FEDERAZIONE ITALIANA DEI CINECLUB - FEDIC CINQUANT’ANNI DI VOLONTARIATO La Fedic ha compiuto 50 anni. Crediamo utile una messa a fuoco dell’identità di questa Federazione che dal luglio 1949 svolge sul territorio nazionale un’attività differente da quella delle altre associazioni di cultura cinematografica riconosciute. Aderisce a livello internazionale alla U.N.I.C.A. (Union International du Cinéma – Membre du Conseil International du Cinéma et Television UNESCO) e alla ECFA (European Children Film Association). Escludendo fini di lucro, favorisce e sostiene la cultura cinematografica attraverso la produzione e distribuzione di film e video, organizzando convegni, seminari, conferenze, dibattiti, concorsi, rassegne, mostre nazionali e internazionali, realizzando una produzione editoriale e il periodico trimestrale Carte di Cinema (che gode di un contributo del CNR), raccogliendo e integrando il lavoro degli organismi associati, valorizzando la cultura dell’immagine, promuovendo iniziative sul territorio. Abbiamo sottolineato il termine produzione perché la Federazione e i Cineclub associati sono impegnati in un’attività che non si ferma alla proiezione e discussione di film e video, ma comprende un interesse diretto alla produzione, alla sperimentazione del linguaggio, ai problemi legati alla realizzazione alla distribuzione delle opere. Alcuni Cineclub organizzano corsi di alfabetizzazione all’immagine, altri offrono assistenza tecnica e formativa agli autori, altri corsi di sceneggiatura, altri ancora corsi di aggiornamento per insegnanti di ogni ordine e grado. Le due diverse fisionomie del cortometraggio (saggio di verifica su giovani talenti del cinema italiano e internazionale; racconto breve con un suo specifico di respiro e durata, talvolta adottato anche da registi affermati) sono campo privilegiato della Fedic, che ad esso dedica le tre principali manifestazioni curate e patrocinate nel corso di ogni anno, ossia i festival di San Giovanni Valdarno, Montecatini Terme e Fano. Ed è sul cortometraggio che ha centrato il suo interesse la Cineteca Fedic, una struttura e un servizio che la Fedic ha costituito e gestito a beneficio di tutta la comunità nazionale. Ubicata a San Giovanni Valdarno, conserva opere in 8mm, Super8, 16mm, che datano dagli anni Cinquanta in avanti: un archivio prezioso che contiene cinquant’anni di immagini concepite lungo l’intera storia della Federazione, radici e memoria del percorso che l’hanno portata in cinquant’anni di vita a estendere la propria attività dal cinema degli iscritti a tutto il cinema indipendente d’autore e all’educazione all’immagine nella scuola. Sono dispo- La Fedic fra reale e virtuale Pagina 1 nibili oltre 2000 titoli schedati in un catalogo. E’ un bene il cui mantenimento è un impegno e una responsabilità. Quest’impegno prosegue con l’entusiasmo ereditato da chi ci ha passato il testimone. E’ la forza di un volontariato che ci ha consentito di far miracoli, ma che segna i propri limiti quando la limitatezza delle risorse economiche impone scelte , sacrifici, limitazioni e rinunce. Milano, dicembre 1999 Pagina 2 La Fedic fra reale e virtuale LE PROPOSTE DI FANO 1) Identità Si ribadisce l’impostazione scaturita dal Convegno di Bologna: la Federazione come insieme di Cineclub (associazione di cultura di base per la produzione e la promozione di immagini) e luogo di incontro dove gli amanti del cinema discutono e si confrontano per conoscere meglio ciò che li circonda e per favorire la creatività di singoli o di gruppi di soci, attraverso lo strumento cinematografico. Nell’ambito dell’attività culturale della Federazione viene assegnato un ruolo di rilievo alla promozione delle opere realizzate dagli autori esordienti all’interno di una specifica scelta culturale. 2) Proiettarsi verso la realtà che ci circonda Questi obbiettivi si concretizzano tramite una indispensabile apertura verso l’esterno ed un confronto continuo con l’attività artistica di altri autori operanti indipendentemente dalla FEDIC. 3) Rilancio della Fedic La Federazione deve coordinare e stimolare l’attività dei Cineclub attraverso la qualificazione dei Presidenti e Consiglieri dei Direttivi dei Cineclub, allo scopo di favorire l’incremento dei soci e dei Cineclub per una più incisiva presenza culturale sul territorio. 4) Servizi per i soci Ai soci dei Cineclub la Fedic offre la partecipazione agevolata a Valdarno Cinema Fedic, Filmvideo di Montecatini Terme, Fano Film Festival, PescaraCortoScript e l’invio gratuito a domicilio di: Carte di Cinema, ai Presidenti di ogni Cineclub di FEDIC Notizie, e l’arrivo, laddove si è negli indirizzari e nella rete, di notizie riguardanti festival e rassegne di numerosi comuni e Istituzioni e bandi per concorsi di cortometraggi. In prospettiva va valutata la possibilità di assumere un addetto qualificato a mezza giornata e stipendiato che coadiuvi il Presidente e la Giunta FEDIC. Sulla distribuzione, la Fedic potrebbe arrivare ad un rapporto di collaborazione con uno o più distributori professionisti nazionali, allo scopo di veicolare maggiormente le opere degli associati ed emerse dai propri festival. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 3 Localmente i Cineclub devono stringere accordi locali con esercenti commerciali (Cinematografi, librerie, ottici, ecc.) mentre la Federazione potrà stabilire eventuali accordi nazionali a vantaggio dei propri soci. E’ da auspicare la realizzazione in più località di Corsi di Cinematografia, coordinati dalla Federazione. 5) Cantiere Italia E’ necessario potenziare CANTIERE ITALIA, sia per accreditarci sempre più al Ministero delle attività culturali e invertire la tendenza alla diminuzione dei contributi, per una qualificata promozione cinematografica; e questo sarà possibile chiedendo che ogni Cineclub diventi un punto di proiezione dei film proposti dall’AICA e dal Ministero, accompagnando questa programmazione con la visione di corti / cortissimi di propria scelta. Pagina 4 La Fedic fra reale e virtuale Atti del CONVEGNO NAZIONALE Bergamo 1961-2001: 40° di un Convegno La Fedic tra reale e virtuale 10 febbraio 2001 PATROCINIO: Comune di Bergamo Azienda di Promozione Turistica del bergamasco Unione Artigiani di Bergamo e Provincia Ufficio Scolastico Provinciale Bergamo ORGANIZZAZIONE: Presidenza Nazionale FEDIC Consulta FEDIC Lombardia Cinevideo Club FEDIC Bergamo Cinevideoscuola Bergamo I.T.C. Vittorio Emanuele II Foto Cine Ottica “Skandia” Bergamo La Fedic fra reale e virtuale Pagina 5 BENVENUTI A BERGAMO Pierantonio Leidi Buongiorno e bene arrivati a Bergamo. Sono davvero emozionato per la manifestazione di quest’oggi, è la prima volta che organizzo un convegno così importante. Vi chiedo subito scusa se nella giornata si dovessero verificare dei contrattempi in riferimento al programma. Nella speranza che tutto proceda bene mi corre l’obbligo di ringraziare il Comune di Bergamo, l’Assessore alla Cultura e Spettacoli Dott. Marabini e tutti i suoi collaboratori; l’Azienda per il Turismo e l’Ufficio Scolastico Provinciale di Bergamo e tutte le persone che mi hanno aiutato a realizzare questo incontro. Mi riferisco in particolare alla Ditta “Ottica Skandia” nelle persone di Nicola, Giovanni e Roberto Viscardi per il prezioso contributo inerente la stampa delle locandine e dei programmi; la Presidenza e la Giunta della Fedic (Federazione Italiana dei Cineclub) che ha appoggiato sin dall’inizio questa iniziativa – tutte le persone incluse come oratori e anche quelle che non sono menzionate nel programma ma che seguono con simpatia le attività del Cinevideo Club Bergamo e della nostra Federazione – Bruno Bozzetto che ci onorerà nel pomeriggio con la sua presenza – I Presidenti e Referenti non solo della Consulta FEDIC Lombardia ma anche i rappresentanti dei vari Cineclub e i Consiglieri FEDIC – Naturalmente tutti voi presenti che, magari, con un po’ di sacrificio avete raggiunto Bergamo – e poi gli amici Gigi Corsetti e Gino Sossi che con la loro esperienza mi hanno aiutato ad affrontare con più sicurezza lo sviluppo di alcune fasi di questo Convegno. Un grazie alle giovani di Cinevideoscuola che si sono “sacrificate” a rimanere ancora nell’Istituto anche nella giornata di Sabato, e per ultimo, ma non lo è sicuramente per importanza ma solo per questioni di scaletta, un sincero grazie al Preside dell’Istituto Prof. Dario Frigerio e al personale docente e non docente, che ci ospitano in questo edificio per tutta la giornata a cui cedo il microfono per i suoi saluti … . Pagina 6 La Fedic fra reale e virtuale IL SALUTO DEL PRESIDE DELL’ITC VITTORIO EMANUELE II Dario Frigerio Il programma prevede un saluto. Ricordo uno storico provveditore agli studi di Bergamo che in un’occasione del genere intervenne con un “Vi saluto” e finì lì. Al saluto io vorrei aggiungere il ricordo di una manifestazione qual è da quindici anni Cine Video Scuola, nata e cresciuta all’interno di questo Istituto, osteggiata all’inizio da alcuni perché definita “ludica”, dato che si occupava di immagini, di cinema, di televisione. Col passare del tempo tutti, anche il Ministero della Pubblica Istruzione, si sono resi conto dell’importanza dell’immagine nella nostra vita e nella scuola. Occorre imparare fin da ragazzi a interpretare la realtà esterna analizzando le immagini che la filtrano. La Fedic, Federazione Italiana dei Cineclub svolge da anni un ruolo significativo nel settore dell’educazione all’immagine e della produzione di immagini. E’ giusto che sia qui oggi nel segno di una collaborazione comune. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 7 PERCHE’ IL CONVEGNO A BERGAMO Massimo Maisetti Grazie ai presenti, a Ermanno Comuzio che interverrà tra poco, e ai non presenti: Claudio Bertieri e Marino Borgogni colpiti da influenza e febbre, che hanno comunque inviato le loro relazioni. Questo Convegno, nato nell’aprile scorso a San Giovanni Valdarno al termine del dibattito sull’”Essere filmaker nel 2000” con l’idea di proporre una panoramica storica della Fedic, ha poi subìto una più precisa messa a punto a Fano nell’ottobre scorso sulla base delle proposte scaturite dalla discussione su “Identità, presenza sul territorio, salto di qualità dei Cineclub Fedic” (1). Il 20 e il 21 gennaio, tre settimane fa, a Montecatini Terme, è poi emersa la necessità di proseguire il dialogo che accompagna le elezioni del Consiglio Nazionale e il rinnovo delle cariche per il biennio 2001/2002, con una riflessione a più voci in grado di consentire a chi governa la Fedic di procedere su una linea culturale che non si limiti a una navigazione a vista ma si proponga di raggiungere gradualmente i risultati più significativi. Sappiamo cos’è la Fedic e cosa ha fatto nei suoi primi cinquant’anni. Ci interessa capire cosa può fare oggi, partendo da un bilancio economico negativo, individuando priorità e percorsi. Il Preside dell’ITC Vittorio Emanuele II che ci ospita, Dario Frigerio, ha sottolineato l’importanza delle immagini che filtrano la realtà in cui viviamo. La filtrano, la frullano, la interpretano, l’appiattiscono, confondono l’informazione con lo spettacolo, la realtà con la finzione. Di qui il titolo “La Fedic fra reale e virtuale” per sottolineare il cambiamento sostanziale del contesto in cui si trova oggi ad operare un’associazione come la nostra che si occupa di cultura dell’immagine e che deve interessarsi non solo di cinema e di video, ma anche della comunicazione in generale, dei palinsesti televisivi pubblici e privati, di Internet. E’ in atto una rivoluzione che ha già mutato radicalmente il nostro modo di vivere: Questo convegno deve tenerne conto, segnando una svolta importante quanto quella provocata dal convegno del 1961. Oggi più di allora occorre tenere conto di quelle opere nelle quali si traduce una creatività che non emerge perché rifiuta i condizionamenti di mercato, non gode di benefici, non riesce a farsi vedere. Il sito internet ne consente la visibilità. E’ un punto, sul quale avremo modo di ritornare. (1) si veda a pagina 3 “Le proposte di Fano”. Pagina 8 La Fedic fra reale e virtuale DAL 1961 AL 2001 40 ANNI DI CINEMA INDIPENDENTE Ermanno Comuzio Massimo Maisetti si preoccupa giustamente dell’oggi e del domani, però sappiamo tutti che l’oggi e il domani sono nutriti dall’ieri. Il passato nutre il presente e condiziona il futuro, per cui dovrò fare un po’ lo storico collegando i problemi dell’oggi e del domani a quanto è accaduto nel corso del tempo, ricordando i risultati della Fedic in generale e del Cine Club Bergamo che in questa città ha contato qualcosa e che ha promosso quel Convegno del 1961 al quale vogliamo richiamarci. Non vuole essere una glorificazione, ma un ricordo per chi ha vissuto quegli anni e per quelli che non c’erano per ragioni anagrafiche. Il Cine Club Bergamo è stato fondato nel 1952, presidente Tito Spini. Dal 1959, per sei anni consecutivi, si è classificato primo al Concorso Nazionale di Montecatini proponendo un nuovo modo di vedere le cose attraverso le immagini in movimento. Un film di Tito Spini, intitolato appunto “L’anima delle cose”, è sintomatico proprio perché scopre degli oggetti e delle cose l’anima, cioè i significati: scopre la cultura che c’è sotto e dentro le immagini. Nel 1960 è diventato presidente Paolo Capoferri, un motore del sodalizio, con vice presidente Tito Spini, segretario Bruno Funiciello, consiglieri Ernesto Buongiovanni, Giuseppe Carnazzi, Carlo Ciocca, Piero Nava, Federico Rampini, Achille Rota. Alcuni sono qui. Tito Spini vive e lavora a Roma. Sono i nomi di quel Cine Club Bergamo che, sull’idea di Paolo Capoferri, con la collaborazione di Claudio Bertieri, ha promosso e organizzato dal 1° al 3 aprile 1961 il Convegno di studio che ha rimescolato le carte con una serie di nuove proposte in campo nazionale sul fenomeno del cineamatorismo e sul cinema. La prima relazione è stata di Ezio Pecora, un autore attivo anche in televisione, che ancorava il il cinema d’autore alla cultura. Per cinema d’amatore allora si intendeva il cinema ludico, il cinema del dopolavoro, l’hobby della domenica, il filmino familiare sulla gita, sul viaggio. Altra cosa voleva e doveva essere secondo gli organizzatori e i relatori. Cinema d’amatore - bellissima parola – vuol dire cinema di chi ama il cinema, di chi lo fa perché ama – prima – andare al cinema e guardare ai grandi risultati degli altri, per poi cimentarsi – un po’ paradossalmente – con quanto hanno fatto Sergej M. Eisenstein, Jean Renoir, Vsevolod Pudovkin, Stanley Kubrick o Charlie Chaplin. Si parlava molto della cultura con la “C” maiuscola, e si parlava dei massimi sistemi, arte, mondo, società. Se ne parlava lasciandosi prendere la mano, forse anche esagerando un poco; però si sono dette e stabilite cose importanti. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 9 Piero Nava ha detto a un certo punto intervenendo sulla relazione di Pecora: “… a me sembra fin troppo ovvio che anche l’attività cineamatoriale, come qualsiasi altra attività creativa nel campo culturale, non possa assolutamente prescindere dalla conoscenza di altre forme di cultura”. E’ un discorso interessante, uno spunto ripreso proprio qualche giorno fa nel corso del programma che Milano ha dedicato a Gianandrea Gavazzeni. Citando Thomas Eliot, che parlando di poesia affermava che per fare poesia occorreva studiare tutto il resto, sapere più di quanto non è poetico che di quanto appartiene al mondo della poesia, Gavazzeni sosteneva che la stessa cosa accadeva per la musica. I convegnisti del ’61 lo dicevano per il cinema: per fare del buon cinema occorre conoscere tutto il resto. Ed è la tesi del noto critico milanese Morando Morandini che nel suo libro di qualche anno fa “Non sono che un critico” proponeva un decalogo per chi voleva far cinema. I primi consigli erano: leggere molti libri, andare a vedere tante mostre, ascoltare i concerti, frequentare gli spettacoli di prosa; non l’andare al cinema o lo studiare la storia del cinema. Dato che il cinema è un’attività soprattutto culturale ed è un po’ la sintesi di diverse forme artistiche “mi sembra indubitabile – diceva Nava – che il cinema d’amatore non possa prescindere dalla conoscenza della pittura, della letteratura e della musica. Ma attenzione al pericolo opposto: deve essere chiaro che la realizzazione di opere di carattere culturale non deve assolutamente costituire per il cineamatore un fine ma piuttosto un mezzo. Mi spiego: fine dell’opera è o dovrebbe essere una realizzazione artisticamente valida, ed è fin troppo ovvio che la freschezza, la spontaneità, la sincerità dell’ispirazione, l’intimo convincimento e la totale adesione dell’autore a quanto egli racconta o documenta, sono gli elementi che, uniti alla più completa libertà di espressione di cui noi godiamo, costituiscono il presupposto di una tale realizzazione”. Uno dei punti importanti toccati dall’intervento riguarda la libertà di espressione, che differenzia il cineamatorismo dal cinema commerciale o professionale soggetto alle leggi del mercato. Questa libertà ne fa un altro cinema, e non a caso la rivista della Fedic si è chiamata per anni “L’altro cinema”. La seconda relazione era di Tito Spini e ha fatto l’effetto di una piccola bomba. Diceva Spini “Basta con l’hobby, chiamiamolo cinema di idee”. Oggi lo chiamiamo cinema del film-maker, cinema indipendente. Diceva “Siccome viviamo in un epoca di crisi dei valori dove è sparito lo spazio dei sentimenti, noi vogliamo attraverso la coscienza partecipativa fare film che si oppongano al materialismo, all’indifferenza, al boom, al nuovo paganesimo”. Tutti temi presenti anche oggi, che riflettono la necessità di essere contro un certo provincialismo, contro i ritardi culturali, di essere qualcosa che ci aggancia alla realtà e ci fa riflettere su come siamo. Allora arte come utilità, cinema al servizio dell’uomo per un miglioramento e una crescita sociale e morale, mezzo Pagina 10 La Fedic fra reale e virtuale di educazione, quasi di religione, attaccato da più parti per il suo calvinismo eppure utile per far polemica e politica - se occorre -, attento ai contenuti, ma anche cinema di poesia. Spini anticipava una definizione di Pasolini, il cinema di poesia contrapposto al cinema di prosa, Era un manifesto estetico filosofico che spaventò molti, soprattutto coloro che volevano continuare a concepire il cinema d’amatore come l’hobby della domenica. Ci furono discussioni accanite in difesa del formalismo e della bella scrittura e, di contro, della posizione dell’arte come strumento morale e mezzo di edificazione. Fu Guiotto a parlare di “cinema di una nuova umanità, arte non più fine a se stessa, divertimento aristocratico e raffinato, non più sterile compiaciuta contemplazione, ma tremendamente preoccupata di raggiungere qualcosa al di sopra e al di fuori di noi, qualcosa che investe i valori di tutta la nostra condizione esistenziale. L’arte così intesa diventa mezzo di educazione, si fa addirittura educazione essa stessa. L’arte, infine, così accettata, è una religione”. Il seme era gettato e da allora ha fruttificato. Questo “altro cinema” è diventato il cinema indipendente dei film-maker che vediamo intorno a noi oggi. “E’ giusto che ci troviamo tutti insieme a sperare e a credere nell’utilità del cineamatorismo perché dobbiamo fare della polemica, della politica e della cultura?- chiedeva Tito Spini. E rispondeva: ”Noi non facciamo cultura, noi siamo nella cultura del nostro tempo, e poi infine faremo se necessario anche della polemica, della politica perché infine un uomo è un uomo”. La citazione è di Bertolt Brecht. Dopo le relazioni del cineamatore Aldo Serio e del critico Leonardo Autera, fu interessante la conclusione di Bertieri; “ Per me cineamatore è qualcosa di ben distinto da cine-dilettante. Anche dilettante è una bella parola, come amatore del resto: uno che ama, uno che si diletta, uno che fa le cose per amore, non per altre ragioni, non per i soldi. Quando sento parlare di paesaggi, di riprese familiari, di scenette comiche, non riesco a capacitarmi come sia possibile parlare ancora oggi di queste cose. Qualcosa è cambiato. Quel “cinema d’amatore” ha un suono falso soprattutto per le orecchie di chi non lo conosce. Prendendo in prestito una definizione anglosassone vorrei chiamarlo free cinema, cinema libero, e il cinema libero non è cinema minore, è il cinema maggiore perché ha in sé le possibilità e le capacità di superare le remore e le limitazioni del cinema professionale”. Eccola la famosa differenza, e oggi come allora siamo preoccupati. Oggi che il cinema è dominato dalle nuove tecnologie e dai nuovi sistemi di vita, oggi che tutto è cambiato, con i filmmaker che usano la telecamera, il montaggio digitale, la computer grafica e realizzano videoclip, quella definizione resta valida, con il concetto di libertà d’espressione e con il suo distinguersi dal professionismo commerciale. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 11 Diceva Giuseppe Verdi, di cui ricorre il centenario della morte, che bisogna tornare all’antico per essere moderni. Non è una battuta, ma una necessità. C’è il problema di cui parlerà il presidente Maisetti del farsi vedere e conoscere. C’è ancora tanta gente oggi che non conosce l’attività dei film-maker. Ci sono sedi canoniche, come lo spazio aperto di Torino in cui non c’è selezione, o il concorso nazionale di San Giovanni Valdarno che è una palestra, o la Mostra Internazionale di Montecatini che la possibilità di un confronto internazionale, ci sono gli esercizi dei veterani e le opere prime dei giovani esordienti. E ci sono tanti punti interrogativi. Lo Stato deve intervenire, aiutare, finanziare? Qualcuno dice di no, meglio lasciarlo stare che non faccia pasticci o disastri. Qualcuno dice di si, è il caso di mungerlo e poi fare quello che si vuole, come i cineasti di Hollywood con i loro produttori. Poi c’è internet, la rete su cui diffondere immagini evitando compromessi con il professionismo commerciale e con la televisione e i suoi programmi. Concludo con un pensiero di Ernesto G. Laura espresso durante il Convegno”Essere film-maker nel 2000” curato nell’aprile 2000 da Paolo Micalizzi: “Bisogna assolutamente superare il concetto ambiguo di cinema non professionale, che vorrebbe mettere in una nicchia quanti operano nel cinema senza retribuzione rispetto a quanti ne traggono sostentamento per vivere. La vera distinzione è fra dilettantismo e professionalità. Il primo significa approssimazione, mediocrità tecnica ed espressiva; la seconda competenza, padronanza del mezzo tecnico e del linguaggio. Che poi si faccia un film per diletto o per mestiere è del tutto irrilevante. Professionalità significa possedere le capacità intellettuali e tecniche adeguate al tipo di comunicazione che si vuole ottenere per parlare agli altri”. Parlare agli altri, comunicare, mettere in comune delle idee, dialogare. Ho delle cose da dire e le dico con le immagini. Se il film o il video le esprime sopravvive. Come l’opera possa essere diffusa nelle sale, in televisione o con altri mezzi elettronici, è altro problema: le differenze sono esclusivamente tecniche, non estetiche. Al centro della discussione resta l’autore con la sua potenzialità creativa e la sua capacità di esprimersi e di comunicare. Pagina 12 La Fedic fra reale e virtuale PER UNA NUOVA SVOLTA DELLA FEDIC Claudio Bertieri Cari Amici, non potendo essere tra voi riassumo per sintetici punti quelle che sarebbero state le linee del mio intervento. Cosa può offrire oggi la Fedic? Il tessuto di un’Associazione sparsa sull’intero territorio nazionale, che ha alle spalle una notevole esperienza circa quanto è avvenuto nel settore non commerciale del cinema. Quindi, può recare contributi e collaborazione per iniziative che tendano ad un recupero/rilancio della cultura filmica. In questo senso, il Cineforum ed i Circoli Giovanili Socioculturali sono in primo luogo le entità da contattare. Mancano circoli Fedic in città capoluogo. Cosa fare? Sulla scorta dell’esperienza di Genova, posso affermare che non difettano affatto circoli, associazioni, gruppi et similia che riuniscono giovani film/video maker. Si tratta, a mio avviso, di prendere contatti con loro per cercare di capire in che modo possa realizzarsi un’effettiva collaborazione. Certo i tempi sono mutati e vi è oggi scarso interesse per legarsi ad organismi con carattere nazionale. Domina la mentalità del gruppetto, dell’intendersi tra pochi. Si deve tuttavia tentare un approccio ed individuare le strade da percorrere per giungere ad iniziative realizzate in joint-venture. È fondamentale tutto questo per crearsi una base nella città. Problemi di visibilità della Fedic È quanto mai necessario sfatare una volta per tutte l’assioma Fedic uguale cineamatorismo. La Fedic è una forza della cultura cinematografica, non un ghetto di dilettanti od appassionati, con tutto il rispetto –s’intende– che meritano queste categorie. La Fedic difende i valori della cultura, ma deve farlo sapere all’esterno della propria realtà associativa. Deve convincere con i fatti che, con il trascorrere delle stagioni, ha mutato d’abito ed oggi si propone con intenzioni, progetti, prospettive aggiornate ai tempi. Molto bene Internet con un sito ottimamente progettato e realizzato. È necessario però tenerlo di continuo aggiornato e ricco di informazioni. Impegnandosi al massimo in questa direzione, il “sito” potrà divenire una banca dati fondamentale per quanti producono opere fuori dell’imprenditoria commerciale. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 13 La rivista: strumento della visibilità Esprimo un giudizio del tutto personale. Com’è oggi, la rivista serve poco alla Fedic. Non propone una sua politica, non interviene nei problemi reali dell’attuale filmico italiano. Discetta di film stranieri, di film che con tutta probabilità non giungeranno sugli schermi nazionali, di semiologia e di teoriche. Tutto bene, serio ed interessante, certamente, ma per una rivista di taglio universitario, che cerca di sottrarre spazi a “Segnocinema” o a testate congeneri. Queste già esistono e vivono da tempo. Hanno il loro pubblico ed i loro fedeli. “Carte di Cinema” deve essere diversa, deve essere la voce della Fedic e, quindi, di un organismo che propone una politica “di parte”, magari faziosa, per il cinema indipendente. Deve, in altri termini, distinguersi, avere una propria precisa identità e manifestarla con tutta chiarezza. Ovviamente, questo significa allargare la mailing-list, far giungere la testata ove non è conosciuta e può essere apprezzata. Se non la conoscono gli autori indipendenti, i tanti giovani che operano al di fuori di organismi strutturati ed i vari gruppetti che esistono un po’ in tutte le città, la gran fatica e l’impegno per mettere assieme ogni numero non avranno l’esito e l’eco che meritano. Un problema di marketing Sissignore. Queste osservazioni gettate giù alla meglio (tra uno starnuto ed un colpo di tosse), portano ad una immediata considerazione. In tempi di aggressiva specializzazione, di parcellizzazione di tempi e fasi di lavoro, sembra quanto mai necessario adeguarvisi. Ovviamente, con i mezzi e le persone che si hanno a disposizione. Per la Fedic significa mettere in atto un’operazione di marketing sviluppata a tutto campo, onde capire qual è veramente la situazione, interna ed esterna, dell’ambiente nel quale si opera e per il quale s’intende operare in futuro. Ciò significa una diagrammazione a vasto raggio rivolta soprattutto al non esistente, ossia a quei vuoti di presenza e di incidenza di cui la Fedic ha piena coscienza. Se nell’ormai lontanissimo 1960 penso di aver contribuito in qualche misura a dare uno scossone –assieme ad altri pochi amici, è chiaro– ad una Fedic “ministeriale”, sarei felice se questi appunti servissero a fornire slancio per una svolta che ritengo quanto mai necessaria. Oltre mezzo secolo di vita costituisce senz’altro una indubbia eredità, ma pure un impegno a non lasciarsi sopravanzare dai tempi. Con l’augurio più schietto per un esito positivo dell’incontro, un saluto a tutti. Pagina 14 La Fedic fra reale e virtuale GLI ANNI SETTANTA DELLA FEDIC Nino Giansiracusa Mi è stato chiesto di fare un‘analisi della Fedic anni settanta sia sotto l’aspetto organizzativo che produttivo. Ecco a tale proposito alcune riflessioni. Anche in questo decennio persiste uno dei principali problemi che dalla fondazione affligge la nostra associazione: un numero straordinariamente alto di film partecipa al Concorso Nazionale per cui la Fedic si trova in difficoltà a gestire le giornate di Montecatini presa tra il desiderio / pretesa degli autori a vedere passare tutti i loro lavori sullo schermo nazionale e la necessità di selezionare i migliori a cui dedicare attenzione e dibattiti di approfondimento. La presenza al Concorso Nazionale di moltissime opere di bassa qualità sia culturale che tecnica poi esporta di fatto una immagine ed un giudizio della Fedic di bassissimo profilo a scapito di una buona considerazione e visibilità dei pochi che lo meriterebbero. Per dare un’idea di questa situazione possiamo rileggerci alcuni giudizi delle giurie degli anni settanta: 1971 … perdurante evasività ; … ristretto numero di opere mature. 1972 … complessivo miglioramento ma permanere di deficit tecnici ed espressivi. 1975 … nella maggior parte si tratta di esercitazioni edonistiche, trastulli solitari, pretesti di esibizioni intellettualistiche, saggi di malintesa avanguardia. 1976 … non ammessi 51 film o per le loro insufficienze tecniche o inconsistenza pretenziosa, o acquiescenza a vuote convenzioni e, in definitiva, per la loro sostanziale inutilità. La Fedic nel decennio ha messo in atto, anno per anno, formule di svolgimento del Concorso adatte a superare l’impasse fino ad arrivare ad organizzare a S. Giovanni Valdarno una manifestazione preliminare ad un Montecatini assurto al rango di Mostra Internazionale. Questa decisione unitamente alla ammissione nelle nostre tradizionali sedi di autori “esterni” alla Fedic ha portato però ad una drastica riduzione dei Club aderenti e dei soci iscritti. Bisognerà ora studiare provvedimenti utili al recupero. Per queste e altre ragioni i migliori autori e la Federazione nel suo insieme non raggiungono la gratificazione di una soddisfacente diffusione nel “mercato” (culturale, non commerciale) del cinema. Come nelle leggi dell’economia la cattiva moneta scaccia la buona, così nella La Fedic fra reale e virtuale Pagina 15 nostra produzione la massa di scarsa qualità soffoca il poco o tanto di interessante. Sono convinto che la possibilità di presentare adeguatamente, con schede critiche negli ambienti giusti nostre opere selezionate e rappresentative, potrebbe far apprezzare quanto di ricerca, di innovazione linguistica e sintattica alcuni nostri autori sono stati in grado di produrre e di vincere la pigrizia di molti osservatori a prendere in considerazione un “cinema diverso” non confrontabile con quello professionale, ma non perciò necessariamente “minore”. Certe costruzioni filmiche, certe sensibilità di Frollo, di Rigo, di Santagostino, di tutto il gruppo romano, di Bernagozzi, di Pozzoni, di Crocè, di Menegatti, per restare al solo decennio settanta, sono vere e proprie sperimentazioni efficaci ed idonee alla comunicazione di sentimenti, di ragioni, di idee. Ci sembra proprio un peccato che non si sia potuto sinora coinvolgere un più ampio ambito di osservatori e studiosi e dobbiamo essere grati a quei pochi giornalisti e critici che hanno avuto la tenacia di seguire il nostro movimento per tanti anni cercando di stimolarne il miglioramento e di darci gratificanti anche se quasi “privati” riconoscimenti. Probabilmente l’inserimento in Internet, di cui si parlerà dettagliatamente nel pomeriggio, potrà far conoscere largamente l’attività della Fedic come organizzatrice e soprattutto come produttrice di “Cinema”. Vorrei concludere con una proposta che mi riservo di precisare più dettagliatamente in una relazione al Consiglio Direttivo. Sulla base di una recente esperienza ho potuto rendermi conto di quanto possa essere di interesse pubblico quella parte di produzione cineamatoriale “testimoniale” di realtà sociali, dal lavoro all’artigianato, dal costume al folklore, dalle tradizioni locali alla cronaca. Spesso film di questo genere, assumono col tempo valore di documenti storici unici. La Fedic dovrebbe in qualche modo incoraggiare una produzione in questa direzione. Pagina 16 La Fedic fra reale e virtuale “LA BELLA DI BERGAMO” DA “LA BELLA DI LODI” DI ARBASINO Marino Borgogni Nella FEDIC ci sono tre anime, tre modi di intendere il Cineclub. Il primo modo, il più vecchio, che potremmo addirittura definire il progenitore storico di tutti i cineclub, è rappresentato da un’associazione di cineamatori (termine affatto dispregiativo in quanto, letteralmente, significa “amante del cinema”) i cui soci producevano film fra infinite difficoltà di ripresa, di montaggio e, successivamente, di sonorizzazione. Questi film, generalmente, erano destinati ai parenti, agli amici, ai soci e ai concorsi specialistici. Il pubblico che partecipava a questi eventi era spesso tollerante ma anche assetato di immagini in movimento e curioso per ogni forma espressiva fuori dagli schemi tradizionali. Gli incontri con il pubblico servivano per dibattere anche sui contenuti dell’opera, ma, soprattutto sulle inquadrature, sul diaframma usato, sulla pellicola, sul tipo di cinepresa, di proiettore, di moviola e, infine, sulle giunte. I meriti e le colpe, se ce ne erano, si attribuivano tutte al regista che si identificava con l’operatore, con il datore di luci, con il montatore, con il tecnico del suono e con lo stesso produttore. Raramente, infatti i titoli di testa o di coda contenevano nomi relativi a compiti diversi da quello del regista. Si trattava in definitiva di un cinema fatto in casa o tutt’al più a bottega, la propria bottega, con investimenti produttivi limitati e limitativi. La figura del cineamatore aveva, comunque, un suo spazio ed una sua dignità. Erano gli anni 60 – 70 quando ancora la televisione non imperava sottraendo le platee al cinema. Ricordo di aver realizzato alcuni film a cartoni animati (quasi tutti con morale finale) che venivano proiettati nelle scuole elementari e medie. Dall’entusiasmo e dall’interesse che i piccoli, ingenui, spettatori dimostravano negli anni 60 – 70, si passò, gradualmente, al disinteresse più totale quando anche i ragazzi vennero contaminati dai vari violenti “Mazinga” giapponesi che venivano loro propinati giornalmente dalla televisione. Il mondo cambiava e bisognava prenderne atto. La televisione occupò quasi tutti gli spazi disponibili imbarbarendo lo spettatore che poteva vedere a casa propria, su una comoda poltrona, film, documentari e servizi giornalistici di dubbio gusto. Il cinema delle sale entrò in crisi e molti accorsero al suo capezzale considerandolo morente. Poi, con qualche cura, il cinema commercial - professionale venne salvato. A farne le La Fedic fra reale e virtuale Pagina 17 spese rimase il cinema amatoriale anche perché la televisione influì pesantemente sulla disponibilità all’associazionismo. Oggi, nonostante la tecnologia, che consente minori limitazioni alla produzione, in molti cineclub sopravvive ancora lo spirito del pioniere, del “ghetto”, dell’opera fatta per “hobby”, rifiutando apporti collaborativi esterni e critiche negative al proprio prodotto. Ci si fa ancora scudo con il fatto che il “nostro” cinema è un cinema “non professionale”. E’ un cinema prodotto per “diletto” e quindi un cinema “dilettante”, non professionistico. Giusta, in questo caso, l’affermazione della indipendenza di scelte dell’autore sulle tematiche, sui contenuti culturali e “politici”, ma questo tipo di cinema non può certamente pretendere alcun tipo di finanziamento e di interesse esterno. Il secondo modo di intendere il cineclub è costituito dalla stessa forma di associazione ma con politiche e prospettive più ampie. Si tende ad un’apertura verso l’esterno con la ricerca di un pubblico più vasto, si instaurano rapporti e collaborazioni con enti locali e si manifesta, quindi, la disponibilità al dialogo anche con il cinema professionale e commerciale. Queste politiche, normalmente conducono all’organizzazione di serate destinate al cinema di qualità, con eventuali dibattiti sui contenuti dell’opera programmata e non già sui sacrifici sostenuti per realizzarla. E’, in ogni caso, una ricerca di visibilità, un’uscita dal “ghetto”, un coinvolgimento di “sponsor” che ha il sapore del commercio. Io ti organizzo una rassegna e tu, Comune, Provincia o Regione, o Banca, me la finanzi! E’ una operazione che si avvicina molto al concetto di produzione per una propria opera cinematografica, che non sottintende necessariamente un suo sfruttamento commerciale ma che pone sicuramente le basi per un modo innovativo, per i soci FEDIC, di organizzare e fare cinema. Il terzo modo, infine, è rappresentato da un’associazione che comprende un buon numero di giovani autori che lavorano in equipe, che cercano produttori con relativi finanziamenti e che chiedono “mercati” per le loro opere con intendimenti, nemmeno tanto mascherati, di farne una professione per il loro futuro. Personalmente ritengo che questo terzo modo di concepire un Cineclub sia, al momento minoritario, ma con grosse potenzialità per affermarsi all’interno di una federazione in via di trasformazione e di ringiovanimento politico - culturale. Alla luce di quanto esposto, pur sommariamente, sullo stato attuale dei Cineclub, quali sono le prospettive possibili della Federazione? La FEDIC potrebbe far convivere queste tre anime. Potrebbe cioè mantenere e sostenere i “ghetti” di alcuni cineclub, stimolare le aperture verso l’esterno di alcuni cineclub, incoraggiare le produzioni giovanili di qualità facendosi essa stessa ricercatrice di mercati per i cineclub più “evoluti”. Potrebbe far Pagina 18 La Fedic fra reale e virtuale convivere, in sintesi, il vecchio con il nuovo, potrebbe, in altre parole, non cambiare nulla! Se tutto ciò fosse possibile forse sarebbe anche bello ….. e la FEDIC diverrebbe, di conseguenza, in onore a questo convegno, la “Bella di Bergamo”! Ma temo che la Federazione dovrà, invece, operare delle scelte, che si dimostrano urgenti e necessarie per la propria sopravvivenza. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 19 L’IMPEGNO PER IL CINEMA E PER I FILM MAKERS Paolo Micalizzi Dalle riunioni del Consiglio Direttivo, dall’umore dei soci espresso in alcune occasioni d’incontro (Festival, Convegni, Ecc.) è emerso chiaramente che la Fedic ha bisogno di essere rivitalizzata. Ciò per effetto della situazione culturale odierna che chiede un impegno che va al di là di una attività intesa come hobby. Ciò è stato ben capito dalle altre Associazioni di Cultura Cinematografica che mirano decisamente ad imporsi nell’ambito della realtà cinematografica nazionale con interventi culturali ma anche politici. Anche la Fedic memore delle battaglie condotte dal proprio interno da persone come Bernagozzi, Asti, Serravalli, Bertieri, Cattivelli ed altri, continua a muoversi in questo senso promuovendo negli ultimi anni iniziative nell’ambito di Festival di grande prestigio (Venezia, per esempio con il premio FEDIC e con il Forum sul cortometraggio), partecipando a Convegni o Festival delle altre Associazioni, Agis compresa, aderendo all’AICA che riunisce le nove associazioni di Cultura Cinematografica. Ma di fronte a quest’anima d’impegno culturale, nella FEDIC ne esiste un’altra: quella dell’impegno associativo come hobby. E’ sempre esistita, ma di fronte ad una maggiore consistenza della FEDIC sia come numero di soci che come spirito ed attività culturale quest’anima hobbistica non incideva molto, anche perché nei soci, mi riferisco soprattutto ai filmakers a quelli che realizzano film, al di là di ciò che per la loro capacità realizzativa riuscivano ad esprimere vi era un anelito d’impegno civile e sociale ai quali tendevano. Poi la situazione era diversa da come si presenta da una decina di anni. Era diversa nel campo dell’impegno associativo culturale dove ognuno tendeva ad operare per proprio conto non cercando la collaborazione con gli altri, era diversa nel settore dei filmakers perché non c’era tutta quella proliferazione di autori che poi si è verificata e continua sempre a crescere. Ci si è accorti, anche per orientamenti governativi, che l’unione fa la forza ed aiuta a crescere, che molti filmakers tendono a dare molta professionalità al loro cinema nel tentativo anche di non aver niente da invidiare ai professionisti nella speranza che anche un giorno anch’essi si possano dedicare alla professione. Ed in questa situazione i filmakers FEDIC, come si è rilevato finora, mentre un tempo in Festival come “Valdarno Cinema Fedic” erano vincitori aggiudi- Pagina 20 La Fedic fra reale e virtuale candosi i premi più ambiti da alcuni anni non lo sono più soprapassati da altri autori che si muovono con l’intento di arrivare alla professione di regista. E si è evidenziato ancor più chiaramente l’aspetto cineamatoriale da molti filmakers FEDIC. Come è poi testimoniato dal fatto che raramente le loro opere vengono selezionate per Festival a cui molti filmakers ambiscono a partecipare come Torino Film Festival, Venezia, ma anche Capalbio e Arcipelago a cui poco interessa la produzione FEDIC, considerata ancora purtroppo “cineamatoriale”. Di fronte a questa situazione bisognerà decidersi una volta per tutte a dare una svolta al ruolo della FEDIC. E lo dico proprio a Bergamo dove quarant’anni fa una svolta avvenne dando alla FEDIC un ruolo di grande impegno culturale, civile, politico. E la svolta, a mio parere, potrà avvenire se si sarà più coscienti che bisognerà intensificare l’attività culturale, che non sia solo quella di tipo associativo (gli incontri per vedere i film dei soci o per proporre altri autori FEDIC) ma che sia rivolta a dare alla FEDIC maggiore prestigio nella cultura cinematografica nazionale. E bisognerà impegnarsi in alcune sfide, così come è stato, per esempio, con “Cantiere Italia” dove per le caratteristiche dell’iniziativa che richiede la programmazione in sale cinematografiche che i Cineclub non possiedono, per la FEDIC è significato veramente accettare una sfida. Ed alcuni Cineclub l’hanno vinta aderendo con successo, anche economico, a fronte di altri che hanno aderito affrontando difficoltà che li hanno un po’ demoralizzati, tanto che qualche Cineclub ha desistito dall’iniziativa. Certo i meccanismi di “Cantiere Italia” non erano così a punto per considerare facile l’accettazione delle proposte, ma le cose stanno migliorando per rendere più favorevole lo svolgersi dell’iniziativa. Le premesse però c’erano, ed abbiamo visto che alcuni Cineclub credendo decisamente all’iniziativa, le hanno saputo mettere a frutto. Quella di “Cantiere Italia”, a mio avviso, è una delle attività che i Cineclub dovrebbero svolgere. Ne potrebbero acquisire una maggiore presenza culturale nel proprio territorio e potrebbero acquisire nuovi soci nei Cineclub. Ed aprirebbe una strada nell’attività culturale dei Cineclub, quella di svolgere le proprie iniziative non nel contesto della città, acquisendo così maggiore visibilità. Ma anche quello di promuovere dibattiti a tutto campo sul cinema. Cosa che potrebbe interessare eventualmente nuovi soci. L’acquisizione dei soci, secondo me, potrà avvenire proprio svolgendo attività culturale di ampio respiro e di interesse non meramente cineclubbistico in modo da coinvolgere cinefili, filmakers, appassionati, che credono nella cultura cinematografica. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 21 Va rimpolpato e non rinnovato come alcuni dicono, nella FEDIC il “parco”, chiamiamolo così, “autori” è quello che vuole svolgere o che è interessato alle attività culturali. E l’anima hobbistica della FEDIC dovrà fare un salto di qualità perché non sarà certo attraverso essa che vi sarà una rivitalizzazione della FEDIC. Per acquisire nuovi soci interessati alle attività culturali, un’iniziativa come quella di “Cantiere Italia” potrà essere utile, ma tante altre se ne dovranno mettere in campo nel proprio territorio. Per acquisire nuovi filmakers si dovranno incoraggiare i giovani, ma anche i non più giovani che hanno intenti realizzativi a cimentarsi nel “fare cinema” senza che mirino subito alla medaglietta (se la dovranno conquistare con la qualità dell’opera, discutendo e confrontando le proprie opere con quelle degli altri). Per conquistare i filmakers che oggi non appartengono alla FEDIC, una “carta” che la FEDIC dovrà giocare è quella della distribuzione delle opere di tutti i filmakers in Festival, Rassegne, televisioni, Internet, ecc. In un mio intervento al Convegno tenutosi nell’ambito di “FilmVideo 2000”, proposi di creare un’Agenzia Fedic del cortometraggio. E su ciò è ritornato, di recente, al Consiglio Direttivo del Gennaio 2001, Amedeo Fabbri indicando anche alcune proposte operative. Io penso che questa possa essere una strada vincente e che la FEDIC si dovrà impegnare a realizzarla. Grazie. Pagina 22 La Fedic fra reale e virtuale PRIME INDICAZIONI LE PROPOSTE DI FANO PER I CLUB FEDERATI Massimo Maisetti Da tutti gli interventi sono emerse indicazioni che potranno essere riprese e approfondite nel pomeriggio. Mi preme intanto riprendere alcuni punti posti dal Vice Presidente Marino Borgogni a conclusione della sua relazione. “La Fedic – dice Borgogni – dovrà procedere al proprio rinnovamento secondo strategie di politica federativa che la rilancino nel panorama associativo nazionale, trasformando il modo di intendere i Cineclub federati”. Come? Lo ha detto prima: ”Con politiche e prospettive più ampie, con un’apertura verso l’esterno, con la ricerca di un pubblico più vasto, instaurando rapporti e collaborazioni con gli enti locali e manifestando disponibilità di dialogo anche con il cinema professionale e commerciale.” E ancora: “E’ una ricerca di visibilità, un’uscita dal “ghetto, un’operazione che si avvicina al concetto di produzione per una propria opera cinematografica, che pone le basi per un modo innovativo, per i soci Fedic, di organizzare e fare cinema”. Che cosa ci si aspetta dunque da questo Convegno? “Almeno una dichiarazione di intenti per una scelta ragionata e coraggiosa” , che dovrebbe anche rifarsi alle già citate “Proposte di Fano” tradotte in cinque punti: 1) Identità 2) Proiettarsi verso la realtà che ci circonda 3) Rilancio della Fedic 4) Servizi per i soci 5) Cantiere Italia. Un punto importante è quello del rilancio della Fedic attraverso l’incremento dei soci e dei Cineclub. E’ bene ricordare che il contributo annuo attribuito alle Associazioni nazionali di cultura cinematografica è ripartito per il 50% in funzione dei circoli attivi (quota struttura) e per l’altro 50% in relazione ai punteggi attribuiti dalla Commissione consultiva per il cinema ai programmi ed alle attività di ogni Associazione (quota programma). Promuovere un’azione per un allargamento della base federando nuove associazioni e aumentando il numero degli iscritti è indispensabile quanto elaborare iniziative di rilievo ai vari livelli: locale, provinciale, regionale, nazionale. Rinforzare la struttura della Federazione significa anche incentivare una sempre più attiva comunicazione interna, dalla Presidenza al Consiglio Nazionale, ai Cineclub, a tutti gli iscritti e viceversa. FedicNotizie è un ottimo strumento, ma non è l’unico. Telefono, fax, e-mail, e posta prioritaria dovrebbero essere usate più spesso nell’interesse di tutti. Paolo Micalizzi La Fedic fra reale e virtuale Pagina 23 Di fronte alle difficoltà non bisogna fermarsi. Occorre invece accettare le sfide, affrontarle con impegno, avendo ben chiaro su cosa ci impegniamo e dove vogliamo arrivare. Massimo Maisetti Ci sono alcune domande alle quali ogni Club federato dovrebbe rispondere: - Qual è e quale dovrebbe essere il peso culturale del Cineclub nella comunità in cui si trova inserito? - Come e dove si manifesta la valenza culturale del Cineclub? Nelle opere prodotte dai suoi iscritti? Nelle attività realizzate? - Dove il Cineclub trova o potrebbe trovare dei punti di riferimento, dei supporti, degli incentivi? Su quest’ultimo punto una prima risposta viene dal Consiglio Nazionale. In base alle indicazioni formulate dalla Giunta, ai singoli Consiglieri sono state infatti attribuite specifiche competenze nei rapporti con i Cineclub. Pagina 24 La Fedic fra reale e virtuale LA DIVULGAZIONE DEI FILMATI Emilio Cuccia Dalle nostre riunioni in sede di circoli FEDIC è facile rilevare che va sempre più diminuendo il numero di iscritti, mentre al contrario, nei concorsi sparsi nelle varie province italiane, aumentano i filmati inviati per le selezioni. Questo significa che sono in aumento gli autori che operano indipendentemente, e diminuiscono coloro che nei cine – video club si incontrano per proiettare i propri filmati e discutere, sia dei contenuti che delle tecniche di realizzazione. Le motivazioni sono varie: la cinepresa non era come oggi uno strumento di massa, quindi la curiosità sull’uso del mezzo di ripresa, allora appannaggio di pochi, non è più oggi motivo di richiamo; le realizzazioni di soggetti o di documentari, magari di paesi esotici allora difficili da raggiungere, richiamavano spettatori anche totalmente estranei al circolo; era un’epoca di pionierismo di immagini in movimento che invogliavano gli appassionati non solo a produrre film, ma anche a partecipare agli incontri organizzati dai singoli club. Oggidì le telecamere moderne, rendono più facili le riprese e le immagini sempre perfette, visibili direttamente sul televisore di casa senza l’uso di particolari marchingegni, rendono i potenziali mancati iscritti già appagati dalla visione televisiva di filmati e quindi non sentono più il bisogno di frequentare i circoli dove i più esperti possono loro insegnare le varie tecniche di ripresa e di montaggio. Purtroppo i vecchi iscritti, per legge di vita, diminuiscono. Bisogna però riconoscere che i filmati che giungono ai concorsi migliorano di anno in anno; le tecniche si fanno più sicure ed ai partecipanti non mancano le idee. Chi realizza un filmato rimane però sempre deluso dalla poca affluenza di pubblico alle serate di proiezione (vedi anche nelle manifestazioni più importanti quali Valdarno e Montecatini, dove spettatori estranei alla produzione non se ne vedono affatto). Allora come fare per divulgare le opere ricevute ai concorsi? Nella nostra zona, corrispondente alla sponda Iseana del Sebino si è pensato di offrire alle Biblioteche, ai Camping, agli enti culturali, alle scuole, la visione dei filmati vincitori dei vari concorsi, “radunati” in modo da proporre un’ora e mezzo circa di proiezione, naturalmente senza alcun costo, escluso il noleggio del proiettore. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 25 L’esperimento da noi condotto è stato positivo avendo ottenuto una risposta più che soddisfacente. Quindi se la montagna non va da Maometto, sia Maometto che vada alla montagna. Cosa si chiede alla FEDIC? Che un comitato centrale si organizzi a ricevere i filmati dei concorsi, e preparata una scheda illustrativa, si interessi a diffonderla ai comuni in maniera da ufficializzare le manifestazioni, che saranno gradite perché oltre che gratuite anche di sicuro interesse. Sarà forse questo un modo per creare un circuito per la circolazione dei “corti”? Me lo auguro. Pagina 26 La Fedic fra reale e virtuale PER FARE LA DIFFERENZA E CONTRO L’INDIFFERENZIATO Roberto Chiesi Leggo un estratto da uno degli ultimi scritti dello storico François Furet (Pensare la Rivoluzione, Il Passato di un'illusione) che aveva sempre riservato una particolare attenzione anche al cinema. Scriveva Furet a proposito delle Histoire(s) du cinéma, il film-saggio di Godard: “Se queste immagini prolungano così la vita delle grandi illusioni del secolo - Furet si riferisce al comunismo, alle battaglie ideologiche del '900 - è per riempire un vuoto. Non quello della fine della Storia, ma di una svolta che noi oggi non dominiamo: l'UNIFORMIZZAZIONE DEL MONDO. È questa la tinta malinconica della fine del nostro secolo perché eccoci presi in quello che potrebbe essere un orizzonte chiuso della storia, l'unico, trascinati verso l'uniformità degli individui e delle culture, incatenati all'economismo dominante”. Accostiamo a queste parole di Furet, quelle di Pierre Legendre che scrive di un fenomeno divenuto uno dei segni dominanti dei nostri tempi: lo definisce il “soggetto insulare” e lo riassume nell'espressione I, ME AND MYSELF (Io, me e me stesso), ossia il narcisismo generalizzato che “promette”, scrive Legendre, “la giungla alla gioventù a venire”. Scrive ancora Legendre: “il cinema è umiliato al rango di immagini da mangiare e questa regressione orale dello spettatore programmata nello stile USA, produce lo spettatore-mangiatore di immagini e di noccioline americane, che passa da un film all'altro come un puro consumatore”. Ecco, Furet e Legendre ci danno una sintesi veloce del panorama drammatico, sul piano sociale e ideologico, in cui un'associazione di cinema si trova a dover lavorare oggi. Sono due indicazioni, che meriterebbero un discorso più lungo che non è il momento adatto per fare, ma usiamoli come segnali, come descrizioni puntuali del paesaggio odierno. Allora, che cosa può fare un'associazione di cultura cinematografica, questo Davide che non ha la fionda perché gliel'ha rubata Golia? Deve fare la differenza, deve combattere la sottocultura dell'indifferenziato la sottocultura che, per rimanere nell'ambito del cinema, in Italia, si esprime, per esempio, nella moda che contagia in primis la critica cinematografica, dell'esaltazione del cinema-immondizia, per esempio nei giudizi di certi personaggi che hanno giudicato e scritto che Bodyguards di Neri Parenti, con Christian De Sica e Massimo Boldi, è un bel film. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 27 Parlo di critici togati, che sono anche direttori di festival, quindi che trasformano queste idee in programmi culturali… Contro la sottocultura dell'indifferenziato e argomenti focomelici come quelli che manda avanti, una cultura della differenza significa questo, significa che un'associazione di cultura cinematografica deve impegnarsi a far vedere quelle opere, quegli autori, e il cinema di quei paesi che esprimono la loro differenza, differenza estetica e di personalità espressiva, deve organizzare programmi e retrospettive rigorose, deve difendere e divulgare quel cinema che gli italiani non sono messi nelle condizioni di vedere. Perché sono i canali culturali e di comunicazione, nel nostro paese, che non funzionano come dovrebbero e non è giusto accusare sempre il pubblico di essere cieco, ignorante, indifferente. Un esempio: su trentatré film di Aleksandr Sokurov, ne sono usciti in Italia soltanto due e il secondo, Moloch, distribuito in piena estate, senza particolare impegno promozionale, ha attirato dodicimila spettatori. Dodicimila spettatori rappresentano una realtà, la realtà di un pubblico esigente e attento. Un altro esempio: è morto nel gennaio scorso Johan van der Keuken, un grande cineasta che il mercato italiano ha sempre snobbato. Su “Le Monde” esce un “pezzo” in prima pagina (notare che van der Keuken era olandese e non francese, quindi nessun sospetto di favoritismi sciovinisti) e poi, all'interno, articoli, saggi, interventi, in alcune città francesi la presentazione del suo ultimo film, “Vacanze prolungate”, che in Italia non si è mai visto. I giornali italiani hanno ignorato van der Keuken da vivo e lo ignorano anche da morto. In compenso, pubblicano articoli scritti da giornalisti che non si occupano di cinema, che non conoscono il cinema, e che riempiono di elogi una nullità assoluta come “L'ultimo bacio” di Gabriele Muccino, l'esempio stesso di un cinema provinciale, che fuori dall'Italia nessuno vede. Allora il compito di un'associazione cinematografica, oggi, dovrebbe essere quello di usare gli strumenti che ha - festival, Internet, riviste - con rigore e scelte culturali precise e all'insegna della differenza, per rivolgersi, intanto, a quei dodicimila spettatori che sono usciti dalle loro case per andare a vedere uno splendido film realizzato da un grande cineasta che, da noi, rimane ancora sconosciuto, e condurne altri, allargare questo numero, coinvolgere gli spettatori futuri nella scoperta di chi fosse, di che cosa abbia fatto Johan van der Keuken e del perché in questo paese non si parla di lui come negli altri dell'Europa civile, e come van der Keuken, di tutti gli altri autori che rimangono fuori dall'esperienza dello spettatore italiano. Ma, per questo, occorre un lavoro che eviti la genericità e che concentri la propria attività in pubblicazioni, incontri, rassegne, convegni e strategie. Pagina 28 La Fedic fra reale e virtuale MAGGIORE VISIBILITÀ PER IL CINEMA INDIPENDENTE E PER IL CORTO Giovanni Crocè Lo stato della cinematografia italiana è sotto gli occhi di tutti. Il grido di allarme è stato lanciato già da parecchio tempo e da più parti: forse non vale la pena soffermarsi sugli elementi di negatività, ma cercare di capire cosa ci sia di buono oggi nel panorama cinematografico. Capita, anche se non spesso, di scovare in qualche meandro cittadino, filmaker che hanno realizzato un lavoro e lo tengono nascosto nei cassetti della loro scrivania. Questo accade perché non vi sono canali che permettono la diffusione di lavori cinematografici indipendenti. La situazione è molto diversa all’estero. In alcuni Paesi europei, in particolar modo in Francia e nei Paesi Scandinavi, sono stati creati veri circuiti commerciali. Attenzione: non cinecircoli o strutture carbonare nelle quali si raccolgono appassionati e addetti ai lavori, ma canali veri e propri. Questo è dovuto al fatto che, in questi Paesi, la cinematografia indipendente e, in particolare, il cinema corto, hanno trovato una loro dignità e possono ora beneficiare di produzioni e di circuiti distributivi allargati. Non è così per l’Italia. Il cinema corto è ancora recepito come qualcosa di “casalingo” o, peggio ancora, viene spesso associato a quei terribili documentari che, tra gli anni ’50 e ’70, venivano abbinati per legge al lungometraggio. Questa immagine permane nella nostra memoria e non è ancora stata scardinata. Il suo smantellamento sembra un’operazione estremamente difficile. Credo che il ruolo dei Festival, delle Rassegne e anche di Internet sia fondamentale per distruggere questo schema e creare una immagine positiva per il cinema indipendente e, soprattutto, corto. Il cortometraggio è il beneficiario principe delle manifestazioni festivaliere. In Italia le Rassegne e i Festival sembrano essere, fino ad ora, le uniche occasioni di visibilità per queste opere. Talvolta ci si imbatte in opere “povere” - inteso come mezzi o capacità realizzative - che esprimono peraltro completezza di contenuti o straordinarietà nella ricerca del linguaggio filmico. Perché il corto è anche, e soprattutto, uno strumento per sperimentare nuove semantiche e linguaggi. Ma ciò sembra essere stato recepito solo all’estero. Bisogna infatti sottolineare che molto spesso, per i filmaker italiani, il corto è una sorta di biglietto da visita da presentare a qualche produttore con la speranza che egli possa credere nelle sue potenzialità ed affidargli un budget per realizzare un lungometraggio, l’unica espressione filmica ad avere mercato in Italia. La diversa concezione che i re- La Fedic fra reale e virtuale Pagina 29 gisti italiani hanno del cinema corto rispetto ai colleghi stranieri è già un ostacolo alla divulgazione del corto. Chi ha avuto la fortuna di assistere a proiezioni di cortometraggi realizzati all’estero si è reso conto che lì il corto ha una sua identità e vive di vita propria. Sia che si tratti di fiction, di documentari, di animazione o di sperimentazione, ogni opera ha una sua chiara parabola descrittiva realizzata con particolarità di linguaggio che, in alcuni casi, risulta nuovo per il cinema. In Italia non si realizzano documentari (o molto pochi); la fiction non fa altro che raccontare storielline banali secondo gli schemi visti e stravisti non solo al cinema, ma, purtroppo, in televisione; l’inesistente mercato del cinema di animazione ha costretto i nostri pochi bravi autori ad emigrare all’estero (soprattutto in Francia). Il problema è di struttura culturale. A questo bisogna aggiungere, in ogni caso, la carenza di canali divulgativi. La televisione non ha mai creduto nella cinematografia corta e molto spesso ha ostacolato la sua diffusione. Anche le agenzie nate negli ultimi anni con l’intento di trovare sale cinematografiche per programmare proiezioni di cortometraggi stanno cambiando pelle. Sempre più spesso ci si imbatte infatti in agenzie che fanno da centro di raccolta di opere corte per veicolarle verso i Festival e le Rassegne, italiane e internazionali. E questa è la dimostrazione delle difficoltà che si incontrano nel nostro Paese per dare la giusta visibilità al cinema corto e indipendente. Quindi, le opportunità di visibilità che vengono da queste manifestazioni rimangono, per il momento, le uniche alla portata dei filmaker italiani. Che troppo spesso, questo è necessario stigmatizzarlo, pensano più al riconoscimento, alla medaglia, piuttosto che alla possibilità - unica - di rendere visibile il proprio lavoro. Esiste poi un altro problema, estremamente importante. Queste manifestazioni sono frequentate dallo stesso tipo di pubblico, ovvero da una schiera – più o meno nutrita – di spettatori già abituati al cortometraggio. E’ chiaro che, in questo modo, non si riesce a creare diffusione e allargamento di pubblico. Se da un lato è vero che le manifestazioni hanno lo scopo di promuovere un determinato prodotto (in questo caso il “corto”) è anche vero – purtroppo – che in questi ultimi anni abbiamo assistito ad un proliferare incontrollato di Festival e Rassegne. Vuoi perché organizzare manifestazioni cinematografiche è diventato “di moda”, vuoi perché la videoproiezione consente maggiore facilità organizzativa, eliminando tutti quei problemi legati alla proiezione in pellicola (reperimento della sala - magari attrezzata anche per la proiezione in 16 millimetri, rispedizione delle copie, eccetera), il fenomeno dei Festival(ini) è letteralmente esploso. Si potrebbe pensare che tutto ciò vada a vantaggio della diffusione del corto; in realtà si è già trasformato in un clamoroso boomerang che sta affossando ulteriormente l’immagine che il pubblico ha del cinema corto e indipendente. E’ necessario che una manife- Pagina 30 La Fedic fra reale e virtuale stazione, proprio per lo scopo che si prefigge, cioè raggiungere un pubblico vasto e portarlo a conoscenza dell’esistenza di una forma di cinema vero e non di “serie B”, sia autorevolmente posizionata. Questo significa che possa essere riconosciuta come un momento di qualità visiva e contenutistica fuori dai soliti schemi commerciali; qualità intesa non necessariamente come “buona fattura” dell’opera per immagini, ma come capacità di rompere intelligentemente i parametri ai quali il cinema commerciale ci ha ormai assuefatto. Questo dovrebbe essere il ruolo dei Festival e delle Rassegne che si svolgono con sempre maggiore frequenza in Italia. Purtroppo, tranne in rari casi, l’effetto che ne è scaturito è stato quello di relegare ulteriormente il corto a ruolo di “filmina” realizzata per divertire (e poco) gli amici coinvolti da qualche sciagurato filmaker in una improbabile avventura cinematografica. Da questo punto di vista l’esperienza dei Festival internazionali può insegnare qualcosa: la profondità delle opere in cartellone obbliga ad un confronto diretto tra diversi modi di fare cinematografia. Il pubblico, non sempre, ma spesso, si trova così di fronte ad opere che, proprio per la loro diversità di concezione, per il linguaggio innovativo, per la realizzazione fuori dai classici linguaggi cinematografici, aprono gli occhi (nel vero senso del termine) al punto da far nascere spontaneamente la domanda: “Ma perché non ho la possibilità di vedere più spesso questi film?”. Si tratta di un bisogno latente, a tutti i livelli, che è stato sopito dalla televisione e dai suoi sempre più sciagurati palinsesti. La chiave allora potrebbe essere questa: diamo al pubblico qualcosa di veramente diverso (come direbbero i Monty Python), facciamogli scoprire che il cinema corto ha uguale e, molto spesso, superiore dignità rispetto al lungo, creiamo un vero e proprio bisogno per le platee italiane. Forse i Festival e le Rassegne di grande qualità sono un modo per svegliare le coscienze dei produttori e dei gestori di sale cinematografiche e iniziare un percorso strutturato di produzione e programmazione “corta” in Italia. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 31 SPERIMENTAZIONE E RICERCA Giorgio Sabbatini Nel campo dell’immagine, stiamo vivendo un periodo di grande trasformazione, se pensiamo quanto si sia evoluta nel suo breve cammino. Un cammino durante il quale ha conosciuto diverse metamorfosi che l’hanno resa sempre più importante e, in certi casi, degna di sostituire la parola. Mi riferisco, naturalmente, all’immagine cinematografica, quella che contiene il “movimento”, quella con la quale si può documentare un’azione, quella che riesce a coinvolgere i nostri sensi perché ci proietta nella dimensione irreale di una realtà conosciuta: il tempo, il mondo, la nostra vita! Anche la fotografia, che possiede un cammino più lungo, si trova in una fase di nuovo sviluppo, con la possibilità di essere protagonista non solo di ciò che esprime attraverso l’obiettivo ma essere anche l’interprete dello stato d’animo del suo autore. Di conseguenza la possibilità di sentirsi liberi di creare situazioni fantastiche attraverso immagini plasmabili che possano integrarsi, sovrapporsi, trasparire, per dare origine ad un’immagine finale che sia la sintesi di un’azione, di un problema o di un pensiero. Questo vale non solo per la fotografia ma anche per l’immagine in movimento. Qui il discorso si amplia. Infatti, non possiamo dimenticare quanta strada abbia fatto il progresso tecnico nel campo dell’immagine, soprattutto nell’ultimo decennio. Se pensiamo alla data presunta del 1824 che ha visto nascere la prima immagine fotografica raffigurante “la tavola imbandita”, che richiese otto ore di esposizione alla luce di un sole cocente, indubbiamente comprendiamo quali cambiamenti tecnologici siano stati necessari per arrivare ad un’immagine digitale. Un tale progresso ha, indubbiamente, richiesto anni di sperimentazione, prove fallite, risultati incerti, implementazione dell’elettronica nella meccanica e, finalmente, i primi risultati positivi, talvolta deludenti; mi ricordo le prime immagini video dove tutto appariva sfumato, confuso, evanescente e le persone assomigliavano a delle ombre vaganti. Era solo l’inizio di una grande trasformazione che ha dato modo a molte persone di cimentarsi con il linguaggio delle immagini. Penso che se si senta la necessità di tentare un discorso con le immagini, e tutto ciò non sia legato da un desiderio di commercializzare il proprio prodotto, sia quasi doveroso rivolgersi a temi inusuali, particolari, coinvolgenti, cer- Pagina 32 La Fedic fra reale e virtuale cando di proporli seguendo uno schema che non ricalchi le tradizionali opere filmiche, ma cerchi nuove architetture del racconto con la consapevolezza che la strada e’ impervia, piena di difficoltà ma percorribile con il gusto dell’immaginazione e la libertà della fantasia. Così si giunge a quella fase di pura ricerca che è la sperimentazione. Forse, qualcuno si chiederà se sia proprio indispensabile “sperimentare”, se sia una strada obbligata e, comunque, necessaria per realizzare, nel futuro, una buona opera filmica, oppure, per il semplice gusto di dire “… anch’io ho fatto lo sperimentatore.”! Nulla di tutto questo! Non esistono obblighi ma soltanto scelte! Scegliere di sperimentare vuol dire che alla base di tutto si possiede una certa curiosità che in qualche modo deve essere assolutamente soddisfatta. E’ la curiosità che, in prima istanza, ci porta a riflettere su come possa essere raccontato un normale soggetto che, seguendo le tradizionali vie del racconto per immagini, potrebbe rivelarsi banale o di poco interesse. Sforzarsi di trovare un’alternativa al classico soggetto, ci obbliga ad intraprendere decisioni che possano modificare il tempo dell’azione, l’alternarsi degli episodi, la scelta dei colori, l’intervento grafico sull’immagine e tutto ciò che riesca a dare all’opera filmica un senso di inusuale rinnovamento. Si può quindi affermare che scegliere la via della sperimentazione significhi, innanzitutto, stimolare il nostro pensiero cercando di innescare il meccanismo della fantasia per dare origine all’idea che sarà la vera “struttura portante” dell’opera che intendiamo realizzare. Come in tutte le opere dell’ingegno il pensiero riveste una posizione di primaria importanza. Si deve imparare a pensare per cercare di astrarre i punti chiave del racconto che dovranno subire necessarie trasformazioni affinché le immagini possano riflettere la “sintesi” di un lungo processo creativo. La sperimentazione non deve essere confusa con l’improvvisazione. Sarebbe troppo facile prendere delle immagini e farle scorrere, le une dopo le altre, senza preoccuparsi del loro significato intrinseco e di ciò che comporta il loro libero concatenamento. L’analisi di ogni singola immagine deve essere molto attenta poiché rappresenta una fase particolarmente delicata durante la quale vengono stabiliti i diritti di priorità necessari allo sviluppo del racconto, con l’intento di stimolare e provocare le sensazioni che l’autore ha in precedenza stabilito. La scelta delle immagini caratterizza un momento nel quale è necessario attenersi ad una rigorosa astrazione dei significati contenuti nelle immagini stesse, per essere in grado di sintetizzare un’azione, uno stato d’animo, un pensiero. L’opera sperimentale nasce sempre da una profonda sensazione che l’autore percepisce e che, gradatamente, riesce a tramutare nella visione onirica di im- La Fedic fra reale e virtuale Pagina 33 magini, non sempre definite, tra le quali dovrà riconoscere quelle che contengano il significato migliore per organizzare una struttura filmica che impegni la mente dello spettatore nella continua ricerca dei simboli e delle azioni che possano decodificare l’emotività trasmessa. La sperimentazione porta, di conseguenza, ad approfondire lo studio dell’estetica dell’immagine cercando nuove soluzioni che possano proporre visioni differenziate della realtà conosciuta, per acquisire una propria padronanza nello sviluppo dei piani del racconto, con il preciso scopo di tentare una continua ricerca di nuovi linguaggi espressivi. Tutto ciò non è semplice da raggiungere, ma rappresenta uno stimolo intellettuale di grande fascino poiché pone l’autore di fronte a situazioni che richiedono scelte drastiche, dandogli modo di misurarsi continuamente con se stesso e con una vicenda che deve essere plasmata secondo le sensazioni che vanno trasmesse, ad un ipotetico spettatore, attraverso l’alternarsi delle immagini. Non esistono regole ne formule che possano indicare la giusta via da intraprendere per una buona sperimentazione. Tutto parte sempre dal nostro modo di vedere le cose, cercando di comprenderle e di vivere le azioni che coinvolgano quei sentimenti che ogni giorno si affacciano nella nostra vita. Un’immagine, interpretata graficamente, stravolta nelle dinamiche delle sue linee, modificata nei colori e ammorbidita da effetti di paint o di filtri applicati, può creare un’atmosfera quasi magica, in certi istanti poetica, e riportare alla propria memoria visioni di atmosfere rarefatte dove i sentimenti e il misticismo trovano pareti comuni per esprimere forti sensazioni. Il racconto strutturato secondo scansioni di immagini che riescano a frammentare un’azione inserendola all’interno di inquadrature che evochino situazioni in contrasto all’azione principale o possano integrarle con azioni completamente diverse e preparatorie ad una logica finale inaspettata ma, nel tempo stesso, coerente al discorso fatto, costituisce un elemento base sul quale viene rivolta l’attenzione dello sperimentatore durante il suo lavoro di ricerca espressiva. Nella sperimentazione, la fluidità con la quale si alternano le immagini all’interno del racconto filmico, può essere paragonata alle “immagini del pensiero” che scorrono rapidamente, senza una nostra capacità di controllo, quando attraverso i nostri stati emotivi riusciamo a percepire visioni parziali di azioni incomplete che, in alcuni casi, ci danno la sensazione di “sognare ad occhi aperti” in un mondo fantastico, senza una logica definita, poiché la nostra mente viene soggiogata da un inarrestabile flusso di stimoli visivi, che danno origine ad un mondo astratto fatto di piccoli tasselli reali. E’ una condizione di assoluto privilegio raggiungere l’astrazione delle proprie sensazioni attraverso le immagini, e può rappresentare una forma di dialogo Pagina 34 La Fedic fra reale e virtuale con la propria coscienza. Ci siamo fermati ad analizzare il ruolo dell’immagine nel campo della ricerca sperimentale, ma è chiaro che nel mondo mediatico altre componenti siano estremamente importanti per rendere completo un discorso visivo così complesso e frutto di studiate scelte. Se pensiamo al supporto musicale che dia corpo e sostegno ad un’azione o ad un’immagine e, quindi, costruire partiture mirate, fatte di suoni che nascono dalla necessità di esprimere un sentimento di gioia, di terrore, di ansia, o se consideriamo il vasto mondo dei rumori che possono essere distorti, enfatizzati, manipolati per rivivere sensazioni personalizzate, estreme, scopriamo quanto sia affascinante la ricerca espressiva attraverso nuove vie, forse, non sempre valide ma interessanti da percorrere nella continua ricerca di un modo nuovo di comunicare. Con il termine “sperimentale” non si intende un esercizio linguistico nè, tanto meno, il virtuosismo espressivo di un racconto stravagante; è un’attività artistica che non rispetta le regole filmiche tradizionali, poiché utilizza metodi che rappresentano un momento propositivo di vicende interpretabili secondo schemi diversi e, quindi, sostanzialmente, è l’espressione ragionata di un processo creativo dominato dalla nostra cultura. Massimo Maisetti Conviene a questo punto ricollegarci a quanto Sabbatini suggeriva a San Giovanni Valdarno a proposito dell’”Essere filmaker nel 2000” e cioè alle quattro proposte per una vetrina delle opere Fedic. La prima riguardava la distribuzione su Internet, ed è cosa fatta. La seconda era rappresentata dalla realizzazione di “mostre permanenti” in piccoli spazi. Qui vale quanto ha detto Emilio Cuccia circa la disponibilità delle biblioteche comunali ad accogliere i video da noi proposti per presentarli a un pubblico esterno rispetto ai Cineclub. Perché non farlo con programmi prestabiliti, con schede mirate, a ciclo continuo? E’ quanto accade ai Mercati di Traiano a Roma per l’ultima sezione della Mostra “Novecento – Arte e Storia”, con la presentazione di quell’arte visuale che Adriano Asti aveva inserito anche nella Mostra di Montecatini Terme, dove la scheda è un invito all’approfondimento e all’analisi. La terza era una sorta di “cinema in piazza“ per allargare la visibilità anche allo spettatore casuale, cercando di coinvolgerlo. Ed è quanto si sta cercando di realizzare a Montecatini con i video toscani su postazioni che non hanno nulla a spartire con La Mostra Internazionale e le sue sezioni, per un incontro del pubblico locale con gli autori. Infine Sabbatini prospettava la possibilità per un autore di allegare all’opera iscritta a un concorso o a una rassegna un trailer dell’opera stessa da visionare in proiezione continua in tre o quattro punti della cit- La Fedic fra reale e virtuale Pagina 35 tà. Il riferimento all’intervento dell’aprile scorso dimostra che non sempre quanto si dice in un convegno rimane lettera morta. Soprattutto se gli interventi vengono trascritti, analizzati e, con pazienza e quattrini, tradotti in pratica. Giorgio Sabbatini La Fedic aveva già progettato dei pacchetti di video con una presentazione critica ed era stato realizzato un numero zero rimasto poi senza seguito. E’ un’iniziativa che potrebbe essere ripresa contemplando una scheda filmografica, una presentazione critica e il filmato. Pagina 36 La Fedic fra reale e virtuale L’ IMMAGINE NELLA SCUOLA Gino Sossi Intervento di Gino Sossi, cinevideoamatore, coordinatore del festival Cinevideoscuola, docente di scienze e di educazione all'immagine, vicepreside all'ITC Vittorio Emanuele II di Bergamo. Sono "nato" come cineamatore, nei primi anni Sessanta, con la classica Bell & Howell - un cimelio che purtroppo vendetti a suo tempo per una Super 8; però mi sono fermato ai classici filmetti delle vacanze, ai filmetti tra amici: la gita, il viaggio. Ho riscoperto il gusto del fare immagine nei primi anni Ottanta, proprio nella scuola, quando facevano la loro prima comparsa i videoregistratori e si cominciò a usare questi attrezzi a scopo didattico. Per un po' mi ha lasciato perplesso la scarsa qualità delle videoregistrazioni fatte con quelle telecamere che abbiamo ancora nel nostro piccolo museo scolastico; poi pian pianino, migliorando la qualità delle riprese, mi è tornata la voglia di non far più i filmetti che facevo da ragazzo, ma di utilizzare questi strumenti, e relativi linguaggi, a scopi didattici. I primi anni è stata dura, sia perché gli strumenti erano quelli che erano, sia perché probabilmente ero io. Mi dovevo "purgare" di tante cose, ma soprattutto perché certe attività venivano viste quasi fossero da oratorio, ludiche. Al di là del libro di testo, della penna - non dico del calamaio, già superato da tempo! - c'erano i film in pellicola 16 mm, divulgati dalle varie Esso, Sette Sorelle & Company, su come si lavora il petrolio e simili, filmati che oggi chiameremmo commerciali. Allora si chiamavano didattici. L'apparecchio elettronico entra nella scuola (tra l'altro, vi ricorderete il sistema betamax), ma viene visto come un gioco. Grazie alla stimolazione degli stessi ragazzi, abbiamo dapprima installato un laboratorio fotografico e poi abbiamo cominciato a utilizzare la videocamera sino ad arrivare al 1985, quando, anche con la collaborazione del Cineclub (in particolare Paolo Galizzi e Pierantonio Leidi), di Franco Colombo, Ermanno Comuzio ed altri del "giro", abbiamo messo in piedi una rassegna, contattando altri istituti che stavano abbozzando i primi vagiti del cinema a scuola: per farla breve, abbiamo continuato negli anni sino ad arrivare - nel 2000 - alla quindicesima edizione di un festival che è ormai un punto di riferimento per la scuola, così come San Giovanni Valdarno e Montecatini lo sono per i cineamatori. Abbiamo preso atto che il linguaggio dell'immagine è troppo importante, dal La Fedic fra reale e virtuale Pagina 37 punto di vista didattico, tanto più oggi che i nostri ragazzi, e noi per primi, siamo immersi fino al collo dal mondo dell'immagine. E allora? Finalità didattica pura e semplice: "Ragazzi, siamo in una giungla di immagini, cerchiamo di districarci, cerchiamo di capire che cosa va salvato e che cosa è da buttare in tutto ciò che fa comunicazione (immagini, parole, musica)". Fortunatamente, dopo tanti anni, se n'è accorta anche la Scuola, quella con la "esse" maiuscola (ammesso che ne esista una a volte ho parecchi dubbi.), infatti i ministri Lombardi, poi Berlinguer e De Mauro si sono resi conto che la comunicazione a scuola non è solo quella della carta e del gessetto, ma anche quella dei linguaggi del cinema, del teatro, della musica: hanno "inventato" questo trio. E' stato un enorme balzo in avanti, dopo anni in cui siamo stati "incoraggiati" a suon di "ma chi ve lo fa fare?". Finalmente chi ha in mano le redini della scuola si è accorto che certi linguaggi devono avere pari dignità rispetto agli altri ed essere inseriti nei curricoli della scuola dell'obbligo. A livello di scuola superiore il discorso è più difficile: questo, per esempio, è un istituto per ragionieri e per periti turistici e non è stato facile introdurre questi linguaggi.in altri tipi di scuola, per esempio i licei, è stato più facile. Qui c'è sempre un po' di resistenza, anche se da qualche anno riusciamo a tenere corsi curricolari, almeno nel biennio, insegnando l'abc dell'immagine, come leggere una fiction, uno spot. Poi, dal leggere allo scrivere il passo è breve: si approda alla scrittura di sceneggiature e poi alla realizzazione di brevi filmati, avendo come filo conduttore la rassegna per le scuole, una vetrina durante la quale le scuole si confrontano, durante la quale gli insegnanti - che stanno qui dai tre ai sei giorni - partecipano a seminari e laboratori. Naturalmente si parla ad insegnanti motivati e desiderosi di approfondire il discorso, insegnanti che imparano, che si scambiano idee, insieme alle scolaresche che vengono qui a confrontarsi a vicenda. Adesso, con l'aiuto di qualche diapositiva al pc, vediamo meglio di cosa si tratta. "Cinevideoscuola" vuol dire fare cinema, con lo strumento del video, nella scuola. Ci occupiamo innanzitutto della formazione e aggiornamento degli insegnanti, interveniamo nelle scuole per supportare le attività didattiche connesse all'immagine, curiamo la produzione filmica (oltre 150 i video realizzati) e la mediateca, piuttosto nutrita di videocassette e cd. Compatibilmente con le risorse e i tempi, organizziamo giornate monotematiche e ci si confronta su temi specifici. Ma il grosso del nostro lavoro è il festival, durante il quale - a fine ottobre di ogni anno - si proiettano i lavori migliori inviati dalle scuole, dopo un'attenta scrematura (da un paio d'anni abbiamo aperto una sezione dedicata ai prodotti multimediali). Organizziamo laboratori e seminari, anche con l'intervento di esperti in audiovisivi e peda- Pagina 38 La Fedic fra reale e virtuale gogia, e incontri con registi, tra i quali mi piace ricordare lo scomparso Giuseppe De Santis. E poi le mostre interattive, rivolte soprattutto al pubblico giovanile, ma anche per gli adulti e gli educatori. Il nostro target va dalla scuola materna (qualche filmato arriva anche dai piccolini - la telecamerina è in mano alla maestra.) fino alle superiori e alle accademie. Bisogna dirlo a chiare lettere: se la scuola si muove un po', è perché ci sono insegnanti con qualche "pallino". Quello dell'antico Egitto, quello del cinema, del teatro e questi "pallini", che costituiscono le punte di un diagramma spesso troppo piatto, sono le passioni - non inventate al momento né imparate sui libri - che saltano fuori al momento giusto. Tornando a Cinevideoscuola.il festival è fatto per socializzare e valorizzare le esperienze di produzione scolastica, per riflettere sulle valenze educative e formative dei linguaggi audiovisivi, per approfondire il ruolo dell'audiovisivo nei progetti didattici trasversali. Per esempio, quale è la molla che fa scattare, in classe, la motivazione a girare uno spot? Abbiamo qualcosa da dire su questo o quell'argomento: qual è lo strumento migliore? La videocamera? E allora scriviamo con le immagini. Adesso diamo i numeri! Tutto nasce nel 1986, a livello regionale. Nel 1987 la rassegna diventa nazionale. Nel 1991 si allarga all'Europa e nel 1999 si espande oltre oceano. Abbiamo avuto 31.080 presenze, hanno lavorato 63.200 studenti con 8.500 insegnanti, che ci hanno inviato 2.710 prodotti, di cui 364 stranieri. Quotidiani e riviste ci hanno dedicato 256 articoli, le tivvù 58 passaggi e le radio 25 servizi. I temi sui quali chiediamo alle scuole di lavorare variano di anno in anno, ma ne abbiamo alcuni fissi, che ci stanno particolarmente a cuore per la loro valenza educativa: l'ecologia e l'ambiente, la solidarietà e l'intercultura, la memoria del passato, del sociale.argomenti che portino ad imparare qualcosa per se stessi e per la vita. Vi ringrazio e vi do appuntamento al 25 ottobre con Cinevideoscuola 2001. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 39 NOTE SUL CINEMA DELLE SCUOLE CON UN PENSIERO AI PIONIERI Luigi Corsetti Da oltre un trentennio centinaia di audiovisivi l’anno sono realizzati da scuole di ogni parte d’Italia. Una produzione corposa, in vetrina in numerose manifestazioni che, diffuse su tutto il territorio nazionale, sono luogo di conoscenza, confronto e scambio tra docenti e scolaresche e di riflessione sulle questioni tecniche, sulle metodologie didattiche, e sui significati pedagogico - educativi dell’educazione all’immagine fatta anche attraverso la produzione diretta di audiovisivi da parte dei bambini e dei ragazzi. Un rapido sguardo a due rassegne “storiche” è sufficiente per avere un’idea piuttosto precisa della dimensione del fenomeno: la Biennale del Cinema dei Ragazzi di Pisa, prima grande manifestazione di respiro nazionale dedicata alle produzioni cinematografiche scolastiche (ha da tempo festeggiato il suo ventesimo compleanno), riceve alcune centinaia di prodotti ogni edizione; più di 2500 sono stati invece i filmati presentati nelle 15 edizioni del festival bergamasco Cinevideoscuola, realizzati in scuole di 19 regioni italiane, ai quali si affiancano gli oltre 300 lavori provenienti da 17 Paesi europei e da Cuba. Non meno significativa è la presenza di audiovisivi scolastici nella fitta rete di rassegne e festival che guardano con un interesse più particolare alle realtà produttive provinciali, regionali e interregionali. Ne citiamo alcuni tra i più frequentati: “I territori dell’immaginario” a Brescia, “La scuola dell’immagine” a Mantova, “Ambiente - immagine” a Cremona, “Cinema e scuola” a Pordenone, “Il cinema in tasca” a Bari, le rassegne sarde di Carbonia e Oristano, il festival di Pietradefusi (AV), la rassegna di Sorrento dedicata all’ambiente, “Fantasilandia” di Siano (SA), il giovanissimo “Marano Spot Festival” di Marano (NA), oltre a festival di interesse più ampio che ospitano sezioni riservate alle scuole, come quello di San Giovanni Valdarno, il concorso “Il Castello” di Lari (PI) e molti altri. Ma quando oggi si parla di cinema dei ragazzi, il pensiero corre veloce a Marcello Piccardo, scomparso nell’ottobre del ‘99, pioniere, con Bruno Munari, del cinema di ricerca già negli anni ‘50 e ‘60, e tra i primi a credere nell’importanza di introdurre il linguaggio cinematografico nella scuola. Era l’anno scolastico 1966-67: a Monte Olimpino, vicino Como, l’Associazione Industriali di quella provincia aveva messo a disposizione la sua sala di proiezione e lì si potevano vedere i film sperimentali realizzati da Munari e Piccardo con i cinque figli di quest’ultimo, ma anche quelli di altri, cinema Pagina 40 La Fedic fra reale e virtuale underground americano, ricerche sulle immagini dei computer (allora li si chiamava calcolatori). Il passaggio successivo lo racconta lo stesso Marcello Piccardo a Salvatore Lillo (“Storyboard”, bollettino del Centro Regionale per i Servizi Didattici Audiovisivi della Regione Lombardia, febbraio 1991): “Dalle richieste di un gruppo di giovani insegnanti elementari e da Giovanni Belgrano [all’epoca direttore didattico, n.d.r.] è nata una sezione didattica del nostro laboratorio. La domanda più centrata era di una maestra di scuola speciale (allora i bambini cosiddetti subnormali avevano scuole separate): ‘Voi pensate che i bambini subnormali possono fare un film?’. Abbiamo risposto che lo chiedessero ai bambini. La domanda‘Bambini, volete fare un film?’ è stata così posta per la prima volta in una scuola speciale. Era una buona domanda, che avrebbe messo in movimento sia i bambini sia i grandi sulla questione del cinema della scuola.”. E i bambini di quella prima elementare di una classe “differenziale” fecero “La chitarra”; altri dopo di loro fecero “La scatola” e alcuni altri piccoli film che sono entrati nella storia del cinema dei ragazzi italiani. “La giovane maestra del film ‘La chitarra’ - continua Piccardo - non sapeva di cinema altro che le informazioni correnti dappertutto (alcune sbagliate). (...) Quando abbiamo saputo che i bambini della sua scuola speciale avrebbero fatto un film, l’abbiamo informata che il lavoro comportava sette inevitabili operazioni: l’idea, il soggetto, la sceneggiatura, il fabbisogno, la ripresa, il montaggio e la proiezione, elementi che potevano presentarsi in forme innumerevoli e in vario ordine, salvo idea e proiezione, l’una sempre prima e l’altra sempre ultima. Bastava questa informazione, piuttosto aperta alla ricerca, perché si potesse un poco orientare sulle situazioni didattiche che potevano crearsi. E rassicurarsi (e noi con lei) che non tutto era campato in aria.” L’atelier di Monte Olimpino darà spazio alla libera espressione cinematografica di bambini e ragazzi fino al 1972. In seguito Marcello Piccardo riproporrà numerose esperienze del genere in Italia, ampliando le sperimentazioni anche al mezzo televisivo. Oggi nelle scuole si utilizza la videocamera per realizzare film di ogni genere e su ogni argomento (solo in pochissimi casi, e solo per la produzione di film d’animazione, si usa ancora la cinepresa e la pellicola). Molti sono i prodotti che prendono a modello i generi televisivi: documentari, inchieste, programmi giornalistici, telegiornali compresi, utilizzati per trattare “seriamente” i temi scelti, o anche per riflettere criticamente, a volte ironicamente o satiricamente, sulla televisione stessa, sui suoi programmi, sui suoi personaggi. Altrettanto frequentato è il cinema a soggetto, per raccontare storie inventate dai ragazzi stessi o ispirate da racconti e romanzi già esistenti. Le riprese sono “dal vero” e i personaggi sono interpretati nella maggior parte dei casi da La Fedic fra reale e virtuale Pagina 41 bambini e ragazzi, che a volte coinvolgono anche gli insegnanti o i genitori. Di grande interesse sono i film d’animazione, realizzati con tutte le tecniche che permettano di ottenere l’”illusione del movimento”: stop-motion, découpage, pixillation, disegni in fase...; contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questi film non sono realizzati soltanto nelle scuole orientate verso discipline artistiche, ma ben rappresentati anche tra i prodotti delle scuole elementari e significativi esempi provengono dalle scuole materne. Piacciono molto ai ragazzi i “video clip”, che realizzano sia “dal vero” che con le tecniche del cinema di animazione e utilizzando sia canzoni o brani musicali già esistenti, sia testi e musiche composte dalle stesse classi per l’occasione. In ogni caso, i risultati migliori si vedono quando la realizzazione del film è preceduta o accompagnata da un percorso di esplorazione e di studio delle tecniche e dei linguaggi propri della comunicazione audiovisiva (sia televisiva che cinematografica): i ragazzi vengono così messi in grado di sfruttare nel modo migliore le potenzialità comunicative dei mezzi che andranno a utilizzare, riuscendo a coordinare i contenuti (cosa comunicare) con le modalità linguistiche (come costruire il messaggio). Durante il percorso che dall’idea porta alla proiezione del film finito, i bambini e i ragazzi rivestono di volta in volta i ruoli richiesti nelle diverse fasi della lavorazione: sono quindi soggettisti, sceneggiatori, realizzatori di story board, registi, operatori di ripresa, fonici, datori luci, attori, scenografi e costumisti, autori ed esecutori di colonne sonore e consulenti musicali... Più difficile - più raro - che i ragazzi possano essere concretamente coinvolti nell’edizione del film: la mancanza di attrezzature adatte nelle sedi scolastiche e la conseguente necessità di richiedere l’assistenza di tecnici o centri di produzione esterni, e i tempi di lavoro in genere piuttosto lunghi ostacolano questa opportunità. E’ frequente, invece, soprattutto in alcune provincie italiane, che le classi e i docenti vengano affiancati da organismi pubblici e privati, esterni o legati al mondo della scuola, nelle diverse fasi della produzione di un film, o per attività di formazione e aggiormento dei docenti o, ancora, per l’organizzazione e la gestione di corsi e laboratori sulla comuicazione visiva e audiovisiva anche non direttamente finalizzati alla realizzazione di un film. Molti di questi organismi sono dal 1997 riuniti nel CIAS, Coordinamento Italiano Audiovisivi a Scuola, associazione che si propone di favorire lo sviluppo della cultura e dell’educazione audiovisiva nella scuola e nelle altre raltà formative. Fanno parte dell’associazione Enti Pubblici come il Comune di Torino (con strutture come i “Laboratori dell’Immagine “, promossi dall’Assessorato al Sistema Educativo), il Comune di Genova (con laboratori coordinati dalla Direzione Servizi Educativi), quelli di Oristano, Macomer e Iglesias (con i rispettivi Centri Ser- Pagina 42 La Fedic fra reale e virtuale vizi Culturali), il Centro Provinciale Audiovisivi di Mantova, Distretti Scolastici (il n. 40 di Ivrea, il n. 19 di Pisa), Circoli Didattici (il n. 1 di Bagno a Ripoli, Firenze, il n. 2 di Eroce-Trentapiedi, Trapani) associazioni, cooperative e altri centri di ricerca e produzione privati, quali l’AIACE di Torino, la coop. Multimagine di Bergamo, l’Ass. Cinevideoscuola di Bergamo, l’Ass. AVISCO di Brescia, l’Ass. Idea/Immagine di Cremona, il Centro “La testa per pensare” di Bologna, l’Ass. “Senza il Banco” di Bologna, l’Ass. “Cinema dei Ragazzi” di Pisa, la coop. Get di Bari, la Società Umanitaria di Carbonia, la Fedic Scuola di Ferrara, la rassegna provinciale “La scuola dell’immagine” di Mantova: una rete ampia, che comprende realtà con oltre vent’anni di esperienza nella ricerca metodologica e nella didattica degli audiovisivi. Diffusi soprattutto a Nord, ma con significative presenze anche nel Centro-Sud, gli organismi che si sono riuniti nel CIAS sono accomunati dall’esigenza sentita ovunque di coordinare le sempre più numerose esperienze del settore e integrare le diverse sperimentazioni con l’intento di arrivare ad una prospettiva metodologica comune. Questo breve viaggio nel mondo del cinema dei bambini e dei ragazzi non può che cche concludersi con le parole di Marcello Piccardo, che ne “La collina del cinema” (Nodo Libri Editore, Como, 1993) così rifletteva: “... finché io sono riuscito a conservare al cinema dei bambini le stesse condizioni del primo ‘La chitarra’, anno per anno scolastico bambini cosiddetti normali, differenziali, subnormali, classi intere, sfornavano freschi piccoli film di grande cinema, che messi a confronto, passati a setaccio, al microscopio, grattati sopra e sotto dai grandi esperti, in proiezione incantavano tutti e nessuno li dimenticava. Qualcuno aveva seminato da qualche parte, il terreno aveva le dosi giuste, sono spuntati belli e forti quei piccoli film, e il vento gli era favorevole. (...) C’è dentro il benessere di essere.” La Fedic fra reale e virtuale Pagina 43 INTERNET E COMUNICAZIONE Alessandro Scillitani Da sempre il problema maggiore per chi organizza manifestazioni ed eventi è quello della visibilità. La FEDIC, che si prefigge da diversi anni la divulgazione del cortometraggio e di attività legate al settore cinematografico, non sfugge a questa logica. In effetti, non è facile raggiungere tutti i soggetti interessati ad una determinata iniziativa. Internet è senza dubbio un mezzo in più per farsi conoscere. È noto a tutti che la rete ha modificato drasticamente abitudini, modi di dire e di pensare. Parole come e-mail, web, www, chiocciolina sono sulla bocca di tutti, anche di chi il computer non l’ha acceso mai. Come può, dunque, la Fedic approfittare di questa occasione? Innanzi tutto, è nato il sito internet fedic.it, in cui è possibile trovare informazioni sui cineclub affiliati alla Fedic, sui progetti. Si possono scaricare direttamente dalla rete i moduli per la partecipazione a Valdarno, Montecatini, Fano…. (presentazione del sito Fedic e di quello di Montecatini) È evidente che il mezzo internet avvicina. È uno strumento di informazione e di relazione, sia per chi è iscritto alla Fedic, che per chi è esterno all’associazione. Gli altri strumenti di comunicazione, come i giornali, i manifesti, Carte di Cinema, Fedic Notizie, la televisione non sono ovviamente da cancellare. La comunicazione è buona se avviene a tutti i livelli, lo dimostra soprattutto chi sulla rete ha puntato tutto, come ad esempio Virgilio, Kataweb e società dedite all’e-business, che utilizzano i mezzi tradizionali per fare sapere che esistono. Per questo motivo, ogni movimento Fedic verso l’esterno deve avere un occhio di riguardo verso la rete, sempre di più ciò che è su carta deve essere anche riproducibile sul computer, perché essere su internet significa essere ovunque, senza frontiere. È importante inoltre che ogni strumento Fedic, periodico, volantino, comunicato stampa, segnali l’indirizzo del sito. E ogni cineclub dovrebbe contribuire, avvicinandosi al mezzo computer, acquisendo un indirizzo di posta elettronica, abituandosi a comunicare via rete le proprie iniziative. Tenere aggiornato il sito equivale ad essere sempre più una famiglia, e così deve essere altrimenti cosa esisterebbe a fare la Fedic? Dal sito, poi, è possibile accedere ad una sezione denominata “Cineteca Na- Pagina 44 La Fedic fra reale e virtuale zionale”. Tramite essa, sarà possibile visionare il materiale presente nella Cineteca di Valdarno. Si potranno vedere film direttamente dalla rete. La proposta è che questi video possano essere visti esclusivamente dai soci, come servizio aggiuntivo ottenuto tramite l’acquisto della tessera. Inoltre, dalla pagina dei video si potrà accedere a una scheda del film, con la sinossi ed eventuali critiche e recensioni inserite da soci Fedic, una scheda dell’autore con la filmografia e la possibilità di accedere ad altri film eventualmente presenti nella cineteca. Infine, sarà possibile comunicare l’intenzione di prenotare delle videocassette dalla cineteca, per organizzare festival e rassegne locali. Insomma, sono molti i passi da compiere in questo settore in continua evoluzione. Senza dubbio potrà essere questo il mezzo per effettuare la svolta del millennio. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 45 IL PROGETTO INTERNET Pier Paolo De Fina Non e’ possibile per nessuno ignorare la rivoluzione che Internet sta compiendo in ogni campo delle attivita’ umane. Ma internet sara’ un nemico del cinema oppure potra’ essere un suo alleato fedele. Il Cinema, l’arte piu’ permeabile al cambiamento, sta vivendo un momento di vibrante fermento. Così come fu per la televisione prima e per la videoregistrazione poi, la scoperta di nuovi media mette in discussione la specificità del mezzo cinema. Stanno nascendo tecnologie per la veicolazione di immagini così sofisticate che produrre o distribuire attraverso il web è cosa già ampiamente realizzabile e presto diventerà una prassi comune. Anche i più restii al cambiamento finiranno per sedersi davanti al loro monitor per cliccare su questo o quel film, in Italia come in Australia o, per meglio dire, nel web ovvero la rete globale. Si tratta quindi di capire quali possano essere le nuove frontiere e soprattutto le opportunità offerte dal mercato on-line. In questo tentativo non possiamo che procedere per interrogativi. Il primo riguarda un quesito da molti posto e condiviso. Internet e’ un mezzo per la visione del cinema come tradizionalmente inteso, oppure, in quanto nuovo medium, può veicolare forme artistiche che si differenziano nettamente dal cinema? Una nuova forma di espressione sviluppata per Internet è l’animazione realizzata con la tecnica Flash. Grazie a questa tecnica è possibile realizzare animazioni di alta qualità molto “leggere”, ovvero che non necessitano di una connessione molto veloce ed inoltre consentono una interattività con lo spettatore. L’Internet Cinema promuove la rivincita dello spettatore che non e’ piu’ costretto a “subire” le immagini ma viene attivamente coinvolto nello spettacolo. Il Cinema digitale permette l’interazione, lo spettatore può decidere il punto di vista, il montaggio, lo sviluppo della sceneggiatura. Visto che questo nuovo ruolo del pubblico influenza tutti i metodi tradizionali di fare Cinema, c’e’ da chiedersi cosa sia questo nuovo prodotto e soprattutto è cinema o videogame? Se l’interattività rende il film sempre più vicino a un gioco, potremo ancora parlare di arte, o più realisticamente, di prodotti commerciali per il puro divertimento? Pagina 46 La Fedic fra reale e virtuale Tutti questi argomenti, tra etica e necessità di tutelare il prodotto Cinema ancora inteso come opera culturale, sono il punto di partenza sul quale discutere e confrontarsi. Le opportunità offerte dai nuovi media sono un bene comune. Per questo motivo, e a prescindere dal fatto che Internet sia o meno il nemico del Cinema, se c’e’ un pericolo, è quello che per diffidenza, od opposizione verso queste nuove forme, si lasci sempre più in mano a coloro che il Cinema lo intendono solo come “business”, lo spazio illimitato che la rete ci offre. LA FILOSOFIA Non credo che Internet, come anche la televisione, possa in nessun modo sostituire la sala cinematografica. Ma nell’ambito della promozione del cortometraggio come forma d’arte si è rivelato subito un mezzo formidabile. I suoi pregi sono senz’altro l’economia e l’abbattimento delle barriere dello spazio e del tempo. L’economia, perchè grazie ad Internet è possibile avere una visibilità a livello mondiale con un costo-contatto molto contenuto. Lo spazio, perchè Internet non pone oggi limiti di spazio ed è possibile mettere on-line un numero potenzialmente illimitato di opere. Il tempo, perchè la visibilità delle opere non è limitata a determinati periodi di tempo ma è sempre disponibile in qualsiasi giorno ed a qualsiasi ora. In pratica cortometraggi “come vuoi, quando vuoi, con chi vuoi”. Quando realizzo un cortometraggio il mio primo desiderio è quello di poterlo mostrare ad un pubblico più vasto possibile. Penso che sia un desiderio comune a tutti gli autori ma spesso di non semplice realizzazione. Nei festival e nelle manifestazioni in genere, oltre alla normale selezione qualitativa, l’autore deve fare i conti con le limitazioni del numero di opere che tecnicamente possono essere viste. Capita così che l’autore debba spedire un’infinità di copie del proprio lavoro in giro per l’Italia o per il mondo con i relativi costi. Il progetto cortometraggi.net, (diventato poi cortoweb.it, ndr) nato in collaborazione con la FEDIC, si propone di dare una garanzia di visibilità a tutti gli autori senza nessun costo di pubblicazione. Per gli autori il concetto di interattività nel sito è dato dal fatto stesso di poterne creare i contenuti. Possiamo aggiungere che la garanzia di visibilità può incentivare la produzione stessa dei cortometraggi e l’accostarsi di nuovi autori a questo genere. Vorrei ricordare una frase di Cesare Zavattini: “Quante volte si era detto che il giorno che la macchina da presa sarebbe stata nelle mani di tutti, quello La Fedic fra reale e virtuale Pagina 47 avrebbe potuto essere giorno di rivoluzione…” Per gli appassionati il sito e’ anche l’occasione per farsi un’idea del panorama del cortometraggio in Italia e, speriamo in futuro, anche all’estero. Infine ci auguriamo che il sito possa, in qualche modo, essere d’aiuto allo sviluppo tecnico, estetico ed etico di una forma espressiva che ultimamente, soprattutto in ambito italiano, sta attraversando una profonda crisi: crediamo infatti che l’apporto di una nuova linfa vitale non possa che giovare a una cinematografia sempre più priva di idee e talento. La diffusione elettronica dei cortometraggi autoprodotti consente infatti di dare voce ad autori propositivi e dotati ma privi di mezzi. IL PROGETTO Grazie alla tecnologia webcasting, che permette la visione di un filmato su Internet senza tempi di attesa per lo spettatore, il progetto ha l'intenzione di creare un database di cortometraggi visibili a tutti, in ogni parte del mondo, semplicemente possedendo un collegamento a Internet. In questa prima fase di start up e’ del tutto gratuita la possibilità di immettere un cortometraggio sul sito, in un secondo momento, al fine di coprire i costi, potrà venir richiesto all'autore non FEDIC un rimborso spese una tantum per le operazioni di pubblicazione. Parallelamente a questo sta per partire un progetto piu’ ambizioso che prevede l’inserimento, in un sito accessibile soltanto ai soci FEDIC, delle opere più rappresentative dell’archivio della FEDIC stessa che funge quindi da garante della qualità dei lavori proposti. In questo sito sarà anche possibile visionare i cortometraggi con una qualità migliore rispetto a quella del sito accessibile a tutti. Tutti i cortometraggi saranno inseriti in un database che consentirà di effettuare ricerche approfondite a tema. Sarà creato anche un database di professionisti del corto, autori, registi, sceneggiatori, montatori, attori, ecc…. Non mancherà un angolo della tecnica per tutti coloro che si accostano al mondo del cortometraggio utilizzando le nuove tecniche digitali oppure le piu’ collaudate tecniche cinematografiche. Un'altra iniziativa importante sarà inserimento on-line della rivista “Carte di Cinema” che sarà sempre disponibile in rete, compresi i numeri arretrati, e consultabile dai soci in qualsiasi momento. Credo inutile sottolineare quanto importante possa essere il progetto al fine di promuovere in grande stile il genere cortometraggio in Italia. Un passo importante che potrebbe rilanciare in modo determinante l’immagine stessa della FEDIC consentendogli di incrementare il numero di iscritti, legando l'iscrizione alla proposta di pubblicazione su Internet del lavoro dei propri soci. Pagina 48 La Fedic fra reale e virtuale TUTTI COME FELLINI GRAZIE AL VIDEO DIGITALE ? Fernando Goffi Prendendo spunto dal tema trattato nella sezione pomeridiana del Convegno Nazionale "2001: quale futuro nelle Rassegne, nei Festival, in Internet" vorrei condividere con voi alcune considerazioni. Meno di quattro anni fa nella relazione di chiusura del "1° Digital Video meeting" organizzato dal CineVideoclub Bergamo, primo e, purtroppo unico evento a livello nazionale dedicato alla presentazione delle tecnologie digitali utilizzabili dal videoamatore e dal videomaker indipendente, dissi che era difficile fare previsioni credibili sul rapido diffondersi delle nuove tecnologie di editing digitale anche perchè allora non era ancora disponibile alcuna attrezzatura "consumer" che permettesse la post-produzione del video digitale in formato nativo DV, ma si poteva fare post-produzione digitale solo mediante la digitalizzazione di video analogico. Inoltre meno di quattro anni fa memorizzare sul computer un'ora di video analogico costava circa 7 milioni (compressione 1:8 per mantenere la qualità S-VHS o Hi8 a pieno schermo, hard-disk A/V che garantisse un transferrate continuo di 4 MB/s), oggi un'ora di video digitale in formato nativo DV (qualitativamente molto superiore al S-VHS o Hi8, hard-disk con transfer-rate di oltre di 10 MB/s) costa meno di 200.000 lire (cioè oltre 35 volte di meno). Discorso simile si può fare per tutta l'attrezzatura informatica idonea a trattare il video in formato DV nativo (quindi con interfaccia Fire-Wire, i.LINK, IEE3994). Le apparecchiature di tipo "consumer" sono almeno 10 volte più performanti rispetto al modello "Creative Studio" presentato ed utilizzato nel Convegno di quattro anni fa ed hanno prezzi quasi dimezzati. Ho voluto sottolineare questi aspetti tecnico-economici del problema perchè sono determinanti per l'utilizzo delle nuove tecnologie di post-produzione da parte di un gran numero di persone. L'editing digitale in formato DV o DV-CAM nativo non è più riservato ad un uso professionale o semiprofessionale, ma è disponibile a costi accettabili per tutti e quindi può, in breve, diffondersi a livello di massa. Per fare un esempio, forse più comprensibile, direi che nel campo dell'editing video è successo quello che succederebbe se l'industria automobilistica, in quattro anni, avesse progettato, prodotto e commercializzato al prezzo di un'utilitaria un veicolo con le performance di un'auto da F 1. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 49 E' facile immaginare che un uso diffuso e sconsiderato di tali mezzi provocherebbe gravi incidenti e rischi per tutti noi perchè solo poche persone particolarmente predisposte e preparate sarebbero in grado di utilizzare in sicurezza veicoli simili. Qualcosa di simile potrebbe avvenire con la diffusione dell'editing digitale a livello di massa, chiaramente non nel senso di provocare incidenti o rischi mortali, ma nel senso di produrre video basati solo su effetti spettacolari ed eclatanti invece che sulle idee. Con l'avvento dell'editing digitale al costo di prodotto "consumer" è già infatti possibile e relativamente semplice produrre effetti di ogni tipo e, con software idonei, fare animazione 3D e perfino realtà virtuale. Per fare un esempio concreto vi dirò che con un programma di editing entrylevel come i-Movie 2 (fornito gratuitamente ed in lingua italiana con il tutti gli i-Mac DV di Apple) è facile fare titolazioni sofisticate ed applicare effetti tradizionali alle varie sequenze come dissolvenze, transizioni di vario tipo, ecc., ma è anche possibile inserire immagini digitali fisse che possono anche essere parzialmente animate (ad es. simulare il tremolìo di una fiamma di candela o produrre increspature sulla superficie di un lago ecc.) oppure realizzare effetti complessi ottenibili solo per via digitale come lo zoom in, lo zoom out, il reverse clip, (inverte la direzione della sequenza interessata) il mirror, l'aumento o la diminuzione della velocità di proiezione del video, la correzione cromatica delle immagini, il passaggio dal colore al B.N. o al seppia, la sfocatura ecc. oltre a varie manipolazioni dell'audio, sia separato dal video originale che mantenendo il sincronismo con esso. E' chiaro che un uso improprio o prevalente di effetti di ogni tipo, oltre alla possibilità di fare animazione 3D e realtà virtuale, potrebbe invogliare chiunque a realizzare video che si basano più su effetti spettacolari ed esasperati che sulle idee. Questa tendenza è già presente in modo massiccio in molte opere professionali che negli ultimi anni puntano sempre più sullo spettacolo fine a sè stesso, sugli effetti esasperati e sulla realtà virtuale ottenendo, purtroppo, grande successo nel pubblico generico che, non sapendo distinguere tra la creatività vera basata su idee originali e quella apparente ottenuta solo con sofisticati strumenti tecnici, è pesantemente condizionato dalle massicce campagne pubblicitarie delle case produttrici. Fortunatamente i videoamatori ed i videomakers indipendenti hanno il vantaggio di essere svincolati da ogni condizionamento di mercato e possono esprimere liberamente le proprie idee e la propria personalità quando e come vogliono. E' proprio partendo da queste considerazioni che mi piacerebbe sentire l'opi- Pagina 50 La Fedic fra reale e virtuale nione dei presenti su questo tema: cosa fare a livello di Federazione e di CineVideoclub perchè i videomakers non si facciano abbagliare dalle nuove e potenti tecnologie disponibili e, soprattutto, non si illudano di utilizzarle per mascherare la scarsità di idee? In altre parole: cosa fare in concreto perchè le opere si basino sulla CREATIVITA' e sulle IDEE ORIGINALI dei singoli autori invece che sugli STRUMENTI TECNOLOGICI che servono a realizzarle ? La Fedic fra reale e virtuale Pagina 51 AUTORI - CINECLUB - FEDERAZIONE PER UN IMPEGNO COMUNE Stefano Golino Prima di scrivere questo intervento mi sono riletto gli atti del convegno del 1961 e anche la relazione dell’incontro fra i Cineclub dell’Alta Italia tenuto a Brescia nel 1996. Incontro che ha portato alla nascita della Consulta Fedic Lombardia. Questo perché penso che dal passato si debba trarre esperienza e insegnamento per il presente e soprattutto per gettare le basi per il futuro. Ho ritrovato temi che da sempre si dibattono nei Cineclub. Il cinema che produciamo va inteso come impegno o come disimpegno? La visione dall’esterno di un’analogia tra dilettantismo e amatorismo con pressappochismo e faciloneria. La difficoltà a trovare sbocchi distributivi della produzione degli autori indipendenti. La permalosità e l’immaturità degli autori a sostenere il peso di recensioni severe nei loro confronti e il conseguente problema associativo di possibile perdita di questi. La tendenza degli autori a lavorare da soli e non a produrre con collaborazioni all’interno dei Cineclub. L’individualismo degli autori odierni potrebbe essere il riflesso dell’esasperato individualismo dell’uomo nella società attuale. Questo isolamento porta al mancato scambio di vedute, giudizi ed esperienze con altri autori. Quanti autori oggi vanno al cinema e guardano il cinema degli altri? Ci chiedevamo nel 1996 a Brescia. Leggo dagli atti del convegno del 1961 che “i Cineclub sono nati per uno scambio continuo di idee tra amici animati dalla stessa passione e quindi un progressivo miglioramento tecnico e soprattutto estetico del cineamatore”. Soprattutto estetico viene sottolineato nel 1961. A me basterebbe che nel 2001 si parlasse ancora di miglioramento estetico perché il miglioramento tecnico sembra ormai aver preso il sopravvento. E una nuova stagione sembra aprirsi con l’avvento del digitale che soppianterà il nastro magnetico. L’innovazione tecnologica nel campo dell’immagine ha portato alla diffusione di massa del videoregistratore prima e della videocamera poi assurgendo quest’ultima però il compito di puro elettrodomestico, di regalo di Natale alternativo al telefono cellulare. Con questo sviluppo tecnico e un’educazione all’immagine fatta dalla televisione commerciale mi chiedo se i temi trattati Pagina 52 La Fedic fra reale e virtuale nel 1961, “Il cinema d’amatore e la cultura” e “Il cinema d’amatore e la critica”, non siano lontani anni luce dalla realtà attuale e di conseguenza cosa pensare dell’altro tema affrontato nel 1961, “Il cinema d’amatore del nostro tempo”. Il ricambio tecnico fra pellicola e video ha cambiato l’autore nel corso del tempo, si sosteneva sempre a Brescia nel 1996 e così, mentre non è stato focalizzato ancora bene l’autore al tempo del video, dobbiamo già affrontare l’autore nel tempo del video e computer. Un aiuto può venire dall’analisi della gestione di un Cineclub. A Bergamo, da una decina d’anni, abbiamo intrapreso una politica di piccoli passi e di perseveranza e dobbiamo dire che a lungo termine questa è stata ripagata. I nuovi soci arrivano per la maggior parte dai corsi base di uso della videocamera. Poi attraverso i concorsi , le rassegne e le serate dedicate, avviciniamo autori già attivi e ci facciamo conoscere sia come Cineclub sia come Federazione. I concorsi e le rassegne dei film dei soci, delle selezioni di San Giovanni Valdarno e di Montecatini servono anche come occasione di scambi di esperienze e confronti sia tra autori e tra autori e pubblico interessato. Importante è la comunicazione. Bisogna muoversi con la mentalità di un ufficio stampa, stabilire e mantenere contatti con quotidiani e riviste locali, con le istituzioni locali, con realtà, enti e persone del territorio con cui poter collaborare come ad esempio chi ci ospita oggi. Per farsi conoscere bisogna fare anche azioni mirate come, ad esempio, far arrivare la rivista della FEDIC in luoghi o enti potenzialmente importanti. Noi la facciamo arrivare alla biblioteca centrale, la “Tiraboschi” e alla Fondazione Alasca ( Archivio Lombardo dell’Audiovisivo e Servizi Culturali Annessi ) con sede a Bergamo. I risultati sono che in biblioteca la rivista viene letteralmente consumata e che alla fondazione Alasca, oltre a essere conservata e a disposizione in un archivio specializzato e fornitissimo, è usata per fornire alcune schede dei film per il catalogo del cineforum che viene organizzato. Controlliamo con un feed-back di ritorno se quanto facciamo va a segno o no, se comunichiamo bene o no. Alla fine di ogni corso facciamo un questionario in cui i corsisti giudicano noi e il corso. Il tutto con spirito autocritico e costruttivo per poter migliorare, cambiare, diversificare le volte successive. Siamo aperti verso l’esterno, non bisogna rinchiudersi in un Club esclusivo di pochi eletti e pensiamo debba essere così perché è insito nello spirito della FEDIC, “quello non di accettare una cultura ma far avvertire il bisogno di farne una per sé, da accostare o contrapporre a quella degli altri e che l’insieme La Fedic fra reale e virtuale Pagina 53 di esse dia il senso e la misura della vitalità e democraticità del movimento. Quindi libertà di scelta, condizionata solo dall’impegno preciso di scambio e approfondimento delle reciproche idee ed esperienze”. Nel ’61 si marcava la libertà di scelta, oggigiorno forse va marcato di più l’impegno di scambio e approfondimento anche per dare un senso all’essere Associazione. Non si sente più un attaccamento, un’orgoglio, una consapevolezza di far parte di una Federazione Cinematografica. Quanti soci FEDIC leggono la rivista? La copertina dell’ultimo numero è verde o arancione? ( E’ viola, n.d.a.) Quanti sanno che la FEDIC è presente al festival di Venezia, che premia un film e che questo è automaticamente invitato a San Giovanni Valdarno? Chi ha premiato quest’anno? ( “Placido Rizzotto”, n.d.a. ) Non bisogna continuamente chiedersi cosa fa la Federazione per noi ma anche incominciare a chiedersi cosa facciamo noi per la Federazione. Quest’anno abbiamo anche l’occasione di dimostrarlo visto che l’aumento della quota da versare servirà a far quadrare un po’ di più il bilancio fermo ormai da molti anni come cifra finanziata. Un aumento da 20000 a 30000 lire che farà mugugnare qualche socio il quale poi di fronte alla spesa per l’attrezzatura video parla tranquillamente di milioni. Faccio inoltre notare che al Cinevideoclub BG tutti i soci iscritti sono soci FEDIC mentre esiste la curiosa abitudine di iscriversi ad un cineclub senza poi diventare soci FEDIC. A parte il dubbio sulla regolarità dal punto di vista legale e giuridico di una simile prassi che peraltro non mi risulta in nessun’altra associazione mi sembra che sia il passo sbagliato per entrare in un Cineclub. Se un Cineclub è associato FEDIC è tenuto che i suoi soci sostengano la Federazione che è poi composta da loro stessi. Altrimenti bisogna avere il coraggio e l’onestà intellettuale di discutere e mettere in discussione la propria affiliazione alla FEDIC. Una FEDIC che con la costituzione delle Consulte ha permesso alla base associativa di avvicinarsi ai vertici. Oggi attraverso tre soli passaggi un semplice socio può comunicare con la presidenza. Mantenere i legami con il passato ma essere aperti alle novità e ai cambiamenti del presente ci potrà assicurare il futuro valorizzando sempre più la cultura dell’immagine. Vorrei chiudere citando una frase del Convegno del ’61 che trovo ancora attuale: “ la libertà del cineamatore è la nostra salvezza, che sarà anche la salvezza del cinema in futuro”. Pagina 54 La Fedic fra reale e virtuale DAL CINEAMATORISMO ALLA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE Pino Tiani E’ la necessità della commozione che mi porta ad intervenire oggi, dopo essermi allontanato dal Cineclub anni fa pensando che il fenomeno del cineamatorismo fosse prossimo alla fine. Voglio esprimere il sentimento fortissimo che ho provato ritrovando vecchi amici e constatando che l’animazione di una volta non si è perduta. Del cineamatorismo vorrei che non fosse buttata via una cosa. Si è parlato di internet e di videocamera. Tutto bene purchè non venga meno quel fermento che è alla base del Cineclub. Oggi è in atto una globalizzazione che io considero una forma di escrementizzazione. Col passare del tempo va aumentando il numero delle persone che vedono in rapporto a quelle che fanno. Il Cineclub deve rispettare coloro che fanno, quelli che hanno l’esigenza forte di esprimere qualcosa, un’esigenza che vuole manifestarsi comunque anche se non riesce ancora ad arrivare alla comunicazione. Nella vita si cresce tutti insieme, ognuno al livello in cui si trova. I Cineclub devono favorire chiunque abbia questa necessità di esprimersi, di attivarsi non limitandosi a vedere. Pochi saranno quelli in grado di raggiungere la comunicazione: Giusti allora i premi e le medaglie perché rappresentano comunque un riconoscimento all’attività e all’impegno. La Fedic farà emergere i veri valori, ma non va persa l’anima da cui nasce qualche spirito, e l’amicizia da cui nasce il ricordo, da cui nasce l’affetto. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 55 DALL’ANIMAZIONE TRADIZIONALE AL COMPUTER Bruno Bozzetto Arrivo in ritardo e mi scuso, felicissimo d’essere qui anche perché mi sono riconosciuto in quello che è stato appena detto. Faccio il mio lavoro e continuo a farlo con lo spirito del cineamatore, per il piacere di farlo e di comunicare qualcosa, senza curarmi di chi poi vedrà il mio film. Ma volete che parli o preferite che si proietti? Massimo Maisetti Mi ricordo una tua raccomandazione: “Non farmi parlare”. Hai portato dei film? Bruno Bozzetto Per essere, come dite voi, tra reale e virtuale, ho portato un film fatto col computer e uno classico. Il primo nasce dall’amore per il nuovo, dalla voglia di sperimentare, ed è “Europe & Italy”. L’altro, “Cavallette” – si ricollega al vecchio “Tapum, la storia delle armi”, il film che grazie al Cineclub Milano mi ha fatto uscire nei festival, e lo riprende con occhio satirico. Massimo Maisetti Mi avevi detto che arrivavi da lontano nel tardo pomeriggio, poteva anche esserci qualche imprevisto. Ho portato anch’io due tuoi film, ragionando allo stesso modo: “Europe & Italy” e “Una vita in scatola”. Li vedremo tutti e tre. Bruno Bozzetto Cerchi e quadrati possono comunicare idee, far ridere, far ragionare. E’ importante quello che si vuole dire. Massimo Maisetti Una tua risposta alla domanda cosa vuol dire animare è diventata storica; “Avere un’idea e farle intorno dei disegni”. Bruno Bozzetto Non è mia, è di un bambino che aveva visto i miei film. “Vita in scatola” e “Cavallette”, il primo del 1967, il secondo del 1990 (Oscar Nomination) sono animati secondo la tradizione, con la collaborazione di un gruppo validissimo Pagina 56 La Fedic fra reale e virtuale e affiatato. Lavorare col computer vuol dire minor costo, essere indipendenti, non dovere spiegare a un altro, attore o animatore, quello che vuoi, però ha dei limiti. Massimo Maisetti Bozzetto svela i segreti del Signor Rossi, dice un titolo di giornale, nella Mostra che dopo avere riscosso successo a Milano, si apre a Bergamo alta al Teatro Sociale. E’ un evento che riassume quarant’anni di lavoro esponendo le tante diverse cose realizzate da un creativo che ama nel proprio lavoro la sperimentazione e la ricerca: libri, pupazzi, dischi, sigle, film didattici, divulgativi, spettacolari, pubblicitari. C’è un bel catalogo in grado di orientare il pubblico. E ci sono numerose tesi di laurea che dimostrano quanto il fenomeno Bozzetto meriti d’essere analizzato. Ti ringrazio non solo d’essere qui tra noi ma anche di averci dimostrato come, con i mezzi più semplici, si possono dire cose vivacissime e quanto mai attuali, in grado di far sorridere e pensare. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 57 LINGUAGGI MEDIATI INNOVATIVI Lorella Porro Sono associata al Cineclub Arka di Assemini, conosciamo Zanasi, lavoriamo per il teatro e per il cinema. Prendo alcuni spunti da interventi precedenti. La politica è importante nel momento in cui interviene, come nel caso del Ministero dei Beni Culturali, a tagliare i fondi per le attività non utilizzabili a livelli commerciali. Chi si trova di fronte alla riduzione dei contributi e deve procedere con scarse disponibilità, deve conoscere a fondo il mezzo e il linguaggio. Ci si trova costretti a fare ricerca e sperimentazione facendo interagire i vari linguaggi, cinema, teatro, telecamera, letteratura, arti figurative, creando un nuovo metalinguaggio. Oggi, a mio parere, rispetto al cinema sono più rivoluzionari il teatro e il balletto, che usano linguaggi mediati innovativi. Il cinema riesce a farlo attraverso il corto, partendo dalla scuola. Per quanto mi riguarda personalmente trovo difficoltà con persone della mia età o più anziane: li vedo irrigiditi. Mi trovo meglio con i giovani dai venti ai trent’anni, che hanno un’ottima conoscenza dei mezzi audiovisivi, sono bravi a impegnarsi e a concentrarsi, anche se culturalmente impreparati. E’ una generazione da coinvolgere in un discorso estetico e filosofico: vanno aiutati a crescere, occorre collaborare con loro, lavorare insieme. Massimo Maisetti Possiamo tentare un bilancio della giornata, suddivisa in due parti: la mattina impegnata a legare il passato al presente, il pomeriggio proiettato dal presente al prossimo futuro. Sta accadendo quello che speravamo. Dal 1999, anno del cinquantenario, attraverso il 2000, anno di transizione, siamo arrivati al 2001, l’anno nuovo. La Fedic si rinnova con forze nuove in Consiglio Nazionale, con nuove tecnologie che ci auguriamo di saper usare e di poter continuare ad usare. Ci interessano l’opinione e le impressioni di chi ci ha seguìto per tanti anni con occhio critico. Pagina 58 La Fedic fra reale e virtuale OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Ermanno Comuzio Un paio di osservazioni su questa indubbia differenza tra le due dimensioni del mattino e del pomeriggio. E’ lo sviluppo storico fatale di una situazione in evoluzione come tutte le cose umane. Mi ha interessato l’uso di internet. Ho trovato impropria la presenza di omini o fumetti ad indicare i percorsi, ma i risultati sono quelli di un’informazione precisa e aggiornata. La Fedic si è adeguata ai tempi. La Fedic fra reale e virtuale Pagina 59 ATTENZIONE - DETERMINAZIONE PERSEVERANZA: LE DOTI VINCENTI Massimo Maisetti Credo che sia importante trovare degli espedienti per incuriosire e fermare l’attenzione del navigatore sul sito in cui magari è arrivato per caso. Gli omini e i fumetti lo portano a vedere un “Doppio petto” di Giuseppe Ferlito che difficilmente o mai troveranno nelle sale o sui teleschermi. Cito un episodio recente, premettendo che vedo la TV solo quando mi serve, cioè raramente, visto che anche i telegiornali si occupano più di pettegolezzi che di notizie. Il fenomeno è dell’altra sera: un’intervista a Fiorello e alla De Filippi sui loro due spettacoli in concorrenza, il primo partito con un numero di spettatori più elevato, la seconda con spettatori in progressiva crescita fino al sorpasso. Si chiede all’uno e all’altra che cosa scelgono tra la qualità e l’audience. Fiorello non ha esitazioni: la qualità. La De Filippi non ha esitazioni: l’audience. Le prime considerazioni partono di qui. Non è vero che le ideologie sono morte. Una ce n’è che è sopravvissuta ed occupa lo spazio lasciato libero dalle altre, ed è l’ideologia del dio mercato, è l’audience adorata dalle De Filippi. Su questa china dove tutto scivola verso il basso, o noi cerchiamo e troviamo delle alternative individuando nicchie di mercato sulle quali tessere un’operazione squisitamente culturale, o siamo tagliati fuori, destinati a sparire. L’ho già detto in Assemblea il 21 gennaio a Montecatini e qui lo ripeto. Per questi prossimi due anni non sono disposto a impegnarmi a fondo insieme al Consiglio Nazionale pensando a come sopravvivere. Alla mia età se si pensa solo a sopravvivere si è già morti. Sono due anni nei quali dobbiamo impegnarci per vivere, e vivere con entusiasmo e gioia. Lo diceva Chaplin nel Grande Dittatore: guardare lontano, a obiettivi alti. Non importa se non saremo noi a raggiungerli. E’ il discorso dell’utopia che va comunque perseguita perché verranno altri dopo di noi ad avvicinarla progressivamente. E prendo lo spunto da due tra i più giovani degli intervenuti nel pomeriggio. Uno è il Vice Presidente del CineVideo Club Bergamo Stefano Golino. Stefano ha detto una cosa molto giusta, perfettamente in linea con quanto aveva rilevato il segretario nazionale Giovanni Crocè a San Giovanni Valdarno. Ogni tanto qualcuno rileva che la Fedic dovrebbe far questo o quest’altro o altro ancora, dimenticando che la Fedic non è un ente astratto, ma una Federazione di Cineclub, e anche i Cineclub con i loro iscritti sono la Fedic, e ogni Cineclub e ogni iscritto può muoversi autonomamente per fare questo o quest’altro o altro ancora, senza chiedere l’intervento di mamma Fedic se non quando sia indispensabile. Cosa fanno i Cineclub per la Fedic? Cosa dovrebPagina 60 La Fedic fra reale e virtuale bero fare? Cosa devono fare? Qui si ripropongono i tre modi di intendere il Cineclub delineati da Marino Borgogni con la prospettiva di un’ulteriore convivenza del vecchio col nuovo e di una mediazione all’interno della Fedic che non cambierebbe nulla rispetto al passato. Non abbiamo più tempo per mediare. E’ tempo di un adeguamento ai modelli che sono stati prospettati nel pomeriggio. Costerà fatica, costerà quattrini. Di quattrini non ne abbiamo. Abbiamo chiuso il bilancio del 2000 con un deficit di 50 milioni. Ma devo dirvi a questo punto, dopo quello che ho visto e sentito oggi, che mi importa poco del deficit e molto degli amici che oggi ho ritrovato dietro questo tavolo e in sala. Con loro, con voi è possibile andare avanti. C’è chi ha pianto questa mattina rivedendo le immagini dei grandi protagonisti della nostra storia: Adriano Asti, Giampaolo Bernagozzi, Giovanni Icardi. Qualcuno avrà trovato un motivo in più per riflettere da qui al nostro prossimo incontro di aprile a San Giovanni Valdarno su quello che è possibile cominciare a fare in periferia, alla base. Cosa chiediamo dunque ai Cineclub, agli iscritti, a noi stessi? Una maggiore appartenenza, più incisività sul territorio, rapporti stretti con gli enti locali, collegamenti con le altre associazioni culturali, collaborazione tra i Cineclub. Alle due Consulte regionali di Sardegna e Lombardia si aggiunge ora la Consulta di Emilia - Romagna. Dove non c’è Consulta interverranno i Consiglieri Nazionali. Sarà elaborato un censimento degli iscritti per una verifica delle nostre potenzialità reali. E’ il primo passo di un lungo e difficile percorso. Occorrono attenzione, determinazione, perseveranza, doti che pagano sempre. Non lo dico per riempirmi la bocca di parole. Lo dico perché ci credo. Come credo che tutti, insieme, possiamo far molto per arrivare ad essere soddisfatti di quello che pensiamo di poter fare e che faremo. Pierantonio Leidi ringrazia gli intervenuti e dichiara concluso il Convegno La Fedic fra reale e virtuale Pagina 61 Pagina 62 La Fedic fra reale e virtuale La Fedic fra reale e virtuale Pagina 63 Pagina 64 La Fedic fra reale e virtuale La Fedic fra reale e virtuale Pagina 65 Pagina 66 La Fedic fra reale e virtuale La Fedic fra reale e virtuale Pagina 67 CONSIGLIO NAZIONALE BIENNIO 2001 - 2002 FEDIC FEDERAZIONE ITALIANA DEI CINECLUB Luigi Serravalli Presidente Onorario Massimo Maisetti Presidente Marino Borgogni Vice Presidente Rolf Mandolesi Vice Presidente Giovanni Crocè Segretario Giuseppe Ippolito Tesoriere Anna Quarzi Responsabile FEDIC Scuola Mino Crocè Presidente Comitato Organizzatore Montecatini Cinema Roberto Chiesi Capo Redattore “Carte di Cinema” Paolo De Fina Coordinatore sito Cortometraggi Giorgio Ricci Coordinatore dei Cineclub Giorgio Sabbatini Coordinatore dei Cineclub di Piemonte e Liguria Fabio Sanvitale Rapporti con Il Giornale dello Spettacolo Pagina 68 La Fedic fra reale e virtuale Alessandro Scillitani Coordinatore sito FEDIC – Internet Massimo Zanasi Consigliere Pierantonio Leidi Presidente Consulta FEDIC Lombardia Romano Widmar Presidente Consulta FEDIC Sardegna Vito Contento Presidente Consulta FEDIC Emilia – Romagna Paolo Micalizzi Responsabile Fedic Cinema Amedeo Fabbri Responsabile Cine – Videoteca Internet www.fedic.it www.cortoweb.it Le nostre e-mail [email protected] - FEDIC c/o AGIS Via di Villa Patrizi, 10 - 00161 ROMA [email protected] Via Vincenzo Monti 79 / 3 - 20145 Milano [email protected] Viale Don Minzoni 43 - 52027 S. Giovanni Valdarno (AR) [email protected] Via Mosè Loria 50 - 20144 Milano [email protected] Via Nino Bixio 30 – 20125 - Milano [email protected] [email protected] [email protected] Pierantonio Leidi via Righi 3 - 24123 Bergamo [email protected] Via Toscanini 12 - 21100 Pesaro [email protected] Corso Benedetto Croce 3 - 10135 Torino [email protected] Alessandro Scillitani Via Paradisi 6 - 42100 Reggio Emilia [email protected] La Fedic fra reale e virtuale Pagina 69 I PRESIDENTI DEL CINEVIDEO CLUB BERGAMO 1952 - 1954 Tito Spini 1955 Osvaldo Prandoni 1956 - 1967 Paolo Capoferri 1968 - 1979 Pino Tiani 1980 - 1992 Paolo Galizzi dal 1993 Pierantonio Leidi Pierantonio Leidi Dal 1991 è membro del Consiglio Nazionale Fedic Dal 1997 è Presidente della Consulta FEDIC Lombardia che riunisce le 11 Associazioni di cultura cinematografica affiliate alla Federazione In ambito regionale sviluppa con gli altri Club dei progetti triennali: “La Lombardia verso il 2000” e “La Lombardia per immagini” e ancora … Convegni - Rassegne - Concorsi nelle sezioni: Videomaker, Under 25 e Speciale Scuola Pagina 70 La Fedic fra reale e virtuale SCHEDA DEL CINEVIDEO CLUB BERGAMO ADERENTE ALLA FEDIC FEDERAZIONE ITALIANA DEI CINECLUB 1952 Si costituisce il Cine Club Bergamo 1955/1970 Ottiene importanti primati nei Concorsi di Montecatini 1961 Organizza in città uno “storico convegno” nazionale sul valore e sul termine di “cineamatore” Sino al ‘78 Propone serate cinematografiche e alcune edizioni del Concorso “Forbici d’oro” (migliore sintesi di un film) 1978/1983 Attività sospesa per inagibilità della sede 1984 Si riprende l’attività con il cine-concorso “Arti e Mestieri” (in seguito diventerà Trofeo video Nino Galizzi) 1990 I soci realizzano il primo video “Maschere in bergamasca” 1991 Il “Cine Club Bergamo” diventa “Cinevideo Club Bergamo” e propone nuove iniziative: “Il tuo video in tv” - “Un video per il folclore” Rassegne video provinciale “Non solo Bergamo” Corsi sull’utilizzo della videocamera 1992 Per il 40° di fondazione retrospettiva dei cortometraggi in pellicola grazie al contributo dei soci - autori del “Cine Club Bergamo” Dal 1993 Si impegna, con le varie Associazioni della città, a divulgare il cortometraggio e i film non commerciali proponendo opere italiane e internazionali promuovendo: “Serata video” - “Incontro con l’autore” “ I corti italiani” - “Serata in…corto” La Fedic fra reale e virtuale Pagina 71 INDICE FEDIC Cinquant’anni di volontariato Le proposte di Fano Atti del Convegno Nazionale: patrocinio-organizzazione Benvenuti a Bergamo Il saluto del Preside dell’I.T.C. Vittorio Emanuele II Perché il Convegno a Bergamo Dal 1961 al 2001: quarant’anni di cinema indipendente Per una svolta della FEDIC Gli anni settanta della FEDIC La bella di Bergamo: da “La bella di Lodi” di Arbasino L’impegno per il cinema e i film-makers Prime indicazioni: le proposte di Fano per i Club Federati La divulgazione dei filmati Per fare la differenza e contro l’indifferenziato Maggiore visibilità per il cinema e per il corto Sperimentazione e ricerca L’immagine nella scuola Note sul cinema delle scuole con un pensiero ai pionieri Internet e comunicazione Il Progetto Internet Tutti come Fellini grazie al video digitale? Autori, Cineclub, Federazione per un impegno comune Dal cineamatorismo alla libertà d’espressione Dall’animazione tradizionale al computer Linguaggi mediati innovativi Osservazioni conclusive Attenzione, determinazione e perseveranza: le doti vincenti Rassegna Stampa Consiglio Nazionale FEDIC I Presidenti del Cinevideo Club Bergamo Scheda del Cinevideo Club Bergamo Pagina 1 Pagina 3 Pagina 7 Pagina 6 Pagina 7 Pagina 8 Pagina 9 Pagina 13 Pagina 15 Pagina 17 Pagina 20 Pagina 23 Pagina 25 Pagina 27 Pagina 29 Pagina 32 Pagina 37 Pagina 40 Pagina 44 Pagina 46 Pagina 49 Pagina 52 Pagina 55 Pagina 56 Pagina 58 Pagina 59 Pagina 60 Pagina 62 Pagina 68 Pagina 70 Pagina 71 Realizzazione: Cinevideo Club Bergamo Si ringrazia: Giuseppe Manzi Angelo Mercanti Franco Valtellina per le immagini Alessandro Ghisalberti per la realizzazione del libretto Ristampa ottobre 2002