VII GIOVEDÌ 19 FEBBRAIO 2015 GustaLO il Cittadino NELLA PARROCCHIALE L’OPERA Negli affreschi il racconto della Passione Un crocifisso “salvato” dalla devozione L’immagine di Cristo venerata a Borghetto è una magnifica scultura della prima metà del XVI secolo, caratteristici di quel periodo sono capelli e barba veri n Tra acqua e crocifissi c’è un legame speciale, tanto antico e profondo da apparire a noi oggi misterioso. Pensiamo al Crocifisso della Maddalena o a quello, reso celebre da Guareschi, di Brescello, portato da don Camillo sulle rive del Po: invocati contro le piene, per riportare “la serenità dell’aria” dopo lunghissime pioggie o, al contrario, per porre fine alla siccità. Anche il Santo Crocifisso di Borghetto non sfugge a questa “regola”. «Sull’origine autentica di questo sacro monumento... non si possono dare sicure e fondate notizie, ma se si interrogano i vecchi del paese, rispondono aver sempre sentito da altri vecchi che questa bella scultura sia stata portata a Borghetto dalla acque del Sillaro, e che da queste sia stato levato per depositarlo nella chiesa parrocchiale». La tradizione, così testimoniata in una visita pastorale del 1847, fu tradotta in immagine dal parroco Giuseppe Rolla (nel 1932 divenuto vescovo di Forlì) che nel 1923 commissionò a Cesare Secchi due dipinti nel presbiterio: su un lato il Ritrovamento del Santo Crocifisso (un’opera riuscita, che immerge il “miracolo” in un senso vivo e moderno della natura) e sull’altro – con un accostamento aulico e forse anche un po’ ardito – il Ritrovamento della Vera Croce. Lo stesso monsignor Rolla provò, in un libretto stampato nel 1926, a suggerire un fondamento storicamente plausibile alla tradizione, alludendo a «una delle tantissime e frequenti inondazioni che allagavano intere regioni, in quei tempi nei quali i corsi d’acqua non erano affatto arginati, come lo sono presentemente». Il restauro, condotto alcuni anni fa, ha però dimostrato che il Crocifisso non è mai stato a immerso in fiume: lo dicono lo stato del legno e l’ottima conservazione del colore originale, trovato sotto due strati di vernice. L’immagine di Cristo è una magnifica scultura della prima metà del XVI secolo. Il corpo appare come scavato e slogato dal martirio mentre il volto, per contrasto, è dolce e sereno. Ma a caratterizzare l’opera sono soprattutto la capigliatura e la barba vere, che accentuano il realismo – e l’identificazione tra Gesù e fedele. L’uso di veri capelli era molto diffuso all’epoca – se ne può trovare un esempio nel Crocifisso dell’abbazia di Morimondo – ma il mutare delle esigenze liturgiche e dei gusti ha fatto sì che la maggior parte delle immagini di questo tipo siano andate perdute. A “salvare” il Santo Crocifisso di Borghetto è stata la devozione. Che nel Settecento toccò l’apice, grazie anche alla fama (non priva di controversie, come documenta il libretto edito diversi anni fa dalla parrocchia) di immagine taumaturgica, che richiama molti fedeli. È così che negli anni 70 del Settecento il Crocifisso viene tolto dall’alto dell’architrave del presbiterio, dove era collocato fin dall’origine, per essere sistemato in una nuova, monumentale nicchia che ora chiude, in modo spettacolare, l’abside. E lì ancora si trova. Nel Settecento fu realizzato anche un meccanismo che – come alla Maddalena di Lodi – faceva calare la scultura sull’altare. Meraviglia e penitenza, è la quaresima nel segno del Santo Crocifisso. Alessandro Beltrami Amore ed eccellenza alimentare si sposano in casa Ferrari Formaggi IL CONCORSO Uno dei prodotti “Cuor di forma” con cui si può vincere un week end in una spa grazie a “Un affare di cuore” n Eccellenza alimentare, sapori autentici e relax in coppia caratterizzano i mesi di febbraio e marzo di Ferrari formaggi, l’azienda leader di Ossago. Mentre gusto e fortuna sono le parole d’ordine del concorso “Un affare di cuore” del caseificio lodigiano che permette di vincere un week end di relax in una spa per due persone: una coccola perfetta per chi vuole trattarsi bene tutti i giorni anche partendo dall’alimentazione. Per partecipare basta acquistare almeno uno dei prodotti della linea Cuor di Forma, i blocchetti di Grana Padano e Parmigiano, privi di crosta, confezionati in atmosfera protettiva a garanzia di un formaggio sempre fragrante e friabile come appena tagliato. Conservando infatti lo scontrino si potrà sfidare la fortuna collegandosi al sito http:// www.unaffaredicuoreferrari.it. Il concorso sarà valido per tutto il mese di febbraio e marzo. Ecco i prodotti che fanno parte della “famiglia” Cuor di Forma con la quale si partecipa al concorso. Si parte dal Grana Padano Vuor di Forma (confezioni da 150 grammi e 250 grammi): si tratta di Grana Padano Dop proveniente dai caseifici selezionati da Ferrari, nel taglio “blocchetto” proposto per primo sul mer- cato da G. Ferrari. Cuor di Forma Grana Padano Ferrari è prodotto con latte lodigiano noto per la sua qualità. Stagionato oltre 16 mesi, ha un gusto e un’aroma accentuati che richiamano note di frutta secca e di fieno. Chi preferisce un gusto più intenso può scegliere il Grana Padano Riserva Cuor di Forma (confezione da 150 grammi). In questo caso si tratta di Grana Padano Riserva Dop, sempre proveniente dai caseifici selezionati da Ferrari e nel taglio “blocchetto”. Occorrono 20 mesi di attenta stagionatura per il Cuor di Forma Grana Padano Riserva, che conferiscono al formaggio un gusto intenso, ricco di note floreali. Infine c’è il Parmigiano Reggiano Cuor di Forma (confezioni da 150 grammi e 250 grammi). Un Parmigiano Reggiano Dop anche in questo caso proveniente dai caseifici selezionati da Ferrari e nel taglio “blocchetto”. Per Cuor di Forma Parmigiano Reggiano, Ferrari utilizza solo formaggio stagionato oltre 22 mesi. Grazie alla stagionatura, gli aromi del formaggio si accentuano e si possono apprezzare note di burro, frutta secca e agrumi. Per maggiori informazioni sul marchio Ferrari e tutti i prodotti: www.ferrariformaggi.it LA PASSIONE Il crocifisso in processione e il complesso di affreschi con il compianto su Cristo n La chiesa di Borghetto Lodigiano conserva altre immagini legate alla Passione di Cristo. L’ultima cappella a sinistra conserva lacerti di affreschi di fine Quattrocento - primi Cinquecento, di gusto umanista, nella cui parte superiore si vede l’imago Pietatis, l’“Uomo dei dolori”: Cristo emerge con il busto dalla tomba, gli occhi chiusi e le mani incrociate sul ventre. È un’iconografia molto diffusa, che ha un preciso richiamo eucaristico: la tomba corrisponde all’altare mentre Cristo al pane consacrato. Alle sue spalle sono raffigurate le arma Christi: come in una sorta di lista visiva, tutti gli strumenti della Passione, dalle tenaglie ai chiodi alla scala alla spugna, costituiscono una sorta di racconto sintetico e quasi astratto del sacrificio da cui dipende la nostra Salvezza. La terza cappella a sinistra presenta invece un piccolo ma notevole complesso di affreschi del primo quarto del XVI secolo. Al centro è il Compianto su Cristo morto, i cui i riferimenti iconografici sono da cercare nel perduto tramezzo dipinto da Foppa per la chiesa di Sant’Angelo a Milano, noto grazie a copie antiche. L’ispirazione foppesca crea però un certo contrasto con la rigidità arcaizzante del gruppo. Bellissimi i due affreschi ai lati con San Girolamo e il Battista, opera di un’altra mano attenta al naturalismo e alla resa mimetica dei dettagli. Nel dipinto di destra il Battista presenta un ragazzo, la cui presenza è forse da legare alla famiglia Rho, feudatari di Borghetto e “patroni” della parrocchiale. La giovane età del ragazzo, ancora adolescente, suggerisce che il ritratto sia di natura funeraria. L’accostamento al santo fa intendere che il giovane, probabilmente, si chiamava Giovanni. A. B.