SENTIREA SCOLTARE online music magazine DICEMBRE N. 38 A l tr o L a dy b u g Tra n sis to r Si ghti n g s Ya c ht 3 / 4 ha d b e e n e l i min a ted Sl i ts J e a n M i c h e l J arre K u br ic k / Ly n c h A r nol d Sc h ö e n b e rg VAMPISOUL Musica mas caliente sentireascoltare 1 EINSTüRZENDE NEUBAUTEN Potomak “Alles Wieder Offen” LOW “Drums and Guns” “The Stage Names” MATTHEW HERBERT GIARDINI DI MIrò CD/LP Sub Pop k File under: Slow-core/Indie/Roc CD/LP Potomak File under: Industrial IRON AND WINE “The Shepherd’s Dog” CD/LP Sub Pop File under: Folk “Score” CD !K7 Records File under: Musica per Film FUJIYA & Miyagi KELLY JONES “Transparent Things” “Only the Names Have Been Changed” CD Grönland File under: Dance/Krautrock CD+DVD V2 UK File under: Folk BURNT FRIEDMAN COBBLESTONE JAZZ “1st Night Forever” “23 Seconds” CD Nonplace File under: Elettronica/Soul THE SHINS OKKERVIL RIVER 2CD !K7 File under: Elettronica/Jazz THE WOMBATS CD ADA/14/th Floor File under: Indie/Pop/Punk Dividing Opinions” CD Homesleep File under: Post-Rock/Indie Rock STATELESS SWAYZAK DEERHOOF “Some Other Country” “Friend Opportunity” “Stateless” CD/LP Tomlab File under: Indie/Pop/Noise CD !K7 File under: Rock/Elettronica ...A TOYS ORCHESTRA DISCO DRIVE CD !K7 File under: Elettronica CANADIANS or Dreams” “Things To Do Today” “A Sky With No Stars” “Technicol CD Unhip CD Ghost Records File under: Indie/Pop/Rock PIANO MAGIC Loss...” “Part Monster” “Wincing the Night Away” “A Guide to Love, CD Homesleep CD Sub Pop File under: Indie/Pop/Rock CD/LP Jagjaguwar File under: Indie/Folk/Rock File under: Indie CD Urtovox File under: Indie/Pop/Rock MARK OLSON MATTHEW DEAR “Asa Breed” CD Ghostly Intl. File under: Elettronica/Pop www.audioglobe.it File under: Indie/Punk/Rock “The Salvation Blues” CD Hacktone rec. File under: Folk/Rock/Blues ONDENZA - VENDITA PER CORRISP in giornata - nessun minimo di nostra distribuzione - spedizioni recensioni, live e tutte le informazioni sui dischi 14.30 alle 18.30 aggiornamenti continui e quotidiani - news, lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13.30 e dalle dal telefonico servizio e con Carta di Credito d’ordine - Spedizioni in contrassegno, con PayPal @audioglobe.it tel 055 3280121 - fax 055 3280133 - mailorder Iscriviti alla nostra newslist !!! sommario 4 News 8 The Lights On T hose L on e Vamp s , Helioc ent r ic s , Yacht, 3 ee m 1 2 Speciali S e ttlefish, Altro , Lady bug Tr ans is t or, S ig htin gs, 3/4 ha dbeenelim inat ed, 10 Vamp iso ul 34 Recensioni I ’m No t Th ere O.S. T. , Bur ial, Car t er Tut t i, Do ve man , Grizzly Bear, J es u, Subt le. . . 8 7 Rubriche (Gi)An t Step s Cha rles Ming us We Are De mo: 3Sacch etti, Da ni ele M aggioli, Margareth, Denis e , S i s t e r D e w. . . Classic S lits, Jea n Miche l J ar r e, Fas t bac k s 14 Cinema K ubrick/Lynch, Gior ni e nuv ole ( Soldini) , Tide lan d (Gillia m ) I cosiddetti conte m p o r a n e i A r no ld Schö en be r g Direttore Edoardo Bridda Coordinamento Teresa Greco Consulenti alla redazione Daniele Follero Stefano Solventi Staff Gaspare Caliri Valentina Cassano Antonello Comunale Antonio Puglia Hanno collaborato Gianni Avella, Davide Brace, Marco Braggion, Nicolas Campagnari, Paolo Grava, Manfredi Lamartina, Alarico Mantovani, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Andrea Provinciali, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco. 92 Guida spirituale Adriano Trauber (1966-2004) Grafica Edoardo Bridda, Valentina Cassano in copertina Betty Davis SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 Editore Edoardo Bridda Direttore responsabile Antonello Comunale Provider NGI S.p.A. Copyright © 2007 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati. La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare 102 sentireascoltare 3 news a c u r a d i Te r e s a G r e c o Battisti e Drake protagonisti delle nuove uscite Arcana. In attesa del decimo anniversario della scomparsa di Lucio Battisti (che si celebrerà nel 2008), la Arcana Editrice pubblica due volumi della collana “Songbook” dedicati al cantautore di Poggio Bustone, entrambi a cura di Franco Zanetti. Ma c’è qualcosa che non scordo, di Renzo Stefanel, analizza gli anni della collaborazione con Mogol, mentre Specchi opposti, di Ivano Rebustini, si concentra sul periodo con Pasquale P a n e l l a . È i n o l t r e i n u s c i t a J o u r n e y To T h e S t a r s . I t e s t i d i N i c k Drake, di Paola De Angelis, analisi e commento di tutte le canzoni dell’icona del folk inglese… J a g j a g u w a r a n n u n c i a l ’ e n t r a t a d i B o n I v e r n e l s u o r o s t e r. A l l ’ i n i z i o del 2008 l’etichetta pubblicherà il suo debutto dal titolo For Emma, Forever Ago… Konkurrent rivela alcune delle sue uscite per il prossimo anno. Il 10” d i D u b Te r r o r ( U n i v e r s a l E g g ) , l a c u i u s c i t a è p r e v i s t a p e r g e n n a i o , il debutto di Paramount Styles NYC, il nuovo progetto di Scott McClouds dei Girls Agains Boys (aprile 2008, ancora non si conosce l’etichetta), e il nuovo In The Fishtank, questa volta a firma Mark Linkous (Sparklehorse) vs. Fennesz (previsto per estate-autunno 2008)… Mark Linkous Annunciate le prime due date del tour dei Radiohead: si tratta di due festival in giugno in Germania, il Southside e l’Hurricane, dal 20 al 22 giugno; in Italia terranno un’unica data il 18 giugno prossimo all’Arena Civica di Milano… 21 concerti a Londra per gli Sparks (Russel e Ron Mael): nei prossimi mesi di maggio e giugno la band californiana suonerà un loro album a serata. Sono venti i dischi infatti da loro pubblicati nel corso della carriera, e nel corso dell’ultimo concerto faranno ascoltare brani del prossimo disco, in uscita nel 2008… N u o v o a l b u m p e r i M a r s Vo l t a : T h e B e d l a m I n G o l i a t h u s c i r à i l p r o s simo 29 gennaio, insieme a un gioco online¸ Goliath The Soothsayer, basato sul disco… Mick Harris torna con un nuovo album a nome Scorn, a distanza di 5 anni (se si esclude un live pubblicato dalla polacca Vivo nel 2005); Stealth esce a dicembre per Ad Noiseam… Billy Bragg pubblicherà il nuovo disco, Mr Love & Justice il prossimo anno in marzo; prodotto da Grant Showbiz, vede la partecipazione di Robert Wyatt nel primo pezzo, I Keep Faith… Justice in Italia a dicembre: Gaspard Augé e Xavier de Rosnay sar a n n o i l 1 2 a M i l a n o ( M a g a z z i n i G e n e r a l i ) , i l 1 3 a F i r e n z e ( Te n a x ) , i l 4 sentireascoltare 1 4 a N o n a n t o l a ( M O , Vo x ) e i l 1 5 a R o m a ( P a l a c i s a l f a ) , s u p p o r t a t i d a i Bloody Beetroots… To r n a n o i n I t a l i a a f e b b r a i o i r i f o r m a t i S m a s h i n g P u m p k i n s d o p o l ’ a n n u l l a m e n t o d e l c o n c e r t o d i Ve n e z i a d e l l ’ e s t a t e s c o r s a ; s a r a n n o i l 2 a l DatchForum di Assago (MI) e il 3 al Palamalaguti di Casalecchio di Reno (BO)… E ancora anticipazioni live: a marzo anche gli Eels passeranno dal nostro paese, il 7 al Conservatorio di Milano, l’8 all’Auditorium Parco della Musica di Roma e il 9 al MaxLive di Vicenza. Il 14 gennaio, come gia preannunciato il mese scorso, saranno pubblicati dalla Universal due raccolte per celebrare i 10 anni del gruppo: Meet The Eels: Ess e n t i a l E e l s Vo l . 1 è u n b e s t e u n D V d c o n i l o r o v i d e o , U s e l e s s T r i n kets è una raccolta di b-sides e rarità… Il prossimo anno cadrà il ventennale della Sub Pop: ci saranno eventi organizzati a Seattle per l’occasione e una reunion eccellente: quella dei Green River a vent’anni dallo scioglimento (si erano riformati per un’unica occasione nel 1993 durante il tour dei Pearl Jam (con Ament, G o s s a r d Tu r n e r e A r m ) . M a r k A r m e S t e v e Tu r n e r a v e v a n o p o i f o r m a t o i M u d h o n e y, J e f f A m e n t e S t o n e G o s s a r d e r a n o e n t r a t i n e i P e a r l J a m … Il nuovo album dei Silver Jews si chiamerà Loukout Mountain, Loukout Sea e uscirà il prossimo aprile su Drag City… Mr. E A due anni dall’ultimo Aerial, Kate Bush torna con un pezzo, Lyra, incluso nella colonna sonora di un film The Golden Compass in uscita a dicembre in Inghilterra… K e v i n S h i e l d s , T h e J e s u s A n d M a r y C h a i n e i C o c t e a u Tw i n s s a r a n no i protagonisti di un documentario sullo shoegaze, dal titolo Beautiful Noise, diretto dal film-maker losangelino Eric Green, e in uscita il prossimo anno. Il film vedrà anche le testimonianze di Slowdive, Chapterhouse, Ride e Flying Saucer Attack tra gli altri, insieme a interviste a f a n q u a l i R o b e r t S m i t h , Tr e n t R e z n o r e Wa y n e C o y n e … E a proposito di shoegazers, anche gli Swervedriver si riuniranno per un tour nel 2008 dopo quasi un decennio di assenza; la band (il vocalist/chitarrista Adam Franklin, il chitarrista Jimmy Hartridge, il bassista Steve George e il batterista Jez) si era sciolta nel ’98… I Sigur Rós registreranno il prossimo album, il quinto in studio, non presso il loro studio di Sundlaugin ma a Reykjavik,; con loro ci sarà Flood (produttore già di U2 e Nine Inch Nails). Non si sa quindi ancora quando potrebbe uscire il disco il prossimo anno. Il gruppo ha appena pubblicato il doppio Hvarf-Heim… sentireascoltare 5 news a c u r a d i Te r e s a G r e c o To r n a n o i K i l l s s u D o m i n o , a d u e a n n i d i d i s t a n z a d a N o W o w , c o n U.R.A. Fever singolo che uscirà a gennaio, e precederà un album che sarà pubblicato il mese di marzo… I Polvo, scioltisi nel ’97, torneranno a riunirsi in occasione dell’All To m o r r o w ’ s P a r t i e s a m a g g i o d e l 2 0 0 8 , r i c o m p o s i z i o n e f o r t e m e n t e caldeggiata dai curatori Explosions In The Sky. Non saranno al c o m p l e t o , m a n c a n d o i l b a t t e r i s t a E d d i e Wa t k i n s , s o s t i t u i t o d a B r i a n Quast… E sempre nel 2008 sarà il momento dell’annunciata reunion dei My B l o o d y Va l e n t i n e : K e v i n S h i e l d s e i s u o i , s o t t o l ’ e g i d a d e l l ’ o n n i p r e s e n t e AT P, s i e s i b i r a n n o i n t r e s h o w e s t i v i r i g o r o s a m e n t e “ d o m e s t i c i ” : L o n d r a , M a n c h e s t e r e G l a s g o w, r i s p e t t i v a m e n t e i l 2 0 e i l 2 8 g i u g n o , e il 2 luglio. I biglietti sono in vendita a partire dal 16 novembre su h t t p : / / w w w. s e e t i c k e t s . c o m / . . . H e r e ’s To B e i n g H e r e s a r à i l p r o s s i m o d i s c o d i J a s o n C o l l e t t c h e sarà pubblicato in America il 5 febbraio prossimo su Arts & Craft… Beastie Boys È ufficiale: sarà la XL a distribuire in Europa In Rainbows dei Rad i o h e a d , a p a r t i r e d a l 2 8 d i c e m b r e p r o s s i m o . Tu t t o n o r m a l e , q u i n d i ? Non esattamente: l’album, che sul nostro territorio sarà distribuito da Self (promozione Spin-go!), uscirà in formato eco-compatibile: al posto del tradizionale case di plastica, al cd saranno allegati degli adesivi che i consumatori potranno applicare a un case usato; la confezione sarà in cartoncino riciclato e l’involucro sarà di materiale biodegradabile. I formati disponibili saranno CD e LP; niente a che vedere comunque con il famigerato discbox, in vendita direttamente dal sito della band e distribuito a partire dal 3 dicembre. Nel comunicato stampa ufficiale, una nota proveniente dal management ufficiale dei Radiohead precisa inoltre che “essendo l’album scaricabile solo dal sito della band, è impossibile che società esterne abbiano i dati reali sulle vendite”; in altre parole, tutte le notizie circa il successo (o l’insuccesso) dell’iniziativa sarebbero soltanto speculazioni… Sta cominciando a vedere la luce la versione vocale di The Mix Up, l ’ a l b u m s t r u m e n t a l e d e i B e a s t i e B o y s d i q u a l c h e m e s e f a . Tr a g l i o s p i t i c o i n v o l t i c i s o n o M . I . A . , L i l y A l l e n e J a r v i s C o c k e r. E a l d i s c o sarà abbinato un film ricavato dal making of, oltre che dalle riprese fatte in tournée nei mesi passati… Qoob e MTV Italiainsieme a Isbn Edizioni (Gruppo Editoriale Sagg i a t o r e ) p r e s e n t a n o i l D V D + l i b r o Te c h S t u ff – M a n u a l e v i d e o d i m u s i c a e l e t t r o n i c a , u s c i t o i l 1 5 n o v e m b r e ; Te c h S t u ff è l a p r i m a s e r i e t e l e v i s i v a i d e a t a d a u n u t e n t e d i Q O O B , To b o r E x p e r i m e n t , s u l l a musica elettronica, con una serie di mini-documentari a puntate sulle 6 sentireascoltare tecniche, gli artisti e gli strumenti più bizzarri che ne hanno fatto la storia. In collaborazione con Grinding Halt Concerti e SAE Institute, venerdì 16 novembre allo Spazio Assab One di Milano e domenica 18 al Circolo Degli Artisti di Roma si sono esibiti in performance audiovisive i finlandesi Pan Sonic, protagonisti del decimo episodio di Te c h S t u ff , a c c o m p a g n a t i d a l c h i t a r r i s t a e s p e r i m e n t a t o r e g i a p p o n e se Keiji Haino… News dalla EMI: esce a dicembre un box contenente tutti i 14 album dei Pink Floyd realizzati in studio in edizione mini vinile, con fedele riproduzione degli originali LP in CD racchiusi in un box, dal nome O h , B y T h e W a y , d a T h e P i p e r. . . A D i v i s i o n B e l l . I l 7 d i c e m b r e s a r à poi pubblicato un box con i sei album in studio dei Radiohead più il live I Might Be Wrong tutti i CD saranno in edizione Mini Vinyl, packaging speciale che riprende gli artwork degli LP originali e sarà possibile accedere a contenuti speciali sul web, come gli artwork d i g i t a l i i n a l t a r i s o l u z i o n e . h t t p : / / w w w. r a d i o h e a d s t o r e . c o m I n f i n e , A 33 anni di distanza dall’ultimo disco su Capitol, Ringo Starr torna su etichetta EMI con Liverpool 8, prodotto dallo stesso Ringo insieme a Dave Stewart (con cui ha scritto i brani) e a Mark Hudson… Edizione invernale del Primavera Sound Festival di Barcellona alias Estrella Damm Primavera Club 2007: si svolge dal 30 novembre all’8 dicembre prossimi indoor all’Auditori e all’Apollo Halls. Ricco il cast previsto: Thurston Moore, Liars, Earth, The New Pornographers, D e e r h u n t e r, B i s h o p A l l e n , Vo n S u d e n f e d , S t a r s O f T h e L i d s , T h e P o nys, Parts & Labor tra gli altri... Stephen Malkmus And The Jicks Dig, Lazarus, Dig così si chiama il ritorno di Nick Cave & The Bad Seeds, album che sarà pubblicato il prossimo 3 marzo su Anti… Svelato il titolo del prossimo disco di Stephen Malkmus And The Jicks di cui avevamo dato anticipazioni qualche mese fa: Real Emotional Trash uscirà su Matador a marzo… I riformati Jesus And Mary Chain come già annunciato, realizzeranno un nuovo album insieme, previsto per maggio/giugno 2008, non si sa ancora per quale etichetta; il disco sarà preceduto da un box di 4 CD con b-side e rarità che uscirà a marzo su Rhino… Già più volte annunciato, arriverà in aprile il prossimo album dei Portishead, ancora con il titolo Alien che era stato più volte citato… Nuova uscita per Boris il prossimo aprile su Southern Lord: Smile, questo il titolo, vede i contributi degli abituali Michio Kurihara e Stephen O’Malley… sentireascoltare 7 The Lights On... those lone vamps A dispetto dello stringatissimo rep e r t o r i o , i T h o s e L o n e Va m p s s o n o attivi da ben otto anni. Da quando c i o è i f r i u l a n i Vi n c e n t O m a r Tr e v i san (elettroniche e percussioni) e Shawn Clocchiatti-Oakey (all’anagrafe Bruno Clocchiatti, voce, chitarra, tastiere e armonica), entrambi classe ‘76, ne avviarono la vicenda una volta conclusa l’esperienza acustic/wave dei Lingo. C o i T LV i l d i s c o r s o s i f e c e p i ù brusco, incanalato in un solco di opposizione sociale (la critica ai ritmi e agli spazi del vivere metropolitano), culturale (i valori protocristiani che punteggiano i testi - in inglese - come antidoto alla pervadente svalutazione esistenziale) ed estetica. Quest’ultima si concretizza nella bruciante concisione dei pezzi inseriti oltretutto in un flusso sonoro omogeneo, sorta di piece spiritual-blues-folk come p o t r e b b e s o s t e n e r l a u n Wa i t s i n vasato e poco incline al rispetto delle consuetudini ritmiche/strutturali. Il risultato di questo lavorio concretizza nell’esordio Sketches, autoprodotto nel 2004, dieci minuti vibranti e intrattabili che non mancano di stuzzicare certe occhiute etichette underground, soprattutto quella Setola Di Maiale che li scrittura nel 2006. Oggi è tempo di opera seconda, Standards (Setola Di Maiale, settembre 2007, rece sul #37). Appare evidente un addensamento delle trame, una più meditata architettura delle atmosfere che permette di ritagliare parentesi strumentali sbrigliate, liberatori sussulti impro quale contrappunto alle inaudite tessiture melodiche che rimandano 8 sentireascoltare a i C a v e e a i L a n e g a n p i ù s o ff i c i . Stuzzicato in tal senso, il Clocchiatti risponde: “Lanegan è un mio pallino dai tempi degli Screaming Tr e e s , e m i p a r e u n a d e l l e m i g l i o ri voci in circolazione. Riguardo al C a v e s o l i s t a o g n i p a r o l a è s u p e rflua... A loro aggiungerei senz’alt r o S c o t t Wa l k e r : Ti l t è p i ù c h e u n c l a s s i c o , s e c o n d o m e ” . Vi s t a l a disponibilità dell’uomo, l’approfondimento è inevitabile, a partire da quella cosuccia del “cristianesimo delle origini” cui Bruno sostiene di rifarsi. “Molti mi hanno chiesto spiegazioni a riguardo. Penso che la spontaneità espressiva sia sicuramente attinente ai princìpi cristiani. La forma musicale, nel nostro caso, rappresenta più che altro un’urgenza dettata dai ritmi frenetici dei tempi correnti, vorrebbe essere una metafora della frenesia industrial/produttiva d’oggi”. Così è, se ci pare. Idem dicasi per la sconcertante concisione dei pezzi, che fa sospettare una sorta di auto-frustrazione artistica. È più una provocazione o una scelta estetica? “Penso che in realtà si tratti della forma più giusta e naturale, almeno in questo momento. Ripeto quanto esposto sopra: sia io che Omar viviamo a ritmi così intensi che ci sentiamo propensi a rappresentare la nostra (e di molti altri) realtà, senza abbandonarci a forme troppo estetizzanti”. Provo a giocare la briscola sostenendo che in qualche modo mi hanno ricordato i dEUS dell’EP My Sister Is My Clock. “Non possegg o q u e l l ’ E . P. , m a a p p r e z z o i d E U S , trovo che dal punto di vista strettamente musicale abbiano aperto delle strade notevoli. Piuttosto: sicuramente non si evince da quello che suoniamo, ma siamo profondamente legati al suono della prima 4AD, This Mortal Coil in primis. Io personalmente poi ai primi Roxy Music”. Altra caratteristica che corrobora il livello di osticità del prodotto è il ricorso alla tecnica della talking p o e t r y. D ’ a l t r o c a n t o , B r u n o h a pubblicato due raccolte di poesie (Metropolitan del 2002 e Déco d e l 2 0 0 4 , e n t r a m b i p e r L’ A u t o r e Libri Firenze), inevitabile che le due “propensioni” si sovrappongano. Invece, a sentir lui, manco per niente: “Nonostante quanto pensino alcuni, non ho mai fatto parte d e l c i r c u i t o d e l l a t a l k i n g p o e t r y. H o sempre scisso la musica dalla poesia in modo netto. Certo, mi piacerebbe essere uno ‘scrittore’, o comunque scrivere in prosa. In tal senso i punti di contatto con la musica sono ancora minori”. I n e ff e t t i , l e a n t i c i p a z i o n i d e l n u o v o p r o g e t t o B l a c k Ta p e r Ta i g a - c h e vede Clocchiatti in trio con Stefano Giust (boss della Setola Di Maiale) ed il chitarrista Matteo Perissutti lo confermano: mezz’ora di improvpost screziata di visionari riflussi blues, una roba aspra e solenne in cui la voce di Bruno è presenza folgorante ma laterale. È un’altra storia, di cui riferiremo. Così come di u n n u o v o p r o g e t t o , Ti t u s , a l l ’ i n s e gna di - sostiene Clocchiatti - composizioni di “lunga o lunghissima durata, dalle basi acustiche lente ed estremamente sobrie”. Il minimo che ci attendiamo è di rimanere, ancora una volta, spiazzati. Stefano Solventi The Lights On... heliocentrics “Good luck trying to categorize t h e i r m u s i c ” . A l l a S t o n e s T h r o w, il quartier generale di Madlib, ci augurano buona fortuna, perché sanno che gli Heliocentrics sono u n b r u t t o a ff a r e p e r i g i o r n a l i s t i più svogliati. Se negli anni ’90 p a r l a v a m o d i c r o s s o v e r, u n d e cennio dopo siamo ormai abbond a n t e m e n t e n e l p o s t - c r o s s o v e r, i n una terra di nessuno dove i segni musicali più disparati s’incastrano con sorniona malizia. Le musiche più interessanti oggi sono proprio così. Un pout-pourri di elementi, arrangiati in maniera astuta e con la sapienza del senno di poi. La sociologia che ne consegue è chiara. Non siamo più nella modernità, e nemmeno nella postmodernità propriamente detta. Siamo un passo più vicini al caos, ma ciascuno con un sorriso isterico sulle labbra. Ieri c’era Lester Bowie e il suo Avant Pop - Brass Fantasy, oggi ci sono gli Heliocentrics di Malcom Catto e quello che potremmo definire come Av a n t R a r e G r o o v e o a n c h e c o m e Iper Fusion Psichedelia. La messe di ristampe jazz, l’hip hop più deviante, il funk più lussureggiante, le soundtrack più kitsch, la “generazione cocktail” e gli exotismi di ogni latitudine che ritrovano una propria centralità per il nuovo uomo civilizzato dell’epoca Matrix. Gli Heliocentrics sono una formazione che si alimenta da tutte queste radici, si inventa un robusto tronco di sonorità psichedeliche misto hip hop jazz, e fa sbocciare potenti frutti di intricata musica groovedelica da rimanerci immediatamente secchi. Del resto Malcom Catto non lo abbiamo mica raccattato dalle strade due minuti fa. Il Nostro porta lettere di referenza firmate M a d l i b e D j S h a d o w, c h e è u n p o ’ come dichiarare subito di che colpa si è colpevoli. E infatti come ci si può professare innocenti quando tra i verbali che lo incastrano troviamo sulla stampa anglosassone dichiarazioni del genere: “Immagina George Martin e David Axelrood che producono un disco hip hop. Idealmente combiniamo la ruvidezza dei 7” funk, la pesantezza del dub, la spontaneità del free jazz e gli effetti sonori della psichedelia. Non siamo ancora riusciti ad ottenere tutto questo, ma è un risultato che pensiamo di poter raggiungere restando su questa strada”. Per la serie molte idee e anche un po’ confuse, ma dopotutto il loro fascino sta anche qui. Gli Heliocentrics non sono solo Catto. Intorno a lui una formazione di otto persone con un nocciolo strategico costituito insieme a Jake Fergusson (l’uomo al basso) e Mike Burnham (elettronica e d e ff e t t i ) . I t r e h a n n o u n a m a t r i c e comune di ossessioni e interessi. Malcom e Jake sono una sezione ritmica dalla sapienza luciferina e con un mestiere solido, costruito in anni di militanza in sessioni disparate, per non parlare dei Soul Destroyers e come backing band di Dj Shadow per l’ultimo disco, The Outsider. Nel curriculum leggiamo che Madlib è un loro grande fan, tanto che li ha campionati in più occasioni, non ultimo nei dischi a f i r m a Ye s t e r d a y s N e w Q u i n t e t , e se gli apprezzamenti arrivano anche da lui, in costante ricerca di smartness e coolness in giro per il globo mediatico delle musiche di fine-inizio millennio, un po’ di garanzia di qualità c’è a prescindere. Oh no? Certo siamo nel 2007, e nella musica ormai vige sovrana la regola try and buy A testare con le proprie orecchie le qualità di Out There (in spazio recensioni) si rimane immediatamente drogati da un conglomerato di sonorità zuccherosamente liquide, campioni da porno seventies (deep deep throat), jazzismi criminali da thriller morriconiani, bordate di basso iperfunk, attitudini più o meno free. La copertina dell’album lo rappresenta al suo meglio. Un disegno circolare con una miriade di tasselli che concorrono a comporre l’immagine. Proprio come nella musica. Un mosaico senza soluzione di continuità in un disco con tanto di intro e outro, e realmente concentrico, anzi no… eliocentrico! Malcom si professa particolarmente soddisfatto delle qualità umane del suo lavoro, quel taglio analogico e vintage che sa di rétro ma non in modo eccessivo: “Preferisco ascoltare qualcosa con delle grezze emozioni umane, piuttosto che qualcosa che suoni tecnologicamente brillante, ma senza anima”. E probabilmente queste sono le regole che si impone anche quando si tratta di scegliere vecchi dischi funk e soul da ristampare con la sua Jazzman Records. Una sola cosa è certa. Nell’anno in cui abbiamo dovuto aggiornare le pagine dei necrologi con un nome come James Brown, gli Heliocentrics ci danno una pacca sulle spalle, ci rilassano l’animo tormentato e ci aiutano ad elaborare il lutto. Antonello Comunale sentireascoltare 9 The Lights On... yacht Il ragazzo è intelligente e si applica. Se avessimo la matita blu e rossa, potremmo finirla qui; non avendocela, ci tocca il lights on. J o n a t h a n B e c h t o l t , a k a Ya c h t , è uno che credereste di non avere incontrato, ma che probabilmente conoscete già. A me piacerebbe averlo incrociato per strada; non tanto perché di bella presenza o perché accompagnato da belle presenze, quanto perché questo significherebbe vivere, come lui, a Portland, in quel bacino culturale che, giusto per lanciare dalle acque oceaniche due ormeggi a terra, ha allevato e pescato gli Xiu Xiu e i Parenthetical Girls (due pesci di diverse dimensioni, ma che nuotano spesso insieme). Se pure non passate spesso da Portland, forse però l’anno scorso vi siete imbattuti in Bobby Birdman, e nel suo Giraffes & Jackals; oppure, qualche anno fa (nel 2004), avete sentito Magic Wand dei Little Wings. Quest’ultimo nome potrebbe far sentir odore di Devendra nell’aria (magari dopo aver riletto di lui e dei suoi amici su SA). In effetti l’altro elemento per risolvere questo noiosissimo rebus musicologico è proprio Banhart; Jona ha suonato percussioni e batteria in Cripple Crow, così come nei due dischi citati sopra, e pure, per chiudere il cerchio, nei fantomatici gruppi – della durata di un concerto – che Devendra si inventa quando suona coi suoi compagni. Un batterista, dunque? Non proprio; il Nostro si diverte moltissimo con il suo laptop (per efficacia descrittiva, se gli domandate “Mac-user?” vi risponde “Till I die”), grazie al quale condisce 10 sentireascoltare frame ritmici con effetti electro-pop. A cerchio chiuso, prendiamo allora la tangente che ci riporta al punto – e forse qui il senso di déjà vu mancato sarà maggiore; Bechtolt è infatti metà di un gruppo a cui abbiamo prestato una buona attenzione ultimamente, ovvero le (anzi “i”) Blow, dei cui due dischi (Poor Aim: Love Songs e Paper Television) ha curato tutte le musiche. Tracciata il percorso parallelo, passiamo alla navigazione principale. La crociera del progetto Y.A.C.H.T. (misterioso acronimo) nasce nel 2004, quando Jona (neanche venticinquenne) esordisce con Super Warren MMIV (States Rights Records; 6.8/10), fatto di una casiotronicaelectro-dance giocosa ma molto evoluta nella sezione ritmica, speziata di una drill lenta, incastrata da inghippi quasi minimalisti – secondo una rotta simile al primo Dan Deacon (Jonathan Bechtolt, Do You Remember The Summer). I Duemila sono iniziati da un po’, ma Aphex continua a pungolare (Glowing Rock, Melting Bones), con risultati non lontani da Kim Hiorthoy. Jona strizza l’occhio anche all’Europa, e lo farà (rischiando una causa per plagio, ma siamo sicuri si tratti di ironia, o meglio, di mimetismo ludico) anche nella sua ultima opera, come potete leggere nella recensione: il bersaglio non è casuale, i Kraftwerk da Autobahn in poi; The Denver Nuggets usa un retaggio vocale proveniente da quel tecnologismo un po’ decadente, quasi serio; ma da allora questa tradizione non ha avuto grosse soluzioni di continuità – il che non può far pensare a un recupero, quanto al gesto di abbracciare un milieu. N e l f r a t t e m p o J o n a v a i n t o u r née c o n L u c k y D ra g o n s e c o n Bir d ma n , c o n f e z i o n a a l t r a m u s i c a e collabora con il video-artista los a n g e l i n o M a t t C h a mb e rs ; n e e sce M E G A ( M a r r i a g e R e c o r d s ; 6 . 5 / 10 ), u n r i c c o ( m a e c o n o m i c o ) c o f a n e tt o c o m p r e n s i v o d i m i n i a l b u m 10 ” , l a c o p i a i n C D e u n D V D . Tu t t o a d i e c i d o l l a r i d i e c i . L a m u s i c a è si m i l e a l l ’ a l b u m p r e c e d e n t e , u n a ve r s i o n e p i ù l i b e r a ( s v i n c o l a t a n ella c o m p o s i z i o n e d a l f o r m a t o c a n z o ne ) d e l l ’ e s p e r i e n z a B l o w ; a l c u n i v i deo p r o p r i o d e l g r u p p o d i K h a e l a M ar ic i c h v a n n o a d a c c o m p a g n a r e , nel DVD, altri clip di Jonathan e un intero live set. Nello stesso anno Bechtolt produce tre tracce di Classic Battles dei M a n t a , i n t e r v i e n e , s e m p r e c ome Ya c h t , a l l a c o m p i l a t i o n B ro Z one d e l l a S t a t e s R i g h t s ; i n s o m m a , no n h a b i s o g n o d i p a g a r e l ’ o r m e g g i o alla s u a i m b a r c a z i o n e , s e n o n , a l m eno p e r i p r o d o t t i u s c i t i p e r l a r a g i one s o c i a l e s o l i s t a , l ’ a n n o d o p o . È del 2007 il definitivo compimento dei c a r a t t e r i d i J o n a , q u a n d o e s c e Our F ri e n d s I n H e l l , r a c c o l t a d i r e mix y a c h t i a n i d i b r a n i d e g l i a m i c i d i cui s o p r a , o l t r e c h e d i A r c h i t e c t u r e In H e l s i n k i , Tu s s l e , p e r s i n o M i ra h . Il miscelatore è a pieno regime, e ci permette di arrivare finalmente al punto; c’è da stare sereni, a stare a Portland; Jonathan Bechtolt ha un motivo in più per rallegrarsi; quel motivo si chiama I Believe I n Yo u . Yo u r M a g i c I s R e a l , e d è l’ultima uscita (data 2007, in spaz i o r e c e n s i o n i ) a n o m e Ya c h t . N o n solo per simmetria con il titolo, noi crediamo in lui. Gaspare Caliri The Lights On... 3eem 3 Emissioni Elettro Magnetiche. È questo il significato che sta dietro la sigla 3EEM, trio piemontese di Ivrea fondato quattro anni fa dal chitarrista Danilo Corgnati e da Va l e r i o Z u c c a ( n o t o n e g l i a m b i e n t i dell’elettronica come Abstract Q), ai quali si è aggiunto, dopo qualche mese, il saxofonista Fabrizio Bazzoni. Il nome è legato, come spiegano loro stessi, “al fatto che ogni persona possiede un suo campo elettromagnetico più o meno forte e capace di influenzare l’ambiente che lo circonda”. A voler giudicare dalle influenze musicali e dalle passate esperienze, sarebbe stato d a v v e r o d i ff i c i l e i m m a g i n a r e c h e mondi tanto diversi potessero convergere in qualche punto. Danilo si dichiara un fanatico del krautrock, con una giovinezza passata ad ascoltare Fugazi, Bad Brains e S o n i c Yo u t h , s u o n a n d o i n a l c u n e band punk, a volte come chitarrista, altre come bassista, mentre Fabrizio si forma negli ambienti c r o s s o v e r. N e l m e z z o c ’ è Va l e rio Zucca, ingegnere informatico (come Bazzoni), con un passato più che decennale negli ambienti della musica elettronica, dalle esperienze cyber-techno di Neural Coital e Ludwig Elite al jungle ambient del duo Abstract Quadrant. È a lui che viene l’idea di mettere assiem e i l t r i o , c o m e m i s p i e g a : “ L’ i d e a è nata alla fine del 2002 come reazione al lungo periodo durante il quale ho suonato elettronica come Abstract Q. Dopo anni, la voglia di condividere idee con altri musicisti e di poter presentare uno spettacolo live è tornata a farsi sentire e l’utilizzo del laptop mi ha aperto strade nuove. Da questi presupposti il passo è stato breve e Danilo prima e Fabrizio poi, sono diventati membri ufficiali e insostituibili del progetto”. Equilibrio diventa una parola chiave per la musica di 3EEM, nata in bilico tra mondi distanti, tra il jazz e la techno, tra l’ambient e i Cosmic Couriers, tra la materia elettronica e quella acustica. È nel naturale tentativo di far convivere queste esperienze che trova linfa vitale l’esordio del gruppo, Essence Of 3EEM (2005), che esce p e r l a n o s t r a n a S m a l l Vo i c e s . U n disco non certo di facile impatto, complesso, dispersivo a volte, ma interessante. Sonorità elettroniche molto tendenti all’ambient si mescolano alla chitarra e al sax con un approccio che richiama un modo di produrre e un sound tipicamente laswelliani (Reverse). Ma in ques t o a l b u m n o n è d i ff i c i l e r i c o n o s c e re anche echi di cosmische musik che aleggiano tra i brani insieme a spunti di kraut rock. Come nel caso della conclusiva 24 Apes, ventiquattro minuti di deliri cosmicoelettronici, schizzetti psichedelici e ritmiche cangianti, che passano dall’ambient-dub al trip hop. Su questi paesaggi sonori i fraseggi di sax e gli arpeggi di chitarra disegnano figure che si mimetizzano nei suoni elettronici creando impas t i t i m b r i c i a ff a s c i n a n t i . Dopo un inizio così convincente, continuare il cammino diventa quasi un obbligo. I tre si rimettono al lavoro con calma e nel frattempo costruiscono il loro live act, ancora più svincolato dalle forme chiuse. Durante i concerti, infatti, il trio si lascia andare maggiormente agli interventi di manipolazione elettronica, mentre sax e chitarra hanno margine per intraprendere brevi vie improvvisative. Diverso, invece, il lavoro in studio, dove la composizione segue schemi più regolari, come ci tiene a sottolineare Danilo: “Nella maggior parte dei c a s i Va l e r i o c o s t r u i s c e d e g l i s c h e letri di basi su cui io e Fabrizio improvvisiamo qualcosa, registriamo tutto e poi, in fase di riascolto, focalizziamo le idee su ciò che ci sembra valga la pena di lavorare. Più raramente si parte da frasi di chitarra o sax, ma il punto fermo rimane sempre quello di registrare ogni cosa e lavorare di editing succ e s s i v a m e n t e . Tu t t o , i n o g n i c a s o , è suonato in modo da essere riproponibile in una situazione live”. È sull’onda dell’entusiasmo, dovuto all’ottima accoglienza di Essence, che nasce Matilda (in recensioni), un disco più libero, più aperto all’improvvisazione, ma ancora giocato su quegli equilibri di cui si parlava poc’anzi, che qui giocano con la forma e il suo contrario. Frutto del sodalizio con l’etichetta inglese White Label, questo secondo capitolo ha il sapore della piacevole conferma ed ha già un atteggiamento maturo. Ma la fase creativa non sembra essersi esaurita, neanche a lavoro finito, come s i c a p i s c e d a l l e p a r o l e d i Va l e r i o : “Stiamo lavorando a nuovi brani, c e r c a n d o d i s v i l u p p a r e u l t e r i o rmente i concetti racchiusi in Essence e Matilda”. Un futuro pieno di ottime intenzioni. Intanto, però, godiamoci il presente. Daniele Follero sentireascoltare 11 Settlefish FUGA DA WASHINGTON di Manfredi Lamartina I S ettle fish so no torn at i. E lo f anno c on un dis c o ( O h D e a r! , u s c i t o p e r l a U n h i p ) c h e s e g n a u n p u n t o i n p i ù nella sto ria d el p iù a m er ic ano – s ia det t o c om e un c o m p l i m e n t o – d e i g r u p p i i t a l i a n i . P erché i cin qu e b olo gnes i v ant ano un c ur r ic ulum “ s t a t u n i t e n s e ” ( c o n c e r t i , a l b u m p u b b l i c a t i d a D e e p E l m , recension i) di tu tto r is pet t o. O r a, la s v olt a. Dopo u n E P a c u s t i c o ( T h e Q u i e t C h o i r) u s c i t o p o c h i m e s i f a , adess o a rriva il nu ovo lav or o. M eno har dc or e, più p o p , s t e s s e e m o z i o n i . Oh Dea r ! Com e do bbi am o i nt er pretare il titolo? Jonatha n (vo ce , n dr ) : Com e un “ O h cavoli!”. Abbiamo e s c l a m a t o c o s e simili e an ch e pe gg ior i un bel po’ di volte durante la l a v o r a z i o n e d i questo disco. Prog e t t i a n d a t i i n frantu mi, p acch i su pac c hi, s postamenti di date, reg i s t r a t o r i c h e s i rompo no e u n bra no c he non r iuscivamo a rendere s o d d i s f a c e n t e . Oh Dea r è in fatti il tit olo dell’unic a canzo ne ch e a bb iam o las c iat o f uori dal disco (recens i o n e s u l # 3 7 ) . Oh dear è anche una e s c l a m a z i o n e che usava spesso la s o r e l l a d i m i a nonna quando ci ac c o g l i e v a n e l l a sua casa a Lo nd ra dur ant e i t our. C i ved eva a rriva re s em pr e a pez z i e stanchi. È anche u n o m a g g i o a l e i che ora non c’è più. Emilio (chitarra, ndr) : M o i r a ! L a s u a pasta al forno, pur e s s e n d o i n t e r r a d’A lb io ne , era de lizi os a. M a c c a r o n i and ch ee se ! Qu anto è im por ta nt e l a com pon en te ele ctr o nei nuovi suoni dei Settlefish? E: Se ti riferisci al gusto vagamente elettronico dato alle batterie di Summer Drops è “colpa” di John Congleton. Quando abbiamo sentito il missaggio eravamo esaltati perché non avevamo mai pensato a “sentirci” in quel senso. Non ci poniamo delle barriere e così come per il ritmo reggaeton di Head Full Of Dreams, ben venga anche il rullante a “sberla di bud spencer” su Summer Drops. Quando parlo di trovare stimoli parlo anche di queste cose che 12 sentireascoltare avvengono in maniera totalmente inaspettata. E il missaggio del disco, così diverso dal precedente, è stato bello e “stupefacente”. La par ol a p o p è s e mp re s t a t a i n c i sa nel DNA d e l g ru p p o , ma a d e s so sem br a e s s e re u n e l e me n t o preponderante nei vostri suoni. Come se la band si sentisse più libera di esporre se stessa alla gente… J: Sì, decisamente. Credo che una parte grande ce l’abbia Federico, il nuovo batterista. Il nostro modo di scrivere i pezzi non è cambiato più di tanto, ma lui ha mutato il modo di intendere ritmicamente le canzoni, che hanno maggiore distensione. Esalta anche il lavoro delle chitarre. Poi lui e Paul (bassista) suonano assieme da più di dieci anni. Per il resto è solo una naturale progressione del gruppo. Abbiamo questa tendenza ad abbandonare nei nostri set dal vivo i brani vecchi che non ci convincono più. E già del disco vecchio alcune non venivano eseguite. In maniera naturale avviene quindi quasi una selezione. Credo che se prendi 3-4 brani dal disco vecchio era inevitabile arrivare ad Oh Dear!. Wa s h i n g t o n , D i s c h o r d , F u g a z i . Quanta “colpa” hanno (avevano?) nel suono dei Settlefish? E: Al di là della speranza che i Fugazi sfornino un nuovo disco, siccome sono una grandissima band, la loro influenza credo si sia sedimentata in noi. È ovvio che magari un riferimento, anche se piccolo, a loro si senta, ma per il resto ci sentiamo più liberi di una volta. Il ritmo di Head Full Of Dreams è quasi reggaeton. È un genere terrificante, però quando Fede è saltato fuori con questo pattern allora perché no? J o n a t h a n , d a q u e s t o a l b u m l a tua v o c e n e e s c e ra f f o rz a t a . J: Quando i volumi si abbassano non ti ritrovi sempre a urlare per cercare di trovare uno spazio nella canzone (ride). Però credo di essere molto migliorato soprattutto grazie ai tanti live ed alle esperienze con altri musicisti e altri progetti. Sono molto contento del disco. Il fatto di registrare in “casa” con Bruno (chitarrista) mi ha messo completamente a mio agio. Insomma siamo abituati a fare le cose assieme. Ma il matrimonio con Deep Elm è finito definitivamente? J : A s s o l u t a m e n t e . C i t r o v a v amo m o l t o d i s t a n t i d a l c a t a l o g o a t t u ale d e l l ’ e t i c h e t t a e c o s ì a b b i a m o d e ciso d i c a m b i a r e s t r a d a . N o n v o l e v amo v e d e r e i l d i s c o u s c i r e s e n z a l i b r etto e c o n p o c o s p a z i o p e r a r t w o r k . Per f o r t u n a c ’ è G i o v a n n i e l a U n h i p . La p r i o r i t à d e l l ’ e t i c h e t t a è f a r e a n che un bel prodotto. E: E poi anche Unhip è sempre stupefacente. Deep Elm ha fatto il suo tempo senza sapersi rinnovare. Ha sempre più puntato sul nome dell’etichetta piuttosto che alla promozione dei gruppi e questo l’ha uccisa. Ne l v os tr o m ondo i deal e ci sar ebbe spazio pe r l e def i ni z i oni e i generi? Esiste d a v v e r o u n a “ l i n e a ” da rispettare o i c o n f i n i e s i s t o n o solo per esse r e s u p e r a t i ? J: Però, che d o m a n d a . . . n o i n o n c i siamo po sti p ar t ic olar i c onf ini. E: Per an ni c i hanno def init i em ocore , u na d efiniz ione c he c i ha let te ralme nte sb ar r at o una s er ie non in diffe ren te d i s t r ade. Non c i piac cion o affa tto le def iniz ioni, t ent iamo di scrivere c anz oni c on uno s t ile ch e orma i c ons ider iam o nos t r o. Non per nient e a s c o l t i a m o d i t u t t o : d al ja zz, al d ub alla s per im ent az ion e. L’u nico c onf ine da s uper ar e è q ue llo d i fare qualc os a c he c i s t imo li e n on ci annoi. L’indie è morto? Se sì, chi o cosa l’ha ucciso? J: La mia idea di indie è vivissima. E: Oramai qualsiasi cosa è indie anche perchè le major non investono più sul rock, quindi per necessità quasi tutto il rock è indipendente. Per quello che mi riguarda l’indie storico è rappresentato da Pavement, Dinosaur Jr. Fugazi e Sebadoh, band che non centrano nulla, ad esempio con i Maximo Park, che vengono definiti indie. A me piacciono le cose genuine in cui non sento un volersi porre a tutti i costi in un certo ambito sonoro solo perché in quel momento butta così. Se la precedente sentenza può essere presa anche come definizione, trovo che l’indie rock sia vivo, se invece dobbiamo parlare di frangette, cheap mondays e compagnia bella, beh, tutta questa roba passerà e chi se ne frega. Dal vivo siete una band che non si risparmia. Quanto è faticosa la vita in tour? È difficile mantenere la stessa intensità in ogni data? J: Qualche anno fa il gruppo si faceva condizionare dal pubblico. Ora per niente. Abbiamo trovato una dimensione, vedo che in tutte le date siamo sempre carichi. Siamo in cinque, e se uno di noi una sera non è in forma gli altri quattro danno qualcosa in più. Poi essendo tutti impegnatissimi durante la settimana quando ci troviamo per suonare è un modo per stare assieme. Ultimamente c’è un clima di gioia perenne. La vita in tour è perfetta. C’è sempre un momento soprattutto nei tour lunghi dove ti sembra che giri tutto a perfezione, soprattutto intorno alla metà. Poi subentra la voglia di tornare a casa. Noi al momento non vediamo l’ora di ripartire. Voi vi siete definiti un gruppo politico, sotto certi aspetti. Secondo voi nella musica dove comincia l’impegno e dove il semplice slogan? E: Non ho mai particolarmente amato band come i Modena City Ramblers. In Italia è facile presentarsi a pugno chiuso e cantare Bella Ciao perché sai benissimo che gran parte del pubblico va in brodo di giuggiole quando viene premuto il tasto “combat”. Questo atteggiamento secondo me ha anc h e a n e s t e t i z z a t o i r a g a z z i . Va i a l concerto, ti senti chiamare “comp a g n o ” e d e s c i d a l l a s a l a c r e d e n d o di avere partecipato a chissà cosa. Ma si tratta solo di intrattenimento. Noi non siamo comunisti, anche se ci poniamo genericamente a sinistra, ma abbiamo sempre avuto chiaro il concetto di “comunità” e di posti in cui la “comunità” possa esprimersi, come ad esempio Atlantide, che è un piccolo centro sociale situato in un torresotto della cinta muraria bolognese. Le cose nate dal basso, con pochi soldi, ma con la volontà di comunicare hanno sempre avuto importanza per noi. Non ci vedrete mai con le bandiere rosse, ma saremo sempre attivi per difendere il nostro modo di vedere e fare le cose. Che cosa manca all’Italia per guardare finalmente dritto negli occhi e senza complessi di inferiorità le altre realtà musicali europee e internazionali? E : C i s o n o t r o p p i g r u p p i c he si p i a n g o n o a d d o s s o e c h e a m muffiscono i n s a l a p r o v e s p e r a n d o ne l “ g r a n d e c o n t r a t t o ” , c h e n o n a r riverà mai s e i r a g a z z i c o n t i n u a n o a stare in s a l a p r o v e . C ’ è a n c o r a p o ca qualità e m o l t a i g n o r a n z a n e i c onfronti di s u o n i n u o v i o c h e e s u l i n o da quello c h e p u o i s e n t i r e s u l l e r a dio e le tv c o m m e r c i a l i . I n I t a l i a c ’ è gente che s p e r a t o r n i n o g r u p p i c h e suonino t a l e e q u a l e a i M a rl e n e Kunt z, ma i l m o n d o g i r a p e r u n a l t r o verso. Tra l e b a n d c h e i n q u a l c h e mo d o h a n n o u n m i n i m o d i v i s i b i l i t à c’è poca c o m u n i t à , m o l t a d i ff i d e n z a , u n p o ’ d i s g a m b e t t i . E a n c h e s e l a si tu a z i o n e è m i g l i o r a t a c ’ è a n cora molto da lavorare. sentireascoltare 13 Altro TRE È IL NUMERO PERFETTO di Giancarlo Turra A utentica men te e ge nialm ent e “ punk ” , nel s ens o p r o f o n d o d e l l ’ a t t i t u d i n e , s p o n t a n e o e d i r e t t o p a t r i m o n i o di perso ne ch e re sta no s e s t es s e, per c hé s ono qu e l c h e s u o n a n o e q u e l l o c h e s u o n a n o v i v e i n l o r o . E cco p erché Altro ti s ’appic c ic ano addos s o, s m uov o n o q u a l c o s a d e n t r o e h a n n o u n f e d e l i s s i m o s e g u i t o . N on lascia no ind iffer ent i, non appar t engono alle tr o p p e f a c c e a n o n i m e d i o g g i . Quando scrivi di musica, di regola accantoni le idiosincrasie personali e, se proprio non c’è verso, ti affidi a degli espedienti. Ironizzi, circoscrivi, fai il distaccato. Non con gli Altro, band unica in Italia per come suona e di conseguenza divide: si amano o si odiano, li si trova fantastici o inetti (ma da quanto lo stile implica l’abilità tecnica?). Una cosa, tuttavia, non ci si può esimere dal notare: quanto siano autenticamente e genialmente “punk”. Nel senso profondo dell’attitudine, spontaneo e diretto patrimonio di persone che sul palco restano se stesse, perché sono quel che suonano e quello che suonano vive in loro (“Alla volte ti capita di conoscere gente nuova che dice di conoscerti dal primo disco, e allora gli chiedi sempre perché ci conosciamo soltanto ora!”) Ecco perché Altro ti s’appiccicano addosso, smuovono qualcosa dentro e hanno un fedelissimo seguito. Sentiti una volta, non te li scordi. Non lasciano i n d i ff e r e n t i , n o n a p p a r t e n g o n o a l l e troppe facce anonime di oggi. Pesaro, anni Novanta: tre ragazzi ascoltano musica nei “vent’anni e qualcosa” e nello stupore di dischi che cambiano loro le cose attorno. Iniziano come tanti dalla stanzetta di provincia, prima di internet e Myspace (dove - evviva! - non li trovi) e prima dei gruppetti d’incapaci brufolosi che come li spieghi altrimenti. All’epoca, insomma, delle fanzine cartacee spedite per due soldi (così Alessandro Baronciani - cantante, chitarrista e ta- 14 sentireascoltare lentuoso “fumettista” - ha a lungo gestito le sue pubblicazioni: con l’abbonamento postale), quando una certa indipendenza italiana era in divenire creativo oltre i risibili orticelli, quando pensavi che qualcosa stava cambiando e forse davvero è successo (indizio: un loro video - fulmineo e fulminante come la visione dal buco della serratura - finì in rotazione su MTV; poco dopo, Baronciani sedette sul divano di Brand:New a menar per il naso Paola Maugeri, accortasene solo a trasmissione inoltrata: “ Tu t t i e t r e p o s s e d i a m o u n o s p i c cato senso dell’ironia, in maniera differente. Quando siamo in due, ridiamo sempre del terzo che non c’è.”) Si comprano gli strumenti dopo averli avuti in prestito, scegliendoli per la sintonia rivelatrice con l’individuo: la Danelectro leggera che si scorda, il basso secco (wave e grunge: un cerchio chiuso) simil-Thunderbird in mano a Gianni Pagnini e i tamburi di latta cui presiede Simone Sideri. Dal primo singolo registrato in un ristorante abbandonato, lungo la progressiva presa di coscienza del proprio valore si legge una scelta e non una necessità nel girare intorno a una proposta sonora solo apparentemente uniforme. Bisogna vederli dal vivo per capire: salti e canto a occhi chiusi, quel che s’ha da dire è detto con generosa partecipazione e allontanando gratuità ed eccessi. Perché se non hai un “come”, te lo cerchi, lo interpreti a pennello e guadagni il rispetto. Se non è punk, allora i modelli di s t r i n g a t a e ff i c a c i a M i n u t e m e n c h e sono esistiti a fare? G l i a n n i f o r m a t i v i s o n o i m p o r t a n ti e s p e s i n e l d i s t a c c o o g g e t t i v o d ella p r o v i n c i a : S e n s e f i e l d , H ü s k e r Dü, d o l c e “ t r a n c e ” c a l i f o r n i a n a - I n d ian B i n g o , S h i v a B u rl e s q u e - e n u ova o n d a c h e r i a ff i o r e r à , a s s i e m e a l l ’i n t r o v e r s i o n e S mi t h s e u n f i e r o s pi r i t o c h e d i r e s t i d e i F ra n t i ( “ A b b i amo iniziato ad ascoltare Sex Pistols e B u z z c o c k s p r i m a d e i N i rv a n a , p e rc i ò q u a n d o a r r i v a r o n o f u u n a f e sta. E t a n t o t r a s h m e t a l c h e h o r i s c o p e rt o s o l o a d e s s o : a l t e m p o a s c o l t a vo i C o c t e a u Tw i n s .” ) C e r c a t e l i , c h i più e chi niente nel suono ci sono; nell a v i s i o n e d e l m o n d o e d e l l e c ose p e r ò s ì , s e m p r e . B a s s a , d u n q ue, l a f e d e l t à d e l t e r z e t t o i n a u g u rale d i 7 ” : l ’ o mo n i mo ( a u t o p r o d u z i o ne, 1999; 6.6/10) si esprime spiccio ma p e c u l i a r e c o m e l ’ a u t a r c h i c o s plit c o i C o n t ra s t o ( a u t o p r o d u z i o ne, 2 0 0 0 ; 6 . 8 / 1 0 ) e i l c o n c l u s i v o A lt r o ( L o v e B o a t / S m a r t z , 2 0 0 0 ; 7 . 0 / 10 ). Tr a l a f o g a l e g g i i n n u c e l ’ o s s i mo r o c h e s a r à , l e i n f l u e n z e d i c u i so p r a a c c o l t e d e n t r o u n a l v e o B eat H a p p e n i n g e C u re “ i m m a g i n a r i ” , quasi una Manchester trasferita a O l y mp i a , m a c ’ è d i p i ù . I t e s t i s ono i n i t a l i a n o , t r a i p o c h i n o s t r a n i che reggano l’ascolto: istantanee elus i v e d i r a p p o r t i i n t e r p e r s o n a l i che lasciano in sospeso come Raymo n d C a rv e r, p e r i l q u a l e s c r i v er e significava tagliare fino all’osso e d o p o c e r c a r e i l m i d o l l o . C o m e quei cromatismi sottilmente ribaltati sulle copertine dei singoli i particolari “rivela no ” (“C a t t e d r a l e d i C a r t e r è b ellissimo ! Ques t ’es t at e m io f r atello mi regalò l a r a c c o l t a c o n t u t t e le sue poesie : g l i d i e d i p i ù d i u n o sguardo, ma t r o v a i s o l t a n t o p o e s i e che pa rlavan o di lui c he andav a a pesca. Poi, u n a s e r a , m i o f r a t e l l o prende il libro e l e g g e u n a p o e s i a b ellissima . Mi piac e as c olt ar e c anzon i in in gle s e, c er c ando di int uire qu ello ch e dic ono c on quel c he riesco a cap i r e . Ve n g o n o n u o v e a ssociazion i di idee c he non hanno niente a ch e f a r e c o l t e s t o d e l l a can zo ne .”) I t r e t ir ano dr it t o, m entre studio e l a v o r o l i a l l o n t a n a n o nelle metropo l i d a l l e q u a l i t o r n a n o p er scrive re i br ani ( pr ov ar li e r ip rovarli, a ch e pr o?) c he c om paion o sul cd d ’esor dio Candor e ( L o v e Bo at 2 00 1; 7 .5/ 10) . I dis t r at t i lo c ata log an o ne lla v oga “ em o” , c on la q ua le ha b en poc o da s par t ir e per le influenze su d d e t t e e u n a m a t r i c e p rossima a d ei m oder ni Di af r am m a, n on in diffe ren t e a degli Wi r e pr iv at i di britannico a u t o c o n t r o l l o . P e n n a e d esecuzion e es s enz iali t ut t av ia fra nche , n on os t ant e o più pr obabilmente grazie a l l ’ o r d i n a t o f r a s t u o n o , e pifa nie d’u m anit à in f or m at o c anzon e, ria ssun t e nel c or o “ I o c r edevo che noi f o s s i m o u n o , s o l t a n t o u no ” di Pita gor a, c ent oquar ant at r e fragorosi e in n o d i c i s e c o n d i s u b i t o classici. Le f anno ot t im a c om pagnia il senso d ’ a t t e s a s t r o z z a t a c h e a ccen na a sc ioglier s i in Doc um ento I, l’up -tem po f unk c andeggiat o Rip resa, i ma r t e l l a m e n t i s f a l d a t i d i Ca pita le, il g r igior e aut unnale della smithsian a Pe r s a. Seguono altri concerti, tra cui il prestigioso il passaggio ad Arezzo, presupposti di un attesto secondo disco d’importante esito. Della rifinitura di Prodotto (Love Boat 2004; 7.8/10) si occupa Bugo, permettendo il quid che a ff i n a u l t e r i o r m e n t e l a s c r i t t u r a e lo svolgimento rodati dal palco. Ne risultano undici episodi nevroticamente vitali, brevi e viscerali approfondimenti di un debutto cui sottraggono il fiato a volte corto. Lavoro rutilante (Ripasso) e incalzante (alla Gang Of Four senza g r o o v e : R u m b a ) , c o n v u l s o ( I n t e rquartieri) e struggente (Minuto, Ancora) malgrado i diciotto minuti di durata, decolla deciso con la lirica Canzone del Gabbiano; da lì inanella il saliscendi Posta, lascia latente malinconia a innervare Ipotesi e dipinge quadretti di post adolescenza con la sferragliante Astio, ponendo la compassata Circostanza saggiamente in disparte. Dopo la defezione di Simone, fronteggiata con l’energico Matteo Caldari (“Suonava già con noi quando Simone o Gianni non c’erano. È stato sempre il quarto A l t r o . ” ) s i g i u n g e a l “ d i ff i c i l e t e r z o album”, sempre in giro per la penisola con umiltà. Di Aspetto (La Te m p e s t a , 2 0 0 7 , i n s p a z i o r e c e n sioni) illuminano la trasparenza dei suoni e la consapevolezza delle fasi creative, dalla produzione al mixing, dei quali si è occupato R i c o d e g l i U o c h i To k i ( “ I o a n c o r a un po’ di difficoltà a farmi il suono nell’amplificatore ce l’ho. Comun- que è bello scoprire cose nuove quando suoni, soprattutto che puoi fare con le canzoni le stesse cose che fai con Photoshop. È una questione di conoscere i termini: non esistono persone disposte a capire che vuoi una batteria che faccia “tah” e non “tuh””). Cogli echi ben g e s t i t i n e l l ’ a s c o l t o , t a n t o P. I . L . e funk-punk, lontano dalle rotondità “hit indie” di Disco Drive e più fedele alla fonte originaria, più cruda e acuminata ma allo stesso tempo introspettiva. Soprattutto riconosci la maturità unita a un impeto che non viene mai meno anche nei rari momenti riflessivi, quella cifra stilistica personale che è più di tutto riluttanza all’omologazione (“C’erano tanti nomi in lizza per il titolo: volevamo trovarne uno a metà strada tra “candore” e “prodotto”. C’è un momento in cui scopri che puoi far passare per verità una bugia: ti accorgi che le cose hanno un significato diverso, che puoi dire cose non vere e farle passare per reali. Da lì in poi non si è più puri, ma nemmeno corrotti: diciamo che scopri la malizia. Solo che è una parola brutta, non puoi chiamare un disco “malizia”. Poi arrivò “aspetto”, ci piaceva anche perché eravamo sfiniti dalla ricerca ed era quello che stavamo cercando, alla fine.” Come alla fine è valsa la pena aspettare tre anni per degli Altro adulti e perciò fedeli alla loro (non) identità. Del resto, come cantava un “certo” Federico “Chi fa da sé, farà sempre molto più di tre.” sentireascoltare 15 LADYBUG TRANSISTOR l’insostenibile mutevolezza delle ossessioni di Stefano Solventi Innam ora rsi d i tutto , dal lo- f i al c ount r y - s oul, s e q u e s t o s e r v e a m e t t e r e i n s c e n a l ’ a r s s c r i v e n d i d i u n t a l e n t o discre to, d i un qu asi- genio dal pr of ilo s f uggent e. U n o c h e h a s o g n a t o m o r b i d e f a n t a s m a g o r i e p o p b e n p r i m a di Jens Le kma n, n on abbas t anz a int ens am ent e pe r ò d a s e m b r a r n e i l m a e s t r o . P arliamo di Ga ry Olson, uno c he s i s pende gener o s o m a c i r c o s p e t t o , a t t e n t o a f a r e l e s c e l t e g i u s t e , a non ripe tere le in fat uaz ioni s bagliat e. Uno c he s i a c c o n t e n t a d i g i r a r c i / g i r a r s i a t t o r n o : imper do na bile dife tto c he non puoi f ar e a m eno di p e r d o n a r g l i . C orre va no i Novan ta di m ez z o. Cer to, il grunge rimbo m b a v a a n c o r a turgido e truce. Ce rto, il pos t c os pirava malanimi semp r e p i ù a l g e b r i c i e apocalittici. Certo , c e r t o . M a s e dovessimo individua r e i s o v r a n i d e l formidabile e stracc i o n e r e g n o d e l rock in q ue i No va nta di m ez z o, indichere mmo se nz’altr o i Pavem ent , arguti a do rab ili ca zz oni lo- f i all’apice de lla brilla nte zza. I n quant i potevano vantare un a v v i o d i c a r r i e r a con due album stra o r d i n a r i c o m e S l an ted and Enchant ed ( M a t a d o r, 1992) e Crooked R a i n , C r o o k e d R ain (Matador, 1994 ) F u u n a b e l l a scossa per tutta una g e n e r a z i o n e d i rockofili e rocke ttar i, le c ui c ons eguenze più o meno t e l l u r i c h e t e l e ritrovi ancora oggi a d i n f o r m a r e l e emerg en ze ind ie. C osì, a nche u no com e G ar y O l son, cantante, chitarrista e t r o m b e t t i s t a da Brooklyn, con ne l l a t e s t a e n e l cuore tutto u n so gn o pop c he v ibr ava instabile e inco n t e n i b i l e , q u e i brilla n tissimi Pavem ent dov et t er o somiglia re ad u na spec ie d’os s es sione, porca miseria . C o n t u t t a l a loro ca racolla nte , os s ut a, c ont agiosa invad en za . E allor a, e quindi? Accadde che O l s o n d e c i s e d i tener si stretto quel s u o s o g n o p u r cedend o a lle lu sin ghe dei c as c am i colleg e, d eg li sp igo li e degli s t r idori n oise in vo ga . Con im puls iv o entusia smo , ste mpe r ò l’inf at uaz ione passeggera e l’am o r e d e f i n i t i v o , mettendosi a fare il n o c c h i e r o d e i Ladybug Transistor, v a l e a d i r e l u i stesso col non picc o l o a i u t o d i u n manipolo di valenti a m i c i . Il deb utto a rrivò con M a l b o r o u g h F arm s (Pa rk’n ’Ride , 1995; 6. 4/ 10) , tit olo mu tua to da l n om e della r es i- 16 sentireascoltare denz a- s t udi o c h e o s p i t a v a l e s e s sioni della combriccola. Disco che dopo pochi secondi della prima t r ac c ia, W h e e l , t i s p i a n a t a n t a d i quella ruvidità allampanata, tanto di quel caracollare sornione che ti s e m b r a p r op r i o d i v e d e r l a l a f a c c i a da s c hiaff i d i M a l k m u s . I n v e c e , d i e tro all’impertinenza sorniona c’è il ghigno ben più pacioso di Olson, proprio come sotto lo screanzato s b o c c i a r e d i r i ff e c i o n d o l i i a s p r i c ’ è quel sogno che palpita psych-pop e palpitando scomoda suggestioni non meglio definite, infiorescenze am or f e Bea c h B o y s v i a B a rre t t ( Seadr if t ) , s c o n c e r t a n t i a l l u c i n a z i o ni M y Bl oo d y Va l e n t i n e i n c h i a v e wav e f olk ( Tw i c e A L i f e t i m e ) , c o n c r ez ioni k r a u t e S t e re o l a b t r a i r i des c enz e E l f P o w e r ( M a g i c F o r e s t Repor t ) , f ol k p s y c h a t m o s f e r i c o C a l exi co in ( T h e m e To ) L o u t q u a n d o non addirittura lo squilibrio senza appigli dei F l a mi n g L i p s a i t e m p i delle am bu l a n z e g u i d a t e d a i p r e t i ( 95 M iles P e r H o u r ) . Insomma, mettici anche il sistematico ricorso al glockenspiel, alle arguzie di tastierina, ai flauti e agli ottoni, insomma lo capisci che il gioco è ben altro che non un doveroso chapeau agli antieroi di Stockton. Un ventaglio stilistico più frastagliato che strutturato, messo insieme scozzando folate di suggestioni diverse. La filigrana sonica ne esce fin troppo stratificata, spiazza continuamente l’ascolto, disperdendo il fuoco dell’obiettivo appena credi d’averlo azzeccato. Quel che si profila è un patrimonio promettente ma confuso. Che, alla luce degli sviluppi successivi, si rivelerà un clamoroso, affascinante equivoco. Tr a i p r i m i a d a c c o r g e r s i c h e q u a l cosa non andava, ci fu probabilmente lo stesso Olson. La neonata compagine venne infatti del tutto smantellata, ad eccezione del batterista Ed Powers. Subentrarono la chitarrista Jennifer Baron, già nei noise pop newyorkesi Saturnine, il bassista nonché di lei fratello J e ff e l a t a s t i e r i s t a / c a n t a n t e S a s h a Bell. Con tutto ciò, quanto profuso in Malborough Farms non fu certo inutile. Anzi, rappresentò la fortuna della band, giacché si guadagnò le attenzioni della Merge, che scritturò senza tema il progetto Ladybug malgrado fosse un cantiere aperto, dalle prospettive tutt’altro che delineate. Tu t t a v i a e r a p a l p a b i l e u n a q u a lità superiore nella scrittura, una sensibilità capace di sintetizzare e s t u z z i c a r e i p i ù v e l l u t a t i f a n t a smi c h e i n f e s t a n o d a s e m p r e l a c a s a di bambola del pop. Ciò che confermò p u n t u a l m e n t e B e v e rl e y A t o n a le ( M e r g e , 11 f e b b r a i o 1 9 9 7 ; 6 . 9 / 10 ), n e l q u a l e è b e n e v i d e n t e i l t e n t ati v o d i c o r r e g g e r e l a r o t t a , a n c h e se q u a l e i n e v i t a b i l e c o n s e g u e n z a a ff i o r a n o l e t i p i c h e i n c e r t e z z e , g l i ab b o z z i e i r i p e n s a m e n t i d e i l a v o r i di t r a n s i z i o n e . O v v e r o , v e n g o n o p a gati ancora dei pegni fin troppo pesant i a i P a v e m e n t , p e r ò s t e m p e r a n doli con gli ingredienti della nuova ric e t t a , c h e p o i e r a p r i n c i p a l m e n t e la n a t u r a l e a t t i t u d i n e d e l l e a d e r. Vedi q u e l c i o n d o l a r e t r a s p e z i e e z u cc h e r o v a g a m e n t e L e f t B a n k e d i It Wi l l B e A L i f e t i m e . Ve d i l a f o l k w ave d i Yo u r Wa g g i n g Ta i l ( S i n g l e S pa c e ) , d a l p a s s o s g h e m b o e b r u s c o sì m a c o r r u c c i a t a e p a l p i t a n t e c ome g l i e p i s o d i p i ù e t e r e i f i r m a t i d agli Sm a shing P um pki ns nell’epoc ale Mellon Co l l i e And The I nf i ni t e Sa dnes s (usc i t o , p e r l a c r o n a c a , d ue a nn i p rim a) . O ppur e e s opr at tu tto, ved i la t r epidaz ione c onf id en zia le di Ru s hes O f Pur e Spr ing, l’organo frizza n t e l l o , l a t r o m b a e l a chita rrina mor bida, M alk m us m es s o in me zzo tra Scot t Wal ker , Cl i entele e Ma gnet i c Fi el ds. La muta zio ne quindi c ’è, è palpabile an zi marcat a, al punt o c he The Swe dish Lib ra And You c ala s ul t avolo un a so rt a di – pot r em m o dir e - “lo fi confid e n z i a l e ” c h e s c a v a l c a i riferime nti pav em ent iani per c andidarsi quale p l a u s i b i l e p r o n i p o t e d i la ng uo ri Vel vet Under gr ound (q ue lli d i Ca ndy Say s e S u n d a y Mo rnin g, o f co ur s e) . Senz a c ont ar e gli sfacciati a m m i c c a m e n t i a i p r i m i Be lle And Se bast i an ( nella m or bid a allu re psy c h- pop di Windy ) , a l J onathan Ric hm an p i ù p i g r o ( n e l l a calma a pp ass ionat a di St uc k ) o a certe conger i e e l e t t r o n i c h e c o m e uno sgorbio k r a u t r o t o l a t o f u o r i d a l cestino (Fo res t M ar c hing Song) . Massiccio l’u t i l i z z o d e l l e t a s t i e r e q ua li q uin te ir ides c ent i di una r appresentazione t e n e r a e b i z z a r r a , la tro mba com e un r ic am ino in c ifre d ora te co n c alligr af ia f anc iullesca, tutto un f l o r i l e g i o d i r i m b o m b i visionari, spe r s i l a n g u o r i e s o ff i c i croma tismi (s u t ut t e in T h i s O r d e r Is Ta ll). Co m e dir e, il m ar c hingeg no è a vviato e il r um or e del m otore lascia in t e n d e r e u n ’ i n g e g n e r i a inedita. Certo , i l p i l o t a d e v e a n c o r a p ren de re co nf idenz a. Anc he, s oprattutto, coi p r o p r i m e z z i . D’a ltron de , le m anov r e di as s es t amento non e r a n o c e r t o f i n i t e . E d Powers difatti se ne andò, rendendo quindi Olson l’unico superstite della pr im a v e r s i o n e d e i L a d y b u g , d i f a t to sempre più una sua “proiezione or c he s t r a l e ” , p e r q u a n t o r i f u g g i s s e la p a r t e d e l l e a d e r m a x i m o . A d occuparsi dei tamburi arrivò quindi S a n F a d y l , c o m p o n e n t e d e g l i a ff i n i Esse x G re e n , d a i q u a l i p r o v e n i v a a n c he l a v i o l i n i s t a J u l i a R y d h o l m . Fu quindi un sestetto la formazione bas e c h e l i c e n z i ò i l t e r z o o p u s T h e Al be ma rl e S o u n d ( M e r g e , 2 3 m a r z o 19 9 9 ; 7 . 5 / 1 0 ) , t i t o l o c h e r i e v o c a un importante estuario del North Carolina creato dalla confluenza di numerosi fiumi (una metafora?). Già l’angelico languore piano-voce dell’i n i z i a l e O r i e n t a l B o u l e v a r d m e t t e in c h i a r o q u a n t o i l q u i d s t i l i s t i c o collimi oramai con quello poetico, alegg i a n d o c o n u n a r i s o l u t e z z a p l a c ida d a S t u a r t M u r d o c k s p a l l e g g i a to Stephin Merritt. Il lo-fi è ormai una polaroid nell’album della prima comunione. Di Malkmus e del suo c ar ac o l l a r e s c i r o c c a t o r e s t a n o p o che tracce nell’armoniosa flemma Sc ot t Wa l k e r i n a n t i c i p o s u l J e n s Lekma n p r o s s i m o v e n t u r o , m e n t r e le s u g g e s t i o n i b r i t i s h o m e g l i o e u ropee semplicemente impazzano s ot t o f o r m a d i s v a g a t e f a n t a s i e K i n ks in M e a d o w p o r t A r c h , m i s c h i a n d o v apor o s e s u g g e s t i o n i B e a c h B o y s e s in g u l t i S ma l l F a c e s n e l b o o g i e jangl e d i L i k e A S u m m e r R a i n , t r e molando di allucinazioni Stereolab e biz z a r r i e b u c o l i c h e B a r r e t t i n T h e Aut om o b i l e S o n g . Il gusto per la canzone come un cordiale per immaginari esausti c o g l i e l ’ a s s o n e l l a s p l e n d i d a To d a y Knows, una meraviglia di flauti, corde pizzicate, friniti carezzevoli e sibili arguti che va a spegnersi in un prezioso finale bandistico. Sembra d’essere capitati in un miraggio sixties bagnato da una miracolosa patina hi fi, un gioco intellettuale e accorato senza altra velleità che non l’intrattenimento più amorevole possibile con ogni mezzo possibile (vedi quella specie di teatrino di marzapane vaudeville - piano, campanellini, flauto, tromba, sax... - che risponde al nome di The Swimmer). S ’ i n n e s c a c i o è u n a s o ff i c e i d i o si n c r a s i a t r a l ’ a t t i t u d i n e n o sta l g i co / r e v i s i o n i s t a c a r o a l g i r o Elephant 6 - d i c u i i n o s t r i s o n o , c ome dire, s o c i o n o r a r i - e l a f e s t osa p o stm o d e r n i t à d i B e l l e & S e bastian e A p p l e s I n S t e re o . R i s p e t to ai quali O l s o n è “ s o l o ” u n d i s c r e t o crooner d e l l a p o r t a a c c a n t o , c a pa ce p u r t u t t a v i a d i s t r a p p a r s i d a cu o r e e c e r v e l l o a n c h e d i g r e s s i o ni astruse a l l i m i t e d e l g e n i a l e , c o m e ce r te fantasie cinematiche tex-mex à la C a l e x i c o ( l a m i l i t a n z a i m maginifica d i C i e n f u e g o s ) , s t r a v i s i o n i so r n i o n e M e rc u ry R e v ( Va l e O f C a sh m e r e ) o e c h i f i f t i e s i n l i e v e i n c a n t e vo l e tr a m a ( O c e a n s I n T h e H a l l , vicina a c e r t e e s c u r s i o n i b l a s é d e i B e a t le s nei territori latini). I n c h i u s u r a d i p r o g r a m m a , l a sp a r i g l i a t a r o m a n z a b e a t u n po’ valzer u n p o ’ v a u d e v i l l e v e n a t a di rigurgiti b u c o l i c i d i A l e i d a ’s T h e me ( p e r l a v o c e d i S a s h a B e l l ) l a s cia intuire u n u l t e r i o r e a l l a r g a m e n t o d e l ve n t a g l i o e s p r e s s i v o . Q u e l c he si dice un capolavoro. M a l g r a d o l a b a n d s e m b r a sse ormai u n a b a n d v e r a e p r o p r i a , guidata da sentireascoltare 17 un boss gentile e i s p i r a t o , d e c i s o ad oscillare generos o n e l s o l c o c h e at t raversa psich ed elia f olk e lus inghe pop , da re u n d eg no s uc c es s or e a T he Alb ema rle Sou nd non er a af fare da poco. Ci vo l l e r o q u a s i d u e anni pe r Ar gy le He i r ( M e r g e , 2 2 magg io 20 01 ; 6 .9/10 ) , pr ov a dignitosa per quanto frene t i c a , s p i a d e l l a ancor frag ile costituz ione del c om bo imp eg na to a scor az z ar e nel r eperto rio mne mon ico c on v er v e s c apestrata. Stemperan d o l ’ i m p e t o t r a coaguli cha mbe r-psy c h ( T h e G l a s s P ane) e festaio lo te x - m ex ( W o r d s H ang In Th e Air), b az z ic ando r um ba er rebì flemmatica e i m p r e n d i b i l e come u no Sco tt Wa lk er in un s ogno argenta to Clie nte le ( W ooden Bar s ) , farcendo di crema ja n g l e u n s o ff i c e folk qu asi J ay ha wks ( Ec hoes ) , oppure mischiando il p i g l i o s o u l d ’ u n Ji m M or r ison tra sv olaz z i M a m a ’s A n d Pa pa ’s ( Nico Nor t e) , p e r p o i macera re fru tti po s t - m oder ni M er cury Rev in ruspa n t e e m u l s i o n e Magne tic Fie lds (T he Rec lus iv e H ero). I violini e le t r o m b e , o r g a n i tiepid i e ta stie rine v et r os e, s guar di abbacinati e resp i r i o r c h e s t r a l i , tutto quel che occ o r r e i n s o m m a per d are fia to e so s t anz a al f es t oso gioco di rifrazion i p a s s a t i s t e , a l frullato d i a rgu te biz z ar r ie f olk c or roborate dall’estetic a e l e t t r i z z a n t e di una mo de rnità che r is c opr e at tualizzando. Qualco s a , v a d e t t o , s i perde lungo il proce s s o a l c h e m i c o . Si appiattisce nel g i o c o i l l u s o r i o , perch é forse i p ara m et r i s ono t r oppi da co ntro llare , gl i um or i e i t im bri inn esca no vo rtic i br ev i aut or e- 18 sentireascoltare f e r e n z i a l i , s e g n a l i e ff i m e r i d a l p e s o s p e c i f i c o i n s u ff i c i e n t e a p u n t e l l a r s i l’un l’alt r o i n u n d i s c o r s o p o e t i c o or ganic o , f o r t e e a p p a s s i o n a t o come esigerebbero le intenzioni. C o s ì , t r a r i ff a z z e c c a t i s s i m i ( n e l l a k ink s iana I n A C e r t a i n P l a c e ) e s p i gliat a dis invo l t u r a v a u d e v i l l e ( F i r e s O n The O c e a n , F j o r d s O f Wi n t e r ) , la proposta si consuma alla stregua di una int en s a p r o v a d ’ a p p e l l o , a t t ent a quind i p i ù a d i m o s t r a r e c h e non a esprimere, salvo comunque alzare la posta col folk ammaliante e v or t ic os o d i C a t h e r i n e E l i z a b e t h ( t ipo i Fai r p o rt p i ù b i z z a r r i i m m i s c hiat i St er e o l a b ) e q u e l l a P e r f e c t For Shat t er i n g c h e t r a e ff e r v e s c e n ze e malinconia inventa più o meno t ut t o il Lek m a n p i ù v i v a c e . Fu come un’inconsapevole - o forse, chissà, compiacente - dichiarazione di aurea mediocritas, il rifiuto della velleità, del lanciarsi oltre l’ostacolo che pure talvolta ha fatto grandi certe situazioni rock. Gary Olson sembrava accontentarsi della fama di inappuntabile mestierante del pop-rock, capace al più di brividoso entertainement, di crooning appena screziato d’inquietudine. Casomai, ci pensò il successivo T h e L a d y b u g Tr a n s i s t o r ( M e r g e , 7 ottobre 2003; 6.6/10) a ribadire la questione. Non fosse che per la smaccata attitudine Lambchop, così evidente da far ipotizzare una più o meno diretta filiazione d a l l ’ o t t i m o I s A Wo m a n , l ’ a l b u m c h e n e l 2 0 0 2 g u a d a g n ò a K u r t Wa gner e soci apprezzamenti inauditi, sdoganandoli dallo status di band d i c u l t o . Ve d i c o m e q u e l l o s t e s s o stile felpato, indolenzito e disinvolto plasma l’acidula pigrizia di Song For The Ending Day, l’intrigante trama Monkees di Please Don’t Be Long, la signorile apprensione di The Last Gent oppure e soprattutto la floscia arguzia dell’iniziale These Days In Flames. In questo quadro di sostanziale succedaneità, la calligrafia della band si rivela comunque di buona fattura, capace d i c o n g e t t u r e s o u l s o ff i c i e s c r e anzate come uno Style Council s e d a t o S c o t t Wa l k e r ( C h o k i n g O n Air), oppure suggestive e sincopat e c o m e N Y- S a n A n t o n , s o r t a d i f i o re sbocciato nel giardino di confine tra Elvis Costello e Steely Dan. Per non dire del Gram Parsons via M a m a ’s A n d P a p a ’s d i A B u r i a l A t Sea, dei Mojave 3 a braccetto cogli Apples In Stereo di The Places Yo u ’ l l C a l l H o m e ( c a n t a t a d a u n a intrigante Sasha Bell) e dello Scott Wa l k e r s u l l ’ a r c o b a l e n o p o p B a c h a rach/Calexico di In December. S i a v v e r t e l a m a n c a n z a d e l l ’ i n tu i z i o n e s b a l o r d i t i v a , m a c ’ è i l f o n d ato s o s p e t t o c h e n o n s i a s t a t a n e p p ure r i c e r c a t a . S i a m o d i f a t t i a l c o s p etto di un lavoro levigato, che non dif e t t a d i u n a c e r t a i s p i r a z i o n e , con p o c h e c a d u t e - l ’ e s a u s t a G o s p e l , il v e l l u t o c o u n t r y r o c k t u t t o s o m m ato p r e v e d i b i l e d i 3 E q u a l s Wi l d - b i l a n c i a t e d a l l a c u r a m e t i c o l o s a con cui certi brani tutt’altro che geniali s i v e s t o n o d e g l i a b i t i m i g l i o r i , tipo q u e l l a H a n g i n ’ O n T h e L i n e che s c i o g l i e d o l c e z z a e b r i o a l m odo d e i m i g l i o r i B e l l e A n d S e b a s t i an , o pp ure un a S plendor I n The G r as s che fa imp atta r e Byr ds e Sm all Faces n el dio ram a onir ic o alles t it o da slide e org a n o . U n d i s c o q u i n d i senz’altro app r e z z a b i l e , c o l d i f e t t o n on se co nd ar io di una f lem m a ec cessiva, all’in s e g u i m e n t o d i m o d e l l i palpitanti ma i m p a l p a b i l i , f o r s e f i n troppo idealiz z a t i . Ta n t o c h e r i s c h i a d i semb rare u n dis c r et o s opr am m obile, un piace v o l e l e n i t i v o c o n t r o i l lo go rio d ella v it a m oder na. Ebbene, che f o s s e v o l u t o o m e n o , q ue lla se mbrò e s em br a la dim ensione congen i a l e p e r i L a d y b u g Transistor. Co m e b i a s i m a r l i ? N o n s i p uò rimp rover ar e a O ls on di v oler e ssere se ste s s o, non di più e s e possibile non d i m e n o . M u s i c i s t a d a i b uo ni mezzi, innam or at o di quant o a leg gia va in am bit o pop- s oul- f olk ro ck tra i sess ant a e i s et t ant a, epigoni compresi . N o n è c e r t o u n c a s o la su a p arte c ipaz ione f at t iv a all’ultimo la vo ro di Kevi n Ayer s, il per altro no n e ccel s o The Unf ai r gr ound (Tuition Reco r d s , s e t t e m b r e 2 0 0 7 ) . Co sì è , se ci par e. Q uant o al f ut uro, non dovre b b e r i s e r v a r e u l t e r i o r i sorp rese, co m e r ibadis c ono le ultime pro ve . Pr im a l’EP Her e Com e s The Rain ( G r een Uf os / M er g e, d ice mbre 2006; 6. 8/ 10) c on le sue quattro co v e r f i r m a t e d a Ay e r s , John Cale, Tr a d e r H o r n e e d a i G r i n di Nils Lofgre n , t u t t o u n r a p i m e n t o m inim a l e e u n i m p e n n a r s i s t r u g g e n t e, c e n t e l l i n a n d o d e t t a g l i c o n i m p e to misurato, stemperando impeto e amarezza col consueto mestiere. La p r e s e n z a d i J e n s L e k ma n a i c or i d e l l a t i t l e t r a c k p o t r e b b e e s s e r e let t a c o m e u n ’ e m b l e m a t i c a c h i u s ur a d e l c e r c h i o , u n p a s s a g g i o d i t es t im o n e , i l d o v e r o s o o m a g g i o d i un qu a s i - d i s c e p o l o a d u n q u a s i - m a es t r o c h e h a a v u t o s e n z ’ a l t r o i l m e r it o d i a r r i v a r e p r i m a s u l l a s c e n a . Lekman, appunto, può essere preso quale pietra di paragone illuminante. In un certo senso, lo svedese appare libero dall’ansia di appartenere ai codici espressivi che si è scelto, quasi che essi stessi avessero scelto lui. Lo senti nelle sue canzoni, così abili a farsi largo tra le soavi recrudescenze del cuore e tra gli zampilli aciduli dell’allegria. Gary invece, che pure possiede una penna altrettanto capace, sembra muoversi circospetto, attento a non calpestare le tracce sbagliate, a fare le scelte giuste. Lo assillano i dolci fantasmi del passato e le lusinghe del presente, in una giostra febbrile di fascinazioni instabili. Alla fine, Olson si accontenta di girarci/girarsi attorno. Forse per timore di quello che può o può non trovare. In questo senso, il sesto opus Can’ t Wa i t A n o t h e r D a y ( M e r g e / S e l f , 5 g i u g n o 2 0 0 7 ; 6 . 5 /1 0 ) - r e c e n s i o n e s u l # 3 5 - p u ò e sse r e l e tt o c o m e u n a d e f i n i t i v a conferma. I l c o m b o v i a p p a r e o r m a i a p e r to a m o l t e p l i c i i n t e r v e n t i e c o n tr i b u ti ( o l t r e a L e k m a n , g l i a l t r e t t anto affini C l i e n t e l e , A rc h i t e c t u re i n H e ls ink i e A i s l e rs S e t ) , c a p a c e d i m e ta b o l i z z a r e l e d e f e z i o n i e persino le t r a g e d i e ( S a s h a B e l l a bbandona, S a n F a d y l e m u o r e s t r oncato da u n a t t a c c o d ’ a s m a , i d u e vengono r i m p i a z z a t i d a K y l e F o r e ster e Ben C r u m , e n t r a m b i d e i G re a t La k e s ). L a s c r i t t u r a è b u o n a s e n z a p a r ti co l a r i p i c c h i , s e m b r a p e r v a sa da una l e g g e r e z z a d i m e s s a e fragrante, f o r s e i l s o l l i e v o d e l l a m a turità. Nel c o m p l e s s o è u n a p r o v a no n e cce l s a , m a - n e i t e r m i n i c h e abbiamo delineato - inappuntabile. I L a d y b u g Tr a n s i s t o r s o n o u n a b o tt e g a d i s i n v o l t a , a p p a s s i o n a ta , a ffi d a b i l e e a ff a b i l e . C h e s i è r a sse gnata ad essere quel che può. Una d i q u e l l e r e a l t à c h e t u c h iamale se v u o i m i n o r i , r o b a c h e f a sempre c o m o d o t e n e r s i t r a l e p assi o n i d i s c o r t a . P e n s a t e a i M o u n t ain Goats, a g l i E l f P o w e r, a p a r e c c hi d i q u e l l i s o p r a c c i t a t i c h e i d e a l m e n te o fi s i c a m e n t e s i s o n o t r o v a t i a fianco d e l l a c o m b r i c c o l a d i O l s on , a co n d i v i d e r e l a m o r b i d a m u t e volezza di q u e l l e o s s e s s i o n i . Vo l e n d o , p o ssi a mo farceli bastare. DISCOGRAFIA Marlborough Farms (Park’n’Ride, 1995) Beverley Atonale (Merge, 1997) The Ladybug Transistors (Merge, 2003) Here Comes The Rain EP (Green Ufos / Merge, 2006) The Albemarle Sound (Merge, 1999) Argyle Heir (Merge, 2001) Can’t Wait Another Day (Merge, 2007) sentireascoltare 19 Sightings la visione del rumore dal di dentro di Gaspare Caliri A l rum ore pu ò n on es s er c i m ai f ine, m a di s ic ur o c ’ è u n a s t o r i a d i e t r o . A f f ron tiamo , ind ifesi e s enz a t appi per le or ec c hie , l a b a r a o n d a r u m o r i s t a d e i S i g h t i n g s , formazion e chita rra- bas s o- bat t er ia newy or k es e, g i u n t a , d o p o q u a s i u n d o p p i o l u s t r o d i a t t i v i t à , al ses to a lbu m. Sotto la c onc is ione delle lor o par o l e e l a p r o d u t t i v i t à d e l l a l o r o m u s i c a , scopria mo come fare r af f inat e eluc ubr az ioni all’inte r n o d i u n a s e g h e r i a . Tre vent enni a Ne w York Al rumore non c’è mai fine, ma può esserci un inizio e una continuazione, prima che sfumi via nell’indistinto. Il primo avvistamento dei Sightings può essere ricondotto al passaggio di millennio, ma già da qualche anno prima – per la precisione dall’inizio del 1997 – un chitarrista di Brooklyn, Mark Morgan, e un batterista, Jonathan Lockie, si divertono a suonare delle jam insieme. Gli esiti sono ancora ingenui, il sacro fuoco del rumore concede loro solo il fumo; poco importa, perché ciò che è cogente è semmai trovare un bassista che porti a compimento la configurazione che hanno in mente. Per trovarlo, attaccano qualche volantino nei n e g o z i d i d i s c h i d i N e w Yo r k C i t y. Certo, è successo anche a molti di noi, ma di fatto nel loro caso ha funzionato; è il gennaio del 1999 q u a n d o n a s c o n o u ff i c i a l m e n t e i Sightings, qualche mese dopo aver conosciuto Richard Hoffman e il suo basso, cioè dopo aver scoperto in lui il terzo angolo del triangolo. U n ’ a l t r a d i ff e r e n z a c o n i l n o s t r o mondo è che nel giro di qualche mese il trio riesce a esibirsi in qualche locale, producendo gli avvistamenti di cui sopra. È evidente fin da subito che la gravitazione dei Sightings avviene attorno alla trasposizione del concetto di caos in musica, anzi alla produzione senza mediazione intellettuale di un “caosmo” di impatto folgorante, ma debole se sezionato in sede d’analisi. Frega nulla di tutto ciò? Se si trattasse semplicemente di un gruppo 20 sentireascoltare che alimenta una scena – la fantomatica scena noise newyorkese dei primi Duemila – basterebbe la loro presenza massiva; ma sono i tre protagonisti a capire, per primi, c h e i r i ff u t i l i z z a t i s o n o b a n a l i , c h e i l r u m o r e c o p r e d e l l e i n s u ff i c i e n z e , che suonare insieme per andare verso un altrove vicinissimo è un obiettivo che trascende un mood cittadino. Semmai, la scena noise si sposterà in conseguenza alle loro decisioni. Mark decide di utilizzare la sua voce – un lamento direttamente preso da un incrocio tra harsh-nois e e N o - Wa v e – c o m e d e f i b r i l l a t o r e studiato del loro rumorismo, come tramite tra un’esplosione senza direzione e una cascata cacofonica – ma ragionata - verso una formula. Nel frattempo il gruppo fabbrica due cdr che non vedranno mai l ’ u s c i t a u ff i c i a l e ; n e l l a s e c o n d a traccia del primo (ovviamente senza titolo) è proprio la parte vocale a definire un andamento al mostro, ma non c’è solo quello; una riflessione diventa piano piano lampante, e li accompagnerà fino alle ultime realizzazioni; la debosciatezza del frastuono e la tabula rasa della melodia ricordano, più che riferimenti strettamente interni al rock – almeno nella tradizione del classico trio chitarra-basso-batteria – la deriva disumana – ma umana, come un reportage spaventoso – dei Throbbing Gristle degli inizi, quando veramente nulla era concesso all’ indulgenza musicale. Come Genesis e soci, urge creare con l’impatto sonoro deflagrante un ambiente d’insieme – questo, lo diciamo subito ma l’abbiamo già detto (recensione sul #37), in Through The Panama diventerà ancor più evidente. Il rumore dei Sightings sembra quasi descrittivo, non vuole distruggere ma avv o l g e r e n e l l a d i s t r u z i o n e . Tu t t e queste chiacchiere valgono per il 7” untitled del 2000 (uscito per la Freedom From), per la cassetta Live dell’anno dopo (per la Spite statunitense), ma soprattutto per l ’ e s o r d i o u ff i c i a l e d e l t r i o , g i à f r u t to di uno spessore che, appunto, più che di appartenenti a una scena si confà a chi una scena la crea o la ricrea, la rivitalizza. Sightings (Load, 2002; 7.0/10) è proprio questo: un masso lanciato dal cavalcavia su un’autostrada già piena di altri massi, che risultano, dopo l’impatto, polverizzati. Come spesso accade, ciò che più sorprende è la liberazione ancestrale – e quindi quasi primordiale – di una stratificazione di rumore così complessa. Cuckoo è un galoppo primitivista su un appaloos a f a t t o d i M D M A ; Tw o T h o u g h t s è l’estrema sintesi della solita European Song dei VU, al massimo delle sue conseguenze; in Don We s t l a c h i t a r r a s e m b r a u n f o r n o ustionante che continuiamo a toccare non curandoci delle ustioni; il gioco è insomma già quello che renderà famosi – o meglio, ciò per cui sono spesso citati da chi li conosce – e cioè la dissimulazione della strumentazione utilizzata, la più classica come abbiamo già detto, ma la più stravolta, al conto dell’ascolto. In realtà la struttura ritmica di molte canzoni fa pensare a una corsa impervia ma affrontata con mezzi mostruosi. Il valore ritmico degli strumenti sta sopra, anche nelle cadenze più lente, al loro dimensionamento fatto dai feedback. E siamo solo al primo capitolo, per il quale Adam Strohm, della rivista Fake Jazz, dice – con una felice espressione – essere fatto di “two parts brawn and one part brain” (due terzi muscoli, un terzo cervello). Strument i pesanti ident if ica ti non Il 2002 non vede solo l’esordio dei Nostri, ma anche la loro seconda uscita (oltre che un altro intermezzo live, anche quello uscito s o l o c o m e c d r, L i v e a t F r e e 1 0 3 . 9 FM). Si chiama Michigan Haters (Psych-O-Path, 2002; 7.0/10) e ha una chitarra che chiama a rapporto due personaggi illustri, vale a dire Sumner Crane, che triturava l a s e i c o r d e n e i M a r s . L’ i n v i l u p p o di feedback di Brought A Grandfather Clock si interrompe solo per s t a ff i l a t e c h e r i c o r d a n o l a s e c o n d a produzione del gruppo di Cunningham e Crane, quella dopo No New Yo r k , p e r i n t e n d e r c i . S c a v a n d o a n cora nel possibile passato di tanto frastuono, Cargo Embargo (di poco più di un minuto) sembra propendere per estreme putrescenze hardcore. La novità principale è forse proprio la variabilità dei brani – nella lunghezza e negli esiti, che da questo disco sarà sempre più stupefacente, dal momento che compare dentro uno strato costante di rumore. Chili Dog sposa l’atonalità chitarristica con una base ritmica paranoica, che mostra dal- lo spioncino i Liars di This Dust M a k e s T h a t M u d , c o s ì c o m e i Wo l f Eyes e i Boredoms – ma il japanoise è accostamento possibile per molta produzione dei Sightings. I Feel Like A Porche, che pure compariva nell’esordio, viene ripresa e dilatata in una tensione ancora maggiore; del resto, come dice lo stesso Mark, “le canzoni generalmente vengono fuori dalle nostre jam nella saletta prove” (ascoltate la batteria della splendida Guilty Of Wrecking e avrete una sensazione di aggiornamento all’harsch della “New Thing” freejazz newyorkese); il che ci porta a una precisazione: i Sightings non hanno ancora uno studio, ma dovranno aspettare il magnificato Arrived In Gold per averne uno; i risultati si vedranno. Per ora è quasi un bene, che i tre suonino e registrino in uno spazio angusto (e ingiusto); dà ulteriore claustrofobia all’insieme, crea riverberi che miscelano ancora di più gli strumenti, eliminando la questione del leader; fanno intridere le pareti della forza del male, le abbigliano di distruzione prima di fermarsi e riflettere. In ogni caso, nel 2003 arriva Absolutes (Load; 6.8/10), e le cose non cambiano granché. Anzi, forse sì, e qui sta una caratteristica importante dei Sightings. Se la personalità è sempre quella, sembra maggiorata l’attenzione ai particolari, i tempi batteristici trovano angolature che li fanno assomigliare s e m p r e p i ù a r i ff ( R e d u c t i o n ) – e vale viceversa. Un motivo c’è: Lockie suona anche la batteria elet- tronica, che filtra con distorsioni e d e ff e t t i c h e l o a v v i c i n a n o a u n chitarrista. La dissimulazione si complica. Anna Mae Wong è una liberazione che non finisce più, anzi, che non avviene mai; è come nel videogame Doom, la chitarra spara e la batteria segna i momenti in cui il personaggio si muove, con costante – anzi, crescente – timore che la fine si avvicini. Bishops è la techno-detroit del noise; entra in testa e crea squilibri al cervelletto che qualcuno chiamerebbe passi di danza. È tempo di pensare a uno spazio più adatto di una piccola sala prove. Fuori dalla sala, la concisione. Dentro lo s tu d i o , l a r i v e l a z i o n e Urge ora una piccola pausa, un excursus dal baccanale, un breve e meritato riposo per i nostri lobi vibranti. Chiediamoci cosa direbbero i Sightings se gli chiedessimo di parlare di una supposta scena rumorista di NYC. Direbbero forse che non sanno a cosa vi riferite di preciso, e, comunque, che loro non si sentono parte di una scena noise di qualsiasi tipo o provenienza. Spostando la focale, minimizzerebbero sugli effetti, s u l l a N e w Yo r k d i o g g i , d e l l a N o Wa v e d i q u a s i t r e d e c e n n i o r s o n o . D i p i ù : p a r l a n d o d i N e w Yo r k l i m i terebbero l’importanza di viverci nel disagio di subire un costo della vita troppo alto. Se poi gli citassimo il motto “industrial music for industrial people”, memori delle invenzioni dei Throbbing Gristle, ci lascerebbero abbastanza atto- sentireascoltare 21 chi di chitarra e addirittura su un pianoforte (suonato, come esordio della loro collaborazione, proprio d a A n d r e w W. K . ) ; S u g a r S e d i m e n t ipnotizza con un riff da scala blue del basso e poi procede – mostrandoci i suoi ultimi sospiri - al suo sacrificio; Odds On è figlia diretta ancora degli Einstürzende Neubauten (complice il violino di Samara Lubelski dei Sonora Pine) – e suona strano che i tre non li conoscano, se davvero è così. Del resto c’è chi dice che è comune a molti filosofi statunitensi fare invenzioni concettuali strabilianti, ignorando loro che quelle invenzioni sono patrimonio dell’umanità da millenni. Fatto sta che i Sightings non hanno bisogno di inventare nulla, ma di abbagliare, più che con avvistamenti, con presenze concrete, niti ammettendo di non conoscere la musica industriale, specie quella europea. Ecco, togliete il condizionale, perché queste domande le abbiamo rivolte direttamente a Mark Morgan, il quale ci ha risposto con qualche riga concisa. Si direbbe solipsismo, come atteggiamento. Eppure qualche amico c’è. Un esempio? I Blues Control, altra gente materica che tratta col rumore, nella fattispecie dopo averlo comprato barattandolo col blues, appunto. Un altro? Andrew W. K . , m u s i c i s t a c h e d o p o q u a l c h e anno sarebbe diventato produttore di un EP dei Wolf Eyes e – se avete letto la recensione di Through The Panama il mese scorso lo saprete già – dell’ultima fatica (del sudore deve esserci) proprio dei Sightings, data 2007. To r n i a m o p e r ò a t r e a n n i f a , a l l a comparsa del già menzionato Arr i v e d I n G o l d ( L o a d ; 7 . 8 / 1 0 ) . L’ e t à d e l l ’ o r o p e r l o r o s e m b r a e ff e t t i v a mente arrivata, con lo studio, si diceva, ma anche con un riconoscimento che non li relega più a una zona oscurata da Lighting Bolt, No Neck Blues Band e soprattutto Black Dice. I punti in comune con questi ultimi, a essere sinceri, paiono crescere, il che non potrebbe che mantenerli nell’ombra rispetto alla formazione di Bjorn Cope- 22 sentireascoltare land. Ma le diversità sono ben più s o s t a n z i o s e d e l l e a ff i n i t à . L’ e l e m e n t o d i c o n t i n u i t à c o n l a produzione precedente, ma che qui si risolve, nel classico punto di catastrofe, in un passaggio a un livello più alto, è l’analisi materica della percussività degli strumenti tradizionali del rock. Questa volta però, checché ne dica Mark, spaziano davvero in un bacino di musica malata molto ampio. In O n e O u t O f Te n u n a p a r l a t a s i m i l Blixa Bargeld procede, prima di impazzire, su rottami fatti di toc- di cui non si vede l’inizio né la fine. Internal Compass è l’ennesimo (ma in tempi meno sospetti) anello di congiunzione tra i DNA e i (penultimi) Liars; e la finale lunga valchiria di Arrived In Gold, Arrived In Smoke è la definitiva fagocitazione del mondo che sta attorno al trio newyorkese, in primis di provenienza Chrome. Una solidissima conferma che li mette nuova luce e che, forse, li mette di fronte a uno statuto diverso, che ha oneri oltre che onori, specie in relazione al futuro. Olt r e l’or o Facile pensar e c h e o r a M a r k e s o c i a bb ian o q ua lc he diff ic olt à a dar e u n su ccesso re ad Ar r i ved I n G ol d. Oppure, molt o s e m p l i c e m e n t e , s i sono messi a s u o n a r e d e n t r o i l l o r o stud io, aspe tt ando c he la lor o es perienza e una v o l o n t à n o n i n t a c c a t a facessero da s o l e l a s c r e m a t u r a d elle n uo ve ja m in at t es a di em er sion e d ai tre f lagelli. Vengono inta n t o s e g n a l a t i i n u n a recensione su C l e v e l a n d S c e n e – non si capisce b e n e i n b a s e a q u a l e p rincipio – com e la band più per icolosa d’Ame r i c a . A c h i s c r i v e p a r e in ve ce ch e l’i m pat t o di ques t a m usica se rva da c alm ier ant e, s e pensato come sfo g o . C o m e u n p r i n c i p i o o meo pa tico m a pr es o a dos i m as sicce; ok, in q u e s t o c a s o s i c h i a m a d op ing , ma fa lo s t es s o. Sono c omunque disco r s i s u p e r f i c i a l i , a n c h e se tentiamo d i c o m p l i c a r l i . P e r l a cron aca, a bb iam o c hies t o a M or gan se il ru more r ende f elic i, alla lunga, ma, triste m e n t e ( p e r n o i ) , n o n abbiamo avut o r i s p o s t a . I l m i g l i o r e riscontro dei S i g h t i n g s è s e m m a i la prosecuzio n e i m p e r t u r b a b i l e d e l lo ro fare ; End Ti m es ( 2006; Fus etro n, 6 .7/1 0) è p r o p r i o q u e s t o ; a n z i , rispe tto ad A r r i ved I n G ol d t o r n a qualche pass o i n d i e t r o ; a s o r p r e s a non accenna n e a n c h e u n i s t a n t e a continuare la l i m a t u r a d e l s u o n o che il disco dell’anno pr im a ( s eppure senza r i s u l t a t i d i s t e n s i v i p e r l’ascolto); se m b r a p r e s t a r e m e n o attenzione ai p a r t i c o l a r i ; p r o d u c e il marasma e i l f r a c a s s o f o r s e p i ù dirompente di t u t t a l a l o r o c a r r i e r a (The Brain s You Wer e Bor n Wit h) , anche se non d i s d e g n a u n u l t e r i o r e mime tismo gr is t leiano ( Car r y O n) . Il movimento è d o p p i o , l a v i o l e n z a con cu i i tre t r it ur ano i lor o s t r umenti sembr a r i v e l a r e l ’ e s t r e m a resistenza al l a s t a n c h e z z a , c o m e quando si acc e l e r a i l p i ù p o s s i b i l e in autostrada p e r f a r e i n m o d o c h e la ve locità ci s alv i dai c olpi di s onno che sentia m o i n a r r i v o … I n u n a ltro verso, p er ò, End Ti m es p u ò essere letto c o m e i l c a n t o d e l c i g n o dei Sightings c h e f u r o n o , c o n l a fisica lità de l lor o ar s enale ( es em plare, efficac i s s i m o , i l t r a t t a m e n t o riservato da Hoff m an al s uo bas s o in All Th e Sc am s , alt er nat iv am en- te marziale e scosso da elettricità pura), prima di lasciare spazio alle s c elte g i à i n t r a p r e s e c o n A r r i v e d I n G o l d . L’ u l t i m a n u d i t à , s p e c i e i n pr ev i s i o n e d i u n l a v o r o d i p r o d u z i o ne c h e s i f a r à d e c i s a m e n t e s e n t i r e . L’ a m b i g u i t à è p a r z i a l m e n t e r i s o l t a dalla riflessione più ricca che ci ha r egal a t o M a r k M o r g a n : “ Tu t t o q u e l lo che posso dire è che sebbene ogni tanto ci sentiamo frustrati dai nostri rispettivi strumenti, tutti e tre am ia m o a n c o r a l e a r m i c h e a b b i a mo scelto”. End Ti me s è l a d e f i n i t i v a d i c h i a razione d’amore bellico, ma, a ben guar d a r e , a n c h e l a r i s o l u t i v a t a b u la r a s a c h e r e n d e p o s s i b i l e u n ’ a m bientazione nuova, cupa, violenta, ma non necessariamente puntata come un mitra verso qualcosa; è il bulldozer che crea volume vuoto p e r l ’ a r r i v o d i T h ro u g h T he Pa na ma , c i o è q u e l m o n d o n uovo dove n o n s a r à p o i t a n t o s u r r e ale sentire u n a c a n z o n e ; d o v e c i s a rà tutto lo s p a z i o c h e v o g l i a m o p e r u n a Th e E l e c t r i c i a n , c o v e r d i S c o tt Wa lk e r , s c e l t a d a l g r u p p o s o l o p er ch é u n a b e l l a c a n z o n e e p e r c h é ca p a ce d i f a r i n t r a v e d e r e u n l o r o intervento interessante. In quel mondo avranno luogo di esprimersi gli stessi riferimenti che hanno animato, secondo la nostra lettura, tutti i dischi da Sightings a End Times, e qui sta un punto notevole: saranno debiti già pagati, assimilazioni già digerite e ora ricostruite su un humus già loro. Nella musica dei Sightings, adesso, ecco la conclusione, gli avvistamenti non sono loro là, ma noi qua. sentireascoltare 23 3/4hadbeeneliminated sottrarsi di Nicolas Campagnari e Edoardo Bridda Un sottrarsi che si riempie di significati. Minimi, concreti. Folk, magici, psych. Tante definizioni per un collettivo che non ama sentirsi unitario ma multiplo. Eppure un suono che emerge e scompare. Che fa paura anche dietro lo schiaffo di un calore familiare. Un’immagine precisa può ben rappresentare i 3/4hadbeeneliminated, quella della copertina del loro sec o n d o d i s c o A Ye a r O f T h e A u ral Gauge Operation: tenebrosa, crepuscolare, con una fitta trama di alberi scheletriti che potrebbe sembrare una foto scattata poco prima del tramonto, o poco dopo l’alba, fortemente permeata da un clima surreale e decadente, il viso umano che emerge ma al tempo stesso si nasconde sullo sfondo. Vi b a s t e r à a s c o l t a r e u n a t r a c c i a a caso della loro produzione per trovarvi all’interno di quella copertina, impauriti da qualcosa che non conoscete, ma che al tempo stesso vi sembra familiare. E scono in q ue sti g ior ni per la Soleilmoon due dischi p e r i l q u a r t e t t o it aliano d iviso tra Bologna e Ber lino, The ology e The Rel i gi ous Exp erience , rispettiva m e n t e i l t e r z o e qu arto, che rapp r e s e n t a n o u n a sintesi impo rtan te della lor o c ar riera n on ch é di qu elle, m olt o più prolifiche, dei mus i c i s t i c o i n v o l t i . È l’occasion e miglio r e per r iv edere un percorso artist i c o “ d i n i c c h i a ” ma dalla portata già i n t e r n a z i o n a l e . Un’analisi che si è a v v a l s a d i u n a chiacchierata con i m u s i c i s t i s t e s s i , incontrati da l vivo a l f es t iv al Phonoram a 2 che si è t e n u t o a l R a u m di Bologna lo scors o 9 n o v e m b r e , una convergenza/ d i v e r g e n z a d i parole e rifle ssion i c he ev idenz iano, co me me tafo re ideali, le peculiarità di qualcos ’ a l t r o r i s p e t t o alla classica idea di b a n d . D u n q u e un t errito rio ap erto in c ui indagare stile e attitudini. U n l a b o r a t o r i o musical-creativo il c u i d e b u t t o n e sembra una logica p r e m e s s a , u n a 24 sentireascoltare conseguenza per misurare assieme passate esperienze soliste, alcune am piam ent e r o d a t e , a l t r e i n a s s e s t am ent o c o s t a n t e , o m e g l i o u n t u t t o in c os t an t e e v o l u z i o n e . In s olo Partiamo dunque da quest’ultime per c onos c e r e m e g l i o i p e r s o n a g g i della v ic en d a , d a p p r i m a , C l a u d i o Rocchet t i i l p i ù p r o l i f i c o . A l s u o a t tivo quasi una decina di uscite tra c d , c d - r, c a s s e t t e e n e t r e l e a s e d i c ui s i pos s o n o r i c o r d a r e T h e Wo rk Cal l ed Ki t a n o ( B a r L a M u e r t e , 2002) e Da v i d L e e R o t h ( L o n g L o n gChaney, 2 0 0 7 ) , l a v o r i c a r a t t e r i z z a t i d a c o ll i s i o n i p o c o c o n c i l i a n t i , nas t r i m ani p o l a t i , g i r a d i s c h i e s t r u menti classici. Rocchetti sa essere m olt o f is ic o , e p p u r e a c a r a t t e r i z z a r lo al m eglio è u n o s g u a r d o m u t e v o le, mai concettualmente monolitico. Possiede uno spirito dada dal quale germogliano semi di dissacrazione, quello s ber l e ff o f e r o c e e i p e r c i n e t i c o c he è po i l a f i r m a d e l c o l l e t t i v o / label Sonic Belligeranza diretto da Riccardo Balli nel quale il musicista ha gr av it at o p e r u n b r e v e p e r i o d o . A d o g n i mo d o , s e R o c c h e t t i è i l più at t iv o, Va l e r i o Tr i c o l i p a r e i n c ar nar e il s u o o p p o s t o , a l m e n o i n t er m ini di p r e s e n z a d i s c o g r a f i c a . Tr a i l 2 0 0 3 e i l 2 0 0 5 i l m u s i c i s t a s f or na due a l b u m : D i d T h e y ? D i d I ? ( Bowindo, 2 0 0 3 ) e M e t a p ro g ra mm i n g F r o m Wi t h i n T h e E y e O f The St or m ( B o w i n d o , 2 0 0 5 ) , d u e album dagli umori opprimenti al di s ot t o dei qu a l i – m e d i a n t e l ’ e l e m e n t o elet t r oacu s t i c o – s ’ a n i m a n o p a ranoie e ancor più sotto recondite p a u r e . L’ a c q u a s a n t a p a r e q u i n d i as c r iv er s i a l n o m e d i S t e f a n o P i l i a , i l p i ù a ff i n e a l l a d r o n e m u s i c e da u n a p r o d u z i o n e r i f l e s s i v a e m a li n conica. Composizioni le sue, ispir a t e a l l a t r a d i z i o n e m i n i m a l i s t a nel s e n s o p i ù a m p i o , o v v e r o q u e l l a che p a r t e d a L a M o n t e Yo u n g e a r riva a L o r e n M a z z a c a n e C o n n o r s . Tre u s c i t e u ff i c i a l i p e r l u i d i c u i v i c o n sigliamo di recuperare almeno il rec e n t e T h e S u n c ro w s F a l l A n d Tr e e ( S e d i m e n t a l , 2 0 0 6 ) d o v e i l N o str o m a n i p o l a c h i t a r r e e f i e l d r e c o r d i ngs f i n o a i t u b i i n p v c . N o n è u n c aso s e i d i s c h i s o n o s t a t i p u b b l i c a t i per S e d i m e n t a l , Ti m e - L a g e L a s t Visi b l e D o g , e t i c h e t t e a m e r i c a n e d e dite a l l e o d i e r n e f i l i a z i o n i e d i r a m a z ioni del drone. Mu l ti p l e -n a m e I 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a t e d s o n o q u indi u n a f u s i o n e d i e l e m e n t i i n d i v i d u ali, stili propri, tecniche diverse, un ins i e m e d i c a r a t t e r i s t i c h e e p r o s pe tt i v e c h e s e d i e c i a n n i f a , p o t eva r i e n t r a r e n e l c a l d e r o n e “ p o s t - r o ck”, t e r m i n e c h e o g g i p a r e q u a n t o mai f u o r v i a n t e . A d o g n i m o d o , p e r e rr o r e e d o v e r e g i o r n a l i s t i c o , i n c o mu ne con la macroetichetta c’è sicur a m e n t e u n a m a t r i c e s o t t r a t t i v a che l u n g o l a t r a s f e r t a e l e t t r o n i c a d i ta l i s o n o r i t à d i f i n e N o v a n t a v e d e un a m p i o u s o d i f i e l d r e c o r d i n g s , l ive e l e c t r o n i c s , g i r a d i s c h i , n a s t r i , mu s i q u e c o n c r e t e . C o m e è f a c i l e i n tu i r e d a l l e d i s c o g r a f i e s o l i s t e , s i a mo m o l t o o l t r e i l c l a s s i c o q u a d r i l a t ero v o c e - c h i t a r r e - b a s s o - b a t t e r i a , i n un p i a n o t r a s v e r s a l e c h e c o m u n i c a con l e c o s i d d e t t e a v a n g u a r d i e , c h e con l e f i l i a z i o n i d a l c e l e b e r r i m o s u ffi ss o p o s t . N e i 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a te d i r u o l i f i s s i , g i à a m p i a m e n t e d e co s t r u i t i d a b a n d c o m e To r t o i s e , A e - rial M, Gastr D e l S o l e L a b r a d f o r d , vengono qui a l o r o v o l t a s m i n u z z a t i e rein ve nta ti s ec ondo una gr am matica differ e n t e e , s e v o g l i a m o essenziale. S i a m o u n p a s s o i n l à rispe tto al ja z z - r oc k dei pr im i, e ancor di più risp e t t o a i f a h e y i s m i f o l k d i Grub bs e P ajo. C’è s ic ur am ent e l’umoralità ab b a n d o n a t a d i u n M a r k Nelson eppu r e s e n z a c o u n t r y, i l field Recordin g d i u n J i m O ’ R o u r k e senza però i r i c h i a m i p o p u l a r d i u n Ca m oufleur . Inappropriato dunque il facile paragone con tante cose dei Novanta e comunque se dobbiamo per forza trovare un corrispettivo (anche italiano, e pure bolognese, ma non solo), si potrebbero chiamare in causa i monumentali Starfuckers (ora Sinistri) che similmente ai 3/4hadbeeneliminated si nutrono del cadavere del rock per poi risputarlo in forma di vorticoso magma sonoro, cupo e doloroso. Eppure ancora una volta non parliamo di una deriva di loose-loose-jazz coniugato a brandelli di distorsore. E, ancora, non parliamo di postrock e men che meno superband per Stefano Pilia, Claudio Rocc h e t t i e Va l e r i o Tr i c o l i ( a i q u a l i a g g i u n g i a m o i l b a t t e r i s t a To n y A r rabito che completa il quartetto). “In origine c’era l’idea di eliminare la nostra produzione individuale, ispirandoci direttamente all’idea del multiple-name sperimentata in ambito narrativo/letterario dal collettivo Wu Ming, proprio qui a B o l o g n a ” , a ff e r m a Tr i c o l i , “ S i a m o mossi da un senso comune per la musica,infatti ascoltando i nostri dischi solisti ti accorgi come ci sia una comunanza di idee, un filo rosso, mai ovvio, che unisce l’esperienza collettiva a quella solista, fermo restando che le differenze ci sono e rimarranno.” Via F i o r a v a n t i Se abbiamo parlato di un collettivo non convenzionale accennando a Bologna è proprio da qui che partono le vicende che porteranno ai 3/4hadbeeneliminated. Siamo nei primi anni Duemila, periodo in cui il capoluogo vive la sua terminale fase creativa, nonché l’ultimo rantolo delle grandi autogestioni della decade precedente. Ed è proprio al Link di via Fioravanti, simbolo contraddittorio dell’Italia underground dei Novanta, fiore all’occhiello di tutta una scena elettronica, che i futuri membri del gruppo/collettivo si frequentano e approfondiscono tematiche musicali. Il centro sociale non è altro che il corrispettivo d e l l a S PA P u b l i c I m a g e , s o l d i a p a late e buchi da tutte le parti, gente c h e c i v a p e r c h é è u n c o ff e s h o p e gente che va a ballare la techno di Detroit, gente indie rock che ci trova i Dirty Three e gente che c i v i v e , s u o n a e m a n g i a . Va l e r i o , Claudio e Stefano s’incontrano in quest’ambiente ideale playground della loro musica. Non il Link affollato della marmaglia senza volto, ma quello ancor più enigmatico della sua architettonica essenza: decadente, abusata prossima allo smantello. Baraccone a picco dove sguazzano squali e anime perse che di lì a poco sarà raso al suolo per farci il Comune di Bologna. “Stavo registrando a casa mia il di- s c o B e M i n e To n i g h t d i D e a n R o berts quando un giorno si presentò Stefano che doveva registrare una parte di basso per quel disco. Dean quel pomeriggio non si fece vedere e allora cominciammo a parlare e a suonare. Lì nacque l’amicizia che mi portò a registrare anche il suo d i s c o s o l i s t a ” . L’ e x h a r d c o r e k i d Claudio Rocchetti si aggiunge da lì a poco in corso d’opera. “La denominazione 3/4hadbeeneliminated ancora non esisteva, era una cosa d i c i a m o i m p u r a ” , r i c o r d a Va l e r i o , “si fece questo concerto per Superfici Sonore di Ixem, in cui suonavamo io e Renato Rinaldi. Poi si aggiunsero Stefano, Claudio e pure Andrea Belfi, anche loro presenti alla jam”. S e g u e i l p r o v e r b i a l e p e r i o d o d ’ a ss e s t a m e n t o i n c u i p r e v a l e la volontà d i t e n e r e n e l g r u p p o i “ b olognesi”, o v v e r o Tr i c o l i , P i l i a e R occhetti e c o s ì i n i z i a n o l e s e s s i o n d e l d e b u tt o n e l l o s t u d i o d i v i a P a olo Costa ( s e m p r e a B o l o g n a ) c h e d iventerà il c r o c e v i a d i m o l t i d i s c h i p iù o meno c o l l e g a t i c o n i 3 / 4 . L’ a l b u m , o m o n i m o , è u n a r a c c o l t a e s s e n zi a l e , m o l t o v i c i n a a l l e i n s t a l l a z i o n i a u d i o ch e d a l 2 0 0 3 c a r a t t e r i z z a n o i l Raum, lo s p a z i o g e s t i t o d a X i n g , f r a n g i a d i ss i d e n t e d e l L i n k p e r l a p roduzione c u l t u r a l e c o n t e m p o r a n e a . Pa r l i a m o d i m i n i m a l i s m i e c o n c r etismi ma se si volesse semplificare parlerem o d i k o s m i s c h e m u s i k aggiornata a l l e i s t a n z e d i u n ’ e t i c h e t t a come la To u c h ; ( p e n s a t e a l R a f a e l Tor a l di Vi o l e n c e O f D i s c o v e r y And Calm O f A c c e p t a n c e a d e s e m pio). E se q u e s t o p u ò e s s e r e v e r o per pezzi c o m e i n G e t s e m a n y F i e l ds Under sentireascoltare 25 d i v a r i a l u n g h e z z a i n p v c . I l CD e s c e u n a n n o d o p o p e r l a B o wi n d o ( 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a t e d ; 6 . 5 / 10 ), p i c c o l a - m a g i à b e n a v v i a t a - eti c h e t t a f o n d a t a d a G i u s e p p e I e l asi, Domenico Sciajno, Alessandro Bos e t t i , R e n a t o R i n a l d i e d a l l o s t e sso Tr i c o l i n e l 2 0 0 3 . È s t a t a “ u n a s c elta m o l t o u t i l e ” , r i c o r d a Va l e r i o , “ a l tr i m e n t i n e s s u n o c i a v r e b b e d a t o vi s i b i l i t à . A n z i a b b i a m o g u a d a g n a to una certa notorietà nel settore”. Tr a s c e n d e n z a Impossib le Rain , c ’è pur e un’incursio ne p rop riame nt e r oc k in Bedrock, che vede a n c h e l a p r i m a parte cipazione alla b a t t e r i a d i To n y A rrab ito, fig ura ch e div ent er à m em bro effettivo del gru p p o ( a n c h e s e part-time ) a comin c iar e dal dis c o seguen te. Di fatto, in questo p e r i o d o e f i n o a l completa men to d ell’ album , la band rimarrà un pro ge tto da s t udio di r egistrazion e. “Il prim o d i s c o n a c q u e pratica men te n el p ieno ar t if ic io, 26 sentireascoltare l ’ u n i c o m at e r i a l e s u o n a t o e r a n o un paio di session improvvisate di elettronica noise riduzionista che c oinv olgev a n o m e e C l a u d i o ” , a f f er m a Tr ic o l i . U n a p i c c o l a t e s t i m o nianza di queste session rimane in St anding P o s i t i o n . Q u a n t o a l l e restanti tracce sono state perlopiù suonate in maniera indipendente: Benc h/ Fr oze n s e g u e l e m i n u t e r i e c onc r et e t i p i c h e d i Va l e r i o , m e n t r e M y Sm a l l e s t E g o c o m p o s t a d a Stefano, imposta droni con tubi I l d e b u t t o a r r i v a n e l l e m a n i d ella H ä p n a e t i c h e t t a s p e c i a l i z z a t a in m u s i c h e c h e f o n d o n o i m p r o v v i sa z i o n i a s u o n i a n a l o g i c i e d r o n e mu sic, un ideale approdo per il quart e t t o , s o t t o l a l a b e l s v e d e s e v errà p u b b l i c a t o A Ye a r O f T h e A ural G a u g e O p e ra t i o n ( H ä p n a , 2 0 05; 7 . 5 / 1 0 ) , i l p r i m o v e r o a l b u m del g r u p p o l e c u i s e s s i o n e r a n o t u t t a via i n l a v o r a z i o n e d a l 2 0 0 4 . ” N e l p r imo d i s c o è i m p o s s i b i l e d e c r e t a r e ch i s u o n a s s e c o s a , c ’ è s t a t a q u i n d i una focalizzazione maggiore su quello c h e s i s u o n a v a d a l v i v o . I n i z i a v ano a d e v o l v e r s i a n c h e a l t r i a s p e t t i che h a n n o a c h e f a r e c o n i l m o d o d i ge s t i r e i l p a l c o , l a d r a m m a t i c i t à de l l a p e r f o r m a n c e l i v e . I l d i s c o n a sce d a s e s s i o n m o l t o p i ù r i c c h e . L’ el e m e n t o d i b a s e , d e l l a g r a n p a r t e dei brani, è la loro struttura, ideata a partire dalle dinamiche del suono l i v e d i a l l o r a . Q u e s t o r a p p r e s e nta un scarto importante che rende il tutto più visionario”. C o n Ye a r O f T h e A u r a l G a uge O p e ra t i o n c o m i n c i a a s v i l u p p arsi u n a s o r t a d i l i n g u a g g i o t i p i c o dei 3 q u a r t e r s c o n u n a p r e p o n d e r a nte p r e s e n z a d e l l a c h i t a r r a a c a r a tte r i z z a r l o ( Wi d o w e r ) . A n c h e l a v oce d i Va l e r i o , p u r a v v i c i n a b i l e a d uno s t r u m e n t o s u p p l e m e n t a r e , c o m i n ci a a r i t a g l i a r s i u n o s p a z i o a l l ’ i n t e rno d e l l ’ e c o n o m i a s o n o r a . I n o l t r e l u ngo l e t r a c c e s i a p r o n o s p a z i p e r d i va gazioni più “muscolari” come Monk e y Ta l k c h e s e m b r a q u a s i u n i n cr o c i o t r a i S u p e rs i l e n t e i To rt o i s e ; senza contare quella voce che riecheggia direttamente i This Heat, d i c h i a r a t a i n f l u e n z a d e l g r u p p o . In I n E v e r y Tr e e a H e a r t a c h e t r o v i amo t r a c c e d i S i g u r R ò s s e p p u r a f o ni e i n s o l i t a m e n t e a f o s i : “ s p e s s o c i ca - pita q ue ll’asso c iaz ione, l’unic o pr oblema è che so n o u n g r u p p o c h e n o n conosco e ch e p e n s o d i n o n a v e r mai sen tito”. As s oc iaz ioni e s im ilitudini a parte q u e s t o è i l d i s c o c h e fotografa i 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a t e d in un moment o d i g r a n d e c o e s i o n e do ve il sin cre t is m o delle f ont i e degli stili si fond e i n u n a s e q u e n z a d i tracce ch e solo per un v ez z o di editing si trovan o d i v i s e . È u n g r u p p o solido quello c h e e m e r g e , c a p a c e di scrollarsi d i d o s s o u n a p e s a n t e eredità di rice r c a , e v i t a n d o c o s ì d i risu ltare n oio s o o v uot o, o la c las s ica men ata intellet t ualoide. Theology e The Religious Experience testimoniano una maturazione, ma anche un ampliamento dello spettro di ricerca. I 3quarters attuali si posizionano in un continuum tra psichedelia scura e un folk minimal, di chiara matrice trascendente. Ancora spettri e catalogazioni e non ci rimane che accennare a un futuro che ancora non è scritto ma che una traccia potrebbe avere. “Finora non siamo riusciti a organizzare delle session con Oren Ambarchi. Purtroppo la mancanza di tempo e la distanza non ci permettono ancora di approfondire un qualsiasi discorso”. Doveroso ricordare che Oren è un vero e proprio ambasciatore della causa 3quarters in Australia, dove i dischi del collettivo italiano stanno andando benissimo. È una probabilmente premessa. Un possibile domani. Di sicuro il quartetto partito in sordina solo cinque anni fa si è rivelato una delle più interessanti proposte nostrane e non. Se non ci credete andate a verificare le playlist 2006 dei redattori dell’autorevole The Wire. Teologia Le tappe successive passano dunque per gli Stati Uniti: il boss della Soleilmoon (label americana che nel corso degli anni è diventata un piccolo faro per la fetta più scura e scontrosa della sperimentazione rock Lustmord, Steve Roach, Vidna Obmana, Rapoon, The Hafler Trio, :zoviet*france:), sente un loro brano per radio (!) e contatta via mail il gruppo chiedendo loro se fossero interessati a realizzare un CD e un LP per l’etichetta. Nel frattempo, tra settembre e ottobre 2006, il gruppo intraprende un tour europeo, nel quale si esibisce in solo anche l’amico Andrea Belfi. La popolarità in Europa cresce, è l’ideale prefazione all’accoppiata Theology e The Religious Experience (in spazio recensioni). In questa sede anticipiamo che la questione Collettivo vs. Individualità subisce un ulteriore aggiornamento. “Il mio disco solista si sarebbe potuto chiamare Theology come quello di Stefano o di Claudio, è un’esperienza individuale ma anche molto collettiva”. Ci racconta Valerio. E i due dischi sono più che mai un corpus unico e maggiore coeso. “C’è stata una volontà specifica in tal senso, il nuovo disco ha degli elementi quasi operistici per come è stato pensato e costruito e per come sono state arrangiate le parti. Ad esempio, l’arrangiamento armonico e melodico e la sua integrazione con l’arrangiamento elettroacustico, è stato particolarmente curato. Anche il frequente utilizzo di voci è stata una decisione estremamente consapevole”. sentireascoltare 27 vampisou WILCO Musica mas caliente di Giancarlo Turra C a r r e l la t a s u l l a s p a g n o l a Vampisoul, che da una decina d’anni s i d e d i c a c o n p a s s i o n e e sfrenata disposizione al divertimento alla r i s c o p e r t a d e l l e f ra n g e m e n o n o te d e lla “ b la ck m u sic”. I n q u e l l a S p a g n a g io va n e p e r d e m o cr a zia co n q u ista ta e s pi r i t o p o p o l a r e h a n n o ca p ito tu tto d o p o a ve r r e a lizzato il v a l o r e d i g e n e r i d i me n tica ti, r e le g a ti a m e r e str a n e zz e d a l l a c r i t i c a p iù le g a ta a l r o ck tr a d izio n a le . sentireascoltare 29 È un m ondo caliente Willie Bobo A volte viene da benedirlo, l’arrivo sul mercato del digitale. Ricordate? Al crepuscolo degli Ottanta il CD prese il posto dell’amato vinile tra le vaschette dei negozi e sui nostri scaffali. Parve allora una rivoluzione definitiva, e conseguenze devastanti ne ebbe (come ne sta avendo, di gran lunga meno positive, l’era dell’mp3) Per tagliar corta una faccenda complessa e che porterebbe fuori dal seminato: la “sindrome da ristampa frenetica” innescata per risollevare un mercato in crisi ha permesso la riscoperta di gioielli dimenticati, ha ridefinito panorami storici dalle evidenti ricadute sui ricorsi stilistici della musica. Generi e fenomeni sono stati messi in discussione e altri, senza il fatidico dischetto argentato, sarebbero stati implausibili o assai differenti. Lì, nell’intricato sottobosco di etichette specializzate (un qualcosa tra il lavoro dell’archeologo e quello del bibliotecario) tantissimi sarebbero i nomi benemeriti su cui indagare, in numero pari agli sciacalli e i disonesti. Nello specifico, puntiamo qui di seguito i r i f l e t t o r i s u l l a s p a g n o l a Va m p i s o u l , c h e d a u n a decina d’anni circa si dedica con amore, passione e sfrenata disposizione al divertimento alla riscoperta delle frange meno note della “black music”, ma non solo. Etichetta esemplare, per come - in quella Spagna in netta ascesa, giovane per demo- Tony Allen crazia conquistata e spirito popolare - ama la vita davvero e senza compromessi. Serve una prova? Prendete il logo: la vampira che più arrapante non si può è ricavata da un modello in carne e ossa, quella Lina Romay moglie e “ispiratrice” di Jess Franco, regista spagnolo di horror erotico attivo nei Settanta. Un cerchio che si chiude, anzi d u e : l a c o l o n n a s o n o r a d e l s u o Va m p y r o s L e s b o s fu pubblicata nella seconda metà degli anni ’90 con un discreto successo. Insomma, in quel di Madrid hanno capito tutto dopo aver realizzato il valore di generi dimenticati, relegati a mere stranezze dalla critica più legata al rock tradizionale e schiava dell’anglofilia. Ecco gli eroi del soul cui riconferire valore (Betty Davis, Ruth Brown, Johnny Adams…), affiancarsi allo sfrenato “latin bogaloo” e all’interpretazione/contaminazione di funk e soul in chiave sudamericana, blocchi di partenza per una festosa, colorata sarabanda cui partecipano Carl Tjiader col suo pop orchestrale, la solarità percussiva di Mongo Santamaria, la musa “twee” ante litteram Claudine Longet e i progenitori della militanza hip hop Last Poets, m e n t r e To n y A l l e n o s s e r v a e d e c i d e d i a g g r e g a r si. Qualcuno deve pur farlo, questo lavoro, e non è affatto sporco, credeteci: c’è tanto da divertirsi. Con la certezza che chi questi dischi li pubblica, si diverta altrettanto o più dell’ascoltatore. 30 sentireascoltare In tanti, troppi si riempiono la bocca con quella par o l i n a m a g i c a , s v a l u t a t a d a l l ’ a b u s o : “ s t i l e ” . Ve r o è che ognuno ha il proprio (alcuni quello che si meritano…), ma se al vocabolo associate la cura per il dettaglio e un approccio all’esistenza che si ragg r u p p a n o a t t o r n o a l l a m u s i c a , a l l o r a Va m p i s o u l è materiale per i vostri denti. Del resto, come insegnavano i Mods, ogni scelta estetica rappresenta un mezzo di comunicazione sociale, fondamentale per i gruppi di aggregazione giovanile e il loro reciproco riconoscersi. In questo, la label ispanica m o s t r a s o m i g l i a n z e c o n l a Ta l k i n ’ L o u d , s e b b e n e l’attitudine alla pura riscoperta abbia mantenuto il catalogo lontano da modernizzazioni artificiose e s t e r i l i f o t o c o p i e d e l l o i e r i . Vi c e v e r s a s i m i l e l ’ i n t e razione tra antico e moderno: ci volgiamo indietro e - con la coscienza d’essere nel terzo millennio - si riporta alla luce un meritevole passato, propagandandone la scintillante gioia di vivere in modo adeguato. Con agilità e la giusta dose di ironia, cioè, senza tralasciare i singoli dettagli e setacciando con rasserenante malinconia i “bei tempi in cui”. Lo certifica l’interesse dell’etichetta verso il formato del trentatre giri in vinile su cui viene in ogni caso edito il catalogo, optando per tirature limitate e il fatidico materiale vergine da 180 grammi. Fisime f r e u d i a n e d a c o l l e z i o n i s t a t e r m i n a l e ? Tu t t ’ a l t r o : i l gesto è da interpretarsi alla stregua di una preziosa valutazione dell’oggetto artistico in sé, la cui natura seriale si salda al contenuto in una miscela rara in tempi di svilente downloading. Eh sì, perché potete a n c h e s c a r i c a r v e l i , i d i s c h i Va m p i s o u l , m a b e n p r e sto cederete all’acquisto vinti dal fascino delle note di copertina, delle grafiche capaci d’evocare intere epoche, del sentire unificante che abbraccia ogni uscita. Quell’equilibrio tra antico e moderno di cui sopra emerge in modo preponderante, allorché scavo e propagazione del verbo vanno di pari passo: intensa è difatti l’attività dei dj della label nell’ambito dei più ricettivi club d’Europa. Come dire: adoriamo la musica “di una volta” ma teniamo le orecchie puntate sull’attualità. Il bisogno di gente con quest’attitudine lo si percepisce, assieme alla necessità di label in possesso di una distinta identità che emerga d a l m a r e d e l l ’ o m o l o g a z i o n e o d i e r n a . Va m p i r i z z i a m o l’anima, insomma, e meno male, perché il valore di certe sonorità non va dimenticato, si deve tramandare. Nel suo vasto raggio d’azione, lo sforzo porta infatti gli spagnoli a consegnare qualcosa che abbia un sempre un senso, privo della fastidiosa sindrome del tappabuchi; nella peggiore delle ipotesi, vi trovate in mano gradevoli curiosità o sfizi storici, rare eccezioni in un inventario dalla media elevata e prossimo a raggiungere le tre cifre. Che altro aggiungere, allora se non esortarvi a mettere in casa quanto più catalogo potete? A prescindere dal “nostro” meglio riportato qui sotto - da intendersi quale mera guida a un primo approccio - godrete all’infinit o , o p o c o m e n o . Q u e v i v a Va m p i s o u l ! Iñigo Munster St ile è lo stile , moda è la mod a sentireascoltare 31 Le major, A A . V V. - C r a s h O f T h u n d e r Rac c olt a c he as s em bla s i n g o li pubblicati da etichette poco note ma dedite a bollenti funk e m as s ic c io s oul c om e K i n g , Feder al e Del uxe. Uno s cr i g n o r ic olm o di gem m e, per l’e s e m plificazione del quale valgano est remi come la stradaiola Chopper 70 di Wayne C o ch ran e u na sq uilla nt e c ov er di Fev er di M ar i e Q u e e n ie Ly ons. A A . V V. - A c t i o n S p e a k s L o u d e r T h a n Wo r d s Dal 1967 al 1970 anche la SSS raccolse sotto la sua egida un rhythm & blues in transito verso lo smargiasso funk dei primordi. L’ A d a ms i m p l a c a b i l e d i I D o n ’ t Wo r r y M y s e l f e u n a B e t t y e L a v e t t e g i o v a n e m a g i à g r a n d e e f u m i g a n t e i n D o Your D u t y i n o m i p i ù n o t i d e l l a c o m p a g n i a , s p e s s o s o r p r en dente il resto. AA. VV. - Expl osi vos Fav olos a c r onac a del d e f l a gr ant e s uono “ bogaloo” di S p a nish Harlem, con singoli pescati tra le label simbolo di genere ed epoca (dal 1966 al 69 circa: Fani a, Ti co, Cot i que, Al e g re ) . Festa immensa e non poteva essere altrime nti, c on int r at t enit or i del c alibr o di J o e C u b a, Eddie e Cha r l i e Pal m i er i , Ti t o Puent e… A A . V V. - I n S e a r c h O f T h e Cool Un perfetto riassunto stilistico per la label madrilena: funk a bagno nella latinità, soul cantato in spagnolo, rumbe a braccetto dell’errebì e chi più ne ha ne m e t t a . Ta n t o l o n t a n o d a “ k i t s c h ” e “ c a m p ” q u a n t o i l p o l o d a l l ’ e q u a t o r e , f a c c e n d a q u al i tativamente assai seria e al pari impareggiabile. AA. VV. - G et t i n’ Soul f ul Alt r o c om pendio dei gener i m a n e g g i a t i d a l l a Va m p i s o u l , i d e a l e punto di partenza che conquista e stupisce nonostante peschi tra materiale edito. Da metter s u a u n p a r t y, p e r f a r i n m o d o che non venga mai levato dal lettor e . Vince a mani bas s e Wi l l e Hender son c o n l a carna lità sbru ffon a e s ibit a in Br eak Your Bac k . A A . V V. - S e n s a c i o n a l S o u l A essere testimone in causa è il sottotitolo di questa raccolta: 37 Groovy Spanish Soul & Funk Stompers 1966-1976 riempie un CD fino al limite con organetti succosi, ritmiche elastiche e chitarre sferzanti. Manca solo l ’ u l t e r i o r e s o s t a n t i v o “ g a r a g e ” , c o m e l a Wo o v y G r o ovy a firma Los Buenos s’incarica di chiarire. AA. VV. - G óz al o! ( Bu g a l ú Tr opi cal Vol . 1 & 2) Da piegar s i le ginoc c hia e i m por r e gli s t r aor dinar i ai dolo r a n ti arti inferiori. Artisti peruviani inf luenz at i dalla m us ic a c u b a na, popolar e in t ut t o il Suda m e r ic a dagli anni Tr ent a ed e s p l o sa definitivamente n e i F i f t i e s c o m e a u t e n t i c o f e n o m e n o socioculturale. Due o r e e m e z z a d i m a m b o , m e r e n g u e e bol ero. J o h n n y A d a ms - H e a rt & S o u l Ugola dal falsetto che più acuto non poteva essere, Adams resta nome di nicchia e misconosciuto quasi per antonomasia. Scomparso nel 1998, era in realtà ottimo ed entusiasta ass e m b l a t o r e d i n e g r i t u d i n e e s t i l e m i c o u n t r y. D a riscoprire, rimediando così alla sfortuna che lo bersagliò in vita. 32 sentireascoltare Señor Joe Bataan - Latin Funk Br ot her Tit olo c he par la da s o l o , s p i e gando esaurientemente cosa dovete attendervi. Aggiungete ben più d’un t oc c o so u l ( e s e m plar i le r ipr es e della m a y f i e l d i a na G ips y W om an e d e l t e m a d i Sha ft) e gusta t e i l p i a t t o i n c u i s p a d r o n e g g i a n o p i c c a n t i spezie. Solo n a t u r a l e g e t t a r s i p o i s u l r e s t a n t e c a t a l o g o disponibile. The Last Poets - The Last Poets Padri riconosciuti dell’hip-hop militante, gli Ultimi Poeti furono in tal modo i primi. A dimostrazione che ogni tanto il Va n g e l o n e a z z e c c a u n a , t r a nient’altro che rime e percussioni mai protesta fu sì scarna, profonda ed efficace, nonostante la scarsa attinenza col resto delle uscite Va m p i s o u l . Wi l l i e Bobo - Do Th a t T h i n g Por t ent o d’un Bobo, c h e f a r a f f inat o s f oggio di “ an i m a l a t i n a ” . I r onic o e ilar e, s i t r a t t i d i m a ritare la salsa e il mambo con il s oul o di s ov r app o r r e l a s c i v e s ez ioni di f iat i s o p r a t a p p e t i per c us s iv i ipnot ic i, l ’ i m p a t t o o r ch estrale ci conquis t a in ogni f r angent e. C h i s s à c o m e si d ice “ea sy lis t ening” in s pagnolo? Claudine Longet - Cuddle Up Wi t h Più nota per aver sparato al marito, famoso sciatore, Claudine fu ninfa “twee” nel solco di Nanc y S i n a t ra . S c o n t a n d o l ’ a s s e n za di Lee Hazlewood, si misura c o n L e n n o n , C o h e n , B ri a n Wi l s o n e u n a C r y M y A R i v e r j a z z y. Tr a c a m i n e t t o, Vecchia R o m a g n a e g l i H i g h L l a ma s . Bet t y Davi s - Thi s I s I t ! Sebbene quasi superato da due ristampe recenti dei tre dischi che pubblicò, questo rivelatorio CD della prima tra le Bad Girl resta da consigliare. Introdusse il marito Miles a Hendrix, e soprattutto si diede a un funk magmatico intinto dentro un rock hard come un orgasmo fin troppo atteso. Mongo Santamaria - Mucho Mongo. Best Of Va y a Recordings (1973-80) L’unico, autentico, inimitabile Re del Bongo. Qui il cubano trapiantato a New York ritorna alle radici afro-cubane dopo gli anni della contaminazione jazz. La sfida è resistere all’indiavolata e trascinante ritmica che induce uno stato di trance. Non vi riuscirà, sappiatelo. Erma Franklin - Super Soul Si st er Alt r o t it olo c he non m e n t e : i n dov inat e un po’ di c h i è s o rella - maggiore, per di più, e scomparsa nel 2002 - Erma (il c ognom e aiut er à… ) . S ì , e s a t to, e sappiate che pur distante da ll’imman e Ar et ha, er a c ant ant e dalle c o r d e v o c a l i ve rsa tili, b ast ant i a illum inar e un r eper t or i o n o n s e m pre orig ina lissim o. Aldemaro Romero Y Mona Bell - La Onda Nueva En Mexico Aldemaro Romero è popolare nei ’50 con un mix di jazz, bossa e folklore venezuelano. Incide con la cilena Mona Bell un disco di musica tradizionale messicana virata lounge, poi si f a n n o f o t o g r a f a r e d a r i v o l u z i o n a r i i n c o p e r t i n a. Bo i co tt a t o d a l l e o ff e s e a u t o r i t à , l ’ a l b u m d i v e n t e r à un culto. Perfetto, no? sentireascoltare 33 RECENSIONI Altro I’m Not There DICEMBRE 34 sentireascoltare 3EEM – Matilda (White Label, 2007) Genere: electro-acustica / dub-jazz Ci era no pia c iut i m olt o ed io, per sonalmente, l i a v e v o a n n o v e r a t i t r a i migliori frutt i d i u n 2 0 0 5 m u s i c a l e sorprendentem e n t e “ i t a l i a n o ” . B e h , il rito rno d ei piem ont es i 3EEM c i pia ce an co ra di più, nel s uo r es t ituire ce rtezze , c onf er m e e, al c ontemp o, e leme nt i di f or t e nov it à. Le certezze e l e c o n f e r m e s o n o quelle che ci s i a s p e t t a d i s o l i t o dopo un buo n e s o r d i o : c o e r e n z a stilistica , matur it à e dec is ione nelle scelte. Tutti e l e m e n t i c h e r e n d o n o Matilda il lo gic o s eguit o di Es s ence Of 3EEM. M a c ’ è d i p i ù . C ’ è u n a mag gio re ten s ione nelle t r am e, t anto sp azio lasc iat o all’im pr ov v is az ione , che si im pone pr epot ent em ente, conferend o p i ù e l a s t i c i t à a l l a co stru zio ne f or m ale, e un’ev idente in ten zio ne di r is c hiar e las c iando che l’inve n z i o n e p r e v a l g a s u l l a convenzione. S e n z a d i m e n t i c a r e che il nuovo l a v o r o è f r u t t o d e l l a co llab ora zio ne c on una nuov a label: questo s e c o n d o a l b u m , i n f a t t i , a differenza d e l p r i m o , p u b b l i c a t o da lla n ostran a Sm all Voic es , es c e per l’etichetta i n g l e s e W h i t e L a b e l (e sarà scar i c a b i l e i n a n t e p r i m a su i Tunes). E l e m e n t i d i n o v i t à ( o di “sviluppo p r o g r e s s i v o ” ) , q u e s t i , che integrano c i ò c h e d i b u o n o g i à c’e ra. Re sta un s ound c he at t inge a p iù fo nti, d al dub al jaz z , dal t r ip ho p a ll’amb ient , m a c he s i ar r ic c hisce d i un ’ine dit a liber t à c r eat iv a. Non ch e l’a tt enz ione per le f or m e “ch iuse”, che c ar at t er iz z av ano Es se nce Of 3 EEM , s ia s t at a dis degnata. Anzi: LOE t i, l ’ e l e c t r o - m a r c e t t a K14 1, la psyc ho f olk t r onic a di I Fune rali, nel lo r o i n c e d e r e r i p e t i t i v o e cad en za to, r ic hiam ano le at m osfere ipnotich e e s o ff i c i d e l p r i m o alb um. Con l a diff er enz a qui, c he la ma teria mus ic ale non s i es aur isce nella sua s t r u t t u r a . S u i t a p p e t i sonori e le rit m i c h e f l e m m a t i c h e d i Va lerio Zu cca, la c hit ar r a e il s ax s i metto no sp ess o in ev idenz a, dando libero sfogo a l l e p r o p r i e p u l s i o n i , fino a rovesci a r e c o m p l e t a m e n t e l e premesse di u n b r a n o . È i l c a s o d i Toxic Je lly Ex per ienc e, c he c om incia co n u n sem plic e ar peggio di c hi- tarra per poi perdersi, in più d’una occasione, in un delirio di qualcosa c he, p e r r e n d e r e l ’ i d e a , p o t r e m m o def in i r e e l e c t r o - f r e e - j a z z . C’è spazio e voglia per provare anc h e l a v o c e d i F a b r i z i o B a z z o n i c he, p e r ò , i n B o l s c e v i c o , n o n s i r i vela certo una plusvalenza rispetto a ciò che di buono riescono a fare gli strumenti. Del resto, i 3EEM sono soprattutto una formazione s t r um e n t a l e , c h e r i e s c e a e s p r i m e re benissimo ciò che vuole senza r ic or r e r e a l l a p a r o l a . ( 7 . 4 / 1 0 ) Daniele Follero 4 B o n j o u r ’s P a r t i e s – P i g m e n t s D r i f t D o w n To T h e B r o o k ( M u s h Records, 4 dicembre 2007) Genere: indie pop G iov a n i s s i m a e n u m e r o s a b a n d giapp o n e s e , i 4 B o n j o u r ’s P a r t i e s s o ff i a n o v i a q u e l p u l v i s c o l o c h e c om e l a n e b b i a , f i n t r o p p o f a m i l i a re purtroppo, molte volte ci avvolge f ac en d o c i s m a r r i r e i n m e z z o a m i r iadi d i i n u t i l i u s c i t e d i s c o g r a f i c h e . Ec c o , q u e s t o l o r o e s o r d i o , P i g m ent s D ri f t D o w n To T h e B ro o k , ci lascia completamente spiazzati. Rapp r e s e n t a c i ò c h e n o n c i s a r e m mo mai aspettati da un gruppo di To k yo . C o l p a n o s t r a , o v v i a m e n t e . M ai l a s c i a r s i a s s u e f a r e d a l l a m a n canza di coraggio, oggi più che mai dilagante, evitando qualsiasi forma di pr e g i u d i z i o , s e m p r e . C h é l a m u s ic a, s i s a – a l t r i m e n t i n o n s a r e m mo qua –, riserva sempre incontrollabili e sovversive sorprese. Ora, non c h e i l g r u p p o i n q u e s t i o n e a b bia rivoluzionato il combinarsi delle sette note, niente di tutto ciò, ma il loro debutto, composto da dieci i m p e c c a b i l i t r a c c e , r i e s c e a riunire a l s u o i n t e r n o p i ù d i q u a r ant’anni di m u s i c a . E c i ò n o n è p o c o quando i l r i s u l t a t o f i n a l e s u o n a così tanto a t t u a l e i n m o d o d e l t u t t o originale. I sette membri della band, alle pres e c o n s t r u m e n t a z i o n i p i ù disparate ( d a l f l a u t o a l l ’ o r g a n o , d al tr o m b o n e a l v i o l o n c e l l o , d a l l a chitarra al v i b r a f o n o , p a s s a n d o p u r e d a ca l d e p e r c u s s i o n i a s u o n i p r ettamente e l e t t r o n i c i ) , c r e a n o u n a vvolgente ed elegante sound capace di amalg a m a r e o r i g i n a l m e n t e p r og ca n te r buriano, folk psichedelico, dreamf o l k , p o s t r o c k , a r t - r o c k , g l i tch - p o p , j a z z r o c k , i n d i e r o c k e c h i più ne ha p i ù n e m e t t a , c o n f a r e sp l e n d i d a m e n t e e t o t a l m e n t e p o p su l l a sci a d i q u e l l o c h i t a r r i s t i c o d e i Sessanta. Q u e s t o è i l l o r o p i ù g r a n de pregio: r e n d e r e l e g g e r a a l l ’ a s c o l to la loro p r o f o n d a r i c e r c a a r t i s t i c a . Ta l e fa c i l i t à a u d i t i v a è d a t a s i a dalla non t r o p p o i n v a s i v a , s e p p u r mo l to str a t i f i c a t a , c o m p o n e n t e str u m e n ta l e , s i a d a l s u g g e s t i v o c a lore della t r o m b a o n n i p r e s e n t e , m a so p r a ttu tt o d a l l e d u e v o c i c o o p e r a n ti , fe m m i n i l e e m a s c h i l e , c h e s u ssurrando i n t i m a m e n t e e n t r a n o i n e v i ta b i l m e n t e s o t t o p e l l e . E m b l e m a t i c a di ciò è l ’ i n i z i a l e M a g p i e Wi l l P e c k A H o l e In My Plaster Cast, uno degli epis o d i p i ù r i u s c i t i : e v o c a t a nto i Pr a m q u a n t o g l i S t e re o l a b , i B r oa dc a s t e i M ú m, c u l m i n a n d o i n u n n o sta l g i c o f i n a l e d e g n o d e l l e d er i ve e m o z i o n a l i d e g l i A me ri c a n Foot ba ll (Mike Kinsella). A n c h e l e t r a c c e s u c c e s s i ve si m u o v o n o s u g l i s t e s s i b i n a r i e vo ca n d o d i v o l t a i n v o l t a i n f l u e n z e p i ù d i ff e r e n t i ( p e r s i n o g l i A i r e i Tor t ois e v e n g o n o c h i a m a t i i n c a u sa i n Ksa n a ) , m a p u r s e m p r e a c c o munate dal t r a t t o d i s t i n t i v o p r o p r i o dei Nostri, m a i a b b a n d o n a t o n e l c o r so d e l l ’ a l b u m : c o n d i r e d i f a c i l i e n ostalgiche m e l o d i e l a s o f i s t i c a z i o n e str u m e n t a l e s o t t o s t a n t e . È p e r q uesto che l e c a n z o n i d e i 4 B o n j o u r ’s Parties, c o m e l u c i i n t e r m i t t e n t i natalizie, s i a c c e n d o n o n o s t a l g i c a me n te r i s c a l d a n d o c i i n v i s t a d e l l ’ i n ve r n o i n c i p i e n t e . Q u e s t o N a t a l e fatevi un r e g a l o : r i n u n c i a t e a q u e l l a co r sa c o n s u m i s t i c a p r e n d e n d o vi almeno i l t e m p o n e c e s s a r i o p e r a sco l ta r e q u e s t o a l b u m . E n o n s o r p r e n d e te - sentireascoltare 35 turn it on 3/4hadbeeneliminated – Theology / The Religious Experience (Soleilmoon, novembre 2007) Genere: psych, elettroacustica, drone music Av v er t enz a: T h e o l o g y e T h e R e l i g i o u s E x p e ri e n c e s o n o d i s c h i d a a s c o l t ar e al buio e a v o l u m e a l t i s s i m o . D u e d i s c h i p e n s a t i e s t u d i a t i d a q u a t t r o i n d i v i d u i , Va l e r i o Tr i c o l i , S t e f ano P i l i a , C l a u d i o R o c c h e t t i e To n y A r r a b i t o , c h e g i u n t i a q u e s t o p u n t o , d o p o il s uc c es s o di c r i t i c a d e l p r e c e d e n t e A Ye a r O f T h e A u ra l G a u g e O p e ra t ion ( H ä p n a , 2 0 0 5 ) , n o n p o s s o n o p i ù n a s c o n d e r s i , s o n o l ’ e n s e m b l e f a r o d i una s c ena s per i m e n t a l e i t a l i a n a e d e v o n o f a r s e n e u n a r a g i o n e . Per non las c i a r e d u b b i , l o r o , n o n s o l o n o n l a s c i a n o . R a d d o p p i a n o . P l a s m ano due d i s c h i g e m e l l i , c h e i n c o m u n e h a n n o d a t a d i n a s c i t a e m a te r iale di par t e n z a , m a s p e t t a a l l ’ a s c o l t a t o r e t r o v a r e p u n t i d i c o l l e g a m e nto e r im andi. T h eology , d iviso in due lunghe s uit e, I Am Daug h t e r e T h e C r a d l e , r i s p e t t i v a m e n t e d i t r e n t a e v e n t i m i n u t i, è il primo a d esse re s t at o c onc epit o m a anc he quel l o c h e r i c h i e s t o m a g g i o r t e m p o d i l a v o r a z i o n e . A p p e n a I Am D aughte r inizia si ca pis c e s ubit o c om e le at m os f er e s i a n o d i v e n t a t e p i ù p l u m b e e e d o p p r i m e n t i , r i s p e t t o a l d i sco per Hä pn a, semb ra d i es s er e r ic at apult at i nell’univ e r s o b u i o e t e n e b r o s o d i M e t a p r o g r a m m i n g F r o m Wi t h i n The E ye Of The Stor m ( B o w i n d o , 2 0 0 5 ) , s e c o n d o p a r t o s o l i s t a d i Va l e r i o Tr i c o l i , m a è p u r e e v i d e n t e c o m e l a m u sica contenuta qui vive d i p u n t i d i t e n s i o n e d i ff e r e n t i . Brandelli di canzoni i m m e r s i i n u n c a l e i d o s c o p i o d i s u o n i s c a r n i f i c a t i , d o l o r o s i , s e m p r e d e t e r m i n a n t i e e s s e n z i ali. A subire l’evoluzione m a g g i o r e è l a v o c e c h e s p az i a d a l c a n t o s a c r o , a ff i n e a l c o n c e p t r e l i g i o s o d e i d i s c h i , alla tener a e ammaliante e s p r e s s i o n e p o p . C i s o n o a nc h e r a d i c a l i a c c o s t a m e n t i c o m e q u e l l o t r a i l t e n u e p i a n o f o r t e e la registrazion i di violent i s par i, quas i a v oler es e m p l i f i c a r e t u t t a l a p o e t i c a m u s i c a l e d e i 3 / 4 h a d b e e n e l i m i n a t ed , da semp re sospe sa t r a m elodia e r um or is m o, t r a b e l l e z z a e c r u d e l t à . S i dice va di d ischi g em elli, The Rel i gi ous Exper ie n c e r a p p r e s e n t a u n a r i m o d e l l a z i o n e , d e l m a t e r i a l e r e g i s t r ato per Theology. La cr u d e z z a e s p i g o l o s i t à d i q u e s t ’ u l t i m o s i s c i o g l i e i n u n f l u s s o l i q u i d o e e s t a t i c o . È p r o p r i o il rit orn o a ce rte so no r it à di dr one m us ic , t ipic he de l l ’ e s o r d i o d e l 2 0 0 4 , u n a d e l l e c a r a t t e r i s t i c h e p e c u l i a r i d i The R eligious Ex pe r ien ce. S i s e n t o n o m e n o l e f r a t t u r e t r a u n a s e z i o n e e l ’ a l t r a , q u i i b r a n d e l l i d i c o m p o s i z i o n i di T h eology si fo nd on o in un c or pus s onor o più ac c o n d i s c e n d e n t e m a n o n m e n o a n g o s c i a n t e . Le co mpo sizion i d i e nt r am bi i dis c hi s ono s t r ut t ur a t e c o m e s c a t o l e c i n e s i : q u a n d o p e n s i d i a v e r e i d e n t i f i c a t o u n segmen to, a ll’inte rno s e ne nas c onde un alt r o più p i c c o l o e c o s ì v i a . C on The ology / The Rel i gi ous Exper i ence i 3qua r t e r s p o r t a n o a p i e n a m a t u r a z i o n e u n ’ i d e a , u n c o n c e t t o A que sto p un to, do po la piena c onf er m a della luc id i t à e v i s i o n a r i e t à d e l q u a r t e t t o , a t t e n d i a m o c h e l a l o r o v i c e nd a prenda semp re p iù i m pr ev edibili, c or aggios e e affa s c i n a n t i , t r a i e t t o r i e . ( 8 . 0 / 1 0 ) Nicolas Campagnari 36 sentireascoltare vi q ua nd o Nos t algic Was Br ok en To Pieces, zucch er os a ballat a dall’ince de re folk, r iem pir à l’et er e c on comete e scie l u m i n o s e m u l t i c o l o r i : qu esta è la magia di P i g m e n t s D r i f t Down To The Br ook. ( 7. 3/ 10) Q ui, c o n i l p r i m o a l b u m d e i M o n k s O f Th e B a l h i l l - Vi n c e n t F ri b a u l t da R e n n e s , g i à i n P re s t e r e T h e Cosm i c M a n d o l i n e rs , e Vi n c e n t Cayle t d a L a n g o g n e , g i a a l l a v o r o c om e V - , l a d i m e n s i o n e s i f a p u b blica, l’ambientazione selvaggia Andrea Provinciali A M a n & A G u i t a r – Wi n t e r ’s Pieces (Akoustic Desease, agosto 2007) Monks Of The Balhill – Cormoran Sophistry (Akoustic Desease, agosto 2007) Genere: folk acustico, experimental folk La rispo sta d ella Ak ous t ic Des ease a lla slid e guit ar f o l k . E d u n q u e : una chitarra a c u s t i c a s t r i m p e l l a t a tra qu attro m ur a di un’abit az ione privata, o ne l g i a r d i n o d i r i m p e t t o , un co ncep t-al bum s ine f lex ione s u l tema de l sen t ir s i a c as a pr opr ia, un a p iccola oper a v elat a di t enue isp irazion e. U n s us s ur r at o int im ismo che risch i a t a l v o l t a d i a p p a r i r e - e non si pu ò c h e p e n s a r e a d u n Daniel Johnst on - i n c o m u n i c a b i l i t à rice rca ta ed a ut is m o os t inat o. L’uomo con la chitar r a è Br uno Dupl ant , da Waziers, m e d i o c r e m u s i c i a n , b i g he art, co me am a def inir s i all’es or dio su AkDe e al lav or o s u un album pop per D u s t W i n d Ta l e s . L e sue son o stra lunat e nenie di nat ura improvvisa t a a b b o z z a t e a l c a l a r d ella sera , in una s t anz a bagnat a d a rag gi di pallido s ole, all’im br unire di un fred d o p o m e r i g g i o ; t i m i d i abbagli di me l o d i a d a l s a p o r e f o l k (Elsewh ere ) c h e s i p r e m u r a n o d i f a r a dd orme nta re bam bini ( P i e c e F o r Alb ert, Piece For Ali) , a c c a r e z z a r e l’a tten zio ne dell’as c olt at or e dis t r at to (Sun , But C old I n The Af t er noon) , commu overe l’anim o di quello as sorto (Mo the r ) . A s s o r t o i n u n d i s c o che non ha un i n i z i o , n o n u n a f i n e , che è una rac c o l t a d i c a n z o n i , p u r non contenen d o n e a l c u n a : q u e l l o che si ascolt a è s o l o i l f l u s s o d i ricord i, di p rom es s e e c onf idenz e a utu nn ali suss ur r at e a m ez z a v oc e da un uomo – e d a l l a s u a c h i t a r r a . (6 .5/1 0) Disco rso diver s o, s e s i v uole s pecula re, pe r l’a lt r a - la quint a - us c ita della Akou s t i c D e s e a s e , a n c h e stavolta in t r a s f e r t a t r a n s a l p i n a . ed a n c e s t r a l e , p e r c h é C o rmo ra n Soph i s t ry è m u s i c a d i r i t i s c i a m a n i c i o ff e r t i a d i v i n i t à p a g a n e o r m a i as s en t i ( L e D e u x i e m e C o r n o e l , L e Chan t D u D e r n i e r C o r m o r a n , G r a n d Cor n o e l ) : i n c o m u n i c a b i l e a n c h ’ e s s a, d u n q u e , m a p e r r a g i o n i d i a m e t r alm e n t e o p p o s t e a q u e l l e s i n o r a incontrate. Il destinatario esiste s t av o l t a , a l m e n o n e l l ’ i m m a g i n a z i o ne debordante del mittente, ma è l’Altro-da-sé (la divinità, ma anche lo straniero: il sapore d’Oriente di Sic C o r p M a r e n c ) c h e n o n r i s p o n de p e r c h é n o n i n g r a d o d i c a p i r e . Quando la richiesta si fa insistente diviene urlo, o rumore - la coda di Le De u x i e m e C e r c l e - , s f r i g o l a r e d i corpi ed oggetti-feticcio percossi ( Sic C o r p M a r e n c ) , r a n t o l o d o l o r o s o di m a c c h i n e e d a n i m a l i ( L e P r e m i e r e De s C o r m o r a n s ) . D i s c o d i ff i c i l e , ma dal fascino davvero inesauribile - m y s t e r i u m t r e m e n d u m e t f a s c i nans . ( 7 . 5 / 1 0 ) i n p o c o p i ù d i u n a n n o d a l d i vo B uri a l . S o t t o d i l u i l e g i o n i di vecchi r e c h e h a n n o a b d i c a t o . Gl i U nde r w o rl d c h e p r o v a n o a s t a c carsi dalla p e l l e l e f e r i t e d e i r a v e , g li Or b che m a n d a n o q u a l c h e r i c h i a mo d i sta n t e , m a s e m p r e p u l s a n t e e i n te n si ss i m o , l a p a z z i a p r o g r e s s i v a - a n co r a u n a v o l t a N o v a n t a - d i B a nc o de G a i a . Q u e s t a è l a t e n d e n za . Og g i s i v a d i a t m o s f e r e p i ù c h e d i p e r so n a l i t à . L o s c o p o n o n è p i ù essere e n e m m e n o a p p a r i r e : l a s f i da o g g i è c o s t r u i r e s p a z i f i s i c o - m e ntali (vedi a n c h e l e o p e r a z i o n i d ’ a r r ed o d i DJ O l i v e ) . L e c o m p i l a t i o n , q u i n d i , se g n a n o l a v i a . C o m e d i c eva Brian E n o : “ I l m u s i c i s t a d i d o mani sarà s e m p r e d i p i ù u n m u s i c- ta ste m a k e r ” , u n D J . S i p a r l a d i gusto. Si p a r l a d i h a u t e c u i s i n e . Si parla di bordate che spiazzano. Come questa selecta. Nella miglior e t r a d i z i o n e d e l l a s e r i e At The C o n t ro l s ( i p r e c e d e n t i v o lumi sono s t a t i c u r a t i e m i x a t i d a guru come J a m e s H o l d e n , M . A . N . D . Y. e C l a u d e Vo n S t r o k e ) q u e s t o d oppio CD c i f a v e d e r e c o s a s t a s uccedendo nella scena electro. E come già ant i c i p a t o , i l D J è s e m p r e di più un a r c h i t e t t o , u n c r e a t o r e d i spazi. I d u e C D c h e c i p r e s e n t a i l fr a n ce s e S é b a s t i e n D e v a u d n e sono la r i p r o v a . L’ a p e r t u r a t o c c a al l ’ e l e ttr o n i c a c l a s s i c a c o n I n s t a n t s D ’ H i ve r d i Te ru g g i , i l s u o n o m i n i ma l d i J e nn i f e r C a rd i n i n e l l a c o l l a borazione c o n S h o n k y , l a s e l e z i o n e sa p i e n te d i p e r s o n a g g i s t o r i c i d e ll a sce n a e l e c t r o , c o m e A p p a ra t ( s p l e n d i d o i l r e m i x p o s t - a c u s t i c o d i S wa y za k ) o P l a i d ( e c c e l l e n t e l ’ I D M d i OI) fanno d e l p r i m o d i s c o u n o t t i m o miscuglio d i e l e c t r o , m a i t r o p p o s pinto, con u n a s e n s i b i l i t à s t i l o s i s s i ma, come Vincenzo Santarcangelo A A . V V. – A g o r i a A t T h e C o n trols (Resist Music / Audioglobe, novembre 2007) Genere: compilation minimal deep-ambient Stiamo virando sempre di più verso l’am b i e n t . I s e g n a l i c i s o n o t u t t i . I l nuov o a v a m p o s t o è s t a t o c o s t r u i t o sentireascoltare 37 solo po ch i fran ce si s anno f ar e. N ella secon da pa rte s i pas s a all’intimismo dark-wave - a m b i e n t : u n a B ela L ug osi’s De ad f u o r i t e m p o massimo che - data l a c o l l o c a z i o n e - destabilizza e deco s t r u i s c e a n c o r a una v olta q ua lsia si ipot es i di genere/mappa sonica, si p r o s e g u e c o n l’oscurità sin fon ica di M ur cof , l a progr essività di Ror e, il downt em po di Flying Lotus , i l r e m i x i n s a l s a 2st ep d el ma estro B ur i al , il lam ento blue s di Planningt or ock, l’elec t ropop d i Tele popm u si c. L’et er ogeneità dei protagonis t i n o n m i n a l a coerenza interna, an z i , a r r i c c h i s c e il tutto formando un c a l e i d o s c o p i o ritmico di visionarie t à p o s t - s c a z z o Novan ta. Agor ia in es t as i div ina. Doppio d a so gn o. Una delle c om pilation dell’anno. R e s i s t M u s i c n e l got ha.(7 .6/1 0) Marco Braggion A A . V V. – E l l b o y M i x e d B y H e l l (International Dee Jay Gigolo Records / Audioglobe, 30 novembre 2007) Genere: compilation eurodiscottanta french-touch DJ Hell ritorna a par l a r e d i a n n i ‘ 8 0 e lo f a ch iama nd o a r appor t o le pietre milia ri de ll’ele ttr onic a di quella decade così distante e c o s ì v i c i n a . Un mix perfetto de l l ’ e u r o p o p c h e Gio rgio Mor ode r e G i no Socci o (qui pre se nti risp ett iv am ent e c on C has e e Reme mbe r) hanno s doganato sulle piste di tu t t o i l p i a n e t a . Il rem ix d i Patr ic k Cow l ey ( u n a I F eel L ove sempr e d a b r i v i d o ) , i voco de r ca tch y-p op di D i g i t a l E mo tion (Don ’t Sto p) , l e s t u p e n d e connessioni midi-8 0 8 - s t r u m e n t a l i di Kl apt o e d i K l e i n & M . B . O , l a s plendida p r o g r e s s i v i t à d i Ta k e A Chanc e ( c h e p e r a l t r o c o m p a r e a n c he nel r ece n t e B a c k To M i n e d e i Röyksopp) o d i C e rro n e ( c o n l a s t or ic a Sup e r n a t u r e ) e l ’ i n e v i t a b i l e r ic or do dei K ra f t w e rk . Ottanta non vuol dire solo nostalgia. In questo caso -ancora una volta, in un 2007 diviso tra soul e retrofilia - lo s guar d o a l p a s s a t o è t e s t i m o nianz a di c o m e i l s u o n o b a s a t o s u poc he c os t a n t i r i c o n o s c i b i l i ( a r p e g g i a t o r i i n o t t a v a , v o c o d e r, R o l a n d beatbox) sia ancora presente e vivo dopo una generazione. Insomma, i padri non hanno ancora finito di dire la lor o, anz i , i n q u e s t o c a s o c o n t r i buis c ono al l a n a s c i t a d i n u o v i g e r m ogli ( v edi A l e x a n d e r R o b o t n i c k c on la s ua s c i c c o s i s s i m a v e r s i o n e di Pr oblem e s D ’ A m o u r o l o s t e s s o Hell che inserisce richiami acid con la s ua Contr o l ) . L’ o r i z z o n t e s o n o r o del dis c o è p e r v a s o n e l c o m p l e s s o da una pat i n a d i f r e n c h t o u c h c h e s popola or m a i o v u n q u e . Insomma, la tendenza passa dalla m inim al al l ’ e l e c t r o - p o p . E q u e l l o che sorprende è che i segnali di questa mutazione partono proprio da Ber lino ( s e d e d e l l a G i g o l o ) : i galletti hanno colonizzato a suon di paillet t es e l u c c i c h i i l e b a l e r e k r a u t e. Per c hi n o n h a m a i s e n t i t o n i e n te di europop è un appuntamento obbligatorio. Per gli altri, un mix senza sbavature. Dj Hell re Mida del gir adis c h i . S e l e c t a c h i c p e r f e s te easy e serate-da-bere. French Touc h now o b l i g e . ( 7 . 0 / 1 0 ) Marco Braggion C r i a C u e r v o s - Vo r F e u e r schlünden (Afe Records, 2007) Edward Ruchalski – Dark Night (Afe Records, 2007) Non Ethos – Syk Asfalt (Afe Records, 2007) The Infant Cycle/Uphold – Our Past Present (Now Then) (Afe Records, 2007) Genere: drone / dark ambient Si at t es t a s u c o o r d i n a t e d a r k a m bient ed elettroacustiche il lavoro di Eugenio M a g g i a k a C ri a C u e rvos. I l s uo Vo r F e u e rs c h l ü n d e n è composto da due lunghe suite: nella prima utilizza field recordings e d r o n e s d a l l a a l t e f r e q u e n z e pe r c o s t r u i r e u n m u r o d i s u o n o che r a g g i u n g e l ’ a p i c e v e r s o l a f i n e . La s e c o n d a t r a c c i a e s p l o r a a t m o s f er e p i ù t e n d e n t i a l l ’ i s o l a z i o n i s m o , pur non rinunciando a visionari field recordings. A tratti sembra di sent i r e g l i Æ t h e n o r d i D e e p I n O ce a n S u n k T h e L a mp O f L i g h t ( Vhf, 2006).(7.0/10) Q u i e t e , q u a s i a s s o l u t a , i n v e c e n ella D a rk N i g h t d e l l ’ a m e r i c a n o E d w ard R u c h a l s k i , u s c i t a p r e c e d e n t e m en t e p e r F o x y D i g i t a l i s e o r a r i s t am p a t a c o n u n a n u o v a c o p e r t i n a ad o p e r a d i P a o l o I p p o l i t i ( L o g o p la s m) . U n a p e r f e t t a c o l o n n a s o n ora p e r u n s o g n o e s t i v o , u n s o g n o d alle t i n t e f o s c h e e t e n e b r o s e , c o s t r uito a t t r a v e r s o i s u o n i p r o d o t t i d a i suoi s t r u m e n t i a u t o c o s t r u i t i , m a a n ch e da pianoforti, chitarre, campane e field recordings. (7.0/10) N o n E t h o s e r a l o p s e u d o n i m o di e t r o i l q u a l e d i c e l a v a i l n o r v e g ese H æ r l e i f L a n g å s , o r a a t t i v o c ome N o rt h h a u n t , d e d i t o a d u n a c upa d r o n e m u s i c i n t r e c c i a t a c o n una f i t t a d o s e d i i s o l a z i o n i s m o . A f e fa u s c i r e q u e s t o S y k A s f a l t d o p o che e r a c i r c o l a t o s o l o i n u n a e d i z i one p r i v a t a a c u r a d e l l ’ a u t o r e . N e l l e sue i n t e n z i o n i d o v e v a e s s e r e u n a m ed i tazione sul tempo, sulla vacuità urb a n a e s u l l e f o r z e d i s t r u t t i v e d ella n a t u r a , e d e v o d i r e c h e l a d a r k am b i e n t c h e l e s o r r e g g e r e n d e b ene l’idea del concept. Su tutto i mag n e t i c i e d i p n o t i c i 1 8 m i n u t i d i I sa r . (6.5/10) P e r c h i u d e r e l o s p l i t t r a i c a n a d esi. T h e I n f a n t C y c l e , o v v e r o J i m De J o n g , e U p h o l d , o v v e r o M u ff y St. B e r n a r d . P e r T h e I n f a n t C y c l e un l u n g o b r a n o d i v e n t i m i n u t i i n cui c o n d e n s a v a r i e m a n i p o l a z i o n i di turn it on A A . V V. – I ’ m N o t T h e r e O . S . T. ( S o n y / C o l u m b i a , 3 0 o t t o b r e 2 0 0 7 ) Genere: 21st century Dylan Solo sulla car t a , c e n ’ è a b b a s t a n z a p e r s b r o d o l a r s i a d d o s s o : S o n i c Yo u t h , Ste ph en Ma lk m us , Calex ic o, Yo La Tengo, C a t P o w e r, J e ff Tw e e d y, To m Verlaine e tan t i - p a r e c c h i - a l t r i a l l e p r e s e c o n i l c a n z o n i e r e p i ù p r e z i o s o d eg li ultimi q uar ant ’anni e pas s a, in quello c h e p o t r e b b e e s s e r e i l d e f i n i t i vo tribu to al M aes t r o, unit am ent e all’om oni m a p e l l i c o l a a c u i f o r n i s c e a c comp ag na men t o s onor o - l’ult im a f at ic a del v i s i o n a r i o e p o p a d e l i c o To d d Ha ynes , co m e m inim o c ont r ov er s a eppur e i m p r e s c i n d i b i l m e n t e d y l a n i a n a, ne l suo ri t r at t o- m os aic o s c om pos t o a p i ù l i v e l l i . A l l o s t e s s o m o d o , l e tre nta qu attro c anz oni qui r ac c olt e pr es ent a n o t a n t i D y l a n p o s s i b i l i , n e l l a me de sima fram m ent az ione e per enne t r as f o r m a z i o n e o ff e r t a d a i s e i d i v e r si personaggi d e l f i l m , s o l t a n t o e l e v a t a a u n a p o t e n z a i n ( d e ) f i n i t a . C o m e d ire, Dylan è anz it ut t o pur o c ont enut o; l’es p r e s s i o n e , l a f o r m a è l a s c i a t a a l l ’ a r t i s t a d i t u r n o ( s a r à m i c a un ca so se Mr. Zimme rman è in t ut t a pr obabilit à l’aut or e p i ù c o v e r i z z a t o d a c h e r o c k è r o c k ? ) . I n f o n d o , q u e s t a è l ’ e sse n za stessa d ella folk m us ic : un’er edit à c he s i f a t r a d i z i o n e t r a m a n d a t a ; i n q u e s t o c a s o , l a m u s i c a d i D y l a n ch e a ttr a versa i g iorn i nos t r i e s i pr oiet t a olt r e. A p e n s a r c i b e n e , q u e s t a p o t r e b b e e s s e r e l a m u s i c a p i ù a t t u a l e che possa e sserci. E co m unque la s i v eda, I ’ m Not T h e re ( i l d i s c o ) n o n è a l t r o c h e u n a r a p p r e s e n t a z i o n e , i n c ui a d o g n i protagonista s i d à l ’ o p p o r t u n i t à d i i n d o s s a r e u n a m a s c h e r a , d i e s s e r e l ’ a r t e f i c e d i u n i n g a n n o . A p artire da llo s t es s o Dy lan nell’eponim a c h i u s u r a d i I ’ m n o t T h e r e , s p l e n d i d o g i n g i l l o s b a d a t a m e n t e scivolato fu ori da l sacro s c r igno dei Bas em ent Tapes ( q u i n e l l a s u a p r i m a a p p a r i z i o n e “ u ff i c i a l e ” ) : B o b , s e m p l i c e m e n te non è q ui, ed è pr o p r i o l a s u a p r e s e n z a / n o n pr e s e n z a c h e i n f o r m a t u t t a l ’ o p e r a ; p r o g r a m m a t i c a m e n t e , n ello stesso b ran o si cime nt ano in aper t ur a i padr ini u ff i c i a l i d e l l ’ o p e r a z i o n e , d e g l i i s p i r a t i e s e m i a c u s t i c i S o n i c Yout h. È in fatti Le e Ranaldo, ins iem e a St ev e Shelle y, u n o d e i m a g g i o r i a r t e f i c i d e l d i s c o t u t t o , i n s e n o a i M i l l i on D olla r Ba sher s , ho us e band da s ogno c he s i c om p o n e i n o l t r e d i N e l s C l i n e , To m Ve r l a i n e , J o h n M e d e s k i ( d i f am a j a zzi sta, g iro d i Zo r n e dint or ni) , Sm ok ey Hor m e l e To n y G a r n i e r, b a s s i s t a d i D y l a n s t e s s o ; a d a v v a l e r s i d e i l o r o se r vigi, u n in ed it o M al km us inf er v or at o c las s ic r o c k ( i m p r e s s i o n a n t e B a l l a d O f A T h i n M a n ) , u n a C a t P o w e r in pura e sta si d yla nia na ( non pot ev a c he dar e il m e g l i o d i s é i n S t u c k I n s i d e O f M o b i l e … , s o u t h e r n s o u l m e m p hisiano per e ccelle nza), un Ver l ai ne più os c ur o e r eedi a n o c h e m a i ( C o l d I r o n s B o u n d ) . A f a r e , p o s s i b i l m e n t e , a n c or a m e g l i o ci son o i sem pr e im pec c abili Yo La Tengo ( r i v e r e n t i a i l i m i t i d e l l a f i l o l o g i a , e a l t r e t t a n t o e m o z i o n a n t i ) , e so p r a ttu tto la pre miat a dit t a Bur ns&Conver t i no, a r i c o p r i r e d i s p e z i e e m a g i e t e x - m e x l e s t r e p i t o s e G o i n ’ To Aca p u l co (p icco to tale ) e O ne M or e Cup O f Cof f ee, co n r i s p e t t i v a m e n t e J i m J a m e s d e i M y M o rn i n g J a c k e t e u n ritrovato Ro ge r McGuin n a c ont ender s i il m ic r of ono. E a p r o p o s i t o d i g r a n d i v e c c h i , R i c h i e H a v e n s e R a m b l i n ’ J ack El l i o tt son o da a nto logia ( del blues , del f olk , del l a m u s i c a t u t t a ) , d o v e i n v e c e Wi l l i e N e l s o n r i l a s c i a u n a Se ñ o r pure tro pp o bo lsa . Not e dolent i c om e quelle – a f o n e – e s a l a t e d a C h a r l o t t e G a i n s b o u r g n e l l a s u a d i m e n t i ca b i l e Ju st L ike A Woma n, m ent r e le par t it ur e aff idat e a i s o l i t i p r e z z e m o l i n i A n t o n y & T h e J o h n s o n s ( K n o c k i n ’ O n Heaven’s Do or), Mark L a n e g a n e S u f j a n S t e v e n s r i s u l t a n o p e r l o p i ù r i d o n d a n t i n e i l o r o c l i c h é d i c l a s s e . E q u i c h i udiamo la p are nte si n eg at iv a ( e la r ec ens ione) , per c h é a d e s s o p o t r e m m o a n c h e c o n t i n u a r e a s o ff e r m a r c i s u o g n i si n g o l o nome coinvolt o , i l c u i c o n t r i b u t o è q u a s i s e m p r e r i m a r c a b i l e e n e i c a s i m i g l i o r i , p e r s o n a l e ; d a t o l ’ a r g omento, ci sarebbero sem p r e t a n t e , t r o p p e c o s e d a d i r e . M a n o n c e n e v o g l i a t e ; c o m e d i c e To m Wa i t s , “ D y l a n è u n continente a ncora ine sp lor at o” . ( 8. 0/ 10) Antonio Puglia sentireascoltare 39 registrazion i fa tte in pas s at o, c er cando di ricollocarle i n u n d i v e r s o contesto son oro . M ent r e Uphol d si affida a sintetizz a t o r i c a m p i o n i per prod urre u n su ono m olt o c inematografico come b e n e s e m p l i f i c a l’ultima traccia in cu i è p r e s e n t e u n dialogo molto vision ar io. ( 6. 5/ 10) Nicolas Campagnari Akkura – Zaún (Malintenti / Jestrai, novembre 2007) Genere: folk-rock Ne hanno fatta di strada gli Akkura dal 2003, anno della pubblicazione dell’omonimo EP d’esordio. Una carraia che è diventata quasi una statale, tra passaggi radiofonici sempre più frequenti, più di duecento concerti all’anno, aperture per Caparezza, Teresa De Sio, Negramaro, Avion Travel. Il tutto sempre sull’onda di un folk ricercato ma al tempo stesso diretto, in cui tromboni, violoncelli, chitarre, banjo, percussioni, contrabbasso, mandolino, dialogano piacevolmente con una scrittura d’autore affascinata da mimetismi sonori a base di ritmiche in levare, vocazioni danzereccie, malinconie gitane. Il qu i pre se nte Zaú n n o n f a c h e conferma re qu an to già v is t o, r ic alcando in gran parte i l m o d e l l o d e l suo pred ecesso re, dis c iplinando ulterior men te le trame , c or r eggendo i possibili difetti di p r o n u n c i a , p e r undici bra ni ch e sp az iano dalle c olorit ure va ga men te tex - m ex di F u g a dalla fin estra de l b agno alle s c ar nificazion i cu ba ne di L’ a r r u m b a , dal valzer ub riaco di Nel quar t ier e delle do nn acce alle m ez z e luc i di N otte de i pro fumi, dallo s k a ac us t ico di Il ba llo d elle de but t ant i a l p o p scanzon ato d i Rica m at o s ul div ano. 40 sentireascoltare I l t ut t o s en z a m a i s u o n a r e t r o p p o banali o pr e t e n z i o s e m a c o n l a c o n v inz ione an z i , d i a v e r e a n c o r a m o l t e c ar t e da g i o c a r e . ( 6 . 9 / 1 0 ) Fabrizio Zampighi The Austerity Program – Black Madonna (Hydra Head / Goodfellas, novembre 2007) Genere: hardcore prog metal Ma che bei fiori photoshop in copertina. Cosa c’entreranno con un album chiamato Black Madonna dal sound completamente immerso nella Touch’n’Go family dei Novanta? Fate conto di ascoltare dei Jesus Lizard con il batterista del Metallica. Oppure un Albini abbacinato dal Sunset Boulevard. In altre parole, gli Austerity Program tritano gutturali attitudini post-hardcore, progressioni ritmiche stile panzer, graticole di riff tra machismo e schizzi psycho. Però (e c’è un però) a caratterizzarne la furia ultracalcolata interviene uno spostamento deciso verso il metal. Meglio ancora quel metallo innervato di prog (leggi alla voce … And Justice For All) che nelle otto tracce s’inserisce nella coda lunga dell’hardcore evoluto che dai Big Black portava ai Girl Against Boys (e ai citati Lizard). Messi da parte i soliti discorsi sulla non-novità della proposta, e appurato che parliamo di un duo basso/chitarra (Thad Calabrese e Justin Foley) all’esordio sulla lunga distanza senza un batterista in carne e ossa (cristo è una drum macine quella che si sente! Altro che Lars Ulrich, ingenuo che sono…), quel che abbiamo è un buon debutto d’amplificazioni pregne di testosterone e nitro. Provette che appena le tocchi BOOM! Salta tutto. Più che convincente la forza motore dunque (quello scoppio che non avviene mai veramente, quel thrilling che poi è il suo bello), buona anche la desistenza verso licenze troppo metal à la Pelican o Isis, peccato (e c’è un peccato) per la mancanza di un leader come Yow al cui carisma si sostituisce un cantato (parecchio) hardcoreggiante (urla, strazi, indistinguibile timbro…). Inutile dire che l’allargamento a tre sarebbe auspicabile (e Yow di questi tempi è quasi un freelance per cui sai mai i casi della vita). Rimane il piacere muscolare della cosa. Un piacere ricco di steroidi per giunta. Take care. (6.7/10) Edoardo Bridda Bj Nilsen – The Short Night ( To u c h , 2 3 o t t o b r e 2 0 0 7 ) Genere: ambient, field recordings S e t u t t o l ’ a l b u m d i B j N i l s e n – il s e c o n d o , a b b a n d o n a t o i l m o n i ker H a z a rd , a s u o n o m e s u To u c h - si e s a u r i s s e n e l l a p r e v e d i b i l e s i n t assi a m b i e n t d i F r o n t e F i n i s t e r r e , po tremmo facilmente liquidarlo come u n l a v o r o s c o l a s t i c o d i f i e l d r e co rd i n g s t u t t o g i o c a t o s u l l a s a t u r a zi o n e t o n a l e e l ’ i m p a t t o s c e n i c o c om p l e s s i v o . U n c o m p i t i n o s v o l t o alla p e r f e z i o n e , m a a s s a i i r r e t i t o i n ste r e o t i p i d i g e n e r e , s v o l t o d a c h i , con registrazioni d’ambiente, volumi e r i v e r b e r i c i l a v o r a a i m a s s i m i l i ve l l i ormai da anni. P o i c o n P o l e O f I n a c c e s s i b i l i t y le c o s e i n i z i a n o a c a m b i a r e : s e l e fr e q u e n z e d e i b a s s i i n i z i a n o a s c a v are i l t e r r e n o , i n s u p e r f i c i e i d e t r i t i - la risultante di uno scavo profondo s o n o s c o r i e d i r u m o r e d i d e r i v a z i one i n d u s t r i a l e . I l p a e s a g g i o e s p l o r ato i n i z i a a f a r s i m e n o o s p i t a l e , i s uoni m e n o p a c i f i c a t i : l ’ a m b i e n t a c u i si g u a r d a n o n è p i ù q u e l l a d i u n B r ian E n o m a , s e m m a i , q u e l l o g e n e r ato d e c e n n i f a d a l l e s p o r e p i ù m a l ate d e l l ’ i n d u s t r i a l s t o r i c o . B l a c k L i g ht è l a r i c e r c a o s s e s s i v a – a t r a t t i pe r c u s s i v a : e v i e n e d a v v e r o d a p e n sa r e a g l i : z o v i e t *f ra n c e : – d i u n cr e s c e n d o a l c u i c u l m i n e s t a u n f a scio d i f r e q u e n z e d i p u r o r u m o r e , l a s ta si in divenire di un mood oscuro e d e p r e s s o c h e m a l s i c o n c i l i a c o n il p acifica to ed en ar t if ic iale r i c e r c a t o da i b ran i d i p ur a ac c adem ic a am b ien t. In qu e s t o s e n s o , u n b r a n o come il co nclus iv o Vik ing Nor t h, p u r e ssen do u n es per im ent o di s ound scap e dei p i ù c l a s s i c i , è s o r r e t t o d a u n’in qu ietudine di f ondo – c he h a la forma d i r um or e indis t int o s ot to traccia – che è anc or a e s em pr e (e sempre de v ’ e s s e r e ) - i l p u n g o l o d ella ricerca, anc he in un am bit o o rmai alta men t e f or m aliz z at o c om e la musica d’a m bient e. ( 6. 8/ 10) Vincenzo Santarcangelo Black Zone Ensemble - Life ( 11 - 8 R e c o r d s / S e l f , 2 8 s e t t e m bre 2007) Genere: lounge nujazz Debutta per l’etichetta salentina 11-8 Records il progetto Black Zone Ensemble, creatura concepita da Daniele Miglietta, musicista, produttore e DJ votato al nujazz e alla latin house passando da chill out e lounge, insomma quella roba da camera di decompressione per cervelli stremati dalla fatica del troppo vivere contemporaneo che faccio fatica ad impazzirci però non disdegno, soprattutto quando sono buoni i livelli di cura e convinzione (la “vision” sonora). Come in questo caso, dove appunto la compenetrazione di fregole bossa, ambient, electro e soul-jazz conduce dalle parti del sollucchero inquieto, un danzereccio virtuale che accompagna e blandisce ostentando una vena d’inquietudine per ogni tessitura catchy, arguti fraseggi di piano e tastiera (rigorosamente vintage) a ravvivare il fragrante automatismo dei groove, vampe di tromba (in Fire Dance) e sax (sentitevi l’assolo in Exister) quali opportuni sbalzi umorali. Al microfono si alternano ben quattro gentili vocalist: una disinvolta Stefania Di Pietro (già con Nicola Conte), la svizzera Nathalie Claude (che sprimaccia soul nell’ambientfunk di Give Me A Sign), Valentina Grande col suo agile piglio bossa (in Al Centro De Cuba e Luna Magica) e soprattutto una Violet Sol che spande guizzanti ricami, evanescenze e turgori in ben sette tracce (ragguardevole nella reverie wave-bossa che risponde al nome di Sudbahnhof Train). Degni di nota senz’altro anche gli episodi strumentali, palpitanti di umori world (la conclusiva Mediterranea) e acidule reminiscenze jazz-rock (l’intrigante Unreality Forest). Nulla di nuovo per chi si è già seduto un milione di volte al tavolo del café con Thievery Corporation, Tosca, Zero 7 e - perché no? - Everything But The Girl, ma il piglio e le capacità messe in gioco meritano una certa considerazione. (6.9/10) Stefano Solventi Bogdan Raczynski - Alright! (Rephlex, 19 novembre 2007) Genere: happy drill’n’bass I fan della Rephlex sono già divisi. Chi d i c e c h e s i s t a d a n d o t r o p p a im po r t a n z a a l l ’ e t i c h e t t a e c h i i n v e ce è dal 2002 che attende il ritorno del s a l v a t o r e l ’ a r d k o r e ( y o u k n o w t he s c o r e ) . Bogdan Raczynsky? Chi è costui? Dal suo sito, spassosissimo peraltro, si capisce quel che basta: ragazzo con il cappellino tutto cibo t a k e a w a y, s i g a r e t t e , v e c c h i m o b i l i della vetusta Britannia e laptop. La sua vita è tutta lì e ovviamente nella drum’n’bass arena nella quale può a buon diritto considerarsi un veterano (o un reduce di seconda generazione). Renegade Platinum Mega Dance Attackparty di un lustro fa, nonché l’oscura/oscurata collaborazione con Bjork, lo avevano reso un personaggio più famoso di quello che avrebbe mai sperato, uno Squarepusher stravagante e tutt’altro che complessato. Poi il silenzio, alcune ricette impossibili che campeggiano tra i video e le chat del suo spazio internet, e una spassosa a dir poco biografia svelata a cui vi rimandiamo su Wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/ Bogdan_Raczynski). Oggi l’uomo (classe 1977) ritorna con Alright! e ci stupisce, e neanche poco. Un album videogame in delicato equilibrio tra drum’n’bass e ‘ardkore come non se ne sentono da anni. Stupido e irresistibile come certa happy techno. Cartoon al cubo come soltanto certe cose jap sparatutto (dal vivo suona vestito da Power Ranger fate voi il personaggio). Un album di quaranta minuti c h e è g i à u n c l a s s i c o d e l Tu n z Tu n z Bleep Breakbeat! Musica maraglia genialoide con fuori programma e microtrovate innovative (per intenditori). Ma non è tanto la new thing quello che ci piace del Bogdan, piuttosto, l’ironia che esprime, morbida e leggera, in dialettica con quella dell’Aphex tagliente-comeu n a - l a m a e d i u n Vi b e r t c h e e s y come un formaggio indiano. Chiamatela pure intelligenza breakbeat, questa la zampata che lo distingue dalla bassa padana degli emuli con il trapano, asso nella manica che permette al polacco apolide di starn a z z a r e b e a t e e ff e t t i a n c h e a v e l o cità ragguardevoli (120-140 bpm), senza cadere nell’autoreferenzia lità o nel logorroico. Ridi sempre e mai di lui (l’incedere cartoon dei synth ultracompressi di part 3 e soprattutto quel bofonchiare che incontra il rave di part 4), oltre al fatto che se smetti di sghignazzare trovi trame per la mente da non sottovalutare (part 7). C’è un Raczynsky in ognuno di noi. E attenzione alle ricette! (7.0/10) Edoardo Bridda sentireascoltare 41 B y T h e E n d O f To n i g h t & Te r a Melos – Complex Full Of Phant o m s S p l i t ( Te m p o r a r y R e s i dence, 6 novembre 2007) Genere: math Math a go-go in questo split album che vede coinvolti i texani By T h e E n d O f To n i g h t e i Te r a M e l o s from Sacramento. I primi, quattro cazzoni da provincia americana mettono sul piatto la loro protervia math strumentale, virandola in chiave talmente heavy da apparire più tendenti verso lidi metallosi che altro. A farsi però preferire sono i rari momenti di apparente quiete come Cold Hands, quando sembrano disegnare malevoli landscapes ambient. Un po’ meglio il “lato b” ad appann a g g i o d e i Te r a M e l o s , a l t r o c o m b o dedito ad una sorta di math-noise non originale ma nettamente più schizofrenico e vario rispetto ai compari. Siamo però sempre sulle coordinate di quel suono abusatissimo che partendo dalla Chicago del decennio scorso (diciamo Don Caballero/Cap’n’Jazz) arriva s i n o a g l i H e l l a . Tu t t o g i à e s a u s t i vamente detto e sentito più volte, quindi il giudizio è: “per completisti”. (6.0/10) Stefano Pifferi Carbon / Silicon – The Last Post (Carbon Silicon Records, ottobre 2007) Genere: punk, electro, pop Tutti abbiamo alme n o u n a v a g a idea su cosa voles s e d i r e e s s e r e rivoluzionari - e pu n k - n e l 1 9 7 7 . F igur ia moci Mick Jo nes e Tony J ames, co mpa gn i d i l ungo c or s o aldilà delle rispettive m i l i t a n z e i n 42 sentireascoltare Cl ash e G e n e ra t i o n X ( n o n c h é B i g Audio Dinamite per il primo, Sigue Sigue Sputnik per il secondo). Nel 21° secolo, i due hanno pensato di per pet r ar e l ’ i d e a d a n d o v i t a a u n pr oget t o au t a r c h i c o , b a s a t o s u l l a v e l o c e r e a l i z z a z i o n e e d i ff u s i o n e gratis, ovviamente - di brani in mp3. Q uant o c i s i a d i r i o t i n t u t t o c i ò n o n è nos t r o int e r e s s e s t a b i l i r l o ; p i u t t o s t o, di f r on t e a l p r i m o d i s c o “ r e a le” dei Carbon / Silicon (laddove il carbone è Jones e il silicone sono i c om put er d i J a m e s ) c i p r e m e p i ù di ogni alt r a c o s a t a s t a r e i l p o l s o d i ar t is t i c he o g g i d ì p o t r e b b e r o b e n i s simo passare per sopravvissuti (o, nel peggiore dei casi, mummie). Ma c he, inv ec e , h a n n o s a p u t o g u a r d a r si bene in giro e diventare mentori - e par t e - d i q u e l l o s t r e a m c h e a t traversa, dominandolo, il panorama inglese del nuovo millennio. Il riferimento non è soltanto al Mick J ones deus e x m a c h i n a d e i L i b e rt i nes; s t i a m o p a r l a n d o d i c o m e q u i il songwriting tipicamente punk dell’ex-Clash viene trattato con un s uono e una p r o d u z i o n e i n p a r t e a f f idat i alle m a c c h i n e , d o v e l e c h i t a r re aspre – ma familiari – collidono c on r it m i e b a s i s i n t e t i c i ( n o n s y n t h , at t enz ione) , f r a s u g g e s t i o n i p r o t o new wave alla Magazine e l’indie da c lub de i n o s t r i g i o r n i ( n i e n t e nom i, pot r e b b e e s s e r e f u o r v i a n te); più una bella dose di pop Jam / Kink s ( Th e Wh o l e Tr u t h , Wa r O n Cult ur e) . Ce n’è abba s t a n z a s i a p e r c h i v u o l e a b b a n d on a r s i a l l a n o s t a l g i a e a c er t e s ugge s t i o n i ( M a g i c S u i t c a s e v iaggia s ull ’ a s s e Tr a i n I n Va i n ; e s u Ac t on Zulus p r i m a o p o i t ’ i m m a g i n i entri la voce di Joe Strummer), sia per c hi am a f a r s i s t u z z i c a r e d a n u o - v e s f i d e . N o n s a r à m e m o r a b i l e in s é T h e L a s t P o s t , m a c o n t i e n e una m a n c i a t a d i c a n z o n i c h e s ì , s i f a nno r i c o r d a r e ( l a f i l a s t r o c c a T h e N ew s s u t u t t e ) , e s o p r a t t u t t o c i r i c o r d ano d i c h e p a s t a s i a n o f a t t i i l o r o a uto r i . E p o i , s e l ’ a l t e r n a t i v a è e s s e r e il J o h n n y R o t t e n d e l 2 0 0 7 , l u n g a vita ai Carbon / Silicon. (6.8/10) Antonio Puglia Carta – The Glass Bottom Boat (Resonant, 2007)) Genere: post-rock C a p i t a d i a v e r e t r a l e m a n i u n CD. C a p i t a d i a s c o l t a r l o v e l o c e m e nte e d i b o l l a r l o c o m e i l s o l i t o d i s c o di (post) post-rock. Capita di tornarci su dopo qualche tempo, di dedic a r g l i p i ù a t t e n z i o n e e d i p e n s are c h e i n f o n d o i s u o i c i n q u a n t a s ette m i n u t i d i m u s i c a n o n s o n o p o i c osì male. A patto di riservarli a una domenica pomeriggio in cui si è ben d i s p o s t i v e r s o i l m o n d o e p i e n i di buoni propositi. Q u e s t o l ’ u n i c o m o d o p e r a p p r e zz a r e g l i i n a ff e r r a b i l i a r p e g g i d i ch i t a r r a c h e r e g o l a m e n t a n o i l t r a ffico r a l l e n t a t o d i K a v a n e S o u t h C i r cu l a r s e n z a s b a d i g l i a r e , d i i n c a me r a r e l ’ i m p e t o s t e m p e r a t o d i L a rva s e n z a c h i u d e r e g l i o c c h i n e m m eno p e r u n ’ i s t a n t e , d i g o d e r e d e i c a mbi d i u m o r e d i S i m u l t a n e s e n z a de s i d e r a r e u n c a ff è , d i a p p i c c i c arsi a l l e m o r b i d e z z e d i I f N o t F o r Yo u T h e n N o t F o r M e s e n z a m e t t e r si a p r o g r a m m a r e l e p r o s s i m e v a c a nze e s t i v e . C o l p a d i u n ’ o p e r a q u a s i del t u t t o s t r u m e n t a l e c h e , n e l l a s u a un i formità, pur rassicurando, pur rius c e n d o a s c i o g l i e r e l e t e n s i o n i , pur r i e m p i e n d o q u a l c h e s p a z i o v u oto, p u r g r a t i f i c a n d o c o n l a r a ff i n a t e zza d e i s u o n i e d e l l e t r a m e , p r e t e nd e d a c h i a s c o l t a u n s e n s o m a n i a ca l e p e r l a s f u m a t u r a e u n c a r a t t ere p o c o a r r e n d e v o l e . D i q u e s t i t e mpi, forse, è chiedere troppo. (6.4/10) Fabrizio Zampighi C a r t e r Tu t t i – F e r a l Va p o u r s O f The Silver Ether (Conspiracy International, 15 ottobre 2007) Genere: ambient, new age CarterTutti non è altro che la coppietta dei (rinati) Throbbing Grist- turn it on A l t r o – A s p e t t o ( L a Te m p e s t a / G o o d f e l l a s , 2 6 o t t o b r e 2 0 0 7 ) Genere: dopo-wave italiana C’eravamo qu a s i c a s c a t i a l l ’ i n i z i o , e r i p e n s a n d o c i s ’ e r a p r e f e r i t o p e n s a r l a un a simp atica bout ade, la des c r iz ione di qu e s t ’ a l b u m f o r n i t a c i d a i d i r e t t i inte ressa ti co n un s ar donic o “ s hoegaz e, m a c o l c a n t a t o p u n k ” . A l s o l i t o , no n sa i con che pinz e pigliar li, Alt r o, e que s t a v o l t a s g u s c i a n o c o n a n c o r più ag ilità. C’ è m olt o Set t ant as et t e “ t r ent ’an n i d o p o ” i n q u e l l ’ a u t a r c h i a f i e ra, nello spiri t o c h e f a s ì c h e r e s t i n o g l i s t e s s i s u l p a l c o e f u o r i , a l p u n t o che li potresti v e d e r e t r a i l p u b b l i c o a o s s e r v a r s i m e n t r e s u o n a n o . N o n g l i impedisce di e s s e r e d i v e n t a t i g r a n d i , p e r ò , d i f a r g l i s o t t o s c r i v e r e c h e n o n è co sì male , in f ondo, quella s t r ana f ac c e n d a c h i a m a t a m a t u r i t à a r t i s t i ca . Que sto è Aspet t o: u n d i c i b r a n i c h e s m a t a s s a n o i l b a n d o l o d e l “ t e r z o disco , q ue llo def init iv o” s m ent endo l’as s un t o c o n s o t t i g l i e z z a , e s i b e n d o su on i fin alme nt e adeguat i s enz a s nat ur ar e l ’ i n d o l e c h e d a s e m p r e a c c o m p a g n a i t r e m a r c h i g i a n i . D i c on se g u e n za , la callig raf ia s onor a ha nec es s ar iam en t e s m a r r i t o q u a l c o s a i n i m m e d i a t e z z a , r i p a r a n d o c o n l a p a d r o n a n za de gli sce na ri new wav e c he f ur ono e c he s o n o d i n u o v o t r a n o i . Non pensate a d u n a m o s s a d e t t a t a d a l c o n v e n i e n t e o p p o r t u n i s m o o i g n o r a n z a d e l l a s t o r i a , c h é n o n è da loro: a questo già pr o v v e d e l a m a g g i o r a n z a d e l l a s t a g n a n t e s c e n a m u s i c a l e i t a l i a n a . I l l i n g u a g g i o i n c o n f o n d ibile degli Altro, infa tti, ha t ut t or a m odo di em er ger e c o s t a n t e a l d i l à d e l l e i n f l u e n z e , c h e n o n s i p o s s o n o e v i t a r e m a n e m men o ca lpe star e. Lo t r ov at e c r is t allino e p e c u l i a r e c o m e l a r e g o l a e s i g e , d e n t r o l ’ u g o l a d a p r i m i P u b lic Im a ge Lim ite d in cu i il gr uppo s i s pec c hia s pes s o , v o l e n t i e r i e i n C a n z o n e d i A n d r e a , Q u a d r o A . e P a s s a t o (dove sei, Memo ries?) p i ù c h e a l t r o v e . N o n m a n c a n el l e s p o l v e r a t e d i p a r a n o i a , s t e m p e r a t a d a u n r e s p i r o m a l i n c onico che dire sti a pp artenut o al M or r i ssey r ibelle da c a m e r e t t a ( m a p u r e a l F i u ma n i c i n i c a m e n t e a c u s t i c o : l ’ a ccoppiata pio vo sa Smett er e e Chius o) . Tu t t a v i a , q u a l c o s a s f u g g e c o m e s e m p r e e p e r f o r t u n a , p e r c h é q u a l e r u o l o giocano la frattu rata , fals am ent e im pas s ibile Feder ic o o l a s c h e g g i a G a n g O f F o u r d i R a m i r e z ? E l o s h o e g a z e c h e d a vve r o affio ra da i river ber i di lont ane c hit ar r e nella c i n g o l a t a S t e f a n o , l ’ e c o s u l l a v o c e i n s t i l e P o r n o g r a p h y d i C o l p i to , o la to ccan te 3 1/ 12, nuov o c las s ic o nel s olc o d i P i t a g o r a e C a n z o n e d e l G a b b i a n o ? Cresce nd o all a dis t anz a, l’av v inc ent e r om p i c a p o q u a s i f o r n i s c e u n a c h i a v e : e r a g i à t u t t o p o t e n z i a l m e nte cu sto dito dai due l a v o r i p r e c e d e n t i , a s p e t t a v a s o l o d i p o t e r e m e r g e r e , m a f o r s e c i s t i a m o s b a g l i a n d o . G l i Altro, più che fornire ris p o s t e , p a i o n o p r o p e n s i a i n v e n t a r e d o m a n d e d a l a s c i a r c i i n e r e d i t à . A l s o l o s c o p o d i c o n tinuare la mag ia e pe r ris pet t o del lor o s eguit o, ne s ia m o ( a b b a s t a n z a ) c e r t i . ( 7 . 7 / 1 0 ) Giancarlo Turra sentireascoltare 43 le, quella che ha messo depressione a Genesis P-Orridge quando, tanti anni fa, si è formata, ovvero Cosey Fan Tutti e Chris Carter. Ciò detto, ad alcuni parrà strano che un duetto tale possa produrre un disco di musica ambientale – e, per di più, che utilizza ogni escamotage a disposizione per sembrare un bel disco, un album rilassante. E invece questo è, Feral Vapours Of The Silver Ether, uscito per la Conspiracy International, etichetta (di Carter e Tutti, appunto) nata nel 1982. Nell’ultima frase c’erano però almeno due particolari atti a far ricredere le aspettative, a ponderarle con la storia dei due e la profondità del tempo, cioè una data e il nome della label; entrambe le cose sono memori della separazione del trio industriale, foriera a sua volta della nascita, dal lato genesisiano, degli Psychic TV, mentre, dal lato dei piccioncini (Chris&Cosey), di dischi di synthpop ma anche di qualche episodio di elettronica rarefatta, antenata di quella qui presente. So Slow The Knife ha tanto di corno (l’invenzione arrangiativa migliore del disco, secondo chi scrive) ma anche voci da coro gregoriano (sintetizzate su tastiera); forse però è meglio di quando canta Cosey, che sembra in certi frangenti (Lowlands, che ha di interessante un basso dub interrotto) aspirare alla celestiale ugola che campeggia in Hosianna Mantra dei Popol Vuh (un esempio volutamente notorio). I n e ff e t t i l ’ a ff l a t o c o s m i c o - n a t u r a lista è esattamente l’obiettivo di C & T, p e r a l t r o g i à d i c h i a r a t o n e l precedente Cabal (del 2004) e ora rivangato con visione ancor più trascendentale. A proposito di esempi da enciclopedia della mu- 44 sentireascoltare sica, non si può non pensare alla musica ambientale per aeroporti di B r i a n E n o q u a n d o s i a s c o l t a To m Window; o perfino a Nico (per melodia e timbro) seguendo la voce d i Tu t t i i n W o v e n C l o u d s . L e u l t i m e tracce si aggiornano invece alla seconda metà del decennio Novanta, ridimensionando il respiro newage su un’inquietudine più oscura (Black Dust). Rispuntano il dub, una pulsazione (funerea, ma più vitale del resto del disco), il corno ( F e r a l Va p o u r s ) ; e i l d i s c o i n d o s s a un corpo ectoplasmatico, senza ali o a u r e o l e , g u a d a g n a n d o s i l a s u ff i cienza. (6.0/10) Gaspare Caliri Daft Punk - Electroma DVD (di Thomas Bangalter e GuyManuel De Homem-Christo – Francia, 2006) Se Alive 2007 è electro-dance’n’roll per masse adoranti, Electroma si interroga sulla robotica stessa dal di dentro. Se il primo è rock da stadio il secondo è ambient isolazionista. È curioso come il DVD esca proprio a corollario dell’esperienza superomista dell’ultima tournée (peraltro ancora non conclusa), curioso perché non sembra affatto un impacciato cartoon su due robot che cercano di diventare umani. Piuttosto è la tragedia di due macchine autocoscienti che fallendo nel tentativo di diventare delle posticce caricature di umani (erano felici anche così, e anche funky a modo loro…) decidono di suicidarsi in un deserto rosso di gusvansantiana memoria. Se ancora ci fosse bisogno di verificare lo stretto legame che intercorre tra la moderna grammatica dei videoclip e quella classica della settima arte, ecco che con Electroma abbiamo un case history che frulla e trasuda immaginario cinematografico, ma come se fosse geneticamente modificato dall’estetica video. Per parafrasare i Daft Punk stessi: Electroma è un robotico videoclip che cerca in tutti i modi di trasformarsi in umano cinema. Vista in quest’ottica anche le citazioni sono come un mascherarsi per il pubblico dei festival e servono per farsi accettare presso la comunità cinefila. Il film infatti inizia in un’alba desertica senza declinazioni geografiche di sorta secondo un immaginario preso in prestito da Kubrick (2001: Odissea nello spazio), prosegue come il più classico dei road movie sulle note di Todd Rundgren (Vanishing Point) e si immerge nella tipica paesaggistica da neighborhood americano che è perfetta come una cartolina, ma non accetta i diversi (Twilight Zone e tanta scifi anni ‘50). Non è più il momento per narrare di macchine che anelano ad avere una coscienza propria (HAL 9000) o che già mimetizzatesi tra gli umani vorrebbero durare in eterno (i Nexus 6 di Blade Runner). I robot dei Daft Punk sono più simili a Robocop, hanno problemi di verosomiglianza e di conseguente accettazione sociale, ma sostan- zialmente anche loro si infatuano del sogno americano e vorrebbero farne parte. Il momento del maquillage è quindi tutto giocato con una virginale estasi cromatica di bianco che richiama quella di THX-1138 di Lucas e cerca di convertire il nero androide delle tute e dei caschi in bianco pallore carnale. Ma le maschere umanoidi sono biodegradabili come quelle della Maschera di Cera e di Darkman. Ai due robot non resta quindi che scappare dalla città e ritirarsi a vagare nel nullificante deserto senza tempo e senza storia, già frequentato dai ragazzi di Gerry, cui si fa riferimento anche in senso prettamente cinematogra- fico. Si riprendono i robot a vagare senza metà nella stessa maniera di Van Sant (lenti sfocate, panoramiche laterali, soggettive frontali). Il film termina con un suicidio rituale. Thomas Bangalter preme il bottone dell’autodistruzione ed esplode in un milione di pezzi come il televisore di Zabriskie Point. Guy-Manuel De Homem-Christo, rimasto solo, si spoglia della sua corazza e sulle tristissime note di Jackson C. Frank si lascia bruciare come un Icaro di silicio che ha cercato di arrivare troppo vicino al sole e si è scottato. Vice Re co rds ha pr edis pos t o l’us c ita del DVD n o r d a m e r i c a n o p e r l a fine dell’anno . I n a c c o r d o c o l s i t o u fficia le d ei D af t Punk , s ar à dis t r ib uito in tu tti gli s t or e ingles i il 15 Otto bre 20 07 . Antonello Comunale e Edoardo Bridda Daft Punk – Alive 2007 (Virgin, 19 novembre 2007) Genere: elettrock Do po a ve r p ar lat o di una Daf t gen era tion che a lor o dev e m olt o s e non tutto (PDF N ° 3 6 ) , i D a f t P u n k i n persona metto n o i n c h i a r o c h i s o n o i nu mbe r o ne e lo f anno piaz z ando sul merca t o u n l i v e p a r t i c o l a r e che va a bissa r e , a d i s t a n z a d i d i e c i anni, il prece d e n t e a l b u m d a l v i v o con lo stesso nom e. Al i ve 2007 è sia il be st di una f olgor ant e c ar r iera, sia un abil e g i o c o d i a u t o - r e m i x , o tten uto med iant e l’us o c om binato di Ableton L i v e e s o p r a t t u t t o d i Minim oog Vo yager, v ec c hie m ac chin e d al su ono unic o c o n l e q u a l i p ote r muo ve re lev e e s pinger e bot to ni. Così, in un m is t o d’es alt az ione rave’n’rock , i l s a m p l e c h e d i c e “Te levisio n Ru les The Nat ion” t r o v a in rispo sta q uello di “ A r o u n d T h e Wo rld”, le tracc e di Robot Roc k dialo ga no co n q uelle di O h Yeah, quelle d ella citata Ar ound The W or ld con qu elle di Har der, Bet t er, Fas t er, Stro ng er e co s ì v ia. Ch i ha assist it o alla per f or m anc e d i Be rcy, h a pr at ic am ent e il r es oconto su disc o d i q u e s t ’ e s p e r i e n z a e chi, da lle nos t r e par t i, li ha v is t i a Torin o (con una s c alet t a non t r opp o d iffere nte – leggi anc he la nostra re ce nsione s u w e b , o p p u r e i l pdf n°35) non potrà che rivivere la m a g ia d e l l o s h o w, a p p r e z z a n d o n e in dettaglio i passaggi e le chicche d’ar r a n g i a m e n t o . A p r e s c i n d e r e d i m ix in g l i v e , e d e l l ’ e s a l t a n t e r i u s c i t a di acc o p p i a t e c o m e D a F u n k / D a f t endi r e k t o S u p e r h e r o e s H u m a n Af t er A l l R o c k ’ n R o l l , i l g r a n d e m a del s o n t u o s o s p e t t a c o l o è r a p p r e s ent a t o d a l l ’ a s s e n z a d e l l ’ i m m a g i ne. P u r c o n 5 0 p a g i n e d i b o o k l e t , manca la mega piramide con le ic one r o b o t a t r o n e g g i a r e , m a n c a no i movimenti a tempo dei caschi, il mirabolante show tele-visivo. È un’as s e n z a c h e r e n d e l ’ a u d i o g r a n dguignolescamente monco e che si fa sentire ancor di più quando, nei pochi sprazzi lasciati liberi dal gr oove , i l p u b b l i c o è i n d e l i r i o p r o prio per una sinestesia di sensi e non u n i c a m e n t e p e r i l s o u n d . Vi e n da pe n s a r e c h e c h i c ’ e r a n e s e n t ir à l a m a n c a n z a ; c h i n o n c ’ e r a è giusto che abbia il concerto in DVD (che però non c’è). Come del resto, c once p i t o c o m e i n c r o c i o t r a c o n c e r to rock e one night eletro-house, lo s how è u n i b r i d o t r a l a s i m m e t r i a del ballo per il ballo e l’asimmetria pubb l i c o s o t t o / s t a r s o p r a . L’ i m m a gine n e è d u n q u e u n c o m p l e t a m e n to. E di fatto totalmente da ballare, e quindi più funzionale a uno scopo spendibile anche altrove, il secondo cd (quello bonus nella versione delux e) c o n u n e n c o r e p a r t i c o l a r m e n te legato alle produzioni collaterali ( e da n c e a p p u n t o ) d i B a n g t l e r ( To get he r e M u s i c S o u n d s B e t t e r w i t h You ) d i q u a s i d i e c i m i n u t i . I n f i n e , il v id e o d i H a r d e r, B e t t e r, F a s t e r, St r on g e r ( a n c h e s u Yo u Tu b e , e v o lut o e s p r e s s a m e n t e d a l d u o c o n u n missaggio di riprese di alcuni fan al c o n ce r t o d i B r o o k l y n ) c h e c h i a r i s c e o g n i d u b b i o ; i n d e f i n i t i v a, l’unica – s o b – e r a v e d e r l i d a l vi vo . U n a c q u i s t o p e r f a n e i n d i sp e n sa b i l e s t r u m e n t o d i c o n o s c e n z a per dj che s t u d i a n o d j . A n c h e e i n f i ne, l’arma c o m u n i c a t i v a c o n i l q u a l e i l d u o a ff e r m a c h e n o n c ’ e n é : s u l l o r o te r r i t o r i o , n e s s u n o s t a c o l o . ( 7 .0 /1 0 ) Edoardo Bridda Daniel Higgs – Metempsychotic Melodies (Holy Mountain / Goodfellas, 23 ottobre 2007) Genere: raga-folk L a s a g a m i s t i c a d i D a niel Higgs c o n t i n u a . A q u a l c h e m e s e dal terzo c a p i t o l o s o l i s t a , i l s i n c r eti co A t omi c Y g g d ra s i l Ta ro t , q u e sto quarto atto di devozione (in cima alla mont a g n a s a c r a ) s i c o m p o n e a n co r a d i q u a l c h e p e z z o d i c h i t a r r i s ti co i n d i a n u m e , f a t t o d i r a g a e m i s t i canze che n o n p o s s o n o c h e c h i a m a re a padre p u t a t i v o J o h n F a h e y ; c o m p o si zi o ni e mondi dove, neanche a dirlo, n u l l a s i c r e a e n u l l a s i distrugge. L’ i n t e r e s s a n t e è c a p i r e s e qualcosa comunque possa succedere. L e t r a c c e q u e s t a v o l t a sono solo q u a t t r o – e a d i ff e r e n z a de l p r e ce d e n t e q u i i l b a n j o - c h i t a r r a è su o n a t o c o s ì c o m ’ è , s e n z a f i l t r i rumorosi ( t r a n n e l o p s e u d o - w a h w a h p si ch e d e l i c o d i L e o n t o c e p h a l i n e R h a p so d y , c h e r i c o r d a a l c u n i p assaggi di A R a i n b o w I n A C u r v e d A i r d i Terry R i l e y ) , a c r e a r e u n ’ i n t e r azione più d i r e t t a t r a l ’ i n t r e c c i o n a r rativo e i v o l i p i n d a r i c i d e l l a m e n t e de l l ’ a sco l t a t o r e , c h e s e g u e , a ff r o nta l e r o c a m b o l e r i e d e l l e c o r d e , s i distende n e l l e v o l u t e m e n o t e s e , a bb a n d o n a l ’ a t t e n z i o n e , l a r i p r e n d e , si r i p r e n d e a d i s c o f i n i t o . È t u t t o q ui, e a chi p e n s a c h e g l i s t i a b e n e s ta r à b e n e . R i a p p a r e – c o m e i n Ancestral S o n g s , s e c o n d o d i s c o solista di Daniel – la voce, solo un po’ più enf a t i c a e t a g l i e n t e , i n s o s t a nza meno d e b i t r i c e d i u n a t r i t a t r a d i zi o n e r i s p e t t o a l r e s t o d e l l ’ i m p i a nto. Sarà a n c h e c o n s i d e r a t o u n t ar d i ssi m o h i p p y, H i g g s , m a l o s p o s alizio che e g l i c e l e b r a t r a f o l k e r a ga sembra n o n s t a n c a r e i c o m m e n s al i i n vi ta t i , c o n v i n t i p e r a l t r o d i e s sere a una s a g r a d e l l e s p e z i e . ( 6 . 8 / 1 0) Gaspare Caliri sentireascoltare 45 Darren Hayman And The Secondary Modern - Self Titled ( Tr a c k & F i e l d , n o v e m b r e 2 0 0 7 ) Genere: urban folk-blues Darren Hayman, qui al secondo album solista e negli ultimi dieci anni coinvolto in una serie di formazioni (tra cui gli Hefner poi diventati il suo progetto in solitaria), in realtà lo diresti più americano che britannico. Un suono, il suo, figlio dei Television in primis e del rock USA, a metà tra revival byrdsiano alla Robin Hithchcock e R.E.M., e un incedere nervoso proprio di certa new wave di filiazione UK (di derivazione Elvis Costello) questa volta sì anche se in misura minore. Questo self titled così composito allora colpisce per pienezza di suono, sia quando rifà il verso al Tom Verlaine acido (Rochelle), o al Jagger più blues (Higgins Vs. Reardon, Nothing In The Letter) sia quando si distende nelle ballad ibride folkblues (Elizabeth Duke) di derivazione hitchcockiana (Straight Faced Tracy) in cui la fanno da padrone assoli di banjo, mandolino,violino, ukulele, french horn, oltre ai canonici strumenti. E infatti non sorprende sapere che Hayman fa parte di un supergruppo bluegrass, anche se qua e là non mancano lievi spruzzate di synth, retaggio di una sua fase precedente. Le soluzioni di arrangiamento mai banali e una scrittura effervescente insieme a testi ironici (e tuttavia fatalisti) fanno così la differenza in un disco del genere, che altrimenti correrebbe il rischio di rimanere ancorato a un puro spirito emul. Ma il punto di forza di Hayman consiste soprattutto nell’ essere songwriter accorto e mai banale. (7.0/10) Te r e s a G r e c o 46 sentireascoltare David Thomas Broughton David Thomas Broughton vs. 7 Hearts (Acuarela, 6 novembre 2007) Genere: chamber folk, improv Mini album di 5 pezzi che dura più di un CD medio (un’ora), vede la collaborazione dell’obliquo/ubiquo Broughton con il collettivo di Leeds 7 Hear t s. Q u e s t ’ u l t i m i s o n o d e d i t i a una s or t a d i c h a m b e r i m p r o v m i s t a a jaz z , f o l k e c o n t e m p o r a n e a , c on inf luen z e b a l c a n o - o r i e n t a l i a c om plet ar e l a m i s t u r a . A l b u m r e g i s t r at o in una c h i e s a d e l l a l o r o c i t t à , c om e del r e s t o e r a l ’ e s o r d i o d e l N o s t r o, vs. 7 H e a rt s è u n l u n g o f l u i r e m agm at ic o, i n p a r t e i m p r o v v i s a t o , a c c o m p a g na t o d a g l i a r c h i ( v i o l i n i , c lar inet t o) d e l l ’ e n s e m b l e c h e c o m prende anche un contrabbasso, e dal consueto chitarrismo looopato, che richiama immediatamente la prima opera sulla lunga distanza di Br ought o n , T h e C o mp l e t e G u i de t o I nsuff i c i e n c e , i n q u e s t o c a s o m olt o m eno s c a r n o p e r l ’ a c c o m p a gnamento al seguito. Cos ì l’open e r We i g h t O f M y L o v e as s um e le se m b i a n z e d i u n a d r a m m a t i c a b a l la d n o i r p u n t e l l a t a d a g l i ar c hi c he d i v e n t a m a n m a n o c h a m ber f olk liv i d o , u n a s o r t a d i C a v e primigenio, così come la lunga s uit e No G r e a t S h a k e r c h e f i n i s c e in una c od a s c o m p o s t a . E F i s t e d Hand s i apr e d i s t e n d e n d o s i i n m e lodia per poi richiudersi nel finale, pr epar ando i l t e r r e n o a l l a c o n c l u s i v a Riv er O u t l e t , o d i s s e a n a r r a t i v a e la più scarna del lotto, per voce, c h i t a r r a e d e ff e t t i , m e n t r e g l i a r c h i qui la puntellano sottolineandone i m om ent i più d r a m m a t i c i , f i n o a l p a r os s is m o f in a l e . A l b u m s c u r o , f a i n t r av eder e u n a l t r o p o s s i b i l e p e r c o r s o ( m ent r e f e r v o n o n u m e r o s e a l t r e collaborazioni intanto) e conferma la vena irrequieta e paradossale insieme del musicista di Leeds. In at t es a di alt r i p r o g e t t i ( 7 . 2 / 1 0 ) la provenienza, quali che siano gli interessi musicali sottesi, di una cosa si può esser certi: se nelle note di copertina compare il nome di Paolo Messere, ci si trova davanti a un’opera di confine. Qualc o s a d i d i ff i c i l m e n t e c l a s s i f i c a b i l e , spesso in bilico tra orientamenti m u s i c a l i d i ff e r e n t i , t u t t a v i a q u a s i mai risultato di un girovagare peregrino e senza senso o di idee poco strutturate. N e l c a s o d e g l i a v e l l i n e s i D e n y, il Nostro compare nelle vesti di produttore aggiunto, arrangiatore – c o n i l g r u p p o – e m u s i c i s t a , c o n tr i b u e n d o a m o d e l l a r e u n s u o n o che s a d i p s i c h e d e l i a , p o s t - r o c k , b l u es, n o i s e , m a a l t e m p o s t e s s o e v i t a di dichiarare apertamente le proprie i n f a t u a z i o n i . M a s c h e r a n d o l e g r azie a u n p r o c e s s o d i r i e l a b o r a z i o n e che n o n l a s c i a q u a s i n u l l a a l c a s o , a un a m o r e p e r l e d i l a t a z i o n i s e n s a t e, a u n o s t i l e c h e r i e s c e a d u n i f o r m a re i d i v e r s i i n p u t g e n e r a n d o c r e s c e nd o viscerali (Charles Bonnet Syndrome), viaggi interstellari (Leave Me H i g h ) , d i s t o n i e ( L e a v e s O f G r a ss) , r e m i n i s c e n z e c l a p t o n i a n e i n s a l sa p o s t - r o c k ( O n l y L o v e To . . . ) . I l m er i t o d i t u t t o v a s o p r a t t u t t o a m u s i ci sti c a p a c i e t e c n i c a m e n t e p r e p a r ati, c h e p u r p a g a n d o p e g n o , t a l v o l t a , in t e r m i n i d i l u c i d i t à , n o n m a n c a n o di regalare momenti di rock di sana e robusta costituzione. (6.7/10) Te r e s a G r e c o Fabrizio Zampighi Deny – Sharing Ghosts (Seahorse / Goodfellas, dicembre 2007) Genere: post rock-psichedelia Qualunque sia il nome del gruppo titolare del disco, qualunque sia Donsettimo – Self Titled (Malintenti, 2007) Genere: folk C e s a re B a s i l e s t a f a c e n d o p r o se l i t i . Ta n t o p i ù c h e l o r i t r o v i a m o ora turn it on Boxcutter – Glyphic (Planet Mu Records, novembre 2007) Genere: any(thing)-step avant-ambient Se qu alche gi ov ane lev a è s t at a s om m er s a d a l l ’ e u f o r i a d u b s t e p , n o n m a n cano i salvati . Q u e s t o s e c o n d o a l b u m d i B o x c u t t e r f a b e n s p e r a r e p e r l e sorti de ll’(orm ai indef inibile) any ( t hing) - s t e p . N o n c ’ è c h e l a v a r i a z i o n e infinita all’oriz z o n t e . G u a r d a n d o d i s g u i n c i o a l l e s e m p r e p i ù l o n t a n e / v i c i n e roots, questa è l a s o l a i p o t e s i d i r e g g a e ( s ì , s ì , p r o p r i o l u i ! ) c h e c i p u ò aspettare e c h e f i n a l m e n t e c ’ è . U n ’ a z i o n e m u t a n t e c h e p r e l e v a i l m e g l i o d ai primi va gi t i della Tem pa, dalle s em pr ev e r d i p r o d u z i o n i S o u l J a z z e d a i p assa ti pro ssim i dei nuov i e os c ur i m aes t r i K o d e 9 e B u ri a l , p a s s a n d o p e r la sto ria d i tut t o quello c he è s t at o G iam aica . L’ i s o l a d e l m i t i c o S t u d i o O n e r i t o r n a q u i s p a p p o l a t a , f r u l l a t a e r i m a s t i c a ta. Come nel finale di Guerre Stellari, quando all’ultimo cavaliere Jedi apparivano le visioni dei suoi predecessori, che gli davano “la forza”, Boxcutter ci va giù di viaggio oniricotemporale: Glyphic è una suite da 8 minuti che esplode sui bassi, sui vocals dubbissimi e che sfrutta un sax c h e g r o n d a t u t t o i l j a z z d i c u i a v e v a m o p e r s o t r a c c i a , q u e l l ’ e l e t t r i c i t à c h e p e r s o n a g g i c o m e L u k e Vi b e r t s i permettono di (s)fottere ed elevare allo stesso tempo, Windfall è puro inno minimal dub, cose che si trovano i n q u e i t r i p l i c o f a n e t t i m o n o g r a f i c i d e l l a Tr o j a n o n e i p i ù l o n g e v i a l b u m d i J a h Wo b b l e , a m b i e n t e K i n g s t o n - l i k e in bilico tra elettronica e post-chill. Il go mitolo d el gr im e s i ingar buglia poi nell a g i à c l a s s i c a ( e p u r o d i s t i l l a t o 2 - s t e p ) B u g O c t e t , p e r r i v a lutare con Ru sty Brea k l a v o c e , a l l a b a s e a n c h e d e l l ’ u l t i m o B u r i a l . M a s e i l m a e s t r o d e l l ’ E a s t L o n d o n c i v a d i n u-soul, qui stiamo an co ra s ull’is ola/ pat r ia f elic e del r eg g a e ( v e d i l a s p l e n d i d a c a l m a d e g l i o r g a n e t t i H a m m o n d i n J D u b o la n ostalg ia d ’n’ b di Fox y ) . Chir al è il t oc c o di h o r r o r e d i t e n s i o n e , K a l e i d è n o w - j a z z à l a S q u a re p u s h e r i n a ci d o g rimey e Blosc id è l’om aggio ai s ogni am bie n t d i A p h e x Tw i n . F i e l d t r i p c o n c l u d e c o m e s o l o l ’ A mo n To bin di fine No va nta sa pe v a f ar e, s am ur ai della v ec c hia s c u o l a N i n j a Tu n e . Ba r r y Linn co n ques t o dis c o s e ne v iene f u o r i d a l l ’ a l t r a p a r t e d e l c i l i n d r o a n y - s t e p ; p e r c h é s e m p r e d i b l a ckn e ss stiamo p arla ndo. Solo c he qui il c oniglio no n è i l s o u l , b e n s ì i l m o d e r n a r i a t o r o o t s d i c l a s s e . E d è b e l l o se n ti r e che l’o nd a via ggia anc or a, c r es c endo di c on t i n u o . I l p r i m o a l b u m d i a m b i e n t - s t e p c h e m e t t e r à d ’ a c c o r d o l a g e n e ra zio ne de l ra v e c on quella delle c am er e di d e c o m p r e s s i o n e c h i l l - o u t . C o n t a m i n a z i o n e c o n t a m i n a z i o n e co n ta m i nazione: unica s p e r i m e n t a z i o n e p o s s i b i l e ? P e r o r a s e m b r a p r o p r i o d i s ì . I l d u b s t e p c h e e s c e d a l t u n n el grime a rived er le ste lle. ( 7. 5/ 10) Marco Braggion sentireascoltare 47 anche nelle vesti d i p r o d u t t o r e d i pregevoli esordi dis c o g r a f i c i c o m e questo Donse ttim o. P e r f o r t u n a , verrebb e d a d ire, d al m om ent o c he per un a vo lta no n si t r at t a di s ponsorizzare un giovan e a r t i s t a d a l l e dubbie capacità e in c e r c a d i f a c i l e fama, quanto di ind i r i z z a r e i p a s s i di un musicista – al s e c o l o S e t t i m o S erra difa lco , p iù un a s er ie di v alent i collaboratori a dar m a n f o r t e - t a n t o ispirato qu an to a tipic o. Un m us ic ista rapito da un ca n t a u t o r a t o f o l k struggente e anores s i c o , i n s i d i o s o e smaliziato, figlio d i u n a t o n n a r a e del mare di Sicilia, d e l s u o n o d i u n a banda di paese e di D e A n d r è , d e l l a tradizio ne po po lare it aliana c om e di passioni oltre fr o n t i e r a . S t i l i e input cu ltura li ch e s i m es c olano, dando il la a feste d i s u o n i e c c i t a t i (Mang iacristo ), in trec c i di linee v o- cali sca rnificate (Bo r a Bor a) , ac c elerazioni indolenti i n s t i l e w e s t e r n (A uto sa loo n), o scillaz ioni s inc opate di o tton i e con trabbas s i ( P a t t i n i e lam e), b ran de lli cr epus c olar i ( J ah Mah Elfn aa ). Positivo il giudizio c o m p l e s s i v o s u l disco , con u n vo to f inale c he, c onsiderato l’otto pieno a s s e g n a t o a l lato A e il sei e mezz o d ’ u ff i c i o c h e racimola il lato B, s i a t t e s t a s u u n generoso e stra meri t at o ( 7. 5/ 10) . Fabrizio Zampighi Doveman – With My Left Hand, I Raise The Dead (Brassland, 9 ottobre 2007) Genere: indie folk Il newyo rke se Thom as Bar t l et t , mente e cuore che s i c e l a n o d i e t r o 48 sentireascoltare la sigla Doveman, dopo il debutto di due anni f a ( T h e A c ro b a t ) e d o p o av er s uonat o c o n A n t o n y A n d T h e Johnsons, D a v i d B y rn e e m o l t i a l tri ancora, porta avanti la sua idea di “lamp rock” o “insomnia pop”, definizioni da lui stesso coniate, sempre facendosi accompagnare dai s uoi f id i c o m p a g n i d i a v v e n t u ra, tra i quali compare il nome della nuov a pr om e s s a f o l k S a m A mi d o n . Com e per il s u o e s o r d i o d i s c o g r a f i co i riferimenti più evidenti restano gli Spar kl e h o rs e d e i p r i m i d u e a l bum , il M ark H o l l i s p i ù i n t i m i s t a e i Red House P a i n t e rs c o m e i n t r i s i d i notturna elettronica. Con Doveman, per ò, s i ac c e d e i n u n a d i m e n s i o n e altra, privata e segreta, in cui per ent r ar e oc c o r r e p a z i e n z a e , s o p r a t t ut t o, pr edis p o s i z i o n e p e r c e r t i s o f f er t i paes ag g i s o n o r i . I n f a t t i , Wi t h M y Lef t Ha n d , I R a i s e T h e D e a d r i s u l t a d i no n f a c i l e a s c o l t o , t a n t o è dilat at a e c l a u s t r o f o b i c a l ’ a t m o s f er a, s or r e t t a s e m p r e d a u n a s o t tile tela di nostalgiche malinconie r es a anc or p i ù t r e m o l a n t e d a s u s surri, ronzii e rumori di fondo. Ogni brano – a parte i sette strumentali cinematici posti a spartiacque tra le tracce – parte sempre dallo sfiorare dei t as t i di u n p i a n o , a l q u a l e s i a g giungono meste spazzolate, fiati in s or dina, ban j o e c h i t a r r a c l a u d i c a n t i , i n u n a co l t r e d i f u m o j a z z a t a i n c ui s i ins er i s c e s o m m e s s a l a v o c e di Bar t let t . I l t u t t o s p o r c a t o – M a r k Li nkous do c e t – d a u n ’ e l e t t r o n i c a di f ondo dai t o n i s p e t t r a l i ( l a g l a c i a le G hos t , l’i n d o l e S i g u r R ó s d i Te n der M er c ies , e l ’ a b i s s a l e i m p o n e n z a di Happy ) , i n u n ’ a l t e r n a n z a d i t i m i dez z a e pr e c a r i e t à , s o s p e n s i o n e e minimalismo. Sedici canzoni come nuv ole in v i a g g i o : c o l p e v o l i , s a l - v i f i c h e e i n u t i l i a l l o s t e s s o t e m po, capaci di oscurare o sprigionare lum i n o s i t à , o a t t r a v e r s a r e i l c i e l o di n o t t e n e l l ’ i n d i ff e r e n z a p i ù t o t a l e . È p e r q u e s t o c h e u n a v o l t a a s c o l t a to il disco, come recita Chasing Clouds – stupendo brano già contenuto in T h e A c ro b a t – v o r r e m m o a n d a r e a c a c c i a d i n u v o l e p e r c a r p i r n e i l se g r e t o , a n c h e s e i l c i e l o n o n è n o stro a m i c o e q u a n d o l a m u s i c a s v a n i sce è d i ff i c i l e d a r i c o r d a r e . M a n o n i m p o r t a . P e r D o v e m a n t u t t o è p o s s ib i l e , a n c h e r e s u s c i t a r e i l m o r t o c o n la mano sinistra. (7.3/10) Andrea Provinciali E l t o n J u n k - B e c a u s e O f Te r r i ble Tiger (Forears / Audioglobe, ottobre 2007) Genere: wave rock S i c c o m e h o a v u t o l a f o r t u n a d i co n o s c e r l i e a p p r e z z a r l i f i n d a i p rimi c i m e n t i s u p a l c o , è c o n u n a c er ta s o d d i s f a z i o n e c h e a c c o l g o q u esto s e c o n d o l a v o r o l u n g o d e g l i E l ton J u n k p e r i t i p i d e l l a n e o n a t a e ti c h e t t a f i o r e n t i n a F o r e a r s . D u n q ue, quella band che in qualche demo e n e l t r a v a g l i a t o d e b u t t o M o o d s m e tteva sul piatto l’impeto visionario e l ’ i n t e n s a d e t e r m i n a z i o n e d i c h i p oss i e d e p r e z i o s i s e g r e t i s o t t o c h i ave e u n p o ’ d i g r i m a l d e l l i p e r t e n t are l o s c a s s o , s i p r e s e n t a o g g i c ome u n t r i o d a l p i g l i o d e c i s a m e n t e più asciutto ma l’estro intatto. C ’ è i n s o m m a a n c o r a t u t t a i n t e r a la fregola teatrale così come quella s m a n i a d ’ i n v e n z i o n i s o n o r e ( e le tt r i c h e e d e l e t t r o n i c h e m a a n che a c u s t i c h e e f i n a n c h e “ a r t i g i a n a l i”), p e r ò c o m e c o m p r e s s e i n u n a si l h o u e t t e p i ù a l g e b r i c a , c o m e uno s c a r n o g u s c i o m a t h - w a v e c h e r acc h i u d e u n f o r m i c o l a n t e o r g a n i smo a r t y - g h i r i b i z z i p r o g r e s s i v e , s f r an g i a t u r e p s y c h , b i e c h e c i r c o s t a n ze i n d u s t r i a l , v o l t a f a c c i a n o i s e , s p e rse aciderie quasi folk - in un florilegio di sconcerti sonici, tramestii perc u s s i v i , s c h i a ff i v e t r o s i . Così, quasi di soppiatto, ci ritroviam o a f a r e i c o n t i c o i p a l p i t i i n s i di o s i d i Ta k e I t c h e è q u a l c o s a c o m e i R a d i o h e a d s t r a n g o l a t i d a I ggy P o p , c o n q u e l l a B e c a u s e O f S a t ur n c h e p r e c i p i t a d i v a l z e r i n v a l z e r tra quadrature hard wave tipo i dEUS a rresi a d un as s edio Shel l ac, c o n l’e bb ro ca racollar e Ji m M or r i son tra a ng elici a r peggi Beat l es e s ospe nsion i Tor t oi se di Sis t er , c o i tiglio si ord iti June O f ‘ 44 t r a ir idescen ze son ic he PI L di I Will Run. In oltre , c’è il g higno St ooges s t iliz zato Gang Of Four di 100. 000, u n a Su sp icio n tutta glauc he inquiet udin i, il Joe Spe ncer t allonat o J o h n n y Lydon di Gas olina, lo s t r uggim ento Ba r r ett d i Hur r y Com e Along, i Wir e via Str a ngl er s di La M ont ag no la (unico p e z z o i n i t a l i a n o ) , l a fo sca mala ttia Ni ck Cave am m or b ata p sych d i M r. Sane… Un int r ico ricco e sto r d e n t e . U n a b a n d g i à matura che p e r ò s e m b r a n o n p o t e r fare altro che p r o g r e d i r e , s c o p r i r e , cresce re. Gli elo augur iam o, c e lo a ug uria mo. (7 . 2/ 10) Stefano Solventi En rico en i cola - Press the pul santino (Auteditori, ottobre 2007) Genere: electro/pop I frate lli En ric o e Nic ola Luc c hese brillantem e n t e s i a s t r a g g o n o nell’entità sin t e t i c a E n r i c o e n i cola. La paro l a f r a m m e n t a t a a n z i sconnessa, s c o n c e r t a t a , v i t t i m a d i un’amnesia pa r z i a l e a n z i b e n e d e t t a d a un a pe rdita di c ons uet udine. E il su on o ch e s egue a r uot a, aleat orio e toccante c o m e c e r t i m i m e t i s m i giocattolo da c a m e r e t t a . O v v e r o , p ren diti la tua os s es s ione M ous e On Mar s t as c abile, r ipr oduc ila con sp iglia tez z a ir r is or ia, dis t illane l’allampan a t a a l i e n a z i o n e c o n le sin co pi conc et t uali del Panel l a b attistian o e del Bat t i st i panellian o, acco gli le m elodie s et os e, le p ulsazion i p rof onde, le m ic r or it m i- c he s p r i m a c c i a t e , p s e u d o t r o m b a p s e ud o c l a r i n o - p s e u d o o r c h e s t r a , le tastierine di resina trasparente lav ab i l i i n l a v a s t o v i g l i e , g l i a z z a r d i robofunk come li strattonerebbe un Beck g a r r u l o o i l B a t t i a t o s c i r o c cato, qualche arpeggio a rimagliare b u c ol i c i i n c a n t i t r a m i n i m a l i s m o e c onc r e z i o n i d a d a , c h i n c a g l i e r i e l i quide e c r o m a t i s m i a d o l i o S y l v i a n , s ia f a t t a l a v o l o n t à d i q u e s t a a l i e naz io n e p a s t e l l o n e l l e c a n z o n c i n e ar gut e a c u r a d i n e o m e l o d i c i c y b e r confidenziali, di solito piuttosto s ar c a s t i c i , t a l o r a i m p r e s s i o n i s t i , l a conici, se vuoi pure struggenti. E br a v i , b r a v i d a v v e r o . ( 7 . 0 / 1 0 ) Stefano Solventi Enzo Orefice – The Old Standards (Silta Records, 2007) Genere: jazz Q uel l a d i r e i n t e r p r e t a r e a u t o r i c l a s s ic i c o m e B a c h e M o z a rt i n c h i a v e j a z z is t i c a n o n s i p u ò d e f i n i r e u n a grande innovazione, soprattutto da qu a n d o K e i t h J a rre t t n e h a f a t to una bandiera stilistica per farsi c o n os c e r e a l g r a n d e p u b b l i c o . U n po’ meno scontata è l’operazione d i En z o O r e f i c e d i a d o t t a r e t e m i “classici” come standard sui quali im pr o v v i s a r e , s e n z a r i m a n e r e f e d e li alla p a g i n a s c r i t t a . L’ i d e a i n s é è interessante, non c’è dubbio, anche se, purtroppo, il risultato non lo è altrettanto. Si s a , i l j a z z , a l m e n o q u e l l o p i ù conformista, maggiormente legato agli s t e r e o t i p i d e l b e - b o p ( t e m a im pr o v v i s a z i o n e - r i p r e s a d e l t e m a ) ormai interessa soltanto chi lo p r a t i c a , c h i r i c e r c a l a r a ff i n a t e z z a nella singola improvvisazione, chi am a p e r d e r s i n e i “ d i s c o r s i ” i m p r o v v is ati v i , n e l l e e d u c a t e t r a s g r e s s i o ni a r e g o l e d a t e m p o s u p e r a t e . D a ques t o p u n t o d i v i s t a , s e m b r a c h e non siano passati che pochi anni da quan d o u n a m a n c i a t a d i a n t i c o n f o r m is t i c h e s i c h i a m a v a n o C h a r l i e Par ke r, D i z z y G i l l e s p i e , T h e l o ni ous M o n k , n e i l o n t a n i a n n i ’ 4 0 s c onv o l s e i l j a z z r o v e s c i a n d o c o m pletamente i principi di quella che, alla fi n e d e g l i a n n i ’ 3 0 , s t a v a d i v e n t ando u n a m u s i c a i p e r - c o n f o r m i s t a (la ballabilità e la compostezza). La storia del jazz, così come quella di m o l t e a l t r e m u s i c h e , h a visto, nel c o r s o d e g l i a n n i , s v i l u p p a r si d u e c o r r e n t i : u n a r a d i c a l e e p r o g r e ssi s t a c h e , a t t r a v e r s o i l f o n damentale passaggio del free jazz, ha liberat o t o t a l m e n t e l ’ a t t o i m p r o vvisativo; e u n ’ a l t r a p i ù c o n s e r v a t r i ce, quella d e l r e v i v a l - b o p , r i m a s t a i n ca str a t a i n u n m a n i e r i s m o d i “consumo” c h e , r i m a n e n d o l e g a t o a stereotipi d i g r a n l u n g a a c c e t t a t i d al l a so ci e t à , s i s c r o l l a d i d o s s o t u tti i r i sch i e l e d i ff i c o l t à d e l l a r i c e r c a artistica e s e n e s t a c o m o d a m e n t e relegata n e l c o n f o r t e v o l e c a n t u c c io d e l l ’ i n t r a t t e n i m e n t o . N o n o s t a n t e le buone i n t e n z i o n i , i l q u a r t e t t o di Orefice n o n s i s c o s t a m o l t o d a q u est’ultima p o s i z i o n e , m a n t e n e n d o immutate le regole del gioco pur cambiando i l c o l o r e d e l l e p e d i n e . I n ve ce d e l l e s t r a c l a s s i c h e B l u e M o o n e What Is This Thing Called Love? il pianis t a c a m p a n o p r e f e r i s c e p re n d e r e a m o d e l l o p e r g l i a s s o l i l e D a nze U ng h e re s i d i B ra h ms , g l i St udi p e r p i a n o f o r t e d i C h o p i n , l e Suit e di B a c h e b r a n i f a m o s i , o r m ai popular, tratti dal repertorio classico-romant i c o , c o m e P e r E l i s a d i B ee t hov e n. M a l e b u o n e i d e e e l a b r avu r a te cn i c a d e i m u s i c i s t i n o n r i escono ad e v i t a r e d i f a r p r e c i p i t a r e i l tu tto i n u n ’ a t m o s f e r a s o n n o l e n t a : l e so l u z i o n i s o n o s c o n t a t e , i t e mi lasciati d a p a r t e p e r e s s e r e r i p r e si solo nel f i n a l e , S c h u b e rt e M o z a t ch e n e l l a t r a s f o r m a z i o n e p e r d o n o tutta la l o r o c a r i c a d r a m m a t i c a pe r r i sco p r i r s i j a z z i s t i d a o s t e r i a . Tra le cose migliori risultano, invece, gli arrang i a m e n t i d e l l a S a r a b a n d a e d e l l ’ Al l e m a n d a i n S o l m i n o r e d i J.S. Ba ch . Q u i , i l r i s p e t t o d e l l e c ostruzioni c o n t r a p p u n t i s t i c h e r e n d e p i ù a ffa s c i n a n t e l ’ a t t o d e l l ’ i m p r o vvisazione sentireascoltare 49 e las cia p iù lib ertà alle s t r ut t ur e. I quattro musicisti fir m a n o s o l t a n t o dei brevi inte rlud i s olis t ic i c he, incasellati tra i brani, c o m p l e t a n o u n lavoro discreto, fors e t r o p p o , c h e , in punta di piedi, tr a u n a s c o l t o e l’altro, se ne va ind i s t u r b a t o v e r s o il suo d estino . (5.8 /10) Daniele Follero suonate dal padrone di casa, le chitarre di Ken Nicol (già Steeleye Span) e Kevin Trainor (della Jono Manson Band), gli archi (a cura di Joe Brughton - già Albion Band - e della brava Giulia Nuti) e la sezione ritmica degli emergenti Underfloor, si mettono a scomodare il brio caldo di un Mellencamp in fregola Traffic (Blackpool Babylon), o la polvere di stelle di un Alex Chilton cameristico (Lost Hollywood), oppure la fierezza errebì di un Randy Newmann via Warren Zevon (It’s Tomorrow), quando non addirittura certi vaghi aromi Wyatt tra visioni broadwayane (Endless Flight). La voce di De Pascale è tigliosa e asprigna, ma come si dice getta il cuore oltre l’ostacolo finendo col rivelarsi adeguata a canzoni che hanno il non disdicevole merito d’essere più grandi di lei. (7.0/10) Stefano Solventi Ernesto De Pascale - Morning Manic Music (Il Popolo del Blues / Materiali Sonori, 5 ottobre 2007) Genere: rock blues Debutto in solitario per Ernesto De Pascale, decano della stampa musicale italiana nonché musicista dai trascorsi tutt’altro che irrilevanti (già leader dei fiorentini Lightshine, ha lavorato negli anni con Litfiba, Assalti Frontali, Elliott Sharp, Dr John e Solomon Burke tra gli altri). È un lavoro piacevolmente, generosamente votato a mettere in scena una passione/attitudine matura e radicata, tuttavia ancora capace di un entusiasmo da absolute beginner. Come un sogno rock blues fanciullo lasciato a maturare nel cassetto per anni, quindi fatto trapelare un poco alla volta, nelle prime ore del mattino quando scrivere canzoni è un po’ come mormorare all’orecchio del mondo, o tirare per la giacca certe reminiscenze d’un tempo che fu sì glorioso, tipo una Grace Slick a Woodstock in un’alba mitologica del ‘69, con tutto ciò che questo può ancora significare. Nove tracce in cerca di sbrigliata e struggente intensità, arrangiate senza risparmio ma anche senza boria, dove le tastiere (hammond, mini moog, mellotron, piano elettrico…) 50 sentireascoltare Ewan Pearson - Piece Work (!K7, 27 settembre 2007) Genere: elettronica Piece Work è una doppia raccolta che cerca di ordinare e selezionare il meglio della sterminata quantità di remix di Ewan Pearson, dj e produttore conosciuto anche come Maas per le uscite su Soma a cavallo del millennio. Scorrendo i nomi presenti nella tracklist è già chiara la duttilità del produttore britannico, vent’anni di storia della musica filtrati attraverso l’ottica Pearson, dai Depeche Mode ai Fields, dai Pet Shop Boys ai Chemical Brothers, di cui viene ripresa la visionaria The Golden Path con Wayne Coyne alla voce. E l’ascolto non fa che confermare che ci troviamo di fronte a un professionista del remix. Capace di prendere un brano e di stravolgerlo fino al mimetismo, come capita con il Glass Half Empty(!) Remix di 49 Percent dei Röyksopp, o con la destrutturazione di Outsiders dei Franz Ferdinand, quanto di camuffarlo senza infierire come con I Need Your Love dei Rapture a cui, attraverso pochi essenziali inserti di fiati, donata una nuova rispettabilità disco. (6.5/10) Paolo Grava Fabio Orsi – Find Electronica (A Silent Place / Audioglobe, ottobre 2007) Fabio Orsi/Gianluca Becuzzi – Wildflowers Under The Sofa (Last Visible Dog, ottobre 2007) Genere: ambient, drone Stavolta ad accoglierti è una stanza fredda. Nessuna voce, nessuna traccia umana, all’interno. Un drone algido e cedevole si introduce da una finestra lasciata inavvertitamente aperta, come fosse una slavina di suono. Richiusa, continua ad insinuarsi uno spiffero di melodia in sottofondo, e detriti di rumore tambureggiano sul vetro, e quel vento che continua ad ululare minaccioso ma innocuo (Part 1). Rumori di uno strumento spostato, per sedervi di fronte. Un piano indovina una melodia, si inizia ad avvertire calore nella stanza. Pur sempre sintetico, è vero, ma calore. Poi un arpeggio di chitarra reiterato sdoppiato intrecciato. Come a difendersi dal muro di suono che spaventa incombendo. Poi ancora tastiera, quasi rileyana, e melodia, tanta melodia. E calore. (Part 2) Il vento che si allontana, e guardarlo dirigersi altrove dai vetri della finestra ormai chiusa. Un drone, ancora un drone, ma in dissolvenza, come un miraggio che stenta a voler scomparire, tenace Fata Morgana dura a morire. ( P a r t 3 ) . Tr o v a l ’ e l e t t r o n i c a , q u i . (7.5/10) Fabio Orsi e Gianluca Becuzzi completano la loro trilogia, anche se di trilogia propriamente detta non si dovrebbe più parlare, dal momento che i due sembrano intenzionati a far uscire ancora altre release con la firma di entrambi turn it on Burial – Untrue (Hyperdub / Goodfellas, novembre 2007) Genere: urban soulstep nu-ambient Già lo si era intuito dall’omonimo album dell’anno scorso: Burial si distingueva dalla congrega del grime/dubstep per l’uso innovativo delle voci. La parola cantata insieme allo sprawl londinese risultava elemento di eccellenza rispetto alla pletora di DJ della scena; e lui, anche se conscio di questa sua trasversalità, è sempre stato nascosto, per un anno ha atteso in silenzio. Il silenzio di chi medita. Untrue, come dichiarato dal boss d e l l a H y p e r d u b è h y p e r- s o u l , m a n o n q u e l s o u l c h e c i r c o l a n e l l e p i s t e ( i n f a r c i t o d i r ’ n ’ b e e ff e t t i s p e c i a l i ) , p i u t t o s t o l a s u a v e r s i o n e s u b l i m i n a l e – d e l d o p o G e n e r a t i o n E - , q u e l l a c h e i n d a g a n e l s u b c o n s c i o d e l R a v e r, il portale su una città d’anime senza volto che cercano un riscatto senza nome nel dedalo urbano. L’atte nzion e e la c if r a s t ilis t ic a s i c onc ent r a n o s u l t i m b r o , f i l t r i e t r a t t a m e n t i p e r l e v o c i , u n m a k e - u p b i a n ch i ssi m o che conserva u n p a l l o r e e u n c a l o r e u n i c i . S o t t o / a s s i e m e l ’ o s s a t u r a r i t m i c a , a p p e n a u n f r a s t a g l i o 2 - s t ep, tutt’al p iù spe ed -ga r age s ot t o pr ov et t a. Un t ec h s p o g l i a t o d ’ o g n i c i n e s i c h i m i c a m e n t e i n d o t t a . L a m e t a f o r a è p i ù i l si stema endocr i n o c h e l ’ e s o s c h e l e t r o . I n f i n e l ’ a t m o s f e r a : i l c o l o r e d e l l a n o t t e d i p i n t o d ’ a r c h i . A r c h i i n e chi eterni. L’oscu rità che s i f a wav e, c om e a dir e la s p o r c i z i a p e r f e t t a d e l l e p u n t i n e s u l p i a t t o ( A r c h a n g e l ) , l a breakbeat me dita tion (N ear Dar k ) , ps eudo dr oni e m al i n c o n i e u n d e r g r o u n d ( G h o s t H a r d w a r e ) . È u n d i s c o c h e è un tutt’uno Untr ue , un co nc ept c he m es c ola lam ent i e a m b i e n t i u r b a n i c o m e d e i B o a rd s o f C a n a d a ( l a p e r f e z i o n e d e l l ’ i n tr e ccio in End orp hin o la bellis s im a t ens ione ir r i s o l t a d i I n M c D o n a l d s ) i n c o m b u t t a c o n i M a s s i v e A t t a c k (Shell of L igh t) alla fine d e l c o r r i d o i o m o r r i s o n i a n o . L a s u a c i t t à d ’ e l e z i o n e è B r i s t o l , c i t t à d o v e t u t t o t o r n a d o p o la sbornia d rum’n ’ba ss ( v edi il m inim alis m o di Rav er ) , u n l a s s o d i t e m p o c h e s e m b r a u n a v i t a f a e d è o r a . È un p o’ com e per l’Endt r oduci ng di Dj S h a d o w, B u r i a l c o n i a s u l l ’ o n d a g r i m e u n n u o v o p a e s a g g i o , e proprio come Dav is nel 1996 f ac ev a c on l’hip hop, a n c h ’ e g l i c o n v e r t e o g g i i l r i t m o e l o s p a z i o i n u n ’ o s c u r a o d i sse a n u a mbie nt u rba na. La c om plet a r ius c it a dell’a l b u m è r a c c h i u s a i n q u e s t a f r a s e e i n m e t a f o r e c o m e i l f u o c o d e l l ’ a n i ma ch e b rucia lent am ent e. Una br ac e et er n a t r a u n d e r g r o u n d h e l l e u n b l a c k p a r a d i s e s e n z a c l a s s i n é str a ti fi ca zioni sociali. G i à , i l r i s c a t t o i m p o s s i b i l e d e l l a B r i t a n n i a d i s e m p r e . I l m o t o r e d ’ o g n i r i v o l u z i o n e m u s i c a l e made in UK. So ulstep is t he new lim bo. ( 7. 1/ 10) Marco Braggion sentireascoltare 51 (mentre scrivo avvisto infatti un altro dischetto nuovo su Foxglove!). Probabilmente l’iperpresenzialismo discografico è inevitabile per questo tipo di produzioni (si veda anche il caso di Machinefabriek che ormai vende di tutto, anche i singoli mp3), ma ci si incomincia a saturare e a perdere noi la bussola delle uscite e loro il controllo e la rifinitura sulle proprie produzioni. Wildflowers comunque è ancora al di qua del g u a d o d e l l a q u a l i t à . Tr a t t a s i i n f a t ti dell’ennesimo bel disco dei due, che per l’occasione approdano su un’etichetta specializzata in droni e folk neozelandesi di origine controllata come Last Visible Dog. La chitarra pinkfloydiana dell’inizio si aggancia subito al discorso interrotto con The Stones Know Everything. La malia dei tre lunghi brani è la stessa di sempre, e si utilizzano coscienziosamente soluzioni già indagate nei dischi precedenti che sembrano essere diventate un marchio di fabbrica: il refrain che chiude il primo brano, l’arpeggio mandato in loop che introduce il secondo pezzo ascendendo verso un suggestivo climax, l’utilizzo scientifico e creativo dei field recordings nel terzo. Una malinconica frase di piano fa calare il sipario e risistema sotto il sofà l’odore dei fiori selvatici che a v e v a m o a s c o l t a t o f i n o r a . Tu t t o è tornato alla normalità. (7.0/10) Vincenzo Santarcangelo e Antonello Comunale Federico Aubele - Panamericana (ESL / Audioglobe, 19 settembre 2007) Genere: latintronica Suadente malinconia spalmata lungo miglia e miglia di incommensurabile, utopica strada che attraversa unendolo tutto il continente americano, da Ushuaia (Argentina) a Prudhoe Bay (Alaska) - o viceversa, e viceversa - carezzando coste e tagliando stati come solo una tensione ideale può fare. Cile, Perù, Colombia, Messico, Stati Uniti, Canada: non un confine o un muro che tenga di fronte all’impeto della leggerezza, maturata grazie 52 sentireascoltare all’infusione di morbide concezioni folk (soavi struggimenti da mariachi triste) nel flebile siero sintetico, giusto quel poco di tastiere ed aloni elettronici, quanto basta a sbalzarne il mood in una “consapevolezza di contemporaneità”, in un presente che prova a pulsare vivo. L’ a r g e n t i n o F e d e r i c o A u b e l e , c h i tarrista, già bassista per i Thievery Corporation, compie con questo Panamericana un viaggio prima interiore che geografico, o meglio esplora la geografia delle proprie radici, traducendo la romantica nostalgia che lo muove in tredici accattivanti tracce perlopiù votate ad un reggae-dub screziato di languori tex-mex. Federico è autore di tutti i pezzi, suona la chitarra flamenca con calligrafia intensa e lieve, spalma il piglio del basso tra brume stilose da club, canta con la flemma indolenzita d’un Manu Chao trasfigurato Miguel Bosé, sparge con discrezione le perturbazioni sintetiche e gli s b u ff i d i f i s a r m o n i c a . L o a i u t a n o e non poco un manipolo di amici, tra cui la suadente vocalist Natal i a C l a v i e r, l a p i ù t e r r i g n a A m p a r o Sanchez degli Amparanoia (nella splendida amarezza di Las Cancion e s ) , i l c o l o m b i a n o Ve r n i e Va r e l a e Joey Burns dei Calexico in quella Este Momento che sdilinquisce fiero melodramma tra chitarrine wah, trombe e congas. Una traccia via l’altra il programma si compie accattivante, ipnotico, un po’ monotono. In un presente sabbioso di spersa passionalità, di miraggi impalpabili che dissolvono la crudele insensatezza delle frontiere. (6.8/10) Stefano Solventi Francesco Camattini - Fine della storia (Radar / Egea, novembre 2007) Genere: cantautorato Te r z o l a v o r o p e r F r a n c e s c o C a ma tt i n i , p a r m e n s e c l a s s e ‘ 6 9 , p r o f e ss o r e d i d i r i t t o n o n c h é c a n t a u t ore, d i q u e l l i c h e – e b b e n e s ì - l a pa r o l a s t a s e m p r e u n g r a d i n o s o pra l o s v o l g e r s i d e l l e s o n i c h e c o s e . Ma c’è una sbrigliatezza e un curare l ’ i m p a t t o m u s i c a l e c h e c e l o f a nno c o n s i d e r a r e s o t t o u n a l u c e d i v e r sa, u n p o ’ p a r t i c o l a r e . S ’ a v v e r t e un o s f o r z o d ’ i m m e d i a t e z z a c h e t utto s o m m a t o c o g l i e n e l s e g n o , e s cl u dendo però subito e senza indugio l a s c e l l e r a t a c o m m i s t i o n e t r a folk t e n e r e l l o e r o c k e m o d i s t o r t o d i La v e r i t à t i p r e g o s u l l ’ a m o r e , p e zzo a ff i d a t o a l l e c u r e d i N i c c o l o B o ss i n i , g u i t a r i s t p e r L i g a b u e , e non a g g i u n g i a m o a l t r o . A l t r o v e i n v ece accogliamo con piacere la dolceag r a t i t l e t r a c k , c h e c i r i p o r t a a l l ’ arte a ff a b u l a t o r i a d e l m i g l i o r R o n , q uel f a r e f i a b e s c o t r a a r g u z i a e m a l i n co n i a c h e p r o d u c e u n p o p s ì a c c o mo d a n t e m a d a l b u o n p e s o s p e c i f ico , d e l t i p o c h e s e m p r e m e n o a h i noi p o p o l a l ’ a i r p l a y r a d i o f o n i c o . L i beri d i f r e g a r v e n e , m a c o n t a a n c h e la musica che gira intorno, o no? C o n t a , c o n t a , c o m e s o s t e n e v a a suo t e m p o i l b u o n I v a n o F o s s a t i , n ome c h e v o l e n t i e r i a c c o s t i a m o a l l ’ a c co r a t a m a l i n c o n i a d i E c o e N a r c i so c o s ì c o m e a l l a c u p a I l t r a g h e t t o di C a r o n t e , n e l l e q u a l i O v i d i o , D a nte e L e o p a r d i s i s t e m p e r a n o i n a l l e go r i e p a l p i t a n t i , m e n t r e s u l v e r s a nte d e l d i s i m p e g n o I l p o p r a t o e S o n fe l i c e s c a r t a b e l l a n o t r a s w i n g e m am b o c a b a r e t t i s t i c o l a p r i m a ( e c h i del P a o l o C o n t e d i D a n c i n g r e s i t a ng i b i l i d a l l a p r e s e n z a f a t t i v a d i A n to n i o M a r a n g o l o ) e g a r r u l o v i t a l i smo Ca poss ela la s ec onda. Det t o delle to ccan ti citazioni di Calder on De L a Ba rca ch e inf or m ano l’is panic o la ng uo re di Poc o r epar o e ¿ Q u é e s la vid a? , o ccor r e s ot t olinear e il c imen to orche s t r ale di La c adut a, ov ve ro il mito di Luc if er o r iv edut o s ot to una roman t i c a l u c e - a z z a r d e r e i dire - De buss y, p r e v i o i l g e n e r o s o inte rve nto de i M us ic i di Par m a ar ran gia ti e d iret t i da Alber t o M iodini, col risultato d i s f o g g i a r e g r a n d e u r sin fon ica sen z a gr az iaddio pr os t r azio ni me lò a lla Cocci ant e. Così è, se vi pare, per quel che vale. Gli affamati d’evoluzione & avanguardia ne stiano lontani. Tu t t i g l i a l t r i , f a c c i a n o p u r e u n giro. (6.4/10) Stefano Solventi Grey Daturas – Path of Niners (Rocket Recordings / Goodfellas, Novembre 2007) Genere: drone / noise Con osce vo i G r ey Dat ur as s o l o p e r l’ottimo Copper / Si l ver i n c o m b u t t a co n g li Yello w Sw ans d i q u a l c h e anno fa, e m a i m i e r o a d d e n t r a t o nella loro disc o g r a f i a p e r s o n a l e c h e invece p are alt r es ì c os pic ua. Que sto Path of Ni ner s è in r ealtà la ristampa e u r o p e a d i u n d i s c o uscito l’anno s c o r s o i n A u s t r a l i a , pa ese da cui pr ov iene ques t o t r io de dito ad un a s or t a di pos t - nois edro ne stru men t ale. Il primo gruppo che viene in mente con l’iniziale The New Neuralgia sono i giapponesi Boris, con quella chitarra gravida di distorsione e wah wah, quella batteria tutta rullate e schiaffi al ride e quel basso che ha il suono di un ordigno nucleare. Poi s i v i r a v e r s o s p e r i m e n t a l i s m i indust r i a l ( C r e t i n i s m ) o m i n a c c i o s e div ag a z i o n i a m b i e n t ( A u r o r a A u s t r ali s ) . S u t u t t o c o n v i n c e l a l u n g a G hos t s O f T h e E a s t e r n B l o c k , d e n t r o la q u a l e v e n g o n o f r u l l a t i k r a u trock, post-rock, metal, in maniera non co s ì d i s s i m i l e d a q u e l l o c h e p o t r ebb e r o f a r e d e g l i I s i s i n a c i d o . Disco divertente e per certi aspetti f a s c in o s o m a d e c i s a m e n t e t r o p p o der iva t i v o . ( 5 . 5 / 1 0 ) tuito quest’ultime con altro materiale inedito, (che sarebbe andato ad sommarsi con le prime quattro tracce registrate in una chiesa), il mini avrebbe potuto compiutamente possedere un valore in sé. Le premesse portavano a questo, il marketing altrove. (6.7/10) E d o a r d o Br i d d a Nicolas Campagnari G r i z z l y B e a r - F r i e n d E P ( Wa r p / Self, 9 novembre 2007) Genere: folk pop A un anno di distanza dall’incensat o Ye l l o w H o u s e ( i n t o p a l l e l i s t e d i f i n e a n n o s i a d e l N e w Yo r k T i mes che di Pitchforkmedia) i Grizzly Bear di Edward Droste e co., sono già un’altra cosa o perlomeno, con un piccolo aiuto dei friends, si stanno attrezzando per diventarlo. Praticamente uno short album, almeno nella durata, l’eppì contiene sia rivisitazioni di materiale edito (da soli come in compagnia) sia versioni cover dello stesso, dove gli amici reinterpretano i brani dei B e a r. A l l i g a t o r ( c o n o s p i t i B e i r u t e Dirty Projectors), traccia che nel debutto contava poco più di un minuto, diventa un’open song cavernosa e trascendentale come piacerebbe agli Akron Family; Little Brother (Electric), originariamente s u Ye l l o w H o u s e , c a m b i a p e l l e i n un misto di sapori confident cinquanta (le voci) e cacofonie tipicamente seventies rock in crescendo; e Shift (da Horn of Plenty), dapprima registrazione lo-fi, sboccia in una sublime ballata dal gran arrangiamento vocale. Proprio su questo aspetto infatti si concentra il mood quieto e ecclesiastico delle rivisitazioni, nonché la vera cifra stilistica della band, ovvero i cori e i contro cori (emblematica Deep Blue Sea, l’unico inedito della raccolta). Da segnalare inoltre l’inframezzo strumentale afro-free, Plans (con nervature laptop), e i n f i n e l e c o v e r, n e s s u n a i n d i s p e n sabile - come nessuna nemmeno i n s u ff i c i e n t e - d i C S S , B a n d H o r s e s e A t l a s S o u n d . Av e s s e r o s o s t i - J a c k i e O ’ M o t h e r f u c k e r – Va l l e y O f F i r e ( Te x t i l e , 2 7 n o v e m b r e 2007) Genere: psichedelia L’ a t t a c c o è p i ù c o s m i c o del solito. U n a l u n g a s u i t e s t e l l a r e a passo c a d e n z a t o s u u n a r o u t e americana e l o s g u a r d o r i v o l t o a l c ie l o . Sing Yo u r O w n S o n g r e g a l e r à momenti d i p u r o p i a c e r e s e n s o r i a l e a g l i e sti m a t o r i d e l k r a u t p i ù l i q u id o e o n i r i c o , d i c i a m o p u r e t r a Tangerine D re a m e C a n . I J O M F o r ma i l a vo r a n o d i m e s t i e r e c o m e t u t t i i musicisti n a v i g a t i , m a l ’ i s p i r a z i o n e la avverti a n c o r a n e l l e m a n i d i To m Gr e e n w o o d s o p r a t t u t t o q u a n d o arrivano c o s e c o m e We A r e / C h a nn e l Ze r o c h e c h i u d e i l d i s c o c o n v enti minuti v e n t i d i r i t m i c a f r e e , n e n ie d a p e l l e r o s s a i n t r a n c e , c h i t a r r i n e l i se r g i c h e a d i r r e t i r e g r a p p o l i d i co ste l l a z i o n i c o m e s e i n o s t r i a n dassero a p e s c a n e l m a r e m a g n u m del cosmo. I l c u o r e d i q u e s t a v a l l e di fuoco è p e r ò c a l d o e a c c o g l i e n t e co m e u n a c a n z o n e c a n t a t a i n t o r n o a l fo co l a r e . I l b r a n o d a c u i p r e n de il titolo i l d i s c o è u n a b a l l a t o n a y ankee, un p o ’ N e i l Yo u n g , u n p o ’ B ob D yl a n , u n p o ’ c a m p f i r e s o n g “ a n i malesca”. E a n c o r a T h e Tr e e , a l t r o congegno f o l k b l u e s c h e s o r r i d e a l la grande tradizione della canzone popolare americana. I JOMF sono una garan- sentireascoltare 53 zia co me semp re, a nc he s e diff ic ilmente to cche ran no d i nuov o i v er t ici di Fig. 5. Certo … una v ec c hiaia del genere mi sentir e i d i a u g u r a r l a un po’ a tutti. (6 .5/1 0) Antonello Comunale Jesu – Lifeline (Hydra Head, 23 ottobre 2007) Genere: doom ambient Sarebbe un’impresa quasi impossibile spiegare ad un alieno appena sceso sulla terra che Jesu è un progetto che proviene dalla stessa mente che ha dato vita ai Godflesh e agli Head Of David. Eppure, l’animo umano è così volubile da riuscire a produrre manifestazioni espressive così diverse, quasi agli antipodi. Questa forse sarebbe la risposta più appropriata alle richieste meravigliate del nostro amico extraterrestre. Incontri alieni a parte, anche a noi, che Broadrick lo conosciamo bene, stupisce un bel po’ il percorso intrapreso con la sua ultima e prolifica creatura (questo EP è già la quinta uscita in sei mesi a firma Jesu!), alla quale si dedica anima e corpo da un paio d’anni. Quattro brani inediti, figli dell’ultima release sulla lunga distanza Conqueror e che non aggiungono molto, se non in termini di “accessibilità”, allo stile shoegaze ormai ben definito del progetto: tempi dilatati, atmosfere che dondolano tra il doom e l’ambient e una spiccata vena melodica. Se però Conqueror conservava ancora una certa irruenza metal-rumorista dietro una facciata calma e sognante, Lifeline addolcisce ancor di più i toni, dando vita a un sound che, personalmente, almeno nei primi due episodi (la title rack e You Wear Their Masks), mi richiama alla mente addirittura i Cure di Disintegration leggermente più dissonanti. Sorprende di più l’attrito stilistico tra la voce soul della cantante Jarboe e i riff metal di Storm Comin’ On, mentre End Of The Road ricalca più fedelmente lo stile di Conqueror. La versione giapponese contiene due bonus track. Ma non credo valga la pena fare un viaggio così lungo per due versioni alternative. (6.4/10) Daniele Follero 54 sentireascoltare Jonathan Kane – The Little D r u m m e r B o y ( Ta b l e O f T h e E l ements, 15 novembre 2007) Genere: instrumental blues Q ues t o ep d i 1 5 m i n u t i b u o n i s i i n carica di ricordarci dell’esistenza di J onat han K a n e , u n a d e l l a p r i m e v it t im e ec c e l l e n t i d e l b r u t t o c a r a t tere di Michael Gira, con il quale litigò furiosamente all’epoca della prima formazione degli Swans. “I’m l e a v i n g t h e b a n d ! ” d i s s e l u i . “ Yo u ’ r e already out of the band!” gli rispose G ir a. Più o m e n o q u e s t o l o s c a m b i o finale tra i due. Ma questa è storia. Per v enir e a l l ’ a t t u a l i t à T h e L i t t l e Dr um m er B o y è u n t r a s c u r a b i l i s s i m o d i s c h e tt o c o n u n u n i c o b r a n o , che distilla il chitarrismo southern di Kane funzionando praticamente c om e un ou t t a k e d a l s u o p r i m o d i s c o s olis t a, i l F e b ru a ry d i d u e a n n i f a . D a v v e r o p o c a c o s a . Tr a l ’ a l t r o nel genere in oggetto si continua a pr ef er ir e Ch r i s B r o k a w, p i ù v e l v e t t iano e s ex y d e l m o n o l i t i c o e m o n o c or de Kane . ( 5 . 8 / 1 0 ) Antonello Comunale Joni Mitchell – Shine (Hear / Universal, 24 settembre 2007) Genere: cantautorato rock Ogni nuovo disco proveniente da artisti che furono grandi decenni addietro porta con sé un’inevitabile domanda sulla sua “necessità”. Ci si chiede, in parole povere, se abbia ancora un senso oggi ascoltare musica che - se di per sé non è a ff a t t o “ v e c c h i a ” - v i e n e a l t r e s ì proposta da chi il meglio lo ha ormai alle spalle. Il tempo passa, va bene, tuttavia abbiamo visto fior di “anziani” uscirsene con lavori sorprendenti e capaci di ridimen- sionare la più parte delle nuove g e n e r a z i o n i . Ta l e n o n è i l c a s o d i Joni Mitchell che ha infine ceduto al richiamo delle sirene dopo aver sbattuto la porta disgustata dal mercato discografico un lustro fa, imbolsita dai tentennamenti e gli inciampi seguiti al suo ultimo disco degno di menzione (Night Ride Home, A.D., 1991). Sappiate che Shine non apporta novità clamorose: porge in loro vece dieci brani (più l’antica Big Ye l l o w Ta x i c h e r i e m e r g e i n p i a c e vole foggia cajun) che posseggono antichi aromi, pensati al pianoforte nella stessa magione di tronchi che partorì For The Roses. Piace pensare che l’ambientazione abbia in qualche modo benedetto il disco, non esente da pecche e con tutto ciò il suo più riuscito da tre lustri in qua (non quel gran pregio, forse ma tutto sta nell’accontentarsi). Se è inevitabile l’enfasi senile con cui la Signora affronta temi sociali e in fondo perdonabili gli arrangiamenti a tratti appannati, l’insieme merita rispetto e non solo. A convincere più del resto contribuiscono il tenue acquerello Strong And Wrong, la spigliata sintesi stilistica This Place e If, atmosferico adattamento di una celeberrima poesia di Kipling. S u t u t t o s i i m p o n e u n a c l a m o r o sa , j a z z a t a B a d D r e a m s i n t e s s u t a con c o r d e v o c a l i a n n e r i t e , q u a n t o d i più v i c i n o a l l a M i t c h e l l c h e f u e c h i ssà, p o t r e b b e e s s e r e a s s a g g i o d i a v ve n i r e o c o m m i a t o d i l u s s o . A n d r e bbe b e n e l o s t e s s o , p o i c h é a s e s s a nta q u a t t r o a n n i - d u e t e r z i a b b o n d an t i d e i q u a l i t r a s c o r s i a t r a c c i a r e un esaltante romanzo sonoro - non è l e c i t o p r e t e n d e r e d i p i ù , a n c h e solo turn it on P e r c e e P - P e r s e v e r a n c e ( S t o n e s T h r o w, 1 8 s e t t e m b r e 2 0 0 7 ) Genere: hip hop John Percy S i m o n h a i n i z i a t o a m e t t e r e i n f i l a l e p r i m e r i m e n e l B r o n x , n el lo nta no 1979. All’et à di ot t o anni. Da a l l o r a q u a s i t r e d e c a d i c i s o n o volu te p er a rr iv ar e al par t o dell’album d’es o r d i o v e r o e p r o p r i o . U n a v i t a passata a reg i s t r a r e m i x t a p e s , c h e p o i a n d a v a a v e n d e r e p e r s t r a d a , a i con ce rti o sul m ar c iapiede ant is t ant e l’ingr e s s o d i F a t B e a t s , s t o r i c o n e gozio di disch i n e w y o r k e s e . È s t a t a q u e s t a p e r s e v e r a n z a , p e r l ’ a p p u n t o , a consentirgli d i c o n s o l i d a r e n e l l ’ u n d e r g r o u n d u n a f a m a e d u n a r i s p e t t a b i l i t à che già gli p r o v e n i v a n o d a l l a r e a l i z z a z i o n e d i a l c u n i p e z z i p i o n i e r i s t i c i negli Ottanta. A p e r m e t t e r g l i , a l t r e s ì , d i e n t r a r e i n c o n t a t t o c o n m o l t e d e l l e figure emerge n t i d e l l ’ h i p h o p d e i N o v a n t a : l a s u a v o c e è s t a t a c a m p i o n a t a d a Dj Sha dow per Napalm Br ain/ Sc at t er Br a i n d a E n d t r o d u c i n g . . . e s o n o a rriva te le pa r t ec ipaz ioni agli album di Aes o p R o c k , J u r a s s i c 5 , W i l d c h i l d , J a y l i b , E d a n , F o u r Te t . P e a nut Butter Wo lf ed Ego n della St ones Thr ow lo hanno i n f i n e c o o p t a t o e d o p o u n a m a n c i a t a d i s i n g o l i è g i u n t o qu i n d i l ’ a l b um, d eg no fr ut t o della non s c ont at a c ollab o r a z i o n e t r a m c P e r c e e P e M a d l i b : i l f a s t r a p d e l v e t e r a n o n e l l ’ a l ve o delle comples s e , v e r s a t i l i e d i n c o n f o n d i b i l i s t r a t i f i c a z i o n i d e l p r o d u t t o r e p i ù c o o l e d o t a t o d e l d e c e n n io. L’esito è strep itoso nella quat er na iniz iale: la s er r a t a e c a u s t i c a i n v e t t i v a d i T h e H a n d T h a t L e a d s Yo u , l a c o mmovente The Man to P r ais e, f ier o s guar do r et r os pet t i v o a l l a s u a v i t a , L e g e n d a r y Ly r i c i s t e d u n a Wa t c h Yo u r S t e p insieme a Vinnie Pa z e G ui l t y Si m pson, p e z z o d i v e n t a t o g i à d a u n p a i o d ’ a n n i u n p i c c o l o c l a s s i c o d i c a s a S t o nes Throw. Do po u na fa s e int er loc ut or ia, ar r iv ano le bo r d a t e d e l l ’ i n c a l z a n t e P u t I t O n L i n e e d i l r a p r o c k d i s c u o l a Def Jux d el tra vo lge nte duet t o c on Aesop Rock ( Th e D i r t a n d F i l t h ) . N e l l e c o n c l u s i v e R a w H e a t e T h e L a d y Behind Me il sig illo è rise r v at o, r is pet t iv am ent e, alle e s o t i c h e e s i n c o p a t e m o v e n z e f u n k e d a l l e s u a d e n t i e c a l d e n o te so u l di un Madlib c o m e s e m p r e i s p i r a t o . Mister Joh n P er c y Sim on può andar ne or g o g l i o s o : l a s u a p e r s e v e r a n z a è s t a t a p r e m i a t a . N o n g l i d ia m o to r to q ua nd o affe rm a per ent or iam ent e: “ All I c an s a y i s t h a t h a r d w o r k p a y s , M C P e r c e e P i s t h e m a n t o p r a i se .” M a ssimo rispe tto. ( 7. 5/ 10) Alarico Mantovani sentireascoltare 55 al pensiero di qua n t e n e h a n n o seguito le o rme di lir ic a int r os pezione, imb raccia nd o la c hit ar r a o sedute die tro al pia no. Ben ( r i) t r ovat a, Jo ni. (6 .6/1 0) Giancarlo Turra m or bido s o u l e g g i a r e d i C l o s e r ) , i l cui falsetto schiarì la via a Junior c om e a m ol t i a l t r i i n t e r p r e t i d e l l ’ i s o la. Ben cantato ed eseguito, il CD ha dalla sua una ben congegnata scaletta (citazione d’obbligo per il s alm odiar e c a d e n z a t o S a l o m o n , l a s inuos a Zio n Tr a i n e u n ’ a r c i n o t a m a par t ec ip a t a A i n ’ t N o S u n s h i n e a f ir m a Bi l l Wi t h e rs ) e c e n t r a i n p i e no l’at m os f e r a c a s a l i n g a e i n t i m a - a un c er t o p u n t o , i n l o n t a n a n z a si odono alcuni latrati - col quale è stata concepita l’intera operazione, r es t it uendo c i u n M u r v i n s c i o l t o e pr es ent e no n o s t a n t e l a s e s s a n t i n a as s ai pr os s i m a . G r a z i e d e l l a s o r pr es a, gar ç o n s . ( 6 . 7 / 1 0 ) Giancarlo Turra J u n i o r M u r v i n – I n n a D e Ya r d (Makasound / Goodfellas, 18 giugno 2007) Genere: roots-reggae Etichetta di piccole d i m e n s i o n i e c i ò nonostante battaglie r a , l a f r a n c e s e Makasound. Dotata d i u n a c e r t a inventiva inoltre, a g i u d i c a r e d a l l a serie In na De Ya rd c ui appar t iene anche questa ric o m p a r s a s u l l e scene di Jun ior Mu r v in. Una s or t a di version e g iama ica na della m oda “unplug ge d”, ved e a lc uni nom i del reggae - Earl Chinn a S m i t h , R a s Mich ael Junior e Li nval Thom p so n quelli di spicco c h e v i s i s o n o cimen tati - d arsi a d ac us t ic he, distese rivisitazioni de l r o o t s - r e g g a e , adeguate allo “yard” , i l g i a r d i n o s u l retro di casa dove le s e s s i o n i s o n o registrate in una so r t a d i o m a g g i o alle origini di questa m u s i c a . Buon a la forma di M u r v i n , l a c u i l a fama è soprattutto le g a t a a u n s o l o straclassico brano. A s u o t e m p o prodotta d a Le e Perr y, P o l i c e A n d T hiev es fu d ifatti un s uc c es s o, r iletto ma gn ifica men te dai Cl ash s u l loro alb um d’e so rdio e r iv elat os i lussu oso tra ino de lla c ar r ier a - nonché di un omonimo, p r e g e v o l e d i s c o edit o su Isla nd - de l Nos t r o. O v v iamente presente, fa b e l l a m o s t r a d i sé senza svela re i tr ent a anni s ulle spalle, seduta c o m o d a m e n t e tra due oma gg i a Cur t i s M ayf i el d (una Gip sy Wo man d i s c r e t a m a lievemente tirata pe r l e l u n g h e , i l 56 sentireascoltare Lamps – Self Titled (In The Red / Goodfellas, ottobre 2007) Genere: garage’n’roll Il classico disco targato In The Red. Sguaiat o, u r l a t o , d i s t o r t o , m e g a f o nato rock’n’roll dei primordi sputato in f ac c ia al l ’ a s c o l t a t o r e s e n z a g r a zia né rimorsi. Passato e presente, Cr am ps e B l a c k L i p s , c h i t a r r e v i n tage scordate e catastrofismo fuzz, m e l o d i e a ff o g a t e e u r l a d a r e i e t t i , t am bur i s c o m p o s t i e b a s s i d a w a v e dev iat a, O b l i v i a n s e I n t e l l i g e n c e , frustrazione e sconquasso, pochi ac c or di in p o c h i m i n u t i p e r t a n t o s udor e e t a n t i s s i m a e n e r g i a , p u n k nois e abr asi v o e m a n i a c a l e . Primitivi come solo il rock’n’roll sapeva, sa e saprà sempre essere, i tre Lamps definiscono la propria musica mongoloid frenzy music. Non si può non essere d’accordo. (6.8/10) il suo nome nella storia dell’avanguardia jazzistica: basti qui citare i Room, fondati nel 1986 insieme a William Winant e Chris Brown; l’International Creative Music O r c h e s t r a c o n i l t a s t i e r i s t a Wa y n e Horvitz e il più recente trio Maybe Monday, insieme a Fred Frith e il suonatore di koto Miya Masaoka. Per non parlare delle sue attività collaterali di compositore di musiche da film (Letters Not About Love) e saggista (il suo saggio “Strategies For Structured Improvisation” è stato pubblicato nella raccolta di scritti di compositori, curata da John Zorn, Arcana). Il trio Larry Ochs Sax & Drumming Core, nel quale il saxofonista amer i c a n o a ff i a n c a d u e b a t t e r i s t i , S c o t t Amendola e Don Robinson nasce nel 2000 come esperienza estemporanea, di passaggio, per dimostrarsi presto una realtà tutt’altro che transitoria. Un album (The N e o n Tr u t h , B l a c k S a i n t R e c o r d s , 2002) e, soprattutto, un’attività live di tutto rispetto, ne sono la garanzia più concreta. Ed è proprio dall’esperienza dal vivo che Ochs ha tratto ispirazione per il secon- Stefano Pifferi Larry Ochs Sax & Drumming Core – Up From Under (Atavistic, 2007) Genere: new new thing Il sassofonista newyorchese Larry Ochs, classe 1949, è ricordato finora soprattutto per il suo progetto principale, che segue da quasi trent’anni e sul quale ha centrato principalmente la sua carriera, il Rova Saxophone Quartet. Ma sono, in realtà, molte di più le occasioni nelle quali Ochs ha scritto do capitolo discografico della form a z i o n e . A ff a s c i n a t o d a l l ’ a c u s t i c a d e l Te a t r o F o n d a m e n t a N u o v e d i Ve n e z i a , s p e r i m e n t a t a n e l 2 0 0 2 durante il primo tour europeo della band, il trio, due anni dopo, trova la possibilità e il tempo di ritornarci per registrare alcuni brani con il teatro completamente vuoto e con le attrezzature da studio. Ne sono venute fuori otto registrazioni che godono dell’aspetto positivo di entrambe le situazioni, l’impatto di- retto e il feeling che si crea nella performance live, e la resa sonora ottimale, ottenuta con le attrezzature di uno studio di registrazione “fuori” dallo studio. Up Fro m Und er c onf er m a il f as c ino d i Och s p er l’i m pr ov v is az ione s t r ut turata, una co m m i s t i o n e d i s c r i t t u r a e libertà esec u t i v a c h e n e l j a z z h a ra dici b en p rof onde, e la s ua c apacità di far ris uonar e nel s uo s t r umento cinqua n t ’ a n n i d i s t o r i a d e l l a musica afroam e r i c a n a . I l s u o s t i l e filtra la vee m enz a im pr ov v is at iv a d i Joh n Coltra ne at t r av er s o A l b e r t Ayle r , Br a xto n e l a N e w T h i n g . P e r il modo in cu i p a s s a t o e p r e s e n t e , Or nette Cole m an e M at s G ust af ss on, si incro c i a n o i n l u i e p e r i l suo atte gg iam ent o s em pr e aper t o a n uo ve solu zio ni t im br ic he e c om positive, non su o n e r e b b e t a n t o s t r a n o d efin irlo u n p os t - m oder no, un m em bro ormai dec e n n a l e d i q u e l l a “ n e w thing della n e w t h i n g ” c h e d a g l i a nn i setta nta s i im pegna a s uper are la stag ion e r adic ale e apoc alit t ica del free. Il tentativo di r i n a s c i t a d e l g e n e r e passa anche d a q u i , d a i f r a s e g g i torrenziali di O c h s , d a u n a s e z i o n e ritmica che s e g u e i s e n t i e r i a p e r t i d al sa x co n un inc eder e c he pas sa con disinv o l t u r a , i n u n o s t e s s o b ran o, da l fun k al r oc k per poi infrangersi in ta n t i p i c c o l i p e z z e t t i n i assolutament e l i b e r i d i m u o v e r s i i n q ua lsia si d irez ione. ( 7. 6/ 10) Daniele Follero Lento – Earthen (SupernaturalCat / Audioglobe, 9 novembre 2007) Genere: heavy-ambient Non suona s o l o l e n t o c o m e d a nome, ma an c h e p e s a n t i s s i m o i l quintetto rom a n o , g i à i n c o n t r a t o i n occasione del l a c o l l a b o r a z i o n e c o n gli Ufomammu t . U n s u o n o e s t a t i c o e trascendent e c h e , n o n o s t a n t e g l i o vvi refe ren ti ( I si s e Neur osi s s u tutti), ha la ca p a c i t à d i n o n r i s u l t a r e ma i o pp rimen t e o c hius o in una auto refe ren zia lit à c he da s em pr e r appresenta il lim i t e p e r c e r t i s u o n i . Il su on o de i s et t e pez z i s t r um enta li d i Ear then è v a r i o e s c r e z i a t o , potente anch e g r a z i e a g l i i n c a s t r i d elle tre chita r r e m a non è m ai ba- nale. Non solo pachidermici assalti guidati dalle tre chitarre, insomma, ma indagini condotte nel sottosuolo di un s u o n o a l t r i m e n t i t r o p p o i n f l a z iona t o . N o n d i r i s e n t i t a e b a n a l i z z at a a l t e r n a n z a v u o t o / p i e n o p a r l a no i cinque, bensì di una continua immersione/emersione in un suono h e a vy s e m p r e p i ù s a t u r o o s e m p r e più d e s o l a t a m e n t e a l t r o , c h e p r o c e de spesso per pesante sottrazione. Se Hadrons e Need sono monolitici assalti in the vein dei citati maestri, le sorprese vengono dai pezzi in cui, nonostante la potenza di fuoco, i cinque procedono per riduzione. Subterrestrial e la conclusiva Leave soprattutto mettono in atto un processo di immersione in un suono che diventa drone-oriented, al limite dell’ambient più scura e s o ff o c a n t e . M a è l o s c a n d a g l i o gettato nel profondo vuoto dell’animo di Emersion Of The Island a lasciare a bocca aperta: emotività repressa, striature da microsuoni, interferenze, una quiete apparente troppo simile alla rassegnazione. Nel suo genere, decisamente ottimo. (7.0/10) Stefano Pifferi U n s a s s o a d a g i a t o s u l l a sabbia e i c e r c h i c o n c e n t r i c i c h e s i diramano c o m e o n d e . P r o b a b i l e c h e Ens o sia l a n a t u r a l e e v o l u z i o n e ( o filiazione) del progetto “alfabeti_linguaggi” ins t a l l a z i o n e c o n d i v i s a c o n Gia nluc a B e c u z z i e i n c e n t r a t a s u ll ’ i n te r cu l t u r a , s u l l e s c r i t t u r e e s u i linguaggi d e l m o n d o . E p r o p r i o B ecuzzi qui siede in cabina di regia per produrr e e d e s a l t a r e l e q u a l i t à sonore di u n l a v o r o c h e s i b a s a p r oprio sulla t r a s c e n d e n z a n e l s u o n o . I l suono di u n o S h a k u h a c h i c h e a p r e l ’ o r i zzo n t e e c h e è “ s o t t i l e c o m e la lama di u n a k a t a n a e d e l i c a t o c o me un fiore d i l o t o ” o a n c o r a i c i n g u e t ti i d i ch i ss à q u a l i u c c e l l i , o r i g l i a t i in chissà q u a l e o c c a s i o n e . E n s o è u n l a vo r o c h e s i a l l i n e a c o n a l c u ne recenti p r o d u z i o n i d e l l a R o o m 4 0 , in special m o d o i l d o p p i o a n t o l o g i c o dedicato a d O z u , m a c h e r i s e n t e m o l to a n c h e d i c e r t a e s t e t i c a E C M. Il d i se g n o d e l l e t r e l u n g h e c o mp o si zi o n i f a p e n s a r e a d u n o S t e p han Micus a n c o r a p i ù a s t r a t t o e d i so l a zi o n i s t a . L a s u g g e s t i o n e i n q u esto caso è p a r e n t e a l l o s c o p o c h e Tu r r a si p r e f i g g e . A ff r e s c a r e u n a grandiosa i d e a d i U n i v e r s o c o n i l mi n o r i m p i e g o d i e n f a s i . D a l e g g ersi anche c o m e e s p e r i e n z a p s i c o - sensoriale v e r a e p r o p r i a . L a q u a l i t à del suono i n q u e s t o c a s o s i i n t e g r a co n i r i fe r i m e n t i a l l a c u l t u r a n i p p o n ica. Turra u s a l o S h a k u h a c h i e c e r t i accenti di g a g a k u , i m m e r g e n d o l i i n u n va cu u m o n i r i c o e o t t u n d e n t e . U n ca n to t r a t t a t o s u l f i n i r e d e l s e c o ndo brano p o t r e b b e s o n o r i z z a r e q u a lch e te r r i f i c o k a i d a n . I l p r o c e d i m e nto non è p o i c o s ì d i s s i m i l e d a q u ello usato d a F a b i o O r s i i n O s c i . In questo caso come in quello l’idea, gli elementi e i suoni di un luogo (il meri- L u i g i Tu r r a – E n s o ( S m a l l Vo i ces, novembre 2007) Genere: zen elettroacustico Ens o è u n t e r m i n e n i p p o n i c o c h e s i gnifica cerchio e calligraficamente è il s i m b o l o p i ù d i ff u s o i n G i a p p o ne. P u ò a s s u m e r e d i v e r s i s i g n i f i c a t i, m a p r e s u m i b i l m e n t e è n e l l ’ a c c e zione di “Universo” che lo intende L u i g i Tu r r a , c e l e b r a t o s o u n d a r t i s t italiano, qui al suo debutto su Small Vo i c e s . L a c o p e r t i n a è u n ’ a l t r a chiave per entrare in questo lavoro. sentireascoltare 57 dione p er Orsi, il Giappone per Tur ra) concorrono a dis e g n a r e u n ’ i d e a di U niverso, ch e è pr im a di t ut t o menta le e po i so no ra. ( 7. 3/ 10) Antonello Comunale male/female con tanto di rapporto di coppia, Eloe Omoe sono quanto di più lontano dall’hype da coppia promiscua à la White Stripes/Fiery Furnaces/Kills, per intendersi. Slabbratissimi e distorti, apparentemente senza la minima cognizione di causa su cosa o come stiano suonando, tanto primitivi quanto spontanei i due intessono lunghe suite di free-metal improvvisato che, a dirla tutta, alla lunga stanca un po’. La press-sheet cita i GodHeadSilo ma il paragone non sembra reggere: non può l’assenza di chitarra avvicinare questi pivellini ai prime-movers. (6.0/10) Stefano Pifferi Mammal – Lonesome Drifter (Animal Disguise, ottobre 2007) Eloe Omoe – Marauders (Animal Disguise, ottobre 2007) Genere: blues industriale / free-sludge-metal Gary Bea uvais n on è s olo il los c o figuro ch e sta d ietro la Anim al Disguis e, la be l da l ca t alogo da r iv alutare, ma anche i l r e s p o n s a b i l e unico de ll’effe rato p r oget t o di pow er ele ctro nics a nom e M am m al . L o n e som e Dr ifte r per ò s egna il distacco dal passato h a r s h n o i s e p e r affonda re le un gh ie in una s pec ie di morb oso blu es iper dis t or t o incentrato sul concep t d i u n a “ e p i c a soundtra ck sulla d ep r es s ione industriale d ella città ” (!) . Idea pretenziosa ma che colpisce nel segno, sin dall’iniziale Repulsion: se riuscite ad immaginare 10 minuti di (maci)lento e mantrico blues harshnoise, beh ci siete. I lenti avvitamenti di basso e chitarra creano magmatiche textures e ipnotiche ripetizioni il cui retrogusto industriale lascia trasparire una desolazione prossima al nichilismo. Le atmosfere etimologicamente heavy disegnano una densa nebulosa grigio-paranoia che apre però nuovi ed imprevedibili squarci sulle evoluzioni future di Mammal. Non a caso il sottotitolo dell’album è proprio This Is Both The End And The Beginning. (6.8/10) L’altro disco targato Animal Disguise è l’esordio lungo di Eloe Omoe. Duo 58 sentireascoltare The Marigold - Erotomania (I dischi del Minollo / Deambula Records, settembre 2007) Genere: rock wave Un trio da Chieti molto motivato e ben s palleg g i a t o d a l l ’ a m o r e v o l e t e nac ia di m i s t e r U l a n B a t o r A ma u r y Cam buza t , p r o d u t t o r e d i q u e s t o loro esordio su lunga distanza che m et t e in f il a n o v e t r a c c e e u n ’ o s sessione dark wave veemente e i n s i d i o s a . To r v e c o n g e t t u r e q u i n d i , s t r at t onat e d a g l i u l u l a t i a l l a r m i s t i c i delle c hit ar r e , d a l l a n e v r a s t e n i a i n v as at a del c a n t o , d a l l ’ i m p e t o t r i b a l / m ar z iale de l d r u m m i n g . U n i m p a s t o ossessivo che ci porta nei dintorni della br um a J o y D i v i s i o n p e r ò i n a s pr it a di r ud e z z a A P e rf e c t C i rc l e ( v edi l’or gia s t i c a - è i l c a s o d i d i r e - O r gy ) , o p p u r e a n z i s o p r a t t u t t o i n un m alanim o c a l i g i n o s o e a s p r i g n o à la Cur e, a v e n d o p e r ò l ’ a c c o r t e z z a di c ar ac olla r e & t r e m o l a r e t r a c i g o lii v is ionar i B a u h a u s e p s y c h - b l u e s per nic ios o ( v e d i l ’ i m p e t u o s a A S i m ple Ref lex To T h e L i g h t , o q u e l l a Dogm a c he s i a v v a l e d e l l a u l t e r i o re chitarra di Umberto Palazzo dei Sant o Ni en t e ) . Va det t o pe r ò c h e a l t r o v e l o s c e n a r io c am bia e p a r e c c h i o , c o m e q u a n do in M er c u r y u n p a s s o r o b o t i c o e l e eluc ubr az io n i e l e t t r o n i c h e s c o m o dano i pr im i s c a p e s t r a t i N o t w i s t ( e un po’ anc h e g l i A i r, m a v i e p p i ù p e r il cantato in francese), così come sconcerta la deriva esotic/psych tra djem bee s yn t h i r i d e s c e n t i d i 9 %. Va det t o per ò c h e l a t a z z a d i t h e ( a v v elenat a) d e i N o s t r i s e m b r a e s s e - re principalmente quella turgida & s c o r t i c a t a d i M o n g o l i a ( p a r e n t e fi n d a l t i t o l o d e i C S I p i ù t o s t i , c o n l’ e b o w s e n z i e n t e d i C a m b u z a t e uno x i l o f o n o a p e t t i n a r e i l m i d d l e e i ght) e d i q u e l l a t i t l e t r a c k c h e c h i u d e il p r o g r a m m a c o l d e l i r i o g u i z z a n t e di f l a u t i e u n a f o g a c o r r u s c a d e g n a di c e r t i G u n C l u b . Te a t r a l i e o m b rosi c o m e s i c o n v i e n e a l g e n e r e , m a so p r a t t u t t o c o n v i n t i f i n d e n t r o l e o s sa . Aspettiamoci del buono in futuro. (7.0/10) Stefano Solventi Miranda & The Creeping Nobodies – Split cd (FromScratch / Goodfellas, novembre 2007) Genere: indie Due formazioni strambe e fuori moda si incontrano in uno split cd breve e intenso, dall’artwork delizioso. Dei nostrani Miranda avevamo apprezzato il post-rock abrasivo e spigoloso del precedente Rectal Exploration, ma li ritroviamo ancor più sghembi e groovey nei 4 pezzi di loro competenza. Aperture free, ritmi (quasi) danzerecci, sincopi basso/batteria, grooves malatissimi, breaks ipnotici; i tre dimostrano di essere ormai un gruppo senza più riferimenti precisi ma in grado di organizzare un meltingpot musicale eclettico e sempre più indefinibile. D e i v e t e r a n i c a n a d e s i o r m a i s i do v r e b b e s a p e r e t u t t o , s e s i è a m an ti dell’art-rock più deviato. Cabar e t t i s t i c i e s g u a i a t i , a s i m m e t r i ci e c l a u d i c a n t i , i c i n q u e s o n o d i q u ella p a s t a d i m u s i c i s t i c a p a c i d i s a lire sui tavoli di uno scalcinato e semid e s e r t o b a r d i p r o v i n c i a p e r u r l are turn it on Sachiko – Kunado (Utech Records, novembre 2007) Genere: drone industrial Un a mu sica c he è c om e un laghet t o z en da l l e o n d e c o s m i c h e . O n d e c h e san no ag itarsi c om e m ar ee o dileguar s i do l c e m e n t e n e l l ’ u n i v e r s o . S a c h i ko è un a su per ba geis ha dei dr ones . G ià b a s s i s t a i n O v e rh a n g P a rt y e Kousokuya , ques t a as t r al m is t r es s i n c a r n a a l l a p e r f e z i o n e i l l a t o p i ù e pico-e sisten z iale della m ent alit à nipponic a , l a d d o v e l e Tu j i k o N u r i k o e le Sa wako ne r appr es ent ano il v er s ant e più l e g a t o a l l e t r i s t e z z e c o n t e m p ora ne e che pr opr io in G iappone s em br a a r t i s t i c a m e n t e a l l ’ a v a n g u a r d i a (si gu ard ino anc he alc uni f ilm di Tak es hi Ki t a n o e K i y o s h i K u r o s a w a ) . M a Sachiko non s i f a s p e z z a r e i l c u o r e d a n e s s u n o , p e r c h é i l s u o c u o r e è g i à in partenza u n b u c o n e r o a b i s s a l e . I l p r i m o b r a n o è u n m a e s t o s o r i t u a l e e so terico p er es or c iz z ar e quas ar e s uper no v a . F a s c i o p p r i m e n t i d i d r o n e s e fo late d i n ote t ir at e in delay dai r if les s i s t e l l a r i , e u n a v o c e c h e s i f a e c o d i s e s t e s s a i n u n p r o c e s s o c he se m b r a in finito . Semb r a il s uono c he pot r ebbe es pr i m e r e u n a N i c o s g a n c i a t a d a q u a l s i a s i a p p i g l i o t e r r e n o . M a no n è so l o con le carezz e c h e S a c h i k o o t t i e n e q u e l c h e v u o l e . S a c h e a l z a n d o i l t a s s o d i n o i s e , t r a s f o r m e r à l e carezza in sch iaffi e qu indi Rout e 21 e Cos m ic G ar den s e m b r a n o s u o n a t e d a i T h r o b b i n g G r i s t l e d e l 3 0 0 0 . G a k i d o No M o r i e Ch iacon a Un d Konz er t I n G M oll s ono di nu o v o e s t a s i c o s m i c a e c a n t o d a c e r i m o n i a l e z e n . S a c h i k o n o n è fo r se d ive rsa da lla pr inc ipes s a f ant as m a de I Rac c o n t i d e l l a L u n a P a l l i d a D ’ A g o s t o d i M i z o g u c h i , u n o s p i r i t o del male suo malg rad o m a pieno di una s olit udine im p e n e t r a b i l e c o m e i m p e n e t r a b i l e s e m b r a l a s u a m u s i c a . ( 7 . 5 /1 0 ) Antonello Comunale sentireascoltare 59 le proprie canzoni in c u r a n t i d i t u t t o e tutti. Per inquadra r l i d i c i a m o c h e potre bb ero e ssere d ei Fal l v i s i o n a r i e ubriachi in fissa c o n m a r c e t t e d a paese, mu sica d eser t ic a e ps ic hedelia d’a ccatto . Asp et t iam o f r em enti il nu ovo Augur s & Auspi ces s u D eleted Art; po treb be es s er e la definit iva co nsacrazion e. ( 6. 7/ 10) Stefano Pifferi N a t h a n F a k e - Yo u A r e H e r e E P ( B o r d e r C o m m u n i t y, d i c e m b r e 2007) Genere: electro ambient In attesa di futuri sviluppi, Nathan Fake capitalizza il successo del fortunato Drowning In A Sea Of Love dello scorso anno con un eppì di cinque brani più un video (http:// w w w. y o u t u b e . c o m / w a t c h ? v = 0 r g _ I x 1 3 D h e ) . S i t r a t t a d i Yo u A r e Here, la bella traccia dalle bucoliche trame psych, qui presente sia in versione originale sia in quella live (per mano dello stesso Fake) e r e m i x ( i l p r e z z e m o l o F o u r Te t ) , d i u n i n e d i t o ( C a s i o Tr i a n g l e T h r o u g h A Granular Synth) e della versione (sempre in autoremix) di Stops (il brano d’apertura di Drowing dalle f r a g r a n z e p r i m o A p h e x Tw i n ) . L a m a n o d i F o u r Te t d à a l b r a n o u n a dilatazione techno-trance con car e z z e d a l v a g o s a p o r e To r t o i s e ( u n a chicca), quella di Nathan (anch’essa in distensione) propende invece verso un house casalinga stile Kim Hiorthøy in combutta con James H o l d e n ( d i s c r e t a ) . L’ i n e d i t o n o n è altro che uno spegnimento di circuiti robot di 30 secondi e il videoclip, pur concettualmente valido (mix tra ripresa e disegno cartoon digitale), s o ff r e d i u n a r e a l i z z a z i o n e f r e t t o l o - 60 sentireascoltare sa (o di un intervento grafico non eccezionale). Per dj chill out soprattutto. (6.5/10) Edoardo Bridda N i c k C a v e & Wa r r e n E l l i s - T h e Assassination of Jesse James By The Coward Robert Ford OST (Mute / EMI, 12 novembre 2007) Genere: gothic folk La pr em iat a d i t t a C a v e & E l l i s c i r i prova col cinema western un anno e s pic c ioli d o p o l a t u t t o s o m m a t o r ius c it a s ou n d t r a c k p e r T h e P ro p o si t i on. I l p r e t e s t o s t a v o l t a è u n f i l m del rampante regista australiano Andr ew Dom i n i k b a s a t o s u l r a c c o n t o di Ron H a n s e n c i r c a l a v i c e n d a di Jesse James e di come fu ucciso. Un po’ c om e i n v i t a r e l a l e p r e a c o r r er e, ins om m a , e d i f a t t i l e q u a t t o r dici tracce in programma emanano t ut t a un’ep i c a s p e r s a d a r o m a n t i cismo fatalista, fosco, amniotico. Non m anc a n o – c o m e a v r e b b e r o pot ut o? - la p r o p e n s i o n e a l m e l o dramma dell’ultimo Re Inchiostro e la s olenn i t à g o t i c h e g g i a n t e d e i Di r t y Thr ee , s f r o n d a t e p e r ò d i q u e l qualc os a di t r o p p o c h e l e h a r e s e t alor a indig e s t e . Sar à la t r a m a t e n d e n t e a l d i s c r e to quando non al minimale delle orchestrazioni - piano o chitarra, un basso profondo ma riguardoso, il v iolino m a i e c c e s s i v o , i n t e r v e n ti di mandolino e tastiere - oppure s ar à l’as s en z a d e l l a v o c e , e c a p i r e t e c he non s t i a m o p a r l a n d o d i u n a voce qualsiasi. Magia del cinema o m eglio del f a r e m u s i c a p e r i l c i n e m a. Q ues t o s p e c c h i a r s i n e l l o s p e c chio opaco di celluloide che libera la visione laterale del duo, distilla le r is pet t iv e c a l l i g r a f i e s p i n g e n d o le a narrare con forza e concisione tenendo al centro la loro natura di c hios a s ono r a . Ve d i c o m e l a t o c c a n t e Falling o l ’ i n i z i a l e R a t h e r L o v e l y Thing r ies c a n o a c o n c i l i a r e s t r u g g i mento e rarefazione, un dispiegarsi at t onit o c he i n v e s t e a n c h e i l c a r a c ollar e wait s i a n o d i C o w g i r l , s m o r z ando gli e v e n t u a l i e c c e s s i a n c h e dei m om en t i p i ù “ c i n e m a t i c i ” – ç a v a s ans dir e - t i p o A n o t h e r R a t h e r Lov ely Thin g o d e l l a s t u p e n d a S o n g For Bob. De t t o c i ò , p o t e t e c o n s i d e - r a r l o t r a n q u i l l a m e n t e u n g u s t oso antipasto per il nuovo Cave & The B a d S e e d s , a t t e s o p e r m a r z o 2 0 08 . M a c ’ è i l r i s c h i o c h e r i s p e t t o a q ue l l o s i r i v e l i u n p r e d e c e s s o r e p i u tto sto impegnativo. (6.9/10) Stefano Solventi Orion Rigel Dommisse – What I W a n t F r o m Yo u I s S w e e t ( L a n g u a g e O f S t o n e s / D r a g C i t y, 2 5 settembre 2007) Genere: cantautorato folk moderno La poetica da folletto nordico c h e s s ò , u n a H a n n e H u k k e l b e rg s m a r r i t o s i c h i s s à c o m e i n u n m o ndo civilizzato vissuto con ingenuità e d i s a g i o – e s e m p l a r e , a t a l p r o po s i t o , l ’ i n c o n t r o - s c o n t r o t r a l ’ a r r an g i a m e n t o c l a s s i c o e l ’ e l e t t r o n i c hina p o s t - 9 0 s d i L i t t l e N e i g h b o r o S i mon Sent For Me. U n a c l a s s i c i t à e s i b i t a c l a s s i c a ( Al i c e A n d S a r a h , C a p r i c o r n ) , v i s s uta i n d i e ( A s h e s F r o m Yo u r B u r ning L a n d ) c h e n o n p u ò c h e r i c o r d ar e J o a n n a N e w s o m o C o l l e e n , no n f o s s ’ a l t r o c h e p e r l ’ u t i l i z z o d i s tr u menti – l’arpa, il violoncello – e una d i s c i p l i n a v o c a l e m u t u a t i d a l f olk t r a d i z i o n a l e ( l a v o c e r i c o r d a i n più d i u n ’ o c c a s i o n e Va s h t i B u n y a n ) . Q u a n d o q u e s t i e l e m e n t i s i f o n d on o n a t u r a l m e n t e i n u n ’ u n i c a , s p l e n dida canzone, vien da gridare al capolav o r o ( F a k e Ye r D e a t h , S u i c i d e Kiss ( B e c a u s e D e a d ) ) ; e s i è q u a s i t en t a t i d i c r e d e r e c h e l a g i o v a n i s s i ma c a n t a u t r i c e d i B a l t i m o r a , M a r y l a nd, O r i o n R i g e l D o m m i s s e s i a v e n u t a al mondo che già conosceva la canz o n e t r a d i z i o n a l e p e r f e t t a , c h e già p o t e v a c a n t a r e d i a m o r e , d i m o rte, d i v i t a . D i s p i a c e , s e m m a i , p e r c erte stucch evole zz e ( l’ar pa di Lit t le Neig hb or e Ca pri c or n c he s em br a ins eguire la formu l a v i n c e n t e d i J o a n n a Newsom) e a l c u n i i n c o n t r i a m e t à strada solo i n p a r t e r i u s c i t i ( c h e bisog no c’e ra di t r at t ar e elet t r onicamente alcu n i s u o n i ? ) . C o m u n q u e un gra nd e e so r dio ( 7. 3/ 10) Vincenzo Santarcangelo Pangolinorchestrà Ex-perimento #5 (CSC / Idee Nere / Stella Nera, ottobre 2007) Genere: impro / avant Garrulo irato n o n s e n s e , t e r r o r i s m o frug ale d ad a, c i s ono m os t r i nell’ar ia tra note e tit o l i c h e m o s t r a n o u n o sta r sop ra al m ondo c om e una c os a ch e s’o pp on e al non es s er c i, v iv a qu ind i e g raziaddio. Pangolinor c hstrà è un meg a c o m b o , o e n s e m b l e di - contiamol i - d i e c i e l e m e n t i , d u e batterie e un b a s s o , v o c i , c h i t a r r a , elettronica e u n b e l p o ’ d i o t t o n i . Tra i n omi co inv olt i, quelli di G i G asp arin e Jacopo Andr eini, oc c upazio ni prin cip ali c hit ar r a per il pr im o e sax alto pe r il s ec ondo, agit at ori ipe rattivi del s ot t obos c o im pr oavan t da un bel po’ di t em po a questa parte. Dic e v a m o l ’ e s s e r v i v i , l o sp asmo vitale , il s ens o di pat r im onio sonico (c u l t u r a l e ) s q u a r c i a t o e quindi aperto a l l ’ i n f e z i o n e d i t u t t o quel che pullu l a n e l l ’ a r i a d i s o n i c o (e cultu rale ). Volendo, pos s i a m o i n d i c a r e q u a l e co rrisp ettivo il Vi ni ci o Capossel a scrittore, che m i è v e n u t o i n m e n t e le gg en do le fr as t agliat e not e di c op ertin a a ll’insegna d’un f ebbr ic it ante cut up. Mus i c a l m e n t e p e r ò è t u t t o un impastar fa n f a r e e p s i c h e d e l i a e b alcan i e n o wav e e t r opic i e deserto e bolero e p u n k e f u n k d e n t r o la pig na tta d ’un jaz z m ut ant e & ir r i- verente, free ovvero libero da altre pr eoc c u p a z i o n i s e m a n t i c h e / f o r m a l i che non l’espressione più bruciante e immediata di sé. Ecco quindi una Per D o m e n i c o M o r e l l i c h e è b o s s a di pa e s e a l l a f r o n t i e r a d o v e s i s f a l dano limiti e steccati e confini, che poi è b l u e s , n o i s e , j a z z , m a r c i a b a l canica e via discorrendo. Ed ecco i m us c o l i t e s i n e l d e l i r i o p a r a p s y c h i co western e scricchiolanti litanie di M o s t F i r e s S t a r t S m a l l . E d e c c o i l br as s f u n k d i S v e d e s e d i s t e s o , c o n la c h i t a r r i n a J e f f e rs o n A i rp l a n e ( ! ) e il g r a c i d i o e l e t t r i c o e q u e i s a x c h e s c ior i n a n o f r a g r a n z e “ e t i o p i q u e ” . Ed al t r o a n c o r a t r a m i s t i c h e m i n g u siane e frenesie scat scaracchiate c on d i g r i g n a n t e g o l i a r d i a , t r a i s t e r i ci cicalecci che quasi ti scomodano il Wa t e rs d i U mma g u mma e s o g n i di m a r z a p a n e v e l e n o s o , t r a m e d i t a z ioni v i s c h i o s e e f u r i o s e c e n t r i f u ghe d’arcaico e modernità. La vita, dic eva m o . L a v i t a . ( 7 . 3 / 1 0 ) Stefano Solventi Pantaleimon – Mercy Oceans (Durtro Jnana, 19 novembre 2007) Genere: folk Dal 1999, anno di pubblicazione di Tr ee s H o l d Ti me , s u o p r i m o d i s c o , molte cose sono cambiate nella vita di An d r i a D e g e n s , i n a r t e P a n t a l e i mon, e la sua musica è cambiata d i c o n s e g u e n z a . C o m e a ff e r m a l e i s t es s a i l c a r a t t e r e r u v i d o e s e n z a ba r i c e n t r o d i q u e l d i s c o e r a i n qualche modo diretta conseguenza del s u o s t i l e d i v i t a , a l l ’ e p o c a n o m ade e “ h o b o - l i k e ” . M e rc y O c e a n s è probabilmente il suo opposto. Un lav or o m o l t o m e d i t a t o , l a c u i g e s t a zione si è protratta per due anni e m ez z o , p a s s a n d o p e r v a r i s t u d i d i r egist r a z i o n e , c o n l a b e n e d i z i o n e degli amici di sempre: Colin Potter e Da v i d Ti b e t . M e r c y O c e a n s h a una purezza di intenti che è propria solo delle migliori pagine del british f olk d i c u i P a n t a l e i m o n r a p p r e s e n ta la più credibile discendente. Un dis c o c h e s i b e n e f i c i a d i c o m p a r s a t e ec c e l l e n t i c o m e B a b y D e e , I s o bel C a mp b e l l , K e i t h Wo o d ( H u s h Ar bo rs ) , e J o h n C o n t re ra s e c h e manifesta la sua ragion d’essere s ulla b a s e d i a r r a n g i a m e n t i d a l c a - r a t t e r e q u a n t o m a i m i n i m a l . Under t h e Wa t e r è s o l o l e i e l a su a ch i tarra, doppiata appena in un paio d i p u n t i . L a m a g n i f i c a e l e g i a d i We L o v e h a g i u s t o q u a l c h e intervento in più: una base di tastiera, le dopp i e v o c i e b a s t a c o s ì . A n d ria non ha b i s o g n o d i p a r t i c o l a r i t r u c chetti per e s a l t a r e l a q u a l i t à d e l l e s u e ca n zo n i . S o l o l a b e l l i s s i m a B o r n In to Yo u f a s p r e c a r e u n p a i o d i t r a cce in più i n f a s e d i m i s s a g g i o . L e i sa che il f o l k è u n l i n g u a g g i o c h e basta a se s t e s s o p e r t o c c a r e l e c o rde giuste c h e s i h a n n o d e n t r o . C o s ì The Sun C a m e O u t , R a w H e a r t , At Dawn s o n o b r a n i d a l l a m a l i a classica. Una questione di scrittura e di imm e d e s i m a z i o n e n e l l e p r o pria voce e n e l l e p r o p r i e p a r o l e . I e ri c’erano N i c k D r a k e e A n n e B r i g g s . Oggi c’è A n d r i a D e g e n s , i n a r t e Pa n ta l e i mon. (7.3/10) Antonello Comunale Pascal Comelade – Mètode De Rocanrol (Discograph / Self, 23 novembre 2007) Genere: toy folk music A ff a s c i n a , d i C o m e l a d e , l a d i m e n s i o n e l u d i c a a p p l i c a t a a u n co n ce tt o t o t a l e d e l l a m u s i c a . K ur t We ill o i F a u s t p e r l u i p a r i s ono, se lo s p i r i t o c h e l i r i l e g g e r e s t a r i d a n ci a n o e s t r a l u n a t o , a m e z z a via tra il p a t a f i s i c o e i l d a d a i s t a . Questo fa d i P a s c a l u n c o m p o s i t o r e d a l l a ci f r a i n c o n f o n d i b i l e , n o n o s tante con g l i s t r u m e n t i g i o c a t t o l o si si a n o g i à m i s u r a t i i n t a n t i p r i ma e dopo d i l u i . P o c h i , p e r ò , c o n altrettanto d i s p i e g o d i c l a s s e e i n v e nti va ve r s a t e n e l l a s c r i t t u r a , q u a s i nessuno c o n l a m e d e s i m a v a r i e t à e co sta n z a d ’ i s p i r a z i o n e i n u n a d iscografia a s s a i a m p i a : l o c e r t i f i c a no illustri sentireascoltare 61 personalità del rock a u t o r i a l e c o m e Wyat t e P.J . Har v ey c he ne hanno in crociato i perco r s i n e g l i u l t i m i anni. Va da sé , allo r a, c he il “ m et odo del rock and rol l ” s i t r a d u c a i n un passato e presen t e s o n o r i c h e s i compon go no in u na m us ic a aut ent icamente po po lare , c he c ioè appar tiene a tutti ed esis t e p e r t u t t i . U n patrimonio che tras c e n d e g e n e r i , cultur e ed etn ie in un abbr ac c io af fratellante. Meglio a n c o r a s e , c o m e ogni ta nto a ccad e, as s is t i allo s boc ciare di u na do lce m elanc onia, luminescenza che, pe r q u a n t o f a t i c h i a definire, comprend i e s s e r e p a r t e integrante di quanto s ’ a s c o l t a . Simile nei presuppo s t i ( e t a l v o l t a nella forma …) a lla P e n g u i n C a f é Orch e str a , anche in q u e s t o d i s c o i l pirenaico immerge u n ’ a v a n g u a r d i a spens iera ta de ntro t anghi ( S m o g On T h e Ve rmut), va lz er ( L a Ve d e t t e D ’el M olin o, d a seg uir e c on gli oc chi...) e b lue s d i New O r leans ( L’u ) , oppure la inzup pa d i r it m i s udam ericani (The Ind ian Of The G r oup) e caraibici (lo ska Il Luna Par k G alactic o, L e Barma n De Sat an) . A sostenerlo, la disin v o l t u r a d i c h i conosce più di quan t o d i a a v e d e r e ma non lo a mmette , s ic ur o c he c on la curiosità se ne po s s a s v a n i r e l a magia. Non sia mai . Per at t ener c i al qu i e o ra, in ag giunt a alle m ulticolori suggestioni d i c u i s o p r a , a scompigliare le carte v i i m b a t t e r e t e in cita zio nismi iro ni c i ( il r iff di All D ay And All Of Th e N ight d i s f a t t o d a E lvis Lo ve d Dog s), i n u n p i a n i s m o para- amb ien tale mem or e di Sat i e (C ata lan a d e Jazzz , l ’ i n c a n t a t a e incante vo le Com Un R o s s i n y o l A m b Mal De Quie xa l), in un Am or Br ujo allestito e pe nsat o per s é ( The H alucin og en ic Esp ont ex Sinf onia: 62 sentireascoltare favolosa), in ninne nanne d’incerta, f av olos a pr o v e n i e n z a ( N o i a D e P o rc ellana: un a c o v e r d i P a u R i b a ) . Sagacia, fascino e arguzia d’artista in abbondan z a . ( 7 . 5 / 1 0 ) Giancarlo Turra Pet Genius – S (Hydra Head / Goodfellas, 23 ottobre 2007) Genere: hard-low-folk St ephen B ro d s k y , p i ù f a m o s o c om e leade r d e i C a v e - I n , s e m b r a av er dec is o , c o n q u e s t o s e l f - t i t l e d del pr oget t o P e t G e n i u s - i n s i e m e a Johnny C o o l b re e z e e a J R J o h n Juni or ( s i c ! ) - , d i d e v i a r e v e r s o ballate tra primo prog e hard-rock ( Doom s day ) ; p e r f a r l o c i c o n d u c e in un per c o r s o v e r s o m e l o d i e q u a s i beat les ia n e e q u a s i P e t S o u n d s c he inc r oc ia i n s e r t i d a s c a z z o p o n der at o alla P a v e me n t . Certo Steve non è mai stato un monolite, come testimoniano una sua recente creatura, i The Octave Museum, come mille altre collaborazioni e side-project. Ma qui si intravede una visione a ritroso che può essere frutto di lenti più meditate, meno fugaci; una costruzione più stabile. Ci sono infatti i Gentle Giant dietro a Cosmic Erosion, oppure meglio i King Crimson dietro T h e Vi s i t i n g D y n a m i t e r ; n o n m a n cano ritorni arrangiativi al metallo pesante (Man Of The Mountain), o divertissment di pata-swing-prod u z i o n e ( i l k a z o o d i Tr a s h H e a p Swing, Emit Fo Deeps Eht Esare); in generale si avvertono due matrici che intrecciano i loro output (e garantiscono la solidità della loro tradizione), la prima il blues (fucina a sua volta dell’hard), quasi omnipervasivo, la seconda la melodia, appunto. La c os a f or s e p i ù c u r i o s a ( m a n e anche troppo, perché conosciamo già questa mossa) è che sul piatto f inale, pur v i r a t o s u l p a s s a t o , v i e ne s er v it a q u e l l a s e n s i b i l i t à p r i m i anni ‘90 che riprese l’hard rock dei Set t ant a ( Wa l l s O f E t i q u e t t e , F l o a t M y Boat , C h r o m a t i c B l u e s ) . C o m e summa (nel senso di riassunto e v er t ic e) dell a r i c e t t a , l a l e c c o r n i a è Er as e The S p e e d O f Ti m e , c o n u n d u e t t o e ff i c a c i s s i m o t r a c h i t a r r a ( e ) e batteria (la quale fa di tutto per n o n p e r d e r s i u n c o l p o ) – u n b r an o s t r a t e g i c o , m e s s o p o c o p i ù i n là della metà del disco. C’è comunque caso che questa rim a n g a u n a p a r e n t e s i d i B r o d sky, c o m e u n s e c o n d o f i l o n e p o s t - C a ve In (fare un s/t presta il fianco arg o m e n t a t i v o a e n t r a m b e l e i p o t e si). C h i v i v r à a s c o l t e r à ; e n o n o p e r a tevi in gesti scaramantici. (6.7/10) Gaspare Caliri Pine Hill Haints - Ghost Dance (K Records, 6 novembre 2007) Genere: roots folk E s a l a c o m e u n r u g g i n o s o f u o c o fa t u o c i m i t e r i a l e l a m u s i c a d e i Pine H i l l H a i n t s , b a n d a c o n d u z i o n e se mi-familiare - i leader sono i coniug i J a m i e ( v o c e e c h i t a r r a ) e K atie B a r r i e r ( m a n d o l i n o e w a s h b o a r d) con base a Huntsville in Alabama, il cuore devoto all’aggressivo ventaglio sonoro che attraversa blueg r a s s a p p a l a c h i a n o , c o u n t r y f ol k, h i l l y b i l l y, r a g e h o n k y t o n k . Una m i s c e l a e s p l o s i v a c o m e u n a m i s sile t e r r a - t e r r a s p a r a t o n e l p o l l a i o d ove r a z z o l a n o i p r o d r o m i p u n k b l u e s , di c u i s i c i b a n o p i ù o m e n o l e c i t a m en te tanti fenomeni più o meno da bar a c c o n e , t a l u n i b a c i a t i d a v a m p ir e s c o s u c c e s s o ( v o g l i a m o d i r e W hite S t ri p e s ? M a s s ì , d i c i a m o l o ) e t a l a l tri appena sfiorati da una luce di rif l e t t o r e ( i t r a v o l g e n t i I m m o r t a l Lee C o u n t y K i l l e rs ) . Il merito dei Pine Hill Haints, che fanno quel che fanno ormai da anni (il qui presente Ghost Dance è o dovrebbe essere il quarto album a loro nome) è di non smettere l’aria da busker band che gira la Nazione ad incendiare i granai con pezzi originali e traditional riesumati, turn it on Scorn - Stealth (Ad Noiseam, 12 ottobre 2007) Genere: dark dub breakbeat Chissà cosa è s uc c es s o a M ic k Har r is : pr im a u l t r a p r o l i f i c o e p o i i n c a d u ta ve rtica le c oinc is a c on l’ult im o album a n o m e S c o r n , P l a n B ( 2 0 0 2 ) . I n mezzo , da al lor a a l’alt r o ier i, poc a r oba: u n l i v e ( L i s t O f Ta k e rs ) , u n a co mpila a p ropr io nom e ( Hednod Sessi ons ) , q u a l c h e s i n g o l o e u n p a i o d i cdr, niente in c o n f r o n t o a l l a f r e n e s i a d e l q u a d r i e n n i o 1 9 9 8 - 2 0 0 2 , p e r i o d o ne l qu ale l’ex - Napalm Deat h e Paink iller a v e v a s f o r n a t o u n a c o s a c o m e qu ara nta titoli ( e s ic ur am ent e s ono di più ) . A m b i e n t u l t r a i s o l a z i o n i s t a (Lu ll), Drum’n ’Bas s ar ena ( Q uoit ) , pont i e r a g n a t e l e t r a C h i c a g o e B i r ming ha m. Pos t - r oc k e am bient dub di qua l u n q u e s p e c i e e p r o v e n i e n z a . Già, u na pa us a di r if les s ione er ano in t ant i a c o n s i g l i a r g l i e l a e c o s ì è s t a to. Stea lth ro m p e g l i i n d u g i d o p o c i n q u e a n n i . P o s s i a m o a n c h e p e n s a r e che arrivi nei n e g o z i s u l l ’ e c o d e i p l a u s i d e i c e ff i d e l l ’ h i p h o p p i ù d a r k e d e g l i a d e p t i d e l l a c r i c c a d u b s t e p . E Harris è semp re Ha r r is , s pr of onda nella s ua t ec h fa n g h i g l i a a n c o r a u n a v o l t a : s e m p r e p i ù i n m o d u l a z i o n e d u b e su b fr e qu en ze , se mpr e più as c iut t o e m inim al in t e r m i n i d i s a m p l e e e ff e t t i a l e a t o r i . U n a ff a r e d i p a n c i a e m i r ag g i p o stgrind in magi c a r i c o n g i u n z i o n e t r i p h o p ( v i a Tr i c k y ) , u n i n c r o c i o d i r i t o r n i d i c u i i l n u o v o S c o r n p a r e f arsi carico e n on a caso: t or nar e al lim bo har r is iano d o p o B u ri a l , B o x c u t t e r e M i l a n e s e è q u a s i o b b l i g a t o r i o , u n po’ come immerg ersi ne lla pur ez z a ner a della c os a. E s e l ’ a t t a c c o è u n a S t r i p p e d B a c k H i n g e c o n q u e l b a s s o s pugnoso e l’irresistibile r i n t o c c o d i m e t a l l o , c ’ è d a d r i z z a r e l e o r e c c h i e . Il brano rappr e s e n t a p r o b a b i l m e n t e i l m i g l i o r e a f i r m a S c o r n d e l d o p o B u l l e n , q u a n t o a l r e s t o a b b i a m o un lavoro co eso, avvo lgent e e par t ic olar m ent e at t ent o a l l a t i m b r i c a ( l e a t m o s f e r e f u r t i v e d i R o v e - d u b s t e p p e r, a d or a te l o ! - , la ma rzia lità d i una G lugged - im pos s ibile n o n o n d u l a r e i l c a p o ) . I n u n a m e t a f o r a ( n e a n c h e t r o p p o t a l e ) St e a lt h è come una pot e n t e f u m a t a d ’ h a s c i s c . I s u o n i p a i o n o t a t t i l i . I l d u b s o n o p a r e t i m o b i l i a t t o r n o a n o i . C ’ è d a dire che su l fina le la qualit à non è quella della pr im a p o r t e n t o s a t r i p l e t t a , a d o g n i m o d o c ’ è u n a l u n g i m i r a n t e T h e Pa l o m a r ch e g ua rda indiet r o, alm eno f ino a Col ossu s . È u n r i n f r e s c o ( s i f a p e r d i r e ) c h e f a b e n e . C o n v i n t i ? ( 7 . 3 /1 0 ) Edoardo Bridda sentireascoltare 63 scatenando un liberatorio inferno sotto ai front-porch e nell’anim a a ff l i t t a d a l l ’ i n q u i e t o v i v e r e . E questo malgrado a produrli siano n i e n t e m e n o c h e M r. K R e c o r d s i n persona Calvin Johnson e quel Ly n n B r i d g e s g i à a l l ’ o p e r a c o n u n altro masticatore di fantasmi come D e v e n d r a B a n h a r t . Ve n t i l e t r a c c e , u n a r a ff i c a g h i g n a n t e , e b b r a , infoiata, talora epicamente irreq u i e t a ( Wa k e U p ) o a m m o r b i d i t a d i aloni fifties (Say Something, Say Anything). Alla fine dei conti la proposta non è che una ri-proposta, ma avvince come avvince per la folgorante convinzione nei mezzi e negli obiettivi, ciò che gli permette di assalirci come kamikaze da una frontiera violata. (6.9/10) Stefano Solventi dr one s ot t o c u t a n e o c h e e s p l o d e i n f iot t i em at ic i d i s y n t h , s c h i a n t i m e t allic i e s t r a z i v o c a l i . In Mayhem in the Mansion, Shivers i n t he Shac k a r p e g g i a c i d i v e n g o n o sostenuti dal drumming minimale, m ent r e l’ha r m o n i u m d i J a i me F e n nel l y i n u n l e n t o c r e s c e n d o c r e a i presupposti per uno stato di trance. Quella dei Peeesseye è una forma di ps ic hede l i a d i s t u r b a t a c o m e i l sonno in preda alla febbre, colta da spasmi e punteggiata da risvegli e delir i c om e n e l l a c o n c l u s i v a ( Z o l t a n I s ) M y New B i r d . I tre newyorkesi conoscono i giusti ingr edient i p e r f a r v i a g g i a r e l ’ a s c o l tatore senza ricorrere a pozioni apoc alit t ic h e , s p e s s o p i ù s o p o r i f e re che psichedeliche, e barbe finte da freakettoni weird-folk. Ma sono troppo crudeli per non interrompere br us c am ent e i l t r i p . I suoni slittano e precipitano, le percussioni invece che reiterate e ipnotiche sono spesso caotiche e dis t ur bant i e F ri t z We l c h p e r a u mentare l’entropia alterna anatemi is t er ic i a m a n t r a s p a s t i c i . La forza del disco è proprio nei c ont r as t i t r a s u o n i d i l a t a t i e i n t e m per anz e r um o r i s t e , n e l l a s o v r a p p o sizione di continuo e discreto che c r e a u n ’ a m a l g a m a a ff a s c i n a n t e e aliena. ( 7. 5 / 1 0 ) Paolo Grava Peeesseye - Mayhem In The Mansion, Shivers In The Shack ( E v o l v i n g E a r, 2 0 0 7 ) Genere: free-noise I Peeesseye, partiti all’insegna dell’improvvisazione rumorista, hanno in seguito incamerato elementi rock plasmando un suono indefinibile e personale che si rifà alla tradizione folk senza perdere un grammo del suo carattere innovativo. D urante gli o tto min ut i di M oon Vegetable s la ch itarra di Chr i s For syth tesse la tram a d i u n b r a n o costellato di framm e n t i p e r c u s s i v i e nenie d eme nti, m ent r e c on Plastic Gra ss si piomba i n u n v o r t i c e d i ammassi noise, aritm i e p e r c u s s i v e , intem pe ran ze vocali c he r im andano al catalo go Skin Graf t . R idin g On The Cu rly Head O f A M an F rom Con ey Isla nd I n A 280ZX è u n 64 sentireascoltare The Pyramids – Self Titled (Domino / Self, 9 novembre 2007) Genere: garage rock, psych Se ne fa un gran parlare, di questi Pyramids. C’è chi dice che siano meglio degli Archie Bronson Outfit, il gruppo principale da dove provengono il batterista Mark Cleveland e il cantante e chitarrista Sam Windett. Ed in effetti la stoffa in questo lavoro eponimo c’è. Un pastone di garage rock psichedelico come ormai neanche i Comets On Fire sono in grado di fare. Una caciara maestosa per fricchettoni post datati dalla lacrimuccia facile per i bei tempi che (non) furono. Amplificatori valvolari e svisate lisergiche spalmati su dieci brani che puzzano di sudore sulle ascelle e forfora sui capelli. White Disc Of Sun dà il via alle danze dopo la falsa partenza rumoristica di Pyramidy, ed è il trionfo dell’acidità riverberata all’eccesso. Piblokoto è un’ossessione sonora reiterata per cinque lunghissimi minuti, ed è l’apoteosi rock’n’roll dei Pyramids. Guitar Star è il classico “intoppo” stilistico nell’altrimenti monolitica sequenza di canzoni: una serie di arpeggi sospesi il cui unico scopo è far riprendere fiato all’ascoltatore. I Pyramids pare che abbiano registrato questo disco durante un pomeriggio di improvvisazioni. Si sente la botta da presa diretta. Si sente il tiro rock. Si sente la fibra vigorosa dei brani. Per diventare un album imperdibile sarebbe stato preferibile minor cazzeggio e maggior talento. Ma tant’è. Se si deve parlare di capolavoro – come taluni fanno – tanto vale specificare meglio la portata del giudizio. Capolavoro forse, prescindibile senz’altro. Niente male, in fin dei conti. Anche se detta così sembra un ossimoro. (6.9/10) Manfredi Lamartina R a y D a v i e s – Wo r k i n g M a n ’s Café (V2, ottobre 2007) Genere: rock pop A chi scrive, nonostante fosse l’attesissimo esordio solista di un signore che sta sulle scene da quaranta e passa anni, Other People’s Lives (2006) non era poi troppo piaciuto. Più per la refrattarietà all’idea di un Ray Davies maturo e rock oriented, più U.S. che U.K. (da anni vive a New Orleans, dove quasi ci lasciava la pelle dopo un tentativo di rapina), così apparentemente diverso dalla sua veste “classica” di acuto, visionario e ironico storyteller. E nemme- no uno dei tanti: lo storyteller per antonomasia (come da titolo di un suo disco-happening del ’98), colui che seppe raccontare – fustigandoli e deridendoli - grandi e piccoli difetti dell’animo umano, attraverso la sua Inghilterra, fissando al contempo nuovi canoni per il pop intero (brit, che ve lo diciamo a fare). Si sarà capito: impossibile guardare al Ray Davies di oggi senza pensare a quel Ray Davies. Beh, fare marcia indietro ci viene naturale di fronte a Working Man’s Café, un disco che obiettivamente dimostra quanto l’ispirazione dell’Uomo oggi sia più che mai vivida, vivace nel commentare il presente - tanto il nostro quanto il suo -, vestendolo di mestiere quanto basta (i sessionmen di Nashville fanno dignitosamente il loro lavoro). Epperò con una verve subito evidente dalle due prime cartucce sparate, Vietnam Cowboys e You’re Asking Me (kinksiane oltremodo, e come altro, sennò?), proseguendo poi in un percorso che si fa rock, soul, pop, in una maniera che tuttavia va ben oltre il farti chiedere “where have all the good times gone?”. Che basterebbe solo quello, in fondo; e invece Ray ci mette ancora una volta del suo, vedi le autobiografiche title track e Morphine Song, talvolta inciampando (la quasi Springsteen-iana Peace In Our Time, strana per le sue corde), aggiornando antichi fasti ricoprendoli d’urgenza odierna (The Voodoo Walk, No One Listen), per portare infine il risultato a casa. Non si può chiedergli di meglio, no. (Da mettere sullo scaffale accanto al recente ritorno di Edwyn Collins.) (7.0/10) Antonio Puglia O m a r R o d r i g u e z L o p e z & Ly d i a Lunch – Self Titled (Willie Anderson, 8 ottobre 2007) Genere: prog Appena prima di ascoltare questo disco, pensavo contento, in un apice di nerditudine critico-musicale: “so già cosa mettere sotto la voce “ g e n e r e ” ; s a r à N O - P R O G ! ” . Av e s s i ascoltato prima il disco di collaborazione di qualche mese fa tra Omar e Damo Suzuki, avrei titubato; ma sono bastati cinque minuti di questo EP che mette insieme Ly d i a L u n c h – p i l a s t r o d e l l a N e w Yo r k t r a S e t t a n t a e O t t a n t a – e Omar Rodriguez-Lopez – artefice del passaggio At The Drive-in / M a r s Vo l t a – p e r r i c r e d e r m i ; o m e glio, semplicemente per togliere la particella “no”. C e r t o , Ly d i a l a d i a b o l i c a ( e p r a n z i fera) non è mai presenza timida; i titoli dei brani mi siano a testimonianza, e le sue spoken-word antimaschiliste, anti-religiose, antis o c i a l i , f i l t r a t e d a v o c o d e r, e c h i e riverberi. Ma sotto di lei c’è un flusso progressivo e sfrenato che sembra una traccia sola - ma vi accorgerete che non è così dopo che un quarto d’ora di ascolto non vi avrà dato l’impressione di alcuna soluzione di continuità, guarderete lo stereo e la traccia sarà la 4 o l a 5 . M a s o p r a t t u t t o s o t t o Ly d i a s i dissimula una specie di jam degli Experience di Jimi Hendrix in posa da BBC Sessions, del tutto fuori dal tempo e dalla cogenza, che spumeggia tecnicisticamente fagocitando la voce della sciamana. Un risultato piuttosto pallido, se si guarda il voto, ma frutto di due spinte opposte che sostanzialmente si annullano; l’una di entusiasmo per l’esperimento, l’altra di minimizzazione di uno degli addendi, quello da cui più mi aspettavo qualcosa. (6.0/10) Gaspare Caliri Sambassadeur – Migration (Labrador / Goodfellas, 24 ottobre 2007) Genere: pop Niente di nuovo sotto il sole della Sv ez i a , o f o r s e , v i s t o i l p e r i o d o , s a rebbe meglio dire sopra il gelo di G ö t e b o r g . I S a m b a s s a d eur se ne e s c o n o c o n l a l o r o s e c o n d a fa ti ca s e m p r e l i c e n z i a t a d a l l a L a b r a d o r, l o r o c o n n a z i o n a l e e t i c h e t ta. Quale s i a l a s t r a d a i n t r a p r e s a d a q u e st’ u l t i m a è o r m a i c o s a a c c e r t ata e, visti g l i e c c e l l e n t i r i s u l t a t i , c o nfermata. L a s t e s s a c o s a s a r e b b e s ta ta p o ss i b i l e a ff e r m a r l a a n c h e p er la band i n q u e s t i o n e s e s o l o a v e sse p r o c e d u t o s u q u e l c r e p u s c olare pop c h i t a r r i s t i c o d i p i n t o a d acquarelli n e l l o r o o m o n i m o a l b u m di debutto. O r a , n o n c h e q u e s t o M i g r a t ion sia u n d i s c o m e d i o c r e , a n z i : le canzoni s o n o t u t t e d i a m p i o r e s p i r o e di una s o l a r i t à c o n t a g i o s a . M a ciò che ci l a s c i a p e r p l e s s i è i l p e r ché questi q u a t t r o s v e d e s i a b b i a n o in parte a b b a n d o n a t o q u e l l o r o m uo ve r si i n p u n t a d i p i e d i i n u n c o n te sto m o d e r a t a m e n t e m a l i n c o n i c o fatto di d e l i c a t e t r a m e c h i t a r r i s t iche, dal s a p o r e s h o e g a z e i n b a s s a fe d e l tà , p e r a v v i c i n a r s i p e r i c o l o s am e n te a u n p o p a n n i O t t a n t a , c o mposto da f a c i l i e a l l e g r e m e l o d i e c o n tastiere i n p r i m o p i a n o . I m m a g i n a te vi i B e ll e A n d S e b a s t i a n a b r a c ce tto co n i J e s u s A n d M a ry C h a i n p assati nel frullatore degli Abba. Q u i n d i , b o c c i a r l i s e n z a ritegno? N o n p r o p r i o . I l f a t t o è c h e i Sa m b a s s a d e u r t u t t o q u e l l o c h e fanno, lo f a n n o b e n e e b a s t a a s c o l ta r e ca n z o n i c o m e l a t i t l e t r a c k , T h e Pa r k e S o m e d a y We ’ r e T h r o u g h per capire i l l i m p i d o t a l e n t o p o p p o s seduto dai N o s t r i . R e s t a f u o r d i d u bb i o p e r ò c h e p e r n o i M i g r a t i o n r a ppresenta u n p i c c o l o p a s s o i n d i e t r o rispetto a l p r e c e d e n t e l a v o r o e c he rischia d i f a r c a d e r e A n n a P e rs s on e soci i n q u e l l ’ o c e a n o d i a n o n i ma to d o ve m o l t e b a n d a r r a n c a n o p e r n o n a ffo g a r e . I n f a t t i , è t u t t a u n ’ a l tr a sto r i a sentireascoltare 65 quando il passato p r o s s i m o v i e n e evoca to in alcun i p as s aggi dell’album: la riuscitissim a r i l e t t u r a d i F allin g In Lo ve d i Denni s Wi l son e la stru men tale Calv i, c o s ì i n t r i s e di malinconica belle z z a , f a r e b b e r o ben sperare in un fu t u r o c a m b i o d i rotta. Per il momento , p r o m o s s i c o n riserva . (6.0 /10 ) Andrea Provinciali Sarin Smoke – Smokescreen lp + cd (Three Lobed, settembre 2007) I t C h a r s O u r L i p s Ye t S t i l l W e D r i n k 1 2 ’ ’ ( W h o l l y O t h e r, s e t tembre 2007) Genere: guitar landscapes S arin Smoke, o vver o la c ollaborazione ch e n on t’as pet t i. Se Tom Carter è uso, spec i a l m e n t e n e l l e prove al di fuori del l a c a s a m a d r e , pasteggiare a base d i d e s e r t i c h e e visionarie elucubraz i o n i d i c h i t a r r a , Peter Swanson, not o a i p i ù c o m e Yellow Swa ns , è av v e z z o a s u o n i decis ame nte più lan c inant i. L’inco ntro tra i d ue non s i t r as f or ma, pe rò, in un o scont r o, c om e s arebbe immaginabile , m a m e t t e i n evidenza le capacità t r a s f i g u r a t i v e di S wan so n. A dispet t o del br ut ale pedigree noisy, n i e n t e f o l a t e d i rifiuti industriali, m a l a p r e z i o s a capac ità d i pie ga rs i a dis t es e di suoni più pacati m a u g u a l m e n t e destab ilizzan ti. Le c hit ar r e duet t ano in una serie di t r a n c e - o u t s p e r chitarra elettrica che i n n a l z a n o u n a vera e propria cor t i n a f u m o g e n a emozion ale da va nti agli oc c hi/ or ec chi deg li asco ltato ri, il c ui c ont inuo e rip etitivo fra ng ersi di not e s pogliate d ise gn a la nd s c apes dal f or te impatto allucinat o e a l l u c i n a n t e come un Fa he y d isid r at at o e s enz a ambizioni. R oba ch e sep pu r rar ef at t a è int ensissima e urticante, e s i a p p i c c i c a al cervello in manie r a l a n c i n a n t e . A scolta te Bloo d Window e d i t e m i se non gronda san g u e d a l v o s t r o impianto ste reo . N el 1 2” g eme llo u scit o per la W holly Oth er di Tom il d is c or s o non c am bia. I tre p ezzi Untit led del lat o A si rigenerano in ric h i a m i o r i e n t a l i (U ntitle d 1), in gorg o g l i i s o m m e s s i (U ntitle d 2) e in u na ipot es i di m elodia d a weird -folk sinuos o e def or - 66 sentireascoltare m e ( Unt it led 3 ) . I l m a n d a l a d e l l a t o B del picture, opera di Liz Harris di G r ouper, i n v e c e , l a d i c e l u n g a sull’intento trance-inducing della c ollabor az io n e . C h e s i s p e r a v i v a mente non sia secondaria, né tanto m eno es t em p o r a n e a . ( 7 . 0 / 1 0 ) Stefano Pifferi Savage Republic – 1938 (Neurot / Goodfellas, novembre 2007) Genere: trance rock È pur v er o e n o n a b b i a m o m a n c a to a riferirlo che i Savage Republic di oggi sono altra cosa. È pur vero c he Br uc e L i c h e r e P h i l i p D r u c k e r da tempo gravitano altrove, ma è olt r em odo v e r o c h e q u a l c h e s o f f it t o, i r edivi v i c a l i f o r n i a n i , a n c o r a oggi lo s c u o t o n o . Q u i n d i e v i t i a m o f r as i f at t e d e l t i p o “ e h , p e r ò i p r i m i dis c hi… ” , “ u h , s e m i o n o n n o f o s s e anc or a v iv o ” e p o n i a m o c i s u l p r e s ent e. As s o d a t o , d u n q u e , c h e i f a s t i del pas s a t o s o n o l ì e n e s s u n o li s c alf is c e, a s s o d i a m o a n c h e c h e 1938 e s ì u n d i s c o d i a t t e m p a t i t r a n c e - r o c k e r, m a a d a v e r c e n e o g g i di gruppi forti, in prospettiva, di una “vecchiaia” pari a quella dei Savage Republic ( p e r d i r e , v o i c o m e l ì v e det e i Tv O n T h e R a d i o t r a v e n t ’ a n ni, c os i in fo r m a ? D u b i t o … ) . Dopo quas i q u a t t r o l u s t r i d i a s s e n z a t em ev am o u n f u l l l e n g t h m a l e assortito, ed invece questo è un lav or o es t r e m a m e n t e o r g a n i c o , c o n apogei di a c c e c a n t e b e l l e z z a q u a li Car av an – d i c i a s s e t t e m i n u t i d i Joy Di vi si o n i n f l u e n z a t i d a g l i H i g h Ti de e per si i n u n a t o r r i d a j a m v i s ionar ia – e l a c h i u s a P e k i n g . 1 9 3 8 già la c on o s c i a m o ( c o m e a n c h e M ar s hall Tito , M o n s o o n e S i a m , t u t te nel mini dello scorso marzo) ed ancora riesce nel cristallizzare il t e m p o , t a n t o d a f a r c i d i r e – a t t i r an d o c i s i c u r a m e n t e l e i r e d i q u a l c uno – c h e l ’ a s s e n z a d e i p e z z i g r o s s i di cui sopra (che erano il motore dell a b a n d ) p a s s a q u a s i i n o s s e r v ata . C o s i c o m e S i a m a n c h e 1 9 3 8 v ede l a g r i ff e N e u r o t , e l e s o l e p a r o l e di S c o t t K e l l y - “ P o c h i a r t i s t i s i p o ss o n o r e a l m e n t e d e f i n i r e u n i c i . A r ti s t i c h e c o l m a n o i v u o t i d e l l a n o stra a n i m a . I S a v a g e R e p u b l i c a p p a r t en g o n o a q u e s t a r i s t r e t t a c a t e g o ria. S o n o i l s u o n o c h e p r e d a t a i l f u t uro e ci ricorda il passato.” – bastano a t o c c a r c i l ’ a n i m a . C h a p e a u . ( 7 . 0 / 10 ) Gianni Avella Henrik Schwarz - Live (!K7, 2007) Genere: elettronica profonda I l s u o D j K i c k s , c o n c o n t r i b u t i tra gli altri di Pharoah Sanders, Marv i n G a y e , D ’ A n g e l o , p u ò e s s ere considerato il più “nero” della serie. H e n r i k S c h w a r z t o r n a c o n a l b u m dal vivo che prosegue nel segno della b l a c k m u s i c . Q u e s t ’ a n n o a b b i amo a s s i s t i t o a l d e f i n i t i v o t r a m o n t o dei s u o n i m i n i m a l i , a l i e n i e g l a c i a li e all’esplosione dei groove caldi e d e l l e s o n o r i t à a v v o l g e n t i e m u s co l a r i . H e n r i k d a R a v e n s b u r g f a r c i sce i p r o p r i s e t c o n a b b o n d a n t i d o s i di j a z z , f u n k e d u b , c h i l ’ h a v i s t o dal vivo sa cosa aspettarsi. S i p a r t e n i e n t e m e o c h e c o n S un R a , m e n t r e i l p a d r i n o J a m e s B r o wn , già presente nel Dj Kicks con Sinc e Yo u ’ v e B e e n G o n e , v i e n e o m ag g i a t o c o n i l r e m i x d i I t ’s a M a n´s Wo r l d . U n i n s o s p e t t a b i l e B o y Ge o r g e c o m p a r e c o m e g u e s t d e i D ark G l o b e n e l l ’ i n c a l z a n t e b o m b a s o u lful Atoms, Leave My Head Alone Brain, g i à f r u t t o d i r e m i x d a p a r t e d i O s un - turn it on The Heliocentrics – Out There (Stones Throw / Goodfellas, 1 ottobre 2007) Genere: psych funk groove Qu est’an no va nno di m oda il c os iddet t o r ar e g r o o v e e I l k i t s c h d é m o d é . O p er lo me no a noi piac e pens ar e c he c er t e c o i n c i d e n z e n o n s i a n o t a l i . L u k e Viber t e Per rey appena un m es et t o f a s t r i z z a v a n o l ’ o c c h i o l i n o a l l ’ E x o t i c Mo og di Mar t i n Denny; i Beast i e Boys que s t ’ e s t a t e s i s o n o c a l a t i p e r f e t ta men te in un a v er s ione ins t r um ent al lounge e a n c o r a M a d l i b e M . I . A . c h e rubano al ten t a c o l a r e r e p e r t o r i o d i B o l l y w o o d , e q u a l c h e m e s e i n d i e t r o King Br itt a d ant ologiz z ar e, c on t ut t a la s ci e n z a d e l c a s o , u n p r i m o v o l u me di chicche r i e c o s m i c j a z z d a f a r v e n i r e l a b a v a a l l a b o c c a a q u a l u n q u e musical antiqu a r i o . I n f i l i a m o c i p u r e l a c o p e r t u r a c o s t a n t e d e l l e p r o d u z i o n i Su blime Freq uenc ies , Finder s Keeper s , Vam p i s o u l e S o u l J a z z . È i l p a n o ra ma d i un a n uov a “ gener az ione c oc k t ail” , q u e l l a c h e a l c i n e m a v a i n b r o d o d i g i u g g i o l e d i f r o n t e a l l e s tr i zza ti n e d ’occh io ma rc at e anni ’70 dei G r i ndhouse d i Ta r a n t i n o e R o d r i g u e z e n o n d i m e n t i c a c h e q u e s t o è l ’ a n no in cui è morto James B r o w n e h a n n o d a t o l ’ O s c a r a d E n n i o M o r r i c o n e . È i l q u a d r o g e n e r a l e d e n t r o c u i s i c o l l o c a un disco come quello d e g l i H e l i o c e n t r i c s , m u l t i f o r m e c r e a t u r a d i M a l c o m C a t t o , u o m o d i p e r c u s s i o n i e r i s t a m p e funk-soul. Un Intro e u n O ut r o d a l p i g l i o c i n e m a t i c o : c a m p i o n a m e n t i v o c a l i , b a t t e r i e t r a t t a t e , e l e t t r o n i c h e t t a v i n t a g e, chitarre a cid e d a trip c alif or niano. Nel m ez z o? Un’op e r a z i o n e c h i r u r g i c a d o v e i l c a d a v e r e d i u n j a z z g i à t r a s f i g u ra to vi e n e sezion ato a colpi di bis t ur i hip hop ( Dis t ant S t a r , S i r i u s B , U n t i t l e d , B e f o r e I D i e ) e l a m e f u n k ( O n c e U p o n a Ti m e , Be yo nd Rep air , The Zer o Hour, J oy r ide) c o n i n n e s t i d i n a r c o l e t i c a p s i c h e d e l i a , c a m p i o n a m e n t i c i n e m a ti ci , i n fe zioni cosmich e . Q u e l l o d e g l i H e l i o c e n t r i c s è u n g r a n d e G r i n d h o u s e d i m u s i c h e o l d s t y l e . E n e l d i s c o c ’ è di tutto, d i più . Tirate ac id f unk da poliz iot t es c o c he n e m m e n o D e A n g e l i s e M i c a l i z z i ( B e y o n d R e p a i r , J o y r i d e ) , congegni a stra l ja zz d a odis s ea s paz iale c he guar da n o a S u n R a e M a r c u s B e l g r a v e ( T h e A m e r i c a n E m p i r e , Age of the Su n), sin istre s c eneggiat e ex ot ic he da giallo - t h r i l l e r i t a l i a n o c h e s o l o M o r r i c o n e ( A Wo r l d o f M a s k s , S o u nds of the Ea st). Alle pre s e c on la c ov er di Wint er Son g d i N i c o , g l i H e l i o c e n t r i c s p a r t o n o i m m e d i a t a m e n t e p e r l a tangente e la tra sfig ura no in una nenia c os m ic a, c on b u o n a p a c e d e l l e p r e t e s e n e o c l a s s i c h e d i J o h n C a l e . O u t The r e è l’unico disco c o n t e m p o r a n e o i m m a g i n a b i l e c o m e m u s i c a d i s o t t o f o n d o p e r i l b a l l e t t o d i B a r b a r a B o u c h e t nel night d i Milano Ca l i br o 9. I ns om m a… m at er iale p e r u n c u l t o i s t a n t a n e o . ( 7 . 5 / 1 0 ) Antonello Comunale sentireascoltare 67 lade, è lo zenith de l d i s c o . Tu t t o i l disco vie ne pe rco rs o da r it m i f ebbrili per balli ad a l t a d i s p e r s i o n e sudor ife ra, in un d elir io di ( c ontrab)bassi pulsanti, s a x m a e s t o s i i n loop frenetico, piano f o r t i i n c a d u t a libera. Hu ge de ep ne s s ! ( 6. 5/ 10) Paolo Grava smo) preferisce una lucida autoip n o s i ( Wi s m u l t , E p i r e x M o t o r e l a migliore del lotto ovvero l’alt-take d i Wi s m u l t i n c o d a ) , o p p u r e , n e l p i ù tipico dei casi, uno scandaglio della classica tematica dell’industria(l) o dell’anima dei Robot (Rawema). Non un tanto gioco di manopole analogiche, piuttosto una laptop music eminentemente ritmica e razionale, svolta in un platter compatto ma abbastanza vario da allontanare ogni idea di concept (vedi anche Richie Hawtin). Robot r on è p r o b a b i l m e n t e l a d e f i nit iv e t hing: u n b u o n p r o d o t t o d i g e nere confezionato secondo cliché per i quali n o n s i p o s s o n o g i u s t i f i c ar e elogi i n c o n d i z i o n a t i o s o p r a v valutazioni unicamente sulla linea di una c on c e t t u a l i t à e x t r a - m u s i c a le. ( 6. 5/ 10) Edoardo Bridda Signal - Robotron (Raster-Norton, settembre 2007) Genere: electro glitch Cosa potrebbe accadere se il boss della Raster-Norton si rimettesse con Frank Bretschneider e Olaf Bender sotto la sigla Signal e pubblicasse un album frutto di cinque a n n i d i l a v o r a z i o n e t r a B e r l i n o , To k yo e Chemnitz (il luogo dove la label iniziò la produzione nel 1999)? Sembra la classica premessa per un lavoro che si misura con lo stato dell’arte della produzione art-tronica tedesca. E così di fatto pare Robotron, prova sulla lunghissima distanza di Signal (il precedente album era datato 2000), caratterizzato da beat ipnotici, micro glitch e in generale un approccio conciso e minimalista tipico della casa, che tuttavia preferisce un linguaggio architettonico funzionale allo studio delle superfici o all’inserto delle stesse (leggi noise). Robotron è dunque l’essenza della cosa: Brain dance (c’è del funk trasfigurato), ma non nello stile Rephlex (non ci sono breakbeat) bensì in quello dei Pan Sonic, un’evoluzione artica della techno, un tribalismo (passatemi il termine) zen che apre alla trascendenza meditando in un white c u b e . A d i ff e r e n z a d e i f i n n i c i p e r ò , troviamo un corpus concettuale che alla forza d’urto (o all’isolazioni- 68 sentireascoltare Six By Seven – If Symptoms P e r s i s t , K i l l Yo u r D o c t o r ( S a t urday Night Sunday Morning / Goodfellas, dicembre 2007) Tw e l v e – 0 3 ( S a t u r d a y N i g h t Sunday Morning / Goodfellas, 8 agosto 2007) genere: space rock / kraut, ambient Non è dato sapere se i Six By Seven oggi sono la maggiore preoccupazione per Chris Olley; dopo il lancio del progetto electro-clash Fuck Me U.S.A. (in tandem con il tastierista James Flower), che è apparso perfino sul palco di Glastonbury la scorsa estate, il dubbio è lecito. Di fatto, non solo la vecchia band si è ricompattata, nonostante l’annunciato - e naturale…- scioglimento di due anni fa, per di più contando il ritorno clamoroso del figliol prodigo Sam Hempton (chitarrista noise che impresse a fuoco i primi due, ottimi e ad oggi insuperati – a l b u m , T h e T h i n g s We M a k e e T h e C l o s e r Yo u G e t ) . È i n o l t r e u s c i t o , anche se in sordina – as usual: è la dura via dell’indipendenza -, quello che è possibilmente il più sperimentale e “battagliero” - vedi i titoli - dei dischi del gruppo di Nottingham: otto lunghe tracce prevalentemente strumentali, molto trancey e psichedeliche, ricolme di d r o n e s a l l a Te r r y R i l e y ( N a t i o n s ) , esplosioni shoegaze, ballad tecnovelvettiane (Radio Silence), ossessioni space-kraut alla Spiritualized e blues ambient apocalittici (World Army). Praticamente tutto come al solito, non fosse per un piccolo particolare: mancano il rock (dov’è mai finita la batteria?) e soprattutto il pop. Lo interpretiamo come un bel salto in avanti - o all’indietro, se preferite - rispetto alle deboli derive pseudo-easy-wave o fintorock degli ultimi anni, e questo è senz’altro un bene. (6.7/10) D’altronde che a Chris del rock ormai importi davvero poco lo si cap i s c e a n c h e d a l t e r z o d i s c o d a lui p u b b l i c a t o s o t t o i l m o n i k e r Tw e l ve, s o l o p r o j e c t c h e p o r t a a v a n t i o r mai d a q u a l c h e a n n o . 0 3 è u n - a ff atto v e l a t o - t r i b u t o a l k r a u t e a l l a ko s m i s c h e m u s i k , a p a r t i r e d a i t i toli i n t e d e s c o ; e i m m a n c a b i l m e n t e te d e s c o s u o n a i l d i s c o c o n l a t r i ade C l u s t e r / K r a f t w e r k / N e u ! a b e n ed i r e d a l l ’ a l t o ( s e n t i t e r i s p e t t i v a m e nte Tr a u m , E s c h e r , Wo l k e n ) . I l r i s u l tato, ancor prima che pretenzios o - n o n p o s s i a m o a c c u s a r e d i ci ò un musicista che mantiene uno dei p r o f i l i p i ù b a s s i d e l l ’ o r b e t e r r a q ueo - è piuttosto noiosetto. (6.0/10) Antonio Puglia Starving Weirdos – Shrine Of The Post-Hypnotic (Root Strata, 2007) Sudden Fear DVD (Cut Hands, novembre 2007) Genere: drone apocalypse Dalla California continuano ad arrivare colonne sonore di una apocalisse annunciata. Gli Starving We i r d o s s o n o c o m e g l i a b o r i g e n i di una civiltà che si prepara psicologicamente alla fine e tutto sommato gioca ad annientarsi ancor prima di arrivare alla data di scadenza. Musicalmente ti calano in un ruvido stato allucinatorio, una dimensione parallela dove droni e percussioni arrivano da una distanz a s i d e r a l e ( C r e w e l l , Wa r t i m e S u n rise). È un metodo senza rifiniture fatto di note sostenute e tensioni che sanno tendersi fino allo spasimo (Droned And Poned). Non è un caso che uno dei brani del loro precedente disco si chiamasse Plastic Gagaku. Il modo di improvvisare è simile a quello degli ensemble di corte giapponesi. In entrambi i casi, abbiamo musiche che annullano i ritmi, le strutture, le inflessioni, i contorni. Sospensione e ipnosi che possono essere agevolate anche con un uso sapiente dei field recording (Shrine Of The Post-Hypnotic), in tutti i casi questa musica è come un cinema dell’illusione, ma non diretto alle orecchie, bensì alla mente. Così come le immagini (e le inquietudini) che si intuiscono nello sguardo fantasma di Joan Crawford, eroina di Sudden Fear. I We i r d o s s c e l g o n o u n c l a s s i c o n o i r diretto nel 1952 da David Miller per una performance multimediale al terzo Annual Experimental Film & Music Night in Humboldt. Il DVD edito da Cut Hands contiene il montaggio video fatto da loro stessi e la musica improvvisata in quell’occasione. Uno score di tremuli, sospiri, echi abissali, che si insinua nei chiaroscuri espressionisti della pellicola e ne rovescia gli angoli. Il loro montaggio altera così tanto la pellicola (rallenti, sovrimpressioni, dissolvenze) che sembra quasi che per una volta siano le immagini ad adattarsi alla musica, anziché viceversa. Ovviamente hanno scelto un n o i r, p e r c h é i l n o i r è i l g e n e r e m e tafisico per eccellenza. (7.5/10) Antonello Comunale Steve Jansen – Slope (Samadhisound / Self, dicembre 2007) Genere: elettronica, ambient Intimamente conservatrice eppure progressista, la Sylvian family lo è da sempre. Sin da quando David e il fratello Steve erano nei Japan e ancor di più quando il primo intraprese, sempre con l’aiuto del secondo, la carriera solista. Il canovaccio si caratterizza, oggi come allora, dal crooning adult-intimista del cantante e dall’essenzialità del batterista quando è semmai l’arrangiamento, di volta in volta, a cambiare e caratterizzare i lavori. Arrangiamento che si traduce in numerosi ospiti, in combinazioni di essi, sempre illustri e dal sicuro impatto (Fripp, Hassell…). Pure il bel Blemish, benché rivestito al qbase non inganna, ci troviamo i consueti modi dei due e Derek Bailey a giocare in contrappeso, come identico (se non retroattivo) il nuovo progetto con Burnt Friedman, Nine Horses, firmato sotto moniker non a tre. Le e t i c h e t t e , e n e m m e n o i c o m p u t e r, c a m b i a n o a d o g n i m o d o u n a s os t a n z a c h e s e è v a r i a t a i n q u e s t i an n i n o n è d i c e r t o n e l l e d i n a m i c he d i b a s e , s e m m a i a m u t a r e è la portabilità della tecnologia - con la qu a l e l a c o p p i a h a p r e s o d e c i s i va confidenza - il fattore chiave. La Sam a d h i s o u n d n o n è c h e l ’ e s c r e scenza più visibile di un nuovo m odu s o p e r a n d i p i ù i n p i c c o l o , p i ù v e l o c e e a ff i d a b i l e . L a p t o p e l a b e l di proprietà dunque, come ideale piattaforma per pubblicare album in un t e m p o r a g i o n e v o l e e s e n z a t r o p pi dispendi economici e soprattutto di tempo (David e Steve abitano tra L o n d r a , N e w Yo r k e i l G i a p p o n e ) . In conseguenza di tutto ciò, il primo album s o l i s t a d i S t e v e J a n s e n a r r i va soltanto ora. È un nuovo-vecchio album i n f a m i g l i a , c o n S y l v i a n n a t u ralmente (in due brani) e gli ospiti in j o i n t v e n t u r e . S i d i c e v a d el laptop, s e n e f a u n u s o i m p o r t a n t e, tuttavia n o n m a n c a i l p r o v e r b i a l e suonato e s o p r a t t u t t o , a m m e t t e lo stesso b a t t e r i s t a , q u e s t o è u n l a vo r o su l l a f o r m a - c a n z o n e . S i t r a t t a perlopiù d i e l e g a n t i l a n d s c a p e d a l l e ritmiche c h i r u r g i c a m e n t e s c o m p o ste, sulle q u a l i u n a m a n c i a t a d i c a n ta n ti p u n t e g g i a n o l a c o n s u e t a u m a n i tà e l e g a n t e e d e s s e n z i a l e ( u n a splendida d i v a d i g i t a l - s o u l , s i m i l e all’ultima N i o b e , A n j a G a rb a re k , i n C a n ce l l e d P i e c e s , l a c r i s t a l l i n a N i n a Ki n e r t i n P l a y g r o u n d M a r t y r s ( R eprise) e, d i c i a m o , u n S y l v i a n p i ù se cco , o vv e r o , T h e o Tr a v i s i n S l e e p ya r d ). La cifra soul-noir del lavoro, la sua u n i t à c h e s i g u s t a c o m e u n b r a n d y, è ancora la medesima e questa, signori, è musica adulta, adattamento per grandi d’arrangiamenti software fino a ieri dominio di sma- nettoni hardcore del ritmo complicato e ora (dopo il maquillage 2-step), soundtrack di salotti per quarantenni. La minuteria sampledelica, gli astrattismi (fourth)world, quell’architettura Blade Runner, sono l’attuale progressismo a contorno del consueto conservatorismo. A voi la scelta della valenza dei termini, positiva o negativa che sia. Noi siamo moderati. Li amiamo. Ma non possiamo fare a meno di criticarli. (6.5/10) Edoardo Bridda S u b t l e – Ye l l & I c e ( L e x / W i d e , 2007) Genere: avant-prog-pop C o m e e r a g i à s u c c e s s o p er A Gr e a t Wh i t e n e l 2 0 0 4 , s e g u ito da un m i n i a l b u m d i r e m i x , Wi s h ingbone , sentireascoltare 69 così, l’ultimo full-len g h t d e i S u b t l e (band ch e h a d imost r at o di pr ediligere la dimension e d e l l ’ e p p e r dare forma a i p rop r i lav or i dis c ograf ici), For He r o: For Fool , a u n anno di distanza ri c o m p a r e s o t t o mentite spoglie. An c h e i n q u e s t o caso, infa tti, la ma t er ia di par t enza è q ue lla de ll’alb um pr ec edent e e il processo di tras f o r m a z i o n e d e i brani è più o me no il m edes im o. I testi sono spesso ris c r i t t i d a c a p o e le musiche ven go no r ic os t r uit e s ulla base di sampler e a r r a n g i a m e n t i molto diversi dagli o r i g i n a l i , c o n i l risultato ch e ci si tro v a di f r ont e ad un disco nuovo, più n e i c o n t e n u t i , però, che ne llo stile. Q uello inf at t i, rimane molto legato a l s u o “ f r a t e l l o maggio re”, d al q ua le er edit a l’at mosfera solare e l’ a t t e n z i o n e a l l e melodie orecchiabili c h e d i s t o g l i e , anche se non definit i v a m e n t e , d a l l a vena rock-crosso ve r alla quale la band d i Doseo ne ci av ev a abit uat i. La gue st list, co me al s olit o nei pr oget t i d el ra pp er e x cLO UDDEAD è molto fitta ed eterog e n e a . I l r i t o r n o a duettare co n Why ? è già di per se una n otizia e rica lc a, nell’iniz iale F a llin g, il fe lice s odaliz io, dim ostrando che la forza d e l t r i o c h e f u , st ava pro prio n ell’a m algam a per fetto di tre individua l i t à d i s t i n t e . U n alt ro gra dito ritorn o è quello di M ar ku s Acher , co mpa gno di Dos eone nei Notwis t (Th e P it Wit hin Pit s ) , mentre sono due le “ n e w e n t r y ” : l a nuova leva d ella An t ic on Br acken (alias Chris Ad ams, g ià m em br o degli H ood) che a ffianc a la band in S inking Pinks, sorta d i d r u m ’ n ’ b a s s in salsa po p, Dan Boeckner d e i Wo l f Par a de , pro t agonis t a nella folktron ica Mid dle c las s Haunt e Tu n de Adebim pe dei T V O n T h e 70 sentireascoltare Radi o ( Dea t h f u l , m i x d i p r o g r e s s i v e r oc k e hip h o p ) . A c om plet a r e u n q u a d r o i n t e r e s sante ed inedito si aggiungono l’hip hop ps ic he d e l i c o d i I s l a n d m i n d , l’elec t r o f un k d i C u t Ye l l , N o t ( i l br ano più p o p d e l l ’ a l b u m ) e l a b a l lat a Requiem F o r A D i v e , t u t t e a f i r m a Subt le. Che dire? In questo disco, come nel precedente, il sound corposo, a m et à t r a il r o c k e l ’ h i p h o p h a l a sciato il posto ad un atteggiamento più leggero, più soft, nel quale la r ic er c a di r i t o r n e l l i e m e l o d i e o r e c chiabili si sposa ad arrangiamenti m e n o i m p a t t a n t i e p i ù r a ff i n a t i , c h e richiamano i prodotti Anticon ultima maniera. I primi Subtle sono già un r ic or do lon t a n o . M a c i s t i a m o g i à abit uando. ( 6 . 8 / 1 0 ) p e r s o n a l i t à d e i p a r t e c i p a n t i p r e nde i l s o p r a v v e n t o e a l l o r a l a f r e a ke r i a d i c u i s o p r a s i d i l a t a , d e v i a ndo v e r s o l i d i d i t o t a l e p a z z i a v o ca l p e r c u s s i v a c o m e n e l l a f i n a l e Ta ppajahauki. C o s m i c o e d i l a t a t o , s e n z a f o rma e i s t i n t i v o , T h e B l a z e G a me è un p r o g e t t o e s t e m p o r a n e o , m a d e c i sa mente sopra la media. (7.0/10) Stefano Pifferi Daniele Follero Sunburned Circle – The Blaze G a m e ( C o n s p i r a c y, s e t t e m b r e 2007) Genere: weird freakness Cosa succede se i portabandiera del new weird america sound incontrano i freak finnici per antonomasia? Nulla di più, nulla di meno di ciò che è contenuto in The Blaze Game: 40 minuti belli tondi di freakerie post-hippie della miglior specie. Galeotta fu la Finlandia dove i Sunburned decisero di concludere il proprio tour 2006 in una sala di registrazione con i Circle a jammare in totale libertà improvvisativa. L’ a l b u m p u b b l i c a t o d a l l a C o n s p i r a cy è dunque il resumen in 7 pezzi di alcuni giorni di delirio impro dell’esteso collettivo: i bostoniani ci mettono la loro attitudine free: gli speed-krauters l’amore per la ripetizione e la (ovvia) circolarità delle strutture. E la compenetrazione tra i due progetti stupisce perché, pur mantenendo ognuno le proprie specificità, il connubio riesce appieno creando una sorta di catartica fusione. Spaz io quin d i a l u n g h e j a m d i p s i chedelia sommessa sempre lì lì per es plode r e ( Va r i k s e n p e l a t i n ) e a world music tribale e alienata da bos c hi f inla n d e s i ( H e i n ä v e l h o ) , a m mantata sempre di un gusto folk da fare invidia. A volte la deragliante Te n d e r F o r e v e r – W i d e r ( K Records / Goodfellas, 4 dicembre 2007) Genere: indie pop D o p o l ’ e s o r d i o S o f t A n d T h e Ha r d c o re d i d u e a n n i f a , M e l a n i e Va l e ra , l a f r a n c e s e c h e s i c e l a d i etro l a s i g l a Te n d e r F o r e v e r, l i c e n z i a il n u o v o a l b u m s e m p r e s o t t o l ’ e gida d e l l a K R e c o r d s . Q u e s t a e t i c h e tta, r e g i n a i n c o n t r a s t a t a d e l l a s c ena i n d i e d e l n o r d - o v e s t s t a t u n i t e n se, dovrebbe già di per sé – e per la f i d u c i a m o s t r a t a l e – r a p p r e s e n t are u n ’ o t t i m a g a r a n z i a p e r Wi d e r. Ma, p u r t r o p p o , q u e s t a s e c o n d a f a tica d i Te n d e r F o r e v e r f a r e g i s t r a r e po c h i s s i m i p a s s i a v a n t i . S i a d a l p unto d i v i s t a d e l l a f o r m a , s i a d a q u ello d e l l a s o s t a n z a . I l s u o f a r e a r t i s tico d i ff e r i s c e d i p o c o d a q u e l l a f o rma cantautoriale elettro pop che già f a t i c a v a a e m e r g e r e a l d e b u t t o , an c h e s e a l c u n e b u o n e i d e e f a c e va n o b e n s p e r a r e p e r i l f u t u r o . B u one i d e e c h e i n v e c e d i m a t u r a r e s i s ono a d a g i a t e p i g r a m e n t e s u s e s t e s se . Certo, alcuni episodi – sicurament e l ’ i n i z i a l e Ti n y H e a r t A n d C l e ve r H a n d , l a s p e n s i e r a t a N i c e r I f T he y Tr i e d e F o l d e d P a p e r s , i l p e z z o m i g l i o r e d e l l o t t o – r i s u l t a n o p i ù c om p l e s s i e a p e r t i a s o l u z i o n i n u o ve, turn it on Ya c h t – I B e l i e v e I n Yo u . Yo u r M a g i c I s R e a l ( M a r r i a g e – E R R / Goodfellas (novembre 2007) Genere: elettropop Yacht ra ccog lie quello c he ha c olt iv at o c om e f a c t o t u m d e l l a c i t t à d i P o r t la nd con q ue s t o I Bel i eve I n You. Your M a g i c I s R e a l . M i s c e l a l a s u a e sp erie nza Blow - iana ( in See A Penny ( Pic k I t U p ) ) e s p r i m e n d o u n a c o n vincente lucid i t à e s p o s i t i v a c h e n o n e r a d e l t u t t o r i u s c i t a q u a l c h e m e s e f a a Kha n. Scriv e per es em pio una pop s ong c h e p u ò s e m b r a r e u n p r e t e s t o p er sfog are in legger ez z a le s ue s m anie r itm i c h e ( We ’ r e A l w a y s Wa i t i n g ) , ma lo fa b en e; a im m aginar c i a un s uo c onc e r t o , c i g u a r d e r e m m o s o r r i d e n d oci tutto so m m at o c onv int i. Del resto, la f e l i c i t à d e l l a t r a s p o s i z i o n e i n m u s i c a d e l l e s u e c o m p e t e n z e era già dimost r a t a ; i l p e r i c o l o e r a s e m m a i u n p r o f e s s i o n i s m o p o c o i s p i r a t o ; o pp ure , pe gg io, un ec c es s o di s ic ur ez z a, la c o n v i n z i o n e d i r i u s c i r e a f a r e semp re in modo c he le per s one s i guar dino s o r r i d e n d o s i t u t t o s o m m a t o s o d d i s f a t t e . E in ve ce il ris c hio è s uper at o c on gioia di v ive r e e s e n z a p r e s u n z i o n e , c o n q u a l c h e p u n t o d e b o l e T h e M a g i c Be a t), certo, ma tras c u r a b i l e ( t u t t o s o m m a t o ) . I l s u o m e g l i o è l a d i m e s t i c h e z z a n e l l a g e s t i o n e ( c o e r e n t e ) d i mondi non tro pp o vicini t r a lor o; So Pos t All ‘Em az z ec c a u n a f o l k t r o n i c a t r i b a l i s t a c h e p i a c e r e b b e a g l i A k ro n / F a mily degli in izi; ma la ch ic c a v er a è Plat inum ( dov e Bo b b y B i rd ma n g l i r e s t i t u i s c e u n o d e i f a v o r i ) , u n a v v i c i n a m e n to a g l i El Guapo sul te s s ut o es plic it o ( e s pas s os is s im o ) d e l l a t a s t i e r a d i We A r e T h e R o b o t s d e i K ra f t w e rk . E se ta lvo lta g li s t es s i El G uapo div ent ano i n g o m b r a n t i ( I t ’s A l l T h e S a m e P r i c e ) , s p e c i e n e l l e s c e l t e v o cali, Jona Be ch tolt ha il c ar is m a di c alar e ques t e ult im e i n u n a d e c o s t r u z i o n e c h e l e s t e m p e r a ( I t ’s C o m i n g To G e t Yo u ), in u n go sp el fall it o. I ns om m a, s e la padr onan z a f a d i v e r t i r e s i a l ’ a u t o r e c h e l ’ a s c o l t a t o r e , è f a c i l e c h e un a cr i ti ca d ive nti spe cio s a, pr em edit at a, s e ins is t it a. N o i s i p r e f e r i s c e s o r r i d e r e , t u t t o s o m m a t o . ( 7 . 1 / 1 0 ) Gaspare Caliri sentireascoltare 71 ma rappresentano r a r e e c c e z i o n i . I nfat ti, a p arte un a p iù m ar c at a v ic inanza a ll’un ive rso indiet r onic o della Morr Music, nel co m p l e s s o l a s u a cifra stilistica è rim a s t a i n v a r i a t a . Melanie fa sempre t u t t o d a s o l a : part en do d a un a ch it ar r a ac us t ic a o da un piano e im p r e z i o s e n d o i l t utto con strati e str at i s int et ic i di laptop e tastiere vin t a g e . C i ò c h e ne sca turisce so no legger e m elodie naif modulate so p r a t t u t t o d a l l e dolci sfumature voca l i d e l l a N o s t r a . Tutto qui. Per il p r o s s i m o a l b u m questa raffin ata fra nc es e dal c uore po p avrà sicuram e n t e b i s o g n o d i una p rofo nd a rifle ssione e una degna m e ssa a pu nto s e v or r à us c ir e dalle sabbie mobili d e l m a n i e r i s m o nelle qu ali Wide r s em br a av er la condo tta. (5 .3/1 0) Andrea Provinciali The Killers – Sawdust (Island / Universal, 13 novembre 2007) Genere: pop Che i Killers sia no div ent at i una delle rea ltà più establis hed d e l p o p t utto, in gra do di cont ender e non solo le cop ertin e p at inat e m a anche gli onori e i pla u s i d e l l a g e n t e che co nta (vedi an c h e l a r e c e n t e parte cipazione alla c o l o n n a s o n o r a del bio pic joydivisio n- iano Cont r ol , in cui rileg go no Sha dowplay ) , è u n f atto orma i d ifficilm ent e c onf ut abile. Solo così potre m m o a c c e t t a r e qualc osa co me Tranquiliz e, l’inedit o d i a pe rtura d i ques t a c om pilation di rarità, piomb a t a s u l s e m p r e aff olla tissimo e rem uner at iv o m er cato natalizio. Eppu r e , n o n b a s t a . Perché dovremmo a n c h e a c c e t t a r e un’altra verità , o vver o c he le c apacità d i d iscern imen t o del s ig. Lou Reed, pr ot a g o n i s t a - n o s t r o m a l grado - del duetto, non siano più t ant o aff ida b i l i . Meglio glissare - malignità a parte, il pezzo è francamente terribile - e s off er m ar s i s u l l a s o s t a n z a q u i p r o pos t a, c he n o n è p o i m e r o r a s c h i a mento del barile ma anzi propone out t ak es e r i e l a b o r a z i o n i a d h o c d i brani già editi, mischiate a b sides as s or t it e. I l b e l l o d i q u e s t e r a c c o l t e, di s olit o , è c h e m e t t o n o i n e v i denza lati nascosti, certe sfumature che usualmente sono appannaggio d e i s o l i a ff e z i o n a t i ; m a g a r i q u e l l a gem m a nas c o s t a c h e n o n c e l ’ a v e v a f at t a a f i n i r e s u l l ’ a l b u m , o q u e l l a particolare session in cui era uscito fuori qualcosa di irripetibile. Ma, ahinoi, sul piatto non gira Hatful Of Hollow, e detto ciò si potrebbe anche chiudere qui. Però ecco, a sentire l’inedita Leave The Bourbon On The Shelf ci ricordiamo di certa leggerezza glam-pop dell’esordio Hot Fuss (ah, quei ritornelli), come anche in Under The Gun, e il romanticismo semip a r o d i s t i c o d i S h o w Yo u H o w ( c o n incipit quasi lo-fi!) e il Bowie esagerato di The Ballad Of Michael Va l e n t i n e h a n n o i l l o r o p e r c h é ; e per chi è a caccia di stranezze, c’è perfino un’incursione nel countr y R u b y D o n ’ t Ta k e Yo u r L o v e To To w n , s e n z a c o n t a r e l a R o m e o A n d Juliet dei Dire Straits (che, però… v a b b è ) , o u n a S a m ’s To w n s p o g l i a ta e classicheggiante. Come dire, il potenziale non è del tutto assente. Questo non lo si è mai messo in dubbio; semmai è il gusto pomposo e kitsch che imperversa anche qui - praticamente nel resto delle tracce -, che continua a farci vedere i Killers come una grande occasione sprecata (ad esser buoni), o come un pacco formato famiglia (ad esserlo meno). (4.7/10) Antonio Puglia The Va l e r i e Project – s/t (Drag City / Tw i s t e d Nerve, 26 novembre 2007) A A . V V. – D a i s i e s ( F i n d e r s K e e p ers, 26 novembre 2007) Genere: czech folk La cosiddetta new wave del cinema cecoslovacco è ancora tra noi. 72 sentireascoltare Niente a che vedere con il grottesco “cinema polacco” che si vede ultimamente sul palco di Zelig. Con i l t e r m i n e C z e c h N e w Wa v e s i f a riferimento alla produzione cinematografica boema dei primi anni ’60. Una vera e propria nouvelle vague, con tanto di autori chiave e o p e r e c a r d i n e . Tr a q u e s t e s i c u r a m e n t e Va l e r i e A n d H e r We e k O f Wo n d e r s d i J a r o m i l J i r e š e Daisies di Věra Chytilová, rapidamente entrati nell’empireo dei cult movie, con tanto di estimatori oltre ogni sospetto come Jarvis Coc k e r e Tr i s h K e e n a n d e i B r o a d c a s t . M a a n d i a m o c o n o r d i n e . I l Va l e r i e Project è un vero e proprio supergruppo che riunisce alcuni nomi cardine della scena psych folk di Philadelphia. Il deus ex machina del progetto è manco a dirlo Greg We e k s d e g l i E s p e r s . I l N o s t r o vede il film di Jireš su una copia in 16mm di proprietà di Joseph Gervasi, collezionista e distributore di pellicole culto, e si innamora immediatamente della stranissima atmosfera del film (che per la cronaca in Italia girò quasi in condizioni di clandestinità con il titolo forzatamente osè di “Fantasie di una t r e d i c e n n e ” ) . I l p r o g e t t o Va l e r i e assume rapidamente i connotati di un omaggio sotto le sembianze di una nuova soundtrack. Greg chiama a raccolta membri degli Espers e altri amici musicisti del giro di Philadelphia: Fern Knight, Grass, F u r s a x a , Ti m e s b o l d , Wo o d w o s e , Rake, Charles Cohen. Il disco in questione è il lascito su disco delle session strumentali concepite dal gruppo e già ampiamente rodate dal vivo. Lo score originale di Lubos Fiser è una lunga suite dolciastra e deliziosamente bucolica che si sposa a meraviglia con i vampiri e gli assurdi personaggi del film. Lo score concepito dal Va l e r i e P r o j e c t è i n v e c e m o l t o p i ù sinfonic-folk. Una “versione sinfonica dei Magma” la definisce inf a t t i We e k s . C o m e s o u n d t r a c k n o n funziona benissimo, come omaggio ideale ai singoli momenti del film si. Progetto tra i più strambi e originali che è capitato di ascoltare di recente, farà felice qualche giovane wicca dark sempre alla ricerca di oscure fairy tales. Proprio la soundtrack originale di Fiser fu pubblicata l’anno scorso dalla Find e r s K e e p e r s d i A n d y Vo t e l c h e o r a completa la sua personale operazione nostalgia mandando in stampa lo score di Daisies, per la prima volta in assoluto. La parabola delle due Marie che vivono sempre più in simbiosi, immergendosi nei loro personalissimi mondi mentali, viene scandita da brevi marcette belle epoque, non-sense melodici da cartoon e sciccherie exotiche misto coretti d’opera. Un documento sonoro che ovviamente va di pari passo con le immagini e ad esse si riallaccia, ma mostra i suoi perché anche su supporto audio. “Here, at last, is the soundtrack to maybe THE underground film of all time in a l l i t s c r a z y d a i s y g l o r y. M o n s i e u r, you are spoiling us”. Parola di Jarvis Cocker! (7.0/10) Antonello Comunale alla definizione “foxcore”, inventata da Thurstone Moore per qualificare quell’entità simil-riot grrrl ma simpatizzante con il grunge e l’heavymetal; come esempio virtuoso ci giochiamo subito la sabbathiana Damage Done, presa dall’album di cui vi stiamo per parlare, ma è un’eccezione. Sì perché purtroppo (opinabilment e ) p e r n o i , l e Ve r u c a S a l t d i o g g i non fanno altro che rimescolare retaggi inizio anni Novanta (come gli amplificatori al massimo) con una fantomatica rabbia femminile, in definitiva sessista e sempre pronta a valorizzare una voce in fondo bella. In più il loro ultimo disco – IV – (che era uscito l’anno scorso per la Sympathy Records e ora viene ristampato dalla Fillfull) arriva dopo un rimescolamento dei componenti che non rallegra le carte, anzi paga l’assenza della spinta forse più creativa dei tre dischi precedenti, cioè Nina Gordon. Cercando di essere sobri, si evita per un pelo di usare male parole p e r C i r c u l a r Tr e n d ( c o n u n “ y e a h ” direttamente rubato da Smells Like Te e n S p i r i t ) – e l e s i p r e f e r i s c e , n e l l a s u a m a g g i o r e o n e s t à , Wa k e Up Dead – sarà pure in antitesi con quanto interessa a chi scrive, ma almeno fa quello che deve fare, cioè suscitare emozioni ovvie. C’è di peggio: ascoltate come viene rovinato l’inizio promettente di Closer, che sembrava far pensare c h e a n c h e p e r l e Ve r u c a i J e s u s Lizard non fossero passati invano. Concentratevi sui piatti della batteria quando inizia la seconda parte della canzone, pensate a quanto sono lì a un passo dal convincervi, se non fossero così grossolanamente appostati per sortire u n e ff e t t o . P e r m e è s u ff i c i e n t e p e r spegnere la musica. (4.8/10) Gaspare Caliri Ve r u c a S a l t – I V ( F u l l f i l l , 8 n o vembre 2007) Genere: foxcore L e Ve r u c a S a l t s o n o s t a t e ( i n s i e m e alle L7) uno dei gruppi più adagiati Vo l c a n o T h e B e a r – A m i d s t T h e N o i s e A n d Tw i g s ( B e t a L a c t a m Ring, 6 novembre 2007) Genere: mondo weird Nerd di tutto il mondo unitevi. È u s c i t o i l n u o v o Vo l c a n o T h e B e a r ! Ormai questi ragazzi inglesi sono dei veri e propri eroi in certi am- bienti weird – impro – avantgarde – freefolk e via di questo passo. Peraltro pare che il loro ultimo album, Classic Erasmus Fusion, abbia beneficiato di un tale passaparola da spingerli addirittura n e i c i r c o l i c o s ì e l i t a r i d i To p O f The Pops. Come dire, “La rivincita d e i N e r d s ” . C h e q u e l l o d e i Vo l c a no The Bear sia uno dei laboratori musicali più intriganti e intelligenti (e tipici) di questi anni è cosa dimostrata ampiamente anche da questo nuovo disco. Amidst The N o i s e A n d Tw i g s r i t r o v a l a c o n c i sione che era andata perduta con il doppio album dell’anno scorso, a parer di chi scrive, vittima dei consueti problemi da album doppio: minutaggi eccessivi, idee allungate, una generale perdita della bussola sulla tenuta del progetto e sulle troppe idee messe in campo. Che le ragioni del fascino di quel disco siano anche in questi peccati veniali, fuor di dubbio. Ma Amidst sembra dire che la band di Leicester ha ora voglia di ritornare sui propri passi per frequentare di nuovo i territori più direttamente weird folk di The Idea Of The Wo o d e T h e I n h a z e r D e c l i n e , m e t tendo in campo l’esperienza maturata da Daniel Padden con i One Ensemble. Musicalmente parlando le dieci tracce di questo disco si possono descrivere facilmente come una via mediana tra le exotiche alterità dei Sun City Girls e le nenie stregonesche dei Comus. Certi accenti da ritualismo pagano così tipicamente personali trovano qui rapidamente sbocco in marcette folk e coretti esoterici (The Sting O f H a s t e , B e f o r e We C a m e To T h i s R e l i g i o n ) . L’ e s o t i s m o g e n e r a l e d e - sentireascoltare 73 gli arrangiamenti e al tempo stesso forma e sostanza dei brani. Si passa rapidamente dal sinistro banjo di Burnt Seer alle ritmiche cerimoniali di Splendid Goose. Senza c o n t a r e c h e i n S h e Va n g M o o n e O n e H u n d r e d Ye a r s O f I n f a m y i Nostri escono allo scoperto come non mai, gettando definitivamente la maschera e rivelando tutta la sostanza apocalittica che sottende l e l o r o s t r a m b e r i e . I Vo l c a n o T h e Bear sono come dei malevoli giullari di corte che distraggono gli astanti mentre tutto il mondo va in rovina. (7.0/10) Antonello Comunale Why? – The Hollows EP (Anticon / Goodfellas, 27 novembre 2007) Genere: pop “collaborazionista” A volte gli Ep e i singoli possono rivelarsi più interessanti degli album, soprattutto quando nei lavori, per così dire, marginali, la fantasia viene sprigionata più liberamente. Why? (nome che ormai indica un t r i o e n o n p i ù i l s o l o Yo n i Wo l f , a c compagnato stabilmente dal fratello Josiah e da Doug McDiarmid) sceglie, per aprire la strada al successore di Elephant Eyelash (Anticon / Goodfellas, 2005), un EP molto ricco di contenuti. Paradossalmente, però, in questo caso, la scelta di collaborazioni d’eccellenza, ha messo in ombra e reso superfluo il lavoro del trio. Difatti The Hollows, il primo singolo del prossimo venturo Alopecia (la data di uscita è fissata per marzo) è l’unico episodio trascurabile di questa relea- 74 sentireascoltare se, per il resto costruita su remix e cover di alcuni brani, editi e inediti di Why?: un pop a presa immediata che non si sposta molto dalla scia tracciata dall’esordio. Nulla a che vedere con il resto della tracklist, alla quale partecipano nientemen o c h e X i u X i u ( c h e s i o ff r o n o c o n una loro personale versione elect r o d e l l a g i à n o t a Yo y o B y e B y e ) e Boards Of Canada: loro è il remix della ancora inedita Good Friday, u n a b e l l i s s i m a b a l l a t a f u n k y, d e l l a quale potremo godere solo noi europei, considerato che non è presente nella versione americana. Come non sono presenti la cover della tenebrosa Broken Crow, di N i c k T. e q u e l l a s l o w c o r e , a n c o r a d i Yo y o B y e B y e , d i D u m p , n i e n t ’ a l t r i c h e J a m e s M c N e w d i Yo L a Te n g o (chissà perché, poi, tutto questo privilegio per il pubblico d’oltreoceano?). Chiudono questa carrellata di “star” Dntel, che remixa un a l t r o b r a n o d i A l o p e c i a , B y To r p e d o O r C r o h n ’s , r i v e s t e n d o i l r a p p i n g d i Yo n i ( c h e r i c o r d a v a g a m e n t e u n Tr i c k y b i a n c o ) d i u n ’ a t m o s f e r a t r a l’ambient e il trip hop, e il medley Pre-teen Apocalyptic Film Acting, col quale Half-Handed Cloud danno il loro contributo. Se queste fossero le fondamenta di Alopecia, sarebbe una gioia immensa poterne parlare bene fra qualche mese. Ma vista la poca credibilità del singolo, ho il timore che questo EP rischi di rimanere un bel caso isolato. (7.0/10) Daniele Follero Winter Beach Disco - After The Fireworks We’ll Sail (Black Candy / Audioglobe, 23 novembre 2007) Genere: indie wave I W i n t e r B e a c h D i s c o d a Vi t e r b o sono un quintetto col manico caldo di brio infervorato, gente che si è buttata sull’osso con l’intenzione di farsi un trip garrulo alla faccia di chi ci crede troppo intensamente, a quella vecchia fattucchiera del rock’n’roll. Poi invece è successo che, chissà come, si sono fatti prendere la mano. Forse, chissà, sono stati colti dal brivido giusto al momento giusto, col velo che si squarciava ad ogni pennata ad ogni spasmo, se solo giravano la leva e ci mettevano il dovuto. Insomma, ecco l’esordio covato in sei anni farciti di consuete trafile, tra demo e concerti sempre più autorevoli e autoritari. Il titolo è ok, le dieci tracce sbrecciano muriccioli lo-fi e quadratura adrenalinica punk-funk, quelle cose lì da basso ghignante, ritmica tenace, tastiere incandescenti e chitarrine in fregola, furia furiosa e agre bizzarrie come una rimpatriata etilica tra Rapture e Runi, poniamo. Ma ecco spuntare certi contagi Echo & The Bunnymen via Blur (Cut And F i t F o r Yo u ) q u a n d o n o n s b r i g l i a t a a l l u r e C l a s h e l i r i s m o Te l e v i s i o n (Kayoko And Cornelius), e allora drizzi un po’ di più le orecchie, anche perché in entrambi i suddetti pezzi il cliché viene scompigliato da arguzie di tromba e sax con quel fare un po’ da banda sbandata tipo il Mirko Guerrini che incoccia Marco Parente. Certi segnali sono importanti, cambiano in qualche modo la chiave di lettura: e allora il dramma emo-wave di Gardenale, ad esempio, ti sembra provenire da profondo e lontano, lo stess o v a l e p e r q u e l l a I t ’s S o U s e l e s s che si mangia crudi electroclash e post-punk come un cibernipotino di PIL e Human League. Alla fine, un po’ di straforo, ti passa per la testa anche l’augusto nome dei Polvo, per quella smania di smontare e rimontare in un gioco di vampe e dramma che alla fine resta però essenzialmente un gioco. Questione di crederci o no. Loro, a quanto pare, ci credono. (7.1/10) Stefano Solventi è un a b a l l a t a ; N o Wa r n i n g G i v e n s f r ut t a d e g l i e s c a m o t a g e a r r a n g i a t iv i e s t r a t i d i r u m o r e c h e s t a r e b ber o a p r o p r i o a g i o i n 1 5 4 , m a p o i s i ap r e a u n r i t o r n e l l o a l l a S i m p l e M i nd s . P a r e a c c e r t a t o c h e i l p r o s simo (iperannunciato) album non c ont e n g a q u e s t e t r a c c e ; m a c h i s s à s e ne s a r à u n p r o s e g u i m e n t o . P r o pong o , c o m e m i g l i o r e s t r u m e n t o d i previsione, di far volteggiare una m one t a i n c i e l o . ( 6 . 5 / 1 0 ) Gaspare Caliri The Wire – Read & Burn 3 EP (Pink Flag, 13 novembre 2007) Genere: post-punk / Wire 2 3 an ni fa era il 1984, dat a c he doveva esse re apoc alit t ic a per let t erati e punk – m a c h e , p u r t r o p p o p e r i letterati, fu a p o c a l i t t i c a s o l o p e r i p un k. In qu ell ’anno i The Wi r e n o n e sistevan o, s e non nelle inc ar nazion i d el pro get t o s olis t a di C o l i n Ne wm an e d ei Dom e di Br uce G i l be r t e di Gr aham Lew i s. Ve n t i t r é anni dopo, c i o è o g g i , q u e l l ’ e n t i t à ch e p ose p iet r e angolar i del pos t punk torna co n i l t e r z o c a p i t o l o d i Rea d & Bur n, s e r i e d i t i t o l i i n i z i a t a ne l 20 02 . Se p erò i prim i due EP dim os t r av ano una aggre s s i v i t à d a p u n k s t e r s mag gio re in Newm an e s oc i, le at mosfere d i o ggi s ono più am bigue; da u n lato , in 23 Year s Too Lat e, tornano ai c u p i f i n e S e t t a n t a d i 15 4; l’auto-di c h i a r a z i o n e d i r i t a r d o della prima t r a c c i a a v v i e n e i n f a t t i co n un a lun ga eluc ubr az ione m ez zo parlata m e z z o c a n t a t a , m e z z o synth -acco mpagnat a, m ez z o c avalcata, dove l e p r o f o n d i t à v o c a l i di Colin ricor dano Ka- Spel dei Legenda r y Pink Dot s. D a l l ’ a l t r o l a t o il resto dell’E P è d i v e r s o , e a l 1 9 8 4 d ob bia mo tor nar e, per l’ult im a v olta , pe r ch iarir e c os a int endiam o. I tre bra ni rim anent i s ono c a n z o n i vere e propr i e , c h e a b b a n d o n a n o d el tutto il dis agio dell’obliquit à ar monica che g l i W i r e i n t r o d u s s e r o qualche anno p r i m a ; a n z i p e s c a n o d a qu ella me tà anni O t t ant a indor at a d al p op – d a l or o ( allor a) non per lustrata , ch i pe r int ent i av anguar dis t i, chi p er u rge nz e indus t r iali, e inv ece lascia ta, per es em pio, ai pr inc ip i As socia tes. O ur Tim e es pr im e ancora una p r o d u z i o n e o s c u r a , m a W o e l v - To u t S e u l d a n s l a F o r ê t e n P l e i n J o u r. . . ( K R e c o r d s / Goodfellas, 4 dicembre 2007) Genere: avant folk Sot t o i l m o n i k e r Wo e l v s i c e l a l a c anad e s e G e n e v i è v e C a s t r é e ( o r mai trapiantata negli Stati Uniti da qualc h e a n n o ) , f u m e t t i s t a e s c r i t t r i c e t r a l e a l t r e c o s e . To u t S e u l d a n s l a Fo rê t e n P l e i n J o u r. . . è i l s u o secondo disco, un concept nato con l’idea d i f a r n e a n c h e u n l i b r o , e r e gis t r a t o i n s i e m e a P h i l E l v e ru m c o n cui abitualmente collabora. Cantato int er a m e n t e i n f r a n c e s e , è u n a l bum che ha più di un debito con le pr im e B j o rk e C a t P o w e r, n e l c a n t at o e n e l m o o d e u l t i m a m e n t e c o n una co m e L a rk i n G ri mm, a l l a q u a l e la accomunano temi e sensibilità (il c onf l i t t o u o m o - n a t u r a i n u n m o n d o dall’equilibrio ormai spezzato e dei r appo r t i u m a n i c h e t e n d o n o s e m p r e più a l c o n f l i t t o e a l l e c o n t r a d d i z i o ni). La voce di Geneviève qui è spesso in loop, doppiata, per ballad folk dal sapore oscuro ed amaro, che diventano tribali nei crescendo dilatati, o sognanti nell’incrocio di v oc i e n e i b o z z e t t i p e r c h i t a r r a a c u - s t i c a e d e l e t t r i c a , u n a v ant folk il s u o d a l s a p o r e a n c e s t r a l e che si fa o r a s o g n a n t e o r a a g g r e s si vo . Pi cc o l i q u a d r e t t i s u u n a n a t ura violata m a a n c h e p r e s e n t i s s i m a e arcana c h e s i a v v e r t e i n t u t t a l a su a n a tu r a m i s t e r i c a . U n a c o n f e r ma p e r u n d i s c o f a t t o d i a t m o s f e r e rarefatte. (7.0/10) Te r e s a G r e c o The Wombats – A Guide to Love, Loss and Desperation (14 Floor / Audioglobe, 9 novembre 2007) Genere: …just rock and roll for kids O v v i a m e n t e , i n U K l a f o t o copiatrice n o n f i n i s c e m a i i l t o n e r. Ovvi a m e n t e , n o n h a p i ù s e n s o p a r l a re d i emul (sarebbe emul dell’emul dell’emul d e l l ’ e m u l , p i ù d e l c u b o ) ; co m e d e f i n i r e s t e u n a b a n d c h e m e tte i n si e m e s e n z a t r o p p i c o m p l i m e n ti A r c t i c M o n k e y s , I n t e rp o l (con una b r i c i o l a d i K i l l e r s ) e c h i a ma la sua m a g g i o r e h i t L e t ’s D a n c e To Jo y D i v i s i o n ? O v v i a m e n t e , i Wombats da L i v e r p o o l – p r o p r i o c o m e i cu g i n i a r t i c i d i S h e ff i e l d - s o n o a n fe ta m i n i c i , a d r e n a l i n i c i , t u t t ’ a l t r o ch e ci n i c i , a n z i a c u t i , i r r i v e r e n t i , e – o vvi a m e n t e – d i v e r t e n t i ( i t e s t i diamine, i t e s t i ) . O v v i a m e n t e , s o n o da tempo a d d i t a t i c o m e l a n e x t b i g th i n g p i ù b i g d i t u t t e : d u e s i n g o l i a nd a ti fu o r i s t a m p a i n t e m p o r e c o r d e NME che s b r a i t a g i à d a l l o s c o r s o a p r i l e . Ovv i a m e n t e a n c h e s t a v o l t a ci si p u ò d i v e r t i r e e b a t t e r e i l p i ed i n o : Kill T h e D i r e c t o r , B a c k f i r e A t Th e D i s c o s o n o l ì p r o n t e p e r i l p r o ssi m o p a r t y u n d e r - 2 0 . O v v i a m e nte , so tto l a b u c c i a l u m i n e s c e n t e e tr e n d y- i ss i m a c ’ è a n c h e d e l l a s o s ta n za , so p r a t t u t t o n e l l e b e a c h b o y siane parti a c a p e l l a ( s o n o o n o n s o n o r e d u ci d a l P a u l M c C a r t n e y ’s L i v e r p o o l In s t i t u t e o f P e r f o r m i n g A r t s ? ) . Ovvi a m e n t e , i l s u c c e s s o e r a g i à segnato p r i m a d e l d e b u t t o ( t u t t i g l i sb a r b a t e l l i b r u f o l o s i d e l R e g no h a n n o p r e v e n t i v a m e n t e m a n d a t o in palla s e r v e r p 2 p e r i e m p i t o i concerti). O v v i a m e n t e , ( 6 . 0 / 1 0 ) . Ma giusto p e r c h é , c o m e d i c e v a l ’ a l i eno Ziggy, let all the children boogie. Antonio Puglia sentireascoltare 75 Backyard Due intermezzi per chitarra e voce, Pas s ing The P e t a l 2 Yo u e I n m a t e s O f Hear t ac h e , e T h e D o l d r u m s t r o v a f inalm en t e u n d e g n o r e f e r e n t e . È m at er iale d e l b i e n n i o 2 0 0 0 / 2 0 0 1 m a nes s uno o q u a s i n e s a p e v a n u l la… È un cane sciolto, ma basta addom es t ica r l o . . ( 7 . 0 / 1 0 ) Gianni Avella A A . V V. – B e a r d e d L a d i e s Vo l - Ariel P i n k ’s Haunted Graffiti – Scared Famous (Hall Of Records-Human Ear Music / Goodfellas, 2 novembre 2007) Genere: pop (?) Il 2007 potrebbe ess e r e i l c r o c e v i a di A riel Pink. No tizie r ec ent i, inf at ti, dicono che una d e l l e s u e i c o n e , Mado nn a, a bb ia con os c iut o il Nostro grazie ad un alb u m t r i b u t o a l e i dedica to, e ch e la v er s ione di Ev erybody allestita da A r i e l R o s e n b e r g sia p iaciuta non poc o a l l a S i g n o r a C icco ne . C he il losan ge lino s ia s obbalz at o dalla sedia? Boh. C h e s i s c h i u d a qualch e p orta ? Ma h. Che non ne ha mai abbastanza ques t o è c e r t o : u n a nuova rista mpa d al s uo c onf us ionario ca talo go , Sca r ed Fam ous, e l o stralun ato colle ga d egli Anim al Collective pubblica un d i s c o f r u i b i l e e dal suono, finalment e , m e n o s a t u r o del so lito. C’è il Bow ie in paillet t es che suo na coi Sup er t r am p ( G opacapulco: me tà Starm an e m et à G oodbye Stran ge r. Tu t t o v e r o ) e u n P rinc e d’a nn ata (H o w l i n g A t T h e Moon ) che non t’asp e t t i . C ’ è q u i n d i funk e ro ck. Quin di l e s olit e s or pr ese, c o me l’a nd ame nt o in lev ar e di T he Kitch en Clu b e la v iz ios a I n A Tomb All Yo ur Own c h e s u o n a c o m e una No Fun (Stoog e s ) r e d a t t a d a dei S uicide gio ca ttol o. 76 sentireascoltare ume One (Finders Keepers, 3 settembre 2007) Genere: folk D o n n e b a ff u t e , s e m p r e p i a c i u t e . I l c anone dell a g i o v a n e d o n n a c h e i n tona nenie lunari nel freddo della not t e è pr es e n t e i n t u t t e l e t r a d i z i o ni folkloristiche ad oriente, come ad oc c ident e. J a n e We a v e r, d o n n a l u nar e di s uo, s i i n c a r i c a d i a n t o l o g i z z ar e in più vo l u m i g l i e s e m p i p i ù l u m inos i del fe m m i n i n o f o l k . B e a r d e d Ladi es s i i m m e r g e c o s ì p e r f e t t a mente tanto nel recente revival del br it is h f olk ( S h i r l e y C o l l i n s , S h e l a gh M c dona l d , Va s h t y B u n y a n , J u dee Sill, An n e B r i g g s … ) q u a n t o n e l la c or r ent e c o n t e m p o r a n e a d i n o m i nuovi (Joanna Newsom, Josephine F o s t e r, E s p e r s , M a r i s s a N a d l e r, Autumn Shade, Nanzy Elizabeth). I l r is ult at o è p a r t i c o l a r m e n t e r i u s c i t o nella pul i z i a f o r m a l e d e l l a s e l e - z i o n e . N o n a c a s o s i i n i z i a c o n gli S p e c k M o u n t a i n g r u p p o d i D e t ro i t c h e i n t o n a u n a H e y - M o o n d a l t a glio p l a c i d a m e n t e p s i c h e d e l i c o . L e c ose m i g l i o r i d e l l a r a c c o l t a a r r i v a n o p erò c o n i b r a n i p i ù d a t a t i c o m e P a i s ley Wi n d o w P a n e d i We n d y a n d B o n n ie a u t o r i d i u n u n i c o d i s c o n e l 1 9 69, o p p u r e c o m e l ’ i n c r e d i b i l e S e l da , p r i m a s t a r t u r c a a u t r i c e d a l c a nto u l t r a t e r r e n o i m p a r e g g i a b i l e . E an c o r a , d o v e r o s i d a s e g n a l e a l t r i tre h i g h l i g h t s d i s t r a o r d i n a r i a c a r a t ura, c o m e q u e s t a p i c c o l a N a n c y S i n atr a psichedelica che risponde al nome d i S u s a n C h ri s t i e , s f o r t u n a t i s s ima a u t r i c e d i u n i c o d i s c o m a i p u b b l i ca t o , s e n o n i n t r e c o p i e , s a l v o p o i ess e r e s t a t o r i s t a m p a t o l ’ a n n o s c o rso d a l s o l i t o A n d y Vo t e l ; l a d e l i z i o sa m e n t e “ f o l l e ” B ri g i t t e F o n t a i n e , n o n a c a s o u n o d e i n u m i t u t e l a r i di L e t i t i a S a d i e r d e g l i S t e r e o l a b . Ma il b r a n o p i ù b e l l o d e l l a r a c c o l t a è ce r t a m e n t e R e f u g e d e l l e H e a v e n and E a rt h , d u e r a g a z z e ( P a t G e f e l l e Jo A n d r e w s ) e u n s o l o d i s c o n e l 1 9 73. I l p r i m o v o l u m e d e d i c a t o a q u e ste D o n n e B a r b u t e f o l k s i c h i u d e con u n a c o n t e m p o r a n e a d i C a r d i ff , tale Cate Le Bon, che ci lascia con una forte voglia di avere tra le mani anc h e i l s e c o n d o c a p i t o l o d i q u e sta magnifica storia dell’umanità narrat a c o n v o c i d o l c i e c h i t a r r e g e n tili. (7.0/10) Antonello Comunale Betty Davis – Self Titled / They Say I’m Different (Light In The Attic, 2007) Genere: funk T H I S A S S I N V E N T E D F U S I O N . Eh s i , p r o p r i o l a f r a s e g i u s t a d a f arsi t a t u a r e s u l c u l o p e r M a d e m o i s elle M a b r y , c o m e l a r i b a t t e z z a M i les D a v i s n e l l ’ a l b u m F i l l e s d e K i l i ma nj a ro c h e s i b e n e f i c i a p r o p r i o d i una su a foto in c oper t ina. Bet t y M abry in Davis n o n e r a m i c a l a p r i m a sciacquetta co n i c a p e l l i c o t o n a t i e il visino maliz i o s o c h e a d e s c a v a l e star afro dell’ e p o c a p e r i n g r a s s a r e il conto in ba n c a . B e t t y l a v e d e v i un a volta ed er i già m or t o. Per s t are alla sua alt e z z a b i s o g n a v a c o m e minimo esse re un s em idio alt r im enti via, figu rar s i pr ender s ela in m oglie. Lei se la f a c e v a c o n i l g i r o d i Sly An d Th e Fam ily St one. Hendr ix lo chia mava p er nom e. Dic ev a “ Hey Jimi, come wit h m e ! ” . S e d i e t r o o g n i gra nd e u omo , c ’è una gr ande donna , a llora e ccola qui la gr ande f em mina di fuoco c h e t r a v i ò M i l e s e l o po rtò a lla fu si on ibr idat a della s v olta Bitches Brew . La f am os a f us ion inven tata co l c ulo. G enio e s r egolate zza. Anzi no. Cor po e s r egolatezza, al punt o c h e M i l e s s i i n g e l o s ì (alcuni dicono p e r c e r t i r u m o r s a l sa po re di go s s ip s u Hendr ix … ) , m a lei nie nte . Die de alle s t am pe un pr imo disco o monim o e alt r i due dopo il divorzio. Il r is ult at o? Un’inf er nale bailamme d i s e s s o , g r i n t a , r i t m i . Una donna al T N T, p e r u n a d e c a d e (i ‘70 ) orma i t r oppo lont ana. Per fortuna la g i o v a n e l a b e l L i g h t I n Th e Attic ca pi s c e c he s iam o depr es si e ing rigiti d a ques t i anni 2000 del ca vo lo e si invent a ques t ’anno le r ista mpe de i pr im i due dis c hi di Bet ty, rimasterizz at e dai m as t er or iginali con l’agg i u n t a d i b o n u s t r a c k mai p ub blicate f in’or a e libr et t i r if initi nel dettag l i o , c o n l i n e r n o t e s e mate riale fo togr af ic o c om e c om anda Dio! Se n o n s o n o l e r i s t a m p e dell’anno poc o c i m a n c a , m a c o s a impo rta. L o st er eo r ingr az ia, le c as se tornano a s u d a r e , l e o r e c c h i e s i risvegliano da l l o r o t o r p o r e a l g r i d o di “He Wa s A Big Fr eak ” e le v ibr a- zioni provocate dalla voce di Betty ora dolce e suadente, ora feroce e selvaggia, si fanno sentire in ogni anfratto del corpo. Non ce n’è per nes su n o . I n v e r s i o n e r i m a s t e r i z z a t a Be t t y f a a n c o r a o g g i t e r r a b r u ciata intorno a se. Le ugole calde d e l l ’ r ’ n ’ b d i q u e s t i a n n i ( M a c y G r a y, Laur y n H i l l , K e l i s , A l i c i a K e y s , M i s sy Elliott, ecc.) cosa mai sarebbero se ieri non ci fosse stata Betty? Il funk sotto le sue mani era come il pongo per i bambini. Immaginate la Tina Tu r n e r d i M a d M a x a l l a g u i d a di un ’ a c c o l i t a d i g u e r r i e r i p o s t a t o mici che suonano come Sly Stone, Funk a d e l i k e J i m i H e n d r i x . E r a d a v v er o t r o p p o e i n f a t t i c o m e l a f i a m m a ch e a r d e c o n i l d o p p i o d e l l ’ i n tensità finì presto. Ma il tormento di poter verificare la veridicità delle indis c r e z i o n i c h e v o r r e b b e r o l ’ e s i stenza di un intero album registrato da Betty e Miles e mai pubblicato, c i t er r à v i g i l i a n c o r a a l u n g o . I n s i e me alla sua musica, masterizzata o non masterizzata, ovviamente. ( 8. 0/ 1 0 ) Antonello Comunale B o b b Tr i m b l e - I r o n C u r t a i n I n nocence (Bobb Records, 1980 - Secretly Canadian, novembre 2007) - Harvest Of Dreams (Bobb Records, 1982 - Secretly Canadian, novembre 2007) Genere: psych folk Clas s e 1 9 5 8 d a M a r l b o r o u g h , M a s s a c u s e t t e s , B o b b Tr i m b l e c r e b b e i n un incanto popadelico da cui non si riprese mai. Nelle note di copertina del d e b u t t o I ro n C u rt a i n I n n o c e n ce a r r i v ò a p r o p o r s i c o m e q u i n t o elem e n t o d e i B e a t l e s , r i v o l g e n d o si direttamente a loro, all’epoca sì d i s c i o l t i d a u n d e c e n n i o m a a n co r a - a n n o 1 9 8 0 - t u t t i v i v e nti. Forse s c h e r z a v a . F o r s e n o . F a t to sta che q u e l d i s c o s t a m p a t o i n p o ch e ce n ti n a i a d i c o p i e m e t t e v a i n mostra un s o u n d n o n p r o p r i o b l t o l s i ano, quasi c h e B o b b - i l p r o p r i o q u i d artistico - n o n f o s s e c h i a r o n e a n che a se stesso. U n a s c r i t t u r a i n t r i g a n t e p er quanto sfibrata la sua, votata all’indolenz a , s u c c u b e d e l p r o p r i o c i n ci sch i a r e o n i r i c o i n s e l l a a d u n falsetto v i b r a t i l e . C h e a t r a t t i , v i s to d a q u i , p o t r e s t i s c a m b i a r e p e r u n ca n o va cc i o F a i rp o rt a v a r i a t o ( l a psicotica Night At The Asylum), per una Con e y I s l a n d B a b y r i f a t t a d a u n Elliott S mi t h d e b o s c i a t o ( K i l l e d By Th e H a n d s O f A n U n k n o w n R o ck Sta r r ), p e r c e r t i L e d Z e p p i ù r a r e fa tti tr a s l a t i n e l l a s c i r o p p o s a m i t ol o g i a B ol a n ( l a s o g n a n t e G l a s s Menagerie F a n t a s i e s ) . C ’ è i n s o m m a q u e sta t r a m a f o s c a d i f a n t a s i e spaziali e f i a b e s c a s t r a l u n a t e z z a , che ora s ’ i n t e s t a r d i s c e d i f u z z c a priccioso, d i g o t i c a m i s e e n s c e n e a l l i m i te d e l l a c o m i c i t à i n v o l o n t a r i a ( When T h e R a v e n C a l l s ) , p o i p e r ò a zze cc a u n a O n e M i l e F r o m H ea ve n che c i o n d o l a s p l e n d i d a m e n t e ve l ve tt i a n a c o m e u n a o u t t a k e di Loa de d n e l l e s o ff i c i m a n i d e i L e ft B a nk e . C h e d i r e , p r o b a b i l m e n t e l ’ uomo non a v e v a d e l t u t t o l e i d e e c h i are, ma in q u a l c h e m o d o r i u s c i v a a farle stare a s s i e m e , a d a b b o z z a r e un delirio a m n i o t i c o p i u t t o s t o c o e r e n te e p e r ciò fascinoso (7.0/10). C h e f u l u i s t e s s o a s c onfessare, a l l e s t e n d o p r i m a u n a g a rage band d i b a m b i n i a l m a s s i m o decenni B o b b & T h e K i d d s , p r e s t o sm a n te l l a t a d a t e m p e s t i v i g e n i t o ri - quindi u n t r i o a s s i e m e a d u e a d o l e sce n t i ( i C r i p p l e d D o g B a n d ) , coi quali u s a v a e s i b i r s i t r a v e s t i t o – ehm - da c o n i g l i o . P o s t - m o d e r n i t à p r o to fl a m i n g l i p s i a n a ? P e d o f i l i a s ublimata? Macché, solo un utopismo naif ben s i n t e t i z z a t o n e l l o s l o g a n “Th e ch i l d r e n a r e t h e f u t u r e ” . N e l bel mezzo d i q u e s t e a v v e n t u r e , a n no domini 1 9 8 3 , B o b b e b b e m o d o d i registrare l ’ o p e r a s e c o n d a , H a rv e s t Of D r e a ms , n e l q u a l e q u e s t a r e g r e ssi o n e i d e a l i s t a p r e n d e i l s o pravvento, p a l p e g g i a n d o f o l k a g r e s t i sotto cieli iridescenti, prodromi dell’abbando- sentireascoltare 77 no bu co lico Poly ph oni c Spr ee e della spe rsa de dizione Dani el Joh n ston. Ecco qu ind i i r if lus s i Bee Gees in sa lsa Big St ar (Ta k e M e H ome Vie nn a), i cat at onic i inc ant i floydia ni (Pa ralyze d) , c er t e buc oliche oleografie a b a s e d i s h a k e r, flaut o q ue rulo , a rmonic a da Dyl an fanciullo e una voce d a c u g i n a s t r o svam pito di Alex Chi l t on ( le due P remon ition s). Un a s t r is c iant e ansia arty spande sul p r o g r a m m a l e spore del concept, t a n t o c h e t r a una c on trita a pp ren s ione ( I f W or ds Were All I Had ) e u n glam appas s ito (la q ua si len no ni ana A r m o u r o f the Shro ud ) s’in co nt r a una W o r l d I Left Be hin d ch e è un paio di m inuti e passa di silenz i o ( l e n n o n i a n o anch’esso , no ?). Spes s o e v olentieri deraglia spacey, c o n l a b e a t a noncuran za che u nis c e s aggi s opraff in i e b eo ti irre c uper abili, t anto ch e accetti di buo n g r a d o q u e l l a sort a di Stooge s li o f i l i z z a t i d a u n bambin o (n on a cas o è O h Baby , reperto del periodo T h e K i d d s ) e le trafe late allu cin az ioni di Another L on ely An ge l, c he nella r ealt à paralle la avreb be ro pot ut o s f or nare i The Who co lti da una f r egola B arre tt. Visto ch e la r is t am pa c i offre tre interessan t i d e m o i n e d i t i – soprattutto l’ubria c a n t e l a n g u o r e B u ck ley /Bola n d i Wav es O f Conf usion In Pu zzled Time s - a l l a f i n e n e esci atto nito , sto rdit o, inopinat amente sod disfatto (6. 9/ 10) . D a allora , qu asi un quar t o di s ec olo fa, Mr Trimble no n h a l i c e n z i a t o più a lcun ch é, a pa rt e L i f e B e y o n d T h e Doghouse (Orp heus Rec or ds , 2002), raccogliticcia c o l l e z i o n e d i scart i e b ozze tti. Ce n’er a abbas t anza tu ttavia per un cu l t o s o t t e r r a n e o coi f io cchi. E c’è da s c om m et t er e che questa benemer i t a i n i z i a t i v a d i rist amp e o pe rata da Sec r et ly Canadian po rterà a q ua lc os a di nuov o. Chissà. Stefano Solventi John Carpenter and Alan Howarth – Halloween III: Season of the Witch (AHI Records, 15 novembre 2007) Genere: soundtrack S ono pa ssati 25 a nn i dall’us c it a nelle sale di Ha llowe en I I I d i To m m y 78 sentireascoltare L e e Wa l l a c e e d e l l a c o r r i s p o n d e n t e s oundt r ac k s c r i t t a e d e s e g u i t a d a J ohn Car pe n t e r e A l a n H o w a r t h . I l film andò male per tutta una serie di r agioni, p r i m a f r a t u t t e l ’ a s s e n z a di M ic ha e l M y e r s c o m e v i l l a i n . Il terzo capitolo della serie è infatti l’unic o a no n e s s e r e i n c e n t r a t o s u l le ges t a de l f o l l e u o m o d e l m a l e , c he v a in g i r o a s g o z z a r e b a b y s i t t er c on il v o l t o c o p e r t o d a u n a m a s c her a bian c a c o n l e s e m b i a n z e d i William Shatner (il capitano Kirk di S t a r Tr e k ) . C o n i l t e r z o c a p i t o l o i pr odut t or i vo l e v a n o i n a u g u r a r e u n franchising nuovo. Una serie di film am bient at i n e l l a n o t t e d i O g n i s s a n ti con diverse storie minacciose e apoc alit t ic h e . I l f l o p d e l f i l m l i i n dus s e poi a r i t r o v a r e M y e r s p e r i successivi capitoli, ma questo terzo Halloween, incentrato su una setta di druidi che vogliono conquistare il mondo attraverso una miscela esplosiva di maschere di carnevale e segnali televisivi, è diventato un piccolo culto nel corso degli anni. M a anc or a p i ù d i c u l t o l a s u a c o l o n na s onor a, m a i r i s t a m p a t a f i n o a d ora, e battuta occasionalmente a c i f r e e s a g e r a t e s u l l e a s t e d i e B a y. I n oc c as ion e d e l 2 5 ° a n n i v e r s a r i o dalla sua uscita, Alan Howarth si è quindi deciso a ristampare lo score aggiungend o b e n 1 3 p a r t i t u r e s c a r tate dalla colonna sonora originale e m ai pubb l i c a t e f i n o r a . L’ o c c a s i o ne è quindi incredibilmente ghiotta, anc he per c h é l o s c o r e d i H a l l o w e e n III va certamente annoverato tra i capolavori del Carpenter musicista. I due per l’occasione inaugurarono un m odo nu o v o d i c o m p o r r e , s u o nando in s in c r o n o m e n t r e l e i m m a gini del film venivano restituite su u n m o n i t o r, n o n s a p e n d o c h e c o s ì f a c e n d o s t a v a n o p r a t i c a m e n t e a n ti cipando il sequencing digitale dell e t r a c c e , c h e s a r e b b e d i v e n t a t o di u s o c o m u n e s o l o a n n i d o p o . Q ue s t o m e t o d o r i b a t t e z z a t o d a C a r p en t e r “ a m u s i c a l e l e c t r o n i c c o l o r ing book” giustifica quindi l’incredibile c o m u n i o n e t r a i m m a g i n i e m u s i ca. S i v e d a p e r e s e m p i o l a s e q u e nza i n i z i a l e d e i t i t o l i d i t e s t a e d e l l ’i n s e g u i m e n t o i n m a c c h i n a a l s u o n o di Chariots Of Pumpkins. Non essend o c i p i ù M i c h a e l M y e r s i d u e d e ci s e r o c h e d o v e v a n o l a s c i a r p e r d er e a n c h e i l c e l e b e r r i m o t e m a s c r itto per il primo capitolo, per concent r a r s i s u u n n u o v o t i p o d i m u s i c he. Quelle che ascoltiamo sono quindi le personalissime e terrificanti marc e t t e s i n t e t i c h e i n c u i s i s p e c i a l i zzò i l r e g i s t a d i C a r t h a g e , f a c e n d o un u s o s e m p r e p i ù m a s s i c c i o d i si n t e t i z z a t o r i e t a s t i e r e a n a l o g i c he. Questo score sarà alla base dello s t i l e a n n i ’ 8 0 d e l C a r p e n t e r m u si ci sta, che tornerà ad usare a più rip r e s e m e t o d o e m o v e n z e d i q u esti b r a n i c o n f e r m a n d o l o c o m e u n v ero e p r o p r i o p i o n i e r e d e l l a m u sica e l e t t r o n i c a n e l s e n s o p i ù a m p i o del termine. (8.0/10) Antonello Comunale Jon Spencer Blues Explosion Jukebox Explosion (In The Red, novembre 2007) Genere: psycopunkblues I l c a r o v e c c h i o J o n S p e n c e r ha s e m p r e a v u t o i l v e z z o d e l l ’ i d e n ti fi c a z i o n e m i m e t i c a . Q u a l c o s a a m e tà t r a l a p a r o d i a e l a d e v o z i o n e . Già c o i P u s s y G a l o re a v e v a s f o r n ato u n H i s t o ri a D e L a M u s i c a R o c k ( C a r o l i n e , 1 9 9 0 ) c h e a m m i c c ava tanto nella confezione quanto nel con ten uto ce r t e pubblic az ioni antologiche da e d i c o l a p i ù o m e n o preziose e at t e n d i b i l i . S i m i l m e n t e , p oco do po a ve r innes c at o lo s c ellera to o rdig no J SBX - as s iem e ai f edelissimi nei s e c o l i R u s s e l l S i m i n s e Judah Baue r - a v v i ò u n a s e r i e d i sing oli isp irat i a quelli c he Char lie Fea the r s, im per t er r it o er oe del ro ckab illy, sn oc c iolò lungo i Sev enties. Ritrovia m o i n s o m m a q u e s t a smania di so m m e r s o i n s i d i o s o , d i borderline gr a ff i a n t e , u n a l o n e d i culto straccio ne c ol quale il Nostro da sem p r e a m a a m m a n t a r s i cimentandosi. U n c i m e n t o , q u e s t o in particolare , d u r a t o u n d e c e n n i o (d al ‘9 2 a l 20 02) per diec i s ingoli al fu lmico ton e, s c r eanz at i e ir r iguar dosi as usual a n z i d i p i ù , q u a s i c h e l’e sig uità de l f or m at o av es s e indot to il trio a sp a r a r e l e c a r t u c c e p i ù a bra sive d el r eper t or io. Doverosa ancorché meritevole quindi l’operazione della benemerita In The Red che raccoglie quei singoli la Jukebox Single Series - in questo Jukebox Explosion, diciotto tracce che non fanno prigionieri, arrembanti a spasmi funk-blues asciutti e irruenza punk-wave con sclerosi impro e corollari psych che non sto neanche a dirvi, che tanto basta ascoltarsi la sequenza iniziale Shirt Jac, Son Of Sam e Train #3 per ottenere folgorante esplicazione. Riff come badilate di taglio, l’osso scoperto del drumming, il canto distorto svaccato invasato gorgogliante tenebroso, assalti crudi e squittenti di sax alla bisogna proprio come le folate d’armonica e i synth in differita dalla cripta sci-fi, quella stessa dove lievitano i mostri che ci riempiono gli incubi più crapulosi. Fumettistico e marziale incendio che brucia le gambe delle marionette freak’n’roll, ordigni via via più consapevoli, strutturati (vedi il siero hip hop che riempie gli interstizi folli e genialoidi di Get With It e Showgirls, Pts 1 & 2) e compiuti (l’estro iperrock’n’roll di Ghetto Mom), ma non per questo - non ancora - soggiogati, invischiati, cortocircuitati, come invece ahimé nell’ultima fase JSBX. Potenza dell’imprendibile strategia del piccolo formato, chissà. (7.0/10) Stefano Solventi Lucksmiths – Spring A Leak (Lost and Lonesome, settembre 2007) Genere: indie pop, folk Q uel m i s c u g l i o d i m e l o d i e i n t i m e , c hit a r r e a c u s t i c h e , l i r i c h e i n t e l l i genti e acute, battimani, coretti e f iat i c h e v i e n e c o m u n e m e n t e c h i a m at o i n d i e p o p t r o v a s t o r i c a m e n t e nei Lucksmiths dei protagonisti fra i più amati e rispettati dai cultori: ques t i e t e r n i a d o l e s c e n t i a u s t r a liani sono infatti da ormai 15 anni fieri portabandiera di quello che, più che un genere, è una vera e pr opr i a w e l t a n s c h a u u n g m u s i c a l e . Lung a e s p e r i e n z a e i m m a r c e s c i b i l e fedeltà alla causa: non è dunque un c as o s e l a l o r o m u s i c a s i a u n a m a l gama in cui sono ben distinguibili al palato tutti gli ingredienti essenziali e nec e s s a r i , o v v e r o S mi t h s , B e l l e And S e b a s t i a n , M a g n e t i c F i e l d s , G o- B e t w e e n s , a d o s i v a r i a b i l i e in formati che vanno dalla ballata s of t p e r v o c e , c h i t a r r a e v i o l o n c e l lo ( F r o m M a c a u l a y S t a t i o n ) a d u p tempo sbarazzini che lambiscono il r oc k ( O f f Wi t h H i s C a r d i g a n s , t i p i c am e n t e J a m) , p i ù o g n i a l t r a c o s a che può stare in mezzo a questi due estremi. Tr ov a t e t u t t o d e n t r o q u e s t a d o p pia raccolta, che in quarantacinque c anz o n c i n e r a c c o g l i e r a r i t à e d o d dit ies d i o g n i t i p o , d i s s e m i n a t e n e l corso degli anni fra 7”, compilation, r adio e t v s e s s i o n , p i ù v a r i i n e d i ti. Ed ecco allora che si verifica, inspiegabile, la magia: è in questi episodi cosiddetti “minori” che si s ublim a t u t t a l ’ e s s e n z a – e l ’ e s t e t i ca – di un genere che, per antonom as i a , è “ m i n o r e ” , s o t t o t o n o , s o t t ov oc e . P e r q u e s t o , S p ri n g A L e a k per i L u c k s m i t h s v a l e p i ù d i u n i p o - t e t i c o b e s t o f , e h a d i g n i tà uguale – s e n o n m a g g i o r e – d e l l e pur rade u s c i t e s u l l a l u n g a d i s t a n z a (l’ultima è Wa rme r C o rn e rs d e l 2 0 0 5 ) . C o s a m e g l i o d i u n o s c u ra ve r si o n e a 4 5 g i r i d e l l a t r a c c i a - manifesto M a c y n t i r e , o p e r l e p o p soul come A n y o n e ’s Guess, o brevissimi schizzi memori dei primi James ( $ 3 0 ) , o i l c o u n t r y i r o n i cissimo di A r e Yo u H a v i n g A G o o d Ti m e , o il r e m i x p e r c e r t i v e r s i s o r prendente d i I P r e f e r T h e Tw e n t i e t h C e n tu r y? I l t u t t o , p o i , a p p r o p r i a t a m en te e g e n e r o s a m e n t e u n i t o a c o v e r d i M od e rn L o v e rs , B e e G e e s ( q u e l l i p o p , m i c a q u e l l i d i s c o ! ) , L a d y bu g Tr a n s i s t o r ( u n a R u s h e s O f P u r e Sp r i n g c h e p a r e r e s a d a l l ’ A l e x C h ilt on più f r a g i l e ) , B o y r a c e r, S i d d e l e ys; cu r i o s o p r o p r i o c o m e i l b r a n o più sacro, q u e l l a T h e r e I s A L i g h t T hat Never G o e s O u t a f i r m a M o r r i ssey/Marr, s i a l a p e g g i o r i u s c i t a , s t ucchevole a d e s s e r e g e n e r o s i . S i gnificherà qualcosa? (7.0/10) Antonio Puglia Nathaniel Mayer – Love And Aff e c t i o n ( Va m p i s o u l / G o o d f e l las, settembre 2007) Genere: rhythm and blues, funk E t i c h e t t a s u g l i s c u d i i n q uesta fine d ’ a n n o , l a m a d r i l e n a Va m pisoul. Tre g l i a s s i a u t u n n a l i c a l a t i capaci di s b a n c a r e , d o p o l a l i e v e f l essione al d i s o t t o d e l l ’ a b i t u a l e , e l evatissimo s t a n d a r d . A s m e n t i r e l e p r e o ccu p a z i o n i e r i p o r t a r c i a l l ’ a b i t udine che c o n o s c e v a m o ( a t t e n t i p e rò , r a g a zz i , o c i a s p e t t e r e m o s e m pr e i l m e g l i o d a v o i ) e c c o u n a r a ccolta che si prefigge di portare il nome di Nat h a n i e l M e y e r a l d i f u o r i de l l a ce r - sentireascoltare 79 chia di diligenti inte n d i t o r i “ b l a c k ” della quale era fin q u i p a t r i m o n i o . B ene asse mbla ta, per di più, per ché oltre a lle co pi os e e punt ualissime note di cop e r t i n a c o n t i e n e praticamente tutti i s i n g o l i e d i t i d a “N ay Dog ” - co me am av a f ar s i c hiamare - pre sso la For t une Recor ds lungo gli anni Sessa n t a ( p e r q u e s t o manca l’altro suo h it I D o n ’ t N e e d N o Bald Hea de d Wom an. . . ) e d u e estra tti di un singolo d i i n i z i o ’ 8 0 , i n verità legnosi e poco r i u s c i t i . A rrivò a in cid ere c he er a adolescente, Ma ye r, acc as andos i pr es so la bizzarra etiche t t a d e i c o n i u g i B ro wn, cui n on so lo lo s t r apot er e Mo town impe dì a Det r oi t p i ù a m p i successi. Si registra v a i n e c o n o m i a di mezzi, come del r e s t o c e r t i f i c a la bassa qu alità tec nic a delle r egistrazioni, in un un i c o s t a n z o n e e in presa diretta, co n f e r e n d o i n t a l modo u na ve ste più r uv ida a s uggestive cartoline d’iniz i o S i x t i e s . P i ù spesso pro ve nie nti d a Anim al House che Ame rica n Gr af f it i, s e v o l e t e un paragone filmico, o p p u r e i n v i a t e da un ip ote tico Sa m Cooke gar agistico, sguaiato e p o c o i n c l i n e a i compro messi (Lo ve r Pleas e, il c avallo d i b atta glia Vi llage O f Lov e) . P osizio na ti in o rdin e c r onologic o e unificati dal grezz o e s p o n t a n e o approccio , i bra ni pe r m et t ono di c ogliere il transito stilis t i c o d a l r h y t h m and blu es an co ra ti nt o di doo- wop che si contamina c o l p o p , i n f i n e rinas ce fun k (se nsaz ionale I Wa n t Love And Affection… ) pas s ando per g li ob blig ato ri sp igoli pr os s im i a James Br own e una v e r s i o n e c r u d a del suo no Stax . Uno di quei casi in c u i l ’ e c o n o m i a di me zzi e u n a rtista inc andes c ente ap portano una vis i o n e p e r s o n a l e della regola - si ved a l ’ i c o n o c l a s t a , splend ida e pe r l’ep oc a par ec c hio avven turo sa ve rsio ne di Sum m er t ime - col me rito, in olt r e, di r ibadir e quanto sia radicata n e l l a m e t r o p o l i del M ich iga n la pa s s ione per i m otori e il rumore, e co m e d a s e m p r e questi influ en zin o la m us ic a lì pr odotta . Valga a ripro v a i l f a t t o c h e parecchi su oi bra ni s iano s t at i r ipresi in te mpi recent i da D e t r o i t C o b ras , Holly Golight l y e G i b s o n B ro the r s tra gli al t r i , e c h e o g n i tanto pa re di co glie re c enni dei Rol - 80 sentireascoltare l i ng St ones d i O u t O f O u r H e a d s . Nonostante i trascurabili difettucci di cui sopra, operazione meritevole e as c olt o es a l t a n t e , v a l e a d i r e a c quis t o obbli g a t o . ( 7 . 6 / 1 0 ) Giancarlo Turra Orlando Julius – Super Afro S o u l ( Va m p i s o u l / G o o d f e l l a s , ottobre 2007) Genere: rhythm and blues, funk Uno dei primi paesi africani a conquistarsi l’autogoverno, conferitogli dagli inglesi in via definitiva nel 1960, la Nigeria cadde sei anni più tardi sotto una dittatura militare a forte impronta accentratrice. Da lì iniziava lo stillicidio di guerre civili e ulteriori colpi di stato che è la realtà - spiace dirlo, ma è un fatto - quotidiana di quelle terre martoriate. Terra piuttosto ricca (giacimenti petroliferi da cui trae profitti anche il nostro paese), ha goduto grazie a ciò e nonostante la situazione politica e sociale di un panorama musicale fiorente, ricco di contatti e contaminazioni con l’occidente, gli Stati Uniti in particolare. Ed è una peculiare interpretazione della soul music che viene in mente ascoltando - anzi: facendosi folgorare da Orlando Julius in questi due fumiganti CD che lo fotografano nel periodo tra il ’66 e il ’72. Proprio nel ‘66, il ventitreenne l’altosassofonista Orlando esordiva accompagnato dai fidi Modern Aces con l’album Super Afro Soul (su Polygram!), nel quale mescolava la musica “highlife” importata dal Ghana con influenze jazz e suggestioni regalategli dai ripetuti ascolti di Smokey Robinson, Temptations (eloquente la ripresa della loro My Girl) e Otis Redding. Ne nasceva una versione più percussiva - in formazione conga e bonghi, ma pure l’agigdigbo dei rituali Kokoma - del rhythm and blues, che riscuoteva un successo immediato nei club di Lagos. Ecco allora spiegata l’irruzione di contorti assoli nello stile del suo mito Coltrane sui gioiosi bombardamenti d’ottoni tipicamente Stax, a loro volta poggiati su tappeti ritmici battenti e ipnotici. Impossibili in un qualsiasi brano occidentale coevo, come del resto le chitarre insieme serpentine e grattate, una Ijo Soul metà Hold On I’m Coming e metà I Feel Good che infine culmina in qualcosa di unico. Così, e con successi come Jagua Nana, Topless e Ololufe, Julius divenne una star nel suo paese, superiore anche a quel Fela Kuti che se ne uscirà con l’”Afrobeat” solo tempo dopo. Rispecchiando l’evoluzione della black americana, il sassofonista indagò nei dischi seguenti Orlando’s Idea e Ishe - compendiati nel secondo CD - il funk (garantisce l’omaggio James Brown Ride On) con la nuova formazione Afro Sounders, espandendo le durate dei brani e cadendo in benefiche tentazioni rock e funkedeliche (la tastiera chiesastica che spunta dall’implacabile groove di Home Sweet Home). Psychedelic Afro Shop recita uno dei titoli di quella fase, ed è pienamente esplicativo. Esaurita la spinta propulsiva, Orlando entrerà nel giro della fusion americana, passando lunghi periodi lontano dal suo paese, cui ha fatto acclamato ritorno nel 1999. Un suono che va dritto alla fonte delle origini tribali della musica nera, strettamente legate al cordone ombelicale della “madre Africa”. (7.8/10) Giancarlo Turra P s a p p – T i g e r, M y F r i e n d ( D o mino Records, novembre 2004 – Ristampa Domino / Self, 23 novembre 2007) Genere: electronic pop O r i g i n a r i a m e n t e d a t o a l l e s t a mpe d a l l ’ i n t r a p r e n d e n t e L e a f R e c o r d s, t o r n a o g g i d i s p o n i b i l e d o p o q u a l che an no d i la titan z a Ti ger, M y Fr i end, album d’esor d i o d e g l i P s a p p , p e r l’occasione d o t a t o d i u n a n u o v a copertina vag a m e n t e p i ù i n t r i g a n t e dell’originale. C a m b i o c h e è a n c h e l’unica differe n z a t r a l a r i s t a m p a e l’originale, in q u a n t o i r e s p o n s a b i l i della Domino n o n h a n n o i n q u e s t o caso voluto ag g i u n g e r e n e s s u n t i p o di bo nu s track , dem o v er s ion oppure re mix che s olit am ent e abbondano in operazio n i d e l g e n e r e . Decisione pe r u n a v o l t a s a g g i a , che dà la poss i b i l i t à d i c o n c e n t r a r s i senza distrazi o n i d i s o r t a s u l l ’ o p e r a prima di ques t a f o r m a z i o n e , g i à i n pa ssato d a no i des c r it t a c om e l’ipotetico anello d i c o n g i u n z i o n e t r a i l po p rétro d eg li St er eol ab e q u e l l o più p rog ressi s t a di c as a M or r M usic . L’e ste tic a gioios a e gioc at t olosa ch e po i div ent er à il t r at t o distintivo del su c c e s s i v o ( e m i g l i o r e ) The Only Thi ng I Ever Want ed, è già tutta sp i e g a t a t r a i s o l c h i d i qu este die ci c anz oni, s os pes e t r a tentazioni ip n o - l o u n g e d i s c u o l a Pr am ( Rea r M ot h) m ic r opop elet troa cu stico ( Leav ing I n Cof f ins ) , melo die sop raff ine ( Calm Down) e d ina sp etta te div agaz ioni eas y jaz z (Th e Cou nte r) , t ut t e c os e già allora ampiamen t e s c o p e r t e , m a c h e si facevan o e s i f anno appr ez z ar e per una limpi d i t à e d u n a q u a l i t à d i scrittura de cis am ent e s opr a la m edia . (6.8 /10 ) Stefano Renzi Slits - Return Of The Giant Slits (CBS, 1981 - Blast First Petite, novembre 2007) Genere: avant etno Qua nd o u scì R e t u r n O f T h e G i a n t Slits, qu el “ giant ” c onnot av a t r i- s t em e n t e u n p a s s a t o o r a m a i l o n t a no p e r l e t r e p r o t a g o n i s t e s u p e r stiti dell’avventura Slits. Come se non bastasse la critica dell’epoca non l e s i n ò s t o c c a t e a n c h e p e s a n t i a ll ’ a l b u m , t a c c i a n d o l o d ’ e s s e r e stato troppo prodotto e perciò non ader e n t e a l p a t t o p r i m i t i v i s t a r a d i cale inaugurato con il Pop Group un a n n o p r i m a . E p r o p r i o i l P o p G r ou p , i l f a r o d i q u e l l a g e n e r a z i o ne, e r a f i n i t o , f r a m m e n t a t o i n a l m e n o q u a t t r o b a n d q u a l i M a x i m u m J o y, Pig Bag, il progetto solista di Mark Stewart infine i New Age Steppers, open e n s e m b l e n e l q u a l e c o n f l u i v a no al c u n i r e d u c i d ’ e n t r a m b e l e f o r m az i o n i . S o t t o i m i r a g g i e l e f u s i o n i . Ti r a v a una b r u t t a a r i a . S i d i s p i e g a v a d a una parte la dispersione e dall’altra la depressione, l’aver vissuto una per io d o f a n t a s t i c o d a l q u a l e d i ff i c i l m ent e s i p o t e v a o p p o r r e u n a l t r e t tanto potente avventura. Eppure Ret u rn O f p i ù p r o d o t t o m e n o c o e s o di Cu t e s e n z ’ a l t r o p i ù s u o n a t o d i qualsiasi cosa fatta in precedenza è u n d i s c o d a l q u a l e d i ff i c i l m e n t e s i può p r e s c i n d e r e i n q u e l l ’ i n i z i o O t t ant a c r e a t i v a m e n t e f u n k e w o r l d . L’et n i c a s t a v a a n d a n d o p r e p o t e n t e m ent e d i m o d a p r e s s o g l i a m b i e n t i int ell e t t u a l i , p e n s i a m o a R e m a i n I n Li ght d e i Ta l k i n g H e a d s f i n o a B i l l Las w e l l ( n e i M a t e r i a l ) , o p p u r e ( e più v i c i n o a l l e r a g a z z e ) , a l t e r z o g e nit o d e l l a S PA P u b l i c I m a g e , q u e l Fl ow e rs O f R o ma n c e d e l 1 9 8 1 , dov e i l p o s t - p u n k s i n u t r i v a d i A f r i ca e Giappone passando per mezzo mondo. Pure le Slits, in quello stesso anno, non resistettero a quelle geografie con brani tribali c om e H e a r t b e a t ( d a l r i t m o c a v e r noso sul quale Bjork ha ripreso la s u a H u m a n B e h a v i o u r ) , e altri più o r i e n t a l e g g i a n t i c o m e L i f e On H e a r t ( i l p i ù v i c i n o a l l ’ e s t a t i ca p r i m i ti ff r e e d e l P o p G r o u p m a p u re alla No Wa v e ) . D e l r e s t o l ’ a l b u m è tutt’altro c h e p a r c o d ’ i n f l u e n z e e a l tr i p r o f u m i : c ’ è m o l t o a v a n t s p ettacolo e l i q u o r o s e s o l u z i o n i f u n k ( Animal S p a c e / S p a c i e r ) m a a n c h e w e ste r n s p i r i t a t o ( Wa l k A b o u t ) e i stanze più t i p i c a m e n t e D . I . Y ( I m p r o p er l y D r e ss e d ) . L e t r a c c e d i d u b s o l a r e ch e f e c e r o i l s u c c e s s o d i C u t si r e sp i r a n o u n i c a m e n t e i n D i f f i cu l t Fu n , t r a c c i a n e l q u a l e B o v e l l sposta le l e v e t t e c o m e s o l o l u i m a , appunto, p o t r e b b e e s s e r e i l f i g l i o di un’altra r a g i o n e s o c i a l e q u e s t o r itorno dei t a g l i g i g a n t i . Ta g l i a p p u nto con il p a s s a t o e p e r u n f u t u r o ch e fa u n p o ’ p a u r a . E v e r r à p e r c iò r e ci so , a l m e n o s o t t o i l n o m e d i Slits, per venticinque anni. L a r i s t a m p a d i R e t u rn O f è co r r e d a t a d a u n s e c o n d o C D d ove oltre a u n ’ i n t e r v i s t a - n e l l a q u a l e s’ a p p r e n d o n o i r a p p o r t i d e l l e r a g a zze con la s t a m p a e i l l o r o h u m o u r - troviamo b e n c i n q u e v e r s i o n i d i H e a r tb e a t ( p e r m a n o d i A d r i a n S h e r w o o d d o ve a n c h e l a p e g g i o r e è m e g l io d e l l ’ o r i g i n a l e ) e u n ’ a l t e r n a t e t a ke d e l l a m i g l i o r e d e l l e l o r o b o u t a d e i n fa n ti l i s t e o v v e r o F a c e P l a c e , sempre in s a l s a d u b . A c q u i s t o i n d i s pensabile. (7.5/10) Edoardo Bridda The House Of Love – Self Titled / The German Album (Creation, 1 9 8 8 / R o u g h Tr a d e , 1 9 8 8 - R e nascent / Goodfellas, ottobre 2007) Genere: guitar pop, psych, dream pop Gruppo di fine Ottanta della Creation Records (in origine un quintetto con tre chitarristi, che ruotava intorno ai leader Guy Chadwick e Te r r y B i c k e r s ) c h e v i s s e a l t e r n e vicende discografiche e diversi cambi di formazione, gli House Of Love non ebbero forse la risonanza dovuta, rispetto ad altri gruppi coevi. Un coacervo di influenze di revival psichedelico sixties unite a b u o n e d o s i d i Ve l v e t U n d e r g r o u n d informavano il nucleo della band, riunitasi un paio di anni fa per un sentireascoltare 81 nuovo disco (Days Run Away). Il gruppo si abbeverava alla stessa fonte di band precedenti quali S m i t h s , Te a r d r o p s E x p l o d e s , E c h o & The Bunnymen, e Go Betweens, con l’aggiunta di influssi shoegaze dell’epoca misti a dosi di dream pop di marca 4AD, anche se la rielaborazione che ne facevano era abbastanza lontana stilisticamente dai coevi shoegazers. I due album in oggetto sono le ristampe del debutto self titled dell’88 e di una raccolta import dello stesso anno che comprende le canzoni dei primi due singoli (Real Animal e Shine On) non incluse in album, insieme a inediti e rarità. L’ i n c i p i t d e l s e l f t i t l e d c o n C h r i s t i ne è puro Jesus and Mary Chain sound (la band che fece desiderare al leader Chadwick di entrare nella Creation!), una ballad acida in salsa psych sixties, altrove si ritrova il jingle jangle alla Byrds (Love In A Car) come potrebbe rielaborarlo un Robyn Hitchcock, o i riverberi shoegaze che riechegg i a n o n e l l a c o n c l u s i v a To u c h M e . La raccolta di singoli The German Album li fotografa un attimo prima del disco di debutto, nelle loro hit iniziali: Shine On innanzitutto, dream pop e chitarrismo, poi la velvettiana Real Animal e Destroy The Heart tra Echo & The Bunnymen e i soliti J&MC, le rare b-side N o t h i n g To M e e P l a s t i c c o n p i ù d i u n ’ e c o d r e a m y, l a l i s e r g i c a M r. J o e gli esempi potrebbero continuare. Il duo Chadwick/Bickers (voce e chitarra il primo, chitarra il secondo) non mancava di inventiva nel rielaborare le proprie influenze, in un riconoscibilissimo marchio di fabbrica che sarebbe venuto meno 82 sentireascoltare alla dipartita di Bickers nel 1989, appena prima del secondo album insieme al cambio di casa discografica (passeranno alla Polygram/ Fontana), che segnerà uno stallo e l’inizio della crisi del gruppo. Ma qui erano al massimo della creatività e in un periodo di grazia purtroppo non più ripetuto a questi livelli. Te r e s a G r e c o To n y A l l e n – A f r o D i s c o B e a t ( Va m p i s o u l / G o o d f e l l a s , o t t o bre 2007) Genere: compilation afrobeat Per t ant i, To n y A l l e n è q u e l l ’ a t t e m pato signore di colore che suona la bat t er ia nel “ n u o v o g r u p p o d i D a m o n A l b a r n ” . Va b e n e , f a c c i a m o pur e f int a c h e , s e s e r v e a m e t t e re sotto i riflettori un talento puro e fumigante, che fu cuore ipnotico degli Af r i ca 7 0 e p e r c i ò a u t e n t i c o braccio - gambe, cervello - destro di Fel a Kut i , c h e a c c o m p a g n ò d a i t em pi dei K o o l a L o b i t o s ( 1 9 6 4 … ) f i n o a l l i t i gi o a c r e d e l 1 9 7 8 . L o s i dev e anc he a l u i , a q u e l l e s t o r d e n ti, cicliche e ciclopiche partiture ritmiche se l’”Afrobeat” è diventata inf luenz a s u b l i m i n a l e i n t a n t e m u s i che che ci stanno intorno. Ci si augura pertanto che questa edizione in digitale dei suoi primi quat t r o albu m ( J e a l o u s y d e l 1 9 7 5 , cui andava dietro l’anno successivo Pr ogr ess e d i l ì a v e n t i q u a t t r o m e s i No Accom o d a t i o n F o r L a g o s ; N o Di scr i m i na t i o n r i s a l e i n v e c e a l ´ 7 9 : i primi tre vedono della partita Fela e gli Af r ic a 7 0 , l ’ u l t i m o l i s o s t i t u i s c e c oi f r es c h i d i f o r m a z i o n e A f r o M essengers ) c o n t r i b u i s c a a f a r g i u s t i z i a . Co s ì f o s s e , r i v e l e r à a u n a fetta più ampia del mondo musicale ant ic ipi di Te s t e P a r l a n t i i n v e r s i o ne soul (che una sezione fiati così non l’av ev a n o ) i n P r o g r e s s , o u n ’ i n dic ibile Hus t l e r , c h e i n i z i a c o m e i Devo e s t r a d a f a c e n d o i n c o n t r a i Can s p e r d u t i n e l l a j u n g l a : h a i v i s t o m ai c he c e r c a s s e r o D a v i d B y r n e per inv it ar lo a u n r a v e c o n J a m e s Br ow n?) . N o n s o n o , q u e s t i , c h e u n paio d’esempi delle meraviglie qui c ont enut e, s w i n g a n t i m a s t r a t i f i c a t i r it uali pol i r i t m i c i c h e o t t u n d o n o i s ens i e f ann o r i f l e t t e r e m e n t r e r e a - l i z z i l ’ i m p o s s i b i l i t à a s t a r f e r m i . In c u r s i o n i d i t a s t i e r e ( c o m e u n M i le s D a v i s d ’ e p o c a D a r k M a g u s , n on d i m e n o o p p i a c e a m e n t e r i l a s s ato) e ordinate sarabande di ottoni in t r a n s i t o a t t r a v e r s o l ’ A t l a n t i c o che n o n c o n c e d o n o r e q u i e ; u n s e nso d e l l a t r a n c e c h e p e r f o r z a d i c ose è p e n e t r a t o d e n t r o t e c h n o e h o use ( l ’ o n d e g g i a r e d i N o A c c o m o d a t ion For Lagos e l’ingranaggio di tens i o n e e r i l a s c i o d e l l a t i t l e t r a c k in c i ò e s e m p l a r e ) ; u n a l i q u i d i t à e na turalezza dello sviluppo ritmico-arm o n i c o c h e n a s c o n d e r a ff i n a t e zze s u p r e m e e u n a p o t e n z a e v o c a t iva r a r e ( l a c h i t a r r a g u i z z a n t e i n L ove I s A N a t u r a l T h i n g ; l a s t r u t t u r a ch e sorregge Ariya). P e n s e r e s t e m a g a r i a m u s i c h e di c o m p l e s s a f r u i z i o n e , r a g g o m i t ol a te sulla propria pretesa di “integrit à a r t i s t i c a ” , i n t e n t e a s b a n d i e r are l a d i ff i c o l t à p e r m a s c h e r a r e l ’ evi denza di non saperlo scrivere, un b r a n o c h e s i a u n o . N o n q u i : non t r o v e r e t e a v a n g u a r d i a p r e t e n z i o sa c h e i n v e c c h i a p i ù a l l a s v e l t a d ello y o g u r t l a s c i a t o f u o r i d a l f r i g o . Qui c i s o n o m u s c o l i c h e f a n n o d a m ezzo espressivo per idee, una gioia di vivere che viene a galla e innerv a a n c h e i m o m e n t i p i ù t e n e b r osi , d o v e l ’ i m p e g n o p o l i t i c o d i g e nte c h e l a f a m e l a s p e r i m e n t a v a per d a v v e r o n o n è u n a p o s a . D o v e per d u e o r e n o n s b a d i g l i e a n z i t i fai i m b a m b o l a r e f i n c h é q u e s t a m u s ica diventa una droga. Fela sostenev a c h e To n y s u o n a s s e “ c o m e c i n q u e b a t t e r i s t i i n u n o ” . S i s b a g l i a va: e r a n o a l m e n o i l d o p p i o . I m m e n so, p e r l i m i t a r s i a u n u n i c o a g g e t t i vo. (8.0/10) Giancarlo Turra AUDIOGLOBE • I dischi che non trovi a solo 2 click da casa tua! • Aggiornamenti continui e quotidiani, news,recensioni, live e tutte le informazioni sui dischi e gli artisti di nostra distribuzione. • Liste settimanali sulle novità in uscita direttamente da scaricare e consultare! • Oltre 15.000 titoli in catalogo tra CD, DVD, Vinili, T-Shirts e molto altro... • Nuovi titoli in arrivo tutte le settimane! • Nessun minimo d’ordine runnin’down a dream A Film by Peter Bogdanovich Un set di ben 4 dischi - 3 DVD, con oltre 5 ore di video ed 1 CD con tracce rare ed inedite. 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In assenza della propria bandiera, rimasta da sola a portare avanti un nome così pesante, la band che si presenta all’Estragon potrebbe benissimo essere considerata, se non nella forma almeno nella sostanza, una cover band. Saranno anche bravi musicisti, ma Barry Levenson, Robert Lucas e Greg Kage (il veterano della situazione in quanto a presenze nella band) non hanno nulla in comune con chi ha messo la sua firma indelebile su brani divenuti veri e propri inni della Flower Power generation. Possono soltanto imitarne le gesta, presentare al pub- blico i Canned Heat che furono (e che non sono più da un bel pezzo) e sviscerarne il repertorio, approfittando degli assoli per far presente al pubblico che ci sono anche loro, al di là dell’astratta leggenda. Una divertente serata di blues rock per chi non aveva nient’altro di meglio da fare. Potrebbe essere questa la sintesi più efficace di un concerto che aveva già detto tutto dopo dieci minuti. Compiuto il rito nostalgico dell’esecuzione della stranota On The Road Again, proposta in apertura, l’interesse per la “cover band” si è perso nei meandri di una performance prevedibile sotto tutti i punti di vista: Lucas fa sfoggio della sua voce limpida e potente (spesso addirittura cantando a voce nuda riuscendo a non farsi calpestare dall’amplificazione), Levenson del suo chitarrismo composto e scolastico. Senza un disco da promuovere e con nessuna novità da proporre, i quattro musicisti possono solo giocare con un passato non loro, sciorinando ad uno ad uno tutti i classici della band, da Going Up The Country (nella quale il bellissimo riff di Canned Heat Canned Heat - Estragon, Bologna (29 ottobre 2007) Non c’è dubbio alcuno sul fatto che i fan veramente interessati alla storia del gruppo sapessero già che la band che avrebbe suonato all’ Estragon, dei Canned Heat portava solo il nome. In più aggiungiamoci una serata uggiosa caduta in un anonimo lunedì lavorativo, un prezzo del biglietto assolutamente spropositato (20 euro. Ma per ascoltare chi, poi?) ed ecco che diventa piuttosto facile trovare la giustificazione di un Estragon più vuoto di una sala da concerti di musica da camera. Saranno meno di una cinquantina i presenti accorsi al palatenda bolognese per assistere al fallimento annunciato di un finto evento. A parte qualche vecchio nostalgico, il pubblico è composto prevalentemente da giovani che all’epoca di Woodstock non erano neanche stati concepiti, richiamati forse da una sigla, forse da un nome, o, più genericamente, dalla parola blues. Della band che ha traghettato il blues nel movimento pacifista della summer of love, adattandolo alle sonorità del rock e 84 sentireascoltare flauto è eseguito da una più scontata fisarmonica) a Same All Over. Ci si mettono anche i soliti problemi tecnici e alcuni ragazzotti un bel po’ sbronzi ma per nulla “coinvolti” (che non fanno altro che urlare a squarciagola per tutta la durata del concerto, riuscendo perfino a coprire il suono dei musicisti) a rovinare un’accoglienza già di per sé freddina. Chissà cosa avranno pensato Hite e Wilson, lassù nell’alto dei cieli, di fronte ad uno spettacolo così tristemente povero di emozioni e, diciamocelo pure, un pochino grottesco. Per me, se esiste un mondo nell’aldilà, si sono incazzati… Daniele Follero Carla Bozulich - Gowns - Father M u r p h y - Te a t r o R a s i , R a v e n n a (21 novembre 2007) Il tempio della prosa ravennate diventa con il folk psichedelico dei Father Murphy, le dissonanze postvelvettiane dei Gowns e il blues apocalittico di Carla Bozulich, un contenitore elegante quanto insolito per una serata a base di indie rock ad alto tasso emotivo. Ad aprire le danze nell’abside-palcoscenico del Rasi è la formazione di Treviso, impegnata in questi mesi a registrare il successore del fortunato Six Musicians Getting Unknown e decisa a regalare al pubblico una gustosa anticipazione del nuovo materiale. Da quanto si è potuto ascoltare nella mezz’ora di set, sembra che la band abbia diluito le istanze barrettiane e le stramberie pop che avevano caratterizzato la passata discografia, in favore di un approccio elettrico ridotto all’osso, dai toni cupi, articolato nelle geometrie e attento alle sfumature. Sfumature che invece latitano nel noise sui generis degli americani Gowns, armati fino a denti di viola, effetti a cascata, chitarra, basso, batteria e impegnati a snocciolare conoscenze approfondite sulla destrutturazione dei suoni, sull’avanguardia, sulle improvvisazioni corali. Non tutto gira per il verso giusto e l’impressione è che a fianco di un’innegabile capacità di scrittura e un’originalità comunque affascinante, vi sia spazio anche per una certa autoreferenzialità. Da riascoltare. Chi invece ha convinto oltre ogni ragionevole dubbio è stata Carla Bozulich. Nonostante l’occhio pesto conseguenza del gesto di un folle durante una recente visita in Francia, l’ex membro degli Ethyl Meatplow e dei Geraldine Fibbers si è fatta letteralmente sommergere dal sottofondo dissonante e fangoso dell’ultimo Evangelista, declamandone alla stregua di una novella Patti Smith traviata dai Birthday Party -, anima e suoni. In un intreccio di voci dirompenti e dall’intensità catartica, sostenuto da una band capace di scorticare le corde emozionali dei presenti a suon di violoncello, basso, batteria, tastiere e campionamenti e di rendere adeguatamente il pulsare perennemente in fibrillazione della proposta dell’artista americana. Teatrale, alla costante ricerca di un feedback dal pubblico, carismatica al pari del Nick Cave meno borghese, la Bozulich ha dimostrato di meritare ampiamente la stima riservatale nell’ultimo periodo dagli addetti ai lavori, oltre a ricordare a tutti che non sempre l’avvicinarsi della mezza età porta con sé l’odore di naftalina. Fabrizio Zampighi Fiery Furnaces – Music Drome, Milano (17 novembre 2007) C’è attesa stasera per l’unico concerto italiano del duo di Chicago, la si percepisce palpabile in un Music Drome non pienissimo ma bastevole di tutta la partecipata attenzione che i Fiery Furnaces meritano. E infatti basta la materializzazione sul palco del deus-ex-machina Matthew al controllo delle tastiere poco prima dell’inizio del set per scatenare l’entusiasmo non solo delle prime file in transenna. E quando poco dopo al soundcheck fa la sua comparsa un’infreddolita Eleanor imbacuccata in un cappottino striminzito, non si può fare a meno di invocarla a gran voce. È un attimo e pochissimo dopo i fratellini rientrano sul palco, accompagnati da un funambolico Bob D’amico alla batteria e da Jason Loewenstein (sì, proprio l’alter ego di Lou Barlow nei Sebadoh) al basso. E parte così un happening senza soluzione di continuità che li vede eseguire quasi tutto l’ultimo Widow City, riarrangiato e trasfigurato alla loro maniera, ora rallentato ora accelerato, a partire dalla caricata opener The Philadelphia Grand Jury. È un piacere per occhi e orecchie vederli in azione on stage, Matthew camaleontico col sorriso sulle labbra alle prese con le sue tastiere (quasi come avesse più delle due mani a disposizione!) e una Eleanor - che raramente sorride – attenta, duttile e versatile, che vediamo tra uno strumentale e l’altro riposarsi mentre prende un sorso di birra in lattina, tamburellando sulle lunghe gambe infilate in stretti jeans vintage e stivaletti, mentre tiene il tempo. Assistiamo così ad un act che a posteriori si fa fatica a categorizzare: è prog, rock, pop, vaudeville? Poco importano in fondo le definizioni, è tutto questo insieme, è la somma delle parti che fa la differenza, e l’”opera rock” davanti alla quale ci troviamo ha in effetti molta dell’enfasi prog, ma viene stemperata dagli inserti pop e dall’ ironia del gruppo. Un collage di suoni e sensazioni amplificate che creano un unicum avant pop. Ecco, forse è questa la definizione migliore! Per un gruppo che non perde colpi pur avendo sfornato in pochi anni una quantità consistente di musica. A fine concerto si passa anche dalle parti di Bitter Tea e dell’EP (Bitter Tea, la clamorosa Single Again in una rielaborazione proggy). E dopo poco più di un’ora di set, segue un quarto d’ora buono di bis, durante i quali vediamo Eleanor proporre un siparietto su brani a richiesta, e qui prevalgono a gran voce e con gran divertimento dei presenti, Here Comes The Summer, Blueberry Boat e Tropical Iceland condensate in mini song e mixate l’una dentro l’altra. Il pubblico è in delirio e li richiama a gran voce anche dopo la fine del concerto. Ci si augura vivamente di non dover aspettare così a lungo per una prossima occasione dal vivo. Te r e s a G r e c o Fink – Init (Roma, 16 ottobre 2007) Sogno di una notte di metà novembre. Tutto faceva pensare che questa serata non fosse altro che un qualunque venerdì di un qualunque autunno ro- sentireascoltare 85 mano. Sin dal pomeriggio nel quale sono iniziate le prime prove invernali tra grigiore e pioggia diffusa. E tali presupposti non sono cambiati neanche una volta giunti a destinazione. l’Init, locale riesumato da poche settimane e messo a nuovo con un programma concerti niente male, risultava semi vuoto durante il dj set pre-Fink. Meglio così – si sdrammatizza – dato che il live, vista la strumentazione sul palco, si preannunciava totalmente acustico. Meno rumori di fondo. E poche persone si sono aggiunte ai presenti non appena il protagonista della serata, Finnian Greenall, è montato sul palco accompagnato dal suo prezioso compagno Guy Witthaker. Posizionatisi sui propri sgabelli, imbracciando rispettivamente chitarra acustica e basso a sei corde, hanno aperto le danze. Fin da subito è stata netta la sensazione che qualcosa di strano stesse avvenendo, o meglio, che qualcosa di tremendamente normale stesse per affermare la propria epifania. Infatti, Fink che suona acustico, senza neanche una base elettronica in sottofondo, è straordinario e usuale simultaneamente. Pensare che fino a qualche anno fa l’inglese in questione calcava le consolle dei dancefloor fino a mattina inoltrata fa strano. Ma pensare che suoni acustico dopo due album in parte registrati a spine staccate è del tutto prevedibile. Ecco che con tale sensazione viene accolta So Many Roads. Fin dalle prime battute si capisce subito quale sarà il ruolo del basso: struttura portante di ogni canzone e ornamento stilistico grazie alla maestria di Witthaker. Va a riempire quei vuoti lasciati dalla mancanza della batteria – ma a questa sopperiscono anche i piedi e le mani dei Nostri, fatti battere rispettivamente sul suolo e sulle casse dei propri strumenti – ma soprattutto, quando può, va a rimediare all’assenza dell’elettronica con virtuosismi rumoristici sulle prime due corde. Vengono così presentati i brani dell’ultimo album, Distance And Time, alternati a quelli del primo Biscuits For Breakfast. Ciò che differisce dalle registrazioni in studio è un approccio molto più blues, quasi aggressivo, che fa terminare gli episodi più movimentati in vere e proprie rincorse strumentali con un trasporto contagioso (i brani migliori: il singolo This Is The Thing, l’ossessiva Blue- 86 sentireascoltare berry Pancakes e la sincopata Pretty Little Thing). Non a caso alcune canzoni nel finale vengono del tutto stravolte rispetto alle versioni ufficiali. Ma non mancano nemmeno quelle ballad, molto apprezzate dal pubblico, nelle quali Fink riesce a dar sfogo a tutta la sua anima soul con un timbro vocale impeccabile anche dal vivo. Certo, la veste acustica mette in secondo piano quel groove con cui il Nostro si è fatto le ossa, ma a guadagnarne è l’intensità dell’esecuzione, impreziosita anche da una complicità palpabile tra i due che si riversava sul pubblico sotto forma di chiacchiere e battute. Una serata come non ci si aspettava. Grazie al calore sprigionato da Fink in una notte di metà novembre. Andrea Provinciali Liars - Estragon, Bologna (14 novembre 2007) L’appuntamento con i Liars è ormai un classico irrinunciabile. Che il trio newyorkese dia poi una connotazione particolare ad ogni nuovo album non fa che caricare di ulteriori aspettative uno dei migliori live act cui si possa assistere in questi anni un po’ avari. E Angus Andrew è uno dei pochi animali da palco rimasti: una specie da proteggere, in via d’estinzione, che sa stimolare e catalizzare il flusso empatico della folla in virtù del suo carisma. Come un santone o uno sciamano. Uno spilungone dinoccolato che si presenta sul palco opportunamente vestito di bianco da capo a piedi, come fosse appena scappato dall’ospedale psichiatrico. Per dovere di cronaca dobbiamo pur ammettere che stasera pare meno fuori del solito, più controllato e professionale e tuttavia ben calato nella parte. Se la partenza è folgorante - e mette immediatamente in chiaro che il calibro della band non si discute - il seguito è riservato alla curiosa e divertita esplorazione dell’ultimo lavoro. E all’uopo i Liars portano in tour un quarto membro, Jarrett Silberman degli Young People. Qui arrivano le sorprese, anche se non ci colgono a freddo: Houseclouds è un pezzo decisamente alla Beck (!) mentre Freak Out e Pure Unevil sono psicocaramelle alla Jesus & Mary Chain, spacedelia post-punk che talvolta assume camaleonticamente striature alla Joy Division, alla Sonic Youth o alla Spacemen 3, se non addirittura tinte shoegaze. Accertato che il singolo Plaster Caster of Everything - guardate il relativo video dal sapore lynchiano - è una bomba anche dal vivo, non ci resta che considerare che nell’economia di un live all’altezza delle aspettative la parte del leone la fanno ancora i capolavori del secondo album: We Fenced Other Houses With Bones of Our Own, con la sua litania maledetta (“Fly, fly, the devil’s in your eyes... Shoot! Shoot!”), e gli spasmi di Broken Witch (“I, I Am the Boy. She, She Is the Girl...”). A qualche anno di distanza sono ancora questi, insieme ad alcuni sprazzi di Drum’s Not Dead, i momenti più visceralmente catartici e magnetici del loro show, probabilmente a causa di un inossidabile mix di primitivismo neopagano e avant rock di cui sono essenzialmente permeati: gli Stooges di We Will Fall che copulano con i Teenage Jesus & the Jerks con la benedizione dei Virgin Prunes... (“Blood. Blood. Blood. Blood. Blood...”) I Liars sono semplicemente la band che al giorno d’oggi meglio reinterpreta e rivitalizza gli azzardi e gli ardimenti post-punk. Già lo sapevamo. Ne abbiamo avuto ulteriore conferma. E questa lieve svolta “pop” e “rock” non stona affatto né ci spaventa. Ci fa semplicemente sogghignare sornioni, nell’attesa della loro prossima imprevedibile zampata. Alarico Mantovani Merzbow + Valerio Tricoli – Artissima - Lingotto, Torino (8 novembre 2007 Il live set di Valerio Tricoli si accende improvviso: il salone espositivo del Lingotto è ancora affollato da sciantoso via vai di imprenditori dell’arte. Dire che l’installazione del ¾ Had Been Eliminated sia site specific è assai poco: il suono delle macchine si inerpica pieno per la rampa in cemento che conduce all’Ovale della Fiat, aderisce alle pareti, profondo in altezza, foderando internamente la struttura cilindrica. L’effetto è amplificato da improvvisi lampi di luce che squarcia- Vincenzo Santarcangelo Peeesseye + Bob Corn + Harshcore - United Club, Torino, (7 novembre 2007) Nella settimana in cui Torino è sulla bocca di tutti per il festival di musica elettronica ClubToClub e per le esibizioni legate ad Artissima (Merzbow, V/ VM tra gli altri), lo United Club, spesso dedito a concerti punk/hardcore, porta in città i Peeesseye, accompagnati da Bob Corn e dai rumoristi Harshcore. Quest’ ultimi, un duo mascherato che sembra uscito dal delirio di un matto, aprono le danze, se così si può dire. Merzbow by Bruben no il buio assoluto a ritmo di musica, fino alla sinestetica esplosione finale di bianco accecante e rimbombare di bassi, alla batteria, presenza celata in uno degli ultimi tornanti della rampa, quindi al di sopra del pubblico dislocato ai primi livelli; la batteria del sodale Andrea Belfi conferisce quindi, ce ne fosse bisogno, maggior dinamismo alla performance. Si attende per Merzbow. Si attende per mezz’ora abbondante di rumore bianco a gradiente ritmico variabile - si passa dalla totale assenza di impalcatura ritmica all’incalzare di beat quasi gabber. Uno schiaffo - fisico, ancor prima che morale - a quanti, a pochi metri di distanza, mercanteggiano opere d’arte modello grande magazzino. A quei passanti, di tutto punto vestiti, che, di ritorno dalla Fiera dell’Arte Contemporanea, incappano, loro malgrado, in quel monstrum sonoro che si dimena tra mille rantoli. Che tornano alle loro Porsche, ora tappandosi le orecchie, in un disperato tentativo di oltrepassare indenni quel campo di forze; ora osservando esterrefatti, basiti, qualcuno un po’ schifato - e solo dopo aver guardato in alto, a quelle teste che spuntano dai vari piani della rampa che conduce all’ovale del Lingotto, come a chiedersi come possano tante teste appartenere a persone così idiote da farsi devastare da simile tormento. Una performance dal potente valore simbolico, prima e più che estetico: le frequenze che salgono su per la rampa, quel muro di suono generato da un distinto signore orientale che da tempo si fa chiamare Merzbow, sono - nome omen - la risultante di tutti gli scarti di una società alla deriva. Nastri, microfoni, pick-up generano una massa indistinta e pulsante di sano rumore analogico che in breve riempie l’aria del club. Luca Sigurtà è l’addetto alle macchine, mentre Tommaso Clerico si occupa degli strumenti tradizionali, il cui suono viene adeguatamente stravolto. In piena era digitale, quando sembra che anche il più incredibile dei rumori possa essere riprodotto con una fredda sequenza di 0 e 1, gli Harshcore riportano il magnetismo al centro della scena, restituendo al fenomeno fisico una valenza naturale e incontrollabile, quasi magica. Notiamo una new entry nel parco macchine del duo: un “cubone” stereo rosso fiammante che a fine concerto Luca mi confiderà di aver trovato abbandonato per strada e aver adottato. Torna la quiete con Bob Corn, il barbuto autore di Songs from the Spiders’ House, che inizialmente viene accompagnato dai Peeesseye. Un primo passo per una futura collaborazione su disco? I newyorkesi lasciano da parte le tipiche scorribande rumoriste e si adeguano al mood tipico della musica di Tiziano che dopo un paio di pezzi viene lasciato solo con la sua chitarra. Negli ultimi anni è passato spesso da queste parti, il numero degli estimatori forse è aumentato anche per una naturale empatia nei confronti della persona oltre per la validità dell’opera. L’uomo Fooltribe conquista il pubblico con la sua ricetta a base di cantautorato folk sincero e genuino e storie semplici sussurrate ad occhi bassi. Bob “Prince” Tizio ha il dono della sintesi e la sabbia in tasca. Non è poco. È il momento dei PSI, il chitarrista Chris Forsyth e Jaime Fennelly all’harmonium generano un ammasso pulsante e ipnotico. Una situazione che porterebbe velocemente a stati mentali alterati se non fosse per gli sconquassi percussivi di Fritz Welch che alterna i tamburi a elementi metallici e plastici, quando non a utensili sentireascoltare 87 PSI by Tommaso Clerico testimone del morente state of the art dell’underground italico, tutta chiacchiera e distintivo, ha però poca attenzione voyeuristica da dedicare ai gruppi spalla. Devozione e curiosità sono tutti per l’attrazione principale. Dal trio apprezzato su disco sparisce il feedbacksaxophone di Ed Bear, e non è una perdita da poco. Le dinamiche si riducono giocoforza ad un continuo dialogo a due. Se questo riduce le possibili contaminazioni, lascia spazio ad aperture synth-batteria non da poco e permette di capire di che pasta sono fatti. Sembrano comunque non accusare il colpo e attaccano a testa bassa investendo l’audience con una furia devastante. Matt si dimena come un ossesso tarantolato sul suo scalcagnato synth. Ne estrae rumori, brontolii, strepiti, stralci di melodie senza tempo, trovando anche il tempo di duettare col sodale in esilaranti disturbanti, come un blocco di polistirolo che genera un suono particolarmente caustico. È Fritz il motore fisico del gruppo, un folletto post-apocalittico che calamita l’audience, soprattutto quando abbandona la batteria per dimenarsi brandendo una catena in mezzo al pubblico, parte del quale appare intimorita, forse in ricordo di una precedente esibizione torinese. La sua voce copre le più svariate gradazioni dei toni disumani, passando dai rantoli al growl, in esplosioni grind(guignolesche) che ricordano Eye e il Patton più oltranzista. I Peeesseye si confermano fenomenali anche dal vivo, con un esibizione muscolare e psichica, fuori dai canoni senza cadere in sterili stramberie e che per molti dei presenti diventerà un termine di paragone per il futuro. L’ordine delle esibizioni, con Tiziano piazzato al centro dei due ensemble rumorosi, crea una certa discontinuità e provoca un adattamento da parte degli spettatori, forse l’apertura delle danze sarebbe stata più adeguata o, perché no, il congedo in punta di piedi (a proposito di estremità, Tizio sembra un hobo placido e imperturbabile a cui abbiano trapiantato i piedi di James Brown). In 88 sentireascoltare ogni caso la soddisfazione dei presenti alla fine è palpabile, il prezzo ridotto del biglietto permette che i banchetti dei gruppi, ricolmi di primizie limited edition, vengano saccheggiati senza rimpianti, con il motto psiano stampato in fronte: Stay Positive, Asshole! Paolo Grava Talibam! + Plaisir + A. Calbucci & A. Compagnucci – SinisterNoise, Roma (28 ottobre 2007) “The night of the duos”. Ovvero, come una domenica sera stanca e silenziosa si trasforma in un orgiastico gangbang sonico. Due coppie copulano sul palco prima dell’avvento degli attesissimi Talibam! from NY. Per primi Alessio Compagnucci e Alessandro Calbucci, ex sezione ritmica dei Sedia, con uno scarno set di divagazioni per basso e batteria. Una prima assoluta che incuriosisce nei suoi vuoti pneumatici e lascia curiosità sulle future evoluzioni. A ruota Plaisir, chitarra e batteria per un sonic mayhem senza sosta, che deve molto al grunge più grumoso. Una sorta di Soundgarden meets Lightning Bolt.Preliminari gustosi, ma lo scarso pubblico presente, siparietti nonsense su conigli giganti e peni scomparsi. Kevin risponde dal suo essenziale drum-kit indossando i panni, non solo metaforici, dello schizofrenico in crisi epilettica. Il suo volto si deforma. Lo sguardo è perso. Le braccia vorticano senza sosta, al punto da sembrare 2 o 3 batteristi in uno. Lo spettacolo vero, però, non è solo in quel che vediamo. Lo spettacolo è in quello che è sotteso alla radicalità delle impro. I due sono orgasmici, umorali, al limite del rissoso e mettono in scena un teatrino consapevolmente d’avanguardia, in cui masticano le ferraglie sonore degli ultimi 50 anni. Le risputano reinventandole sotto la lente deformante di una libertà d’azione totale e follemente fuori da ogni schema. Ma lo fanno, e qui sta il bello, con uno schema, con una progettuale idea di fondo che ha come obbiettivo quello di unire l’impro colta con quella destrutturante e di matrice rock che stava alla base del postpunk e della no-wave più rovinosa. Tutto è apparentemente caos, ma nulla è appartenente al caso. Se a volteggiare sul palco è il simulacro di Sun Ra e a benedire dall’alto è lo spirito libero di un Coleman ubriaco e drogato, ad agitarsi sul palco sono i fantasmi del rock che abbiamo sempre apprezzato. Questo sono i Talibam! oggi, autunno 2007. Cosa saranno tra qualche mese nessuno può immaginarlo. Stefano Pifferi Pithecanthropus Erectus #12 di Fabrizio Zampighi ra pp resen ta u na t appa obbligat a per i neof i t i q u a n t o p e r g l i a p p a s s i o n a t i . Charles Mingus – Pithecanthropus Erectus (Atlantic,1956) La musica di Charles Mingus è Charles Mingus. Irrequieta, irascibile, carnale, capace di attimi di stasi come di esplosioni virulente, di decompressioni e ingorghi, di dissertazioni solitarie e crescendo corali, di brutali dichiarazioni di intenti e patologie incontrollabili, di urla sguaiate e malinconie urbane. Una musica figlia del be bop, coinquilina del free, risultato di un’infanzia difficile, violenta, vissuta costantemente nell’emarginazione e con l’incubo della discriminazione razziale. Pulsioni che trasformano il musicista dietro agli spartiti in un disadattato cronico, un innocuo Jeckyll in un Hyde dalla personalità riottosa e perennemente scissa, con in testa - soprattutto in gioventù - un girovagare confuso tra Duke Ellington, la polifonia, il cool. È il 1956 quando Pithecanthropus Erectus fa la sua comparsa ed è con questo disco che Mingus aggiusta per la prima volta il blando peregrinare degli esordi in una registrazione stilisticamente matura e qualitativamente ineccepibile. Un’opera che omaggia il jungle sound di Ellington, trasponendolo da input musicale a ispirazione per un concept sulla modernità, con tanto di ritmi forsennati, rumore, luci e naturalmente, l’uomo, animale selvaggio confinato in una giungla metropolitana. Il tutto in due brani, la title track e A Foggy Day, il primo un carteggio di sax composto da Mingus e infarcito di cambi di tempo e atmosfere cariche di fisicità - tratto che diventerà distintivo della poetica del contrabbassista dell’Arizona -, il secondo una passeggiata ironica tra i clacson assordanti di San Francisco sulle note di un brano di George e Ira Gershwin. Due tracce che costituiscono l’alfa e l’omega del concept, dal momento che il lato B fa un po’ storia a sé. Profile Of Jakie suona infatti come una tipica ballata notturna irretita da una pletora di ottoni ruffiani e solcata dal surfing del basso di Mingus e Love Chant si traveste da suite di quindici minuti buona per dar c o r d a a l p i a n o f o r t e d i M a l Wa l dron e consentire al titolare di mettere in mostra qualche derapata sul manico. sentireascoltare 89 una rubrica jazz a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi Min gu s fu un bat t it or e liber o nella s t or ia de l j a z z . Tr o p p o r u d e p e r s c e n d e r e a p a t t i , d ifficilme nte gov er nabile, aff as c inat o dal s u o n o d e l l e b i g b a n d c o m e d a l l e s t i l e t t a t e d e l f r e e , d all’imp eto de l be bop c om e dalla m us ic a cl a s s i c a , c o m p r i m e t t e i n u n j a z z d e l t u t t o p e r s o n a l e u n’e sisten za per ennem ent e al lim it e. Tr ov a n d o l a v i a p e r u n a f o r m u l a e s p r e s s i v a c h e a n c o r a o g g i (Gi)Ant Steps Charles Mingus WE ARE DEMO a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi WE ARE DEMO Side A Corde di violino pizzicate (finalmente un po’ di musica da camera, penso), ciottolame vario a far da tappeto percussivo, una calda melodia gitana e poi trac dopo pochi secondi già tagli improvvisi, bordate e schizzi trash metal. Continui cambi di ritmo e scenario (e ti pareva? E allora violenza sia). Siparietti western, perizie free-jazz-core, melodie orientali, klezmer zorniano, vocalizzi dementi, risa e schiamazzi improponibili, intervalli di classica contemporanea, schitarrate pese, neanche un attimo di tregua. Estenuanti ma anche tanto tanto divertenti e come suonano poi! Registrazione ed intesa perfetta, capacità compositiva sopra la media ed energia da venderne. I 3Sacchetti da Venezia-Mestre escono allo scoperto senza mezzi termini, è un assalto col sorriso sulle labbra e la coscienza delle proprie capacità tecniche. Parodistici e paradossali, schizzati ed ironici, colti e hardcore non li si riesce ad ingabbiare facilmente, sfuggono scivolando via, strattonando e allora lasciamoli liberi che ce n’è per tutti. E dire che non è neanche il mio genere ma per una volta la colpa è solo mia. Impressionanti (7.3/10). Una giornata al mare, solo e con mille lire, poi la sera tutti in trattoria quando ancora si poteva fumare e bere, soprattutto bere, piada e cocktail che sient a me tu vuò fa l’americano, ma 90 sentireascoltare #22 statevi un po’ zitti lasciatemi ascoltare le panzane gonfiate a dovere del vitellone di paese: storie di bionde adescate sul molo, di grandi passioni e lacrime amare. Leggende per cuori caldi e gioviali ma colmi di malinconia che non si sa cos’è, forse è il mare che buio profuma le notti fin sulle colline. E finalmente si accendono come stelle lontane le luci del Cabaret. Si comincia a sognare, è jazz. Si comincia a scalpitare, è swing. Storie antiche, amici, l’amaro Averna. Carezze di chitarra acustica folk, senza prewar, solo folk acustico, quello tra ‘60 e ’70. Poche note, tanto silenzio intorno. Punta delle dita, una mano calda quando sei solo e intirizzito dal freddo che fa. Echi e rintocchi in lontananza ad allargare il panorama, secca batteria a scandire il tempo. E prenditelo ‘sto tempo, mettiti a sedere un attimo, comodo, chiudi gli occhi e goditi la magia di questi cinque ragazzi, i Margareth, da Venezia-Tre- musiche che dell’indie e di quel che ne è seguito se ne strafottono e se solo sapessero si farebbero grasse risate. Musica suonata da musicisti, un giorno non sapremo neanche più cosa sono. Entertainment! C’è il primo Capossela, l’estetica di Conte nelle sette canzoni viso. Un’armonica, una tromba rotonda, una voce educata a stendere larghe e consolanti melodie. Quando un mini di quattro canzoni (perché chiamarlo demo mi fa un certo che) è bello, è bello. Quando è realizzato bene, registrato con cura e scorre che è un piacere ancora e ancora c’è poco altro da aggiungere. Per la cronaca se a qualcuno interessasse a me hanno ricordato certe acusticherie Radiohead, i Sophia meno disperati e perché no, qualche melodia di tutte quelle band emo-acustiche che andavano tempo fa oltreoceano. Basta. Bravi (7.2/10). Davide Brace del riminese Daniele Maggioli, lingua sciolta, voce profonda, imbonitrice e seducente con quel fare da mascalzone bello e dannato. Insieme a Nobraino e Granturismo si potrebbe quasi parlare di una nuova scena romagnola, un po’ nostalgica se si vuole, ma con le idee molto chiare. Ottima la registrazione . Saprà conquistare ascoltatori, o almeno glielo auguro (7.0/10). Il fumo dai comignoli all’orizzonte. Fredda notte boschiva. Devi farne di strada bimbo e già ne hai fatta parecchia. Altroché. Quel che ci vorrebbe adesso è una casa, un camino, degli Side B Twee è la terza demo per Denise, giovane cantante/autrice salernitana la cui determinazione è direttamente proporzionale alla gentilezza incantata della voce, timbro da bambolina neo (nella bowiana Speed Of Life) e chitarra elettrica (nella title track, pezzo autografo assieme a Jumping In Your Soul) infarciscono di circospetta, vibrante (eh, già!) concretezza. Il risultato è questa splendida, allampanata contraddizione, la sua capacità di ipnotizzarti dolcemente. (7.2/10) Stefano Solventi melodica ribadita dai synth, si smarca dalla filiazione dEUS e Afterhours per compiersi in un rock forte e accorato. Belli i testi e ben cantati, tesi come un Filippo Gatti corroborato Gang e Marlene Kuntz, capaci di dare vita a trepidazioni adulte (vedi la pulsante Finzioni, ballata noise di tutto rispetto), ciò che non esclude momenti più “sofisticati”, come il soul spiegazzato e languido di So Fly, o manifestazioni di franchezza disarmante fino all’ingenuità (Attenti). Finché, con L’ossessione, azzardano pure la carta del plausibile singolo, in un crescendo di tiepide iridescenze che incendiano una semplicità Perturbazione. C’è un’ultima cosa da dire: bravi. (7.2/10). Anche di Roberto Celi abbiamo già riferito, nel gennaio scorso, in occasione di Vibrando. Se quello rispettava la tipica dimensione dell’EP, stavolta con Clouds By Fire siamo all’album bello e buono, benché breve, annoverando ben nove tracce di cui due originali ed il resto cover di brani (talora anche troppo) celebri. Per chi non fosse provvisto di memoria elefantina, ricordiamo che Celi è vibrafonista, quel che propone è un’anomalia convinta che nel vaporoso luccichio delle note, in quella manifestazione di armoniche dense e impalpabili, che riarticolano melodie fino all’astrazione, si nasconda un codice non esprimibile altrimenti che così. Un segreto complesso ed etereo, ricco ma portatore di un messaggio semplice: il suono come eventualità magica, non necessariamente sintetica/sintetizzabile. Tra una calligrafica Michelle, una garrula The Man Who Sold The World e una non meno che stupenda Summertime, si consuma questa utopia se vogliamo anche ingenua eppure forte, stranamente forte. Che gli interventi di basso, sax B o n u s Tr a c k Chitarra elettrica, basso, batteria. Loro sono gli Ogun Ferraille e il demo in questione si chiama My Own Drama, che in italiano vuol dire noise, crossover, riff uncinanti, vocazione decisamente hard. Sarebbe tutto - o quasi - perfetto, se la lunghezza eccessiva dei brani – in media sopra ai 5 minuti e in qualche caso oltre i sei – non impedisse di apprezzare appieno il tiro degli episodi in scaletta, facendo suonare il tutto un po’ troppo dispersivo (voto: 6.3/10, web: www. myspace.com/ogunferraille). Discorso diverso per i Metro Corskol Blue Division, che con Confine collezionano cinque brani vicini per indole agli Afterhours di Germi. Melodia e rumore si mescolano a testi in italiano che non lasciano troppo l’amaro in bocca, rivelando buon gusto nelle geometrie e intelligenza nel mantenere un basso profilo, anche se un pizzico di coraggio in più in sede di scrittura non avrebbe guastato (voto: 6.4/10 web: www.myspace.com/ metrocorskolbluedivision). Elettronica, new wave, chitarre elettriche sono invece gli ingredienti di base della proposta musicale degli Alba Caduca. L’omonimo EP della band si fregia di un elettro-rock talvolta evocativo, più spesso energico, in generale di immediato consumo, unito a facilonerie liriche in italiano che non convincono appieno, pur nel rispetto ossequioso delle strutture musicali (voto: 6.1/10, web: www.myspace.com/ albacaduca). Quarta e ultima bonus del mese, A ritroso, raccolta di tre brani a nome Una Pura Formalità. La band pisana unisce a strutture vagamente post-rock tutte chitarra, tastiere, batteria, basso, un cantautorato in italiano piuttosto ricercato, ottenendo una fusione di stili interessante e una proposta musicale all’altezza delle aspettative (voto: 6.6/10, web: www.myspace.com/ unapuraformalita). Fabrizio Zampighi sentireascoltare 91 WE ARE DEMO folk nella cameretta di Mùm e Cocorosie, però appunto titolare di un piglio tenace e ispirato che la mette al centro di situazioni interessanti, spalleggiata da svariati nomi dell’alternativo italico (tra cui Songs For Ulan e A Toys Orchestra). La sua è una calligrafia fiabesca, palpitante, bucolica e sottilmente inquieta, adagiata tra archi serici e chitarrine di marzapane, tra percussioni genuine e una fantasmagoria indolenzita di organetti e campanellini. Rispetto al passato sembra essersi dissolta la componente elettrica da shoegazer in incognito, a tutto vantaggio di un più etereo incedere tra acidule suggestioni folk-blues languidamente jazzate (l’enigmatica Moonchild, la preziosa Lovely Baby Lovely), alla bisogna screziate d’elettronica ma senza esagerare, tipo che viene da pensare ad una Beth Gibbons adolescente. La proposta è buona, lascia intravedere una certa profondità e chissà quali sviluppi. Che non dovranno comunque mancare, perché al momento il dubbio – praticamente l’unico – è che stilisticamente Denise si muova un po’ in ritardo. Speriamo non fuori tempo massimo. (7.0/10). I Sister Dew sono un quartetto marchigiano di cui abbiamo già parlato un po’ di tempo fa (We Are Demo giugno 2006) recensendo L’intangibile voglia, lavoro risalente al 2005. All’epoca i ragazzi non avevano le idee chiare circa la ragione sociale, visto che venivano da un periodo in cui si facevano spacciare per Sofia, ma dal punto di vista musicale erano già a posto. Il qui presente Non c’è niente di male alza ulteriormente la posta, forse anche in virtù dell’ultimo arrivato in formazione, il “quinto elemento” Stefano Procaccini, chitarrista. Fatto sta che il suono sembra allargarsi, svincola la vena Classic Slits THESE ARE (NOT) TYPICAL GIRLS... di Edoardo Bridda L’imm ine nte tou rné e in G iappone e la r ec ent e r is t a m p a d e l c o n t r o v e r s o s e c o n d o a l b u m , rappr esen tan o la pe r f et t a s c us a per r ipes c ar e una d e l l e p i ù f r e s c h e e s p e r i e n z e p o s t - p u n k b r i t a n n i c h e . Anzi, senza scuse: l a p r i m a p u n k b a n d t u t t a a l f e m m i n i l e . A n z i , m e g l i o : t r e f o r m a z i o n i c h e h a n n o m a r c h i a t o altretta nti mo men ti s alient i di quel m agic o inc r oc io d i f u l m i n i e s a e t t e c h i a m a t o p o s t - p u n k . Soli due dischi uffici a l i a l l ’ a t t i v o p e r le S lits, e pp ure il lor o è un c as o del quale si po treb be p ar lar e per or e e da una miriade di p u n t i d i v i s t a , musicali e non, di co s t u m e c o m e d i contraddizioni in sen o a l p o s t - p u n k , d’at t itud ine e d i cont am inaz ione. Un n aturale sbocco i n t r o d u t t i v o , a nostro avviso, inforc a s i a u n t i p i c o vezzo britannico sia u n a p e c u l i a r e novit à de ntro la n ov it à c he le r agazze rap pre se nta rono. I l quar t et to nasceva attorno a l 1 9 7 6 , a n n o domini d ello sba rco dei Ram ones nell’isola, il prelud i o d e i P i s t o l s e di McLaren. Un c u l t o s e n z a u n suono. Ragazze vio l e n t e , f e m m i n e incaz za te. Atto rno a lor o ( e al nascente fermento pun k ) s ’ e r a c r e a t a una morbosa curiosi t à f a t t a d i c a s i disco gra fici se nza dis c hi e pr at ic amente neanche una s e s s i o n . D el r e sto , e ra acca dut o per le f or mazion i in cui le ragaz z e av ev ano milit ato p oco prima ( le Cast r at or s, i F l ower s Of Romance) e s t a v a accadendo ancora c o n l o s t e s s o canov accio (età gio v anis s im a, incapacità totale di i m b r a c c i a r e g l i strum en ti). Pra tica m ent e er ano un fenomeno alla Mclar e n f a t t o d i s o l i tenta co li ma sen za la t es t a, c om e un tipico vizio britan n i c o . U n a r o b a del t ipo : an imali a doles c ent i e incontrollabili. Una fa n t a s i a e r o t i c a . Una fonte di recond i t e p a u r e p e r i l maschio working cla s s . L’ i d e a l e p e r la stampa. L’imm ag ine , pe r da v v er o, er a s f r ontat a qu an to il p un k r ic hiedev a e s l i t significa ta glio , fen dit ur a. Un quadro ch iaro q ue llo o ut s ide t he s lit , quanto curioso appa r i v a d e n t r o : l e 92 sentireascoltare r agaz z e no n e r a n o a ff a t t o l e t i p e violente che tutti volevano. Il punk e l’ener gia d i q u e l f a m o s o ’ 7 7 a v e v a dat o lor o u n ’ i n c o n t r o l l a b i l e v i t a lit à e un’uni c a a r m a , l ’ i r o n i a , u n a n ticorpo al panico da palcoscenico. Q uel non a v e r e m o d e l l i , i l s a p e r e suonare… Il pubblico, caricato dai m edia, c om p r e s e t u t t ’ a l t r o , s ’ i m paurì, ma anche scattò: durante un’es ibiz ion e u n r a g a z z o s a l ì s u l palc o c on u n c o l t e l l o e p u n t a n d o lo s ul s eder e d i A r i d i s s e “ È q u e s t o c he v olet e, n o ? ” . Lo spavento per lo spavento non finì in spirale: l’onda era troppo f or t e e nel m e n t r e s i a v v i c e n d a v a no piogge di sputi on stage, una scacchiera si colorava di bianchi e ner i m ent r e u n a p a r t i t a v e n i v a g i o cata con agile e sinuosa prontezza. As s iem e ai P I L , f u r o n o l e p r i m e a contaminare il punk con i detonanti bassi del dub, e da lì si spalancò un’altra porta che le porterà a quel d u p l i c e p r e: u t e r o / A f r i c a . I n q u e s t o senso, le Slits erano le eredi del Pop G r oup e d e g l i A l t e rn a t i v e T v , anche se lo furono soltanto in parte e per un brevissimo tempo. P r i m a d i r ac c o n t a r v i d e l l a l o r o f i n e facciamo perciò un passo indietro, quando il g r a n d e p u b b l i c o l e c o nobbe e le i n c e n s ò c o n C u t ( I s l a n d , 1979; 7. 5/ 1 0 ) , d e b u t t o u ff i c i a l e s u major che fruttò loro il 30° posto nelle c har t d e l R e g n o . L’ a l b u m a r r iv av a s ulla c r e s t a d i u n e m e r g e n te successo reagge-punk spianato c om m er c ial m e n t e d a R o x a n n e d e i Pol i ce e ide o l o g i c a m e n t e d a i C l a s h ( una c anz on e : T h e G u n s o f B r i x t o n , 1978) . E, s e m p r e a p r o p o s i t o d i p a - r a g o n i , l e S l i t s a v e v a n o q u a l c o sa i n c o m u n e a n c h e c o n q u e s t ’ u l t im i : entrambe le band denunciavano e s c h e r n i v a n o i l u o g h i c o m u n i m o rali e le ipocrisie della società britannic a p r e f e r e n d o g l i l o s t i l e d i v i t a gi a maicano, decisamente più comunit a r i o e r i l a s s a t o . I n o l t r e , l e r a g a zze a v e v a n o d a l l a l o r o D e n n i s B o v ell, p r o d u t t o r e d i Y ( f i r m a t o , c h e v e lo d i c o a f a r e , P o p G r o u p ) , s e m p l i ce m e n t e l ’ u n i c o n e l R e g n o a t e n ere t e s t a a g l i i l l u s t r i p a d r i n i d u b q uali L e e P e r r y e K i n g Tu b b y. C u t – s i a s c o l t i n o l e d i v e r s e ( e non p o c o ) P e e l S e s s i o n r e g i s t r a t e un a n n o p r i m a e p u b b l i c a t e n e l 1 998 - e r a d i f a t t o a n c h e f i g l i o s u o , non l e s i n a v a f i l a m e n t i a c i d - r o c k ( alla B e y o n d G o o d A n d E v i l ) e , p i ù di o g n i a l t r a c o s a , a ff o n d a v a b assi s t o r d e n t i e d e ff e t t i c a m p i o n a t i che i f a n d e i J o y D i v i s i o n c o n o s c e v ano b e n e . S o n o a s p e t t i d i p r o d u z i o ne , eppure l’album - tra dissonanze e c a n t o e c c e n t r i c o - e r a s o s t a n z ia l m e n t e u n a ff a r e p o p f i s c h i e t t a b i l e e ballabile. Qui la sua forza e il plauso di Olympia fino a M.I.A. Va a n c h e d e t t o p e r ò c h e l e S l i t s erano perfette figlie del loro tempo: confini labili, membri in prestito da altre band e persino batteristi in incognito. Negli anni del Rip It Up, assieme al Pop Group, Ari e co. condividevano quel concetto di liberazione “totale”, che partiva dall’happening rock dei Sessanta e giungeva ora a un lacerante rituale ancestrale. In comune con la band di Stewart, con la quale stabilirono una vera e propria alliance (e un singolo split, il datato ma te con Joe Strummer e Mick Jones. Tut t i a s p e t t i , c o m e s i d i c e v a a l l ’ i n i zio, che contribuirono a connotare t r e ba n d d i ff e r e n t i : u n a ( u l t r a ) p u n k , una reagge-dub-punk e infine una av ant - a f r i c a n a ( a n c h e w o r l d ) , e m a naz io n e d e l P o p G r o u p - p e n s i e r o d i c u i vi d i r e m o . Tor na n d o a l l a p r i m a , c ’ è d a r i c o r d a re il fondamentale documentario di Don L e t t s , T h e P u n k R o c k M o v i e (un ritratto verace, denso di colori e trend della bohème primo-punkista pre-borchia ed eroina), il cui c or r isp e t t i v o v i n i l i c o è i l B o o t l e g Ret r o s p e c t i v e ( Y, 1 9 8 0 ; 6 . 0 / 1 0 ) , un r i t r a t t o d i a u t e n t i c i i n t e n t i p u n k , m ent r e p e r i l s e c o n d o , o l t r e a C u t , r ic or d i a m o l a c o v e r d i M a n N e x t Door ( s o l o s u s i n g o l o o 1 2 ’’ ) , s p l e n dido r i f a c i m e n t o d e l c l a s s i c o d e l rastaman John Holt e missato da Adr i a n S h e rw o o d . La terza e ultima fase delle Slits c oinc i d e c o n R e t u r n O f t h e G i a n t Sl i t s ( C B S , 1 9 8 1 ; 7 . 2 / 1 0 ) , l ’ a l b u m t r ibal e c o n a n c o r a B o v e l l i n p r o duz io n e e l a p a r t e c i p a z i o n e d i u n alt r o g e n i a c c i o c o m e L a u n a y ( s u o i molti espedienti in post-produzione di Fl o w e rs O f R o ma n c e ) . L’ a l b u m ( r ec e n s i o n e a p a g . 8 1 ) f u a c c o l t o in m a n i e r a c o n t r o v e r s a : d a u n a parte c’è chi lo tacciò di essere un prodotto commerciale, dall’altra c hi d i s s e c h e l e S l i t s a v e v a n o p e r so la verginità/ingenuità. Il lavoro rappresentò in verità una classica t r ans i z i o n e ; a d o g n i m o d o , a s c o l t ando l o o r a , n o n p o s s o n o n o n r i s a l tare certe chicche come l’opener E a r t h b e a t c h e c o n t i e n e lo stesso a ff a s c i n a n t e t e r r i c c i o a f r o sul quale B j o rk p a r t o r ì H u m a n B e a hvi o r (e se s c a v a t e v e d r e t e c h e t u t t o torna…), i l b a l l e t t o a v a n t a n t i - c l a s s ifi ca Face P l a c e c o n u n ’ i n t r i g a n t e p er fo r m a n c e d i A r i - U p , e l ’ a f r o - f u n k liquoroso d i Wa l k A b o u t , n e l q u a l e l e ragazze b i l a n c i a n o m i r a b i l m e n t e l a vertigine di Stewart e co. L e S l i t s n o n s i s c i o l s e r o p e r l e cr i t i c h e m a p e r v i a d e l l a v o ragine del d o p o p u n k . È s t a t a u n a fi g a ta , m a o r a ? H o r r o r v a c u i c h e m ol ti , a l cu n e S l i t s c o m p r e s e , c o l m arono con l’eroina e rincorse di verità più prof o n d e . U n a d i q u e s t e , m u si ca l m e n t e p a r l a n d o , f u l ’ a ff a r e New Age S t e p p e rs , u n p r o g e t t o a perto che o l t r e a A r i e Vi v, c o i n v o l se membri d e l P o p G r o u p e d e l m o n do reggae ( S A # 1 6 ) . P e r u n a t t i m o se m b r ò i l n a t u r a l e s b o c c o , u n a f a m ig l i a a l l a r g a t a c a p i t a n a t a d a A d r i a n Sh e r w o o d , l ’ e s e g e t a d e l d u b c o n ta m i n a to c h e a l t e m p o r i a r r a n g i ò a l cuni brani d i R e t u rn O f t h e G i a n t S lit s . Era s o l o u n m i r a g g i o . L a p ostfazione d i q u e s t a a n a l i s i a r r i v a b e n ve n ti c i n q u e a n n i d o p o c o n R e venge Of T h e G i a n t s S l i t s ( 2 0 0 6 ), EP con t r e n u o v i b r a n i d o v e a p prendiamo c h e l e r a g a z z e s i s o n o ap p r o p r i a t e d e l l e i s t a n z e r a p ( c h e a momenti a v e v a n o a n n u s a t o n e l 1 980 - vedi N e n e h C h e r r y c h e a v e v a militato n e l l ’ u l t i m i s s i m o p e r i o d o d ella band) e d e l d r u m ’ n ’ b a s s , n a t u r a l e co r o l l a r i o d e g l i a f r i c a n i s m i b r i t di Ar i . N o n v e d i a m o l ’ o r a d i r i v i v e r e tu tto q u e s t o . Va l e a d i r e , l e a t t e n d ia m o l i ve . sentireascoltare 93 Classic divertente In The Beginning There Was Rhythm), le ragazze possed e v a n o u n a l e a d e r, g i o v a n e , i s t i n tiva e curiosa. Ari-Up scava l c a v a a s i n i s t r a i l p iù orto do sso s t ile dar k - punk della musa Siouxsi e, e r a p i ù v i c i n a all’infantilismo ( c h e s a r à a n c h e d elle Rainco at s) c h e a q u a l s i a s i n ich ilismo . As s iem e a lei, due c om p ag ne sod ali quali Viv Alber t ine, chita rrista ca pac e di f unk liquor osi e ritmi ch uk a c huc k a t aglient i come lame (a v e v a p r o v a t o a l u n g o con Ke ith Le v ene dei P. I . L. ) e Tes sa Pollitt, bas s i s t a i n t r i p p a t a c o n i sou nd syste m e una t er na di bat t eristi/turnisti o v v e r o P a l o m a R o m e r o (a ka Palmo liv e) , f igur a pr oblem at ica da ll’altre ttant o t um ult uos o dr um ming prima so s t i t u i t a ( n e l l e s e s s i o n d i Cut) da Bu dgie e inf ine dal più solid o Bruce Sm it h del Pop G r oup, percussionista tribaleggiante e strate gicame nt e “ lat er ale” . L’insieme for m a v a u n c a n o v a c c i o musicalmente a p o l i d e q u a n t o l o erano poi le b i o g r a f i e d e l l e s t e s s e mu siciste (il padr e di Viv er a f r ancesce, quello d i A r i t e d e s c o , m e n t r e Pa lmolive avev a t r as c or s o l’adolescenza con la f a m i g l i a i n S p a g n a ) , non meno tras c u r a b i l i p o i i m e n a g e fa miliari: Up er a f iglia di Nor a, f utura moglie d i J o h n Ly d o n n o n c h é a mica a suo te m po di Hendr ix . E af fettivi: la can t a n t e e r a s t a t a l e g a t a per tre anni c o n i l c h i t a r r i s t a C h r i s Sp ed din g, un o dei pr im is s im i pr od utto ri d ei Pis t ols , m ent r e la bat t erista e la chitar r is t a r is pet t iv am en- Classic Cl a ssic album Jean Michel Jarre-Oxygène-Live In Your Living Room (EMI, 26 novembre 2007) S e c’è un suo no che più di ogni alt r o ha r es o l’id e a d i p r o g r e s s o e f e d e nella tecnologia, qu e s t o è s t a t o s e n z ’ a l t r o q u e l l o d e i s y n t h e d e l l e d r u m machin e. In qu esto a r t ic olo, e dic iam olo, per una v o l t a t a n t o , n o n v i p a r l e remo dei Kraftwerk e d e l l a l o r o i m m a g i n e r o m a n t i c o - r o b o t i c a , e n e m m e n o dei soliti kra uti sul ver s ant e c os m ic o. È v er o c he un f u t u r e m u s i c a l e ( s e n z a il ph beninteso…) ci p o r t e r e b b e a l l ’ U n d e r g r o u n d R e s i s t a n c e , m a s a r e b b e anch’esso u n esemp io t r oppo s poglio dell’idea di f e d e u g u a l e t e c n i c a c h e abbia mo in men te, un c onc et t o per le v ec c hie m a s s e n o v e c e n t e s c e p i ù che una cospirazion e d i s p a r i z i o n i c o l l e t t i v e . E c c o c i a l n o c c i o l o : s e c ’ è u n invasato che ha forn i t o e s a t t a m e n t e q u e s t o t i p o d i s o v r a s t r u t t u r a , q u e l l o è sicura men te il fra nc es e oc eanic - s how J ean M ic h e l J a r r e . C o l u i c h e h a dedicato una vita al b i n o m i o s u o n o - s p a z i o - f u t u r o , i l p e r s o n a g g i o d a l l ’ e g o espanso che avrebb e p r o d o t t o u n b r a n o c o n l a p r i m a s e s s i o n n e l l o s p a z i o se lo Schuttle non f o s s e e s p l o s o . Q u e l c o m p o n i m e n t o n o n m a n c h i a m o d i dire, re gistrato in o m aggio al m us ic is t a s c om par s o ( R o n ’s P i e c e ) , f r u t t ò a J a r r e u n i n g a g g i o c h e p o r t ò a H o u s to n un milio ne e me zzo di per s one. Uno s how enor m e, i l s e c o n d o d e i m e g a c o n c e r t i c h e c o s t e l l a r o n o l a s u a c a r r i e r a , ma sotto ai n ume ri c ’è una s oc iologia: il s uo s uc c e s s o r i s i e d e n e l l a s u a c a p a c i t à d ’ i n s t i l l a r e q u e l l a f e d e t e c n o l o gica se nza fro ntie re il c ui c or ollar io em inent em en t e m u s i c a l e è s e n z ’ a l t r o s t a t o O x y g è n e . P ropr io qu est’alb um , in oc c as ione dei s uoi t r ent ’a n n i ( i n v e r i t à t r e n t u n o v i s t o c h e i n F r a n c i a u s c ì n e l 1 9 7 6 ) , è stato interamente ris u o n a t o c o n i s y n t h o r i g i n a l i d a J e a n M i c h e l , c o n l ’ a i u t o d i d e i f i d i F r a n c i s R i m b e r t , D o m i n i que Perrier e Claude Sa m a r d . L a s e s s i o n ( n o n p r o p r i o ) i r o n i c a m e n t e c h i a m a t a “ d a l v i v o n e l t u o s o g g i o r n o ” è s t ata pure filma ta in un 3 D par t ic olar e ( per la v er s ione c o n D V D d e l l a r i s t a m p a ) : s i t r a t t a d i u n a n e x t g e n e r a t i o n d ella tridim e nsion alità sen z a oc c hialini s t upidi s t ile Squ a l o 3 , m a c i s a r à b i s o g n o d i c o s t o s i s c h e r m i p e r v e d e r l a e i m pariamo dalla stamp a c h e p u r e J a m e s C a m e r o n pa r e s t i a g i à a l l a v o r o s u q u e s t o f o r m a t o , m e n t r e n o i – a n o stra volta ancora attratti d a l d e l i r i o t e c n o l o g i c o - c i s t i a m o s c o r d a n d o d i p a r l a r e d e l l e s e i p a r t i d e l l ’ a l b u m . P r i m a di farlo pe rò è ne ce ssar io am m et t er e c he la r iediz io n e d ’ O x y g è n e r i p o r t a s u l p i e d i s t a l l o i l f r a n c e s e d o p o i l t o nfo colossale d i Te o&Te a, pr obabilm ent e il lav or o pi ù s t r o n c a t o d i q u e s t i D u e m i l a . N o i m a n c o l ’ a b b i a m o s e n t i t o i l concep t de dicato all ’am or e s u int er net , m a s enz ’a l t r o p i ù d o v e r o s a m e n t e r i a s c o l t i a m o u n o d e i p o c h i d i s c h i j a r riani vera men te d eg ni di not a ( as s iem e a Equi nox e e i M a g n e t i c F i e l d s ) . È u n a l b u m d a l g i u s t o m i x d i g r a n d eur at mosfe rica e me lod ia, un piac er e per l’or ec c hio a ff a m a t o d i s y n t h a n a l o g i c i . R i m e t t i a m o a l l o r a s u l l e t t o r e q u el l a vit uperata Oxyg ne ( par t I V) e s e n z a v e r g o g n a . N o n è i n v e c c h i a t a m a l e . È l a c a n z o n e e l e t t r o n i c a p i ù f a m osa d’ogni tempo, quella c h e i k r a u t r o c k e r a l l ’ e p o c a d e t e s t a r o n o e n o n d i c i a m o c e r t o c h e a v e s s e r o t o r t o , n o n del tut t o. Il co mpo sito re pot r à es s er e pr es unt os o quan t o l a s u a m u s i c a b a n a l m e n t e a s e t t i c a m a n o n q u i : P a r t 1 – con quel th ere min satu rnino - è eloquent em ent e m is t e r i o s a , P a r t 2 c o n i l b e l g i o c o “ m o l e c o l a r e ” a i s y n t h è t u t t ora avvincen te, e pe rsin o il m ot or ik di Par t 5 p u ò e s s e r e r i t e n u t o p r o t o - t e c h n o ( e d a l ì U n d e r g r o u n d R e s i s t a n c e …). Ritornando al futuro , q u e l f u t u r o l u m i n o s o e f i e r o d e i p r o p r i m e z z i è m o r t o . E n o n è s t a t o i l 1 9 8 6 a u c c i d e r l o (e manco è colp a d el p unk e di quei t es t im oni di G e o v a d e i P e r e U b u ) . D o p p i o p i a c e r e d u n q u e n e l t o r n a r e a q u e l senso di sp azio e tem po del pulit o e “ pr ogr es s iv a m e n t e m e g l i o ” . 4 0 m i n u t i d i v i n t a g e f u t u r i s t a s u i q u a l i s a r e b b e troppo controsnobist i c o p a r l a r e d i m u s i c a a s s e r v i t a a l p o t e r e d o m i n a n t e . C i a o A d o r n o . Edoardo Bridda 94 sentireascoltare Fastbacks Un motore pop molto, molto potente Son fucilieri pop dalla mira precisissima i Fastbacks. Se te li ritrovi nel plotone d’esecuzione power puoi star sicuro che ogni tiro centra il bersaglio. Ed il bersaglio è la melodia poppy appiccicosa, rincorsa da c h i t a r r e r u v i d e m a n o n t r o p p o , t a l v o l t a h a r d e t a l a l t r a p u n k y, s e m p r e e c o m u n q u e “ t e e n ” s i n n e l l e o s s a . N a c q u e r o a S e a t t l e , WA , i F a s t b a c k s . K u r t B l o c h , K i m Wa r n i c k e L u l u G a r g i u l o i n i z i a r o n o c o m e t a n t i s t u d e n t i di highschool allora. Avevano degli idoli musicali da idolatrare e vollero idolatrarli cercando di seguirne le gesta. Ramones e Buzzcocks su tutti. Melodie veloci, punkizzate a dovere, ma con tante e tante strizzatine d’occhio al bubble-gum più (fintamente) stupido di sempre, quello dei Sixties. Una spruzzatina, tanto per dare qual certo “colore locale” che non guasta affatto, d’hard rock dei Seventies ed ecco che la formula del trio comincia a marciare. In The Summer è il primo 7” registrato dell’ancor acerba band. Duff McKagen, poi nelle fila ben più blasonate dei Guns’n’Roses, fa qui una sua comparsata alla batteria. È il 1980. Seguono nell’arco di un annetto scarso anche Don’ t Eat That It’s Poison (1980) e Someone Else’s Room (1981). Il secondo pezzo in particolare è un teen-anthem sospeso fra ruvidezze punk nelle chitarre, una melodia epica e romantica, ed una voglia di music for fun peraltro mai celata dal gruppo sin dagli esordi. Il suono più verace, nell’assieme, è quello del chitarrismo approssimativo, da autodidatta, d i L u l u . I t ’ s Yo u r B i r t h d a y / Yo u C a n ’ t B e H a p p y r i s a l e a l l ’ a p r i l e 1 9 8 1 , e p r o s e g u e r u v i d o e m e l o d i c o n e l l a s c i a dei suoi fratellini in formato breve. Gran parte di questo dimenticato primo repertorio fu poi inclusa dalla benemerita Sub Pop in un LP dal titolo The Question Is No (1992). In realtà, sin da questi immaturi primi vagiti discografici ci si accorge che i tre ragazzotti centreranno poco e nulla nel calderone grunge in cui verranno schiaffati in virtù della sola appartenenza, dal 1992 al 1996, nel novero delle band di casa Sub Pop. Play Five Of Their Favorites (No Threes, 1982) e Every Day Is Saturday (No Threes, 1984) sono EP che valgono solo in quanto studi preparatori per quella sontuosa cornucopia di ritornelli powerpop nascosti nell’LP d’esordio dei Nostri. And His Orchestra (PopLlama, 1987) è il festival della canzoncina briosa-ariosa, è la saga del 1-2-3-4-let’s-go, è l’apoteosi del melodismo più scipito incollato al passo di marcia hardcore. Seven Days, in tal senso è esplicita fin dal primo ascolto. Richiama anche un poco, nelle partiture, una sorta di incrocio fra R e p l a c e m e n t s e P a n d o r a s . I f Yo u Tr i e d v o l a a l t a c o l s u o i n c i s o a r i o s o e D o n ’ t C r y F o r M e r i m a n e u n p i c c o l o capolavoro di pop da cameretta, struggente e fatale nella sua enfatizzazione dei piccoli drammi da Pretty I n P i n k ( i l f i l m , n o n l a c a n z o n e ) . C o l 1 9 8 9 c i s o n o n o v i t à i n c a s a F a s t b a c k s . B l o c k s i u n i s c e a i Yo u n g F r e s h F e l l o w s , Wa r n i c k l a v o r a n e g l i u f f i c i S u b P o p e L u l u s i d à a d u n a b b o z z o d i c a r r i e r a n e l m o n d o d e l c i n e m a . M a l ’ e s p l o s i o n e g r u n g e t r a v o l g e a n c h e i N o s t r i i q u a l i , d o p o u n a l t r o o t t i m o d i s c o , Ve r y, Ve r y P o w e r f u l M o tor (PopLlama, 1990, zeppo di numeri à la Joan Jett con e senza Runaways), ricompaiono alla grande sulla scena discografica indie che conta. Zucker (Sub Pop, 1993) ancora non perde colpi. 14 canzoni, 30 minuti appena. Never Heard Of Him, Believe Me Never, Hung On A Bad Peg sono solo alcune delle spensierate nenie poppy che il gruppo fa scoppiettare nella propria pentola rendendole popcorn zuccherini che mandano in sollucchero. Answer The Phone Dummy (Sub Pop, 1994) suona forse anche meglio del precedente. On The Wall è semplice e complessa al contempo, è marziale e cantabile, è spensierata e accigliata senza darsene il minimo pensiero. Sing-along tipico dei Fastbacks questo, chitarre metalliche e voci femminili a rincorrersi nel più scipito girotondo dei ritornelli trovati. Perfetta popsong! Fra alti e bassi inevitabili la carriera dei Fastbacks prosegue fino alle soglie degli Anni 2000. New Mansions In Sound (Sub Pop, 1996... deludente), Win Lose Or Both (PopLlama, 1998) e The Day That Didn’t Exist (Spinart, 1999) le tappe di avvicinamento alla nuova decade. Lulu pone fine alla band e Truth, Corrosion And Sour Bisquits, che esce nel 2004, è il giusto epitaffio per il terzetto. Una raccolta di unreleased song dal tiro micidiale. Se ancora ha un senso per voi l’etichetta “powerpop”, è qui che dovrete essere di casa. Abbandonatevi ai Fastbacks e al loro lirismo (pre)adolescenziale. Senza riserve. Massimo Padalino sentireascoltare 95 Classic Lost Grunge Heroes l a s e ra d e l l a p r i m a Kubrick/Lynch in mostra Le strategie della farfalla di Giuseppe Zucco Il cinema in mostra diventa una farfalla immobilizzata. Trarne ogni sfumatura è possibile, ma senza l’energia che lo spinge verso direzioni e linee di fuga. 96 sentireascoltare Se ti senti coinvolto dal cinema - e di film non ne perdi uno, e conosci la filmografia di migliaia di registi, e sei in grado di recitare intere battute da copione, e discutere di un singolo fotogramma di un lontano film coreano, come se dalla sua descrizione risultasse evidente la bellezza e il destino dell’umanità intera - in pochi mesi accade l’imprevedibile. Una dopo l’altra, vengono varate notevoli mostre su i grandi nomi della storia del cinema. Non trovi neanche il tempo di impreziosirne una con la tua presenza, che già la prossima ha dichiarat o l a d a t a d i a p e r t u r a . I n c o n v e n z i o n a l e o r d i n e c r o n o l o g i c o , s b u c a n o d a l n u l l a e o c c u p a n o t v, g i o r n a l i e s p a z i p u b b l i c i t a r i q u e l l e s u C h a r l i e C h a p l i n , S t a n l e y K u b r i c k e D a v i d Ly n c h . C o s ì i l m a r k e t i n g d e i m u s e i t i l a v o r a b e n e e t i l o g o r a a p u n t i n o . Ta n t o p i ù c h e l e m o s t r e s o n o c o n f i n a t e o g n u n a i n c i t t à d i v e r s e , e c i v u o l e t e m p o e premeditazione per visitarle e digerirle tutte. In fondo, era inevitabile. Nei musei non entra più solo l’arte, per dirla in maniera ottocentesca. Le ultime collezioni e le temporanee – da distinguere accuratamente dalle permanenti, e immaginarle itineranti per il globo intero, mentre numerose schiere di pubblici di nazionalità distanti forgiano il loro gusto e la loro visione delle cose su immagini che continuano a fare il loro corso, e si sono già impresse su milioni di retine diverse, e provvedono, come un qualsiasi format televisivo, a dare al significato della parola globalizzazione un che di tangibile e di poco consolatorio – riguardano la vita quotidiana, l’immaginario collettivo, tutto ciò che attraversa i nostri schemi percettivi e in un modo o nell’altro ci trasforma, ci cambia, ci disciplina, ci dà modo di riflettere su noi stessi e sulla nostra storia. S i a m o s t a t i t e s t i m o n i d i f o r t u n a t i s s i m e m o s t r e s u l D e s i g n e s u l l a S t o r i a d e l l a Te l e v i s i o n e , s u l C i b o e s u l l a M o d a , e d o r a è l a v o l t a d e l C i n e m a . E l a c o s a i n s o s p e t t i s c e . Tu t t e q u e s t e m o s t r e i m m e s s e c o n r a p i d a s u c c e s s i o n e s u l mercato dell’intrattenimento di massa danno l’impressione di un debito che il Sistema Culturale Italiano doveva necessariamente saldare. Come se ci fosse da pareggiare i conti proprio con il cinema, da sempre definito settima arte, eppure trattato da sfigato in mezzo al grande parterre dell’arte con la a maiuscola – pittura, scultura, teatro, fotografia, musica, letteratura, che tra l’altro il cinema sembra riassumere in sé, in maniera totale e centrifuga. Ma, a pensarci bene, il problema non è confinato tutto lì, in un ritardo culturale. La questione rivela la difficoltà a trattare e manipolare il cinema fuori dai centri di produzione e dalle sale di proiezione. Del resto, se lasci galleggiare sopra qualsiasi definizione il celebre refrain “che cos’è il cinema?”, ti viene in mente una risposta, neanche così banale: immagini in movimento. Ed esiste anche un’unita di misura. Il cinema è la verità ventiquattro volte al secondo, diceva romantico Jean-Luc Godard. Uno scatenato vorticare di fotogrammi inseguiti dalla luce. Impressionati e scolpiti dalla luce. N o n è d i ff i c i l e , a l l o r a , s c o p r i r e c o s a d i v e n t a i l c i n e m a a d u n a m o s t r a : e s p a n s o d e n t r o i c o n f i n i d i u n m u s e o , inchiodato un fotogramma per volta alle pareti, esposto con tanto di targhetta e didascalia in basso, disintossicato dal suono, ripulito dai raccordi che legano e stringono le immagini, il cinema è una farfalla trafitta e immobilizzata dagli spilloni. Certo, puoi guardarla meglio, passarla ai raggi x, leggerne ogni sfumatura, conquistarne i dettagli e riporla con precisione nella memoria, ma non c’è modo di ridargli vita e infondergli quell’energia, quello scatto, quella testardaggine che la spingeva lungo traiettorie, direzioni e linee di fuga. Perdi il cinema nello stesso momento in cui credi di averlo più vicino. Senza alcuna velocità, ritorna alle origini. Le immagini ci eccedono e ci sorpassano, ma si sono trasformate in pose, in fotografie, in farfalle sequestrate dagli spilloni. A meno che, strategie segrete, non le riportano in vita, almeno per qualche istante. 2.Tut t o Kubric k , nie nt’altro c h e L o l i ta L a g r a n d e r e t r o s p e t t i v a s u S t a n l e y K u b r i c k è a R o m a , a l P a l a z z o d e l l e E s p o s i z i o n i . Tr a i l 6 o t t o b r e 2 0 0 7 e i l 6 gennaio 2008, puoi andarci quando vuoi, tranne il lunedì che è chiuso, ma io ci arrivo sul finire di ottobre. Si s o n o a p p e n a a c c e s e l e l u c i s u l l a s t r a d a e i l t r a ff i c o s c o r r e l e n t a m e n t e . P i o v e . P e r c o r r o l a s c a l i n a t a , d u e g r a d i ni per volta, e sono all’ingresso. Due ragazzi, in completo nero, giacca e cravatta, il gel tra i capelli per aria, danno il benvenuto e distribuiscono lunghi tubi di plastica bianca su cui spiccano i caratteri rossi del nome del museo. Sembrano dei condom, quei tubi. Ci infili dentro il tuo ombrello ed eviti la contaminazione. Infine, entro. Sono esattamente in mezzo alla descrizione del depliant: il Palazzo delle Esposizioni è enorme se non magniloquente, esteso per oltre 10000 mq, articolato su tre livelli, ogni livello con la capacità di ospitare mostre ed eventi culturali. Per salire da Kubrick, passo in mezzo all’esposizione dei quadri di Mark Rothko, ed è tutto un levitare di colori e dimensioni, di tele pulsanti orizzonti ed oscurità. Mi prometto di ritornarne al più presto. Poi prendo le scale e sono in mezzo al cinema. Dopo la prima rampa, compaiono piccoli schermi, impilati l’uno sull’altro stile tetris, attraversati da alcune celebri sequenze dei film di Kubrick - come se un puzzle elettronico, appena all’ingresso, facesse i conti con te, e ti sfidasse a riconoscere attori e titoli dei film. Salgo ancora e la mostra si apre nella luce bianca dei neon. Le pareti sono sature di fotografie, e nel loro bianco e nero mettono subito in chiaro il debutto di Stanley Kubrick, i reportage degli anni ’40 per la rivista Look, e le pellicole degli esordi, da Day Of The Fight fino alla vera opera prima, Fear And Desire - un film allegorico sulla guerra che il regista ripudierà e non vorrà più vedere. Nelle foto, Kubrick appare giovane ed elegante, sempre in giacca e cravatta, senza quella barba che nella vecchiaia diventerà parte integrante della sua icona. In mezzo alle foto, ogni tanto appaiono le pagine delle prime sentireascoltare 97 l a s e ra d e l l a p r i m a 1.C inem a , farfalle e spilloni l a s e ra d e l l a p r i m a sceneggiature, o sceneggiature intere tenute sotto vetro, dove ai lati delle pagine, o in mezzo alla battute, risaltano gli appunti a matita e le correzioni. Segui le evoluzioni della grafia con commozione, pensando al giorno in cui le stese, all’ispirazione ed ai dubbi che continuavano a ronzargli in testa fino al momento del ciak. C’è una miniera di fotografie curiose, tra cui quella in bianco e nero, scattata durante la sessione di riprese di Rapina a mano armata, dove Kubrick gioca a scacchi con il lottatore russo – e del resto, gli scacchi erano una cosa seria per lui, ed i suoi film non potrebbero essere altro che tante mosse ordinate, premeditate, studiate al dettaglio, per dichiarare scacco matto allo spettatore e agli studiosi che da tempo s’interrogano sulla bellezza e la densità della sue opere. Mentre avanzi lungo sale e corridoi, percorri la storia cinematografica di Stanley Kubrick. E senza alcuna fatica percepisci intorno l’intensità di quella storia, che si accumula, si ammassa, si stratifica, si fa ogni volta più ricc a d i t e s t i m o n i a n z e e r e p e r t i c h e a ff i o r a n o d o v u n q u e . E n t r i n e l l a s a l a d e d i c a t a a 2 0 0 1 : O d i s s e a n e l l o s p a z i o e trovi le tute da astronauta e i costumi degli scimmioni, le immagini dei fondali stile gran canyon ed il modellino in gomma rosa del feto astrale. Percorri i metri che ospitano Arancia Meccanica e ti muovi tra il tavolino del K o r o v a M i l k B a r e i c o s t u m i b i a n c h i e m i n i m a l i s t i d i A l e x , i l t u t t o c o n l a b e n e d i z i o n e d i L u d o v i c o Va n c h e s ’ i n f i l a a c i d o t r a l e o r e c c h i e . Vi s i t i l o s p a z i o d i B a r r y L y n d o n e s u b i t o t i g i r i t r a i c o s t u m i d a O s c a r e g l i o b i e t t i v i c o n lente Zeiss, prodotti dalla NASA, che permisero al regista di girare a lume di candela. Cammini nel recinto di Shining e avvisti la riproduzione in scala del giardino-labirinto e un metro quadro di moquette su cui sfrecciava i n s e l l a a l t r i c i c l o D a n n y. I n s o m m a , c r e s c e i n t e l ’ i d e a d i e s s e r e i n m e z z o a g l i o g g e t t i c h e K u b r i c k u s ò , v a l u t ò , filmò. E non ti trattieni dall’immaginare le scene, in mezzo a tutti quegli oggetti, con le fotografie davanti, come se le sequenze dei film girassero nella tua testa e la pellicola scorresse senza sosta. Guardi le ali della farfalla muoversi nonostante la trappola degli spilloni. E il cinema che scaturisce dagli oggetti e si ricompone nella tua memoria, ha le forme dell’amore e le venature di una perversione: il feticismo. Capita che quando si ama qualcosa/qualcuno, una parte sostituisca il tutto, una tessera condensi il mosaico. E basta la visione di quel frammento, per quanto piccolo, per quanto limitato e circoscritto, per risuscitare nella sua interezza l’oggetto amato. Forse non esiste amore senza una dose minima di feticismo. In fondo, Kubrick apre Lolita - una delle più grandi e controverse storie d’amore di tutti i tempi - in modo spudoratamente feticista. Prima il vuoto, appena un drappo sullo sfondo, poi quel piede nudo, in primo piano, e una mano che lo sorregge e ne vernicia le unghie, mentre i titoli scorrono sopra, bianchi ed eleganti, come il cotone infilato tra le dita, con cura, per sottrarre lo smalto alla pelle. È uno sguardo insistito sul piede di Dolores che anticipa e dichiara la presenza di Lolita. Lo stesso tipo di sguardo con cui lo spettatore scardina la staticità della mostra per lasciare fluttuare la visione di movimenti, immagini e sequenze. Così, lo spettatore compie il miracolo. È l’amore per l’opera cinematografica di Stanley Kubrick, la potenza del desiderio applicato al suo cinema, a rendere inutili gli spilloni e liberare le farfalle dalla gabbia delle cornici. 3 . Lynch e la r is e rva di fa rfa lle P e r D a v i d Ly n c h s f i d i i l f r e d d o e p e r c o r r i M i l a n o d a u n c a p o a l l ’ a l t r o f i n o a L a Tr i e n n a l e . E p o t r e s t i a n d a r c i u n giorno qualsiasi tra il 9 ottobre 2007 e il 13 gennaio 2008, ma metà novembre va più che bene, soprattutto di sabato. C’è una notevole circolazione di persone, e insospettabilmente sembra che tutti si precipitino tra gli inc u b i e i l d e l i r i o d i T h e A i r I s O n F i r e , l a m o s t r a a l l e s t i t a d a Ly n c h i n p e r s o n a . N o n c r e d e v i c h e i l r e g i s t a a v e s s e tanto credito, ma dopotutto è famoso e citatissimo, e magari è solo un’impressione, la tua – del resto, il cinema è una parte pulsante dell’immaginario collettivo e la gente sarà attratta da quello soprattutto: vedere e capire, o almeno sperare di capire, cosa si nasconde nella testa di uno dei più geniali e inquietanti e complessi registi d i t u t t i i t e m p i . U n o d e i p o c h i c h e q u a n d o s i f a b u i o i n s a l a e p a r t e i l f i l m , s e m b r a c o s ì p a r t i c o l a r m e n t e a ff a s c i nato dal tuo stato emotivo, che seduce, e poi dilata, e spinge ai confini estremi della tensione e del desiderio, come se avessimo i componenti di un’orchestra dentro, che lui dirige e indirizza nelle profondità, nell’oscura percezione di se stessi. È infatti la psicoanalisi del cinema, sulla scorta degli studi di Jacques Lacan, ha ripetutamente scandagliato le stive dei suoi film per capire la forza e la precisione con cui trascina a galla il Reale, l a p a r t e p i ù i n c o n f e s s a b i l e d i n o i , c i ò c h e n o n s i p u ò e n o n s i d e v e d i r e , e c h e d i t a n t o i n t a n t o a ff i o r a g r a z i e a d u n ’ e s t r e m a r a ff i n a z i o n e d e l l i n g u a g g i o - d e l S i m b o l i c o s p e c i f i c h e r e b b e L a c a n - e s s e n d o l ’ i n c o n s c i o s t e s s o strutturato come un linguaggio. Ma non è esattamente così. Il viavai di gente, almeno la stragrande maggioranza della ressa, non è lì per quello. Lo capisci pochi istanti prima entrare. Ci sono colossali camion blu, fuori - e dentro tutta una confusione d i t e c n i c i c o n l e c u ff i e , c a v i , s p o t , d o l l y, c a m e r a m a n c o n o c c h i a l i e t a t u a g g i i n v i s t a , e t e l e c a m e r e p r e d i s p o s t e a l l ’ u s o . R i p r e n d e r a n n o u n a p u n t a t a d i S t r i s c i a l a n o t i z i a , l ì a L a Tr i e n n a l e , p e r f e s t e g g i a r n e i v e n t ’ a n n i . C ’ è i n vendita un catalogo con la storia del programma e la gente verrà fatta accomodare sulla gradinata, per una volta testimone e complice della televisione, come nelle migliori occasioni. E quello che pensi è che la tivù di oggi è come il cinema di ieri, quello degli anni ’60 e ‘70, in cui la gente faceva la coda per farsi scritturare come comparsa nei kolossal. Solo che allora ti capitava di recitare un ruolo, di entrare nei panni di un personaggio, mentre oggi soltanto per il fatto di apparire in video sei già un perso- 98 sentireascoltare LE MOSTRE Stanley Kubrick D a v i d Ly n c h – T h e Palazzo delle Esposizioni, Roma Air Is On Fire 6 ottobre 2007 - 6 gennaio 2008 Triennale, Milano A cura di Hans – Peter Reichmann Domenica, martedì, mercoledì e giovedi: dalle 10.00 alle 20.00 Venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30 Lunedì: chiuso 9 ottobre 2007 – 13 gennaio 2008 A cura di Hervé Chandes con Hélène Kelmachter e Ilana Shamoon Orario: 10.30-20.30, Lunedì: chiuso sentireascoltare 99 l a s e ra d e l l a p r i m a naggio, e la parte che reciterai sarà la stessa che metti in scena tutti i giorni nella vita quotidiana. Non c’è più scarto tra il mondo dello spettacolo è quello della gente comune. Accendere la tivù oggi è come aprire la porta di un’altra stanza di casa tua. E il volume delle prove è alle stelle. Quando paghi il biglietto c’è quella musica nell’aria, del tutto natalizia, c o n a c c e n n i d i s w i n g . Vo r r e s t i c h e f i n i s s e q u a n d o e n t r i n e l l a m o s t r a , m a d o p o t u t t o Ly n c h s a r e b b e c o n t e n t o . I l contrasto tra il mondo patinato e vagamente felice della televisione e l’oscurità perversa del suo cinema riev o c a l ’ a t m o s f e r a d i Ve l l u t o b l u . G r a t t a l a p a t i n a e s o t t o s c o p r i r a i i v e r m i . M a n o n è c i n e m a , q u e l l o c h e g u a r d i . Entri e trovi una serie di quadri, ognuno inserito tra i drappi di un sipario, che ricordi in Eraserhead, in Fuoco cammina con me, o nella sequenza di Mulholland Drive, celebre per il no hay banda, la battuta più nota dei f i l m d i Ly n c h . E d è u n c o n f i n e , q u e l s i p a r i o . L o s u p e r i , e a b b a n d o n i l a r e a l t à p e r i l s o g n o o g l i i n c u b i . E i q u a d r i e i disegni sono popolati da case in fiamme, fabbriche volanti, nuvole nerissime, occhi che ti scrutano. Il clima è c u p o . L’ i n v e r n o t i r i n c o r r e c o m e u n ’ o m b r a . E s o n o c a r i c h i d i l e t t e r e , q u e i q u a d r i . D i f r a s i d i p i n t e i n c a r a t t e r i neri e tremolanti che incombono, che gravitano, che rimangono sospesi come il loro significato. La pioggia immobile dell’alfabeto. N o n a v e s s e f a t t o i l r e g i s t a , Ly n c h s a r e b b e c o m u n q u e e s p l o s o c o m e a r t i s t a . I m u s e i e l e c a s e d ’ a s t a a v r e b b e r o f a t t o c a r t e f a l s e p e r a v e r l o . C o n l a p l a s t i c a b r u c i a t a e i l c o l l a g e d i m a t e r i a l i , D a v i d Ly n c h p r o s e g u e e r a d i c a lizza le intuizioni di Lucio Fontana e Alberto Burri, senza cadere mai nella pura astrazione, ma continuando a inscrivere negli spazi, con alcuni tocchi e figure che ricorrono, storie minime, piccolissime, del tutto surreali, quasi fossero frammenti dei suoi film - come quelli presenti in Inland Empire, con conigli in vestaglia che rispondono al telefono. E i s u o i q u a d r i m i g l i o r i s o n o q u e l l i g i g a n t i , c o n s f o n d i i n s a l s a E d w a r d H o p p e r, s u l l a c u i s u p e r f i c i e v i v o n o i personaggi composti di un materiale che sembra sempre sul punto sciogliersi, come se un incendio segreto li c o n s u m a s s e d a d e n t r o . Ta n t o c h e s e m b r i a m o n o i d i f r o n t e a i s u o i f i l m : i n s t a t o d i a l l e r t a , f u o r i d a o g n i c o n t r o l l o , in preda al panico, rassegnati a non capire fino in fondo, persi nella traiettoria impazzita della narrazione, che continua e t’inchioda sul posto. E la cosa interessante è che passi in rassegna le foto, i cartoon, i cortometraggi, la serie di disegni tracciati su scatole di cerini, bigliettini di hotel, tovaglioli da bar – architetture spaziali che lasciano intravedere i labirinti e le scatole cinesi dei suoi capolavori – e non puoi far altro che avvertire le farfalle intorno. Non è cinema, quello che osservi. Ma qualcosa che viene prima del cinema, o dopo, o durante: una fantasia potente e squilibrata, apparentemente senza logica, che ti porta lì dove nascono le farfalle, tra gli incubi ed i s o g n i , c o n l a s e n s a z i o n e c h e t u t t o s a r e b b e s t a t o p e r s o s e q u e l g i o r n o D a v i d Ly n c h n o n l ’ a v e s s e d i s e g n a t a s u carta, trattenuta sulla tela, inquadrata nei fotogrammi. l a s e ra d e l l a p r i m a VISIONI Giorni e nuvole (di Silvio Soldini – Italia, 2007) L’I t alia del m o n d o d e l l a v o r o e d e l l a f l e s s i b i l i t à , d e l l a p e r d i t a d e l l a v o r o i n t o r n o a q u ar a n t ’ a n n i e d e l l a d r a m m a t i c a r i c e r c a d i u n a n u o v a o c c u p a z i o ne, i n s i e m e a l l a r i c o n s i d e r a z i o n e d e l p r o p r i o r u o l o s o c i a l e e d e s i s t e n z i a l e : su ques t a s pas m o d i c a q u e s t r u o t a i l n u o v o f i l m d i S i l v i o S o l d i n i . D o p o l a ( a p par ent e?) d e v i a z i o n e l e g g e r a d i P a n e e t u l i p a n i e d A g a t a e l a t e mp e s t a , il r egis t a t o r n a a l l e s u e r i f l e s s i o n i s u l p r i v a t o e s u i s e n t i m e n t i . Els a e M ic h e l e s o n o u n a c o p p i a b e n e s t a n t e l a c u i v i t a v i e n e i m p r o vvi s am ent e t r a v o l t a d a u n e v e n t o ( i l r i t r o v a r s i s e n z a l a v o r o d a p a r t e d i l u i ) c h e c a m b i e r à d r a m m a t i c a m e n t e l e l o r o v i t e e i n s i e m e l a p e r c e z i o n e d ella r ealt à. Cos tr e t t i a r i v e d e r e l e l o r o p r i o r i t à e q u i n d i a c o n f r o n t a r s i c o n u n a r ealt à s oc ia l e t u t t ’ a l t r o c h e r o s e a , p a s s a n o a t t r a v e r s o u n a s e r i e d i d i savventure lavorative e non solo, che si connoteranno in modo diverso a s e c o n d a d i c o m e o g n u n o d e i d u e a ff r o n t a l a r e a l t à . Ad un pr im o p e r i o d o i n c u i M i c h e l e c e r c a d i d a r s i d a f a r e , s e g u i r à u n a s u a i n e v i t a b i l e f r u s t r a z i o n e , m i s t a a s e n s o d i s c o n f i t t a e d u m i l i a z i o n e , i n s i eme alla r ic ons id e r a z i o n e d e l p r o p r i o r u o l o . C h i n o n l a v o r a n o n p r o d u c e e d è inv is ibile. S c o m p a r e d a l l a s o c i e t à . A l c o n t r a r i o , E l s a s a r à l a c o n t r o p ar te at t iv a, la f o r z a m o t r i c e c h e p e r m e t t e r à a l l a f i n e d i s a l v a r e a n c h e i l r a p por t o di c op p i a c h e s i s t a v a d e t e r i o r a n d o , q u a n d o c i s i r e n d e r à c o n t o c he , nonosta nte le d isa v v ent ur e t oc c at e lor o in s or t e, è l ’ a m o r e p r o f o n d o c h e l i l e g a c h e l i t e r r à u n i t i e s a l v e r à l e loro esistenze dando u n s e n s o a t u t t o , p i u t t o s t o c h e i l l a v o r o o i l p r e s t i g i o s o c i o c u l t u r a l e . I l r i t r o v a r e s e s t essi profo nd ame nte qu indi. F ilm in cui Sold ini gioc a abilm ent e in s ot t r az ione, c a l a n d o s i i n u n a g o n e d i ff i c i l e d a c u i e s c e b e n e , e v i t a n d o u n o sterile affre sco so cia le in f av or e di un int im is m o in c u i l a d i s p e r a z i o n e e i l d o l o r e s o n o m a n m a n o i n t e r i o r i z z a t i , e diventa no pe rciò un a s c elt a es t et ic a. Calat a la pel l i c o l a i n u n a c i t t à c o m e G e n o v a , p r e s e n t i s s i m a e l i v i d a , g r a zi e all’ot tima foto gra fia, il r egis t a dec ide di s eguir e s tr e t t a m e n t e i p e r s o n a g g i s p e s s o c o n c a m e r a a m a n o e p i a n o s e quenze , cre an do un a im m er s ione t ot ale nello s paz i o . E u n a g e o g r a f i a c h e d i v i e n e p e r c i ò i n t i m a n e l l a c o m p e n e trazione uomo/ambie n t e . I l l a v o r o d i q u e s t o t i p o s u g l i a t t o r i è s t a t o p o s s i b i l e , v a d a s é , g r a z i e a u n c a s t d u t t ile, che ve de n ei du e pr ot agonis t i ( Ant oni o Al banese e M a rg h e ri t a B u y ) i l p e r n o c e n t r a l e , a t t o r n o a i q u a l i r u o t ano armon ica men te g li alt r i ( G ius eppe Bat t is t on, Car la S i g n o r i s , C a t e r i n a R o h r w a c h e r … ) . Il senso d el te mpo è r es o lent am ent e, c om e uno s c o r r e r e d i p a e s a g g i e s t e r n i p i u t t o s t o i m m o b i l i , c o m e i l m a r e , il porto, le nuvole, g l i a ff r e s c h i ( E l s a è u n a r e s t a u r a t r i c e ) s i m b o l o d e l l a c o n d i z i o n e “ s t a g n a n t e ” i n c u i s i v i e n e a trovare la co pp ia, fin o alla s v olt a f inale in c ui r ipa r t o n o u n i t i m a c r e s c i u t i i n c o n s a p e v o l e z z a . Film intimo e prezio s o , c o n f e r m a , s e m a i c e n e f o s s e b i s o g n o , S o l d i n i c o m e r e g i s t a a t t e n t o a i s o t t i l i m o v i m enti interiori d el n ostro a nim o e os s er v at or e at t ent o e p a r t e c i p e d e l l a r e a l t à s o c i a l e c o n t e m p o r a n e a . Te r e s a G r e c o 100 sentireascoltare l a s e ra d e l l a p r i m a T i d e l a n d ( d i Te r r y G i l l i a m – C a n a d a / U K , 2 0 0 5 ) So lo il te mpo s apr à dir e s e Ter r y G illiam è u n a u t o r e s o t t o v a l u t a t o o u n a uto re so pra v v alut at o. Par ados s alm ent e al m o m e n t o s e m b r a v i c i n o a d e s sere entramb e l e c o s e . S o t t o v a l u t a t o d a u n p e n s i e r o c i n e m a t o g r a f i c o d i superficie che g r a d i s c e s e m p r e m e n o s c o s s o n i , r u v i d e z z e e i n q u i e t u d i n i che no n sian o m eno c he c hic o all’ult im o gr i d o ( i n t u t t i i s e n s i ) . Vi c e v e r s a , sopravvalutat o Te r r y l o è d i s i c u r o d a l l ’ a c c o l i t a d i e n t u s i a s t i c i n e p h i l e s , d isp osti costant em ent e a pas s ar e s u ques ti e q u e i d i f e t t i , p u r d i r a d d r i z zare il torto st o r i c o c h e i n v e s t e l a r e p u t a z i o n e d e l l ’ a u t o r e m a l t r a t t a t o d a g l i Stu dio s. Gillia m è in alt r e par ole un aut or e s e m p r e p i ù v i c i n o a l l a c a t e g o ria d ei Carp ent er e dei Cim ino. Deliz ios am e n t e r é t r o e f u o r i m o d a . F u o r i te mpo ce rtam ent e. Tide land arriv a i n 4 s a l e t t e i n t u t t a I t a l i a , c o n u n r i t a r d o d i d u e a n n i e u n a nomea di film d i ff i c i l e . I n a l t r i t e m p i s a r e b b e s t a t o u n p e r f e t t o “ M i d n i g h t Mo vie ”. Un “A lic e in Wonder land m eet s P s y c h o ” e a n c h e u n p o ’ Te x a s Chainsa w Ma ssacr e. O r r or e e deliz ia neg l i o c c h i o n i d a m a n g a d i J e l i z a Ro se u na Jod elle Fer land di br av ur a ec c e l s a . I b a m b i n i c i g u a r d a n o d i ceva De Sica e la quint es s enz a dell’ult im o G i l l i a m s t a t u t t a n e l l a g i o v a n e lo lita che gu ar da il m ondo e t r aduc e le br u t t u r e i n f a n t a s i o s e m e r a v i g l i e . Gillia m gio ca allor a a ins c enar le int or no u n l u n g o l u n a p a r k d e g l i o r r o r i . Un andirivien i c o s t a n t e t r a i n t e r n i c u p i e l u r i d i e s p a z i d i l a t i d i g r a n o t u r c o n o n m e n o c l a u s t r o f o b i c i . U n southern gothic che si a l i m e n t a q u i e l ì d e l l e s o l i t e s t r i z z a t i n e d ’ o c c h i o d i m a r c a s u r r e a l i s t a e f a n t a s y c o m e l e i nquietanti te sto line di b am bola c he la pic c ola Ros e an i m a s u l l e p r o p r i e d i t a , p r o p r i o c o m e i l D a n n y d i S h i n i n g s i m e tte va i n con tatto con i l s uo am ic het t o im m aginar io To n y. N o n m a n c a n o i s o l i t i s t r a m b i p e r s o n a g g i a i c o n f i n i d e l l a r e a l tà i n u na uma nità f r eak f at t a di v edov e dar k , giu l l a r i d o w n e u o m i n i i m b a l s a m a t i ( u n a p e r f o r m a n c e d a O s c a r p e r J e f f Br idge s, n on c ’è c he dir e… ) . Cinematograf i c a m e n t e G i l l i a m v a a l l a r i c e r c a d i t e m p i l u n g h i e s p a z i d i l a t a t i , l ’ o n i r i s m o c o r t e g g i a t o a p iù riprese si trad uce in un’unic a bolla di s apone c he i m p r i g i o n a l a n o s t r a p r o t a g o n i s t a , c o m e c e r t i g r a n d a n g o l i co sì sto r ti che n emme no in Ar anci a M eccani ca. M a i l d i f e t t o d i G i l l i a m n o n è n e l l a c o n f e z i o n e d o v e e c c e l l e c o m e sempre, ma n el su o tir ar la m ano poc o pr im a c he qu e s t a s i b r u c i . I n a l t r e p a r o l e G i l l i a m m o s t r a d i n o n a v e r e n é i l g u sto p er l’o rrore pu r o di Philip Ridley ( il c ui Ref l e c t i n g S k i n è c e r t a m e n t e u n r e f e r e n t e d i r e t t o d e l f i l m ) , n é t a n to m e n o l’a lch imia de l m er av iglios o di Vic t or Er ic e ( E l E s p i ri t u d e l a C o l me n a ) . C i ò n o n t o g l i e c h e Ti d e l a n d si a u n fi l m profondament e p e r s o n a l e n e l s u o e s s e r e c o s ì s e n z a m i s u r a , s e n z a b a r i c e n t r o , d i f e t t a t o e d i f e t t o s o , c o l locandosi id ea lmen te pi ù v ic ino a Paur a e del i r i o a La s Ve g a s c h e n o n a M u n c h a u s e n o B ra z i l . U n f i l m c h e d à c er ta m e n te cibo agli occh i e a l l a m e n t e e c h e c r e s c e r à s i l e n z i o s o n e g l i a n n i , t r o v a n d o i l s u o p u b b l i c o d i a ff e z i o n a t i . Gli stessi cinephiles di c u i s o p r a , p r o b a b i l m e n t e . Antonello Comunale sentireascoltare 101 Arnold Schoenberg E PIERROT MISE IN SCACCO LA STORIA di Daniele Follero C ’è c hi lo od ia p er le s ue pos iz ioni polit ic he ( er a u n m o n a r c h i c o p i u t t o s t o c o n v i n t o ) , c h i l o d e f i n i s c e un incon testab ile g enio e qualc uno c he, inv ec e, pr o v a a s m i n u i r e l a p o r t a t a d e l l a s u a o p e r a , g i u d i c a n d o l o un rivoluzionario fal l i t o , t r a s f o r m a t o s i p r e s t o i n r e a z i o n a r i o i n c o n s a p e v o l e . N e l b e n e e n e l m a l e , i l c o m p o s i t o re viennese Arn old Sch oenber g è s t at o il padr e dell’a v a n g u a r d i a e u r o p e a d e l N o v e c e n t o . i c o s i d d e t t i c o n t e m p o ra n e i a cura di Daniele Follero “C he sia d efin ito co ns er v at or e o r ivoluz ion ario , ch e com ponga in m aniera pro gre ssista o c onv enz ionale, che provi ad imit a r e v e c c h i s t i l i o sia destinato ad e s p r i m e r e n u o v e idee, og nu no de ve es s er e c onv into dell’infallibilità de l l a s u a p r o p r i a fanta sia e deve cred e r e a l l a p r o p r i a ispirazion e.” (Arn old Sc hoenber g) Comunque si vedan o l e c o s e , c h e piaccia o no, quan d o s i p a r l a d i avanguardie storich e , d i m u s i c a del secolo “breve”, d i n a s c i t a d e l l a contemporaneità, il n o m e d i A r n o l d Schoenberg si impo n e o v u n q u e . È stat o lui a trag he tt ar e la m us ic a dal Romanticismo, a n c o r a c a r i c o d i ideolog ia, a lla d issoluz ione di t ut te le certezze, prelu d i o a l l ’ e p o c a d i distruzion e d ella vita r appr es ent ato dalle d ue g ue rre m ondiali. Una di queste certezze, m u s i c a l m e n t e parland o, era ra pp res ent at a dal si stem a tona le, un p u n t o f e r m o n e l linguaggio musicale d a o r m a i 1 5 0 anni, qu el siste ma d i r egole c ons olidate che accomun a v a , a n c o r a a l principio del nuovo s e c o l o , A n t o n i o Vivaldi e, con le d ov ut e t r as f or m azioni te mpo rali, Gu s t av M ahler. Ebbene, è proprio Schoenberg, autodidatta e figlio di un modesto commerciante ebreo, a prendersi la responsabilità di un crollo, probabilmente inevitabile, delle sicurezze di un passato ormai vuoto di contenuti. Il musicista austriaco incarna una sorta di Messia sceso sulla terra per liberare gli uomini da un modo di concepire la musica che, già con Wagner, aveva manifestato tutta la sua inappropriatezza ad esprimere le ansie di un mondo che stava radi- 102 sentireascoltare calmente cambiando. Ma sarà anche colui che tornerà sui suoi passi, provando a rimettere in piedi tutto ciò che aveva distrutto, quasi come se si fosse pentito (non certo consapevolmente) di aver esagerato nel suo radicalismo. Ma il corso degli eventi è inarrestabile e il processo di avanzamento della nuova musica, a partire proprio dai più diretti discepoli del Maestro, Alban Berg e Anton Webern, non potrà più arrestarsi. Schoenberg, nato a Vienna nel 1874, in piena epoca tardo-romantica, non amò mai Wagner, ma è proprio da lui che prese le mosse, da quella “melodia infinita” che evitava le cadenze, facendo in modo che i motivi melodici potessero incastrarsi gli uni negli altri, senza interruzioni. Le prime opere del compositore viennese sono, infatti, pregne di quello spirito tardo-romantico già divenuto classico all’inizio del secolo. Paradossalmente, l’esordio (con la prima esecuzione del Quartetto in Re Maggiore e dei due Lieder op.1) riscosse un consenso di pubblico al quale molto presto il compositore dovrà disabituarsi. I primi fischi non tardano ad arrivare: la sua Verklaerte Nacht, poema sinfonico ispirato ad una poesia di Richard Dehmel e i Gurrelieder di Jens Peter Jacobsen (che tanto piacquero a Mahler), Pelleas Und Melisande e i Tre pezzi per pianoforte op.11, tutte opere scritte tra il 1900 e il 1909, rappresentano quattro tappe fondamentali di quel processo di dissoluzione della tonalità, che, per il suo carattere irriverentemente innovativo, attirarono non pochi dissensi, sia tra il pubblico che tra i critici. E s p r e s s i o n i s m o e a to n a l i tà : i n u n a p a r o l a , Pierrot Lunaire La sua musica comincia ad acquisire quelle caratteristiche che saranno alla radice dell’Espressionismo: attenzione alle sensazioni ispirate da un testo a discapito del rigore formale, la riduzione ai minimi termini dei mezzi espressivi, il cromatismo portato alle estreme conseguenze con il progressivo appiattimento del rapporto di contrasto tra consonanza e dissonanza e l’ambientazione sonora oscura e oppressiva, caratteristiche che rappresentano la chiave di volta che aprì le porte della musica all’avanguardia artistica. L’amicizia con il pittore Vasilij Kandinskij ha avuto un ruolo fondamentale, non solo per lo Schoenberg pittore, ma anche per il musicista che, a partire dagli anni 10 cominciò a comporre con quel sistema sonoro di riferimento che verrà definito atonalità (e che, al contrario, lui preferiva chiamare “pantonalità”) perché totalmente privo di riferimenti tonali e nel quale sparisce ogni gerarchia tra le note, sia in senso orizzontale (melodico) che verticale (armonico). Nei capolavori di questo periodo, l’opera teatrale Die Glückliche Hand, il “monodramma” per soprano e orchestra Erwartung (1909) e, soprattutto, il Pierrot Lunaire (“melodramma” per voce e otto strumenti del 1912), vero e proprio manifesto dell’espressionismo musicale, la musica si rapporta solo al testo, come una sorta di commento, di descrizione delle parole non più a partire dal loro senso, bensì dalle emozioni che scaturiscono da questo. i c o s i d d e t t i c o n t e m p o ra n e i La composizione schöenberghiana più conosciuta in assoluto è costruita su 21 poesie del simbolista A. Giraud nella traduzione dalle atmosfere decisamente più crepuscolari di O.E. Hartleben. Alla sospensione atonale derivata dalle parti strumentali si aggiunge qui un ulteriore effetto di spaesamento dovuto alla tecnica dello “sprechgesang” (letteralmente “canto parlato”) che utilizza il soprano. Si tratta di una nuova tecnica vocale mediante la quale il cantante non si ferma mai su una nota, utilizzando ampi e continui glissando che imitano il parlato. Il risultato è un misto di recitazione e canto lirico spiazzante e onirico. La dodecafonia: passo decisivo verso la nuova m usica o rigurgito c onser vat or e? Il problema che si pone, a questo punto, è di ordine organizzativo. Organizzare la materia sonora anche al di là di un testo diventa impossibile quando ci si trova senza quelle fondamenta strutturali rappresentate dal rapporto di attrazione tra tonica e dominante che si era fatto esso stesso struttura. Schöenberg sente il bisogno di un metodo per mettere in relazione e ordinare i 12 suoni della scala cromatica, ormai liberati dalle relazioni che li tenevano legati gli uni agli altri. La soluzione del compositore austriaco è quella di elimi- nare completamente le ripetizioni, organizzando i suoni per serie di 12 note che, esaurendo il totale cromatico nel tempo più breve possibile, diventano l’elemento germinale attorno al quale sviluppare la composizione. Questo metodo, chiamato dodecafonia, applicato per la prima volta alla Suite Op. 25 (1921-23) e che ha raggiunto la sua perfezione con opere che ne sono divenute il simbolo (la Suite per 7 strumenti del ’25; il Terzo Quartetto op.30 e, soprattutto le Variazioni per orchestra del ’28), è stato visto da qualcuno (in particolare Berg e Webern) come il passo decisivo verso una musica totalmente nuova. Ma non è mancato chi, con il senno di poi, ha ravvisato, non a torto, in questa sistematizzazione, un rigurgito conservatore, la volontà “repressiva” di creare un nuovo ordine a discapito della totale libertà alla quale si era giunti con la pantonalità/atonalità. Dal 1925 in poi, con il trasferimento a Berlino, cominciò, per il musicista, un periodo di peregrinazioni che, con l’avvento del regime hitleriano lo videro prima emigrare a Parigi e poi, definitivamente, nel 1933, negli Stati Uniti, dove morì nel 1951. Gli anni passati lontano dalla Germania sono per lui anni di riflessione, di studio e approfondimento. Il frutto più maturo di questo periodo è senz’altro l’opera monumentale Moses Und Aron, summa del pensie- ro musicale schö enberghiano: tutta la partitura è costruita su un’unica serie, elaborata attraverso tutte le soluzioni possibili, ricavandone i vari temi dell’opera. Si affaccia qui quella che sarà una costante nelle ultime opere del Nostro: la problematica etico-religiosa della lotta tra il bene e il male, tra l’individuo e la società. In Ode To Napoleon, A Survivor From Warsaw (che prende spunto dalla tragedia dei campi di sterminio), ma anche nelle opere più esplicitamente religiose come il De Profundiis, queste tematiche rappresentano una sorta di leitmotiv. Profonda spiritualità, saggezza, riflessività, si traducono in musica con una minore irruenza, uno stile più sobrio e addirittura echi di ritorni sporadici alla tonalità. Come se l’uomo, e con lui il musicista, perduti nel dilemma della vita, cercassero appiglio nelle sicurezze. Ricostruire dopo aver fatto tabula rasa. M e n t r e p e r ò s i s e d e v a s u lle fatiche d e l s u o l a v o r o , l u i v e c c h io saggio, p i o n i e r e d e l l a n u o v a m u sica, una s c h i e r a d i g i o v a n i , f i g l i d e l l a Se c o n d a G u e r r a M o n d i a l e e seguaci d e l l e i d e e r a d i c a l i d e l s uo pupillo A n t o n We b e r n , c o m i n c i a vano già a s c a r d i n a r e l e c o s t r u z i o n i erette con t a n t a c o n v i n z i o n e d a l M a estro. Per g e n t e c o m e K a rl h e i n z St oc k ha us e n , P i e rre B o u l e z , L u igi N ono, L u c i a n o B e ri o , J o h n C a ge , u n ’ a l t r a r i v o l u z i o n e e r a g i à c o mi n ci a ta . sentireascoltare 103