Chi era Gabrielle Bossis?
Impossibile rinchiudere in una “copertina” un personaggio traboccante qual era lei, Gabrielle.
La sua vita fu una fioritura ininterrotta, fino alla morte. Bimba timida e introversa, si schiuse presto in
una fanciulla amabile e sensibile, che poi sbocciò splendidamente in una giovane donna piena di
fascino. Radiosa, conversatrice brillante ma mai banale, eccelleva in tutte le arti femminili del tempo e
fu anche un’intrepida sportiva, cavallerizza e camminatrice instancabile. Sempre attiva e generosa nelle
opere di apostolato parrocchiale, era soprattutto presente dove si soffriva, come quando nel 1917 fu
Crocerossina al fronte di Verdun, adorata dai “suoi” soldati feriti.
Rimasta nubile, nonostante le innumerevoli domande di matrimonio, Gabrielle conservò sempre negli
anni la sua freschezza e il suo entusiasmo per esperienze nuove: è così che nel 1923, quasi
cinquantenne, divenne autrice e attrice di “commedie sociali”, premiate e rappresentate in Europa e
oltre, sulle scene dei Patronati dove il suo slancio contagioso rendeva indimenticabile il suo
messaggio. Ma gli strepitosi successi non attutirono mai in Gabrielle il bisogno innato – e nascosto fin
da piccola – di un colloquio intimo con il Signore. Finalmente a 62 anni, su un transatlantico che la
portava a recitare in Canada, essa iniziò a intrecciare e ad annotare le sue “conversazioni
spirituali” con una Voce, la Voce di Cristo. Per 14 anni questo suo meraviglioso diario “a due voci” –
Lui et moi, “Lui e io” – si dipanò nel più assoluto segreto.
Al termine della sua vita, Gabrielle accettò di pubblicarne un’antologia poiché la Voce divina aveva
vinto la sua riluttanza a diffonderlo dicendole:
«E perché no?… Io mantengo il mio fuoco in te, non perché tu bruci sola, ma perché tu
propaghi l’incendio segreto».
Lasciamoci dunque incendiare da “Lui” e Gabrielle. Ne vale la pena.
Biografia di Gabrielle Bossis 21 ottobre
Nantes, 1874-1950
«Era ora che la vita straordinaria di Gabrielle Bossis
uscisse dall’ombra!
È riuscita a trarla alla luce, quasi dal nulla, Lucia Barocchi.
La sua charmante e attachante biografia,
riscaldata da un antico e quotidiano amore,
ci fa sentire Gabrielle così vicina
che il folgorante messaggio di lei
non può non entrarci nel cuore e restarci.»
Patrick de Laubier, Università di Ginevra, dicembre 2005
Soltanto poco tempo prima di morire Gabrielle Bossis aveva confidato al suo confessore, il gesuita
padre de Parvillez, la singolare esperienza interiore che essa viveva da quasi 10 anni e gli aveva fatto
leggere alcuni piccoli quaderni dove lei annotava via via suoi dialoghi con una Voce che le diceva di
essere la Voce di Gesù.
Quella lettura emozionò e conquistò il colto sacerdote che subito prese a cuore la stampa di quei
manoscritti. Fu per il suo zelo che nel 1949, dopo le drammatiche vicende della guerra, l’editore
Gabriel Beauchesne pubblicò a Parigi un primo volume antologico di quelle “Conversazioni spirituali”
che la stessa Gabrielle aveva curato e intitolato «Lui et moi» (Lui e io). Questa raccolta uscì priva del
nome dell’autore, come lei desiderava, ma era valorizzata da tre firme autorevoli, poiché il vescovo di
Nantes, monsignor Villepelet, il gesuita Lebreton della Facoltà teologica di Parigi e lo stesso padre de
Parvillez ne scrissero le prefazioni sottolineando l’ortodossia, la bellezza e il rilevante spessore mistico
del diario.
Il volumetto si diffuse ad un ritmo sorprendente e in poco tempo fu esaurito. Molti lettori, entusiasti,
sollecitarono con insistenza la stampa di nuovi estratti, dichiarando di trovare in quelle pagine un
singolare fuoco che li aiutava a mettere Dio al vertice legittimo nei loro pensieri. Questa sbalorditiva
accoglienza convinse tutti a proseguire nell’impegno: Gabrielle – sebbene già gravemente malata –
curò una nuova scelta di brani da pubblicare in un secondo volume, che uscì postumo nel dicembre del
1950 con la prefazione dell’Accademico di Francia, Daniel Rops. Rops svelò finalmente il nome
dell’anonima scrittrice e ne fece un ritratto vibrante, concludendo:
Gabrielle Bossis fu senza dubbio una grande mistica, e gli estratti del suo diario sono il resoconto,
quasi la stenografia, di ciò che essa ricevette in un sublime Solo-a-sola con Gesù. I colloqui hanno un
suono di pienezza e di semplicità che li assimila ai più autentici capolavori della letteratura
spirituale.
La pubblicazione integrale del diario Lui e io fu completata da Beauchesne fra il 1951 e il 1957 in sette
volumetti che si trovano ancora nelle librerie francesi e sono stati tradotti in varie lingue.
Conosciuta l’identità di Gabrielle Bossis, molti lettori hanno cercato di trovarne le tracce a Nantes e
soprattutto a Le-Fresne dove è sepolta e dove la sua tomba è da allora meta di visitatori di ogni parte
del mondo. È quello che abbiamo fatto anche noi, con dentro la passione di scoprire non solo i luoghi
ma anche la personalità di lei. Passione che è stata ampiamente ripagata dalle emozioni provate, prima
fra tutte (come vedremo poi) l’emozione di un dono straordinario: uno dei quaderni di Gabrielle, il
decimo, è arrivato nelle nostre mani. Miracolo! È l’unico manoscritto finora ritrovato di Lui e io.
I frutti delle nostre ricerche, insieme a documenti e brani del bellissimo diario, animano questa
Biografia.
Gli anni giovanili
La famiglia Bossis era originaria della Vandea e doveva la sua ricchezza al mare. Un bisnonno aveva
sposato un’aristocratica e aveva trasmesso alla famiglia un bel lustro e un bel patrimonio. Il padre di
Gabrielle, Augusto, non ebbe quindi altra professione che quella di proprietario, impegnato a
custodire i molti beni che possedeva. Era, a detta di tutti, un uomo buono e di profondi sentimenti
religiosi.
La moglie Clémence, che tutti definivano una santa, guidava con dolcezza il ménage familiare,
vegliando sui bambini e sul numeroso personale domestico. Tenera e comprensiva, attingeva la sua
saggezza dalla continua preghiera. “Io credo – affermava il marito ridendo – che dica il suo rosario
anche a tavola!”.
Quando nacque Gabrielle – Gaby – ultima di quattro figli, i Bossis abitavano a Nantes nell’arioso viale
de Launay al numero 15. Sebbene la madre la circondi di cure e i fratelli maggiori – Auguste, Clémence
e Marie – l’amino con protettiva tenerezza, non è facile per la piccina, tanto sensibile, l’impatto con la
vita.
Timida all’eccesso, questa fanciullina – così la dipinge l’amica Madame de Bouchaud – si spaventa ai
giochi rumorosi, teme le riunioni affollate, piange di continuo! Quante e quante lacrime! Gabrielle,
che traverserà mari, deserti e oceani, che avrà tanto ascendente tra gli amici, che animerà tanti
gruppi con le sue brillanti iniziative, non ama per il momento che restare appartata nei cantucci
della bella casa.
Nelle nostre ricerche abbiamo scoperto un testimone preziosissimo della vita di Gabrielle: l’album
delle fotografie che lei stessa ha ordinato e annotato.
Così incontriamo per la prima volta Gaby: la graziosa bambinaia la tiene in braccio, mentre la bimba
guarda imbronciata l’obiettivo, con gli occhi appannati dalle facili lacrime…
Dovunque poi, ecco i fratellini Bossis in primo piano. Ma quasi sempre l’obiettivo ne coglie soltanto tre.
La piccina non c’è, o la si intravede appena, sempre qualche passo indietro, sempre pronta a
nascondersi… La sua straordinaria personalità non è sbocciata. Ma “Lui” sapeva bene cosa c’era in quel
bocciolino… E tanti, tanti anni dopo le rammenta, come si legge nel diario:
«Ti ricordi? Quando eri piccola nelle sere d’estate, a Le-Fresne, tu andavi tutta sola sulla
terrazza e mi cercavi tra la Loira e le stelle. Dicevi: Vado a pensare. Tu cercavi me e io mi
lasciavo prendere…»
«Ricordi? Eri piccola e mi cercavi, andavi a nasconderti nella camera buia dietro la
cucina della nonna; là, in un angolo, c’era un grande pagliericcio arrotolato; tu entravi
dentro, e quando si diceva: Dov’è Gabrielle?, tu tacevi e pensavi: Io sono con il buon
Dio».
«Ti ricordi? Quando eri piccola avevi scritto sul tuo quaderno: Parlate, Signore, la vostra
serva vi ascolta».
A sei anni, il pulcino di famiglia fu messo a studiare dalle “Dame nere” (Dames noires, religiose vestite
di nero), le Fedeli Compagne di Gesù. Il bellissimo Collegio, frequentato da allieve benestanti,
occupava una grande area nel quartiere dei Bossis. La disciplina era assoluta, gli studi severi. Ma le
Dame nere si preoccupavano anche di dare alle fanciulle un’educazione con un “tocco di classe”. Una
pronipote di Gabrielle ci ha raccontato che talvolta le suore, per educare le giovanette ad un incedere
aristocratico, le facevano camminare con una grande croce dietro le spalle. Viene da sorridere
pensando che Gabrielle doveva il suo famoso portamento eretto ed elegante alle volte in cui aveva fatto
il piccolo “Cireneo” a scuola!
Ormai il collegio ha cambiato sede, ma l’antico nucleo di allora è rimasto tal quale, sotto la coltre
romantica dell’abbandono: la bella e svettante chiesa neogotica, la galleria vetrata che dava accesso alle
aule, le enormi aiole di ortensie cerulee e un parco con grandi cedri spioventi sono ancora là. E ancora
là, su quel prato solitario, si erge impressionante e bellissima la bianca statua del Cristo che offre il suo
Cuore…
In questa suggestiva cornice la piccola Gaby si preparò alla Prima Comunione. Ma anche in quel giorno
di festa – il 10 giugno 1886 – la fanciulla restò, come sempre, silenziosa e pensosa. Se ne dette la colpa
alla sua solita timidezza. Ma la Voce, anni e anni più tardi, ne svelerà un ben diverso motivo:
«Ti ricordi il giorno della tua prima Comunione? Tu non osavi neppure muoverti, tanto
eri conscia che io ero dentro di te. Sì, io sono lì!»
E nella foto di circostanza, ancora in cornice sul suo tavolino a Le-Fresne, lo vediamo questo sincero
raccoglimento, nel visino dolce e attraente, negli occhi chiari sotto l’ampio arco delle sopracciglia, nello
sguardo limpido e assorto.
Nell’Istituto, anno dopo anno, si cominciano a scoprire i suoi molteplici doni. Ci fu una Superiora che
l’amò molto; era inferma e forse anche questo favorì i legami affettuosi con la giovanetta così
premurosa con chi soffriva.
Superata l’adolescenza, Gabrielle non resta ancora a lungo nei cantucci. Da timida e introversa che era,
si trasforma ora in una éclatante mademoiselle, gaia e socievole, dalla conversazione vivace e
profonda.
È questo il primo “colpo di scena” della sua vita, che sarà ricca di “sipari” sempre nuovi, sempre
sorprendenti.
Nel suo album la si vede ora con maggiore frequenza nelle feste, nelle cerimonie o nei viaggi a cui tutta
la famiglia partecipa. Eccola, giovanissima, seduta sul tronco di un albero, figurina deliziosa con i folti
capelli raccolti in una treccia sotto la “paglietta” di educanda; ed eccola ventenne, in riva al mare, che
incanta come una fanciulla di Monet. E ancora eccola, in tante altre foto di un tempo felice: corse di
cavalli, battaglie di fiori, gare di gondole, galà di beneficenza nei parchi…
Fra i venti e i ventiquattro anni Gabrielle, non riusciva a capire la sua autentica vocazione e fu turbata
da lotte intime che un suo confessore, padre francescano, conobbe e forse acuì suggerendole di
abbracciare la vita religiosa. A lui sembrava – e lo si può ben capire – che il riparo di un convento
potesse essere la scelta più giusta per quell’anima di cui s’intravedeva tanta sensibilità. Ma infine essa
obbedì ad un impulso interiore che la voleva nel mondo anziché nel chiostro. Tuttavia, l’attrattiva per
la spiritualità francescana dovette rimanere sempre forte in lei, che divenne Terziaria di San Francesco:
con quell’abito volle essere sepolta e con questo nome è ricordata sulla tomba.
Alle afflizioni di quel periodo giovanile, Gabrielle accennerà soltanto una volta nel diario, molti anni
dopo: Mi si credeva lieta e leggera nella mia gioventù, ed era invece il momento in cui provavo le più
grandi pene dell’anima…
Finché giunse il tempo del primo dolore: nel 1898 il buon papà Bossis muore. La dolce catena degli
affetti familiari si spezza per la prima volta.
Gaby ha ventiquattro anni; con la madre e la sorella Clémence, delicata di salute, soggiornerà a lungo
sulla Costa. L’intimità più stretta con le due care persone e la vivacità allettante della società
internazionale che esse frequentano, aiutano la fanciulla a sbocciare splendidamente. Le fa da guida
Clémence che ha interessi e gusti simili ai suoi, coltiva rapporti e corrispondenza con amici importanti,
ama tutte le cose belle e spirituali.
E Gabrielle si lancia nella vita. È troppo viva per rimanere fuori dal mondo, troppo attraente di dentro
e di fuori per restarne ancora ai margini. Straordinariamente dotata per ogni forma d’arte, tutto le fu
facile: dalla pittura alla musica, alla scultura, al canto, al ricamo, alla danza che le era così congeniale.
La sua vitalità si manifestava anche con la pratica di tutti gli sport dell’epoca, compresa la bicicletta e
l’equitazione; sembra che abbia primeggiato in tutto, con l’entusiasmo che metteva in ogni cosa. E
quante passeggiate a piedi, e di quanti chilometri! Stupirà sempre tutti con il suo passo trionfante, con
il brio che non l’abbandonerà mai.
E il suo aspetto? Gabrielle non possiede la bellezza classica ma ha qualcosa di più. Di più raro e di più
avvincente, ha la bellezza indefinibile che si chiama charme. Incanta. È alta, snella, armoniosa. Ha
tratti signorili e spirituali. Ha l’arte di allietare. La sua indole dinamica si traduce ammirevolmente nel
gesto e nel portamento.
Di intelligenza rapida, capisce e agisce prima che altri abbiano pensato. E perciò, la “santa pazienza” è
una virtù che deve continuamente invocare!
E la sua vita sentimentale? Certo, attraente com’era, Gaby non passò mai inosservata. I pretendenti
alla sua mano furono molti non solo nel fiorire della sua gioventù ma anche nel suo sfiorire.
E il suo cuore? È mai stato conquistato? A risponderci c’è soltanto l’amica de Bouchaud che racconta:
Si parlava del più e del meno un giorno in famiglia; qualcuno di casa allora si divertì a scavare nel
passato di Gaby, per sapere da lei se aveva dei rimpianti per qualche pretendente respinto, se ne
aveva pianto, se… Gabrielle rideva a tutte queste domande, e con la solita franchezza rispose: “Oh,
fra quelli che avrei potuto sposare ce n’è stato uno o due forse… Ma non è andata. Sì, ne ho pianto…
per due ore!”.
Una delle pronipoti ha precisato, sorridendo al ricordo:
Zia Gaby aveva ricevuto molte proposte di matrimonio ma diceva di averle tutte rifiutate, sentendo
che non era la sua strada. Zia Gaby era più dotata per la musica e il teatro… Il ménage le importava
poco, per la verità.
In quegli anni Gabrielle, pur sempre fedele ai suoi principi morali e mai frivola, fu quasi conquistata
dalla vita “di società”. Quante volte la Voce dovrà trattenerla dalle distrazioni del mondo, quante volte
le chiederà di non tornare mondana…
Dopo alcune visite che mi avevano trattenuta per tutta una giornata, Lui mi disse:
«Se tu ridiventassi mondana, non penseresti più a me».
Soltanto una volta, in un bellissimo dialogo, Gabrielle si difese da questi miti rimproveri di Cristo;
quando un giorno Lui con mestizia la esortò:
«Non lasciarmi mai… Non dovremmo, noi, essere sempre l’una per l’altro?»
Lei dolcemente protestò:
“Signore, ma non è stato sempre così dal giorno della mia prima Comunione?”.
Il nuovo secolo porta a Gabrielle nuove lacerazioni. La sua vita a tre con la madre e la sorella ha fine.
Nel 1908 muore la mamma e nel 1912 le viene a mancare anche l’amata Clémence. Ma restata sola
Gaby, che ormai ha superato i trentacinque anni e ha lasciato il calore della sua prima casa per
trasferirsi nel palazzo accanto (numero 17) ereditato, non si chiuderà in se stessa. Anzi, cercherà
coraggiosamente di fecondare la solitudine con interessi e impegni più generosi di prima. Ora Gabrielle
lavora regolarmente nel laboratorio di arredi liturgici per le Missioni, che aiuta anche in modo concreto
con notevoli contributi. Insegna regolarmente catechismo e partecipa alle varie iniziative parrocchiali a
Nantes e a Le-Fresne. Prende il diploma di infermiera ed è crocerossina di guerra durante il conflitto
mondiale del 1914-1918, prima negli ospedali della sua regione, poi al fronte. Dovunque, il suo servizio
è apprezzato per l’intelligenza, la prontezza e la carica di simpatia umana con cui essa lo svolge.
Pare che i “suoi” soldati l’adorassero; ed è a loro, ai suoi cari feriti, che essa ha dedicato la più nitida e
attraente fotografia dell’album: Gaby, crocerossina a Verdun, a quarantadue anni!
Durante la guerra un nuovo lutto la colpisce: Jean, il suo nipote prediletto, muore da eroe nel cielo di
Verdun. È un dolore così forte che lei non poteva neppure parlarne.
Tuttavia Gaby resta socievole, intrattiene molte relazioni, rivolge le sue premure a parenti piccoli e
grandi. Con i redditi delle belle proprietà ereditate dai genitori fa omaggi, offerte, elemosine,
specialmente alle sue due parrocchie, Nantes e Le-Fresne. Una Messa è celebrata ogni giorno nel
palazzo del viale de Launay.
Al Fresne si sente sempre più appagata per la vita semplice e raccolta che si conduce in quella
residenza familiare. Le-Fresne-sur-Loire è un incantevole luogo di villeggiatura a circa sessanta
chilometri da Nantes.
I Bossis, proprietari di un antico monastero trasformato in un’accogliente dimora, vi passavano i mesi
estivi. Gaby l’adorava e aveva decorato con estro porte e pareti del salottino d’ingresso.
Il signorile villino si allinea in un filare di altre case, affacciate su di una via silenziosa che le separa dai
rispettivi giardini sulla Loira, cullati dal grande fiume che ne lambisce gli alti argini murati a terrazza.
È questa, appunto, la terrazza familiare, il terrapieno alberato e fiorito dove si trascorre al fresco
buona parte della giornata, si prende il tè, la colazione e la merenda, si legge, si ricama, si ricevono gli
amici.
Qui Gabrielle coltiva i suoi fiori, inventa ghirlande di rose, gode i trilli degli uccelli, la fantasia delle
nuvole, il raccoglimento più soave…
Qui ascolta il silenzio: una nipote ci ha detto che spesso, al Fresne, zia Gaby interrompeva un gioco o
un discorso, per dire ai piccoli: “Sssh! Ascoltate il silenzio!”. Qui ritrova, in una cornice rimasta sempre
uguale, i ricordi della sua adolescenza. Qui, ormai anziana, scambierà con Lui, con la sua Voce, i
colloqui più indimenticabili.
L’esperienza teatrale
Gabrielle ha quasi cinquant’anni. Un nuovo sipario si apre su un nuovo, splendido “atto” della sua
esistenza. Con il privilegio di una prolungata giovinezza, Gabrielle fiorisce.
L’impulso a una nuova esperienza le fu dato in maniera imprevista dal curato di Le-Fresne, don Olive,
un sacerdote illuminato che la conosceva fin da fanciulla e che aveva curato la sua crescita spirituale.
Già molti anni prima don Olive l’aveva spronata: “Andate al largo!”. Poi, nel 1923, le dice a bruciapelo:
“Le commedie che volevo far recitare alle giovani della parrocchia sono ridicole, assurde. Fatemene
una voi.”
Gabrielle, disponibile come sempre, ci prova. Scrive e interpreta lei stessa, recitando con le giovani
parrocchiane, una fresca operetta morale: Le charme (Il fascino). La trama, abile e commovente, cerca
di persuadere le giovani a non farsi abbagliare dal fascino delle grandi città, dove non troverebbero che
delusioni e miserie, e a non sradicarsi dal fascino del loro ambiente semplice ma puro. La recita
conquista tutto il teatro. Don Olive, conquistato a sua volta, organizza allora molte repliche e invia
l’improvvisata troupe in altre parrocchie dove l’accoglienza è altrettanto entusiastica. Fu come uno
spontaneo tam-tam da teatro a teatro. La missione di Gabrielle era cominciata, “prendeva il largo”.
Per anni Mademoiselle Bossis passa di palcoscenico in palcoscenico mentre inventa sempre nuovi testi
teatrali: in circa tredici anni, compose tredici commedie in tre atti e quattordici “scenette” o balletti,
che chiudevano in festa le serate di beneficenza.
In tutti i testi c’era sempre un personaggio di spicco che si confaceva alla sua età, al prestigio della sua
figura. Non si deve pensare che Gabrielle bamboleggiasse in ruoli di giovanetta. Tutt’altro. Ora si
ritagliava la parte di una vecchia zitella, ora quella di una mendicante che sfamava una nidiata di
marmocchi straccioni, e così via. Erano ruoli che le consentivano, circondata da fanciulli, di regalare
all’uditorio la sua allegria ma soprattutto i suoi messaggi morali e spirituali.
Per un dono innato di attrice, un gusto originale, una grazia al tempo stesso riservata e suggestiva,
Gabrielle divenne presto una “stella”. Gioiosa e travolgente, si prodigava in fantasie spassose, in mille
invenzioni esilaranti. Nei ruoli commoventi, poi, era addirittura splendida. Sempre persuasiva, essa ha
seminato il Bene dovunque ha recitato, ambasciatrice itinerante del Signore, comédienne du bon Dieu,
come lei si definiva.
Quanti contatti fra anima e anima ha annodato così, con le persone che l’accolgono nelle sue tournées,
con l’uditorio che l’applaude, con le giovani attrici che istruisce durante le soste, con i religiosi che
incontra! Il suo nome diviene presto famoso in Francia e ben oltre. Per anni e anni, fino alla vigilia
della morte, Gabrielle va di tournée in tournée, sempre con lo stesso entusiasmo.
È il tempo degli “Oratori”
Le fotografie del suo album, ora, sono come un filmato della sua instancabile vita di palcoscenico:
primadonna in mezzo a giovani attori naïf.
La cosa meravigliosa in quest’avventura umana non è soltanto il fatto che lei sia diventata, a quell’età,
attrice celebrata ma che abbia avuto anche l’estro della regia, utilizzando localmente gruppi di
giovanette impreparate e realizzando spettacoli convincenti in cui tutti si divertivano, spettatori e
attori.
I successi furono sempre strepitosi; anche gli esperti furono incantati dalla sua grazia. Un giorno, un
famoso regista le domandò ammirato: “Mademoiselle, il vostro riso che mette in allegria un’intera sala,
è un riso imparato o un riso naturale?”. E Gabrielle, scoppiando magnificamente a ridere rispose:
“Monsieur, io non ho che un riso, ed è questo!”.
Nel 1929, Gaby era a Parigi per una recita di beneficenza. Padre de Parvillez, che poi sarebbe divenuto
un amico prezioso, la vide sulla scena e le scrisse lodandola.
Grazie, Padre mio – gli rispose lei con schiettezza – ho avuto un gran piacere a leggervi, perché
anch’io credo che la mia missione sulla terra è quella di dare gioia; e voi lo confermate con tanta
benevolenza per la vostra povera attrice.
Intanto, la fortuna teatrale della prima commedia di Gabrielle attira l’attenzione di una casa editrice
specializzata in testi destinati a oratori e patronati: Le charme viene pubblicato e ottiene un successo
editoriale. D’ora in poi tutti i lavori di lei vengono subito stampati e diffusi.
Mademoiselle Bossis è ormai una celebre scrittrice, oltre che una nota attrice. I suoi testi circolano
ovunque con il suo nome e indirizzo. Si comprende così per quali canali la popolarità di lei si sia estesa
a tanti Paesi, anche i più lontani, dove si richiedeva la sua presenza come attrice, regista, scenografa,
costumista…
Ogni operetta brillava non soltanto per il soggetto, permeato di riflessioni spirituali, ma anche per il
dialogo vivace, naturale, senza affettazione o pedanteria. Gabrielle aveva intuito che si dovevano
portare alla luce le verità quotidiane della gente; perciò i protagonisti delle sue opere teatrali non erano
i fortunati della Belle Époque, erano gli eroi della strada, squattrinati ma ricchi nell’anima. Con quasi
vent’anni di anticipo, insomma, Gabrielle promuoveva il Neorealismo!
Tuttavia le sue motivazioni erano assolutamente estranee ad ambizioni letterarie; essa mirava soltanto
all’apostolato, ad elevare le anime catturandole. Padre de Parvillez ben comprendeva le aspirazioni di
Gabrielle e, come molti altri autorevoli religiosi, la elogiò in una bella premessa:
Voi piacete, Mademoiselle, e non soltanto a quelli che ridono o piangono ascoltando le vostre eroine;
voi piacete all’uditorio invisibile per il quale, dice la Scrittura, ciascuno di noi è uno spettacolo:
uditorio composto da Dio e dagli Angeli, uditorio il cui applauso vale più di tutti i premi letterari del
mondo e che sarà un giorno, dopo molto lavoro, la vostra ricompensa definitiva.
Per meritare l’applauso di tale uditorio, Gabrielle non risparmiava sacrifici: non solo prodigandosi
sulla scena, ma organizzando da sola tutti i viaggi, sostenendo le spese delle continue e costose
tournées, confezionando lei stessa tutti i costumi e trascinandoli con sé in pesanti valigie.
Sfogliando l’album con le tante fotografie che Gabrielle ha incollato in questo tempo, ci pare che un po’
di clima mondano vi faccia capolino ancora, specialmente in quelle di propaganda teatrale ma, subito
dopo, ecco le istantanee che colgono l’altro volto di Gabrielle: un’automobile immensa e zeppa di gente
a Lourdes, dove lei organizzava gli annuali pellegrinaggi; un barcone sulla Loira, dove portava in gita la
gente semplice di quei luoghi; la sua terrazza a Le-Fresne, con una nidiata di fanciulle che le si
stringono intorno…
Ciononostante, la vera Gabrielle non era conosciuta.
Vedendola partire tanto spesso per le sue grandi e piccole tournées – racconta un’amica – la gente
del posto la invidiava, ha guardato soltanto alle apparenze. Era una signora, era elegante, vestiva
spesso di bianco. Alcuni dicevano che ne aveva fatto il voto. Portava sempre un cappello a larga tesa
e le camicette démodées, con il collettino rigido sottogola. Era un’attrice famosa, un personaggio
originale. Si pensava che tutto le fosse facile e non fosse frutto di virtù.
Si credeva, insomma, che quella vita errabonda le piacesse più di una vita nascosta, di raccoglimento.
Pochi compresero allora che la vita pubblica di Gabrielle non era una scelta, era un servizio
comandato. Ma Lui invece sapeva… e più tardi, in un colloquio del 15 dicembre 1949, le dice:
«Ti ricordi la parola d’ordine che il tuo confessore ti aveva dato quando eri giovane?
“Andate al largo!”. E tu sei andata al di là delle frontiere, all’altro capo della terra…
perché era per me! Il mare, la strada, l’aria, il tempo erano per me! Poiché tu eri la mia
figliolina in servizio comandato».
«Le tue sofferenze passate si perdono nella tua memoria ma restano fruttuose davanti a
me. Tu hai già dimenticato le fatiche dei viaggi, le noie del clima, la sete dei deserti, gli
esili lontani, i lenti ritorni, le lunghe paure, il forte coraggio, i momenti di debolezza.
Ricordati che tu mi hai tutto offerto e che io ho tutto conservato».
L’esperienza mistica
A sessantadue anni, dopo circa tredici anni di apostolato sul palcoscenico, una nuova luce investe
Gabrielle. È l’inizio di “Lui e io”, il suo diario spirituale, il vertice della sua vita: tutto il passato è stato
un’ascesa verso questo vertice.
È il 1936, Mademoiselle Bossis accetta di organizzare un’avventurosa tournée in Canada, sul
transatlantico Ile-de-France. Il dolce far niente che l’attende durante la traversata la invita a fissare in
un diario le sue impressioni. I suoi appunti sono rapidi come foto istantanee; vi si ritrova tutta la
freschezza della sua natura, il suo gusto per le cose belle, la sua attitudine a cogliere il pittoresco.
Ed è qui, nella città natante dell’Île-de-France, nei saloni rutilanti di luci che piovono sulle coppie
equivoche, le donne truccate, le vecchie ossigenate, i prelati romani, le suorine con la fronte fasciata
di lino, i camerieri affannati a servire liquori, è qui sul ponte spazzato dal vento o presso un
pianoforte che diffonde le note dei valzer viennesi e si trasforma in altare per le Messe celebrate
all’alba, è qui che si intrecciano i primi stupendi dialoghi fra Lui e Gabrielle.
C’è una suggestiva foto di Gabrielle in questa lunga traversata: la vediamo a bordo, tutta sola,
appoggiata al parapetto del transatlantico, contro la scia sull’oceano, il suo quaderno in mano… forse il
suo racconto di viaggio (v. Lui et moi, Beauchesne, volume V).
Ne riportiamo qui alcuni stralci per far gustare la vivacità del testo e soprattutto la tenerezza di quei
primi colloqui mistici.
Tournée in Canada, 21 agosto – 4 novembre 1936:
21 agosto. Partenza per l’America sull’Ile-de-France, prima classe declassata. Che lusso questo
battello!… Allora, mettiamoci all’unisono e facciamo lusso di bontà. È mezzogiorno e trenta: comincio
ad avere una fame terribile…
“Signore, Vi ricordate della Vostra fame sul mar di Tiberiade?…”
Sono le quattro, è l’ora del tè sul ponte. Un signore mi fotografa e sua moglie viene a chiedergli che
cosa fa!22 agosto. Prova della cintura di salvataggio. Con le nostre tre pareti stagne, impiegheremmo
sei ore a naufragare, il tempo di confessarci e di cantare un cantico, indossando il vestito più bello per
andare incontro allo Sposo. Io metterò il mio lungo abito azzurro, a lamine argentate, intonato
all’oceano.
Durante il concerto, gli offrivo in fascio i suoni, l’armonia e la dolcezza che ne uscivano. Lui mi ha
detto, come una volta a Le-Fresne:
«Mia fogliolina».
23 agosto. Messa nel salone dei turisti. Si è preparato un altare sul pianoforte.
Pensavo ai gabbiani, agli aerei che vengono a posarsi sui piroscafi. Lui:
«Questa volta è il Cristo».
Dicevo in mezzo al tormentoso rollìo:
“Sapete bene che tutto è per Voi, allora non ve lo dico”. Lui:
«Devi dirmelo perché amo ascoltarlo. Dimmelo spesso. Quando sai che qualcuno ti ama,
sei contenta di sentirtelo dire».
27 agosto. Terra! Agitazione. Sorrisi. Come sono graziose queste coste boscose! Com’è grazioso un
albero! Si vorrebbe abbracciarlo. Passo la notte in treno, sul sedile imbottito di velluto. Non si può
sdraiarsi; il corridoio è in mezzo. La compagna che mi aveva reso un buon servizio insegnandomi a
dormire sulla mia valigia mi lascia alla stazione di Montreal. Che fortuna sentire il francese!
3 settembre. Barriera di Christ River. Che buona accoglienza presso il Gran Capo indiano, che veste il
suo gran costume di penne d’avvoltoio che gli scende alle calcagna, e i pantaloni di cuoio ricamati di
perle e inghirlandati da strisce di lana! Dice alla moglie in lingua Cri: «Regala dei guanti alla
signora francese». E la donna dagli occhietti maliziosi mi offre, il più gentilmente possibile, splendidi
guanti in pelle vera, a perle azzurre e rosse: ne sono stupita..!
8 settembre. C’è festa solenne. Esposizione del SS. Sacramento e distribuzione dei premi per i lavori
esposti a Calgary e a Edmonton. Allora, insegno alle mie piccole selvagge il balletto delle “Bambole
meccaniche”, in inglese e in lingua Cri. Io canto in francese…
Le giovani indigene sono riluttanti a muoversi sulla scena e si coprono il viso vergognandosi, benché
io spieghi loro che sono bambole di legno e di cartone! Ma davanti ai boccoli biondi delle parrucche
restano estasiate. Vorrebbero che sulla loro mascherina mettessi degli occhi azzurri… ma non ne ho
nella mia valigia! Alla fine, è stato un successo folle! E le indianine dal forte odor di muschio mi
regalano sorrisi con occhi semichiusi, e vanno a raggiungere i compagni e le compagne che
aspettano i premi… I piccoli giocano nel loro parco.
La luna piena dolcemente esce dall’estremità della terra. Io penso a quella mia Loira, laggiù…
all’esilio di cui si soffre da missionari, e i miei occhi si inumidiscono…
9 settembre. Si riparte. Ascolto l’ultima messa qui. La cappella, dove è Lui, è accanto alla mia
camera. Ogni volta che passo gli sorrido ed Egli mi dice:
«Sorridi a tutti. Unirò una grazia al tuo sorriso».
Egli approfitta d’una cosa tanto piccola nel suo grande amore!… “Ah! se potessi rinunciare
interamente alla mia volontà, e fare tutto unicamente per amore di Dio: quale rapidità di
perfezione!”. Lui:
«Dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore».
3 ottobre. Winnipeg. Lui:
«Chiudimi nel tuo cuore con un segno di croce, come dietro due sbarre».
4 ottobre. Montreal.
«Quando non ti raccogli, è a me che tu manchi».
25 ottobre. Festa di Cristo Re. Questa mattina, alla messa delle sette, il curato Boulier mi ha
consacrata a Dio, deponendo il mio povero voto sul lino, sotto l’Ostia.
Gli dicevo: “Mi do a Te, con tutta la mia vita. Prega, appari, parla, ama al mio posto, nel mio
posto…”. E Lui mi rispondeva:
«Occupati del mio Amore. Non c’è un orfano più abbandonato di me».
Sillery, Québec. I bambini avevano terminato i loro canti, e io gli dicevo:
“Adesso, non ti parlo più in musica”. Mi ha risposto:
«La mia musica è il tuo amore».
1° novembre. Ritorno sull’Ile-de-France. Lui:
«Credi alla purificazione infinita del mio sangue».
3 novembre. Sull’Île-de-France.
«Non fermarti ai dettagli. Va’ con lo sguardo fisso al mio amore. Tu cadi? Rialzati.
Guardami di nuovo».
Mentalmente poggiavo la testa sulla sua spalla. Lui mi ha detto:
«Me la doni per sempre?».
Un’altra volta mi ha detto:
«Cerco degli affamati».
E io: “Signore, dammi la fame del martirio”. Lui:
«Non prendere che la vita che posso offrirti».
4 novembre. Ero distratta dopo la Comunione, all’ultima Messa sul ponte; Lui mi ha detto
dolcemente:
«Aspetto».
Come restare indifferenti a questo straordinario irrompere di una Voce soprannaturale in una vita
umana? Come non rimanere incantati da questa intesa così delicata? Come se quello fosse il tempo in
cui il Signore quasi la “corteggia”, per conquistare tutto il posto nel suo cuore e legarla a sé.
La tournée in Canada si conclude, ma il diario prosegue tutto spirituale, diviene “Lui e io”. Terminerà
soltanto con la vita di lei. La Voce le ha affidato un nuovo apostolato:
«Non ti chiedo che questo: scrivere. È forse difficile?
Io sono con te… Impiego parole che tu possa comprendere.
Ti ho chiamata allo scambio di una vita interiore, a testimoniarne la semplicità e la
gioia. Vai, secondo ciò che è stato scritto di te nei miei disegni».
La lettura di Lui e io sarebbe soltanto uno sterile diletto emotivo se ci si fermasse allo splendore del
testo e non si cercasse anche di raccogliere la divina Dottrina che vi lievita. Di pagina in pagina,
l’Interlocutore invisibile dipana tutta una lezione d’Amore che orienta quell’anima verso le virtù
fondamentali e la incoraggia a tentare gli sforzi decisivi per la sua crescita.
Lo spettacolo a cui si assiste è quello di una creazione interminata e interminabile:
«Io continuo a crearti».
Il primo impegno che Cristo chiede a Gabrielle è quello di essere un’anima orante. E Gabrielle, che lo è
sempre stata, lo sarà fino alla fine. È questo suo lineamento interiore, più che il fascino esteriore, che
va illuminato nel ritratto di lei. Anche nel turbinio delle sue tournées, essa si è sempre conservata
fedele alla Via Crucis di ogni mattina, all’ora di Adorazione – l’Ora santa del giovedì – al Rosario e
soprattutto alla Messa quotidiana, spesso conquistata miracolosamente fra un treno e l’altro, fra un
piroscafo e l’altro, a costo di sacrifici indicibili.
In Corsica. Per prendere la Messa ho dovuto fare a piedi i sette chilometri che separano
Porto da Piana. Sola, per due ore tra le rocce e il mare. Offrivo i profumi intensi di
questa terra còrsa alla Santa Vergine, e poiché non sentivo la fatica di quella salita
continua, Lui mi ha detto:
«Vedi, come tutto è facile nell’amore».
E ancora:
«Nell’amore, tutto è facile. Anche morire».
Ripetutamente, poi, Gesù le suggerisce di rivolgere la sua preghiera a Maria.
«Quando preghi mia Madre, chiedimi di accompagnarti. Io so parlare con lei».
Cartagine. In spirito gli chiedevo come fare per essere vicina alla Beata Vergine senza
lasciare Lui. Egli mi ha detto:
«Amami nel seno di mia Madre… Durante questo Avvento, rimani in me, nel seno di mia
Madre. Adorami lì, dove sono vivo come in cielo. Attendi lì che la mia formazione umana
sia completa, per salvare gli uomini… Sta’ in me entro mia Madre, e anche tu lasciati
formare da lei. Grande è la mia impazienza di uscire alla luce ed esservi vicino. Sia
grande anche la tua impazienza di ottenere la perfetta età dell’anima, che è la santità».
Infine, la Voce divina esorta Gabrielle alla mortificazione, sia dello spirito che della carne, “cilici” in
tutti i sensi che all’inizio l’hanno spaventata:
«Sii ostia per l’Ostia».
“Essere ostia è una frase che mi spaventa”
Lei gli confessa. Per incoraggiarla, allora, Cristo le parla di sé, di quello che Lui ha provato:
«Io non mi sono tolto la mia corona di spine…».
Parole brucianti, che fanno breccia nella sensibilità di Gabrielle fino a farla innamorare di ogni cilicio…
Ce lo conferma la vivace testimonianza di un’amica che l’accompagnò in una tournée:
Un giorno andammo a far visita a un convento; io restavo nel mio angolino. Gabrielle invece,
all’altro lato del parlatorio, parlava con un Abate, ma sempre ad alta voce, quella voce che non aveva
niente da nascondere. Trascinata dal suo argomento, essa prese a parlare ancora un po’ più forte,
dicendo: “Ma signor Abate, bisogna mortificarsi per andare in cielo, bisogna mortificarsi. Ma è
molto semplice. Guardate.” E con mio stupore vedo Gabrielle così pudica, così riservata, portare la
sua mano nel corpetto, sotto gli occhi dell’Abate, e estrarne un oggetto quadrato seminato di piccole
punte acute: “Vedete”, disse lei, “non è che questo”. E rituffò il cilicio sotto gli abiti. Tutti avremmo
avuto senza dubbio delle piaghe o delle malattie con un simile trattamento… Invece lei correva,
recitava, andava e veniva con il suo passo veemente, a suo agio come se fosse avvolta nel velluto.
Questa scoperta ci fa un gran bene, perché toglie ogni parvenza di vacuo sentimentalismo agli slanci
d’amore di lei. Gaby non è perfetta, è fatta della nostra stessa stoffa; ma come l’ha lavorata Lui, giorno
dopo giorno, questa stoffa, per ricordarle la meta a cui deve aspirare ogni cristiano: l’imitazione di
Cristo.
«Fa’ di tutto per arrivare ad assomigliarmi».
«Non basta essere la bontà. Sii la mia Bontà».
È questo il fine ultimo che la Voce vuol raggiungere con i suoi colloqui: indirizzarci a imitare Cristo. È
questa la santità.
Nelle pagine di Gabrielle Bossis si rileva una profondità, un tatto, un equilibrio che impressionano –
scrisse Lebreton. Se consideriamo l’insieme di queste conversazioni spirituali, non ci lasceremo
turbare da certe espressioni che tradiscono una sensibilità forse troppo viva e troppo commossa.
Questi tratti sono rari e poco a poco scompaiono, mentre sempre più il Signore attrae la sua serva
fedele a una unione estrema, vissuta con umiltà.
E Gabrielle visse davvero l’umiltà, non tanto al di fuori quanto nell’intimo, nella coscienza del proprio
nulla di fronte a Dio:
«Tu non sei niente, che questo niente sia mio.»
“Signore, non mi sento abbastanza pura per dare testimonianza di te”.
In un crescendo inarrestabile e magnifico, queste conversazioni si dispiegano attraverso gli anni fin
quando, nell’ultimo tempo, Gabrielle quasi ammutolisce, incantata dalla Voce divina. Il diario a due
voci diviene allora un soliloquio, il soliloquio di un Dio. I messaggi del giovedì nell’Ora santa sono di un
lirismo incomparabile.
E viene alla luce qualcosa che finisce di conquistarci: a differenza di altri testi mistici che si esauriscono
in un sublime Solo-a-sola fra Dio e un’anima, qui l’Interlocutore ha per obiettivo tutti noi. La
peculiarità più toccante di Lui e io sta appunto nella costante tensione missionaria del Cristo, che vuole
oltrepassare lei per raggiungere noi, per attirare noi. Gabrielle non è tanto colei che riceve, quanto colei
che trasmette i messaggi ardenti che Cristo le lancia perché li consegni al loro autentico destinatario:
ognuno di noi. Ogni “io” è il bersaglio che Cristo vuol colpire, vuol ferire al cuore.
«Attraverso di te mi rivolgo alle anime per rassicurarle e incoraggiarle ad avvicinarsi, a
parlare di sé; anche se queste anime non sapessero parlarmi, vengano a dirmi: “Non so
cosa dire… È la prima volta!”. E se non sapessero che nome darmi, mi amino senza
nome e dicano il loro amore senza parole. Io sono lì, anime dilette, e vi ascolto. Perché
aspettate?».
Perché aspettiamo?
Gli ultimi anni
Mentre l’Europa, quasi inconsapevole, precipita verso la tragedia del secondo conflitto mondiale,
Gabrielle organizza ancora le sue tournées, va… “al largo”. Ma nel diario non dice quasi più niente dei
suoi estenuanti impegni teatrali. Colui che le parla, le ha fatto questa raccomandazione:
“Non scrivere più dei tuoi viaggi, i tuoi viaggi sono per me”.
Ma possiamo seguirla attraverso alcuni scritti. Un’amica racconta:
Gabrielle mi ha domandato di andare a raggiungerla a Assisi, perché era stata chiamata in Italia
per recitare… “E se tu mi accompagnassi a Roma?”… “Se mi accompagnassi in Sicilia?”… Si viaggia
tutta la notte; io che ero affaticata non ho dormito; Gabrielle invece ha dormito per un certo tempo;
la guardavo dormire, e non potevo stancarmene… Ci si coricava a mezzanotte, e se c’era una Messa
alle 5, lei vi era già andata. Si ripartiva e lei, sempre con lo stesso slancio, il suo bel sorriso!… “Non
verresti a Tunisi con me?”… Poi ci separiamo: Gabrielle resta là per recitare più volte…
La stessa Gabrielle scrive dall’Africa, 24 aprile 1938:
Vi invio la lettera che ha fatto il delizioso viaggio di traversata del deserto. Quale splendore questo
deserto, durante i sei giorni! Io penso che la sua attrattiva viene dalla sua immensità, come il mare; e
se si arriva finalmente a un’oasi, è una meraviglia di rose e di palme. E che emozione, presso la
tomba del Padre de Foucault, in faccia alla solitudine del deserto… È veramente impressionante
leggere sulla placchetta posta sull’umile pietra: “Io griderò il Vangelo con la mia vita”. Domani,
partenza per Costantina, Carachi, Tunisi; mercoledì, a Sousse, poi a Cartagine…
e da Le-Fresne, 26 aprile 1939:
Sono ritornata “subito presto” dal Sud di Tunisi, Gerba, Medenina, sulla frontiera tripolitana fitta di
cannoni, di truppe, di aerei, di fili spinati; una linea Maginot ammirevole. Passando a Sfax e poi a
Sousse, si pregavano i Francesi di attraversare il Mediterraneo prima che fosse bloccato. Rischiavo
di essere prigioniera dell’Africa fino a Dio sa quando! La sera stessa, ho ritrovato le nostre suore di
Nevers che mi hanno condotta al battello di mezzanotte: non restava più che una cuccetta! Il Mistral
si è messo in tempesta così che, dopo lo scalo a Bizerta ho potuto prendere la messa di un
missionario diocesano di Lione… Ma il treno non ci aveva aspettato… Tuttavia, ho dormito molto
bene cinque ore nella sala d’attesa, a Perrasch. La mattina dopo, una messa lì a fianco; ho
ringraziato Dio di avermi ricondotta in patria, poiché laggiù ero stata angosciata. Non sapete che
paura ho avuto di non rivedere più gli esseri cari e i luoghi familiari! E di essere inutile. Alle cinque di
sera, dopo tre notti e due giorni senza avere bevuto né mangiato, ero finalmente nelle braccia di mia
sorella.
Eccomi dunque con un mese di congedo che mi cade dal cielo: come Dio è buono! Non immaginate ciò
che è per me la solitudine presso la Loira nel mese di maggio, il mese adorabile…
Nel giugno del 1940 l’invasione tedesca sorprende tutti. Nantes vive gli eventi in condizioni
particolarmente tragiche. L’occupazione e la presa di ostaggi costringono gli abitanti all’esodo
repentino. Anche Gabrielle lascia la casa, fugge in un carro bestiame fra nidi di pulci, si rifugia presso
amici a Curzon, dove continua ad annotare stupendi dialoghi con il suo divino Interlocutore:
20 giugno 1940. Nel piccolo corridoio che mi serviva da camera, mi ero rifugiata con
tutti i quaderni delle sue parole.
«Fammi l’onore di leggere un brano al giorno…»
11 settembre 1940. Pregavo con insistenza che i Tedeschi lasciassero la mia casa a
Nantes per potervi abitare.
«E io invece ti domando di metterti nello stato di ostia: accettare quello che arriverà
perché viene da me; pronta ad accogliere tutto, in unione con me, vittima per tutti. Mia
piccola ostia, rallegrati: non c’è nulla di più bello che lo stato di vittima. È il mio».
Nel settembre 1943, nuovi orrori della guerra. È la grande prova. Gli Alleati bombardano ponti e strade
per impedire la ritirata ai Tedeschi in fuga. Nantes è gravemente colpita, il centro della città
semidistrutto, le vittime innumerevoli. C’è un nuovo esodo dei cittadini rimasti senza casa. Gabrielle
accoglie una di queste infelici famiglie nel suo appartamento del viale de Launay.
L’anno seguente, anche la casa di Le-Fresne è in pericolo per la sua vicinanza alla ferrovia. Il 26 luglio
la chiesa è bombardata per molte ore. Gabrielle si trovava lì. Essa trascorre al Fresne lunghi periodi. Se
dal di fuori la sua esistenza sembra quasi monotona, nell’intimo è invece un’intensa avventura
spirituale che però lei riesce nascondere. Ma sebbene segreta, la sua fioritura interiore aveva un
profumo che misteriosamente avvinceva tutti.
Come ci ha confermato la deliziosa lettera inedita di Madame d’Antenaise:
È durante gli anni della guerra, nel 1943 o ’44, che ho avuto il piacere di incontrare Mademoiselle G.
Bossis nella sua casa di Le-Fresne-sur-Loire. Io stessa abitavo non lontano da lì; essendo sposata da
poco ed avendo tempo libero, avevo organizzato una piccola troupe teatrale con le giovanette del mio
paese per dar loro un po’ di distrazione nel quotidiano così noioso della vita di campagna durante la
guerra. La scelta delle pièces era difficile, poiché a quell’epoca non si poteva neppure pensare a recite
di uomini e donne insieme! Ed erano rari gli autori che scrivevano pièces di qualità. Mademoiselle
Bossis aveva compreso che i giovani avevano bisogno di evadere un poco da quell’atmosfera e che il
teatro poteva essere anche un mezzo per veicolare dei buoni sentimenti ad majorem Dei gloriam. È
così che un giorno ho scoperto le sue pièces e le ho domandato di volermi consigliare per la messa in
scena. La incontrai dunque nella sua casa del Fresne, che in sé stessa, ai miei giovani occhi, era già
un vero scenario. Lei, alta, acconciata in casa come fuori con un immenso cappello di paglia che
teneva ferma la sua parrucca con lunghi spilloni, mi accolse con il meraviglioso sorriso da cui non si
separava mai; il suo aspetto mi parve fantasioso, ma molto meno dell’interno della casa che
somigliava più a un souk che a un vero salone. Alla rinfusa, ovunque, erano stipati i ricordi dei suoi
viaggi d’Africa o altrove; pelli di tigre o animale selvaggio, più o meno mangiate dalle tarme,
tappezzavano il pavimento e coprivano le sedie; tutto, vecchi travestimenti, cappelli, accessori,
respirava la più grande estrosità.
Anche se il ménage non sembrava essere la sua preoccupazione principale, il calore della sua
accoglienza e il suo buon sorriso cancellavano l’impressione di trascuratezza. Dalla sua finestra, lo
sguardo scavalcava la strada, si posava sul suo giardino con un pergolato che dominava la Loira. È
in questo meraviglioso giardino che passammo dei buoni momenti. È là che essa mi insegnò allora a
filare la lana, e conservo ancora come un tesoro il fuso che essa mi ha dato. Filare era una necessità a
quell’epoca, poiché la lana da lavorare era introvabile nei negozi e mi era molto utile per il corredino
che dovevo confezionare per i miei due bambini.
Un giorno le portai delle pernici arrosto che gustammo nel giardino in compagnia di un mio amico
che le aveva uccise. Essa abitualmente osservava una dieta ascetica ma quel giorno fece onore
all’arrosto.
Ciò che mi colpisce quando penso a lei, è la sua grande fede nel rendere grazie a Dio per tutto,
volgendo tutto al positivo, sempre e in ogni circostanza.
Mi ricordo di un giorno in cui la sirena lanciò l’allarme per avvertirci di un eventuale
bombardamento alleato (infatti, Le-Fresne è attraversato dalla ferrovia che permetteva la
circolazione dei treni di munizioni in direzione delle basi militari tedesche dell’Atlantico). Gabrielle ci
fece scendere nella sua cantina, superba cantina di tufo che attraversava la strada, passava sotto il
giardino e sfociava direttamente sulla Loira. In quella cantina si erano stipati numerosi vicini in
preda al panico, ma lei sgranava il suo rosario, conservava il sorriso e sembrava tutta tranquilla…
Attendemmo tutti in preghiera la fine dell’allarme, che era stato angoscioso.
Gabrielle Bossis aveva un’altra dimora a Nantes, ma non ci sono mai andata. Trovare alloggio a
Nantes durante l’occupazione era molto difficile: è per questo che lei aveva proposto al Vescovado di
disporre del suo appartamento quando lei non c’era, per ospitarvi sacerdoti di passaggio. Ma le
accadde talvolta di dimenticare che la sua casa era occupata; come quando, rientrando a casa una
sera, al momento di coricarsi trovò un negro nel letto: era un prete africano! In mancanza della luce
elettrica, nel buio, non lo aveva visto. Quando ci raccontò questa vicenda, lei ne rideva pazzamente.
Gabrielle Bossis amava ridere e ridere di sé stessa, che è segno di vero humour.
Poiché aveva scritto molte pièces di teatro, si era iscritta alla Società degli Autori o dei Giovani
Letterati con il nome abbreviato “G. Bossis”. Questo la metteva in rapporto con tutto un mondo di
scrittori che la incantava. Henri Ghéon (autore cattolico) era allora presidente, credo, della suddetta
Società; lei lo ammirava molto e lo aveva invitato più volte ad essere suo ospite. Un giorno ricevette
da lui una lettera che le diceva: “Mio caro confratello, accetto il vostro invito. Potete venire a
prendermi alla stazione?”. Leggendola, Gabrielle intuì che c’era stato un equivoco ma si arrischiò
ugualmente ad andare ad accoglierlo al treno. Questo Monsieur Ghéon, vedendo Gabrielle – invece
di un confratello – si accorse dell’errore fatto e, contro ogni galanteria, immediatamente risalì sul
treno e ripartì! Lei ne rideva ancora, molti anni dopo.
Rimpiango molto che le difficoltà del dopoguerra mi abbiano impedito di proseguire questi nostri
rapporti umani che furono meravigliosi, anche se lei non lasciò trasparire il suo profondo
misticismo.
Nonostante il momento tragico, padre de Parvillez caldeggiava la pubblicazione del diario di Gabrielle.
Gabrielle aveva sempre saputo – la Voce glielo ripeteva di continuo – che le parole divine non erano
destinate a lei soltanto, ma a tutti.
«Sono parole per i miei figli. Tu le ricevi in ginocchio come se tu ricevessi me, scolpiscile
per sempre. Dopo di te, altri le riceveranno.»
Tuttavia, lei aveva qualche riluttanza a decidersi; si domandava se non fosse più opportuno pubblicare
il diario dopo la sua morte. Ma Cristo, il 24 ottobre 1944, le chiede:
«E perché non durante la tua vita? Perché no? Tu hai pur già fatto fare la tua tomba, nel
desiderio di sorvegliare tu stessa i dettagli. Il nostro libro, che sarà un libro di vita e non
di morte, ben merita che tu vi curi tutto ciò che può aiutare chi legge. Non vuoi
assistermi in questo?»
L’incoraggiamento divino vince le ultime resistenze di Gabrielle, che accetta di pubblicare alcuni
estratti del diario, a condizione che non compaia il suo nome. Siamo sempre in tempo di guerra.
Ciononostante, il de Parvillez trova un editore che, emozionato da quei testi, si dichiara disposto a
stamparli; è Raphael Labergerie, che nel dicembre 1944 scrive a Gabrielle:
Grazie per il vostro consenso alla stampa, a mia cura, del commovente manoscritto intitolato «Lui et
moi». Riconoscersi onorati di tale scelta e di tale missione, è dire ancora poco, perché esso è di una
bellezza più che umana. Si tratta niente meno che della Parola stessa di Nostro Signore! La si
vorrebbe veder colare nell’oro fino.
Il de Parvillez consegna all’editore i taccuini originali di Gabrielle. Appena qualche ora dopo,
Labergerie è assassinato per strada. Sgomento, paura di avere perduto i testi, ricerche angosciose. Ma
tutto viene ritrovato intatto. Si dovranno aspettare quattro anni per trovare una nuova, felice soluzione
editoriale.
Gaby trascorre sempre più tempo con nipoti e pronipoti; li ospita a Le-Fresne nelle vacanze, in un
clima di grande affettuosità. Nell’album la si vede quasi sempre abbracciata ai suoi “passerotti” nella
bella terrazza sulla Loira. Proprio da questi passerotti, i fanciulli di allora, abbiamo raccolto i più
freschi e più toccanti ricordi su questa “ultima” Gaby.
Ecco il racconto di Marie-Christine Bossis:
Ho cominciato a venire al Fresne da piccolina, dopo la morte di mia madre, sia con le mie cugine, sia
con mio padre. Ed era un’oasi di calma, di forme, di colori. Una donna – zia Gaby – si occupava un
poco di me, con tenerezza ma senza eccedere, tuttavia abbastanza da farmi sentire bene con lei.
Ammiravo ciò che essa faceva ma lei mi incitava a fare altrettanto. Vivevo teatro, costumi,
“recitavo”, e questo mi piaceva. Essa “non giocava a fare la mamma” che non avevo più: restava lei
stessa; ma la sua personalità, che io conoscevo, mi bastava.
Mi era indifferente lavarmi, pettinarmi, quello che avrei mangiato, quando bisognava dormire:
penso che sia la stessa cosa per tutti i bambini; ma era la stessa cosa anche per lei! Altri si
occupavano di questi dettagli.
Amavo il suo modo di abbigliarsi, con delle vesti che mi sembravano leggere, con dei fiori pallidi, con
dei drappeggi, dei frou-frous, dei merletti, delle catene, dei gioielli; quei capelli erano pettinati
bizzarramente, ma c’erano dei fermagli guarniti. Portava sempre dei sandali. Sorrideva. E tuttavia,
quando facevo qualcosa di male, mi dicevano che l’avrebbero detto a zia Gaby. Ma non ricordo di
essere mai stata rimproverata da lei.
Era sempre presente alle mie feste di compleanno; amava la buona cucina; mio padre era un
buongustaio e sapendo che lei adorava le lumache con l’aglio ce n’erano sempre quando veniva a
trovarci; quel giorno il pasto non soltanto era abbondante ma anche molto raffinato.
Ha ricamato molte stole, non so per quali preti né dove siano ora. Le ricamava con delle paillettes e
delle piccole perle: mi aveva insegnato a cucirle e io l’aiutavo un po’, come potevo.
Al Fresne zia Gaby era innamorata della “terrazza” sulla Loira. All’entrata la vegetazione era un po’
“foresta vergine”, con i suoi immensi peri e le pere che non maturavano mai! Zia Gaby le serviva a
tutti i curati che si sono succeduti al Fresne; le mandava a cuocere da un fornaio in un piatto di
terraglia con un po’ d’acqua e di zucchero. Io mi domando ancora oggi se, a parte le uova, lei sapeva
preparare qualcos’altro… Comunque, in ogni caso, non sapeva accendere il forno che andava a
carbone. Bisogna dire che il colore delle pere era magnifico e faceva venire l’acquolina in bocca a me
come ai curati, assicurava lei a mio padre che la supplicava di aggiungervi un poco di burro e di vino
della fattoria!
Nel giardino dietro casa, c’era un sambuco presso la cisterna; zia Gaby mi aveva insegnato a
sbucciarne i sottili rami e a scoprirvi l’interno bianco e molle. Quest’albero ci ha dato sempre molti
problemi, perché gli uccellini adorano i semi di sambuco ma volando lasciavano cadere la loro…
“traccia” sui lenzuoli bianchi stesi sul prato ad asciugare. Il risultato era che assai spesso vi si
trovavano delle macchie violette che non se ne andavano più!… E lei, lo trovava divertente e ne
rideva!
Nel giardino, sul retro della casa, si aprivano molte porticine che davano sui piccoli sentieri rimasti
come nel Medioevo. Dopo una di queste porte, c’era un sedile di ardesia: zia Gaby vi si sedeva spesso.
Con la terrazza, era questo il suo angolino preferito.
Poi c’era la scuderia, poiché una volta la famiglia aveva dei cavalli, delle carrozze e un cocchiere. Zia
Gaby aveva sempre amato cavalcare…
Lei non mi ha mai influenzata spingendomi a pregare più di quello che non facessi, cioè: dire le
preghiere prima di dormire, andare alla Messa la domenica, fare la Comunione e seguire le regole
che mi avevano insegnato le Orsoline a scuola.
So che negli ultimi mesi della sua vita mio padre la rimproverava perché non andava dal dottore;
ma lei insisteva a dire che aveva solo un raffreddore, si metteva delle gocce nel naso e prendeva uno
sciroppo! E invece…
Ah! Ho dimenticato di dire: zia Gaby non mi lasciava mettere i costumi che faceva per le
rappresentazioni teatrali delle sue commedie. Io la guardavo fare i suoi fiori in carta goffrata e altre
cose. Ma quando è morta, allora fu il grande momento! Abbiamo potuto andare nella soffitta… E
c’era il baule! Il baule dei tesori che stava per aprirsi e… voilà: i fiori goffrati, slavati e appassiti, i
tulle di tutti i colori si sparpagliarono ai nostri piedi…
Anche il pronipote Luc ci ha regalato i suoi bei ricordi:
La casa al Fresne è rimasta estremamente viva nel mio spirito. Mi ricordo la sala da pranzo, la
grande tavola sulla quale si giocava tutti a carte con zia Gaby, e le passeggiate la sera dopo cena con
lei: andavamo al cimitero cantando e tenendoci a braccetto. Della zia mi ricordo dell’abbigliamento
stravagante, dei manichini nella soffitta rivestiti con gli abiti delle sue commedie. Mi ricordo
soprattutto la sua vitalità e il suo brio. Parlava e giocava con noi; noi l’amavamo molto e non la
temevamo, nonostante la sua forte personalità. Non confidava la sua vita spirituale. Ed è soltanto
dopo che abbiamo saputo del suo diario.
La pronipote Suor Marie-Renée, allora quasi ventenne, disegna un profilo della zia più ricco e
spirituale:
Era una persona che attirava subito l’attenzione dovunque si trovasse, per il suo charme, la sua
maniera di essere, il suo riso, la sua parola. Aveva il dono della parola, della scrittura, della poesia.
I suoi racconti sulle città che visitava incantavano. Originale, con un grande cuore, era molto amata.
Si sapeva tutti che quando si andava da lei avremmo passato sempre dei bei momenti! Era gaia, con
molto brio.
Provvista di numerosi doni naturali:
- Molto dotata per la musica: lei diceva che quando suonava un andante al piano, non esisteva più
niente. Amava cantare e far cantare. Dipingeva. Danzare la rapiva. Un giorno, mentre attendevamo
il treno sul binario di Ingrandes (unito al Fresne), ci insegnava la “quadriglia dei lancieri” e la
“catena delle dame”!! Spiritosa, amava fare degli scherzi. Al tramonto della sua vita, era restata
molto giovane di carattere.
- Viaggiava allegramente attraverso la Francia e altri paesi quando i patronati la invitavano a dare
delle rappresentazioni.
- Molto indipendente di natura. Diceva di aver ricevuto numerose domande di matrimonio ma di
averle tutte rifiutate, sentendo che non era la sua strada.
- Insegnava il catechismo ai fanciulli e aveva l’impressione che allora “non era più lei che parlava”,
mi aveva detto.
Quanto alla sua vita mistica, quello che mi sembra sicuro è che aveva il suo centro nella “persona del
Cristo”. (Al Fresne, l’alcova della sua camera era tappezzata di copie di quadri con Cristo.)
- Pregava certamente molto, ma in modo molto riservato. Alla Messa, tutte le mattine. Ogni giovedì,
andava a fare un’Ora di adorazione in chiesa dalle 16 alle 17, durante la quale riceveva delle “parole
interiori”. Le scriveva immediatamente “per paura di dimenticarle”, mi ha detto. La sua spiritualità
doveva essere abbastanza doloriste, centrata sul dolore, mi sembra… (È l’impressione che avevo
avuto io; forse mi sbaglio, avevo 18 o 19 anni a quell’epoca). Questo contrastava con la sua
personalità gioiosa.
Molto imperniata sulla “Passione di Gesù” che meditava a lungo (anche durante la Messa!). Quello
che so, è che si nutriva molto delle “rivelazioni” di Caterina Emmerich. Mi ricordo che mi aveva fatto
leggere i racconti della Passione descritta in quel libro. Desiderosa di ascesi (alla sua maniera),
dormiva per terra o su un misero pagliericcio. Non portava calze, neppure d’inverno. Non scaldava
la casa. Quando era sola, i suoi pasti erano molto frugali! Credo che portasse un cilicio.
Quando sono entrata in convento, nell’ottobre del 1948, lei mi ha aiutata, mi ha incoraggiata al
momento della partenza, nel nostro ultimo addio.
Suor Marie-Renée ci ha ripetuto anche a voce la sua certezza che Gabrielle portasse un cilicio.
Un’amica di Gabrielle (come si è visto) ci ha confermato la stessa cosa. E al Fresne, durante le ultime
ricerche stimolate dalla nostra visita, un cilicio di Gabrielle, forse quello che lei portava di notte, è stato
ritrovato nella soffitta: una cintura di sottile fil di ferro intrecciato, con tante puntine rivolte all’interno,
verso la carne… Quelle punte parlano dell’amore di Gabrielle più di ogni parola. E le aggiunte
all’originaria allacciatura ci dicono che il cilicio ha abbracciato i fianchi di lei per lunghi anni: una
cintura allargata via via, con il passare della snella gioventù…
Certamente è nella cornice di Le-Fresne che il ritratto di Gabrielle riverbera i suoi tanti colori. E
Mademoiselle Agnès, governante del curato di Le-Fresne fra il 1945 e il 1950, ce ne illumina i più
nascosti:
La signorina Bossis era una persona speciale, molto sorridente, semplice, non superbiosa. Era
istruita, non s’inquietava mai con nessuno; aveva un modo cantante di dire: “Voi credete,
Mademoiselle Agnès?”. Alle sei e mezzo del mattino era in piedi; alle sei e tre quarti o poco più,
arrivava in chiesa per l’Angelus mattutino, a piedi nudi nei suoi sandali, anche nell’inverno, e con le
mani nude, anche con il gran freddo. Era tutta concentrata nella sua preghiera.
Si nutriva pochissimo: qualcuno pensava che fosse avara. A me confidava: “Ricevo tante lettere,
Mademoiselle Agnès, tante richieste di soccorso, bisogna bene che io invii il mio aiuto, qua o là”.
Difatti, lei faceva molte opere di carità in segreto. Nascondeva al massimo le sue numerose offerte.
Mi diceva spesso: “Non bisogna dire che si offre e che si soffre, Mademoiselle Agnès”.
Non aveva mai paura, lei, sola nella sua grande casa. Io mi lamentavo del freddo, della difficoltà di
riscaldarsi la notte. “Fate come me, signorina Agnès. Io non mi spoglio”, mi diceva. Non accendeva
mai il riscaldamento, il fuoco, in casa; si coricava sul pavimento, avvolta in una coperta.
Una volta, Monsignor Abate Harel ed io siamo andati a Lourdes con la signorina Bossis; lei ci aveva
prenotato le camere allo stesso albergo dove andava lei; le nostre camere erano nella dépendance. Le
abbiamo chiesto: “E voi dove siete alloggiata?”. “Oh, io sto benissimo”, rispose lei ridendo. Volendo
saperne di più, mi sono informata dalla proprietaria dell’albergo; mi ha detto in confidenza che la
signorina Bossis dormiva in soffitta e me l’ha mostrata: era una stanza illuminata da una finestrina,
una stanza così piccola che a malapena ci si poteva distendere un lettino pieghevole. Ma, come per
ogni cosa, Mademoiselle Bossis dava una spiegazione ridendo, perché tutto apparisse naturale.
Certamente si mortificava molto, ma su questo argomento era molto riservata. Ogni anno, regalava
dei giocattoli ai bambini, per l’albero di Natale.
Ricordo che un giorno aveva invitato Monsignor Abate La Rose con altri sacerdoti; li portò a
prendere il caffè sulla terrazza. Dopo un momento, uscì con Monsignor Abate: “Scusate”, ci disse, “ci
assentiamo per cinque minuti”; e condusse l’Abate a benedire la sua tomba al cimitero. Accadde circa
quindici anni prima della sua morte.
Una volta, poi, Mademoiselle incontrò una paesana che le disse: “Signorina, sono stata a pregare
sulla vostra tomba”; e lei, ridendo, le raccomandò: “Ma vieni a pregare soprattutto quando io ci
sarò!”. Cercava sempre di volgere tutto in allegria, per rallegrare.
Chi non la conosceva bene, si fermava alle apparenze: sembrava eccentrica, sempre con i suoi grandi
cappelli fuori moda e con i suoi colletti di trina sottogola… Ma chi la conosceva bene la considerava
una vera cristiana.
Finita la guerra, il Padre de Parvillez si rimette in cerca di un editore di buona volontà e lo trova: è
Gabriel Beauchesne. Lo stesso Vescovo, monsignor Villepelet, è impaziente della buona riuscita degli
accordi. Lui e io vede la luce!
Il 15 luglio 1948, quando Gabrielle riceve le bozze del suo volume antologico, Cristo si apre a una
struggente effusione, una delle più belle pagine del diario:
«Oh, siine lieta! E prega perché ogni riga abbia risonanza nelle anime…
Domandami di andare verso i più miserabili, i paralizzati nell’anima, i desolati senza
speranza, i muti davanti a Dio…
Domanda che con questo piccolo libro io passi, come passavo un tempo sulla terra,
guarendo, attirando a me…
Ah, che si venga a nutrirvisi e a respirare più forte!»
Alla fine del luglio 1949, il volumetto esce in libreria. Il messaggio di Gabrielle Bossis si fa strada nel
mondo, consolando le anime, come lei scrisse nella dedica:
“Questo libro è dedicato al cuore addolorato e immacolato di Maria,
per la consolazione delle anime”.
Due o tre settimane dopo, Gabrielle affronta un’operazione chirurgica per un tumore che poi la
stroncherà. A metà settembre è ancora in clinica, pronta per il grande Viaggio; ma la Voce le domanda:
«Vuoi lavorare ancora un poco per me?»
E lei torna in piedi, piena di slancio. Nel settembre 1949, felice del Bene che il suo libro sta facendo,
scrive al de Parvillez:
Caro Reverendo Padre, eccomi in convalescenza, uscita di clinica. Salutare prova che mi è valsa tante
grazie. Lo credereste che «Lui et moi» mi teneva incessantemente fedele compagnia? Infatti,
Beauchesne mi ha rinviato diverse lettere che gli sono arrivate: opinioni di Superiori, Religiosi, o
altri, che mi hanno vivamente interessata ed edificata. Che Dio sia benedetto! Il mio lavoro appena
tornata al Fresne sarà di continuare la preparazione del secondo volume.
Le spese della clinica sono un piccolo problema, in confronto alla gioia di sapere che «Lui et moi»
comincia a diffondersi! Vorrei farne avere una copia a Mistinguette. Come fare? Io devo occuparmi
della gente di teatro…
L’inverno passa serenamente, mentre lei termina di scegliere gli estratti per il secondo volume. Ha 76
anni. Per la prima volta, verso la metà di marzo 1950 si sente stanca… I medici scoprono che il tumore
si è esteso ai polmoni. Lei ancora non capisce e crede prima a una bronchite, poi a una pleurite:“Ho
una pleurite proprio ridicola, perché è piuttosto una malattia di gioventù. Ma quante volte io faccio le
cose alla rovescia?!”.
Essere prigioniera in un letto le costa molto. Dove sono le belle consuetudini di un tempo? Le care
Messe quotidiane prese spesso all’alba? E la Via Crucis di ogni mattina? E il buon sonno sul
pavimento?
E allora reclama:
“Dottore, quando mi tirerete fuori da questo letto?”. “Ma io non ve ne tirerò fuori”
, risponde il medico semplicemente. Un istante di silenzio, ed è tutto. Tutto è accettato, con quel
grande equilibrio che fu la più bella dote di Gabrielle.
Scrive ancora biglietti rapidi e affettuosi, dove affiora la sua piena disponibilità al volere di Dio:
“…Io parto per il Grande Viaggio. Ho ricevuto l’Estrema Unzione. Magnificat!”. “…È tempo di
raggiungere la casa del Padre di Famiglia”. “…Sicuramente: come Dio vorrà, non un’ora di più”. “…Il
mio cuore si indebolisce ogni giorno. Non mangio né bevo da tre giorni. È dunque presto la partenza.
Rallegratevi con me. Magnificat!”.
Questo Magnificat risponde al dolce invito che Lui le aveva rivolto anni prima:
«Soprattutto non dimenticare il tuo sorriso, quello che io ti ho dato. Che esso ti
accompagni anche alla morte. È come se dicesse “Magnificat”!».
Nelle ultime pagine del diario, fra i due interlocutori si insinua una terza presenza: la Morte. Ogni riga
è solenne. E quando lei è inchiodata sulla croce fra soffocazioni e strazi, è allora che il Salvatore le
suggerisce le parole più folgoranti, un Cantico dei Cantici. Finché, il 25 maggio, Gabrielle sussurra a
Cristo:
“Sono arrivata al termine della mia vita?…
Dove sei, amorosa Presenza?… E dopo, che sarà?”
«Sarò io, sarò sempre io».
Nessuno, neppure gli scettici potranno evitare la commozione di fronte a questo dialogo: Gabrielle,
nella consapevolezza di trascriverci il suo estremo colloquio con Cristo davanti alla Morte, ci consegna
la Fede nella sacralità del congedo terreno. Vicina all’ultima soffocazione, essa ci dona la profezia del
corpo umano glorificato: “E dopo, che sarà?” «Sarò io, sarò sempre io».
Il diario “a due voci” si chiude qui. Ma continua il dialogo segreto, tutto interiore. Ormai, i polmoni non
le permettono più che un mormorio; quella voce gaia o patetica che aveva diffuso nel mondo tanto
incanto, che aveva toccato i cuori e contagiato di gioia i teatri, quella voce si è spenta. Fino all’ultimo
respiro, resisterà in lei la vivacità dei gesti, la lucidità della mente e il coraggio di confortare quelli che
in lacrime vengono a dirle addio.
Le nipoti sono richiamate da Parigi. Vincendo il consueto pudore per la sua vita intima, Gabrielle
finisce per confessare:
“Sapete che mi è sempre piaciuto travestirmi… Là c’è una veste, piegata in una scatola. Se non vi
spiace, mettetemela per la mia sepoltura”.
Le nipoti scopriranno che la veste è il suo abito di terziaria francescana:
Suor Maria del Cuore di Cristo.
Dall’8 al 9 giugno 1950, nella notte del Corpus Domini – la festa che lei aveva ricordato ogni settimana
nell’Ora Santa del giovedì – l’infermiera viene a vedere Gabrielle verso le quattro del mattino. La trova
ancora presente, tutto sembra normale. Quando ritorna, verso le sei e trenta, Gabrielle è ormai uscita
dal Tempo. Nessuno era stato presente a quell’estremo momento. “Lui”, soltanto Lui, doveva
raccogliere il suo ultimo soffio di vita, Lui che le aveva detto:
«Al momento della tua morte, io sarò il tuo canto del cigno, poiché la forza ti mancherà.
Tu non avrai più legame con la terra e nessuna veduta sull’Aldilà; sarà l’abbandono del
Golgota; tu ti unirai più di sempre al mio cuore, e noi saremo insieme per il passaggio.
Unisci ai miei, gli ultimi dei tuoi ultimi respiri, fino al grande grido d’Amore che porterà
con sé la tua anima».
Sulla sua tomba
Sono andata a pregare sulla sua tomba, ha scritto Jeanne Tallier, nei suoi ricordi di Gabrielle Bossis.
Quando si entra nel piccolo cimitero di Le-Fresne i passi scricchiolano, affondando su quella sabbia
della Loira che lei amava tanto. La tomba è di pietra, semplice, col suo nome scritto su una piccola
targhetta di metallo posta sulla fascia frontale:
qui riposa il corpo di gabrielle bossis – terziaria di s. francesco
deceduta il 9 giugno 1950 – pregate dio per lei.
Sul piano di pietra è steso un Cristo di marmo bianco, su una croce di bronzo; da dove lo ha portato
Gabrielle? Dall’Italia, forse? Io non ne ho mai visto uno simile. Il dolce volto divino, con le lunghe
palpebre abbassate, rivela una vita interiore immensa. La testa, coronata di spine, è sollevata in
avanti, come se Egli si apprestasse a lanciarsi verso il suo Mistero di Resurrezione. È un Cristo di una
bellezza sconvolgente.
Sotto, questa iscrizione rivelatrice, preparata da Gabrielle stessa molti anni prima:
o cristo, fratello mio
lavorare accanto a te
soffrire con te
morire per te
sopravvivere in te.
Al di là del cimitero, la vita quotidiana continua trepidante. Questa vita nella quale Gabrielle si
inseriva consacrata a Dio in pieno mondo, fermento di vita per tutti. I treni passano rapidi, al di là
della piccola strada che separa il cimitero dalla via ferrata. E ancora oltre si scorge la Loira, rosa al
tramonto del sole.
Là, nel cimitero di Le-Fresne, riposa colei che ebbe la missione di trasmettere l’immenso Amore di
Gesù per ciascuno di noi.
Anche noi, in quel piccolo cimitero affacciato sull’immenso fiume, ci siamo congedati da Gabrielle. E
contemplando la sua tomba ci hanno scosso brividi di emozione, anche per l’ultimo dono che a LeFresne abbiamo ricevuto: un foglio del suo taccuino, ritrovato là, nella sua casa.Un’ Impressionante
profezia!
Settembre 1934. Preparo la mia tomba.
Vorrei che passando vicino a me si avesse un pensiero buono,
che Cristo parlasse attraverso le mie ossa aride.
«La mia Voce sortirà dalla polvere e tu, morta,
farai il Bene».
“LUI e io
Conversazioni spirituali”
Gabrielle Bossis
Premessa
Tutto ciò si riscontra perfettamente in Gabrielle che si considerò sempre indegna di tanta Grazia e volle
nasconderla fin quasi all’ultimo della sua vita, quando si decise a confidarsi e a mostrare al Teologo e
amico Padre de Parvillez .i quaderni dove trascriveva i suoi dialoghi con quella Voce divina.
Come si è detto altrove , il P. de Parvillez e poi il Vescovo di Nantes furono conquistati da quei colloqui
nei quali essi avvertirono subito il soffio dello Spirito Santo. Oltre alla bellezza, fu il notevole spessore
dottrinale del diario a confermar loro la provenienza divina di quella Voce.
Infatti, temi di ordine spirituale e teologico particolarmente importanti ricevono in queste pagine una
luce singolare. Gabrielle, priva di formazione teologica specifica, sarebbe stata incapace di apportare
tali contributi. Come avrebbe potuto scrivere oltre mille pagine di conversazioni su tali e tanti
argomenti senza fare il minimo errore teologico, e con una felicità di espressione e un’intensità
spirituale così originali, se quelle pagine non le fossero state davvero dettate per via soprannaturale?
(de Laubier).
I due teologi, il Vescovo e de Parvillez, stimolarono Gabrielle a favorire la stampa di alcuni estratti . Ma
soltanto la Voce di Cristo vinse la riluttanza di lei, ricordandole che quei messaggi erano per tutte le
anime e che essa era stata scelta soltanto come piccolo strumento della loro diffusione. Dunque, come
abbiamo già precisato, nel 1948 Gabrielle Bossis curò personalmente per la stampa una scelta di
Conversazioni, che iniziava con il diario della sua tournée in Canada (agosto 1936) e terminava con il
colloquio del 19 febbraio 1948. Questa raccolta antologica fu pubblicata dall’editore Beauchesne di
Parigi in un volumetto intitolato Lui et moi Entretiens spirituels (“Lui e io. Conversazioni spirituali”)
che, uscito nel luglio 1949 in forma anonima come lei desiderava, ottenne un eccezionale successo e fu
in breve esaurito.
Molti lettori entusiasti chiesero all’editore nuovi estratti. Pertanto tre mesi più tardi Gabrielle, sebbene
convalescente per un intervento chirurgico, si dedicò a preparare una seconda raccolta che, come si
legge in una sua lettera, era la “continuazione” della scelta antologica del primo volumetto e terminava
con il brano del 1° gennaio 1950. Questa nuova scelta fu inserita da Beauchesne nel secondo volume di
Lui e io, che uscì nel dicembre 1950 dopo la morte di Gabrielle e fu accolto con uguale entusiasmo.
Ebbene,le Conversazioni spirituali che presentiamo nel nostro sito corrispondono esattamente agli
estratti curati da Gabrielle per la stampa del primo e del secondo volume, ciò che ne rende più
emozionante la lettura: sono i dialoghi scelti personalmente da lei ! A questa antologia, abbiamo fatto
seguire il testo integrale dei colloqui che Gabrielle trascrisse in piccoli taccuini durante la sua ultima
malattia e agonia (pubblicati da Beauchesne nel V volume) , iniziando dai primi delicati accenni di
Cristo alla vicina morte della sua . figliolina, del suo strumento, come Lui la chiamava spesso. È una
lettura che lascia brividi.. un Cantico dei Cantici che non ha paragoni nel nostro tempo : Attendi
l’Infinito, attendi “Lui”.
Da oltre cinquant’anni il diario di Gabrielle Bossis è considerato un capolavoro mistico tra i più
importanti per cattolici e non cattolici, per credenti e non credenti .E’ uno dei più grandi nella
letteratura mondiale. L’editore Beauchesne lo pubblicò integralmente in sette volumetti che tuttora
hanno ristampe frequenti. Ne sono state fatte traduzioni in varie lingue con successi sempre più
ecclatanti. Da anni e anni, gli “innamorati”di queste splendide “Conversazioni spirituali” hanno cercato
di rintracciarne i manoscritti. Speranze sempre deluse! Finché, nel 2004, uno dei quaderni , il decimo e
ultimo ( sull’argomento v. “Lui et moi”, Beauchesne, e Lucia Barocchi, “Lui e Gabrielle Bossis “ ed. S.
Paolo, in ristampa ) è arrivato nelle nostre mani.! Un’ autentica, misteriosa grazia !
È l’unico manoscritto finora ritrovato di Lui e io. Questo quaderno ricomparso ci ha emozionato con
l’emozione che si sprigiona dalle reliquie! E ci ha arricchiti anche procurandoci, con la sua
straordinaria eloquenza grafica, una sensazione nuova: quella di poter quasi “ascoltare”, e non solo
leggere, quei colloqui. La scrittura di Gabrielle, rapida, ordinata e sicura, lievita quando lei trasmette la
Voce di Cristo, ne rivela la forza, la nobiltà; spesso si arresta su una sola frase; i continui capoversi e le
sospensioni rendono quasi sensibile l’afflato di Colui che parla, ce ne consegnano perfino il silenzio…
Sembra che Gabrielle voglia farci dono non solo del contenuto del discorso ma anche della sua musica;
quasi che si tratti di uno spartito, di un “Mistero sacro”, rappresentato con l’essenzialità della parola e
sviluppato come una rapsodia. I dialoghi si snodano lasciando sempre più spazio alla Voce divina che
discende sulla pagina bianca giungendo ad una tale assolutezza da stringere e costringere tutta la
sostanza del messaggio in una sola parola; cosicché spesso la brevità è pura luce, quasi fossimo davanti
a dei telegrammi celesti:
Lui : «Forse che la terra basta, a te?»
Antologia dal 22 agosto 1936 al 25 maggio
1950
1936
22 agosto 1936 – Sul piroscafo. Durante il concerto di musica classica, gli offrivo in un fascio i suoni e
la dolcezza che ne sgorgava. Lui mi ha detto piano, come una volta:
«Figliolina mia».
23 agosto – Hanno fatto un altare sul pianoforte, io pensavo ai gabbiani che vengono a posarsi sui
piroscafi. Lui:
«Questa volta, è il Cristo».
Durante il penoso rollìo, gli dicevo: “Lo sapete bene che tutto è per voi; e così, non ve lo dico”. Lui:
«Bisogna dirmelo, perché amo sentirmelo dire. Dimmelo spesso: quando sai che qualcuno ti ama, sei
contenta che te lo dica».
24 settembre – Canada. La cappella è accanto alla porta della mia camera, e ogni volta che ci passo
davanti gli sorrido. Lui mi ha detto:
«Sorridi a tutti. Unirò una grazia al tuo sorriso».
3 ottobre – Nel Saskatscewan. Lui:
«Rinchiudimi nel tuo cuore con un segno di croce, come dietro a due sbarre».
4 ottobre – Montréal. Lui:
«Quando non ti raccogli, è a me che tu manchi» (con una voce così delicata).
25 ottobre – Festa di Cristo Re. Stamani, durante la messa, l’Abate mi ha consacrata a Dio posando
la mia dedica sull’altare, sotto l’Ostia. Lui mi ha detto:
«Occupati del mio amore… non c’è nessun orfano abbandonato come me».
Vicino a Quebec. I bimbi avevano terminato i loro canti, e io gli dicevo: “Ora non vi parlo più in
musica”. Lui mi ha risposto:
«La mia musica è il tuo amore».
4 novembre – Al ritorno. Ultima messa sul ponte. Distratta dopo la comunione, ho udito la Voce
soave che diceva:
«Aspetto».
Dicembre – In Francia. Per strada. Io: “Cammino al Vostro fianco”. Lui (con dolcezza):
«Ma tu non mi parli molto…».
14 dicembre – «Fa’ in modo di essere per tutti il mio sorriso. La mia voce amabile».
15 dicembre – Stamani alle sei meno cinque, costretta a fare rapidamente la Via Crucis prima della
messa, Lui mi ha detto:
«Pensa alla fretta che avevo io di percorrere la Via dolorosa per andare a morire per voi».
16 dicembre – «Esci dalle tue misure abituali: amami di più».
17 dicembre – «Cominciamo il cielo. Amami incessantemente mentre io ti amo».
Una sera – «Dov’è ogni Bellezza e ogni Grazia, io sono».
19 dicembre– «Talvolta tu dubiti che sia io a parlarti, tanto questa cosa ti sembra semplice, come se
provenisse da te. Ma tu ed io, non siamo Uno?».
21 dicembre – Siccome gli chiedevo di dare, a me e ai miei, tutte le grazie che sono rifiutate da tante
anime, Lui mi ha detto:
«Le mie grazie sono su misura, ma io sono abbastanza ricco per dartene altre. Non sono l’Infinito?».
«Con me sii semplice come in famiglia».
24 dicembre - «Sii dura per te e dolce per gli altri».
25 dicembre – «Nasconditi in me. Nutri il mondo con le tue sofferenze. È così che sarai la mia sposa».
26 dicembre – «La tua immaginazione? È il cane di casa che gira ovunque. Si può serbare rancore ad
un cane che gira dappertutto? Fa’ come se tu fossi sempre stata attenta».
28 dicembre – «Quando mi ami, ti purifichi». «Sii per tutti la mia Grazia». «Ritorna a me come se
non mi avessi mai lasciato. Mi farai piacere».
1937
1° gennaio 1937 - «Con purezza e semplicità, ecco il tuo motto per quest’anno».
2 gennaio – «Ti basti offrirmi l’istante presente: così, tutto l’anno sarà mio».
4 gennaio - «Tu che tieni tanto ad avere il pensiero dei tuoi amici, come puoi non capire che a me
preme il pensiero delle mie creature?».
5 gennaio - «Fa’ atti di speranza. Esci da te stessa. Entra in me». «Non giudicarli. Conosci l’anima
loro?». «Mettimi davanti a te. Prima io. Tu, dopo». «Fa’ loro piacere per il mio piacere».
26 gennaio - «Una sposa che non contemplasse spesso gli occhi del suo Sposo, sarebbe una sposa?».
12 febbraio – «Certo! Conosco tutte le tue miserie poiché tu sei la mia figliolina!». «Sapessi quanto
sono sensibile alle piccole cose!…».
14 febbraio – In una corriera.
«Hai visto la mia benevolenza attraverso il volto di quella ragazza? Sii sempre così. Se i miei fedeli
fossero buoni gli uni con gli altri, la faccia del mondo sarebbe cambiata». «Ma i tuoi desideri
d’amore, sono Amore». «Ammantami d’amore». «C’è nella tua anima una porta che si apre sulla
contemplazione di Dio. Ma bisogna che tu l’apra».
17 febbraio – «Non lasciarmi senza le tue sofferenze, esse aiutano i peccatori».
19 febbraio – Castello di C. «Non potrai venire a ricevermi in questi tre giorni, così lontano da una
chiesa. Però ti do degli appuntamenti: sarà ogni mattina al tuo risveglio».
Ahimè! L’indomani mattina stavo per dimenticare l’appuntamento, quando un uccellino è venuto a
cantare sulla mia finestra con una voce così acuta e insistente, che tutt’ad un tratto mi sono
ricordata…
1° marzo – Nel Dipartimento del Rodano, alla stazione.
«Tu guardi fisso nella direzione del treno che deve venire. Allo stesso modo i miei occhi sono fissi su di
te, nell’attesa che tu venga a me».
In treno. «Non restare mai senza fare nulla, mi onorerai nella mia incessante opera per la vostra
salvezza».
Davanti alla Loira straripata.«Sii sempre serena e calma. Il fiume riflette il cielo solo quando è
calmo».
3 marzo – In treno.«I miei tramonti sono sempre Amore. Le creature che li guardano per lodarmene,
sono poco numerose… Eppure è Amore». «Se tu non avessi delle “piccole” prove, come potrei darti
“grandi” ricompense?». «Io sono quello che ama di più».
Di sera. «Nulla è piccolo per Me». «Mostra nella tua vita che sulla terra non ci si riposa».
Metà Quaresima – Durante il corteo sono entrata in una chiesa per consolarlo. Con mia sorpresa,
nonostante le navate vuote, l’organo suonava. Un artista aveva probabilmente approfittato di questa
solitudine per studiare. Era di una solennità ineffabile. Lui mi ha detto semplicemente: «Ti
aspettavo». «Vedi me negli altri. Questo ti aiuterà ad essere più umile».
9 marzo – Pensavo di uscire di chiesa all’Elevazione.
«Non andartene così presto (teneramente). Non potrei darti tutte le mie Grazie…».
16 marzo – A Nôtre-Dame.
«Sii tenera. Nella tenerezza, tu compi il primo passo verso il tuo prossimo».
La sera, alla Benedizione, mi ha ripetuto:
«Compi il primo passo!». «E quand’anche ciò che scrivi non facesse riflettere che una sola anima!?».
In treno. «Non dire:“Gloria al Padre, al Figlio” in modo così vago, ma auspica questa Gloria in uno o
l’altro dei tuoi atti».
18 marzo – Nel dipartimento del Puy-de-Dôme portavo faticosamente i miei bagagli dopo una notte
accalcata in treno, e dicevo per le scale del sottopassaggio: “Porto la mia croce con te, ma a te,
qualcuno è venuto a portare aiuto”. E subito, dietro a me, un signore si è offerto di portarmi una
valigia.
Ieri – Dal dentista. Lui mi ha detto:
«Io ho sofferto tanto per te… e tu, non puoi sopportare questo?…».
20 marzo – Nel dipartimento della Lozère.
«Sii amabile, buona, al di là delle tue abitudini. La sposa assomiglia allo Sposo». «Ascoltali parlare.
A loro fa del bene parlare ed essere ascoltati».
Assisi. Durante un “Benedicite”, in cui ero stata molto distratta, Lui mi ha detto:
«Credi che sia una piccola cosa? Per me, è grande».
Pasqua – Roma, Chiesa della Minerva. Lo ringraziavo delle sue sofferenze. Lui:
«Non metterai mai nella tua riconoscenza tanto amore e gioia quanto amore e gioia ho messo io nel
soffrire per salvarvi».
Taormina, Sicilia. Guardavo le donne che hanno un marito per risolvere le piccole difficoltà dei
viaggi. Lui mi ha detto:
«Ma dal momento che ci sono io, qui!…».
30 marzo – Palermo. «Ascolta e ti parlerò. Vuoi essere la mia confidente?». Monreale di Palermo.
«Io sono in te più che te stessa».
Nella corriera da Kairouan a Sousse. «Ti ricordi, quando eri piccola? Ti avevo detto: “Raccontami
ciò che hai fatto oggi”. Ma non avevi creduto che fosse la mia voce».
8 aprile – Sousse. «Rendi il bene per il male. Non fartene sfuggire una sola occasione».
9 aprile – Tunisi. «Io sarò il tuo sorriso di oggi».
Tunisi, nella chiesa del Sacro Cuore:
«Perché gli uomini non vogliono credere al mio Amore? Sono forse stato malvagio? Mi sono forse
vendicato quando ero sulla terra? Non sono forse stato tutto indulgenza, tutto perdono? Non sono
diventato il “Dolore” per amor vostro? Perché gli uomini non vogliono credere al mio Amore?» «Non
credere che un santo sia stato santo in ogni momento… Ma c’è la mia Grazia».
Orano. Nella mia cella nel sottoscala.
«Mira alla perfezione. Ma alla perfezione della “tua natura”». Mi fece capire che la perfezione di
un’anima non è lo stesso lavoro che la perfezione di un’altra. «E mi farai piacere».
Nella cappella. «Spero che tu non abbia paura di me! I tuoi peccati? Me ne incarico io».
16 aprile – Algeri. Nella chiesa di Sant’Agostino, dove avevo potuto comunicarmi appena scesa dal
treno:
«Abbrevia il tuo ringraziamento per spirito di carità». Infatti, all’uscita, trovai sulla piazza le suore
che non avendomi vista alla stazione mi cercavano, preoccupate.
Algeri. «Fa’ attenzione a non parlare del male. C’è sempre un po’ di Bene, non fosse che in germe, in
ogni anima. Abbi degli altri la stessa cura delicata che io ho di te ».
18 aprile – Sala di un teatro.
«Perché mi parli come se fossi molto lontano? Sono vicinissimo… nel tuo cuore».
23 aprile – Algeri. «Non stancarti di me. Io non mi stanco di te». «Quando non ti parlo, quello è per
te il momento dell’azione. Parla agli altri come tu pensi che parlerei a te: ti aiuterò».
25 aprile – Porto Vendres. In un caffè non lontano dall’imbarcadero.
«Se, nel ristorarti, tu pensassi a dar sollievo alle mie labbra arse, quanta gioia mi daresti… Ma
questo non è chiesto a tutti».
30 aprile – Nel treno di ritorno.
«Quando un oggetto ha bisogno di riparazioni, lo si affida alle mani dell’operaio. Metti dunque
l’anima tua, silenziosa e immobile, sotto il mio sguardo. Io riparo».
In campagna. Mentre piantavo i gerani sulla terrazza e inghirlandavo gli archetti.
«Noi due insieme faremo belle cose! Ho voluto fare dell’uomo il mio collaboratore per rendere più
stretta la nostra unione. L’amore tende all’unione».
In treno. «Lasciare gli amori per l’Amore».
Nel ripartire.«Prendi il mio Vangelo. Tienilo sempre con te. Mi farai piacere».
5 maggio – Nello scompartimento.
«Vedi la differenza che c’è tra il ricordo di una parola letta e la mia Parola?».
Cappella di Sant’Anna. «Perché non mi riconosci nel tuo prossimo?».
Al catechismo in campagna. «Sii più tenera con loro. I bambini hanno bisogno di tenerezza».
12 maggio – «Io cerco sofferenze che vogliano unirsi alle mie».
14 maggio – Passando dalla stazione di Vannes.
«Tu non sei che un tessuto di misericordie».
19 maggio – Parigi. Nella metropolitana.
«Io sono l’Ostia. Tu sei l’ostensorio. I raggi d’oro sono le mie Grazie, per mezzo tuo».
20 maggio – Montmartre. Mentre pensavo a raccogliermi, mi ha detto:
«Lo Sposo non cerca di avvicinarsi alla sposa mentre essa si distrae alla finestra… Lui attende che
essa si diriga in fondo alla camera dei segreti».
A maggio – In campagna. Dopo la Comunione. Io: “Signore, supplisci alle mie insufficienze”. Lui:
«Sono qui per questo». Davanti ad alcune rose appassite: «Io non passo. Io non inganno».
28 maggio – Pensavo alla vicina Festa del Corpus Domini e Lui mi ha detto:
«Quando avrò tutte le preferenze, le preferenze di tutte le anime, sarà veramente la mia Festa del
Corpus Domini». «Non temere di gioire di me. Vedi quel piccolo insetto che sale dritto nel cielo? Fa’
come lui. Impara a guardare, imparerai a vedere me, il Creatore». «Sai che cos’è la Bontà? La Bontà
è mia Madre».
30 maggio – Festa del Corpus Domini. Dopo la Comunione.
«Io non ho lasciato nulla di me in cielo. Io mi dono totalmente a te: tu donati a me tutta intera».
31 maggio – Nel dipartimento della Seine-et-Oise.
«Quando sei in chiesa, sbarazzati di ogni pensiero, di ogni preoccupazione della giornata.
Sbarazzatene come di un vestito. E sii tutta per me».
In uno scompartimento ferroviario. Ho avuto la tentazione di essere pungente con una passeggera
pungente. Lui mi ha detto piano:
«Più si è cristiani, cioè miei, più si è amabili: sii amabile fra tutte le donne».
4 giugno – Festa del Sacro Cuore. In una stazione.
«Oggi, prendo per me ognuno dei tuoi sorrisi».
Allora, ho deciso di sorridere a tutto e a tutti.
8 giugno – In campagna. «Non fermarti ai piccoli particolari della vita. Pensa unicamente
all’amore: quello che ricevi da me. Quello che tu mi dai». «Pensa in modo caritatevole. I pensieri
generano le parole».
Giugno – In campagna.
«Io non ti chiedo la perfezione – sarebbe difficile per te – ma lo spirito di perfezione. Abbi sempre la
volontà di far bene. E questo, con grande amore».
Davanti alle rose che si arrampicano fino alla cima del grande ciliegio, Lui mi ha detto:
«Tuo padre ti aveva regalato una piccola rosa, e ne eri stata tanto commossa. Io ho fatto sbocciare
per te tutte le tue incantevoli aiuole… Per questo, amami di più».
11 giugno – Mentre soffrivo, ho inteso:
«Ora, sei tu che offri».
Per strada.
«Io non vi chiedo di essere degli angeli. Vi chiedo di essere dei santi secondo la vostra natura».
12 giugno – «Dividi la tua giornata in tre fasi: al tuo risveglio, donati al Padre Creatore che ti offre
suo Figlio in nutrimento; dopo la messa: donati al Figlio che è in te; cerca di addormentarti nello
Spirito Santo che è l’Amore».
Per strada. «Tu, così colmata, sii la più piccola». «La musica innalza l’uomo al di sopra del mondo.
Perché meravigliarti che la mia contemplazione possa dare l’Estasi?». «Considera tutte le cose in
relazione all’Eternità».
Io: “Come puoi dare tanto amore a me, così misera!”. Lui:
«A causa della mia Misericordia».
Mentre recitavo il Pater e l’Ave, dopo la preghiera: “O buono e dolcissimo Gesù”, Lui:
«Può il tuo cuore rimanere chiuso davanti alle mie piaghe aperte?».
Per la strada. «Ascoltami. Non solo con le parole si può fare del bene: anche uno sguardo penetra in
un’anima e la tocca». «Per farti piccola, non diminuire i tuoi doni; pensa soltanto che tutti
provengono da me».
17 giugno – «Tutto nella natura non è che immagine ed emblema. Non hai sentito che colui che ama è
immagine del mio Amore?». «Per capire, bisogna ascoltare. Ascolta». «Riguardo al mio Amore, non
esagererai mai». «Ricevi sorridendo le piccole prove di ogni giorno; tu fasci le mie ferite». «È perché
sei più piccola e più misera che ti ho scelto». «Come ho ben guadagnato il Pane dei miei figli (durante
la Comunione)! Puoi mangiarlo questo Pane, mi è costato caro. Ma sono così felice di offrirtelo…».
Nella casa vuota. «Però siamo insieme».
«Chi ti ha amato come ti ho amato io? Lo credi, almeno?». «Soffri nella tua carne in unione con me,
come se io fossi stato irriso e flagellato stamani».
24 giugno – «Sii contenta quando puoi offrire una piccola sofferenza a me, il Sofferente».
26 giugno – «Credi forse che non abbia bisogno di tenerezza, perché sono Dio?». «Credi che io
rimanga in silenzio con coloro che cercano di parlare con me? Parla con me!…». «Ti mando queste
piccole grazie perché tu ti avvicini a me. È come se io tirassi la corda del campanello di casa tua». Un
neonato cinguettava nella sua carrozzina mentre i genitori erano allo sportello della Posta. Lui mi ha
detto:«Il tuo amore non è che il balbettìo di un piccolino».
27 giugno – «Che la tua vita sia un continuo raccoglimento, un’incessante conversazione con il tuo
Signore». Io: “Dammi i mezzi per farmi santa!”. Lui: «Tu li hai». «Ti ho pregata di svegliarti tra le
braccia del Padre». «Ognuna delle tue mattine è una nuova creazione».
28 giugno – «Rispetta la devozione degli altri. Ognuno ha il suo modo di venire a me». «Ti ho
pregata di addormentarti nello Spirito Santo perché il vostro ultimo sospiro dev’essere nell’amore».
29 giugno – Mentre mettevo in ordine, gli dicevo: “Signore, voi non mi parlate!”. Lui mi ha risposto
dolcemente: «Quando sei occupata, ho come paura di disturbarti». «Ci sono molti modi di parlarmi:
tu, serviti del tuo cuore».
30 giugno – «Tu mi senti di più o di meno. Ma io non cambio». Durante la messa. «Offrimi spesso,
ogni giorno, la tua morte, come io ogni giorno offro la mia a mio Padre». «Io, ti do forse delle
margherite appassite? o delle rose sciupate? Tu, fa’ che le tue azioni siano fresche d’entusiasmo,
d’amore; e offrimele». «Vedi? Quest’impiegato ti ha detto che una volta tu gli regalasti un bel lapis;
non te lo ricordavi. Quante piccole cose tu mi hai offerto, di cui non ti ricordi! Ti dico questo per
incoraggiarti». Io: “Saprò morire? Insegnami a morire!”. Lui mi ha risposto come sorridendo: «Fa’
spesso le prove generali».
In tram. Gli dicevo: “Per favore, infiamma d’amore tutti coloro che sono su questo tram”. Mi ha
risposto tristemente: «Non vogliono».
«Che pregare non sia una fatica. Perché ti affanni tanto? Che tutto sia fatto con semplicità, facilità,
come una conversazione in famiglia».
1° luglio – Durante la Comunione. «Se tu potessi vedere il mio splendore in questo momento».
«Dammi delle sofferenze. Non si può darmele in cielo. Dammene! «Metti il tuo cuore sul mio Cuore.
Aspira, bevi la mia sofferenza. Purificatevi».
3 luglio – In treno. «Prendi tutto da me, e mangia».
4 luglio – «Ora che mi hai offerto le tue sofferenze, considera le mie».
5 luglio – «La tua vita è così scandita, è facile fare il tuo esame di coscienza su ciò che hai diffuso in
ogni luogo: il Bene? l’Amore per me?». «A chiunque volesse ascoltarmi, parlerei. A chiunque mi
desiderasse, verrei».
10 luglio – A San Pietro. Mentre salivo alla cappella del terzo piano pensavo: “Lo troverò nella sua
camera”. Lui mi ha detto rapidamente: «La mia camera è la tua camera. Ciò che è mio è tuo». E mi
ha fatto sentire il mio nulla. È l’eccesso della sua misericordia umana e divina che lo porta a queste
squisite delicatezze. Gli ho detto: “Come puoi amare una creatura così vile!”. Mi ha risposto: «Non
posso fare altrimenti». «Non mirare a dire tante parole nelle preghiere: amami semplicemente. Uno
sguardo interiore. Un sorriso di tenera amica»
12 luglio – «La tua conversazione con me? Piccole parole brevi, capisci? Senza sforzi. Meno sforzo c’è,
più c’è amore. »
18 luglio – «Donati a me come io mi do a te. Se tu ti fermi, se ti aggrappi a te stessa, la nostra unione
non è completa. Donati a me come io mi dono a te». «La tua allegria? Il tuo fascino? I tuoi successi?
Attribuisci tutto a me. Sono io che te li ho dati».
10 luglio – Ero stata in terrazza ad occuparmi dei fiori prima di dire le orazioni. Dato che mi
dilungavo, mi ha detto: «Quando toccherà a me?».
22 luglio – Uscendo dalla stazione.
«Abituati a rivolgerti al prossimo con un atteggiamento d’inferiorità.»
Alla fermata di un treno.span class=”testo”> «Quando la tua vita si arresterà, che sia per un grido
d’amore!». «Vedi questa bambina? Guarda suo padre sorridendogli. Non gli parla. Ma quant’è felice
suo padre di questo sorriso!». Stazione di Paray-le-Monial. Mentre pensavo che non era questo il più
bel paesaggio francese per ricevere il Sacro Cuore, Lui mi ha detto: «Non era il paese ad attirarmi,
ma l’anima così umile di Margherita-Maria». «Quando parli o anche quando pensi in modo
altezzoso, ciò proviene dalla tua bassezza. Quando ti fai la serva degli altri, questo ti innalza».
26 luglio – Nel Midi. «Guarda la foglia dell’albero, così verde e larga: se non si reggesse con il suo
stelo al ramo, che sarebbe?».
28 luglio – «Non appena hai tagliato tutte le rose appassite, il roseto dà nuove rose: è un incessante
movimento in avanti, fiori o frutti. Imita il tuo Creatore». «Più ti darai agli altri, più mi darò a te».
30 luglio – Distratta dopo la Comunione.
«Quando si ha nel proprio salotto qualcuno di molto amato, non ci si mette alla finestra per guardare
i passanti».
Nelle paludi salmastre. «Vedi, c’è del sale sulle tue labbra, eppure hai semplicemente attraversato le
paludi saline: quando mi ricevi al mattino, rimane qualcosa di me in te, tutta la giornata».
4 agosto – Aspettando la corriera sotto gli alberi.
«Vedi come l’anno scorre impercettibilmente con il susseguirsi delle stagioni. Lo stesso avviene per
l’incremento spirituale: abbi la pazienza della tua lentezza».
9 agosto – Le Havre. Lui mi ha fatto notare che, nel Credo, passus – ha sofferto – è vicino a è nato,
perché ha sofferto tutta la sua vita.
10 agosto – Lione. «Per esser santa, bisogna innanzitutto voler esser santa. Voi nascete solo per la
santità».
12 agosto – Nel dipartimento dell’Ardèche. Io: “Come puoi scendere in questo poco vino del calice?”.
«Con tanta gioia!».
16 agosto – La Salette. «Sii ben consapevole del tuo nulla. Porta le tue qualità e i tuoi doni come
gioielli regalati dal tuo Re-Sposo».
20 agosto – In treno. «Di ciò che metto nella tua mano, fanne dono agli altri».
21 agosto – «Quando trovi il tempo di fermarti davanti a me, tu ti apri e io posso parlarti. Prendi
questo tempo».
25 agosto – Sulla terrazza. «Tu dubiti che sia io? Fa’ come se fosse vero». «Calunniata? Bisogna che
tu sia come il tuo Sposo».
26 agosto – Dopo la Comunione. Dubitavo della sua Voce.
«È perché sono Dio che non avrei il diritto di parlare alle mie creature?».
30 agosto – Davo ospitalità a dei domestici.
«Come ti sentirai umiliata di servirli… Ma è me che tu servi».
31 agosto – «Più luce donerai, più ne conserverai…».
1° settembre – «Senti quei piccoli cardellini sugli alberi? Parlano a bassa voce, senza interrompersi.
Voci di uccelli. Parla con me a bassa voce, senza interruzione. Voci di anime». «Prendi il sangue che
scorre dalle spine e lavaci il mondo. Ascolta, sentirai». «Cosa ti resta da fare sulla terra, se non
amare il tuo prossimo per me?». «Vai al di là di te stessa. Sii la più umile, la più semplice».
2 settembre – «L’amore di ieri ti dà più amore per oggi, e l’amore di oggi ne prepara di più per
domani».
3 settembre – E tutti i miei difetti? Lui:
«Vieni lo stesso. Vieni sempre. Credi in Me. Credi nella forza del mio cuore».
1° venerdì di settembre – «Non parlare senza sorridere».
4 settembre – «Mettiti davanti a me come una terra assetata di rugiada. Ma la rugiada non c’è tutti i
giorni».
«Attendi il mio beneplacito. È molto difficile ciò che ti chiedo? Unire le tue azioni alle mie?». «Semina
conversioni in te».
1938
1938 – «Dimmi “buon giorno” ad ogni risveglio, come se tu entrassi in cielo».
Mentre stavo per addormentarmi. «Di’ il Pater. Lo hai già detto, ma ci sono tanti modi di dirlo!».
Dopo la Comunione. «Lascia le tue piccole preoccupazioni. Entra nelle mie: la perdita delle anime».
Siccome ero poco contenta di me e imbarazzata davanti a Lui. «Non sono forse più grande delle tue
mancanze? Non sono più grande del tuo povero essere? Dammi tutto. Io riparo quando mi si chiede
di riparare».
23 giugno – Quasi con un accento di smarrimento: «Non bisogna lasciarmi solo!…». Lo ringraziavo
di tutte le sue ostie sin dalla prima. «Tu le hai sempre: un’ostia ricevuta è eternamente data. È questo
il tesoro degli eletti». «Io sono eternamente morente per la sete della vostra salvezza. Dissetami».
Durante la processione del Santissimo Sacramento, gli chiedevo tante cose. «Mi permetti di scegliere
io stesso la vita che ti ci vuole? Non vedi che te l’ho già fatta su misura?». Contro le distrazioni dopo
la Comunione. «Perché io parli in casa tua, bisogna che tu ci sia…».
20 giugno – «Non essere amabile per amore dell’amabilità. Sii amabile per farmi piacere».
27 settembre – «Se tu sostituissi i tuoi pensieri preoccupati con pensieri di tenerezza verso di me, non
credi che sarebbe più utile e che saresti più felice?». «Con gli altri, puoi parlare pensando ad altro;
con me, non lo devi fare!». «Ma non avresti nessun merito ad amarmi, se tu mi vedessi…». Dopo aver
letto nelle rivelazioni di C. Emmerich che Lui era caduto sette volte sulla via del Calvario, gli dicevo:
“Perché non ci hai detto tutto nel tuo Vangelo?”. «Non sarei stato amato di più…». «I miei intimi sulla
terra saranno i miei più intimi in cielo». Nel dipartimento della Lozère. Al Grand Hotel pensavo alle
donne che rigovernavano. «Non hai capito che qualsiasi azione può essere fatta per me? Io non vedo
differenze nelle cose come le vedete voi. Io vedo differenze solo nell’amore». Lione. «Ogni minuto, tu
puoi salvare migliaia di anime! Pensa. Chiedi. Ama». «Ti raccomando il tuo momento presente, il tuo
dovere di stato». Marsiglia. «Cancellati da te stessa nel tuo pensiero».
23 novembre – Calvi, Corsica.
«Io sarò per te ciò che desidererai che io sia».
Bastia. «Quando preghi, guardami in questa o quella sofferenza, in questo o quel luogo: darà più
forza alla tua preghiera».
5 dicembre – Al ritorno. «Nessun delitto supera l’amore. L’amore è più grande delle vostre colpe».
Ajaccio. Sulla montagna di Solaria. «Se tu avessi dato un segno particolare a un’amica, ti piacerebbe
vederglielo tenere spesso? Io vi ho dato il segno della Croce: fallo spesso, come un segno d’amore e
d’unione». «Fino a quando manterrai queste distanze con me?». «L’amore è totale assenza di
separazione».
12 dicembre – Sartène. Dei fanciulli dicevano svogliatamente il Rosario.
«Come me lo sfigurano, il mio Pater!».
Bastia. A messa; durante il Pater: “Signore, quando parlavi sulla croce soffrendo tanto, come mai
quei minuti non hanno salvato tutti i peccatori della terra?”.
«Io ho aperto il cielo a tutti, ma ognuno è libero. Siete voi, fratelli miei, che dovete completare la
salvezza degli uomini chiedendomela e soffrendo per loro».
1939
1939 – «Perché mi lasci? Io non ti lascio». «Quando il sacerdote chiude la porticina del tabernacolo,
chiedimi di essere rinchiusa nel mio Cuore. Approfitta di tutto per parlare con me, come se sulla terra
ci fossimo solo io e te». «Un atto di bontà è un passo verso la rassomiglianza». In una stazione, di
notte, io guardavo le case buie. «Tutti dormono. Lascia che mi rifugi nel tuo cuore».
28 marzo – «Tu che hai viaggiato, hai visto che la terra non è molto grande. Chiedimi la conversione
di questi popoli. E quand’anche la terra fosse più vasta, la mia Misericordia ha forse dei limiti?».
Aprile – Sfax. Pensavo: “Forse, non tornerò mai più qui”.
«Che importanza ha? Sono io che ti guido».
20 aprile – «Guarda spesso al cielo. Ti aiuterà a desiderarlo». Lione. «Sei capace di salire questa
strada senza guardare i passanti, per farmi piacere?». Dopo la Comunione. «Vedi come ti lasci
distrarre quando lasci il momento presente? Ti raccomando nuovamente il momento presente.
Immagina una vita in cui i “momenti presenti” fossero tutti vissuti per la gloria di Dio!».
In campagna. «Onora, saluta gli angeli della tua terrazza. Essi sono qui perché tu li hai invitati». (E
mi sono ricordata che prima di partire avevo detto agli angeli: “Venite a sedervi su queste panchine e
lodate Dio per tanti meravigliosi orizzonti”). «Onora gli angeli della tua casa. Ah! se credeste,
vivreste più con gli Invisibili che con i visibili». Durante la benedizione di un sacerdote. «È lui che fa il
segno. Sono io che ti benedico».
18 maggio – Pensavo ai Quaranta Martiri distesi sul ghiaccio. Lui, come sorridendo:
«Ti stupisce che mi si ami?».
26 maggio – Ore 5,30. «Sin dal tuo risveglio, chiedimi delle anime. Richiedimi dei peccatori. Mi farai
tanto piacere… non puoi immaginartelo. Io sono morto per loro. Sono morto senza essere stato
malato, anzi pieno di vita. Sono morto a forza d’essere picchiato. Se non mi aiuti oggi, non potrò
salvare questa o quell’anima, e tu sai se le amo! Salvale come se tu salvassi me…». «Tutto ciò che dico
ad un’anima, è per tutte le anime. Tutte, sono le mie preferite… Tutte. Una sola. Ah, se si sapesse del
mio amore per ognuna di loro… Credi a quest’amore. Sfruttalo!». «Confidenza verso i santi e gli
angeli. Quando si è piccoli, si sta nelle braccia di tutti. Ci si lascia coccolare ed è tutto naturale».
1° giugno – Nel dipartimento dell’Ain. «Scrivi: “Vorrei che non si avesse più paura di me, che si
guardasse il mio cuore pieno d’amore, che si parlasse con me come con un Fratello diletto”. Per
alcuni, sono uno sconosciuto. Per altri, un estraneo, un maestro severo, un esattore. Pochi vengono
da me come si va in una famiglia amata. E il mio amore è lì che aspetta. Tu, di’ loro di venire, di
entrare, di affidarsi all’Amore così come sono. Così come sono. Io li ristorerò, li cambierò. Avranno
una gioia che non conoscono. Io solo posso darla. Ma che vengano! Di’ loro che vengano…» (con una
voce piena di un grande desiderio).
3 giugno – Nell’Ain. «Quando chiedi, sii sicura che sono abbastanza buono da esaudirti; altrimenti,
mi impedisci di dare…». Io: “Oggi è il Corpus Domini, che cosa dobbiamo darti?”. «La fedeltà nelle
piccole cose». «Sii crocifissa con me. Essere crocifissi è venire lacerati contro la propria natura,
contro i propri desideri, contro l’amore di sé. Nella povertà, nell’oscurità, nell’obbedienza al Padre.
Ricordati che la crocifissione è il preludio della Risurrezione, cioè di tutte le gioie».
16 giugno – Pensavo a coloro che mi avevano amata con tanta bontà. «Ma questi ti lasciavano
talvolta. Io, non ti lascio. Tu sei sempre nei miei pensieri». «Sai tu che cosa è l’amore di un Uomo-Dio
che chiama? che chiede il vostro amore? e che sente in risposta solo il riso che insulta?».
22 giugno – In campagna. «Sii molto semplice con me. Cosa si fa la mattina e la sera in famiglia? Ci
si dà il bacio dell’affetto, cosa naturale. E talvolta, durante la giornata, per una parola o per un
regalo, ci si guarda… Ci si guarda con amore. Si hanno slanci di tenerezza. Quant’è dolce e
confortante… Ah! se mi si permettesse di far parte della famiglia!…».
26 giugno – «È nell’essenza stessa del tuo essere che voglio abitare. Io ti farò vivere. La vita, sono io…
Non avere altra volontà che la mia e quella di mio Padre. Tu ne sarai ricompensata nell’ultimo
giorno».
Durante la messa, al Pater. «Io ho composto le parole del Pater perché accettiate di dirle».
10 luglio – «Qual è la tua divinità? Sei tu, o sono io? Allora, perché non pensi più a me che a te?».
17 luglio – «È dunque così difficile parlare con me? Tutto ciò che ti interessa, tutto quel che è la tua
vita, dimmelo. Io ti ascolterò con tanta gioia e tanta attenzione… Se tu sapessi… Di’ agli altri di essere
con me come con l’amico intimo che conosce i loro segreti».
18 luglio – «Ringrazia Dio di questo giorno che inizia; puoi guadagnare tanti meriti, tanta gloria… in
un giorno… Io ti permetto di servirmi, di amarmi. Servire Dio! Se tu pensassi a questo onore, a
questa felicità… Ah! se ad un dannato fosse concesso un giorno solo… Immagina l’uso che ne farebbe!
Parla con me, figliolina mia».
19 luglio. – Dopo la Comunione.
«Io mi sono donato agli uomini che hanno fatto di me ciò che hanno voluto. L’ho fatto per amore.
Ora, io mi dono nell’Eucaristia. Di nuovo, gli uomini fanno di me ciò che vogliono… Io faccio questo
per amore. Sino alla fine. La fine dei tempi».
26 luglio – In giardino.
«Non è per ciò che mi dici che amo ascoltarti, è semplicemente per il fatto che tu mi parli. Così il mio
desiderio di intimità è soddisfatto, e ti guardo con l’amore di un Salvatore. La tua riconoscenza, i tuoi
omaggi, naturalmente, li amo! Ma è soprattutto il cuore-a-cuore che cerco in voi, le confidenze del
prediletto». «Sorveglia bene i pensieri del tuo cuore. Ciò che abbiamo nel cuore è presto detto con le
labbra».
31 luglio – Dopo la Comunione. «Vivi unicamente per me. Quando parli, si veda bene che in te ci sono
solo io. Non temere di nominarmi nelle conversazioni. Tutti, senza saperlo, hanno bisogno di me. E il
nome di Dio può svegliare il Bene nelle anime. Tu ne prenderai l’abitudine. Io ti aiuterò. Si verrà da te
per sentire parlare di me. Perché dovresti temere, dato che io farò la maggior parte del tuo lavoro?
Aiutarvi è la mia felicità. Chiamatemi in vostro soccorso, mie amate anime. Voi avete la libertà di
volermi o di non volermi; e io resto qui, aspettando la vostra decisione con il cuore che batte. Il mio
cuore desideroso della vostra scelta… Ama seminare il mio nome nelle parole che pronunci. Come
una tenera riparazione per il dolore che mi procurano coloro che vogliono cancellarmi da tutto,
persino dall’anima dei fanciulli. Semina il mio nome, io lo farò crescere».
8 agosto – Dopo la Comunione, pensando che avevo un pranzo a casa mia.
«Tu non hai bisogno di lasciarmi per ricevere i tuoi invitati. Anch’io so ricevere e
accogliere.Quand’ero sulla terra, accoglievo molti sconosciuti. Con affettuoso interesse. Quegli
estranei se ne andavano così felici… Fammi l’onore di tenermi presso di te, in te, quando ricevi. Che
non ci sia nella tua vita alcun momento in cui io sono di troppo: capisci, amica mia?».
Salivo le vecchie scale e ad ogni gradino, Lui:
«Dimmi che, di tutta la tua vita, questo è il momento della tua più grande fede, la tua più grande
speranza, il tuo più grande amore. Crescere di momento in momento e dirmelo».
Davanti all’immagine del Santo Volto.
«Amica mia, mi ami? Mi ami più degli altri?».
9 agosto – «Avvicinati a me ancora di più, avvicinati strettamente al tuo dovere: piccoli istanti che
non sembrano nulla ma sono miei, se me li dai. Raccoglierò questi piccoli istanti tutti donati a me per
farne un’Eternità per te».
13 agosto – Annonay.
«Voglio essere il tuo Unico, la tua unica preoccupazione, il tuo unico pensiero. Nulla. Nessuno. Me».
16 agosto – «Credilo: le azioni più ordinarie, fatte con l’intenzione di salvare le anime, salvano le
anime. Credilo per davvero. Bisogna crederlo, perché onora la mia potenza e la mia bontà».
Lione. In un bar affollato di gente.
«Dimmi qui un Pater Noster. Sarà il solo che mi sarà detto qui, per chissà quanto tempo!».
In una chiesa vicino alla stazione. «Raccontami ciò che ti ha interessato o che ti ha fatto soffrire. Si
crede che mi si debba parlare in un linguaggio speciale, ecco perché ci si astiene. Ma se si sapesse
quanto mi piacerebbe che si venisse a me semplicemente e con un po’ di affetto!… O voi che siete i miei
amici più delicati, venite a placare la mia fame di voi».
13 settembre – Dopo alcune visite che mi avevano trattenuta per tutta una giornata.
«Non ritornare nel mondo. Se tu ridiventassi mondana, non avrei più il tuo pensiero».
14 settembre – Poiché mi sentivo intimidita a passare la mattina con il Padre, Lui:
«Tutto ciò che ha compiuto il Figlio è stato voluto dal Padre. Chi è amico del Figlio è amico del Padre.
Chi ama il Figlio, ama anche il Padre».
15 settembre – Mentre pregavo.
«Se aveste la fede! Ciò che ottenete in anni di preghiera l’otterreste con una sola richiesta.Credete
dunque che vi ascolto, che vi esaudisco sempre, in un modo che non sapete ma che è una risposta alla
vostra preghiera». «Non avere che bontà nei tuoi pensieri: i tuoi atti saranno migliori».
10 ottobre – «Non trascinare sempre con te il tuo passato, se ti appesantisce e ti trattiene
dall’avvicinarti a me. Ma gettati spontaneamente, come sei, tra le mie braccia, per gustarvi la gioia:
posso darti altra cosa?». «Tu non ti meravigli di dover togliere ogni giorno la polvere dai tuoi
mobili; non meravigliarti dunque di dover togliere ogni giorno la polvere dalla tua anima. Perciò,
aiutati con le indulgenze. Bisogna servirsene».
18 ottobre – Leggevo in Josefa Menendez: “Se le anime vivessero costantemente unite a me, mi
conoscerebbero meglio”. Io: “Signore, cosa significa unirsi a te?”.
«È pensare a me. È conversare con me come con il più caro e dolce amico. È ricercare i miei interessi.
È soffrire per la mia causa. È preoccuparsi del mio regno. È ricordarsi delle mie sofferenze. È lasciar
sfociare il proprio amore nel mio amore ad ogni momento della vita… È tutto ciò che ne deriva».
«Amami come puoi: io porto a compimento».
19 ottobre – «Fa’ attenzione al santo del giorno. C’è festa per lui in cielo. Ha grazie da donare in quel
giorno, se gli si chiedono. Unisciti alle feste del cielo… mentre aspetti».
28 ottobre – Dopo la Comunione. «Se a ogni ringraziamento tu domandassi a mia Madre di aiutarti,
vi troveresti una grande gioia!».
Davanti a uno stupendo levar del sole sull’acqua, cantavo: “Quant’è ammirabile il nome del
Signore!”.
«Non è vero che i miei spettacoli sono i più belli della terra? Io li faccio per voi. Ah! se solo sapeste
guardarli… Ringraziarmene… Trovarvi il mio Amore. Tu, ripagami».
3 novembre – Davanti al fuoco. «Lo vedi, niente brucia senza contatto. Avvicinati a Me. Unisciti a
Me. Unirsi significa diventare uno».
6 novembre – In città. Passavo davanti a una chiesa.
«Perché non entri a trovarmi? E se avessi qualcosa da dirti? Tu non passeresti davanti alla casa del
tuo più intimo amico, senza entrarvi correndo di gioia… Ti ingegneresti perfino a includere la sua
casa nel tuo itinerario. Tuttavia, questo amico intimo non ti attenderebbe con tanto desiderio quanto
il tuo Salvatore. Entra. Non perderai tempo. Vedi come ti amo!». «Hai scelto? È proprio me che vuoi?
Vivi per te o per me? Il Padre ed io aspettiamo le vostre risposte». 1
6 novembre – «Temere? Certo: bisogna temere i miei giudizi, temere la mia legge, temere la
grandezza della mia Divinità. Ma non si deve aver paura di me nella vostra vita. Io sono tutto bontà,
tutto amore, tutto misericordia. Avvicinati al tuo Roveto ardente, che brucia senza consumarsi».
19 novembre – Ore 5,30. Via Crucis. Dicevo al Signore: “Io grido talmente forte il mio amore che tu
non udirai i colpi di martello”.
«Quanto bisogno ho di essere consolato! Condannato a morte… a questa morte… lo sai che cos’è?».
“Vorrei essere condannata io, Signore, per fartene l’offerta”.
«Allora, offrimi già da ora il tuo consenso a morire, per obbedire alla legge divina, per la
glorificazione di Dio, per la riduzione del male sulla terra, per l’esaltazione della Croce. Ricordati:
quando la mia Croce è scesa nella sua buca, il rumore dell’urto fu udito nel Limbo dove tante anime
che aspettavano la venuta del Salvatore tremarono di gioia; quando l’amore della Croce entra in
un’anima e vi si sprofonda, quest’anima vive in una gioia che il mondo non conoscerà: il mondo che
ha soltanto piaceri, mentre la gioia appartiene a me e ai miei, amica mia».
3 dicembre – «Vedi questa grossa porta di ferro e di legno spesso? Com’è pesante!È una porta fatta
dalla paura e dalla diffidenza… Come potrei entrare da una porta come questa?O voi, miei intimi!
Abbiate grande fiducia nella mia ricchezza d’amore. Allora, io mi precipiterò in voi con quanto
desiderate, poiché sarete irresistibili».
Mentre cucivo delle pianete. «Laggiù al fronte, o laggiù in Africa, io sarò contento di avere
ornamenti confezionati dalla mia figliolina. Sai quanto un padre è fiero e felice di ciò che gli offre il
suo piccolino? Forse, non è fatto molto bene… potrebbe essere più bello… ma il bambino ha lavorato
con tutto il cuore, allo scopo di far piacere al suo caro padre, e allora… Non è meglio questo che un
lavoro perfetto ma fatto senza amore? Ah! la tua tenerezza, come la cerco in te! Nelle tue opere!…».
22 dicembre – «Prega molto per gli altri. Amplia le tue richieste: i governi, le missioni, i popoli… il
mio Regno ovunque… Io me ne faccio carico».
24 dicembre – Al chiaro di luna, nell’Avenue. Gioiosa del Santo Natale in arrivo. Mi ha detto:
«Oh sì, rallegrati! Sai che cos’era la terra prima della mia venuta? C’era Dio e c’erano gli uomini.Ora
Dio è diventato uno degli uomini, uno di voi… Che amore!Quale unione possibile tra voi e Lui… Riesci
a percepire la differenza? Ringraziami con tutte le tue forze e sii mia più che mai».
26 dicembre – Dopo una riunione di giovani. «Prendi la tua anima nelle tue mani e guarda la tua
giornata. Pesa l’amore che mi hai dato nel corso delle ore. Ricordati: Sarete giudicati sull’amore».
Dopo la Comunione. «Cerca di evitare le più piccole colpe. Questo è il tuo lavoro, perché sei chiamata
alla santità, e la santità è l’assenza di ogni macchia volontaria. Lavoro d’amore, d’amore, capisci?».
Via Crucis, 1a stazione. «Mi condanneresti a una morte certa, se nel tuo spirito il disordine dei
pensieri terreni oscurasse il pensiero di me».
1940
17 gennaio 1940 – «Tu non mi senti sempre allo stesso modo; ma che l’oscurità non t’impedisca di
camminare! Umiliati e cammina fedelmente. Cammina. Non mi vedi. Non mi senti, ma io sono qui,
tutto amore, tendendoti le braccia. Nulla sulla terra mi distrae da voi… Le idee, i pensieri umani sono
brevi, e mi si giudica così… Io sono l’Essere stabile, immutabile. Io sono la Presenza. Io sono lo
Sguardo. Io sono Colui che contiene tutto. Io sono sia l’Istante che l’Eternità. Io sono la Ricchezza
d’amore. Io sono Colui che chiama, affinché veniate senza timore a gettarvi sul mio cuore. Io, chiamo.
Tu, almeno, sii la risposta».
2 febbraio – Di mattina.
«Render l’anima, è una parola giusta. Io ve l’avevo data. Vi avevo messo tanto Amore… Bisogna
rendermela con tutto l’affetto, tutta la tenerezza di cui siete capaci, per onorare il mio amore, il
Primo.Quando verrò a coglierla, questa cara anima, che essa mi si doni come un flacone di profumo
che si spezza».
4 febbraio – Col pensiero cercavo di consolarlo mentre era tutto sfigurato dai colpi. E mi chiedevo:
“Lo amerò altrettanto, glorificato?”. Lui mi ha risposto:
«Non hai lo stesso cuore, quando indossi il tuo abito delle feste?».
18 febbraio – Via Crucis, 2a stazione.
«Ricevi la tua Croce di ogni giorno come io ho ricevuto la mia, con grande amore. Non dico: “Non
sentirne la sofferenza”. Dico: “Arriva, poco a poco, ad amare la sofferenza”. È la sofferenza che
avvicina a me e nessuno potrà uguagliarmi nelle mie innumerevoli sofferenze».
Durante l’Elevazione. «Io sono Colui che espia. Metti sull’altare tutte le tue colpe, fin dalle prime; e
all’orecchio del Padre, con tenerezza, di’ la tua contrizione».
«Pare che ci siano due dèi: quello del Cielo e quello della terra, il denaro. Tu, non servirti di
quest’ultimo che per servire il tuo Salvatore e il prossimo per Lui». «In ogni azione, metti la tua
piccola parte di buona volontà e attendi da me tutto il resto». «Ogni cristiano in grazia è un altro
Cristo. Si dice talvolta che in certi uomini vi sono più uomini. Il Cristo è stato tutti gli uomini. Egli ha
portato tutti i loro peccati.Unisciti a Lui quando è stato te, quando si è caricato delle tue colpe. Non si
può comprendere, quaggiù, la penetrazione di Cristo in ognuno di voi. Era un Dio in un uomo! Il suo
potere di salvezza era infinito, poiché la sua Divinità non ha mai lasciato la sua umanità. Trattatemi
come il più intimo, che non solo perdona le colpe che gli si confidano, ma che prende su di sé queste
colpe per ottenerne il perdono dal Padre».
22 agosto – In campagna. Mentre guardavo il sorgere del sole:
«La mia luce si leverà su di te nell’ultimo giorno. Quale sarà la tua estasi… Conoscerai i favori della
salvezza. Sarai avvolta e come sommersa dalla mia Misericordia. Canta sin d’ora la tua riconoscenza
con la tua fede».
25 agosto – Mentre ricevevo dei nipoti.
«Ricevili come se tu ricevessi me stesso. Immagina le premure che la tua tenerezza avrebbe per me.
Ebbene, dona loro le stesse premure».
10 settembre – «Quando passa un giorno senza che tu abbia pensato a me, sia grande il tuo dolore!
Per paura che il mio dolore sia ancora più grande…».
1° marzo – «Non pensi mai che questa o quella grazia ti è stata concessa per una preghiera detta per
te? Per l’una o l’altra benedizione di un sacerdote? Per i meriti dei tuoi genitori? Per la misericordia
divina? O la bontà di mia Madre? Nulla ti porti a credere che la causa sei tu o le tue virtù…».
5 marzo – Dopo la Comunione.
«Quando vedi che la tua volontà viene da te stessa, allora metti la tua mano nella mia, guardami,
affinché la tua volontà sia modificata da me, per il mio servizio».
11 marzo – Dopo la Comunione. «Da questo vedrò che mi sei fedele: nelle ore di lavoro, impegnati
bene nel tuo lavoro; nelle ore degli affari, impegnati bene nei tuoi affari; ma nelle ore di preghiera,
nelle ore d’amore, che nulla venga a distoglierti da me e dai miei interessi. Sii così la mia Fedele, fin
da ora».
Dopo una mia critica.
«Figliolina mia, bisogna temere di essere meno santi di colui che denigriamo».
Nell’Avenue. «Non dire le tue preghiere come una corvée obbligatoria, ma come una storia
affascinante e nuova raccontata all’orecchio del tuo Diletto. E come la dirai ancora meglio con un
sorriso interiore! E come sarà ascoltata meglio!…».
Pasqua – Nella cattedrale.
«Così come sono entrato solennemente nel Limbo dopo le mie ultime sofferenze (ricordati questo:
sulla terra, si arriva sempre a una sofferenza che sarà l’ultima, lo dico per incoraggiarti), così come
ho rallegrato e liberato quelle anime, allo stesso modo, solennemente, io verrò a liberarvi dalla terra
e a rallegrarvi, anime mie così care! Che questo pensiero vi dia una fiducia gioiosa. È breve, la
terra… E allora vedrai il mio volto».
“Signore, vorrei parlare con te con tanta grazia quanto la prima donna, quando visitavi Adamo ed
Eva nel Paradiso terrestre”.
«Ma tu, hai molti più motivi d’amore dei tuoi progenitori! Allora, ero il Creatore, il Benefattore,
l’Illuminatore. Ora sono il tuo Salvatore, il tuo Riparatore, la tua dolce Vittima, l’Amore rivelato. Ti
faccio più che delle visite: abito in te. Non ti lascio mai, a meno che tu non mi scacci via… Trova
dunque in te delle parole che ti facciano struggere d’amore».
24 giugno – «Non credere che sia difficile fare penitenza. Voi espiate quando volete, unendovi alle
mie sofferenze. E la vostra espiazione piace a Dio perché siete liberi, mentre l’espiazione in
Purgatorio è indipendente dalla vostra volontà».
«Vedi, ci sarebbe un modo per non pensare più alle tue piccole preoccupazioni: pensare alle mie».
8 agosto – Ora santa. «Non scoraggiarti. Ci sono modi di avanzare, anche tramite le cadute: grida
verso di me, non temere di gridare se cadi. Ma che questo tuo grido vada dritto verso il tuo unico
Amico. Credi nella mia forza. Non ho afferrato Pietro che sprofondava nelle onde? Non mi credi più
pronto ad aiutarti che a perderti? Ah! mia povera figliolina, quanto poco mi si conosce… Mi si vuole
ignorare. Si auspica che io non esista, io, l’Essere!… Accresci lo scarso numero di anime che si donano
totalmente al mio amore. Serratevi attorno a me come se difendeste un vostro povero tesoro. Dico
“povero”… Vorrei essere il grande “ricco” di anime! Ma il rapitore porta via molte pecorelle… Eppure,
io le chiamo ognuna per nome. Aiutami! Unisciti alle mie pecorelle fedeli con ogni tua Via Crucis, con
i tuoi buoni esempi, le tue amabili parole. Prolungami sulla terra. Io ci sono ancora, grazie a voi.
Lasciami vivere intensamente, grazie a te. Prestami la tua intelligenza e il tuo corpo; e tu, nel cielo,
possiederai la mia Essenza. Non saremo tutto l’uno per l’altro?».
Consideravo la mia miseria.
«Più un bambino è piccolo e debole, e più lo si tiene stretto sul proprio cuore».
24 agosto – «Un solo Pater Noster detto da un santo è più potente di un gran numero di preghiere
dette senza amore. Metti amore nelle tue parole come un’effusione del cuore, allora le tue parole mi
consoleranno. Non è per te una gioia far riposare il tuo Dio? Dimmelo, che io lo intenda bene al mio
orecchio, come un segreto d’amore».
3 settembre – Dopo la Comunione.
«Il lunedì: vivi nell’amore dello Spirito Santo chiedendogli l’amore. È Lui che fa la santità.Il martedì:
con la Regina degli angeli e gli angeli. Per riparare alle offese e alle tue offese. Il mercoledì: con San
Giuseppe. Prendi in prestito da Lui la sua vita interiore. Il giovedì: sii piccola ostia con me. Sii
un’ostia che canta. Cerca come un avaro le occasioni di piccoli sacrifici che ti rinnoveranno nello
stato di ostia. Il venerdì: tutta per il mio Cuore. Il venerdì che fu per me una grande sofferenza, sia
per te una grande dolcezza. Il sabato non sei sola: mia Madre ti accompagna. Risveglia in te l’amore
per Lei. La domenica: sali in seno alla Trinità santa, come un piccolo grano d’incenso in segno di
pura lode. Fa’ così, piccola anima».
19 settembre – Ora santa. In chiesa, mi preoccupavo dell’accordatore dell’armonium che faceva
rumore: “Gli impedirà di parlarmi?”.
«Forse che qualcosa o qualcuno può impedirmi di parlare a un’anima quando voglio parlarle? Il mio,
non è forse il linguaggio profondo del cuore-a-cuore? Anche in mezzo alla folla tu mi hai udito, hai
inteso la Voce così tenue che ci vuole l’amore per afferrarla. E tu sai, quanto amo essere il vostro
prigioniero… Rubatemi! Più mi ruberete, più avrò nuovi tesori da far rubare. Non abbiamo messo
tutto in comune? come in un’amorevole famiglia? Siate certi che la mia ricchezza non diminuisce mai.
Prendete! prendete a piene mani, a pieno cuore, non solo per voi, ma per tutti. Ah! non dimenticate
nessuno e la mia ricchezza ne sarà accresciuta. Ti ho detto che così poco v’impedisce di vedermi…
Credete dunque nella mia Presenza invisibile, piena di affetti, di amori incomparabili, se sapeste…
Una Presenza! È tanto… Fa’ tutto: lavoro, preghiere, pensieri, conversazioni, come se io fossi là: e io
sono là. Non trovi che sia infinitamente bello? Quando ti svegli, sono là. Quando riposi, sono là. Tu
puoi dire: “Lui non mi lascia mai sola”. È in questo che la tua solitudine è divina. Ti ricordi, dopo la
morte della tua fedele domestica, la tua esitazione a prenderne una nuova? Ti ho invitata a rimanere
sola dicendoti: “Mi amerai sino a questo punto?”. Non è vero che non rimpiangi nulla? Insieme
abbiamo varcato gli anni, le sere dagli istanti solitari. Tu hai cercato di avvicinarti di più a Dio e io ti
ho aiutata, perché tu potessi unire le tue solitudini alle mie. Hai saputo del mio deserto? dei quaranta
giorni? delle notti in cui mi allontanavo per pregare davanti al Padre mio… E nella folla? La grande
solitudine dell’incomprensione, dell’ostilità, dell’odio, dell’amicizia respinta… Tutto ciò per voi, per te.
E più tardi, la solitudine dell’Orto degli Ulivi, la solitudine delle chiese, la solitudine della mia
Eucaristia, per i cuori che mi dimenticano dopo la Comunione… Oh! che il pensiero caldo e fedele dei
miei amici venga incessantemente a consolarmi! E io, io li consolerò quando loro si
addormenteranno per andarsene da questa vita. Strana cosa, non è vero?, che una creatura possa
consolare il suo Dio! Eppure, è così. Il mio amore inverte i ruoli, come una nuova maniera per darmi
una tenera protezione, talmente ho bisogno di tutti i vostri modi di amare, di tutte le vostre forme di
tenerezza. Chi potrà concepire gli ardori del mio fuoco? Perdonami di dire tanto di me, oggi… Tu
capisci, devo alleggerire il mio cuore, affinché si sappia, si conosca un po’ meglio questo Amico
sconosciuto così vicino! Così vicino a voi… Se sapeste… miei poveri figliolini!».
21 settembre – «Offrire un sacrificio, non significa non sentire più la sofferenza che, al contrario,
torna molte volte ad agitare le sue acque amare. Ma significa tornare nuovamente a me ad ogni
flusso dello sconforto, con spirito d’olocausto; e ogni volta, un arcobaleno di grazie illuminerà la
terra. Molte cose sono invisibili per voi! Ma fanno sì che dai vostri atti emani come un’aureola
benefica… Sai come il male ama espandersi e guadagnare terreno? Perché io non dovrei dare al Bene
le ali benedette della soavità che conquista? Chi arresterà la marcia del Bene da anima ad anima,
fino alla fine del mondo? Conoscerai mai i frutti dell’una o dell’altra di queste tue righe? Sì, chiedimi
che tutti vi attingano gioia, luce e consolazione. Posso rifiutarmi di accordarti qualcosa?».
Ora santa. «Vedi come l’azione del sole è importante nelle cose della terra. Le anime
comprenderanno che Dio è il loro Sole vitale, il grande Incantatore della durata dei loro giorni?
L’unico Scopo della loro esistenza? Ricordati questa preghiera: “Signore, liberami dalla
preoccupazione delle sciocchezze”. Tutto è poco, eccetto Dio. Ogni giorno dovete aumentare la sua
vita in voi. Nell’altra vita, vi chiederete: “Come ho potuto restare un solo istante senza amarlo?!”. Per
darvene il merito, ho voluto che mi cercaste nell’oscurità, che mi trovaste nella penombra. La
chiarezza ineffabile sarà per dopo. Non ho io stesso attraversato ore tenebrose quando la mia
Divinità sembrava allontanarsi dalla mia Umanità? Ah! come ho ben fraternizzato… sposando tutte
le vostre debolezze, miei poveri figli! Sono stato veramente un “Uomo” tra gli uomini. E anche prima
della mia Passione, sapevo cos’era la sofferenza. L’amavo, per amor vostro. Amatela per amor mio.
La trasformerò in conversione per altri, in gloria per voi, poiché tutto si ritrova Lassù, sul mio Cuore.
Dunque, prendete coraggio a soffrire, figliolini miei. Vi sono delle anime che non possono più fare a
meno di soffrire, tanto hanno sperimentato che questo le avvicina a me. Benché io vi ami tutti senza
sosta, con che amore speciale considero quelli che soffrono tra i miei figli! Il mio sguardo è più
tenero, più affettuoso di quello di una madre, certamente! Non sono io che ho fatto il cuore di una
madre? Volgete dunque a me i vostri occhi desolati! Esponetemi la vostra pena, cari piccoli che siete
già nel mio Cuore e vi credete così lontani… così lontani! Cercate di trovarmi ogni giorno in voi stessi
e là, come dei piccolini, datemi i segni di tenerezza che dareste a una madre, a un padre amato.
Quanto sarete felici quando ne avrete presa l’abitudine. Come diventerà dolce la vostra vita! E io vi
benedirò perché avrete finalmente risposto al mio appello… L’appello di colui che stava in piedi alla
porta, ascoltando se il rumore di casa era a suo favore; e se egli sta “in piedi” è perché sa che si può
scacciarlo… Talvolta, non si vuole neanche che Lui aspetti, gli si dice: “Non entrerete mai da me!”,
come se Lui fosse un malfattore, Lui che è morto d’amore per loro… Ma quando gli si dice: “Entrate!”
e quando si aggiunge: “Restate! Vivete con noi!”, questo povero solitario prova allora quella gioia che
Egli chiama “le delizie dei figli degli uomini”. Questo voi non lo sapete, ma Dio lo sa, e conoscerete più
tardi la somma delle delizie che avete procurato al vostro Salvatore. E queste anime che conversano
di continuo con me nel loro intimo, quanta allegrezza non mi danno? Tu non sai che cos’è, figliolina
mia, nella solitudine a cui tanti mi abbandonano, sentire che in un cuore si è il grande Amico, il
preferito, l’unico atteso!».
Visita. Dicevo: “Signore, vi amo”. «Ripetimelo, in modo da farmelo risuonare di nuovo all’orecchio.
Fallo vibrare più a lungo, come una musica. Io non mi stancherò di ascoltarlo. Dimmi, perché mi
ami? Com’è cominciato questo amore? E cos’è che vuoi fare per Lui?… Sì, io so tutto questo… ma
ascoltarlo da te, è una gioia preziosa e come un racconto nuovo».
Dopo il pasto. Siccome faceva caldo, mi ero sdraiata. «Riposati con i miei momenti di riposo. Se tu
non ti unissi a me, sarebbe meglio per te lavorare a spaccare pietre sulla pista del Sahara se là la
fatica ti unisse maggiormente a me. Come ti dico spesso, qualunque sia l’azione, l’unico suo valore è
l’unione d’amore che vi si apporta».
1941
5 giugno 1941 – «Talvolta, una piccola serva viene introdotta nel palazzo del Re, se questo Re ha
bisogno dei suoi servizi. Non è felice, lei, di ammirare allora tutte le ricchezze racchiuse nel
palazzo?». “Signore, essa è soprattutto felice di essere più vicina al re e di avere l’occasione
d’incontrarlo”. «Credi tu che il re si sottrarrà a questa segreta speranza? Egli moltiplicherà le
occasioni di incontrarla, tanto che, dopo averlo appena intravisto da lontano, dopo aver sentito di
sfuggita il suono della sua voce, la piccola serva sarà invitata via via, fino a sedersi alla sua tavola e
a conoscere l’intimità delle serate, poiché il re l’ha guardata con tanto amore da mandare il suo unico
Figlio a morire per salvarla». “Signore, come potrà la piccola serva esprimere la sua riconoscenza
per tanti favori?”. «Essa vivrà d’amore, del suo povero piccolo amore che raccomanderà ogni giorno
allo Spirito perché lo accresca. Non si stupirà delle sue rinnovate colpe, che offrirà con fiducia al
Figlio unico che l’ha salvata. Resterà sempre piccola, poiché Dio è abbastanza grande per
raggiungerla. E morirà, non perché si deve morire, ma perché lei vuole morire per il suo Re,
studiarsi di morire senza rimpianti, perché freme dal desiderio di vedere il suo Amore, il suo Fine, il
suo Tutto. C’è ben ragione di farla emozionare… Ed essa, la piccola serva, rammenta che Lui, il Figlio
unico, è morto; anche per lei. Allora, essa morirà in Lui».
3 luglio – «Sillaba l’alfabeto d’amore alla tua morte, già da ora. I tuoi ultimi respiri, sono il tuo
Consummatum est. Dimmeli già da adesso: che non ci sia nulla di improvvisato in questa bella cosa
importante che è la morte.
26 luglio – In giardino, gli dicevo: “Passeggiamo nel tuo viale dei tigli”. Poi, riprendendomi: “Il
nostro viale dei tigli”. E Lui:
«Cosa farei di questo viale senza di te? Comprendi la mia sete di unione?».
30 luglio – «Hai qualcosa da raccontarmi stasera? Ti hanno chiesto qual è la tua missione?».
“Signore, sono troppo piccola per avere una missione”. «Le fanciulline possono avere delle
commissioni da fare: mostra che bisogna parlare con me, che non bisogna lasciarmi solo nei vostri
cuori. Marta, Maria e Lazzaro mi stavano vicini nel loro palazzo, si occupavano di me. Non credi che
io li abbia bene accolti nel mio Palazzo celeste?».
15 agosto – Dopo la processione. Chiesa vuota.
«Io sono come il padrone di casa che guarda i suoi saloni quando tutti gli invitati se ne sono andati.
Questi invitati saranno fedeli? Hanno capito la festa? Saranno riconoscenti, o si burleranno del loro
ospite? Eppure, il padrone di casa ha messo tutte le sue ricchezze a loro disposizione… Tu, che sei
venuta a me così presto, entra nelle mie stanze intime; quelle stanze in cui si lascia che venga la sera,
e poi la notte, senza accorgersi che le ore sono scivolate, tanto il Cuore ha ascoltato l’altro cuore e ha
ricevuto le parole come luci… Così si giunge al mattino in cui la vita riprende come in un amore
nuovo. In questo modo, il padrone di casa sarà consolato della malvagità di certi ospiti che erano
apparsi alla festa dell’amicizia come delle comparse… Oh! Le feste della mia Chiesa… sulla terra… in
cielo!…».
20 agosto. Lui, da una croce:
«Siccome i miei piedi sono immobilizzati e forati, io non posso più andare a cercare i peccatori!
Siccome le mie braccia sono tenute distese, io non posso più stringerli al mio petto… Ma il mio Cuore
è aperto: che entrino e vi rimangano. Di’ loro che la mia croce è conficcata profondamente per
attenderli tutti attraverso i secoli. O miei poveri peccatori, che amo!…».
28 agosto – «Lo zelo? Non è affannarsi per fare molte cose. È mettere il proprio cuore, tutto pieno
d’amore, nell’azione presente. Augurami che mi venga del bene dalle mie creature, augurami che
oggi molte anime escano dal Purgatorio. Unisciti alla loro gioia di vedermi, e alla mia gioia di
vederle felici. Sali… Sali spesso al cielo».
14 settembre – Festa Patronale. Nella chiesa vuota. La decorazione di fiori naturali era incantevole:
“Sono contenta che il tuo altare sia così leggiadro!”. Lui: «Quando era circondato di anime pie, come
stamani, era ancora più bello. Non puoi sapere. Non conosci la magnificenza di un’anima… è il soffio,
lo spirito di Dio. Non vi è nulla della materia, nemmeno di quella di un fiore. L’anima è spirito. E
questa bellezza dell’anima cresce a seconda delle vostre cure. Uno sforzo, un desiderio, un atto
d’amore, un atto di pazienza o di devozione o di rimpianto che ti pare nulla, le dà istantaneamente un
aspetto più meraviglioso. Come una luce cui si aggiungesse un’altra luce, poi un’altra ancora. Via via
che le virtù aumentano, aumentano i meriti. Voi dite che i vostri corpi cambiano ogni sette anni. Cosa
direste della metamorfosi delle vostre anime, fedeli alla Grazia? Ah! se ogni giorno si desse all’anima
la stessa cura che si dà al proprio corpo! Eppure, voi sapete che questo non è che un involucro di
fango…». “Signore, le anime dei miei familiari che non siano nella tua Grazia… Abbine pietà!”.
«Mettile spesso nella mia anima, in quella di mia Madre. Se il mio corpo, solo al toccarli, guariva i
corpi, non credi che anche la mia Anima abbia i suoi lati vincenti? E i peccatori, non sono
incessantemente nel mio pensiero? Se sono incatenato dalla mia giustizia, rompi le mie catene con
una preghiera, con un sacrificio, con un gesto grazioso. Mi credi insensibile ad un gesto di grazia
della mia figliolina? Io, il più tenero, il più compassionevole? Oh! miei cari ladri di grazie! Come sono
pronto a ringraziarvi delle vostre audacie… Come mi auguro che mi derubiate ancora… Molti
credono che io sia il malvagio che ha solo desideri di vendetta. Io sono qui, con le braccia e il Cuore
aperti! Oh! miei cari peccatori, così attesi…».
11 ottobre — «Hai notato? Perfino la sala in cui realizzavo il mio voto più caro, la mia Eucaristia,
perfino quella sala non era mia. Mi fu prestata: “Il maestro ne ha bisogno”. Ho dato persino la mia
tunica tessuta da mia madre. Renditi conto della mia povertà».
«Non credi che quando mi offri tutto sanguinante al Padre, con te, qualcosa avviene in cielo e in
terra? A cosa sarebbero serviti i miei dolori? E che ne fai della bontà del Padre? Ogni preghiera ha
una sua risonanza che tu non intendi. Chiedi. Chiedi…».
Durante la messa solenne. «Quando un tuo amico del cuore è presente a una festa, tu godi quasi
doppiamente di questa festa, perché pensi: “Lui ode questa musica. Lui vede queste bellezze”. Pensa
che il tuo grande Amico è qui, sempre con te, e partecipa alla tua vita. Dividi tutto con Lui. Questo
raddoppierà la tua gioia di vivere. Ad ogni momento puoi pensare: “Il mio amico può venirmi a
cercare, se lo desidera”. E la tua anima si preparerà al bacio dell’Incontro. O dolce incontro!… Il velo
leggero si romperà e saremo uniti, per l’eternità. Senti la mia fretta!».
Festa di Ognissanti – Durante la messa solenne.
«I posti lasciati dagli angeli ribelli non sono ancora esauriti in cielo! Tutti, voi siete tutti chiamati,
ciascuno per nome. Oh! figli miei, che disgrazia se non rispondete… Se un uomo ricco, proprietario di
un grande castello in cima alla montagna, avesse invitato gli abitanti della valle ad andare ad
abitare con lui, e questi abitanti, temendo la fatica della salita, non volessero darsi almeno la pena di
tentare: non credi che il ricco, consapevole delle splendide gioie del suo castello, proverà un vivo
dispiacere per la negligenza degli invitati? Aiutami a farli salire tutti! E chiedi a quelli che sono già
arrivati di aiutarci».
Svegliandomi, Lui:
«Il tuo giorno: una vita. Al risveglio è la tua nascita. La messa, la tua prima Comunione. La
giornata, come la vita: dispiaceri e gioie. Tutto offerto a me, in me. E io ti porterò sul mio Cuore
pieno d’amore. Preparati al sonno come alla morte: nell’amore, per la mia gloria; e domani avrai
nuovamente la vita sul mio Cuore che è attento a ognuno dei tuoi passi, figliolina mia».
13 novembre – La sera.
«Chi potrebbe impedirti di restare al mio fianco durante la mia agonia? Chi, se non tu stessa? Sei
libera. Vuoi darmela, questa libertà? Dimmi: “Non ho più libertà perché te l’ho donata”. “Sì, mio
Signore. Non hai tutte le chiavi di casa mia?”. «Amo sentirtelo dire. Non avere paura di ripeterlo.
Vedi, se t’incateni con l’amore, non sentirai il freddo delle catene. L’amore rende tutto facile. Vai
dunque con gioia verso ciò che ti costa di più, poiché l’amore ti porterà. È tempo che ci uniamo più
strettamente: è già la sera della vita. Che non manchi nulla ai preparativi della festa. E se ci amiamo,
perché non unirci? Ma tutto deve essere fatto nell’esultanza, che è una prova d’amore. Con quale
gioia interiore ho abbracciato la mia croce quando me la portarono. La mia croce!… Da tanto tempo
la desideravo… Per voi e per ubbidire a mio Padre: era la vostra salvezza. Salvare il mondo! Sai che
cosa ha significato per me? Oh! ringrazia, bambina mia. Credi che molti abbiano pensato a
ringraziarmi? Eppure, tutto fu completato nella corona dei dolori. Loro non ci pensano. Non ci
credono. Tu che sei qui, stasera, nella nostra solitudine, dimmi per consolarmi degli altri le parole
più delicate del tuo cuore. Sarà come un’esalazione di profumo. E dimenticherò gli ingrati,
ascoltandoti… Voi avete su di me dei poteri che vi stupirebbero, se li conosceste. Miei cari piccoli…
Quanto vi amo!…».
28 novembre – Mentre mi preparavo all’Ora santa.
«Prima del tuo colloquio con me, fatti presentare da mia Madre, da San Giuseppe e dai tuoi angeli,
come da una corte che mi onorerà e colmerà le tue mancanze. Un fanciullo non entra da solo nel
salone: alcuni adulti lo attorniano e parlano per lui. E io, io chiedo che lo si lasci venire a me. Tutte le
anime sono i miei fanciulli. Credi che li sgridi? No, li accarezzo sempre per accrescere la loro fiducia
(tu lo sai, tu che sei colma della mia dolcezza). L’amo tanto, questa confidenza dei miei bambini, e il
loro sguardo diretto. Oh! Riponi in me tutto quello che è tuo, i tuoi desideri, anche i più irrealizzabili.
Fra le mie mani, tutto è semplice. Ho chiesto la tua fiducia fino al miracolo. Allora comincerò a essere
soddisfatto. Avresti mai pensato che ti avrei salvata fino al punto di subire una atroce Passione e una
morte ignominiosa? Avresti mai pensato che avrei inventato un Sacramento come l’Eucaristia? Per
vivere fra voi e nutrirvi? Avresti mai pensato al perdono delle colpe più grandi dopo una semplice
confessione e il pentimento? Questo supera la tua concezione della bontà. E ora, non posso fare
grandi cose per voi? Il mio potere è forse diminuito? Oh! che ogni anima si avvicini, mi esponga i suoi
bisogni, mi mostri tutte le sue debolezze e desideri ardentemente da me la sua guarigione. Chiedi
l’amore. Chiedi la santità. Ricorda quei due apostoli che hanno osato chiedermi di sedersi uno alla
mia destra, l’altro alla mia sinistra nel mio Regno: che cosa non si aspettavano da me! Anche tu,
attendi tutto da me. Sarà una prova del tuo amore, essa ornerà il mio cuore. Chiedi la santità.
Chiedimela ogni giorno. Mettici tutte le tue cure: siate santi, come mio Padre ed io siamo santi. Entra
in me e io ti porterò. Da sola cosa potresti fare, mia povera bambina!… Ma tu hai il mio amore.
Prendilo. Facendo un tutt’uno con Me, la tua forza è sovrumana. Sei pronta ad amarmi? Sei pronta a
sperare?».
Natale – Nella cattedrale.
«Poiché sono sceso fra voi, quale non è la mia immensa potenza, messa al vostro servizio dall’amore?
Non dubitare che io possa portare il tuo lavoro di trasmissione sino ai confini del mondo. Chiedi
anche che venga il mio Regno! Chiedi!».
1942
2 gennaio 1942 – Durante la messa.
«Mantieni la tua veste senza macchie. Voglio dire, macchie volontarie. Se tu passeggiassi in
campagna, e uno spino o dell’erba verde macchiasse la tua gonna bianca, sarebbe poca cosa. Ma se
tu vi avessi fatto dei buchi con delle forbici, o dei disegni grossolani con l’inchiostro, che negligenza…
che disprezzo del bello!… Fare questo sull’anima è più grave, perché essa è la mia immagine».
27 gennaio – «Ricordati che mi hai promesso di essere più santa oggi di ieri. Sarà il tuo motto
quotidiano».
12 febbraio – «Quando preghi, guardami. Entra nel mio pensiero eterno, altrimenti sei portata via
dalla distrazione. Ricordati: voi siete tutti solidali. Un’azione fatta bene aumenta il tesoro della
Chiesa. Ah! Figliolina mia, non lasciar passare nessuna occasione di arricchire te stessa e gli altri.
Studia bene il modello della mia vita, come facevi nei tuoi quaderni di bambina, e non stancarti di
scrivere sulle pagine che restano prima della fine della tua vita, più per farmi piacere che per la
ricompensa. E io, che sono sempre qui a guardarti, coglierò con amore questo tuo desiderio di
piacermi. Non preoccuparti più di te. Tutta trasferita in me, pensa a me. Da qui, irradia su tutti. Non
sarai più tu, sarò io». “Signore, io prometto, io desidero, ma in realtà… che cosa faccio?”. «La mia
Misericordia è felice di accettare le promesse e i desideri che, a poco a poco, divengono atti: promesse
e desideri sono atti in germoglio. Non scoraggiarti mai. Pensa spesso che io sono presente. Posso
essere presente e non aiutarti? La creatura non è infinitamente cara al Creatore? Se tu sapessi…
Tendi spesso l’orecchio verso di me: intenderai. Giovanni, appoggiato al mio Cuore, ne intese i
segreti. Se non avesse avuto questo gesto di tenerezza, avrebbe inteso? Io sono come il timido: mi ci
vuole il vostro primo passo».
1° marzo – Dopo la Comunione.
«No, non c’è nessuna occupazione che impedisca di pregare. Io, non recitavo forse i Salmi, coperto di
colpi e di piaghe, trascinandomi sul cammino del Calvario, in mezzo alla folla urlante? E sulla Croce?
La mia povera Croce… E tu, troveresti difficile pregare nelle tue piccole, comode occupazioni? Oh!
unisciti a me».
24 marzo — «Far piacere è fare il bene. Non lesinarlo a nessuno, soprattutto a coloro che ti avessero
fatto del male. E per unirti a me, di’: “Prego con la tua preghiera. Lavoro con te che lavori. Parlo con
la tua parola”. Mettici tutta la tua tenerezza, figliolina mia».
7 giugno – Durante la messa. «Lascia le tue piccole distrazioni abituali. Sprofondati in me. Cosa
aspetti per far meglio, per rispondere meglio? Hai notato il canto degli uccelli? Nella stagione dei
nidi, non hanno la stessa voce. E il tuo grido d’amore, forse che non cambierà quando la Grazia
cresce in te? Non troverai accenti più penetranti? più commoventi? Dimmelo. Provamelo.
20 giugno – In campagna. Salivo la vecchia scala e offrivo ogni scalino: “Signore, come puoi gradire
simili inezie?”.
«Quelle che voi chiamate “inezie”, hanno però impiegato la vostra intelligenza, per servirmi, la vostra
memoria e la vostra volontà. È qui il vostro essere. Dovunque voi impiegate per me il vostro essere, io
lo prendo. Capisci?».
28 luglio. «Io sono qui lo stesso Cristo che è in Cielo. Cerca di essere anche tu la stessa di domani».
19 agosto — «Per aiutarti a sbarazzarti di un difetto, pensa che mi dispiace di vederlo nella tua
anima. Cerca di compiacermi in ogni circostanza, come una sposa che cura sempre il suo abito o
mette un abito nuovo per fare una sorpresa al suo unico amore. Io sono sensibile a una delicatezza
più che il più sensibile degli esseri umani. E non credere di perdere il tuo tempo se ti ingegni ad
incantarmi. E se gareggiassimo in delicatezza? L’angelo e Giacobbe. Credi pure che sono io a fornire
le armi. Oh! figliolini miei, come vi amo… Acconsentite a essere amati. Lavorate a credere. Lasciatevi
fare… È già molto. Tanti impegnano tutte le loro forze a sbarazzarsi di me… Trovano pretesti per
attribuire al caso i favori che faccio loro. Non sarebbe più dolce ringraziarmi, ringraziare me,
l’Amore? Poiché tutto viene da me. Tutto viene dall’amore e dalla tenerezza. Sappiate vedere in me il
Dio, ma anche l’Uomo. Avvicinatevi di più. Che cosa vi fa paura in me? Si ha paura di un piccolissimo
bambino in una mangiatoia? Si ha paura di un uomo disteso a terra, che offre ai chiodi i suoi piedi e
le sue mani?…».
16 dicembre - «Vedi me negli avvenimenti. Io sono il Direttore, tu amerai tutto in questa direzione.
Mi tenderai le braccia nei fatti dei tuoi giorni. Ci avviciniamo all’Incontro. Cominciamo a tenderci le
braccia da una riva all’altra. Rive del tempo, rive di eternità. Dimmi che passerai volentieri da una
sponda all’altra, con il cuore che balza di gioia e di desiderio, come l’agnello della vallata. Dimmi che
ormai i tuoi giorni passeranno facendo preparativi, come ripetizioni d‘amore al tuo Maestro, al tuo
Grande, al tuo più Caro».
1943
1° gennaio 1943 – La sera, nella mia camera.
«La parola d’ordine per il 1943? “Nei nostri cuori”. Tu sarai nel mio, e io sarò nel tuo».
14 gennaio – «Aiutami a salvare i peccatori. Ce ne sono tanti… Non fu questo il mio più grande
dolore nel Getsemani? Li vedevo tutti insieme. Prendevo le loro colpe come mie, che onta!…
Agonizzavo per loro. Morivo per loro. Quanta sete ho! Che lo sappiano. Sappiano che io sono tutto
perdono, che chiedo loro di essere, a loro volta, perdono e misericordia verso i fratelli; che la loro vita
deve essere ormai devozione e penitenza; che vi troveranno gioie maggiori dei piaceri che trovavano
nel loro traviamento. Ah! se sapessero che cosa significa essere nel mio Amore… Non lo sai, tu? Che
cosa può colpirti? Tu sei nel mio cuore. Restaci sempre. Dove andresti per stare meglio, dove? E io, io
sono come quel padre che tiene stretto il suo piccino per timore che scappi dietro ad una sciocchezza.
Trovo sempre le mie delizie tra i figli degli uomini. Tu puoi dirmi parole ancora più dolci nella nostra
solitudine, a due. Tu puoi guardarmi più spesso, se veramente sei sicura della mia presenza. Con il
tuo sguardo, avrò il tuo sorriso».
18 febbraio – Mentre entravo in chiesa.
«Ti aspettavo. Mettiti ai miei piedi, silenziosa. Dico “silenziosa” perché ogni pensiero e ogni ricordo
delle cose terrene si taccia. Ti voglio tutta per me. Lo vuoi anche tu? Io non prendo nulla con la forza.
Tante volte, aspetto… Ti ricordi di quel povero pazzo che ogni giorno andava sulla strada incontro a
sua figlia, morta da un pezzo? Io aspetto i miei figli. Alcuni sono morti da tempo alla vita della
Grazia… Prega perché mi diano la gioia di credere finalmente alla mia misericordiosa tenerezza.
Altri vivono della vita del Padre, ma sono distratti dalle preoccupazioni e dall’ansia di guadagnare
denaro. I miei più intimi, quelli che mi hanno capito meglio, quelli che sono divorati dallo zelo della
mia casa, quelli che desiderano essermi i più cari come Giovanni e Lazzaro e Maddalena, costoro sì,
bevono alla sorgente di un’acqua che non si esaurisce mai. Non trovi che sono sempre nuove le parole
dalla mia bocca al tuo orecchio? Non vi trovi una forza che ti stupisce?».
Giovedì Santo – «La festa del mio Cuore è l’Istituzione di questo sacramento in mezzo ai miei Apostoli
verso i quali mi chinavo in modo inesprimibile. Entravo in loro, in ognuno di loro, nella loro intimità.
E mi spandevo in loro in modo così soave che molti versarono lacrime. Una crudeltà in questa
felicità: la presenza del traditore. Avevo tanto amato Giuda… Che dolore, figlia mia! Immagina che,
avendo scelto un’amica, tu vedessi che ti vende a vile prezzo ai tuoi nemici e sotto le apparenze
dell’affetto… Giuda, se tu desideri trenta denari, perché non vai a chiederli a mia Madre? Lei,
venderebbe piuttosto se stessa per risparmiarmi la morte… Ho ricevuto il bacio di lui sulla mia
guancia… Avevo già tanto sofferto quando lo avevo visto avanzare nel giardino del Getsemani…».
“Signore, posso invitarvi a restare nei miei bei giardini per consolarvi?”. «Sei tu, l’anima del
giardino. I miei fiori, sono i pensieri della tua anima. E se sento il tuo zelo per i peccatori, dimentico
le angosce degli Ulivi. Se tu mi dai l’amore del tuo cuore, dimentico l’odio, la cupidigia di Giuda. Se
nel tuo spirito hai compassione della mia miseria di verme, dei miei patimenti di lebbroso, delle mie
infamie di flagellato, della mia vergogna di condannato, dei miei supplizi di crocifisso, allora tutto si
allontana da me e io mi dono a te che mi chiami. Prendi un linguaggio nuovo e forte, questa sera del
Giovedì Santo, per testimoniarmi la tua riconoscenza amorosa. Tante Ostie ricevute… Il più felice dei
due sono io».
23 maggio – Dopo la Comunione. «Capisci? Tu lo sai, non hai spesso l’occasione di buttarti in acqua
per salvare qualcuno. È nelle piccole circostanze che devi dedicarti al prossimo per l’amore mio. Un
piccolo gesto. Dell’affetto. E del fascino. È l’intenzione che guardo in te. L’intenzione, capisci? Sarò
indulgente, se il risultato non è perfetto».
26 agosto – «Io ti ho dato tutto ciò che possiedi. Non sono forse capace di raddoppiare ancora i miei
doni? Sono diventato meno ricco? Oppure ho perso dell’amore? Posso santificarti in un istante. Ma
amo il tuo lungo e paziente lavoro che ti mantiene nell’umiltà. Acquisisci l’umiltà amorosa. Ti eleverà.
Lo scoraggiamento non ha mai elevato un’anima. Cammina, cammina! Io camminavo sulla via del
Calvario e, nonostante tanta sofferenza, sono arrivato. Guardami. Avrai un coraggio nuovo. E
fammi l’onore di chiamarmi in tuo soccorso».
16 settembre – «Dimmi spesso: “Mio Creatore, compi le tue volontà su di me. Desidero una sola cosa,
che venga il tuo Regno in me come in cielo”. E m’impadronirò di te con più avidità di un uccello da
preda. Sai cos’è una fiamma che divora? Lasciati prendere in corsa. Invece di fuggire, gettati nelle
mie braccia e perdi la direzione di te stessa. Io ti amerò cieca, che ti lasci guidare. Le mie spalle non
sono ancora abbastanza cariche, reclamano altri pesi. Prendi il tuo posto: io sono il Buon Pastore.
Dimmi il nome delle anime che vorresti portarmi… Per te, le chiamerò con insistenza. Non temere di
portarmene troppe. Ne aspetto di più. Quanto a te, apri bene il tuo cuore. Io entro e non me ne vado
più. A meno che tu non ti stanchi dell’Amico che è morto per salvarti… Se tu mi scacciassi, resterei
ancora davanti alla tua porta».
1944
19 aprile 1944 – «La grazia di oggi: la mia Presenza. Vivi ormai nel pensiero che il tuo più caro
amico è qui. La tua influenza sarà decuplicata: un’anima si accende ad un’altra anima come un cero
ad un altro cero».
25 maggio – In chiesa.
«La vita dell’Aldilà non si può forse preparare con atti di adorazione e di lode? Ah! se fosse una
catena ininterrotta dalla tua nascita sulla terra alla tua nascita nel cielo! Prepara il cielo come si
prepara una festa. Sai le ghirlande? Saranno le buone azioni di ogni giorno infilate dalle ore
profumate d’amore. Sai le luci? Sono i fuochi della tua tenerezza… Vorrei vederti fare la guerra anche
ad un solo pensiero di egoismo. L’egoismo significa fare di sé un dio. Io, che ero Dio, non ho pensato
che a mio Padre e a voi. Mai a me. Comprendi il distacco da se stessi, per amore degli altri? Per
amore del mondo intero? Non ne varrebbe la pena? È così che saresti corredentrice: unendoti al tuo
Sposo».
1° settembre – “Signore, dopo essersi uccisi l’un l’altro per tanto tempo, in guerra, gli uomini non
avranno un periodo di amore e di carità?”.
«Sarebbe il Regno di Dio. Chiedi più spesso: “Venga il tuo Regno!”. L’ora del Regno del Padre può
essere anticipata, se i suoi figli glielo chiedono con suppliche; così come la nascita del Cristo fu
anticipata dai sospiri, dai desideri della Vergine di Nazareth. Oh! prega, lavora, fa’ ogni cosa perché
il bel Regno venga. Ho messo questa richiesta nel Pater. Ed è perché possa venire esaudita. Fatti
coraggio perché ti aiuto; ravviva i tuoi desideri. I desideri sono preghiere, sono frecce rapide. Mira
bene al cuore e che il colpo sia forte!».
2 novembre. Nella mia solitudine, gli dicevo: “Amore mio! E se entrassimo insieme nella nostra
stanza da lavoro, per preparare il tuo Regno?”.
«Figlia mia, il tuo desiderio del mio Regno lo rende già più vicino. È una piccola luce nella notte dei
tempi attuali. È una pressione sulle forze del mio cuore. Immagina una creatura talmente povera da
non aver potuto trovare di che estinguere la sua sete ardente: quando sulle sue labbra cadono alcune
gocce d’acqua, non credi che darà un gran valore a quel sollievo? Allo stesso modo, un desiderio
ardente d’amore offre alla mia Misericordia quasi un pretesto per esaudirlo. E tu sai che do sempre
più di quello che mi si chiede, come un ricco che desideri vedere gli altri ricordare le sue generosità e
usi questo mezzo, perché si pensi a lui. Chi più di me cerca di avere il vostro ricordo? Tu senti dire da
certi amici nel mondo: “Non vi dimentico”, oppure: “Pensate a me”. E non sono che amici terreni.
Come mai il vostro grande Amico, Colui che è il vostro Tutto, il Principio e la Fine, non riceve queste
piccole parole affettuose che gli dimostrano la calda attenzione dei vostri cuori? Vedi: io sono ancora
una volta il Fratello questuante». “E io scrivo le vostre adorabili richieste, unendomi a voi mentre
scrivo. Il Vangelo dice che avete scritto sulla sabbia…”. «Ora scrivo per mezzo tuo, non sulla sabbia
ma nel fondo delle anime. Scrivo con la gioia e la luce».
23 novembre – Ora santa. “Padre diletto, non voglio fare che la tua Volontà e fare tutto per la tua
Volontà, ma più spesso è la mia volontà che faccio. E vivo per me”.
«Non si arriva subito a staccarsi del tutto da sé. Uno sguardo verso di me ti basta per purificare la
tua intenzione. Sai, uno dei tuoi sguardi sorridenti… Dunque, non dimenticare di guardarmi nelle tue
giornate, nelle tue notti. Non stancartene. Come potresti stancarti di un Amico così tenero? Nelle tue
tentazioni contro la Fede, rivolgi a Lui una delle tue dolci parole, la tentazione se ne andrà. Non hai
modo di allontanarti da me, capisci. Sei troppo povera di forze; mentre, avvicinandoti il più possibile
al tuo grande Amico in un dolce e abituale raccoglimento, ti assicuri un soccorso più caldo e
immediato. Ah! perché dubiti? Come puoi dubitare? Io sono come un maestro che insegna dietro le
quinte, per nascondere il grande amore che ha per i suoi allievi. Sono come un corridore che evita la
“volata” affinché l’inseguimento degli altri sia più lungo ed eccitante. Non cerco forse tutti i mezzi per
aumentare i vostri meriti, miei cari figliolini che amo?… Ah! non temete nulla da me. Abbiate paura
di aver paura e, molto semplicemente, abitate nel mio Cuore».
29 novembre – «Pensa a me quando parli agli altri, così che, lasciando te stessa, tu trovi un miglior
balsamo da dare come un profumo che si espande e ignora di profumare».
7 dicembre – «Non aver paura di entrare… La porta è aperta: tu mi dici la tua parola tenera,
semplice, tu mi guardi, tu mi sorridi e tu torni alle tue occupazioni… sapendo di portarmi dovunque
tu vai, pronta ad offrirmi nel cammino qualche sacrificio di cui sarò fiero come di un regalo che fosse
costato molto denaro! Pensa più spesso al cielo! Tutta l’arte che ti incanta sulla terra che cos’è, in
confronto all’Aldilà?… Come vi ci attendo tutti!… Ho preparato così bene la festa… Il tuo posto ti
aspetta… Senti la mia impazienza di ricevere i commensali, di godere della loro sorpresa e del loro
entusiasmo. Sono io, il Cristo, che ho già pagato tutto. L’ho pagata cara questa vostra felicità…
Eppure mi sembra che siate voi a offrirmela, tanto la vostra gioia fa la mia gioia, poveri piccoli
figliolini, davvero miei!…».
21 dicembre – In treno pensavo: “Tante volte ho scritto le sue parole! Basterà o devo continuare?”.
«Sei stanca di me? Mi costringeresti a non poterti più parlare? La mia consolazione non è forse
quella di espandermi incessantemente nei vostri cuori? Io dico “incessantemente”, tanto è grande il
mio bisogno di tenermi vivo nei vostri pensieri. Io in voi. Figlia mia, sono queste le mie delizie.
Raccontatemi tutto, povere pecorelle che il Pastore è andato a cercare così lontano da lasciar colare il
suo sangue goccia a goccia fino all’ultima! E quando ciò è terminato sulla terra, ha trovato il modo di
restare vicino a loro fino alla fine del mondo. Prega per coloro che hanno paura. Come si può aver
paura? Si può aver paura di un Pastore così buono? Perfino gli agnellini più piccoli salgono sulle sue
ginocchia e si riposano. Ed è questa la gioia del Pastore. Oh! Povero… povero Pastore di oggi… che
vede il disordine, l’odio e il ladro che porta via le pecore. Da tanto tempo è cominciata la lotta fra
Satana e il Figlio dell’Uomo… Tu, che desideri il mio Regno, prega. Offri al Padre da parte mia il
mazzo dei piccoli sacrifici pieni di gioia, con tutti i colori dell’amore: sacrifici pazienti, sacrifici duri;
quelli umilissimi e così amabili dell’umilissima carità: capisci? quando doni, sii nella disposizione di
ringraziare chi ti dà l’occasione di fare l’elemosina a Gesù Cristo. Sacrifici di orgoglio: considera te
stessa come l’ultima fra tutti, unendoti così ai sentimenti di mia Madre. Lo vuoi? Oh! il bel mazzo, che
porrò sul mio Cuore con orgoglio: il mazzo della mia figliolina!».
1945
18 gennaio 1945 – Ora santa. “Tutte le briciole del mio tempo sono tue. Fino a quelle che saranno le
ultime della mia vita. Anche se non avessi la forza di offrirtele…”. «Io so quel che mi appartiene nei
cuori. Lo hai notato? Chi ha poco, conosce bene quel che ha… E io, se guardo il numero dei viventi,
constato che la mia è una parte molto piccola. Per questo, ho bisogno di quelli che mi consolano con
la loro intima confidenza, quelli che si sono detti: “Tutto il mio essere è suo” e lo vivono. Perché se
fossero solo parole… Certo. Le tue dolci parole mi piacciono perché sono sincere. Non temere di
ripetermele. Piene di grazia, esse traducono il tuo animo. Ma soltanto un atto di virtù ne è la prova.
Spesso un atto prepara l’altro. Perciò ti chiedo di entrare molte volte al giorno nella cella dei segreti,
nel cenacolo delle confidenze. Quando mi avrai detto tutto, rimarrai in silenzio, sempre sul mio cuore
e capirai. Tu conosci già la forza della solitudine; questa settimana, prova la vita del raccoglimento.
Certo! Anche per strada. Non sono forse dappertutto? Oh! che bell’esercizio, andare in cerca del
proprio Dio-Amore… “Dov’è, Lui che mi vede? Lo avevo appena stretto a me, che se n’è andato
rapidamente e non so dove sia fuggito… Chi potrà restituirmelo?”. E i sospiri interiori della tua
anima sono la mia vita, mi toccano e mi riconducono a te. Non sono io, il più impaziente? In cielo, mi
possiederai senza chiamarmi. Ma ora, usa il tuo fascino provandomi la tua fede con i tuoi desideri di
me. Chiamami nelle tue mattine. Lo conosco bene questo tuo grido! Non privarmene!…».
24 maggio – «Sopporta le spine d’ogni giorno per amore mio.
Questo prepara la tua anima alla virtù eroica. Comprendi che l’unione con Dio non è altro che fare la
volontà di Dio. Capisci che per ognuno arriva un momento che richiede una virtù suprema: ognuno
ne otterrà la grazia con l’accettazione amorosa dei pesi quotidiani. Vedi dunque che i piccoli lavori
abitudinari sono di grande valore per l’anima che li svolge nell’affettuosa ubbidienza a me. Non ti ho
detto che nulla è piccolo ai miei occhi? Che tutto verte sul modo amoroso di agire?».
2 luglio
– “Signore, che ognuna delle mie visite porti a tutti gioia e pace! Ma sono abbastanza pura?”. «Chi è
puro? Non vi sono che peccatori o purificati. Guai a coloro che s’inorgogliscono di non soccombere
alle tentazioni che non subiscono».
13 settembre
– Dopo la Comunione. «Ricordati che devi dare gioia e tutto ciò che è gioia. Non senti che è la tua
missione? Allora, fai nascere le occasioni di rallegrare: sii il genio della gioia».
18 ottobre – «Mettiti di fronte al mio volto. Ora, svolgi la tua anima. Distendila come un tessuto
dispiegato ricordando le tue colpe. Quelle di ieri, quelle di oggi. Tu me le mostri senza dire nulla. E
tuttavia, è una preghiera; te ne stai umile dinanzi alla tua miseria ostentata ed è la preghiera più
eloquente. La voce del giusto si leva durante il giorno e durante la notte. Qual è il suo grido, se non
quello dell’umiltà? Vedi? Anche le tue mancanze possono avvicinarti a me. Sèrvitene per farne amore
di riparazione, amore di contrizione. Tutto deve portare all’amore. E mi incontrerai. Non avrò fatto,
io, più che metà del cammino?».
8 novembre – «Consideri la morte come una festa che vuoi preparare fin d’ora? Con quanta cura
prepari i tuoi ricevimenti terreni? E la riunione di Lassù, non vale forse tutte le delicatezze?
Affrettati, mia diletta! Le foreste degli anni sono ingiallite come l’oro. La tua anima, piena di linfa,
arriverà agli ultimi sprazzi di luce, poi rientrerà nella sua sorgente, lasciando lo sguardo di quaggiù
per un sole più bello.
1946
19 settembre 1946 – «Non vuoi lasciarmi prendere gioia da te? Tu mi credi infinitamente felice; ma
pensa alla gioia contingente che voi potete procurarmi e che mi è negata in tanti cuori! Questa è la
tua occasione di consolarmi. Un uomo aveva molti figli che amava d’un affetto misurato su ciascuno.
Prevedeva ogni dettaglio e cercava solo di renderli felici. Alcuni si stancarono d’un tale amore e lo
lasciarono con insolenza. Altri trascinati da questo esempio, se ne andarono con meno scalpore ma
con la stessa ingratitudine. Altri ancora furono tentati dal piacere dell’indipendenza e si
allontanarono pieni di orgoglio. Quest’uomo rimase solo con l’ultima delle sue figlie, che gli dimostrò
una devozione così fedele, una tale volontà di riparare le ferite causate dai fratelli che quest’uomo,
per la presenza di questa unica figlia, per il suono puro della sua voce, per i suoi gesti che cercavano
soltanto di piacergli, dimenticò le colpe ingiuriose e il proprio dolore. Vuoi essere tu questa presenza
per me? Vuoi donarmi tutte le tue azioni?». “Signore, sono così piccola”. «Unisciti a me. Ti farò
grande».
24 ottobre – Scendevo sulla terrazza dicendogli: “Vieni con me”.
«Dimmelo spesso e nel tuo lungo viaggio verso la morte ti accompagnerò ancora».
Ma io pensavo che, in quel momento supremo, avrei avuto bisogno anche della Santa Vergine.
«Come potrebbe, Lei, non essere vicina a coloro che recitano l’intero rosario, ogni giorno della loro
vita? Tu le chiedi centocinquanta volte al giorno di pregare per te nell’ora della tua morte…».
Ora santa.
“Mio Dio, ti ho amato oggi come desideravi che ti amassi?”. «Mi hai amato soprattutto quando non
hai fatto la tua volontà, come stamani quando ti hanno pregata di andare a fare il catechismo in
Parrocchia, e avresti preferito rimanere con me nella tua camera. Ma, al servizio degli altri, sei al
mio servizio. Mi è gradito che tu sia duttile nell’ubbidienza. Non esitare mai. Va’ avanti. Credi. Così,
mi proverai che il tuo amore non è fatto di sole parole. È come un amore sostanziale che mi è
dolcissimo. I santi si ingegnavano a calpestare la loro volontà per amor mio. Per loro, questo era
“fare la prova”. Prova anche tu. Tutto ti sorriderà quando tutto sarà per me».
21 novembre
– «Ogni anima ha il suo modo di amare. Non privarmi del tuo. Io vi conosco e apprezzo i vostri modi
peculiari. Dal principio del mondo, nessuna anima assomiglia ad un’altra: è questo che forma la
sinfonia delle mie delizie. Non ne ho diritto? Ma non esigo nulla. Aspetto. E quando mi appagate, la
mia gioia è grande. Dunque, non aver paura di darmi. Impara a farmi doni. Molto semplicemente,
come una figliolina. Sii piccola e rimani vicina al tuo “Grande Amico”. Entra in me, tanto da perdere
perfino il ricordo di te. Considera tanto i miei interessi, che i tuoi non ti occupino più se non in
rapporto con la mia Gloria».
12 dicembre – «Pensa ai miei pensieri, e dirai le mie parole. Quale edificazione, figlia mia. Quale
leva… Prova».
19 dicembre – «Io aspetto ciò che tu vuoi donarmi come un povero alla tua porta…Cerca qual è il
momento in cui mi hai fatto più piacere oggi. Non sarà forse quello in cui sei stata più semplicemente
piccola con i piccoli?».
1947
2 gennaio 1947 – Ora santa. Lo adoravo e gli auguravo dei cuori.
«Mai tu mi augurerai sufficiente amore da placare la mia sete! Sì, dammi dei cuori per mezzo della
tua amabilità verso tutti. Anche verso i peccatori. Attirali a te con l’intenzione di darmeli. Fa’ l’opera
mia, mia piccola collaboratrice. Non perdere nulla della nostra unione, figlia mia, in nessun
momento».
16 gennaio – Pensavo al 5 % di sconto e mi domandavo: “La santità sarà più accessibile?”.
«La santità non è un’addizione: un solo atto d’amore può fare un santo nell’istante della morte,
nell’abbandono e nella fiducia più assoluta. Questa fiducia mi onora tanto! Io sono come Sansone.
Perdo la mia forza di Giudice quando un’anima mi esprime la fedeltà del suo amore. Non che questo
amore sia un grande amore, ma è il più grande che essa è in grado di offrirmi. Allora essa mi tocca
sul vivo e sono incline a piegarmi alla sua volontà, che adotto come mia».
18 febbraio – Ora santa.
«Io sono più presente a te che tu a te stessa, ma vi sono momenti in cui la pienezza di me si fa sentire
con un sovrappiù d’amore; e quando dici a te stessa: “È Lui!”, mi rallegro di essere stato riconosciuto.
Ciò che mi fa male, è restare presso di voi come un estraneo, quasi un indesiderabile… Non essere
voluto, ah! Come il mio atteggiamento è costretto a dipendere dalla vostra accoglienza! Mentre io
vorrei essere sempre per ogni anima il Prodigo dell’amore… Come farò, se avete la porta chiusa?
Stavo per dire: lo sguardo ostile? diffidente?… Alcuni temono che io chieda troppo. Se sapessero,
come sarebbero felici di darmi tutto, in un perfetto e gioioso abbandono. Il vostro dono più bello è la
gioia nel servirmi. Anche quando avete il pensiero della morte, non siate tristi poiché io ho preso lo
stesso vostro cammino. Anche mia Madre ha voluto prenderlo: è spesso questa la grande riparazione
per la vostra lunga vita di spensierati egoismi».
16 febbraio – «Te ne prego, vivi ininterrottamente nel mio amore! Io non ti costringo. Non vi
costringo mai, nemmeno ad accogliere i miei doni. Siete liberi. Quante volte la vostra libertà mi ha
crocifisso!… Allora, aspetto… aspetto per secoli… Non credi che ti attendo da molto tempo?… Nessuna
anima è simile alle altre. Nessuna mi darà ciò che attendo da te».
26 febbraio – Mentre ero in visita.
«Non dire ciò che si deve tacere. E non tacere ciò che si deve dire».
6 marzo – «Ogni anima attira da me un amore speciale. Ecco perché sono così riconoscente a coloro
che s’ingegnano a ricondurmi dei peccatori. Pensa! ho dato la mia vita per loro! nelle più spaventose
torture… Povere, care anime che amo! Un umile pentimento… e siete già nel mio Cuore. Parla loro
con dolcezza. Con tenerezza. Un movimento brusco potrebbe allontanarle di più». “Domani, Signore,
incontrerò un peccatore”. «Ti dirò io come procedere. Sarò in te come sempre. Tu mi guarderai, mi
chiamerai, mi dirai: “Parla per mezzo mio”. Io sarò il Fratello che ascolta».
20 marzo – Ora santa.
«Ti preoccupi del passaggio della morte? Ma poiché è la più grande prova d’amore che tu possa
darmi, rallegrati! Offrimela sin d’ora con un distacco assoluto. Dilata il tuo spirito fino all’eroismo.
Di’: “Anche se non dovessi subire la morte, la sceglierei per unirmi a Lui, perché Lui è morto per me e
per amore”. E così, mi darai la gloria più grande che una creatura possa dare al suo Creatore. Oh! la
preziosa morte dei santi, che ha la sua risonanza sino nelle regioni celesti della Casa del Padre! Non
avere paura di perdere la tua vita di un istante per entrare nell’eterno Incontro con il tuo Diletto…
poiché sono io! Ah! sarà il momento della fede, della speranza e della carità. Impadronisciti di questi
sentimenti. E, semplicemente, per sempre. Tu sei con il Padre tuo, con il tuo Sposo, sei della famiglia
di Dio. Vivi, pensa, ama come in famiglia: sarà un segno d’amore». «Quell’affettuoso buon giorno che
mi dai al mattino o quando ti svegli di notte, quanto mi è dolce!».
27 aprile – «Questa notte, quando sei andata alla finestra aperta per guardare lo splendido cielo
stellato i cui riflessi cadevano sui ciliegi in fiore, ascoltavi l’usignolo dell’isola e sentivi la gioia di
avere uno sposo così potente. Ah! che questo, e molti altri spettacoli della natura accrescano la tua
fiducia in me… Scaccia la diffidenza. Essa non mi onora».
22 maggio – Roma.
«Arriva a desiderare la morte che ti conduce al tuo fine. Essa si avvicina. Provane una grande gioia.
La morte porta alla vita. Allora, tutto ciò che deve ancora succederti sulla terra non deve avere altra
grande importanza per te, se non quella di vivere per piacermi».
29 maggio – «Abbandonati al pensiero della festa dell’Incontro; tu hai organizzato molte feste,
fammi l’onore di credere che io so organizzare le mie. È il programma dell’amore».
19 giugno – «Cosa sei senza di me? E se non vuoi separarti da me, perché non cerchi di unirti
maggiormente a me? Cosa te lo impedisce? Tu che fai la Comunione ogni mattina, puoi passare tutto
il giorno in rendimento di grazie. Cosa te lo impedisce? Tu desideri amarmi in ogni circostanza, però
ti trovi nel mondo, circondata dal prossimo: ebbene, puoi continuare ad amarmi in mezzo a questo
prossimo. Cosa te lo impedisce? E quando ti succede qualcosa di allegro e soave, accoglila come
accoglieresti me, poiché io mi nascondo: spetta a voi scoprirmi. È questo il gioco di Dio, vinci! E
quando vinci, convinciti che sono io che ho guadagnato di più. Io, il più sensibile».
17 luglio – Ora santa. «Non posso ritirare ciò che ho detto. Le anime che si offrono a me come vittime,
sono le più vicine al mio Cuore. Perché ti spaventa offrirti così tutte le mattine? Non c’è forse la mia
Grazia? E le vittime, vengono forse immolate ogni giorno? No, sono tenute da parte, nutrite in modo
speciale, ed è alla fine che la loro vita ascende come un olocausto fecondo di riparazione. Io sono
stato un’anima vittima tutti i giorni della mia vita. Non vuoi essere mia sorella?». «Essere attenta?
Significa fare il vuoto dentro di sé e avere il desiderio di me. Allora, io vengo».
10 agosto – Lourdes. Alla Processione del Santo Sacramento pensavo a una risposta orgogliosa che
avevo dato qualche momento prima. Con tenera compassione, Lui:
«Che fatica fai a esser piccola…»
e mi ricordavo di ciò che mi aveva detto in passato in quello stesso luogo, mentre era circondato da
cardinali e da arcivescovi riccamente vestiti:
«Vedi, io sono il più piccolo».
All’ostensorio: «Chiedi a mia Madre di vivere come Lei, in nostra compagnia».
25 settembre – «Simile all’amore per me: l’amore per il prossimo. Che programma, figlia mia, se ci
rifletti!… Come lo cercherai, allora, questo caro prossimo! per servirmi in lui con delicatezze che lo
sorprenderanno e lo commuoveranno. Poiché nulla commuove come la bontà. La bontà che
anticipa».
2 ottobre – «Non credi che la mia silenziosa Madre lasciasse dovunque un solco eloquente di
santità?».
9 ottobre – «Dimmi che in certi momenti sei sicura di me. Questo mi consolerà degli altri
momenti…».
17 ottobre – Parigi, Boulevard Raspail. Pensavo che era ben monotono ricominciare ogni volta a
offrire la propria giornata. Lui, vivamente:
«E io, non ricomincio forse ogni mattina a offrirmi nella messa? Ho forse mai pensato che bastasse
una volta sola? Ti costa tanto darti spesso a me, che ti aspetto sempre? L’amore moltiplica le sue
parole senza ripetersi».
23 ottobre – “Signore, io sono così poca cosa… Perfino quello che ho, me l’hai dato tu”. «Chiedi di più.
Chiedi meglio. E benché tu sia molto lontana dalla perfezione, chiedimela incessantemente per
avvicinarti a me. Quante grazie non ottenete, perché non me le domandate!».
30 ottobre – Ora santa. «Ciò che è triste, è l’assenza di comunicazione fra il Creatore e la sua
creatura. È come un silenzio di morte. Io sono la Vita e la dono. Attendila. Desiderala. La vita che
dono va fino all’eternità. I beati lo sanno: riconoscono le mie vie in se stessi. Tu, cerca di cogliere la
mia azione nella tua attività. Io ti dico spesso: “Agirò tramite te, se acconsenti”. Perché io non
costringo, vengo su invito. Nulla ti turbi. Donati a me come sei. Perché dovresti aspettare? Come è
amabile la fretta di venire a me… essa avrà la sua ricompensa speciale. Quando si cammina, si fa
poca strada; verso Dio, bisogna correre!».
9 novembre – Durante la messa, guardavo entrare una persona.
«Non potresti sacrificarmi i tuoi occhi? Fa’ che guardino me. Temi ciò che ti allontana dal pensiero di
me, cerca ciò che ci avvicina… Tante cose scaturiscono da uno sguardo! Tante cose scaturiscono dal
pensiero… Giustamente, tu diffidi meno della tua volontà che del tuo pensiero. Fa’ di tutto per
conservare il ricordo di me. Riporta tutto a me».
13 novembre – «Come ignorate la forza del vostro Dio!… Avete paura di conoscerlo? Voi che lo
cercate così poco?… La gioia delle vostre anime risiede nella relazione abituale con il vostro Creatore,
il vostro Salvatore. Abbandonatevi a Dio qualsiasi cosa faccia. Lasciatevi sospingere e assecondate il
suo Soffio con il vostro zelo. Tu, vieni a Lui con entusiasmo; poiché Egli possiede ogni risposta ai tuoi
bisogni di tenerezza, di riposo, di comprensione. Ma i vostri pensieri sono brevi… Prolungate almeno
i vostri desideri… Per giungere al gradino superiore, al gradino nuovo dove lo Spirito vi aspetta per
farvi salire ancora più in alto. Ma che tutto sia fatto nella gioia, quella gioia che aumenta la gloria di
Dio. Un padre di famiglia sarebbe forse contento se i suoi figli venissero a trovarlo per timore, di
malavoglia? Quando ti avvicini a me dilata il tuo cuore, figliolina mia, come una fanciulla felice. Tu
pensi: “Lui mi chiede sempre dei sorrisi interiori”. Lo crederesti che, pur essendo Dio, ho bisogno del
sorriso degli uomini, perché ho un bisogno estremo della vostra felicità? Chi può capirlo? Chi può
anche sostenerne il pensiero? Credi. Poiché è il mio Amore che parla e bisogna ascoltare la mia Voce
in modo diverso dalle altre voci».
20 novembre – Ora santa. «Voi vi abituate a essere amati. Io non mi abituo al vostro affetto: mi
commuovete sempre come se fosse la prima volta. Ah! se ne foste più convinti, moltiplichereste le
parole che mi rallegrano, forse quelle, le più semplici, che non avete cercato: sono sgorgate
guardandomi nel vostro cuore. Oh! fai tutto ciò che puoi per il mio Regno, nell’intimità dei cuori. Ci
sono alcuni a cui sono stato presentato, ma non mi ricevono… E io, che vorrei tanto vivere la vostra
vita quotidiana, semplicemente!».
25 novembre – Dopo la Comunione.
«Il tuo motto per oggi: “Per Dio e contro di me”».
26 novembre – Dopo la Comunione.
«In te, io prego il Padre».
27 novembre – Ora santa. Tornavo da un tè in casa del conte di S.
«Adesso, dimentica il mondo e guardami. Sono stato contento di sentirti parlare della solitudine
fruttuosa dei prigionieri, una solitudine che li avvicinava al contatto divino. Hai notato come il corso
della conversazione si è andato elevando fino alla fine? In questo, tu sei stata mio strumento. Che tu
lo sia spesso. Vedi, ho pochi strumenti sulla terra… Chiedi allo Spirito di guidare il tuo spirito. Non
parlare secondo te stessa, parla secondo me, in vece mia. Sai quando è che tu parli come me,
figliolina mia? Quando dai prova di bontà e grazia. Quando commuovi. Quando rispondi con
dolcezza a una riflessione acerba. Quando scusi, quando servi, quando dai. Quando plachi un
carattere irascibile. Quando consoli. Quando mantieni inalterato il tuo umore. Quando rimani umile
senza cercare di prendere il sopravvento. Quando sei riconoscente per l’amabilità altrui. Quando sei
generosa. Chi fu più generoso di me? e più dolce? e più umile? Tutto questo è tuo: tu, fa’ parte del mio
Corpo mistico».
11 dicembre – «Il peso del mio amore per gli uomini aumenta sempre. È così fino alla fine dei tempi.
Chi mi crederà? Quanti ne rideranno? Tu sapessi quanti cattivi mi sciupano, non solo nell’anima
loro, ma in quella degli altri… e in quella dei bambini! Se tu lo sapessi… mi ospiteresti in te: nella tua
memoria, nel tuo intelletto, nella tua volontà. Ricordi? Dicevo a Zaccheo: “Vieni, abiterò nella tua
casa”. Pensa, se dicessi a te e ad ogni anima di buona volontà: “Resterò sempre in voi fino al vostro
ultimo respiro…” e poi vi conducessi nella mia dimora, quella del Cielo, dove non saremo mai più
separati… Comprendi il programma dell’Amore concepito da tutta l’eternità?…».
25 dicembre – «Non bisogna temere di guardare la perfezione perché lì ci sono io, perché io l’ho
vissuta, perché l’occuparmi di voi è la mia delizia. Allora, non siete più soli, avete me. Ricordi una
volta, quando avevi i cavalli? Ti piacevano i tiri schierati a freccia… Ebbene, io cammino in testa e tu,
tu segui, un po’ da lontano, ma segui. Il buon ladrone ha compreso l’amore, e ha lanciato il suo grido
di rimpianto. Pochi istanti dopo, riposava sul mio petto. L’amore chiama l’amore. Tu, rispondimi. Ho
sete di te. Che cosa t’intimidisce? Le tue ripetute negligenze? Le tue insufficienze? La tua mancanza di
precisione? Il tuo pensiero assente? I ricordi negativi? Io mi faccio carico di tutto. Io raccatto le
miserie. Ne fo degli splendori. Dona tutto. Osi dirmi che qualcosa potrebbe non essere mia nella tua
vita? Quando non si è che uno…».
31 dicembre – Dopo la Comunione. “La parola d’ordine per il 1948, mio Signore?”.«Vicinissima»,
invitando all’unione.
1948
3 gennaio 1948 – «Riprendi fiducia e ricomincia il tuo umile cammino, sempre più vicina a me. Sai
che non hai solidità e che i tuoi fondamenti non possono essere che in me. Quando crolli, io prendo le
macerie e rifaccio un tempio nuovo più bello, perché ti sei umiliata. Pensa a questo per riuscire ad
amare l’umiliazione. Non l’ho vissuta io stesso per tutta la mia vita terrena? Io, Dio! Quale
compagna, figlia mia!… Vedi, ciò che affligge l’amore è l’indifferenza, è l’apatia, è l’inerzia: molte
anime sono con me come se io fossi ancora morto. Ma sono vivo, figlia mia, e sono vicino a loro,
dentro di loro, aspettando che mi parlino, che mi sorridano e che il loro cuore batta un po’ per me.
Esigo così poco! Sono contento così presto… Chiedo solo di essere invitato e m’incarico io della festa».
19 gennaio – Con intima dolcezza:
«Al momento della morte dei miei amici, non credi che io venga a prenderli dolcemente? con le
delicatezze che tu conosci? per introdurre l’anima loro nel mio Regno? Non faresti altrettanto tu, per
godere della loro sorpresa e della loro gioia, all’ingresso di una delle tue belle case? Allora io, Dio, che
amo di più, che possiedo di meglio, come potrei disinteressarmi della loro uscita dal tempo? Tutto
quel che puoi immaginare sul fascino del mio cuore innamorato, neppure si avvicina alla realtà!
Ricorda che ho voluto la vostra gioia tanto da essere disceso a conoscere la sofferenza. E quando vi
vedo soffrire, e soffrire uniti a me, raccolgo ognuna delle vostre sofferenze con grande amore, come
se le vostre avessero superato le mie, come se le vostre avessero un valore che il mio cuore vorrebbe
rendere infinito. Ed è per questo che, quando me lo permettete, io voglio fondere la vostra vita nella
mia».
22 gennaio – «Io sono il Dio di tutti i momenti della tua vita perché sono l’anima della tua anima».
Per strada. «I sacrifici si fanno sempre nella volontà».
La sera. «Va’ oltre la bellezza e il fascino. Arriva a me».
12 febbraio
– “Signore, voglio essere sempre vicino a voi, è soltanto il mio pensiero che se ne va”. «Richiamalo
dolcemente, senza irritarti: perché io, io non mi irrito mai. Io vi conosco. Vi amo nella vostra buona
volontà. È la pace che hanno cantato gli angeli quando sono venuto a rinnovare il mondo. Quanto
spesso io sono più indulgente con voi, di quanto voi lo siate con voi stessi! Dammi la gioia di vedertelo
credere».
19 febbraio 1948 – «Umìliati per i tuoi sbagli. Sono i vostri difetti che vi rendono infelici. Riconoscete
i vostri torti. Riconoscete le vostre superficialità, il vostro poco coraggio e la vostra poca energia per
migliorare, la vostra abitudine ad una certa oziosità, la vostra negligenza a guardare il Modello che
è la mia vita, la vostra fatuità soddisfatta nel vedere ciò che siete a qualunque gradino siate, il vostro
atteggiamento indifferente nei confronti dei miei Sacramenti. Avete lo zelo di venire a purificarvi
nella Penitenza? Cercate di suscitare la vostra fame per la mia Eucaristia d’amore, che vuole aiutarvi
a camminare? Non vivete forse come se doveste restare sempre sulla terra? Di rado voi date uno
sguardo anche furtivo all’Aldilà, alla vostra dimora di domani! Quando invece il vostro cuore
dovrebbe esserci già, ringraziando, lodando, adorandomi in tutti i giorni e in tutte le azioni del
giorno… Tu almeno, hai l’anima colma di me? Respiri soltanto per me? Continui a guardare ai tuoi
interessi prima che ai miei, o mi poni davanti a te, come un fanale sul tuo cammino? Ti sei rivestita
delle mie preoccupazioni? Hai preso parte alla conversione del mondo? Accanto ai miei martiri, puoi
dire: “C’ero anch’io”, non fosse che con i tuoi desideri? Chi mi aiuterà, se voi, miei comunicati, non vi
stringete a me?».
11 marzo 1948 – «…Vi sono alcuni poveri di cui nessuno s’interessa. Se sono in mezzo alla strada, li si
guarda e si passa oltre. Ma se una persona attenta si ferma davanti a uno di loro, per una parola
benevola, un’elemosina, il conforto gli dà coraggio e speranza. Io sono questo povero. Siate il mio
conforto.
20 maggio – “Signore, quante cose sulla terra sono noiose! Non pensate che starei meglio da Voi?”.
«Poiché la tua vita è per me, fammi la grazia di mantenere il tuo sorriso. Poiché hai da fare del Bene,
desidera proseguire. Poiché è la mia volontà, sii felice di compierla. Ingegnati a dare gioie intorno a
te, senza cambiare nulla nelle tue abitudini, semplicemente “come va fatto”. Non ne senti tutta la
differenza? Parlare con affetto, parlare senza unzione: sono le stesse parole, non è lo stesso tocco. E
poiché puoi farlo, perché non farlo? Ti sarebbe facile intenerire un cuore inacidito. Poiché io sono
negli altri, perché non te ne dovresti prendere cura? Servimi dunque là dove sono. Non saresti felice
di inseguirmi fin là, tu che mi cerchi? Tu mi cerchi nella bellezza delle rose, nel canto dell’usignolo
sulla terrazza, in quello del cuculo che ti arriva dall’isola sulla Loira, nelle stelle lucenti delle notti di
maggio e fin nei lontani arabeschi delle paludi. Ma non sono io innanzi tutto nelle anime, create a
mia immagine? In questi esseri umani di cui sono il fratello Salvatore? E non avresti motivo, dunque,
di raggiungermi attraverso di loro? Essi non si accorgeranno nemmeno che tu hai mirato a me, ma
ne sentiranno il conforto. E io, io lo estenderò…».
“Signore, con X… non ho trattenuto il giudizio poco caritatevole che volevo tenere nascosto”.
«Un fiore di meno… Ti assicuro che avrei potuto utilizzarlo per la mia Gloria. La mia Misericordia si
servirà del tuo rimpianto. Umiliati riconoscendo le tue mancanze e io ti farò salire più in alto che se
tu non fossi caduta».
17 giugno – Ora santa. Cercavo mentalmente come avrei potuto piacergli di più.
«Io non domando l’impossibile. Non chiedo nemmeno il difficile. Desidero che si venga a me con la
semplicità dei fanciulli, dei figli di Dio. Oh! figlia mia, sentiamoci in famiglia! Chi, più di me, ha
diritto alla voce del sangue, al richiamo delle vostre viscere, al fremito dei cuori che riconoscono la
loro sorgente? E poiché siete i figli di Dio, perché non amarlo come figli, parlargli come figli,
ringraziarlo come figli pieni di gioia, poiché la gioia è il lustro dell’amore? E pieni di una duttile
ubbidienza che è il velluto della tenerezza; pieni di una costante premura che è lo sguardo del cuore;
pieni di invenzioni nuove che sono la vita dell’amore. Nessuno dei sentimenti del cuore umano ha
tanto bisogno di vita come l’amore. Che in te l’una sia l’altro! Lungo le ore del tuo cammino, mira a
Dio senza sosta: i tuoi occhi saranno puri. E quando cerchi di parlarmi, dimmi semplicemente: “Ti
amo”. Credi che è abbastanza, credi che è tutto. In questo sono racchiusi i rimpianti, le speranze, la
fiducia. E senza limiti, senza parole. Io, io vi conosco fino in fondo. Vi penetro in piena chiarezza,
nessuno dei vostri sforzi mi sfugge: io li vigilo, li sostengo. Sono sempre il padre che insegna a
camminare al suo più piccolo. Puoi capire con quale tenerezza? Sii la mia più piccola».
15 luglio – Avevo ricevuto per posta la prima pagina di bozze di “Lui e io”.
«Oh! siine ben lieta […]. Si capirà finalmente un po’ meglio il mio amore? Io sono come un ricco che,
avendo largheggiato per la felicità dei suoi amici più cari, si ferma commosso a considerare i suoi
beneficati: faranno attenzione alle sue delicatezze? o passeranno beffardi come sul Calvario? Molti
scuoteranno il capo con disprezzo. Altri rimarranno indifferenti. Ma coloro che pongono il loro
spirito nello Spirito, con il desiderio sincero di possedermi maggiormente, questi conosceranno un
improvviso intenerimento che li stupirà e li soggiogherà. Prega perché io mi propaghi. […]».
22 luglio – Mi preoccupavo di un progetto matrimoniale per mia nipote.
«Innanzi tutto, sottoponilo a me. Io sono sempre il Creatore, come nei primi sette giorni, e la tua
fiducia mi onorerà. Oh! questo problema della fiducia… Perché stentate tanto a credere? Rileggete la
storia della mia vita: tanti miracoli, tanto amore… tanta semplicità in mezzo a voi… E l’invenzione
della mia Eucaristia, questa mia perpetua Presenza nella vostra vita, non merita che veniate a
raccontarmi tutto ciò che vi occupa con una tenera apertura del cuore? Non compiangeresti un
amico che non ricevesse mai confidenze? o un padre affettuoso al quale non si chiedessero consigli?
Allora, Gesù Cristo… potreste tenerlo in disparte? e proprio nei crocevia della vostra esistenza? Quale
via prendere? Io presiedo perfino al sangue che scorre nelle vostre vene; fatemi l’onore di crederlo e
di ringraziarmene. Ti ricordi lo scrigno di tua madre? Con quanta cura lei ci riponeva i suoi gioielli e
le altre cose preziose! Il mio cuore è lo scrigno delle anime. Esse vi stanno rinchiuse senza mai
perdere splendore. O dolce Dimora, più dolce del velluto».
7 agosto – In una tentazione di egoismo.
«Ti prego! Non servirti prima di me!».
4 ottobre – A Fresne. «Oggi, contemplerai la mia bellezza. Già stamani hai visto quella pennellata di
rosa intenso all’orizzonte, verso oriente. Poi, passando sotto gli alberi, ti sei fermata davanti ai
lunghi fili delle ragnatele di ottobre, tese da un ramo all’altro, con le gocce di rugiada infilate come
fossero perle in tante collane aperte. E il grillo, che aveva cantato tutta la notte sul tuo ciliegio, ad un
tratto ha taciuto perché il sole era appena sorto. Allora, la Loira ha cominciato a cambiare colore con
tanta varietà di tinte che nessun prodotto della terra avrebbe potuto fornirle tale ricchezza. E gli
aironi sono passati rigando il firmamento viola. Se sai guardare bene, tutte le ore del giorno hanno
la loro magnificenza: viene da me, viene da una parte del mio Essere, per voi naturalmente, per
sviluppare in voi l’attrattiva verso la lode, il gusto dell’adorazione, l’amore dell’Amore. E ogni
mattina io faccio nuovi i miei spettacoli per fare nuovi i vostri cuori. Hai un fornitore tanto abile, e
che cerchi tanto di piacerti? Hai qualcuno per ritagliare le nuvole in quelle forme che ti piacciono?
Hai un ingegnere capace di sollevare il fiume fino al muro della tua terrazza? Chi è il mercante che
ha disposto gli uccelli sui tuoi alberi? e tante farfalle fra i tuoi fiori? E stamani, è stata una fabbrica
di tulle che ha steso, come fosse un velo, la striscia di nebbia che tagliava l’isola in due piani? Di chi è
la mano che stacca con tanta grazia le foglie ingiallite dei tuoi tigli, mentre le tue piante di fragola ti
offrono i loro lunghi getti per i frutti degli anni venturi? Apri bene gli occhi e guarda l’Amore: è Lui
che passa».
12 ottobre – Mal di denti.
«Metti la tua guancia contro la mia guancia schiaffeggiata».
9 dicembre – «Dov’è il tuo cuore? È per te o per me? »
10 dicembre – Nella mia camera.
«Chiedi la fame e la sete di Dio. Chiedi il mal di Dio».
20 dicembre – «Un santo è un uomo come gli altri. Ma si è svuotato di sé e ha invitato lo Spirito a
prendere il suo posto. Ed è lo Spirito che è santo».
1949
3 febbraio 1949 – «Dai l’esempio. Bisogna che i figli di Dio facciano onore al loro Padre.
Ora santa. «Non lasciar spegnere la fiamma della tua fiducia. Non ne hai bisogno tutti i giorni? Fa’
che arda dentro di me. Va’ e ritornaci spesso come in un felice stato voluto da me, poiché vi voglio
stabiliti nella mia fiducia. Essa fa parte dell’Amore. Tu, se mi ami e se credi al mio amore, ti
abbandonerai nelle mie mani come un fanciullo che non domanda nemmeno: “Dove si va?”. E parte
allegro, con la mano nella mano di sua madre. Oh, beata fiducia che vi attira tante grazie! Bèndati
gli occhi e ama di non saper nulla del futuro, per cogliere l’occasione di abbandonarmelo. Io so
guidare un cieco per le vie migliori. E quando questo cieco sa di essere mio figlio, non arriverà
perfino a rallegrarsi della sua infermità, che è la sua forza sul mio Cuore? E io, io sarò tentato di
ringraziarlo della sua fiducia, come di un segno di predilezione, come di un favore particolare. Vedi
in questo la mia tenerezza che è incessante. È una vita senza morte. Tu, alimenta questa vita mia e
tua. Fa’ la tua parte. Invocami con il tuo desiderio. Spesso come tu respiri. Non pensare che sia
troppo. Io, che sono in te, invece domando sempre: “Non è troppo poco?”».
10 febbraio – Dicevo il responsorio: “Affinché io sia fatta degna delle promesse di Cristo”.
«Nessuno è degno, se non chi si tiene radicato nel mio amore: sono io che vi rendo degni. Fa’ dunque
tutti gli sforzi affinché la nostra unione sia leale e fedele in tutti i momenti, di notte e di giorno. Tu sei
mia, senza soste. Perché metteresti delle soste nell’amore, nel silenzio, nell’adorazione, nella volontà
di compiacermi? Non ritornare a te stessa. Poiché ti sei data a me la mattina e nel corso della
giornata, rimani in me. Chiuditi dentro e dammi la chiave. Di modo che, quando ti rivolgerai al
prossimo, lo farai mentre abiti in me, e la tua vita esterna sarà guidata dall’interno con maggiore
perfezione e con più amore. Oh! figlia mia! che bella vita la nostra… invidiata perfino dagli Angeli…
Oh! tempo di intimità che conduce immediatamente all’Eternità!… Oh! che buon mezzo per consolare
il tuo Dio… E poiché lo ami, come non ti ci applicherai con tutte le tue forze, aiutata dalla mia Grazia?
Vi sono le negligenze, le fragilità della tua natura. Certo, le conosco! Non temere, sono io che ti ho
creata. Sono sempre io che ti ho salvata. Tutto fu colmo nella mia sofferenza, che tutto sia colmo nella
gioia che mi dai! Ma no, non è difficile. Sai bene che io guardo più allo spirito dell’agire che all’azione
stessa; quello spirito che io voglio, in te, umile e amoroso, costante, staccato dalle creature,
distaccato dalla vita terrena, pronto a partire per l’Aldilà alla mia prima chiamata, gioiosamente:
senza la gioia, la dipartita mancherebbe d’amore. È il Canto della Partenza. Conduce allo slancio.
L’anima è arrivata, sebbene il corpo la trattenga ancora. Oh bella morte gioiosa… degna dei Meriti di
Gesù Cristo!».
30 marzo – Nella mia camera.
«Figlia mia; valuta meglio il valore del momento presente, il pericolo di guardare al passato e
l’inutilità di guardare all’avvenire. Vivi semplicemente, amorosamente, il momento che possiedi».
31 marzo – Ora santa.
«Sta’ attenta ai tuoi pensieri! Non vedi che occupano la maggior parte del tuo tempo? che da loro
dipende il bene o il male delle tue giornate? È un regno interiore che bisogna saper governare.
Collocalo nel clima di Dio: la sua Gloria, la sua Volontà, la sua Clemenza e tutte le qualità che sono
sue. Vivere con il pensiero di queste qualità, significa conoscere meglio Dio, e dare meno importanza
a se stessi. Ti ricordi? Mi chiedevi: “Quando, Signore, sarò perfettamente unita a Voi? e talmente
assorbita in Voi da non ricordarmi più di me stessa?”. È in questi pensieri di unione che tu conoscerai
il tuo compito: dare gioia a quelli che ti ho messo accanto. Non credere al caso. Credi all’intervento
del Padre tuo, del tuo Amico, Colui che non ti lascia. E se, invece di dare gioia, tu affliggessi gli altri,
se non irradiassi me, me che consolo, potresti forse dire di aver posto il tuo spirito nello Spirito di
Dio? Che i tuoi pensieri siano dunque tutti Bontà, Indulgenza, Zelo per la mia causa; tu hai la libertà
di comandarli, tu hai il dovere di scegliermi. Se tu non mi scegliessi, potresti chiamarmi il tuo più
grande Amico? il tuo più bell’Amore? il tuo caro Essere, che vive continuamente nel tuo essere? Tu
non mi vedi, ma sai che sono lì. E poiché sai che ci sono, concedimi i tuoi amorosi pensieri di cieca».
9 maggio – «Dimmi umilmente: “Non ho fatto che questo, Dio mio, nell’arco della mia giornata…
avrei potuto fare di più! Non ho fatto che questo… nei miei rapporti con Te… con gli altri…”. Io
completerò».
29 maggio – «Sai cosa ti chiederò oggi? Di imparare a dire bene degli altri. Che nobile abitudine!
Quanto mi rallegrerebbe… che insegnamento diffonderesti! Ci sono sempre dei pregi, anche in coloro
che sembrano pieni di difetti. Vuoi provare oggi? e continuare per tutti i domani, fino alla tua
morte?». “Sì, mio Signore, ma non so come fare: sono sempre le parole di critica che mi escono per
prime”. «Ti ricordi le carrozze a due ruote? Quando il cavallo si imbizzarriva, si doveva stringere il
freno e trattenere le redini. Allo stesso modo, trattieni l’impulso e rifletti. Sarà per me. Quando è per
me, cos’è che può costare?…».
17 giugno – Dopo la Comunione, consideravo con tristezza i miei peccati di ieri.
«Dammi il tuo vestito sgualcito. Io lo stiro facendolo nuovo, con i miei meriti».
4 luglio – Dopo la Comunione, gli dicevo: “Ho proprio vergogna a pensare che siete stato posato
sulla mia lingua inutile e spesso cattiva”.
«Io la conosco. Vengo ugualmente. Anche se tu non credi a tutte le mie Grazie, io te le dono. Anche se
tu non sai quando mi manifesto per mezzo tuo, io mi manifesto, perché sono in te. Anche se tu balbetti
al Padre i tuoi fugaci sentimenti, io, io li prolungo. È il mio ruolo di Salvatore. Non lo vedi bene, ma
gli Eletti lo vedono. Nel contemplarmi, essi contemplano la Redenzione. Esultano e mi esaltano.
Unisciti a questa esultanza degli Eletti, considerando la mia opera in te. Cerca di scoprirla nella mia
Vita e nella tua. Fede preziosa! Non trascurare nulla per intensificarla, come si punta il raggio di una
torcia negli angoli bui inesplorati. È la Fede a far sì che il Creatore e la creatura si tocchino. E
quando avrai rinsaldato le forze della tua fede, la tua speranza e il tuo amore si dilateranno per
rafforzare l’unità. Nell’unità, si è fedeli alle piccole azioni come alle grandi, poiché tutto è in comune.
Ed è così semplice, nel Dio presente! Ripetigli spesso, come in una respirazione d’amore: “Siamo
insieme. Siamo insieme”…».
18 agosto – Mi dovevo sottoporre ad un’operazione chirurgica.
«Che importa quel che può succedere? Poiché mi appartieni, poiché abiti nel mio amore? Poiché il tuo
cammino terreno sfocerà in una vita senza fine? Che tutto ti ci conduca! Invitami a fare accanto a te
quest’ultimo tratto di strada. Che sia soprattutto il più intimo e il più lieto, poiché noi avremo sempre
lo stesso passo. Hai la tua canzone di strada, la volontà di Dio? Nessuna avvince di più. La
canteremo a due. Puoi star sicura che non mi allontano quando i miei amici soffrono. E la mia
Presenza è un tale conforto che essi arrivano a desiderare di soffrire sempre. Dunque, tienimi stretto
a te, perché possiamo camminare meglio. Oh! la bella via che conduce all’Eternità. Non essere triste,
ne soffrirei. Poiché morire è venire a me. Poiché perdendoti tu mi trovi… Vuoi che finalmente siamo
uniti?».
8 settembre – In clinica, dopo l’operazione.
«Vedi, avrei potuto venire a prenderti e tu ti saresti lasciata portar via con gioia. Ma vuoi lavorare
ancora un po’ per la mia Gloria? E lietamente? Non è forse vero che a nulla vale vivere, se non per
servirmi? E credi che sono io che ti servo perché tu possa servirmi? Ti darò ancora tutto quel che
serve al tuo cuore e alla tua intelligenza. Quando ti sono venuto meno? Tu, non venirmi meno. E,
insieme, scorreremo le maglie di quel che ti rimane da vivere sulla terra. Insieme, sempre. È una
parola forte, non è vero? Quando senti la tua debolezza, come oggi, impadronisciti della forza di tuo
Fratello, per amare, per lodare, per ringraziare il Padre comune. Non privarlo di alcun sorriso: è un
“Amen” felice. Allo stesso modo, dai al prossimo. Ha tanto bisogno di gioia e di benevolenza. Non
rimpiangere mai di esserti data senza risparmio. Va’ avanti. Va’ forte. Va’ come quando si va a Dio».
29 settembre – Convalescenza.
«Non è vero che vedi la differenza fra la vita che mi offrivi prima di questa prova e la vita che vuoi
offrirmi ora? Non è vero che ti ha fatto bene avvicinarti all’orlo della vita per guardare con gli occhi
della verità che cosa è la terra, che cosa è la Vita eterna? Non credi che sia stata una nuova maniera
del tuo Dio per attirare la tua attenzione e farsi afferrare più da vicino? Figlia mia, come è pieno di
inventiva il mio Amore! Come desidera potervi catturare mentre correte… Quanti mi schivano e mi
sfuggono! Tu, lasciati prendere. E senza più fiato, ora che hai sofferto, riposa sul mio Cuore. Credi
che non sappia la prova che ti ho chiesto? Ciò che più conta, vedi, è che tu non abbia dubitato
dell’Amore, nonostante tutto. È che tu abbia detto: “Fiat” e ti sia abbandonata a qualunque cosa
potesse arrivare. Ed è questa la vostra forza sulla potenza del vostro Dio. Siete voi che guidate il cielo
con il vostro totale abbandono, perfettamente fiducioso. Ora, noi non ci lasciamo più. Io racchiudo la
tua vita. Sono il tuo globo. Se tu ardi, è nel mio fuoco. Se tu procedi, è nel mio passo. Se tu respiri, è
per mio tramite. Vedi, come la gioiosa accettazione della mia volontà può fondere un’anima in uno
stato superiore, un gradino impensabile! Vedi, come bisogna dire “Grazie” con tutta la forza del tuo
cuore! Vedi, come bisogna lasciarmi fare nelle vostre vite, poiché io ho svolte improvvise, che non
erano nelle vostre previsioni! E quando la Fede o lo sguardo dell’Amore ve le fa comprendere, voi
date una gioia indicibile al Padre vostro, a Lui che, nel tempo delle vostre tristezze o in quello delle
vostre gioie, è sempre e soltanto Amore».
13 ottobre – Ora santa. “Cristo diletto, eccomi ricaduta nel solito orgoglio e nel solito egoismo”.
«Perché stupirtene, figlia mia? La tua vita non è sempre stata un incessante ricominciare? Io ti amo
così, umiliata, ma pronta a far meglio per amore mio. È allora, che io vengo a te. È allora, che ti
aiuto. Lo Spirito ti riempie perché ora, vuota di te, disillusa su quello che vali, finalmente tu gli lasci
tutto il posto dentro di te. Riconosci la tua abituale incapacità. Ammetti la tua povertà di giudizio, il
tuo poco zelo per il sacrificio, come se tu ti disinteressassi della mia Gloria. Esponimi le tue miserie,
soprattutto le più scoraggianti, come la mancanza di continuità nel tenere a bada il tuo difetto
abituale. Dimmi la tua pena, ma che questa pena nasca soprattutto al pensiero del mio dolore. Poi,
tenta di riparare: hai le parole del tuo amore, hai i silenzi, hai gli slanci, hai i rimpianti nella tua
semplice sincerità. E hai decisioni nuove: confìdati con mia Madre. Essa sorveglierà le circostanze
insieme a te. Non credi che è più facile in due? E inoltre, guardami lungamente. Non è vero che fa
piacere contemplare il viso di un amico unico? e che questo dà forza? E se questo amico è un ideale di
virtù, se risplende di perfezione, non è vero che i tuoi occhi, ogni volta che lo guardi, attingeranno
forza da Lui, per imitarlo? Sarà come una benefica spinta che tu riceverai come un’emanazione della
sua dolcezza e della sua affettuosa compassione. Ama! Vedi, ogni vita cristiana ritorna sempre
all’amore. Non ne conosci ancora tutte le tonalità, tutte le sinfonie, non dico incompiute… ma
neppure incominciate. Trova per ogni giorno un amore nuovo, quello che non si è ancora espresso a
parole: risveglierà in te impulsi che non avevi, come se ti rivolgessi a un Dio nuovo, adorato sotto
un’altra luce, che sia diverso per te ogni mattina, per saziare il tuo cuore con eloquenti concerti.
Poiché Dio è infinito… Entra in Lui come in una foresta profonda dove i silenzi pieni di mistero
risuonano nelle profondità dell’essere».
27 ottobre – Ora santa, in camera mia. [Colloquio con Dio Padre]
«Quando vedo che mi cerchi, ti sfuggirò? Quando mi chiami ansiosamente, non ti risponderò? Forse
che non sono più lo stesso Dio dei primi mattini della Creazione? di quando il primo uomo, magnifico
e buono, che mi attendeva per aprirmi il suo cuore, trovava un’ineffabile appagamento in quelle
prime conversazioni? E Mosè sul Sinai? e i Profeti? e l’Uomo-Dio, nelle sue solitudini di notte e di
giorno? Puoi dire che non mi avvicinavo a loro con il conforto della mia Paternità? E dopo che
l’Uomo-Dio si è lasciato crocifiggere nell’orrore dei tormenti, per causa vostra, non lo rivedo forse in
ognuno di voi? Il mio Cristo, il mio Unico Figlio… La vostra voce è la Sua… Giacobbe che prende il
posto di Esaù. La mia benedizione discende su di voi per sempre, se la vostra fedeltà mi è assicurata.
Credilo dunque! e non privarmi delle tue implorazioni. Non soffriresti se io scomparissi dalla tua
vita? Puoi concepire anche solo una mezza giornata senza di me? o un mattino senza Comunione? o
una gioia senza condividerla con me? o un dispiacere che non tu potessi più raccontarmi? Pensa che,
in questo istante, ci sono nel mondo creature che vogliono essermi del tutto estranee… Per loro, così
povere, prega con le ricchezze che tu hai ricevuto proprio per aiutare gli altri. Prega per loro come se
tu pregassi per il Cristo. Cosa strana, non è vero?… Ma pensa che ognuna delle mie creature è un
altro Cristo. Ora, voi non pensate alle conversioni, perché non le vedete; ma verrà un giorno in cui
queste anime, entrate in Cielo con il vostro aiuto, vi grideranno la loro riconoscenza e il loro amore:
perché in Cielo ci si ama. Oh! figlia mia, onora il Corpo di Cristo. Prendi cura delle sue membra,
glorifica la sua Sposa, la Chiesa. Non vi è nulla al mondo di più grande, di più prezioso, di più
eccellente della santità dello Sposo e della Chiesa, sua Sposa, se non lo splendore della Trinità che
racchiude e illumina tutto ciò che le appartiene».
3 novembre. Ora santa.
«A che punto sei del nostro amore? Ti avvicini maggiormente a me nel pensiero del tuo cuore? con
maggiore frequenza e maggiore intimità? Provi gioia a offrirmi un sacrificio? Desideri più
fortemente il mio Regno? La tua bontà è ancora limitata quando si tratta del prossimo? Vedi: si
fanno spesso domande ai bambini per sapere quanto si applicano. Tu, che sai di essere debole e
misera, chiediti se le tue poche forze resistono ancora e come puoi aumentarle. Quando ci si pesa e ci
si misura, si può fare il punto. Oh! il punto dell’anima tua… come ti è necessario farlo! Soprattutto,
fatti coraggio! Com’è necessario un elogio ai principianti!… Ma sì, mia povera piccola, tu sei sempre
una principiante… ma con la ferma volontà di crescere. Sei sempre una aspirante, come quelle
giovani religiose che vorrebbero affrettare gli anni che ancora le separano dalla professione.
Immaginati un’aula numerosa, composta da bambini indisciplinati e da bambini volonterosi. Non
credi che il maestro farà di tutto per assecondare il lavoro e l’applicazione di quelli che mirano ad
arrivare? Il tuo maestro è il tuo Dio. Il tuo lavoro, è il suo Amore. Quand’eri piccola, ti guidavano la
mano per scrivere. Il tuo Dio ti guiderà il cuore per amare. Con gioia tanto più grande quanto più
spesso glielo chiederai, poiché tu conosci la pochezza dei tuoi mezzi… Nessun maestro sarà così
attento ai palpiti del suo diligente allievo». “Signore, vi amo da tanto tempo, e ancora non so
amarvi”. «Per amare il Padre e lo Spirito, prendi in prestito il mio Cuore; e per amare il tuo Cristo,
offrigli la sua Passione».
6 dicembre – Cercavo un modo nuovo di amarlo.
«Non trovi che la Delicatezza sia il fascino dell’amore?».
9 dicembre – «Non potresti sopprimere tutti quei piccoli pensieri inutili che non servono né a te, né al
prossimo, né a Dio? e mettere, al loro posto, un’adorazione amorosa, il desiderio del mio Regno, lo
zelo per la salvezza dei tuoi fratelli? Sarebbero come le piante d’appartamento che abbelliscono i
saloni».
11 dicembre – Chiusura della novena dell’Immacolata. Ero estasiata dalla Messa cantata a cinque
voci.
«Cosa dirai in Cielo, ascoltando cantare le mie lodi in miliardi di voci? Ogni anima santa ha la sua».
Udivo riflessioni entusiastiche da parte di lettori di «Lui e io»: “Grazie, Mio Signore, di tutte queste
grazie intime che spandete in segreto”. «E tu non sai tutto. Non lo saprai che in Cielo. E con quale
gioia… Mi compiaccio a percorrere la via dei cuori con il nostro piccolo libro. Tanti leggono e sono
trafitti da una delle mie frecce. Alcuni non osano credere a tanto amore e rimangono sull’orlo della
Verità. Altri chiudono il libro senza voler comprendere. Ma credi che molti, profondamente stupiti,
tentano di ricalcare il loro modo di amare sull’intimità che non abbandona, che non trascura, che si
ingegna a piacere, a consolare, a rallegrare con una tenerezza nuova. Ti ho detto che, nell’amarmi,
voi non esagererete mai. Anche fino alla follia: non ho fatto lo stesso io, per voi? Potrete mai
rispondere allo stesso modo? Vicino ai vostri cuori, io sono così povero… Tante indifferenze, tante
avversioni… Almeno quelli che comprendono, cerchino di farmi ricco ogni giorno, non foss’altro che
con un sentimento di commiserazione. Anche poca pietà da parte vostra mi è già di sollievo. Un
semplice desiderio di avvicinarsi a me, mi calma. Un atto d’amore, sia pur breve, in mezzo alle vostre
occupazioni, mi accontenta. E se un cuore arriva a non vivere più che per me, io lo appago fin da
questa vita, poiché egli mi offre sulla terra un luogo in cui mi rifugio. Non credere che ce ne siano
molti! Leggete il Vangelo. Guardate il Modello. Attingetevi l’amore per gli altri, lo zelo nel servizio al
Padre, l’unione con lo Spirito affinché Egli soffi quando vorrà, quanto vorrà. E se Egli vi manda una
prova, non dite: “Basta!”. Tendetegli il vostro essere, affinché Egli lo porti dove vuole… E sarà sulle
cime. Tu, che mi hai trovato, non desideri onorarmi del tuo delicato amore? Anche in mezzo alle
visite, alle distrazioni, ai viaggi, apri l’interno del tuo cuore: io vi risiedo»
Ultimi giorni del 1949 – «Che l’amore egoistico di te, esca da te. Che l’amore sacrificato del tuo Dio,
abiti in te!».
1950
1° gennaio 1950 – «Parola d’ordine:
“La speranza nel tuo Dio: una speranza sconfinata!”».
“Signore, che queste parole, fissate da Te su queste pagine bianche come su solide muraglie, siano
altrettante sorgenti d’Amore a cui verranno ad abbeverarsi i miei fratelli e le mie sorelle della terra!”.
[Qui termina l'antologia curata da Gabrielle e pubblicata da Beauchesne nel primo e secondo volume
di Lui e io. Segue il testo delle conversazioni spirituali dei tre mesi della sua ultima malattia, dal
marzo al giugno 1950, annotate da lei in un taccuino che fu ritrovato dopo la sua morte.]
9 marzo, Ora santa.
«Attendi l’infinito, attendi Lui stesso. E cosa attenderesti tu, se non l’Amore? È la Pienezza. Non
cercare di più. Ringrazia e dònati.» “Signore, io non trovo nulla in me che sia degno di esserti
offerto”. «Non ti ho detto che io sono un collezionista di miserie? Io sono quel restauratore di
porcellane, la cui arte si dispiega sui mille frammenti di un bel pezzo. Io sono quel pittore contento di
aver ravvivato i colori di una tela morta. Niente né nessuno è al di là delle mie cure. Le mie cure sono
gratuite. Io ne trovo il compenso quando voi siete attenti a osservare i miei comandamenti e con
semplice tenerezza di fanciullo mi dite: ‘Grazie, mio caro Signore’. È troppo difficile?»
16 marzo, Ora santa (affaticata).
«Quando sei debole, dammi la tua debolezza. Io la prendo nella mia forza, per unirla a tutte le mie
debolezze terrene. … Allora tu, indebolita, oppressa, avvicinati a me, come se tu avessi scelto di essere
al di sotto delle tue forze per raggiungermi meglio. Ti ricordi quando le tue grandi navi lanciavano il
grido dell’ultima sirena? Tu pensavi: “Partire… Ah, partire è vivere!”. Pensa la stessa cosa lasciando
la terra: tu vai alla vita, alla vita del vero mondo nuovo… Esso ti aspetta… Anche i suoi abitanti ti
aspettano… A New York erano in folla, ad acclamarti sulla banchina… Ma cos’è tutto questo? Povera
terra… Gli evviva della Città celeste, le esplosioni di amore, le gioie folgoranti, gli entusiasmi di
Lassù, chi potrà dirli in linguaggio umano? Rallegrati di avvicinarti, come quando in aereo
domandavi: “Arriveremo tra poco?” e ti si rispondeva: “Guardate l’orizzonte, e indovinerete
l’atterraggio”. E se ti aspettava qualcuno dei tuoi cari, il cuore ti batteva forte. Colui che ti aspetta
ora, figlia mia, è il tuo Creatore e il tuo Salvatore. Va’ allegramente. Va’ come a una festa. Prepara
con amore la tua veste, tutta ornata con i gioielli ricevuti. Prendi a prestito, in più, lo splendore delle
vesti di tua Madre e del tuo Diletto. Bisogna che tu prenda l’abitudine di ornartene ogni giorno,
poiché le loro mani te le tendono… Essi vogliono ritrovare in te la loro stessa bellezza. Tu vi
aggiungerai il tuo umile sorriso di figliolina contenta, contenta di tornare a Casa».
24 marzo. Ammalata. Lui:
«Come vi fa bene sentirvi, di tanto in tanto, vicini alla porta d’uscita dalla vita! Vedi come è limpido
lo sguardo con cui ti volgi al passato? Le cose non sono più verniciate dall’opinione del mondo: tu
vedi ora l’indifferenza alla gloria di Dio, che invece dovrebbe essere il vostro fine; vedi la noncuranza
per la salvezza dei vostri fratelli, che invece dovrebbe ardere nei vostri pensieri. Che tristezza, figlia
mia, se arrivaste soli! Procuratevi un corteo di anime salvate dalle vostre cure, sia nelle vostre
missioni, sia nella vostra casa… Hai notato? Nelle luminose sere dell’Oriente, come a Nazareth sulla
terrazza dei Francescani, tu contemplavi le stelle che scivolavano sole negli spazi, e le altre che
parevano immerse in dischi di luce… Ah, se le vostre anime diventassero ciascuna un gruppo, il
vostro gruppo, condotto da voi nella dimora del Padre di famiglia! Quali entusiastiche acclamazioni
sulla soglia!».
“Come fare, Signore?”
«Ricordatemi spesso i vostri protetti, i vostri increduli, i vostri sordomuti… Li ricoprirò con la mia
tunica senza cuciture, tutta insanguinata».
30 marzo. Ammalata. Lui:
«Perché non impieghi questo tempo di solitudine nel tuo letto, come se tu fossi in adorazione davanti
al Santissimo Sacramento? Che cosa te lo impedisce? Un piccolissimo sforzo, ed è tutto. Perché non
fai di questi giorni di prigione, altrettanti giorni di gioia? Ogni malattia distrugge un po’ il vostro
corpo e avvicina l’anima all’uscita. Perché non offri al Padre la tua distruzione progressiva, per
servire da alimento al prossimo con le tue parole e con i tuoi scritti? Come io ho voluto che vi nutriste
di me e prendeste forza dalla mia forza! E voi vi siete nutriti di me nel primo giorno della mia
agonia… La luna diffondeva già la sua bianca luce sulla terra dell’Orto, che aspettava il mio sudore…
Che le primizie, sia pure ancora lontane, della tua morte, portino soccorso e gioia ai tuoi fratelli. In
quanti modi potete imitarmi, piccolini miei, così distratti dalle cose della terra… Quanto più siamo
vicini, tanti più desidero che mi imitiate… Quando si potrà dire: “Chi vede un cristiano, vede Gesù
Cristo”? Che grande esempio, quale predicazione senza parole! Ricordati: “Chi vede me, vede anche
mio Padre”. E quando dissi così, non credi che la mia voce fosse piena di un grande, grande Amore?
Oh! Figlia mia, uscite dalle vostre piccole misure, varcate la soglia degli spazi superiori. Date Dio,
direttamente, senza nessuna paura umana».
31 marzo. Viatico. Lui:
«Io illumino il nulla che tu sei, perché tu veda bene che non sei nulla».
6 aprile. Giovedì Santo. Dal fondo del mio letto, visitavo in spirito tutti i sepolcri della città, della
campagna e delle terre straniere.
«Ostia. Tutt’e due».
8 aprile. Sabato Santo. “Ammalata, non ho che piccole cose da offrirvi”. Lui: «Una piccola cosa e un
grande amore: ecco una grande cosa».
Nella giornata.
«I miei angeli raccolsero tutte le Particelle del mio Corpo che erano state strappate via e le
ricomposero, perché il mio Corpo fosse intero e perfetto per la Risurrezione. Tu, va’ a cercarmi i
peccatori, portameli: abbi cura del mio Corpo mistico. Nel sepolcro dove io giaccio, offrimi a tutti gli
infelici che hanno paura di essere miei».
13 aprile. Ammalata. Lui:
«C’è forse un giorno, un’ora nella vita che possa essere tenuta isolata da me? Puoi tenere isolata
questa settimana o questo mese? Non vedi che i miei diritti di proprietario si estendono anche ai
vostri quarti di secondo? Non senti in te un desiderio ardente di abbandonarti tutta alla mia presa di
possesso? Sotto gli artigli della febbre, soffri per me. Nei tuoi sonni interrotti, riposati in me e prendi
una fiamma di coraggio».
20 aprile. Ammalata. Lui:
«Tutte queste acute sofferenze, io le metto come fiori nella tua corona. Bisogna che tu non abbia sul
capo spine senza rose. Unisci le tue oppressioni alle mie. Io soffocai nella mia agonia. Soffocai, legato
e canzonato dai soldati, nel palazzo di Anna. E in quello di Erode, quando venni trattato da pazzo. E
poi flagellato, presso le stanze di Pilato… Soffocai portando la croce e durante la crocifissione. E
quando la croce fu eretta, ecco i soffocamenti della lotta con la morte… Poi, gli ultimi degli ultimi
respiri, fino al grande grido d’Amore vincitore di tutto… che portò con sé la mia anima. Oh! che in
questa malattia tu manchi d’aria, ma che tu prenda Dio. Sì, amica mia, prendilo per darlo. Egli ti
serberà la tua parte».
25 aprile. Febbre.
«Vedimi al di sopra di tutto, dappertutto».
27 aprile. Sempre inferma, io:“Signore, come vorrai…”.
«Fai bene ad abbandonarti alla mia tenerezza. Vita o morte, che t’importa? Tu sei nel mio Cuore. Sei
nella mia Volontà. Non basta accettare; bisogna, accettando, impegnare tutta la vostra capacità
d’amore. Stendi questo amore, come un morbido tessuto, fino alle estremità dei miei desideri. Allora
il nostro lavoro è comune, sotto lo sguardo del Padre, e tu sei onnipotente».
4 maggio. Settima settimana di malattia.
«Distendi il tuo coraggio sul mio coraggio. Di’ bene a te stessa che non sei nulla da sola. Puoi
prendere la bella abitudine di essere insieme, sempre insieme? Invitami ad assistere alla tua vita
come se mi mandassi un invito per un concerto. E tu mi riserverai un posto d’onore, in prima fila, nel
desiderio che io non perda nulla dello spettacolo…».
5 maggio. Soffocamenti: “Signore, è l’ultima malattia?”.
«Magnificat».
6 maggio. Soffocamenti.
«Perché inquietarti? Tu sai che sono io. Offri, con tutte le forze del tuo amore, l’istante presente,
questo piccolo istante che non tieni neppure in mano. Prendi a prestito il mio amore, quello di mia
Madre, quello dei Santi che vivono ancora sulla terra, e offrimi tutto con il tuo momento presente. Io,
io lo aspetto, come si aspetta l’amore di un figlio diletto».
10 maggio. Durante l’Estrema Unzione.
«Sei tutta nascosta sotto il mio manto di meriti e sotto quello di mia Madre. Ti trovi bene così?».
11 maggio. “Signore, è la mia ultima Ora santa sulla terra?”.
«Che tutte le ore siano ormai Ore sante. Ce ne sono così poche prima dell’ultima! Sei tutta purificata
dall’Estrema Unzione, dall’indulgenza plenaria. Lo credi fermamente? Poiché è in nome dei miei
meriti che si opera questo miracolo dell’Estrema Unzione, della Penitenza, dell’Eucarestia. Tutto è
cancellato, per il mio Amore. Io vi voglio a mia somiglianza, miei piccoli, cari fratelli, tutti fusi con
me dalle cure di mia Madre. Se io vi amo in ogni tempo, è ancor più emozionante che vi ami in questo
grande momento dell’ultima Visitatrice. Faccia essa su di te tutto ciò che deve fare. Ma tu, resta tra le
mie braccia, aspettando l’ultimo squarcio dell’ultimo velo. Ora, amica mia, ecco il tuo lavoro: piangi,
piangi, piangi i tuoi peccati. E ama, ama, ama sempre di più Colui che si chiama l’Amore». “Signore,
prendi la mia piccola fiamma nel tuo Fuoco”.
12 maggio. Più debole. “Signore, è abbastanza larga la vostra Croce per potermi distendere al vostro
fianco?”.
«Mia povera figliolina, pensa che invito tutto l’universo a venirci!».
13 maggio. Più debole.
«Sì, io prendo il tuo corpo, come il frumento che si macina. È per i tuoi fratelli».
“Per i miei fratelli, con Voi”.
15 maggio. Più debole.“Signore così dolce, tendetemi le braccia… Rientro nella nostra casa a piccoli
passi di fogliolina”.
16 maggio. Viatico. “Signore, è questo il momento di restituirvi l’anima che mi avete data con tanto
amore? Madre diletta, abbellite la veste della vostra figlia prima che entri in sala”.
18 maggio. Ascensione.
«Forse che i preparativi d’amore non rallegrano già l’Amore? Sono forse da solo a rallegrarmi con
mia Madre e i miei Angeli e i miei Santi? Che cosa mi dirai arrivando? E quali parole ti farò sentire?
Oh! questo momento dell’Incontro! Mettici tutta la tua anima. Credi nell’infinita tenerezza. Tu sai che
sei troppo timida. Allarga il cuore. Spera. Vieni, mia diletta, vieni a dirmi tutto quanto non hai
osato…».
23 maggio. Viatico.
«Povera piccola anima, che ha aspettato l’estrema fine della vita per credere all’infinita Misericordia,
agli ultimi perdoni. Non temere più nulla. Non sarei contento. Consacrati tutta all’amore, mia
diletta».
24 maggio. Io: “Non ho più forza, quasi non ci vedo più; vi posso appena amare…”.
«Prendi il mio Sguardo. Prendi la mia Voce. Prendi il mio Amore».
25 maggio. “Sono arrivata al termine della mia vita?… Forse celebro ora la mia prima ed ultima
Messa? Dove sei, amorosa Presenza?… E dopo, che sarà?”.
«Sarò io, sarò sempre io».
50 anni dopo..
di Lucia Barocchi
Cinquant’anni dopo la morte di Gabrielle Bossis, la sua “vita straordinaria è uscita dall’ombra. Era
ora! – mi scrisse de Laubier nella sua prefazione del 2005 – E’ stata tratta alla luce quasi dal nulla”.
È vero, la nostra fu un’autentica scoperta. Ed adesso è l’ora di raccontarne la suggestiva storia…
Avevo quasi trent’anni quando entrai nella piccola libreria accanto al Convento di San Giovanni
Rotondo, in Puglia. Come mai un libretto in francese, fresco di stampa, si trovava laggiù, nel 1950? Me
lo rivedo tra le mani: era il primo volume di Lui et moi, il diario di Gabrielle Bossis nell’edizione
originale. Risento ancora l’emozione di quella lettura; promisi a me stessa che avrei fatto conoscere in
Italia questa meraviglia spirituale. Via via che uscivano, ho acquistato gli altri sei volumetti che
contengono il diario integrale di Gabrielle. Da allora, Lui e io è diventato la mia lettura costante, anche
se non riesco a meditarne più di un brano al giorno, mi toglie quasi il fiato….
Sono passati tanti anni… Nel 2002 ho saputo che quel diario era stato tradotto in varie lingue, anche in
italiano. Ne ho comprata una copia e l’ho subito regalata a due amici speciali, Marco e sua moglie
Valeria: anche loro, conquistati! E dunque è deciso: andremo insieme in Francia, sulle tracce di
Gabrielle Bossis!
Riprendo la mia agendina di allora: siamo due coppie, innamorate di Gabrielle (o meglio, del suo diario
perché sulla vita di lei non si trova quasi niente). Appuntamento a Nantes, dove lei è nata e vissuta.
Carlo ed io arriviamo da Firenze, Marco e Valeria da Mazara, in Sicilia. È l’8 dicembre, il “ponte”
dell’Immacolata. Vogliamo sfruttarlo anche per andare sulla tomba di Gabrielle a… “Fresne”.
Abbiamo prenotato le camere in un tranquillo Istituto religioso. Due suorine amabilissime ci attendono
ma non conoscono affatto Gabrielle… E io credevo che in Francia la conoscessero anche i sassi! Siamo
noi a parlare di lei, con tanto entusiasmo che le suorine si infiammano, vogliono addirittura venire a…
“Fresne”! Ma, nonostante telefonate e ricerche, questo piccolo paese sembra introvabile! Ci consigliano
di aspettare l’ora di cena: “Per combinazione, dovrebbe arrivare da Parigi la coppia Cambay: Roger,
istruttore aeronautico, avrà mappe più dettagliate; Chantal, molto spirituale, conoscerà Gabrielle”.
Finalmente eccoli, quelli che sono diventati mes anges d’ici-bas, i “miei angeli di quaggiù”! Ma neppure
loro hanno mai sentito parlare di “Fresne” o di Gabrielle Bossis. Gentilissimi e commossi dalla
passione di questi italiani, si mettono a nostra disposizione. E finalmente Roger scopre sul suo
satellitare che “Fresne” è invece Le-Fresne-sur-Loire, ed esiste! Ma scuote la testa: “È a 65 km da
Nantes, un percorso complicato… Senza il satellitare non ci arriverete mai”. Quando ci dicono che ci
condurranno fin là, comincio a scorgere le loro ali…
L’alba dell’Immacolata è gelida. Lasciata l’autostrada, costeggiamo una scintillante Loira, lungo un
dedalo di stradine di campagna. L’amico Marco, con la preziosa cinepresa professionale che non lo
abbandona mai, riprende tutte le suggestioni del viaggio. Il satellitare ci “molla” davanti ad un vecchio
cartello solitario: Le-Fresne-sur-Loire. Nient’altro, né case, né persone. Eppure lo sento: Gabrielle è
qui! Alzo gli occhi. Sopra un declivio erboso, contro il cielo azzurro, appare qualche vecchia croce di
ghisa imbiancata… “È il cimiterino di Gabrielle!” grido.
Ci sparpagliamo qua e là. “Gabrielle, fa’ che ti trovi io!”. E la trovo. Si piange tutti… La commozione è
restata viva anche nelle nostre foto.
Il grazioso paesino è poco lontano, ma dorme.Si sveglia solo d’estate, per la villeggiatura. L’angelo
Chantal, che è stata aviatore come il marito, spicca il volo, si mette a suonare tutti i campanelli. Pochi
rispondono, nessuno sa… Soltanto dopo mezzogiorno un signore gentile, pentito di non averci risposto
prima, ci raggiunge e ci indica il villino Bossis.
Con gli occhi e con il cuore centelliniamo la facciata addormentata, si sbircia la terrazza dal cancelletto
chiuso…
Da quel giorno, Chantal ha fatto l’impossibile per aiutare le nostre appassionate ricerche sulla vita di
Gabrielle. Perché è questo che cominciava a starmi a cuore: far conoscere non solo lo splendido diario,
ma anche colei che era stata Gabrielle Bossis.
Nell’agosto 2004 torniamo in Francia. Abbiamo appuntamento a Parigi con l’editore che ha stampato
tutto Lui e io. Delusione! La gloriosa casa editrice Beauchesne è stata da poco ceduta a un nuovo
proprietario che di Gabrielle ignora tutto e può darci soltanto un riferimento: il volume di Patrick de
Laubier, Jesus non frère, l’unico studio esistente sulle Conversazioni spirituali di Gabrielle.
Piena di ammirazione per questo bellissimo saggio, telefono al professor de Laubier. Ci invita a pranzo.
“Oh Dio, come mi vesto?”… Lo immagino in una cornice adeguata a un chiarissimo professore
dell’Università di Ginevra, autore di fondamentali testi di Sociologia, ordinato sacerdote soltanto pochi
anni prima da Giovanni Paolo II.
Il suo indirizzo è in una delle zone più centrali ed eleganti di Parigi. Un palazzo sontuoso. Suono,
intimidita. Al citofono la sua voce, nobile come il suo cognome, ci invita ad entrare. “Chissà che atrio!”
penso io. Ci viene incontro lui stesso, incredibile amabilità! Con mia sorpresa, ci introduce in una
piccola corte di servizio, ci apre una porticina e… voilà: il professore abita in un sottoscala, una sola
stanzetta, un lettino ripiegato, una mensola che si trasforma in altare, un computer acceso, una parete
zeppa di libri e l’altra occupata solo da una grande immagine della Madonna. Dietro una tendina, un
minuscolo angolo di cottura dove poi gusteremo una buona scatoletta di salmone! Il grande
personaggio allora diventa immenso ai miei occhi… e crescerà di volta in volta!
Monsignor Patrick ci racconta che da oltre quarant’anni il diario di Gabrielle è divenuto per lui “una
sorgente meravigliosa, una rugiada permanente”: ogni suo pasto è preceduto dalla lettura di un brano,
che gli sembra sempre nuovo. Commossi, ci tuffiamo in una gara di memoria: citiamo le più belle righe
di Gabrielle, lui continua dove io mi fermo e viceversa. Alla fine, gli chiedo: “Ma sa qualcosa di più sulla
vita di lei?”. Purtroppo, de Laubier conosce soltanto le scarne notizie premesse ai volumetti. Ma con
calore ci incoraggia a proseguire nelle nostre ricerche e a farlo partecipe.
Ed eccoci a Nantes, per l’appuntamento con monsignor Guéhenneuc, decano del Capitolo della
Cattedrale, noto studioso di Storia della Chiesa. Ci riceve in una saletta del Vescovado. Ha il volto che
sembra scolpito come quello dei Profeti nei capitelli della splendida Cattedrale. Ci ha preparato una
scheda su Gabrielle:
Perché conservo il ricordo di questa donna alta, slanciata, distinta nonostante il misero costume di
scena? Avevo 15 anni. Un nuovo curato era arrivato nella mia parrocchia dove lei era stata invitata
a recitare con una troupe di giovanette. Vidi i due, il curato e l’attrice, che ridevano ascoltandosi l’un
l’altra. Eravamo verso il 1936 e la commedia di Gabrielle Bossis aveva per tema l’apostolato
popolare.
La Bossis era anche molta divenuta “segretaria” di Gesù e dal 1936 fino alla sua morte aveva
trascritto sui suoi quaderni conversazioni spirituali che furono pubblicate con il titolo Lui et moi. È
una preghiera del cuore, ma non si tratta di preghiere o suppliche, è un dialogo che si stabilisce fra
Cristo e Gabrielle. Il tono stupisce. La Bossis conosce le mistiche, ma ciò che la distingue è la
semplicità del linguaggio.
Nel Dizionario di spiritualità si sottolinea che, nel mondo quale è oggi, l’esempio di fede dato da
Gabrielle Bossis non deve essere ignorato e si deve far conoscere questa personalità certamente
eccezionale.
Anche a monsignor Guéhenneuc chiediamo: “Sa qualcosa di lei, della sua vita?”. Ma Monsignore
ricorda soltanto che Gabrielle viveva nella periferia signorile di Nantes, sopra il Porto, dove
frequentava l’Istituto delle Dames Noires (religiose vestite di nero).
E subito siamo nella zona sopra il Porto. Domandiamo a qualche raro negozio aperto. Ma no, non ci
sono collegi di suore! Chantal riprende a suonare campanelli e a interpellare citofoni. Il suo
bell’accento francese favorisce la fiducia, ma le risposte sono sempre un “No, non conosciamo le
Dames Noires”. Supplico Chantal di rassegnarsi, suonare i campanelli mi mortifica, ma lei vuole
provare ancora e ancora… Finché una voce femminile le risponde: “Mi aspetti in portineria, io sono
l’unica persona che possa dirle dove trovare le Dames Noires!”. Ci batte il cuore. Scende una signora
con una gamba fasciata, zoppica. “Vede questa gamba? Mi sono ferita giorni fa cadendo laggiù,
all’inizio della strada. Un’anziana signorina mi ha soccorso. Mi ha detto di essere una delle Dames
Noires. Il collegio non è più qui, ma alcune Dame vivono ancora là, all’interno. Si chiamano Fedeli
Compagne di Gesù. Suonate a quella porticina.”
Sulla porticina, una piccola targhetta: F.C.J. Al citofono, una voce gentile. E in un vialetto ci viene
incontro una suora laica; sorridente, ci invita a procedere fra i grandi alberi di un parco secolare. Siamo
soli con la nostra commozione. E sfociamo d’improvviso in un anfiteatro verde: ignoto a tutti, il cuore
del vecchio Collegio è qui, sigillato al centro di alti immobili moderni che hanno sostituito le aule.
È una scoperta struggente: in quel pomeriggio assolutamente deserto e silenzioso, nell’ora di un tardo
tramonto, le ombre si allungano scivolando sulle foglie stillanti pioggia recente. E ad un tratto dietro
una svolta è apparsa, impressionante e bellissima, a grandezza d’uomo, la bianca statua del Cristo che
si erge come un giglio sul prato verde mostrando quel Cuore che ha tanto amato gli uomini… Sembra
quasi possibile che Gabrielle sia lì, davanti a Lui…
Mi precipito là, questa volta da sola. È un moderno, gigantesco condominio. Anche qui, vertiginosi
palazzi racchiudono un giardino, coloratissimo e curatissimo. Un cortese giardiniere mi indica in quale
settore si trova l’appartamento privato delle “Fedeli Compagne di Gesù”. È come entrare nel caveau di
una superbanca: una selva di campanelli, tastiere, luci intermittenti, occhi elettronici, telecamere e
altoparlanti che parlano un francese inafferrabile. Nessuna presenza umana. Chiamo gli ascensori uno
dopo l’altro, ma quelli mi ignorano. Disperata, non mi rassegno ad andarmene. Alla fine, un giovane
esce da un ascensore ed io, d’impeto, mi infilo dentro come una ventata, dicendogli più disinvolta
possibile: “Ho lasciato l’ombrello, scusi, devo risalire”. E l’ingenuo ragazzo, senza disattivare il suo
codice, mi lascia salire. Manovro tasti, mi fermo a ogni piano, suono campanelli su campanelli (sembro
Chantal…). Niente! Finché, al quinto piano, una giovane cameriera con un grappolo di bambini appesi
al grembiule mi apre la porta: “Sì, le Dames Noires sono all’ultimo piano. Provi a sinistra o a destra”.
Felice, arrivo su e suono l’unico campanello. Ho in mano il volumetto di Gabrielle nel caso che serva…
e quel caso non si fa attendere. Quasi subito una matura signorina mi apre e getta un urlo: “Oh là là, là
là!”… E ripete “Oh là là”, mentre cerca di sbattermi la porta in faccia! La trattengo e le mostro Lui et
moi... “Sono un editore fiorentino, non tema!”, ma lei continua a spasimare: “Oh là là, oh là là!”.
Ridendo, le chiedo se conosce un’altra parola… Poco dopo, recuperata la calma, la Dame mi fa entrare.
Mi spiega che nessuno può accedere al bunker se non ha il codice di accesso per superare ben quattro
barriere elettroniche! Perciò, aveva creduto a un’aggressione. Infine, sedute, parliamo con calore del
diario, ma: “No, di lei non so nulla. Nessuna di noi ha conosciuto Gabrielle. La nuova archivista è
giovane, tuttavia può consultarla, può venire con me, sto andando al nostro Istituto.” Si esce da un
labirintico garage sotterraneo, dopo quattro controlli elettronici…
Il nuovo collegio è strepitoso, un alveare di tanti giovani, i libri sottobraccio. La “Dame là là” mi chiede
di aspettare ma quasi subito torna e guardandomi con gli occhi sgranati esclama: “Incredibile! È qui di
passaggio per un’ora suor Marie de Corlieu! È stata una delle piccole attrici di Gabrielle, viene subito!”.
E vedo arrivare dal giardino una bellissima, aristocratica figura di suora ultranovantenne, alta e bianca
come un cero, gli occhi azzurri. Mi dice illuminandosi:
Sì, ho conosciuto Gabrielle Bossis, ero una delle sue piccole “stelle” quando recitava! Ho danzato e
cantato con lei: era bella, molto appassionata, molto spirituale, non si poteva dimenticarla. Sono
stata consorella di una sua cugina. Parlavamo insieme di Gabrielle e del suo diario che è molto,
molto attachant! Lo si leggeva in Refettorio… Tutte le Suore ne avevano molta ammirazione. Lui et
moi è un libro che porta Dio con sé, ce lo fa scoprire nel cuore, come diceva Gabrielle: “Cristo è in te,
non lasciarlo solo”.
Quest’incontro con la suora “stellina” è stato il preludio ai commoventi incontri, organizzati da
Chantal, avvenuti poi nel municipio di Le-Fresne dove oltre venti persone, ancora incantate da
Gabrielle, l’hanno fatta rivivere fra noi: tante “stelline”, che l’avevano avuta come maestra di
catechismo e avevano recitato e cantato con lei, hanno fatto a gara nel descriverla.
E il medico di Gabrielle, il dottor Glotin, ce l’ha ricordata con humour e affetto:
Era un po’ bohèmienne, eccentrica, ma talmente simpatica! Aveva la voce di un antico flauto, ma
sapeva suonare anche il tamburo!
Tutti i presenti, sacerdoti, suore, amici, ci hanno fatto dono di fotografie, libretti di teatro, lettere,
ricordi, insperati dettagli…
Al termine dell’incontro ci raggiunge Madame Nicole, parente acquisita dei Bossis e attuale
proprietaria del villino a Le-Fresne. Ci dice:
Ho incontrato Gabrielle soltanto una volta in vita mia. Era una persona piena di calore. Ma il suo
non era un calore superficiale, formale, era un calore autentico, intimo, era un calore che si offriva…
Lei andava incontro agli altri come offrendosi…
E la gentile signora ci invita a visitare il villino Bossis. Finalmente! È il tramonto, il portoncino si apre
per noi… All’interno, la vecchia casa dei Bossis ha conservato inalterata l’anima spirituale di quando
era un piccolo monastero femminile e la grande Loira, priva di argini, lo lambiva.
Il claustrale corridoio d’ingresso al pian terreno è ancora lastricato dall’antica pietra, levigata dagli
anni come una lavagna.
A sinistra, con la vista sul fiume, ecco il salottino che Gabrielle ha amato, le porte che ha decorato:
pennellate fresche e rapide che hanno fissato il volo dei gabbiani, il vento sulle rive…
Un numero incredibile di souvenir è ancora stipato in una vetrina. I più commoventi: i guanti di pelle
con lustrini, regalati alla dama francese dal Gran Capo dei Pellirossa sulle Montagne Rocciose…
terrasse e sull’immensa distesa d’acqua. È naturale che il pensiero vada all’infanzia di Gaby, quando la
piccina cercava il Signore fra la Loira e le stelle e invitava gli angeli a riposarsi là…
perdeva la memoria del tempo. Ecco, mai rimbiancata, la striscia di parete dove papà Bossis misurava
e segnava la crescita dei figli. Ecco la sala da pranzo: l’album delle fotografie che lei stessa ha curato e
annotato è ancora lì, sul tavolino. L’amico Marco ne fotografa ogni pagina.
L’adiacente salotto è ora spoglio; Gabrielle lo aveva tappezzato di immagini del volto di Cristo, quel
volto che lei avrebbe tanto desiderato vedere con i suoi occhi… Ma lo ha fatto vedere a noi, con le sue
parole!
L’emozione di quel pomeriggio è si è poi dilatata nei colloqui con i nipoti e pronipoti di Gabrielle. I loro
ricordi, le loro testimonianze hanno arricchito le più belle pagine della nostra Biografia.
Infine, un vero miracolo ha coronato il nostro “pellegrinaggio”: Chantal mi ha consegnato una
“reliquia” di Gabrielle, ricevuta da una persona generosa, è il decimo e ultimo quaderno manoscritto di
Gabrielle, con le annotazioni dei brani da lei scelti per la stampa. Nessun altro originale del diario è
mai stato ritrovato finora! Il cuore mi batte forte ancora…
È così che Gabrielle Bossis è “uscita dall’ombra, e il suo folgorante messaggio non può non entrarci nel
cuore e restarvi”.
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