Fondazione
Il Vittoriale degli Italiani
Gardone Riviera
Musei Civici
d’Arte Storia e Scienze
di Brescia
Fondazione
Ugo Da Como
Lonato
Le vie dell’arte
Percorsi didattici
Unità e identità: 150 anni di storia
Le dieci giornate di Brescia
narrate ai ragazzi da un tamburino
Fondazione
Il Vittoriale degli Italiani
Gardone Riviera
Musei Civici
d’Arte Storia e Scienze
di Brescia
Fondazione
Ugo Da Como
Lonato
Le vie dell’arte
Percorsi didattici
Unità e identità: 150 anni di storia
Le dieci giornate di Brescia
narrate ai ragazzi da un tamburino
Con il contributo di
Fondazione CAB
Fondazione Brescia Musei
Sommario
In collaborazione con
Progetti didattici
Scuole primarie
6
progetto 1 La carica del tamburino
Rappresentanti Istituzioni museali
Giordano Bruno Guerri – Presidente Fondazione Il Vittoriale degli Italiani
Elena Lucchesi Ragni – Dirigente Musei Civici di Arte e Storia di Brescia
Antonio Benedetto Spada – Direttore Generale Fondazione Ugo Da Como
Coordinatore del progetto “Le vie dell’arte”
Giovanna Ciccarelli – Comitato Scientifico Il Vittoriale degli Italiani
12
Scuola Primaria Statale T. Olivelli - Salò
progetto 2 Il tamburino
Scuola Primaria Goffredo Mameli - Brescia
16
Scuole secondarie
progetto 3 Sognando l’Italia … ieri e oggi
19
Scuola Secondaria di I grado Papa Giovanni XXIII - Gardone Riviera
progetto 4 Le dieci giornate di Brescia
Scuola Secondaria di I grado Lana Fermi - Brescia
Scuole superiori
22
progetto 5 Commento a Le dieci giornate di Brescia narrate ai ragazzi da un tamburino
Istituto Tecnico commerciale e per Geometri Battisti - Salò
24
progetto 6 Una riflessione: … grazie tamburino
Liceo Scientifico Fermi - Salò
25 progetto 7 Il tamburino di Tito Speri
Nino alla rivoluzione
28
Liceo Scientifico Copernico - Brescia
progetto 8 Diario di alcuni sedicenni del XXI secolo in risposta al tamburino
Liceo Paritario Paola di Rosa - Lonato
Percorsi didattici
Unità e identità: 150 anni di storia
Le dieci giornate di Brescia
narrate ai ragazzi da un tamburino
Scuole primarie
4 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 1 La carica del tamburino
Chi e dove Classi coinvolte Docente referente
Scuola primaria Statale T. Olivelli - Salò
Quarta C
Carla Rimoldi
progetto 1
La carica del tamburino
Liberamente tratto da
“Le dieci giornate di Brescia”
6 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
7 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 1 La carica del tamburino
progetto 1 La carica del tamburino
8 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
9 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 1 La carica del tamburino
progetto 1 La carica del tamburino
10 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
11 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 1 La carica del tamburino
Chi e dove Classi coinvolte Docente referente
Scuola primaria Goffredo Mameli - Brescia
Quarta A
Giancarla Laffranchi
progetto 2
Il tamburino
12 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
13 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
Percorsi didattici
Unità e identità: 150 anni di storia
Le dieci giornate di Brescia
narrate ai ragazzi da un tamburino
Scuole secondarie
14 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
15 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 3 Sognando l’Italia… ieri e oggi
Chi e dove Classi coinvolte Docenti referenti
Scuola Secondaria di I grado Papa Giovanni XXIII - Gardone Riviera
Terza A e B
Mariangela Comini e Annalisa Comini
progetto 3
Piazza dei Caduti a Gardone
Rivera
Sognando l’Italia…
ieri e oggi
– Giovine donzella, giustappunto vi ho incontrata, nel bel fior dei miei anni è giunta l’ora per me di
contribuire a fare l’Italia! –
Ascoltando le sue parole mi viene in mente Ugo Foscolo nel sonetto “In morte del fratello Giovanni”…
parla proprio come lui!
– Scusa, ma chi sei tu? – gli domando.
– Il mio nome è Nino, il tamburino, colui che accompagna le armate Italiane in guerra contro gli
Austriaci. Vuole unirsi a me? –
Io sorridendo imbarazzata gli rispondo:
– Mi stai prendendo in giro? Unirmi a te per fare cosa? Io non suono il tamburo e poi siamo solo
ragazzi non possiamo contribuire ad un impresa così grande! –
A quel punto mi risveglio: era solo un sogno, eppure sembrava tutto così reale!
Esco a fare due passi per prendere un po’ di aria, quando la mia attenzione ricade su una lastra di
marmo su cui c’è un iscrizione:
“A ricordo del giovane Nino, figliuolo scarso di studi e ricco solo di buona volontà, morto per la
patria Italia”.
È stato davvero coraggioso Nino, morire così giovane per un ideale… Ed io, cosa potrei fare per la
mia Italia? Per ora studiarne la storia e la cultura, cercando di capire i valori su cui si fonda e, iniziando
dalle mie piccole scelte quotidiane, contribuire allo sviluppo di un paese aperto e giusto.
Elaborato 1 - Clara Paganoni e Benedetta Silvestri
Mentre sono nel letto intenta a leggere il libro “Le dieci giornate di Brescia narrate ai ragazzi da un
tamburino”, mi addormento…
Improvvisamente mi ritrovo in piazza dei Caduti a Gardone Riviera e, guardandomi attorno, mi accorgo
che è tutto diverso: la strada è sterrata e non circolano macchine, i bar che prima erano frequentati
da gente di ogni classe sociale, donne e uomini, ora sono osterie e taverne popolate da persone che
indossano abiti strani e che sembrano impegnati in discorsi accesi, ma non riesco a capire di cosa
stiano parlando… vedo un uomo che esce urlando dalla taverna e corre per la salita, lo seguo con lo
sguardo, mi accorgo che è armato e da questo deduco che la situazione qui non è delle più tranquille.
Mi rendo conto che sono finita in un’altra epoca!
Noto l’abbigliamento delle persone che già prima mi aveva stupito: gli
uomini vestono abiti completamente diversi dai nostri, alcuni portano
vestiti in velluto con gilet, insieme a cappelli alla calabrese, sciarpe
tricolore ad armacollo e sciabole pendenti; altri invece indossano bluse
logorate, braghe lise e zoccoli.
Le donne, che si affrettano nella piazza, invece dei soliti jeans moderni,
portano lunghe sottane scure e abiti di mussola con inserti di merletto,
insieme a scialli e i loro capelli sono raccolti in una crocchia. Mi
guardo ancora intorno e mi accorgo che sono appese dappertutto le
bandiere tricolore, le case sono malmesse e danneggiate come da colpi
di fucile e la gente passa per i vicoli con aria impaurita e preoccupata.
Vedo bambini rincorrere un cerchio e spingerlo con un bastone, ma
loro non sembrano preoccupati, anzi ridono e si scambiano frasi difficili da comprendere, forse è un
dialetto. Ma come parla questa gente?
Disorientata mi rivolgo a un passante, una persona distinta, con un abito molto elegante, una folta
barba grigia e un bastone dall’impugnatura argentata:
– Buongiorno signore, mi scusi, sa dirmi in che anno siamo? –
– Figliuola, ma che domanda è mai questa? Corre l’anno 1849! –
A questa risposta rimango stupita e senza parole, il signore distinto mi saluta con un cenno e
indaffarato come tutti gli altri, se ne va. Mentre penso a come è possibile che io mi trovi in un’altra
epoca, un ragazzo attira la mia attenzione e si dirige verso di me.
Ha circa la mia età, anche lui indossa strani abiti: porta pantaloni rigati morbidi e fermati poco sopra
le caviglie, una blusa, un cappello con una piuma di fagiano e uno strano strumento appeso ad una
tracolla.
Elaborato 2 – Benedetta Bertella e Elisa Banalotti
Ciao sono Enea, ho 13 anni e l’anno prossimo andrò
al liceo scientifico Copernico a Brescia anche se vivo
a Gardone Riviera, perciò questo mi richiederà molti
sacrifici.
Dopo essere stato invitato con la mia classe al Vittoriale
(sarà la trentesima volta nella mia vita) per una
conferenza sulle “Dieci giornate di Brescia”, mi è stata
fatta la richiesta di leggere il libro dato in omaggio in
quell’occasione: “Le dieci giornate di Brescia narrate ai
ragazzi da un tamburino”.
Adesso sono in camera mia a leggerlo, l’inizio sembra
un po’ noioso, forse è meglio farsi una dormitina…
Aspetta! Dove sono?! Ma sì, certo, che domanda
sciocca, sono in piazza dei Caduti qui a Gardone…
due minuti fa ero in camera mia, come ho fatto a finire qui? E poi, c’è qualcosa di strano, niente
auto, niente moto, niente di niente! Mmmmmh… la strada! Ma gli operai dell’Anas non l’avevano
finita di asfaltare la settimana scorsa?! E io adesso come faccio a andare con lo skateboard???
Ma soprattutto… perché la strada è sterrata e ciottolosa?! In quale periodo mi trovo? In quale
epoca sono finito? Ah, mi è venuta un po’ di fame! Beh, ovvio, vado alla forneria della mia cara
amica Anna, solo lei li sa fare quei biscotti!
Dov’è finito il negozio, pure quello se ne è andato? Ma sono sicuro di essere a Gardone?! È tutto
così strano… sembra tutto così diverso… il solito bar non c’è più e sembra tanto quella famosa
osteria di Gardaland che ho sempre amato, altro che cemento, qua c’è solo legno, non è più del
solito colore viola acceso, le uniche cose moderne sono le tendine bianche e rosse alla finestra
e… ecco! Finalmente una donna che entra, come è vestita stranamente, quella gonna lunga
e scura non la usa più nemmeno mia nonna, quello scialle… bah! Vai tu a capirle le donne!
E pensare che sembra anche una giovane ragazza… è seguita da un uomo, anche lui è molto
strano, ha degli abiti scuri di velluto, braghe lise, e delle strane sciarpe tricolore al collo. Oh
caspiterina! Quell’uomo ha una sciabola in mano, mi vuole uccidere! Correte gambe, correte! Più
forte, ancora un attimo… BOOM!
Mi ritrovo a terra e di fronte ho un ragazzo che mi incita a sbrigarmi. Sono dietro la chiesa ormai e
percepisco che il ragazzo ha la mia età; come le persone incontrate in precedenza, indossa vestiti di
16 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
17 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
Angelo Inganni,
Accampamento degli Zuavi
a Brescia nel 1859 (Brescia,
Museo del Risorgimento)
progetto 3 Sognando l’Italia… ieri e oggi
velluto, dei pantaloni rigati morbidi e fermati poco sopra le caviglie, una blusa verde, un cappello con
una piuma di fagiano e uno strano strumento appeso alla tracolla .
Ad un certo punto il ragazzino si ferma, lo imito.
– Bella Frate’…che facciamo allora?… – dico io
– Oh mio bel giovine, come hai fatto a scambiarmi per un frate! Nel bel fiore dei miei anni fui arruolato
e scelto tra tanti miei compari! Da una settimana sono il nuovo tamburino di Gardone Riviera e
giustappunto, contribuisco a creare l’Italia – dice il ragazzino
(Nel sentirlo parlare mi viene in mente Ugo Foscolo e la sua poesia In morte del fratello Giovanni e
mentalmente la ripeto quasi per non dimenticarla!) – “BOOM!”
– Che cosa era quello? – dico io
– Era solamente un cannone! –
– Strabello! Quindi tu non vai a scuola? Non devi studiare capitoli e capitoli di storia, scienze,
geografia, imparare poesie e studiare il tedesco? Fortunato te! – gli rispondo
– Perché figliuolo dovrei studiare il tedesco, ovvero la lingua dei nostri aspri nemici? Giammai studierò
la lingua dei nostri sterminatori! Facciamo l’Italia! – Replica lui
– Ma davvero tu non vai a scuola e fai questo sciocco gioco con sciabole e cappelli di fagiani?! –
– Giuoco lo chiami, compare?! Stiamo lavorando per l’unificazione del nostro popolo! Ora ti spiego
meglio… Dopo essere stato arruolato dall’illustre general Tito Speri, cominciai a far rullare il mio
tamburello, indi posso dichiararmi il vero e unico tamburino d’Italia! I nostri sterminatori, i Tedeschi,
vogliono colonizzare il nostro Paese, tuttavia noi stiamo opponendo loro resistenza, ciò nonostante
richiediamo sempre più soldati e tamburini per sconfiggerli! Vuoi tu unirti a noi? –
- ehhhmmm… credo di no, la mia mamma mi aspetta per cena, la nonna ha preparato gli gnocchi per
domani e, ultime due cose stra mega importanti, domani la mia ragazza compie gli anni (non posso
mancare alla sua festa altrimenti si offende) e devo finire l’ultimo livello del gioco per la Play Station 3!!
Se non avessi tutti questi impegni verrei volentieri, giusto per cambiare un po’ e per far morire d’invidia
i miei amici! Comunque, non mi sono ancora presentato, io sono Enea, Enea Biancoletti, detto Billy per
gli amici, e tu sei?! – “BOOM”
– Il mio nome è Nino, nonostante avrei voluto chiamarmi Giuseppe come il mio condottiero, il grande
Giuseppe Garibaldi…
– Bello lui! L’ho già sentito questo nome… non è mica quello vestito di rosso, barbuto, che nel 1861
unisce l’Italia, lasciando Trieste, Trento e lo Stato della Chiesa?!
– Giovine, ma siamo solo nel 1849, come puoi prevedere tutto questo?!
– 1849?! Siamo nel 2012! Stai scherzando vero?!?!
– Mio caro compare, non capisco cosa tu stia insinuando! Comunque, vuoi arruolarti o preferisci
rimanere un fallito a vita?!
Io sorrido, mi rendo conto di essere un tredicenne so bene che alla mia età non posso certo entrare
a fare parte dell’esercito Piemontese, così rispondo negativamente rimanendo colpito dalla parola
“fallito”, che mi spinge a fare qualcosa per il mio paese una volta tornato nella mia epoca.
“BOOM!”
Mi risveglio all’improvviso, dicendo – Ah era il solito cannone! –
Alzandomi dal letto, un forte mal di testa mi perseguita, allora decido di fare un giretto per Gardone.
“Che strano sogno” penso “quasi irrealizzabile, ma era solamente un sogno o…?”
La cosa più importante è andare a verificare se c’è ancora il negozio di Anna e se non è scomparso!
Fortunatamente esiste ancora, allora era solo la mia immaginazione, entro e mi compro dei biscotti alla
marmellata (i miei preferiti!).
Camminando arrivo in Piazza Dei Caduti e mi accorgo, dopo tredici lunghi anni passati in questo
minuscolo paese, di una scritta su una lastra di marmo: “A ricordo del giovane Nino, figliuolo scarso di
studi e ricco solo di buona volontà, morto da eroe per la patria Italia”. Anche io vorrei fare qualcosa per
migliorare la mia patria, potrei agire per il volontariato o donare il sangue.
La delusione è stata scoprire che anche Nino andava a scuola e dunque, mi aveva mentito, chissà
perché? Forse si vergognava. La cosa peggiore però, è stata quella di ritrovare un amico morto,l’unica
cosa che riusciva un po’ a consolarmi era quello di vederlo morto per una Patria, la Sua, la Mia, la
Nostra.
18 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
Chi e dove Classi coinvolte Docenti referenti
Scuola Secondaria di I grado Lana Fermi - Brescia
Terza F
Dora Tartaglia e Lucia Ungari
progetto 4
Le dieci giornate di Brescia
di Eugenio Paroli
Elaborato 1 - Teodora Sacco
Brescia è in guerra per ottenere la libertà dagli Austriaci e sentirsi una città indipendente e forte.
Ormai tutti i Bresciani combattono per difenderla e si sentono degli eroi che devono salvare la loro
dama dalle grinfie del malvagio antagonista che la vuole catturare.
Non hanno paura di esprimere il proprio amore ed orgoglio per questa amata città e lo dimostrano
mettendo a rischio la loro vita per difenderla.
Tra tutti c’è un ragazzo comune che vive in una umile casa con suo padre, ma non vuole solamente
assistere, anzi, vorrebbe aiutare e prender parte a questa rivoluzione che passerà alla storia come le
famose Dieci giornate di Brescia.
Nino è un bambino che non ha paura ma vuol partecipare, che non si accontenta di stare a guardare
ma vuole agire. Scopre il suo grande talento nel suonare il tamburo e da quel momento segue i
soldati ovunque con il suo piccolo e fedele compagno, come se fosse la voce di Brescia che vuole
farsi sentire.
Questo libro mi fa capire come a quel tempo tutti, dal più vecchio artigiano fino al più giovane
ragazzo, erano pronti a combattere per la libertà e per il proprio paese.
La guerra, però, non porta solo disastri e rovine, anzi fa nascere storie di affetto e solidarietà. Nino
e suo padre trovano per le strade di Brescia un altro Nino, bimbo povero e senza i genitori, perché
probabilmente la guerra li ha portati via con sè.
Il destino e i combattimenti offrono a quel bimbo tanto sfortunato l’incontro con le due persone
buone e generose che lo accolgono in casa: Nino, figlio unico, ha trovato un fratello.
La fine del libro è un po’ misteriosa perché non svela la vera fine della guerra ma lascia il lettore
con la speranza che l’eroismo di Brescia possa portare a un lieto fine e che i suoi abitanti trovino
finalmente la pace che si meritano: hanno dimostrato infatti fino in fondo l’amore per la loro città.
Al centro ci sono le vicende storiche delle Dieci Giornate, ma lo scopo è quello di far capire come
venivano vissuti gli avvenimenti da un ragazzo che, pur se giovane, non si sente estraneo a ciò che
gli succede intorno.
Nino è molto coraggioso, ma anche generoso ed affettuoso: si affeziona ad un bambino solo ed
indifeso, che trova per caso e cerca di dargli l’amore che gli è stato sottratto dalla scomparsa dei
genitori.
La guerra non ha cambiato il nostro tamburino: è un ragazzo combattivo e deciso, ma è rimasto
dolce e gentile, fedele alla convinzione che un giorno Brescia sarà libera e in pace.
19 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 4 Le dieci giornate di Brescia di Eugenio Paroli
Elaborato 2 - Kalkidan Veronesi
Caro Marco, vorrei consigliarti un libro che ho appena finito di leggere: una storia vera, che ha come
protagonisti tutti i cittadini di Brescia che si sono battuti per ben dieci giornate, al fine di ottenere
l’indipendenza dalle dominazioni straniere, nel nostro caso gli Austriaci.
Questa vicenda ci viene narrata da un tamburino, che a quei tempi aveva la nostra età.
Il ragazzo, ovviamente bresciano, si chiamava Faustino e viveva con il padre, perché la madre li aveva
lasciati da soli due anni prima, morendo per malattia; dopo la sua scomparsa l’unica ragione di vita del
padre era suo figlio.
Faustino viveva in un epoca in cui il cibo e i soldi scarseggiavano; per questo motivo da tempo
lavorava in bottega con suo padre, dove poteva anche usare la sua dose di vivacità per guadagnare
qualche lira. Gli anni in cui visse erano segnati da rivolte e insurrezioni, causate dall’invasione degli
Austriaci nel territorio italiano: proprio per questo motivo i Bresciani vedendosi sopraffati da stranieri
decisero, dopo mesi di riflessione, di insorgere contro il comandante militare Radetzki, dando
inizio alle Dieci Giornate di Brescia. La caratteristica fondamentale di questo combattimento fu la
partecipazione di tutti: maschi e femmine, poveri e ricchi, laici, preti e frati, vecchi e giovani, di ogni
ceto sociale…. Proprio per dimostrare di cosa erano capaci stando uniti e lottando tutti per lo stesso
scopo!
Per Brescia furono giorni sanguinosi e purtroppo molta gente morì. Più tardi vedendo che la guerra era
senza speranza e che la salute del padre era minata, Faustino dovette abbandonare le armi e arrendersi.
Non posso fare a meno di pensare al coraggio che hanno avuto i nostri concittadini fino a morire per
assicurare a noi una Brescia libera e unita.
Io penso che molte volte noi ci dimentichiamo di quanto dobbiamo essere fieri della nostra città
e personalmente mi ha resa orgogliosa vedere scritti in un libro nomi di città e piazze che tuttora
esistono.
Mi è dispiaciuto invece pensare che ragazzi della nostra età a quel tempo dovevano battersi, invece
di vivere in pace la loro giovane vita, pensando a divertirsi: per questo sono da ammirare, per il loro
coraggio.
Infine potrei dirti che questo libro va letto anche solo per conoscere la storia della nostra città. Non
ti nascondo che all’inizio l’ho trovato un po’ noioso, ma con un po’ di impegno in più sono riuscita a
finirlo con interesse.
Fammi sapere se ti è piaciuto.
20 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
Percorsi didattici
Unità e identità: 150 anni di storia
Le dieci giornate di Brescia
narrate ai ragazzi da un tamburino
Scuole superiori
21 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
Chi e dove Classi coinvolte Docenti referenti
progetto 5
Istituto Tecnico commerciale e per Geometri Cesare Battisti - Salò
Terza B Turistico
Amalia Bigi
Commento a “Le dieci giornate
di Brescia narrate ai ragazzi
da un tamburino”
Alla fine della lettura del libro “Le dieci giornate di Brescia narrate ai ragazzi da un tamburino” tornano alla
mente le parole che il presidente della Fondazione CAB Alberto Folonari utilizza nella presentazione del
libro: “La memoria è il grande patrimonio di ciò che è stato, di quanto abbiamo vissuto noi, di quanto hanno
operato coloro che vissero prima di noi”, ed è grazie alla memoria del piccolo tamburino che abbiamo i
ricordi delle dieci giornate di Brescia.
Le dieci giornate di Brescia sono state una resistenza agli Austriaci da parte dei Bresciani, che ha avuto luogo
dal 23 marzo al 1º aprile 1849.
Venerdì 23 marzo Faustino, detto il tamburino, ci ricorda lo struggente inizio dell’entrata in guerra di Brescia.
Quel giorno si videro affissi per la città cartelli che invitavano i Bresciani a recarsi in Piazza Vecchia, alle ore
11 antimeridiane, nell’attesa dei Piemontesi. Ma purtroppo, con grande stupore, arrivarono i Tedeschi che
scesero con furia dal Castello pronti alla carica. La piazza si trasformò in un fiume di sangue: “vetrine in
frantumi, donne che svengono, uomini decapitati o altri che fuggono all’impazzata”.
Il giorno seguente iniziò il bombardamento sulla città, si contarono ben 81 colpi di cannone partiti dal
Castello. Nell’aria oltre all’assordante frastuono della guerra, si avvertiva il timore e il dolore delle famiglie
bresciane.
Nei giorni seguenti a Brescia si alternarono momenti di tranquillità, in cui si curavano le ferite e ci si
organizzava per l’immediato futuro, ad altri giorni di guerra, nei quali arrivarono anche i Croati perché alleati
dei Tedeschi. Il 1º aprile il cannone rituonò all’alba, ma i Bresciani erano sprovvisti di cartucce e impossibilitati
a rispondere all’attacco. I cittadini venivano incitati ad andarsene se non volevano combattere a favore della
patria. Nonostante tutto i combattenti continuarono la resistenza, utilizzando ogni mezzo, soprattutto quando
i Tedeschi tentarono di saccheggiare la via più ricca della città. In questo giorno, malgrado gli estremi
combattimenti, avvenne la resa della Leonessa d’Italia.
Il racconto “Le dieci giornate di Brescia narrate ai ragazzi da un tamburino” ci fa capire che anche se le
persone presentano timori ed evidenziano molte domande interiori, se motivate da una giusta causa, sono
portate a tenere alto l’onore comune rischiando la propria vita per un bene che è superiore ad ogni interesse
individuale: la patria. Abbiamo trovato questo libro interessante per quanto riguarda il ricordo e la storia della
nostra città, ma un po’ inconsueto per l’uso di un linguaggio diverso da quello da noi utilizzato nel quotidiano
e per il riferimento ad ideali che entusiasmano poco i ragazzi della nostra età.
Tuttavia, possiamo intuire che senza quegli ideali e quelle parole d’ordine oggi non potremmo vivere in un
mondo libero e felice.
22 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
23 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
Chi e dove Classi coinvolte Docenti referenti
Liceo Scientifico Fermi - Salò
Quarta H Scientifico
Laura Truzzi
progetto 6
Ritratto di Tito Speri (Brescia,
Museo del Risorgimento)
Chi e dove Classi coinvolte Docenti referenti
Liceo Scientifico Copernico - Brescia
Seconda C
Rossana Cerretti
Una riflessione:
…grazie tamburino!
progetto 7
Il tamburino di Tito Speri
alla rivoluzione
Di quelle Dieci Giornate non sono rimaste solo le effigi, Brescia
ci dice ancora tutto: è la Leonessa d’Italia. Capita di trovarsi
in piazza Tito Speri e che quella statua ci dia ancora dei
comandi, il corpo teso in un ultimo anelito di coraggio,
“Avanti, dobbiamo combattere ancora, ancora una volta.
Siamo davvero liberi ora? L’hanno liberata, l’Italia?”. Trovarsi
tra quelle vie e immaginarsi le barricate, ricordi domestici
utilizzati per la più nobile delle imprese, sperare di respirare
ancora la stessa aria di quei giorni eroici. Brescia, sei
assopita, hai dimenticato il tamburino che correva per queste
strade? Hai dimenticato quei manifesti così minacciosi, i
volti dei passanti che si fermavano a leggerli ed i loro discorsi
che quasi sempre finivano con il desiderare la libertà? E forse
non ricordi le grida degli uomini durante le battaglie, sangue e
fiamme, fiamme e sangue, i cannoni, il Castello così minaccioso e
pronto a distruggere ogni cosa, i Tedeschi, Haynau, le campane fatte suonare
all’unisono, le schioppettate e il tamburino che assisteva con i suoi occhi da bambino a quelle
stragi, e si chiedeva se davvero la guerra fosse “questo”. Inconsapevole, egli dava, con il suo
rataplan, plan, plan, il ritmo a quell’orrore ed il coraggio, la carica necessari per sconfiggere
la paura, per ricordare a quegli uomini che stavano combattendo per l’Italia, una e libera, per
l’ideale, il sogno di un Paese finalmente unito, per la giustizia, per gli eroi ed i loro sacrifici.
Forse tutto questo coraggio e la forza se ne sono andati con loro, a noi giovani tamburini del
ventunesimo secolo è rimasto solo il ricordo, la memoria. Il nostro sangue non scorre così
impetuoso, abbiamo tutto e subito, noi. Ora la bandiera è così comune che non ci stupisce
più per la sua bellezza, non temiamo più i manifesti che ci vietano di riunirci, o che ci tengono
quieti e assopiti, che ci negano la verità, che ci rubano la libertà. Eppure grazie Tamburino, le
parole che ti disse Tito Speri riecheggiano in noi: “Tu, tamburino, all’ingresso della borgata
batterai la carica: non ti stancare di batterla, mai!”.
Recensione 1
24 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
25 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
IL TAMBURINO DI TITO SPERI
Dietro le quinte del Risorgimento: il diario delle
Dieci Giornate raccontate da un giovanissimo
protagonista in una ristampa a cura della
Fondazione CAB
“Dopo mezzo secolo la memoria dei fatti dei quali fui
testimonio negli anni dell’adolescenza rivive in me così
lucidamente che mi sembra di tornare a quei giorni
fortunosi.”
Così Eugenio Paroli nell’introduzione al volumetto “Le dieci
giornate di Brescia, narrate ai ragazzi da un tamburino”
ricorda i giorni eroici e convulsi del marzo 1849 in cui l’autore, appena quattordicenne, prese
parte attiva ai famosi moti rivoluzionari della nostra città.
Il libro, narrato in forma di diario – sebbene a distanza di molti anni dai fatti raccontati – venne
pubblicato per la prima volta nel 1899, per il cinquantesimo anniversario delle Dieci giornate. Era
stato poi pressoché dimenticato dal grande pubblico, finché, in occasione delle celebrazioni per
i 150 anni dell’Unità d’Italia, la fondazione CAB ha voluto ristamparlo, proponendo un punto di
vista ingenuo, vivo ed emozionante, di quelle vicende tante volte ricordate.
Il libro colpisce il lettore di oggi per molti aspetti: innanzitutto ci si ritrova a vivere in
una Brescia che talvolta non esiste più, soprattutto per la sua aria paesana in cui tutti si
conoscevano. Possiamo però anche identificare alcuni luoghi caratteristici, che, pur avendo
cambiato nome, sono rimasti gli stessi e scoprire così le intense e commoventi memorie che
essi conservano (da via san Barnaba, l’attuale corso Magenta, a via del Teatro, oggi corso
Zanardelli) Lo sguardo sui fatti del giovane e appassionato narratore è semplice, diretto, privo
di quella retorica che troppo spesso, alla fine dell’Ottocento, caratterizzava le celebrazioni
delle vicende risorgimentali senza riproporne davvero il cuore. Qui, invece, si può notare
la determinazione del popolo che non si piega davanti a nulla; anzi, la volontà di resistere
sembra persino moltiplicarsi all’aumentare delle difficoltà, attingendo a tutte le proprie risorse
Faustino Joli, Episodio delle
Dieci Giornate nell’attuale
Corso Magenta a Brescia
(Brescia, Museo del
Risorgimento)
progetto 7 Il Tamburino di Tito Speri alla rivoluzione
progetto 7 Il Tamburino di Tito Speri alla rivoluzione
materiali e morali, al punto che anche le donne durante gli scontri gettano dalle finestre ogni
sorta di oggetto per difendersi.
La storia è nota: dopo la ritirata dell’esercito piemontese a causa della sconfitta di Custoza nel
1848, Carlo Alberto tenta nuovamente di attraversare i confini della Lombardia nella primavera
del 1849, confidando anche nell’aiuto delle città insorte nella regione, tra le quali, appunto,
Brescia. Il piano, purtroppo, fallisce perché l’esercito piemontese subisce una pesante sconfitta
presso Novara. Lo stesso giorno a Brescia, in seguito alla pretesa degli austriaci di far pagare
una salata multa per le ostilità dei bresciani, scoppiò la rivolta, mentre la notizia della ritirata
piemontese non fu creduta. A questo punto entra in scena il nostro protagonista che partecipa al
moto rivoluzionario con il padre Nanni, semplice falegname, ma grande patriota, che già si era
arruolato come vivandiere nell’esercito piemontese nel 1848.
Il piccolo Eugenio – che nel libro si fa chiamare Nino – viene scelto dal proprio idolo, il
comandante Tito Speri, come suo personale tamburino e da quel giorno egli occupa i suoi
momenti liberi a esercitarsi per essere il migliore e scandire il tempo della battaglia, come il suo
comandante amava, con il suo “rataplan, plan, plan rrrrrr plan plan!”.
Le possibilità di vittoria erano esigue e lo stesso tamburino se ne rende conto: i pochi fucili
a disposizione erano quelli dell’anno precedente dissotterrati per l’occasione, mentre i nuovi
armamenti promessi dai piemontesi tardavano ad arrivare. Inoltre, la mancanza di esperienza
poteva far commettere talvolta errori grossolani ai combattenti: in una delle battaglie, sebbene
il comandante Tito Speri avesse tentato di fermarli, i cittadini, spinti dall’odio verso gli invasori
inseguirono i nemici fino a Sant’Eufemia, oltrepassando la zona sicura e subendo un terribile
massacro. Tra i personaggi di spicco viene esaltata la personalità del valoroso comandante Tito
Speri, che, alla guida dei bresciani, tenta di respingere gli austriaci infondendo nei combattenti i
propri ideali di libertà e unità, per i quali pagherà con la vita a Belfiore nel 1853. Anche un altro
personaggio resta scolpito nella memoria del lettore per la sua originalità: si tratta del famoso
curato di Serle Pietro Boifava, che il giovane Nino, seguendo suo padre all’inizio del libro,
incontra non senza una certa trepidazione e curiosità sui Ronchi. Il ragazzo appare attratto da
quest’aria di cospirazione e di mistero che aleggia attorno al Boifava, ma più ancora lo stupisce la
rivelazione del suo carattere deciso e generoso.
La rivolta che all’inizio sembrava quasi realizzabile, perde via via la sua efficacia, finché il
colpo di grazia viene dato dalle truppe del generale Haynau entrate in forza in castello e
sguinzagliate poi per tutta la città in pattuglie compatte. Viene così rievocata la sensazione
dell’arrivo di invasori dalla lingua incomprensibile, non solo tedeschi, ma anche croati, inviati
forse appositamente affinché non fraternizzassero con il popolo italiano. Alla fine all’entusiasmo
subentra la disperazione, fino all’inevitabile sconfitta sancita dalla bandiera bianca issata in
piazza della Loggia. Successivamente la rabbia fa compiere ad alcuni estremisti anche atti molto
gravi, come l’uccisione di coloro che erano stati imprigionati come spie. “Che Dio mi castighi se
tengo ancora presso di me un fucile” esclama Nanni di fronte a questa situazione di violenza, ma,
nonostante ciò, resta in Nino la certezza della validità dei propri ideali e il desiderio di perseguirli.
Proprio a questo riguardo, merita una breve riflessione la tematica della guerra che nel libro
– pur con drammatiche contraddizioni – diventa mezzo imprescindibile per il raggiungimento
della libertà e non di un fine prettamente economico come oggi spesso accade. È importante che
questo senso di fratellanza e sacrificio per una causa comune raggiunga tutti i giovani di oggi,
per non rendere vani gli sforzi che hanno portato all’unità del nostro Paese.
Il popolo bresciano può certamente essere fiero degli eroi, talvolta senza nome, che hanno
dato il proprio contributo alla nobile causa dell’Unità d’Italia, non solo durante le Dieci
giornate, ma anche nella II guerra d’indipendenza e nell’impresa dei Mille a fianco di Garibaldi
fin dalla prima ora.
Recensione 2 Realizzata individualmente dall’alunno Federico Mingardi
26 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
NINO ALLA RIVOLUZIONE
La storia delle Dieci giornate di Brescia nel racconto del tamburino
Eugenio Paroli.
Un esempio da cui possiamo ancora imparare
“Povera Brescia! Quanto sangue, quante vittime oggi! E domani? E poi?” Così Eugenio Paroli
ricorda i giorni eroici e drammatici di cui fu giovanissimo protagonista nel marzo 1849. Il suo
diario, diventato poi un libro nel 1899, in occasione del cinquantenario, è stato ristampato
recentemente dalla Fondazione CAB. “Le dieci giornate di Brescia narrate ai ragazzi da un
tamburino”, vuole essere innanzitutto un tributo, a 150 anni di distanza, alla gente comune che
volle fortemente l’Unità d’Italia, e ci ricorda che essa fu ottenuta a costo di grandi sacrifici (tra i
quali possiamo annoverare i moti del ’21, le Cinque giornate di Milano e, per l’appunto, le Dieci
giornate di eroica resistenza della nostra città).
Al giorno d’oggi sono pochi i giovani che conoscono l’esistenza di quelle dieci, intense
giornate, ma ancor meno sono coloro i quali comprendono l’importante significato assunto
da esse nell’ambito risorgimentale, tanto che da quel momento Brescia fu ribattezzata la
“Leonessa d’Italia”.
Più che gli eventi storici, infatti, il giovane Nino, il tamburino narrante, descrive i propri
sentimenti, le emozioni provate durante i combattimenti, e, soprattutto, si sofferma sui
comportamenti dei vari personaggi, facendo emergere le loro virtù: l’eroismo di Tito Speri,
la risolutezza di Maraffio, il coraggio generoso di don Pietro Boifava, la generosità di padre
Maurizio Malvestiti. Tutte doti che rendono questi uomini, ma in generale tutti i bresciani, dei
combattenti per la libertà che non si scoraggiano di fronte ad alcuna difficoltà.
In questo libro, il patriottismo è un sentimento che appartiene a tutti i cittadini, sia agli adulti
sia ai più giovani. Il tamburino sostiene, infatti, con entusiasmo la causa dei patrioti perché la
sua visione della situazione è che degli invasori limitino la libertà di un popolo ingiustamente
oppresso; in questo movimento Nino vede dunque rispecchiarsi i propri ideali e perciò è
disposto a tutto pur di contribuire alla causa comune della popolazione.
Tale atteggiamento deve essere d’esempio ai giovani d’oggi, spronarli a seguire dei traguardi
elevati, non solo per se stessi, ma anche per il nostro Paese, sebbene ciò possa comportare
sacrifici; sacrifici che fortunatamente ai nostri tempi non arrivano fino al punto di rischiare la vita
quotidianamente, come facevano in piena consapevolezza i giovani di allora.
Nella narrazione dei fatti notiamo, inoltre, che Nino non esita di fronte a nulla ed affronta ogni
ostacolo con ottimismo, convinto di poter arrivare dove desidera e portare a termine i compiti
affidatigli: altro comportamento lodevole, che ci richiama a non accontentarci di poco solo
perché per ottenere di più si frappongono degli ostacoli; bisogna, invece, impegnarsi per
superarli, senza pensare di non essere all’altezza della situazione.
In conclusione, questo libro, con la sua spontanea autenticità, ben si inserisce fra gli
innumerevoli tributi resi alla commemorazione dell’Unità d’Italia, e ci ha richiamato alla mente la
commovente lezione televisiva sull’Inno di Mameli tenuta da Roberto Benigni. In quell’occasione
il famoso attore-regista è riuscito, attraverso le parole del giovane poeta morto a 21 anni,
nell’impresa non facile di ricordare a tutti la dignità di appartenere al popolo italiano e il coraggio
con il quale l’unità e la libertà sono state perseguite; parimenti il popolo bresciano può essere
ben fiero di aver dato il proprio importante contributo alla nobile causa dell’unificazione.
27 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 8 Diario di alcuni sedicenni del ventunesimo secolo in risposta al tamburino
Chi e dove Classi coinvolte Docenti referenti
Liceo Paritario Paola di Rosa - Lonato
Terza Scientifico
Stefania Pozzi
15 febbraio, 49
Oggi, festa dei santi Faustino e Giovita, patroni della città e della diocesi, grande battaglia sugli spalti
fra porta S.Nazaro e porta S.Alessandro.
28, notte
“Il Signore, la Madonna e i santi Faustino e Giovita avranno pietà di noi”. Così la pensano tutti. Infatti
c’è ora una grande devozione ai nostri Santi Protettori.
progetto 8
Diario di alcuni sedicenni
del ventunesimo secolo
in risposta al tamburino
Sabato 14 gennaio 2012
Ieri è accaduto un fatto quasi inspiegabile per il XXI secolo. Una nave da crociera è naufragata per
una manovra errata e il suo comandante, assalito da sensi di colpa, in preda al panico, pare abbia
abbandonato la nave prima dei suoi passeggeri, dimenticando dovere e onore.
Dal diario del tamburino
28, notte
Ebbene, andiamo! Però io (ndr. Tito Speri) voglio essere il primo a uscire e il primo ad assalire il
nemico.
Mercoledì 15 febbraio 2012
Oggi VACANZA! Festa dei santi Faustino e Giovita.
Farò il solito giretto alla fiera. Quest’anno ci sono 600 bancarelle. Chissà che folla e che confusione!
Io ho appuntamento con il gruppo, al solito posto, alle 13 per il panino con la porchetta e qualche
dolcetto.
La mamma insiste perché io faccia una puntatina anche in chiesa, dove sono esposte le reliquie dei
Santi protettori della nostra città; tra l’altro dice che la chiesa è bellissima, appena restaurata con gli
affreschi riportati al loro antico splendore.
Mah! Chi sono poi questi Santi, di cui non si parla mai se non in occasione della vacanza scolastica? E
non per parlare di loro, ma della fiera.
Per caso, in attesa di prepararmi per uscire, ho dato un’occhiata al libretto che l’insegnante ci ha dato
da leggere, Le Dieci Giornate di Brescia raccontate da un tamburino e, quasi una congiura (deve
esserci lo zampino di mia madre), mi è caduto l’occhio sul nome dei nostri santi protettori, Faustino e
Giovita. C’era grande devozione per i santi protettori della città.
28 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
Domenica, 25 marzo
Quando sarò nella battaglia, e sentirò fischiarmi le palle attorno,non mi lascerò prendere dalla paura?
Che san Faustino, mio protettore, e Giovita, suo fratello, mi assistano.
31, Sabato, ore 1 dopo mezzogiorno
I Santi Faustino e Giovita ci aiutino. Haynau, il feroce Haynau è in Castello!
Lunedì 20 febbraio 2012
Tre soldati italiani in missione Afghanistan, che andavano a soccorrere alcuni commilitoni, sono morti
in un incidente: il loro mezzo si è ribaltato mentre attraversava un corso d’acqua. Loro sono rimasti
intrappolati e non c’è stato nulla da fare. I tre appartenevano al Sessantaseiesimo Reggimento di stanza
a Forlì e sono le prime vittime italiane del 2012.
C’è chi muore lontano da casa in nome di qualche ideale, c’è chi protesta e pretende che il contingente
sia subito ritirato, c’è chi addirittura si indigna, c’è chi commosso plaude al valore e si inchina in
silenzio. E fra pochi giorni ci saremo dimenticati di loro.
Quante cose diamo ormai per scontate!
Giovedì 23 febbraio 2012
Caro tamburino,
oggi sono rientrati in patria i nostri soldati morti in Afghanistan e le loro bare sono scese dall’aereo
avvolte nel Tricolore.
Tu sapevi che la bandiera bianca, rossa e verde è nata nel 1794 copiando quella francese e sostituendo
il blu con il verde? Ma che cosa importa questo?
Voi la sventolavate sulle barricate e forse non sapevate neppure che i tre colori significavano giustizia,
uguaglianza e fratellanza, valori senza i quali non è possibile garantire a un Paese dignità, prosperità e
democrazia.
Voi ci credevate e basta.
Sai che noi abbiamo rispolverato le bandiere in occasione del 150° anniversario dell’Unità il 17 marzo
2011?
Persino a Sanremo si sono ricordati della bandiera ed è stata scritta una canzone in cui i colori hanno
altri significati: il verde richiama i prati e la speranza, il bianco ricorda la neve perenne e il rosso il
sangue versato dai nostri soldati.
Che dire? Qualche bandiera ancora sventola sulle facciate delle case e naturalmente sugli edifici
pubblici, ma chi ci pensa più.
No, dai, non voglio essere pessimista, non voglio rattristarti: io, la mattina, quando entro a scuola, alzo
gli occhi e guardo penzolare sopra la mia testa quel pezzo di stoffa e penso per un attimo a te e ai tuoi
compagni e al vostro grido: “Vogliamo la bandiera tricolore”.
29 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 8 Diario di alcuni sedicenni del ventunesimo secolo in risposta al tamburino
Dal diario del tamburino
Lo stesso giorno 16, sera (n.d.r. 16 agosto 1848)
Che orrore mi mettevano le aquile a due teste campeggianti sul drappo giallo sbrindellato! O il bel
tricolore italiano!
1° aprile domenica delle Palme
“Giù quella bandiera bianca! Vogliamo la bandiera tricolore”
Sabato 18 febbraio 2012
Durante la cena il nonno ha cominciato a parlare del suo papà, il mio bisnonno, il tenente
Nicola Bianchi. Mi piace sentirlo raccontare di quanto è accaduto in quegli anni lontani. Era
il 30 ottobre 1918, lui, il tenente, con la pistola saldamente nella destra e la baionetta nella
sinistra, stava guidando all’assalto verso Vittorio Veneto il 2° Reggimento Granatieri di Sardegna.
Quella, avevano detto gli ufficiali superiori,era l’ultima cavalcata. Gli tornano così alla mente i
volti di chi è morto e di chi ha ucciso; è stato costretto per mesi a mandare all’assalto ragazzini,
che ancora non avevano una famiglia. Ha dormito in luride buche. A Caporetto ha perso i suoi
migliori amici, lui stesso ha inviato ai genitori le loro ultime volontà; sul Piave il sacrificio del
suo capitano gli ha salvato la vita. È rimasto lui solo da quell’infausto 24 maggio in cui si gridava
“Viva l’Italia”. Con il binocolo li vede, gli Austriaci; ora i loro volti non riescono a nascondere la
paura, sanno di avere già perso. Giuseppe, un contadino della pianura padana, dice: “Tenente,
poi io voglio tornare al mio orto, voglio insegnare a mio figlio ad andare a caccia”. Suona la
carica, si incomincia a sparare: i nemici sparano, gli amici sparano, anche Giuseppe spara…
In pochi minuti il sangue austriaco riempie la trincea e si mescola a quello italiano. Ma dove
è finito Giuseppe? Lo trovano agonizzante riverso a terra e non c’è più niente da fare. Un mese
dopo è lo stesso tenente Bianchi a portare la notizia alla moglie e al figlio, consegnando loro
anche la medaglia d’argento che si è guadagnata.
Il nonno si è commosso raccontando: Giuseppe, il contadino che voleva rivedere il suo orticello,
è solo uno dei tanti italiani che hanno dato la vita per il loro paese. Il mio bisnonno ha trascorso
tre anni in trincea durante la prima guerra mondiale ed è morto a Brescia durante la seconda,
ucciso da una bomba mentre portava al sicuro dei civili.
Oggi troppa gente dimentica il sacrificio di questi eroi.
A me piacerebbe entrare nell’esercito per difendere la mia patria e dare il mio contributo per
garantire a tutti la libertà.
Grazie a Giuseppe, al tenente Bianchi, al piccolo tamburino e al papà Nanni.
Dal diario del tamburino
(31, sabato) ore 9 della sera
Sangue e fiamme, fiamme e sangue.
Siamo vivi ancora noi due; ma la morte l’abbiamo veduta in faccia più volte.
30 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 8 Diario di alcuni sedicenni del ventunesimo secolo in risposta al tamburino
Mercoledì 29 febbraio 2012
Caro tamburino,
stasera alla TV hanno trasmesso l’amichevole di calcio Italia-Stati Uniti.
L’Italia ha perso 0 -1 e ben le sta.
Quando i giocatori si sono schierati per il canto dell’Inno sembrava che i nostri calciatori non lo
conoscessero neppure o si vergognassero, muovevano a mala pena le labbra.
Ma come? Non si conosce più l’inno di Mameli? Come sono cambiati i tempi …
Mi sei venuto in mente tu, con il tuo entusiasmo, la tua voglia di partecipare per avere una patria tutta
tua, la tua fierezza.
A un certo punto mi è sembrato persino di sentire rullare il tuo tamburo, mentre correvi accanto a Tito
Speri.
Ma il fischio d’inizio della partita mi ha risvegliato e un po’ mi è dispiaciuto.
Dal diario del tamburino
Domenica, 25, sera
Che trionfo ebbi oggi. Non io, veramente, ma il mio caro tamburello…Invece di batterla stando
fermo, come avevano fatto i miei compagni, mi gettai al passo di corsa attraverso il cortile,
suonando come, mi pareva, avrei fatto sul campo di battaglia, a fianco di mio padre, bravo
soldato.
Giovedì 1 marzo 2012
Caro tamburino,
ho appena terminato la lettura delle tue memorie del 1849 e devo dirti che le cose sono molto
cambiate da allora e ormai mi sembrano rimasti in pochi quelli che coltivano gli ideali e i valori
tuoi e di quelli che hanno combattuto per i Bresciani e per l’Italia.
Ora infatti per molti gli interessi personali sono diventati più importanti della patria e questo
immagino ti causi un forte dispiacere…
Venerdì 2 marzo 2012
Devo ricredermi parzialmente su quello che ho scritto ieri sera. C’è ancora chi, a differenza dei
più, crede ancora in certi valori.
Oggi infatti hanno trasmesso alla TV un reportage sulle missioni di pace all’estero in cui l’Italia
è impegnata per difendere popoli oppressi che si trovano in situazioni simili a quelle in cui vi
trovavate voi sotto gli Austriaci e per aiutarli a costruire la loro nazione su basi solide e libere.
Sono molti i soldati volontari che scelgono di prendere parte a queste missioni, esprimendo
un forte sentimento di generosità e altruismo. Ma purtroppo non c’è guerra senza vittime e ogni
tanto qualche nostro soldato perde la vita.
Fortunatamente non sono tanti quante le vittime delle Dieci Giornate, ma ogni morto pesa
sempre, soprattutto se ha perso la vita non per la propria nazione….
Si tratta di giovani che hanno scelto di impegnarsi per un futuro migliore, un po’ proprio come
gli uomini del Boifava o quelli di Tito Speri; giovani coraggiosi che dobbiamo onorare e che
ci onorano e che onorano anche te, tamburino, e quanti come te si sono sacrificati per “l’Italia
una” proprio come la voleva tuo padre; capitani coraggiosi consapevoli che potrebbero anche
perdere la vita.
31 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
progetto 8 Diario di alcuni sedicenni del ventunesimo secolo in risposta al tamburino
progetto 8 Diario di alcuni sedicenni del ventunesimo secolo in risposta al tamburino
26, lunedì
“Boifava è già alle prese col nemico: corriamo a soccorrerlo!” gridò Speri.
Mercoledì 7 marzo 2012
Oggi a scuola si è tenuta una conferenza sui doveri cui siamo chiamati come cittadini e cose del
genere.
Si è parlato di diritto di voto, di partecipazione, di responsabilità. Quando il diritto di voto si è
esteso a tutti i cittadini maschi e poi finalmente anche alle donne è parso, così mi è sembrato di capire,
che fosse una grande conquista e opportunità.
Ma come, se oggi quando si vota non si raggiunge mai il 100%? Si è contenti quando la percentuale
dei votanti si aggira attorno al 60%.
È venuto meno il senso di appartenenza?
Ma a me pare che il diritto di essere italiani deve essere accompagnato dal dovere di partecipare, di
contribuire positivamente alla crescita della propria nazione, anche dalla capacità di condividere e
rinunciare.
Pasqua, 8 aprile
Si è saputo che fine hanno fatto quei disgraziati che nei giorni scorsi sono stati condotti a dozzine
nel castello: ottantatré sono stati fucilati senza ombra di processo.
Dal diario del tamburino
Dal diario del tamburino
Mercoledì, 21 marzo ‘49
Mio padre mi ha destato dicendomi: Andiamo sui Ronchi a veder l’accampamento de generale Boifava.
Domenica, 25 , sera
Riconobbi subito Tito Speri alla corporatura robusta e agile, al colorito bruno pallido e specialmente
agli occhi: occhi neri, parlanti, fatti per comandare in battaglia.
Sabato 3 marzo 2012
Caro Tamburino,
anche oggi notizie di contestazioni e assalti in varie città italiane.
Sono passati centocinquant’anni dalle battaglie, alle quale tu hai assistito e partecipato e
viviamo in uno stato unito e libero, ma ciò non ci assicura dagli scontri e dalle lotte per
affermare il proprio parere o la propria volontà. E lo si fa in modo violento, dal Nord al Sud,
devastando e distruggendo barbaramente. Le grandi città a volte sono prese d’assalto e dopo una
manifestazione si contano i feriti e i danni.
Ieri ho visto anche bruciare delle bandiere, simbolo della nazione e della patria. Per quel tricolore voi
vi siete battuti con onore.
Certo non vorrei essere nei panni di chi fa le leggi in un paese di milioni di persone; non è facile trovare
un compromesso che soddisfi la volontà della singola persona. Ma il punto di partenza è certo sentirsi
membri di uno stesso paese, accomunati dagli stessi interessi, pronti a sostenerci gli uni gli altri,
proprio come avete fatto voi quando si trattava di combattere per un’Italia disunita geograficamente, ma
unita nel cuore.
31 sabato, ore 9 della sera
Ricordo di aver veduto il mio Maestro col fucile spianato e un paio di pistole pronte sul parapetto
della barricata. E dire che quel brav’uomo era così mite d’animo che non avrebbe fatto male a una
mosca! Ma ora si deve combattere, ed eccolo là pronto e fermo al posto del dovere!
1 aprile domenica delle Palme
Sai, Nino, che facciamo? Portiamo su in casa questa povera creatura: avremo tempo di cercare di chi
è figlio: ma io temo che a quest’ora sia già senza padre né madre.
La Bandiera italiana in un
disegno di un allievo della
Scuola primaria Don Milani
di Lonato del Garda
Dal diario del tamburino
30, venerdì
Tu, Nanni, combatti per il Comitato o per l’Italia?
“Io? Io combatto per l’Italia, io!”
31 sabato, ore 1 dopo mezzogiorno
Poiché si deve morire, moriamo bene, con onore!
31 sabato, ore 1 dopo mezzogiorno
Si gettano le braccia al collo, si scambiano il bacio di pace quasi piangendo, poi si avviano insieme
al posto loro assegnato ai piedi del Castello. Miracoli dell’amor di patria!
32 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
33 Le vie dell’arte Unità e identità: 150 anni di storia
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Percorsi didattici Unità e identità: 150 anni di storia Le