano il modo più certo per innalzare il livello di produttività di una società, favorendo la crescita del lavoro qualificato. Un governo che pensa al futuro deve innalzare i livelli culturali della popolazione, far studiare i propri giovani non certo permettere di prendere un diploma diventando un apprendista: questa è per noi tutti una vera vergogna nazionale che riproduce ancora una società disuguale, ed un Paese diviso. Avremmo bisogno in questa fase di un Governo e una Regione che scelgono decisamente di eliminare l’evasione fiscale, recuperando risorse da investire sulla redistribuzione del reddito, ed estendere a tutti gli ammortizzatori sociali come abbiamo chiesto nell’ultimo sciopero generale del 12 marzo. Nell’orribile 2009, nel pieno di una crisi epocale paragonata a quella del 1929, il Governo Berlusconi e la Confindustria ottengono, con l’accordo del 22 gennaio, la divisione del sindacato, della rappresentanza del mondo del lavoro. La CGIL è consapevole e convinta, da sempre, che l’unità sindacale è un valore e uno strumento importante, per i lavoratori e i pensionati. Non sottovalutiamo affatto questo e ci proponiamo di riconquistare l’unità sindacale nel segno dell’autonomia, della democrazia e della libertà. Ma l’accordo del 22 gennaio è stato costruito per separarci, nessuno ci può dire che non si conoscevano le posizioni della CGIL. Invece, il governo Berlusconi ha scientificamente operato per la rottura dell’unità sindacale. Mai un governo della Repubblica aveva promosso la firma separata di un accordo sul sistema delle regole contrattuali; un accordo o è condiviso da tutte le parti oppure equivale ad un fallimento”. Avevamo elaborato unitariamenre, nei mesi precedenti, una piattaforma contro l’evasione fiscale, per un fisco più giusto, per restituire ai lavoratori dipendenti e ai pensionati almeno quello che il fiscal drag sottrae silenziosamente e costantemente. Il risultato è solo sgravi per la contrattazione aziendale per pochissimi. Sul fisco equo questo è tutto. Mentre lo scudo fiscale permette il rientro dei soldi dei ricchi, dopo l’evasione, con una tassazione solo del 5%. Immorale. Non c’è nulla da dire o da fare? L’unica novità vera dell’accordo del 22 gennaio è la reintroduzione delle vecchie gabbie salariali, introducendo la possibilità di derogare il Contratto Collettivo Nazionale non resta più il principio della solidarietà che il contratto garantiva, anche l’equiparazione tra settore pubblico e settore privato è cancellata. In questi giorni abbiamo già avuto un esempio emblematico: la Banca Intesa san Paolo assume lavoratori a L’Aquila con il 40% in meno di stipendio (20% perché è in apprendistato, 20% in applicazione dell’accordo separato). Più ore di lavoro e meno ferie. I lavoratori di L’Aquila hanno bisogno di più salario e più diritti, e non va spiegato perché. E ancora: il Parlamento, con la sua maggioranza di centro destra, ha approvato la legge sull’arbitrato, proseguendo il disegno dell’accordo separato, che abbassa ancora tutele e diritti dei lavoratori. La legge, infatti, imbavaglia anche la magistratura, che non può più entrare nel merito del licenziamento, non può più intervenire sulle ragioni organizzative che lo hanno determinato. Quanto sta avvenendo in tema di negazione delle regole e di degrado etico è sconvolgente, la ‘cultura delle deroghe’ si sta elevando a sistema, che è in corso un attacco alla Costituzione e ai suoi fondamenti. Per questo la CGIL ritiene le norme approvate incostituzionali e interverrà sul piano legale e su quello sindacale. L’accordo separato rende sempre più difficile il rapporto unitario: non ci sono soltanto divergenze, ci sono proprio due posizioni politiche, due ipotesi di società diverse. Noi perseguiamo testardamente la strada dell’unità e della democrazia, ma di certo non ci fermeremo ad aspettare . Soprattutto quando la Cisl di Bonanni condivide con il Governo una “dichiarazione comune” contro la CGIL. Nel giorno stesso si usano parole volgari contro lo sciopero della CGIL da parte dello stesso. Incredibile. • • Per la CGIL “riconquistare” un forte potere contrattuale collettivo, nazionale, aziendale, territoriale, di sito e di filiera è un dovere, è il cuore della sua politica sindacale. Oggi il nostro imperativo è impedire che la precarietà diventi strutturale dentro l’ organizzazione del lavoro. I contratti di solidarietà, contrattati diffusamente, sono uno strumento di contrasto di questa politica. Estendere trattative territoriali, sociali, aziendali è un obiettivo per la CGIL Abruzzo : o per il diritto a condizioni di salubrità nel lavoro; o per una organizzazione del lavoro contrattata; o per il diritto alla formazione permanente e alla qualificazione professionale; o per il diritto alla uguaglianza delle opportunità di accesso; o per il diritto ad una stabilizzazione certa e regolata del proprio rapporto di lavoro; o per tariffe e servizi equi e qualificati. o Per la CGIL il sindacato deve rafforzare il suo ruolo di autorità salariale anche nell’interesse generale. I bassi salari, ormai, sono il problema centrale. Questa distribuzione dei redditi sta affossando lo sviluppo del paese e della regione. I lavoratori abruzzesi hanno bisogno di una contrattazione articolata diffusa, anche per il lavoratore dell’artigianato. Non siamo soli nel pensare che una maggiore equità salariale e fiscale sia la chiave per il rilancio della crescita economica. Non siamo soli quando diciamo che la piena occupazione di uomini, donne, migranti, giovani può dare nuovo impulso alla civiltà dello sviluppo sostenibile. Attali, persona illustre a livello mondiale, nel libro “La crisi e poi” scrive: “questa crisi finanziaria della globalizzazione si spiega in gran parte con l’incapacità della società americana di dare salari accettabili alle classi medie, spingendole ad indebitarsi per finanziare l’acquisto della casa” e aggiunge che per riequilibrare su scala mondiale il potere dei mercati è necessario rafforzare quello della democrazia. Il nostro paese ha elaborato in modo mirabile l’intreccio tra uguaglianza e democrazia nell’art. 3 della Costituzione, perno della stessa; come ha scritto autorevolmente Norberto Bobbio “l’egualitarismo è l’essenza della democrazia” Oggi siamo, come spesso ci è capitato, ad un passaggio difficile per il paese e come sovente è accaduto forze oscure lavorano per mettere, di fatto, in discussione i principi di democrazia che ci siamo dati. La CGIL propone una iniziativa generale sulla democrazia, sindacale e non, per l’anno 2010. In questo senso è ormai del tutto urgente e non rinviabile una legislazione sulla rappresentanza sindacale, in coerenza con l’articolo 39 della costituzione. L’equilibrio dei poteri, il rispetto della legalità, il rispetto della rappresentanza sociale, la partecipazione come valore sono sotto attacco. Nella nostra regione c’è un sistema democratico fortemente minato da tutti i commissariamenti. Il Consiglio Regionale è fortemente ridimensionato nella sua valenza di luogo della partecipazione alle decisioni. Lo stesso statuto della regione Abruzzo non è valorizzato ed applicato nella parte democratica e partecipativa di tutti i soggetti istituzionali, sociali e del volontariato. Vogliamo di nuovo sottolineare che l’articolo 11, quello sulla concertazione, è ormai disatteso. La riorganizzazione della macchina amministrativa regionale, intorno ad un progetto condiviso, non è più rinviabile. Eppure viste le crisi economiche e sociali ci sarebbe molto bisogno di democrazia. Come, visto la catastrofe del terremoto bisognerebbe mettere in campo il massimo della trasparenza, della partecipazione, oltre che le risorse economiche per provare ad immaginare un futuro. La CGIL ha il compito di portare ancora e sempre tra i lavoratori le proprie rivendicazioni, piattaforme e la propria analisi. Lo abbiamo fatto con questo Congresso e con lo Sciopero del 12 marzo 2010 ma non è sufficiente, vista la gravità della crisi economica, sociale e democratica. La CGIL si deve dare un percorso di iniziative di mobilitazione, vertenze, scioperi anche unificati. Dopo il Congresso nazionale, come CGIL Abruzzo dobbiamo proclamare una tornata di assemblee, contrattare, proporre scioperi per dare continuità alla nostra azione e per rendere più forte il nostro rapporto con i lavoratori e pensionati. Siamo nel tempo dove c’è bisogno di coraggio, impegno, dedizione. La CGIL ha la convinzione che le novità in Abruzzo sono talmente rilevanti che devono vedere noi tutti impegnati in una nuova capacità di riflettere sul nostro futuro analizzando con più profondità il passato anche recente. • • • • • Siamo in una situazione che mette in discussione gli assetti sociali, economici, urbani, della montagna, della città capoluogo arrivando di fatto a cambiare la nostra stessa identità regionale. non siamo più l’Abruzzo uscito con orgoglio, unica regione in Europa, dal sottosviluppo economico; non siamo più l’Abruzzo che investe nelle risorse naturali come possibilità di crescita non siamo più l’Abruzzo dove il capoluogo è saldo nella sua storia urbana, monumentale e culturale; non c’è più l’Abruzzo “ forte e gentile “ cioè con una salda morale. Abbiamo bisogno perciò di una Conferenza di Programma che nel vivo delle lotte, aiuti a ripensare la nostra identità e le nostre proposte. La conferenza di programma deve essere realizzata per innovare e rilanciare la vertenza Abruzzo oggi, diversa più complessa ma sempre necessaria; deve essere un modo per organizzare il massimo del confronto e del dialogo con tutti i soggetti presenti nella società, nella politica, nel mondo della cultura e naturalmente con i lavoratori e i pensionati. Pensiamo che l’inchiesta sul lavoro precario, che vi proponiamo nel pomeriggio, sia uno strumento utile per allacciare e consolidare i rapporti con il vasto mondo della precarietà, della disoccupazione, senz’altro può rappresentare un primo materiale per l’organizzazione della Conferenza stessa. Inoltre, abbiamo già avviato, in questi mesi, proficui confronti (consorzi industriali, fisco, montagna, università); ci è stato chiesto di dare continuità; sulla montagna ci è stato chiesto di essere promotori di un manifesto per la montagna abruzzese. La CGIL vuole dare attenzione con la conferenza all’idea di democrazia partecipata che è il suo fondamento. Pensiamo che lo slogan che abbiamo coniato dopo il terremoto possa essere ancora valido “L’Aquila è l’Abruzzo, l’Abruzzo è L’Aquila” volendo così rappresentare la necessità odierna. Tra i materiali avremo inoltre tutto il lavoro fatto in questi congressi, con i documenti prodotti. Per concludere voglio proporvi come traccia di lavoro per la Conferenza il “Programma fondamentale della CGIL nazionale” da cui riporto la seguente citazione “siamo oggi vicini ad un punto di rottura, che può avere effetti distruttivi di lunga durata. Per questo la CGIL rifugge da ogni logica corporativa e si propone di agire come un soggetto politico, in un rapporto dialettico con i partiti, le istituzioni, con il mondo associativo e i movimenti democratici, con l’obiettivo di ricreare uno spazio pubblico comune nel quale sia possibile un confronto sulle scelte strategiche e sui progetti che interessano la nostra comunità nazionale.” Care delegate, cari delegati, la CGIL Abruzzo ha il dovere di essere prima di ogni cosa una comunità di persone libere, consapevoli, attente alle idee e proposte di tutti. L’unità della CGIL Abruzzo, prima che nelle scelte politiche e nel rispetto dei pluralismi, è nella nostra capacità di avere comportamenti individuali e collettivi lineari e rispettosi di noi stessi e della nostra storia. Bisogna rinvigorire la nostra voglia di militanza. La nostra forza è nella passione del militante. Dobbiamo rivolgerci con questa passione a tutte le persone, i lavoratori, i pensionati, le donne, i migranti, i giovani e a tutto il mondo del volontariato per dire loro che ci sono altre cose che possono rendere la vita felice e utile per sè e per gli altri. La vita spesa per l’impegno sociale è una vita giusta. Viva la CGIL Viva la costituzione