DEL POPOLO il pentagramma De Parnassia Militia et de televisiva avarizia di Patrizia Venucci Merdžo Carissimi, con l’arrivo della primavera, nel Parnaso e alle “fonti d’Elicona” sta succedendo di tutto e di più! Le Muse risvegliatesi stanno folleggiando come prese da ebbrezza di nuova vita, ed è tutto un turbinar di veli, di canti, di danze, in quell’eletto monticello mentre Giove si tira la barba e Mnemosine è diventata di sale. Per non dire di quel che non hanno combinato all’ “Ivan de Zajc”, ‘ste birbe, con Talia che primadonneggiava nei panni sporchi di Napoleone, con Tersicore che ha dapprima danzato scalza (credeva di essere Tosca), poi ha volteggiato sulle punte e in tutù favolosi (faceva finta di essere la bella addormentata), ed ora, è in procinto, è questione di giorni, di fare il pagliaccio in un “Circo primitif “ (che naturalmente sarà allo Zajc. Speriamo non faccia troppe pagliacciate, o perlomeno le faccia con un certo garbo); Euterpe per omaggiare quel povero disgraziato di Wolfgang ha civettato sfacciatamente, tanto che i suoi compagni di ventura, assolutamente indignati hanno concluso che “così fan tutte”, o per dirla alla domacia “sve su one iste”. Pentitasi della propria leggerezza, ha voluto fare ammenda - anche perché si era di Quaresima - e allora in forma molto compita e raccolta è andata a rendere onore a Matetić Ronjgov, e a Josip Kaplan, dando voce a cori, a musiche strumentali, nientemeno che in compagnia di Minerva la quale saggiamente ha presieduto una dotta accolita in convegno as- semblata, “et” molto impegnata nello disquisire sulle poetiche delli citati musici. Clio, con il broncio dell’intellettuale sdegnosetta, se ne stava in disparte a prendere nota di tutto, con lavagnetta, gessetto e spugnetta. Ora, non che Fiume, se paragonata “a quella di una volta”, ed alla “metropoli” (pregasi leggere a pag.8) spicchi per vivacità musicale, (anche se aprile è stato piuttosto “movimentato”), ma a dar retta alla TV locale sembrerebbe che sia addirittura un mortorio. Un cimitero. Mai la trasmissione, neanche in differita di un concerto sinfonico (uno all’anno sarebbe pretendere troppo?), di una prima d’opera, balletto, di un concerto della Scuola di musica, di un recital di un qualche rinomato concertista. Quante volte (non) abbiamo sentito alla TV L’”Orchestra da camera di Fiume “ o il “Collegium musicum fluminense? Neanche come spot? La TV “ci passa” cronaca, politica, pubblicità,violenza, Carnevale in abbondanza - ma non il tradizionale concerto carnascialesco in costume della Scuola di musica “I.M. Ronjgov”, la prima SM che ha iniziato in Croazia tale simpatica tradizione; poi, canzonette cretinette, nonché qualche talk show o rara trasmissione scientifica. La Musica colta (l’arte in genere) non esiste. Non ha diritto di cittadinanza, sta nelle catacombe, è stata emarginata nella misura massima, in questa TV da “panem et circensem”. Io mi chiedo, ma come si permettono i responsabili della TV di “non offrire” un certo servizio, di “non considerare” tut- musica ce vo /la .hr dit w.e ww & An no II • n. 4 ta una notevole fascia di pubblico TV di sicura sensibilità, gusto artistico e anche cultura, ma che non può permettersi – pensionati in primo luogo – di andare a teatro o ai concerti? La TV è di tutti o solo della “massa”? Il canone televisivo lo pagano tutti i cittadini, o solo quelli più… “aggregati”? E’ una TV che vuole venire incontro anche a gusti più variati e di qualità o si fa esclusivamente la TV della mediocrità? E’ una questione di civiltà. E noi non siamo a questi livelli. I capoccioni, da noi spesso, sono “solo” (se lo sono) istruiti, hanno delle informazioni. La cultura, l’essere civile è un’altro paio di maniche. Qualcuno tempo fa, su un certo supplemento si interrogava su cosa fosse “la cultura”. Scrivere? Leggere? Creare? Comporre? (L’attivismo spasmodico del nostro tempo!) E se la cosiddetta “cultura” - intesa non come un’attività necessariamente produttiva, ma come personale desiderio, esigenza, “fame” interiore di bello, di elevazione – fosse in primo luogo “Essere”? Un modo di essere, un modo di rapportarsi con gli altri? Se non “Sei”, cos’hai da dire, da dipingere, da scrivere? Ma per “Essere”, bisogna essere “interiormente costruiti” bene, continuamente, con amore. E oggi chi ti costruisce? Soprattutto la TV, ti “costruisce”, e il cinema (e i media in generale). Ti costruiscono così come pare e piace e conviene a loro. Di modo che pensi, agisci e sei come piace a loro. E loro ti vogliono obbediente, omologato, intellettualmente agonizzante e spiritualmente cretino. Insomma, 006 • Mercoledì, 26 aprile 2 una perfetta ameba. Un essere unicellulare che insieme a tanti altri unicellulari, compongone l’organismo sociale telecomandato. Ritornando al rapporto TV - musica, non è che si pretenda un canale TV dedicato interamente alla musica colta come ce ne sono in Francia, Germania, Spagna e altrove - ma codesta evidente ghettizzazione della musica classica nel mezzo televisivo (in questo caso locale) è discriminante per l’uditorio quanto per i musicisti, e perciò inaccettabile; oltre ad essere palese segno di limitatezza culturale dei responsabili televisivi. La musica classica non è solo per i “colti”, ma per tutti quanti la “sentono”. La musica “succede” quando viene dal cuore ed arriva al cuore di chi l’ascolta. La musica parla all’animo dell’uomo superando le barriere di lingua, intelletto, e persino di tradizioni culturali diverse. Fine del panegirico. Intanto la telecronaca ci informa che la tempesta artistica primaverile a Elicona è in pieno svolgimento e che quel pover’uomo di Giove, tra tante femmine impazzite, non fa che tuonare “Per Giove! Per Giove! Per tutte le Jupiter Symphonien!”, e non sa più a quale santo votarsi; quando in un lampo di genio ha esclamato: “S.Fonzie, aiutami tu!”. Ed ecco scendere dalle nubi S.Fonzie in carne e giubbotto nero, atterrare, alzare i pollici ed esclamare gongolando: “Wow! Pupe!”. E tutte le “pupe”, dall’emozione, caddero “come corpo morto cade! Artisticamente Vostra 2 musica Mercoledì, 26 aprile 2006 L’ANNIVERSARIO Vent’anni fa nasceva a Verteneglio il Centro Studi Musica Classica Il «Luigi Dallapiccola» fiore all’occhiello della nostra realtà musicale di Fabio Vidali VERTENEGLIO – Fu nel settembre del 1985 che la Comunità degli Italiani di Verteneglio, nella persona del suo Presidente, Ezio Barnabà, richiese all’Università Popolare di Trieste un insegnante di chitarra, poiché i soci giovani del sodalizio desideravano imparare a destreggiarsi su tale strumento per accompagnarsi nel canticchiare le canzonette allora in voga. Da questa richiesta modestissima doveva nascere un Centro musicale, che nel corso di pochi anni, è divenuto un importante ed originale fiore all’occhiello della comunità italiana residente in Croazia e Slovenia, noto ed apprezzato anche sul piano internazionale: il Centro Studi di Musica Classica dell’U.I., intitolato al grande musicista istriano Luigi Dallapiccola. L’Università Popolare di Trieste rispose alla richiesta. La prospettò subito al M° Mauro Masoni, suo valido collaboratore musi- 1986 e alla sua direzione venne chiamato il M° Mauro Masoni. Il Centro cresce L’entusiasmo dei docenti e degli studenti del “Dallapiccola”, sempre in crescita, compie un primo “miracolo”: in sua funzione viene ristrutturata la sede della Comunità di Verteneglio, l’U.P.T. la fornisce d’un nuovo pianoforte a coda e di altre chitarre “classiche” (1989). Nel 1990 viene aperta la nuova sezione del Centro di Pola (Chitarra classica, Teoria e Solfeggio, Storia della Musica e nel 1993, Pianoforte). In piena guerra patriottica, alcuni allievi del “Dallapiccola”, la vigilia di Natale, squarciata dalle sirene degli allarmi aerei, suonano ai riti della Messa di mezzanotte nella chiesa parrocchiale di Verteneglio, portando un’aura di serenità e di speranza per il futuro. È di questo periodo la richiesta di Fiume di aprire anche in quella Comunità una sezione del Centro, apertura che si concreta nel 1991, dopo l’attuazione, in pre- no il Primo Ministro e il Ministro della Pubblica Istruzione croati e il Ministro degli Esteri italiano on. Andreatta, il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, i maggiori rappresentanti dell’U.I. e dell’U.P.T. In tale data, i Maestri Masoni e Colombin vengono insigniti della Cittadinanza Onoraria di Verte- Il prof. Mauro Masoni preveggente ideatore del CSMC “Luigi Dallapiccola” Il direttore del Centro Studi Musica Classica prof. Fulvio Colombin neglio, da parte del neocostituito Comune. Va ricordato che il Centro si giovò (1992-1993) anche di un corso di Flauto Barocco, tenuto dal prof. Colombin. Alla prof. Masiero (cattedra di Pianoforte) tro passò al prof. Fulvio Colombin che coinvolge nell’”avventura Dallapiccola” i professori Giorgio Blasco (illustre fautista) ed Ennio Guerrato (celebre chitarrista), ed insieme a loro mise in cantiere un prestigioso progetto: i Corsi Estivi di Perfezionamento di Verteneglio, noti come “Hortus Niger”, che per cinque anni videro operare nella cittadina docenti di prestigio internazionale come il grande tenore Carlo Cossutta, il M° Delbianco, il M° Lovato, il M° Pegoraro, con allievi provenienti da Messico, Corea, Giappone, Slovenia, Italia e, naturalmente, dalla Croazia. Il duo pianistico Šverko Fioranti - Čuić, frutto del CSMC di Verteneglio cale, che ne parlò all’amico prof. Fulvio Colombin, ed alla pianista prof. Maria Masiero. Seguì un immediato sopralluogo dei sunnominati a Verteneglio. L’Istria affascinò subito i nostri che si misero tosto al lavoro di buzzo buono. Conobbero il Presidente Barnabà, i primi cinque aspiranti allievi (fra i quali la maestra della locale scuola italiana) e visitarono i locali della Comunità: un bar, una piccola segreteria, una saletta con stufa a legna. Nemmeno il telefono. Strumenti a disposizione, donati dall’U.P.T.: due chitarre, una fisarmonica, un pianino verticale. Mauro Masoni ebbe l’idea di puntare sulla chitarra “classica”, idea che ebbe un inaspettato grandissimo successo. Si poteva anche contare su un corso di pianoforte, tenuto dal M° Dario Bassanese, maestro del Coro della Comunità ma, che gravato d’impegno, passò il testimone alla prof. Marina Masiero. Il prof. Fulvio Colombin fu chiamato alla docenza di Teoria e Solfeggio. Fu aperto un corso di Fisarmonica, affidato al M° Franco Vallisneri. La “fondazione” ufficiale del Centro Dallapiccola avvenne nel cedenza, degli esami d’ammissione di ben cento aspiranti. Quindi, aprono, per primi, i corsi di Pianoforte e di Chitarra classica, con insegnanti del luogo (professori Piškulić, Malner, Haller e Orietta Šverko). A Verteneglio, intanto (1994), sempre in funzione dello sviluppo del Centro “Dallapiccola”, la sede della C.I. viene ulteriormente ingrandita e ristrutturata (uffici, aule, sale di ritrovo e nuovo teatrino). All’inaugurazione presenzia- Lezione di chitarra al Centro Studi di Musica Classica subentrò (1994) la prof. Tatiana Šverko Fioranti, sia nella sede di Verteneglio che a Pola. Nel 1997, un tragico incidente causò la prematura scomparsa dell’indimenticabile M° Mauro Masoni e la direzione del Cen- Inoltre, nel 1999, con il contributo del Consolato Generale d’Italia, dell’U.I. e dell’U.P.T., il Centro organizzò a Pirano una Master Class di canto, con il M° Daniel Ferro, docente alla Jullard School di New York. Memorie e futuro Gita a Salisburgo di allievi e docenti del CSMC In soli venti anni, il “Centro Dallapiccola” esibisce una crescita vertiginosa. Ma tale proiezione nel futuro è sostanziata anche dalla memoria del suo preveggente ideatore, M° Mauro Masoni, cui, dal 2001 è dedicato un “Premio” annuale in suo ricordo che conta nella giuria illustri docenti provenienti dall’Italia, dalla Russia e dalla Croazia, e che si progetta di allargare ad altre Istituzioni musicali, sempre grazie ad una borsa di studio messa a disposizione dall’U.I. e dall’U.P.T. Significativa, al proposito, la donazione al Centro da parte dei famigliari del compianto pianista Stefano Marizza, della monumentale Enci- clopedia della Musica UTET dello scomparso. Circa la proiezione nel presente e nel futuro, il Centro continua a donare una sua linfa musicale in tantissime occasioni: i “Saggi Riuniti” dei suoi allievi in prestigiose sedi come il Castello di Grisignana, la loro brillante partecipazione ad importanti concorsi internazionali come “Ovest Musica Giovani”, “Istria Nobilissima”, a Zagabria ed in Italia. Ad una docente del Centro (Fioranti Šverko) si deve la creazione, a Pola, dei corsi internazionali “Arena International” ed altre iniziative stanno delineandosi. Per esempio la ripresa dei seminari estivi “Hortus Niger”, già insigniti del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, un’iniziativa preziosa anche per la “borsa turistica” di Verteneglio e della sua ridente zona collinare e balneare. Caratteristica identificativa del Centro “Dallapiccola” è d’aver adottato programmi di studio dei Conservatori di Stato italiani, presso i quali i suoi studenti possono sostenere gli esami di Stato che danno attestati di validità europea. Ciò è già avvenuto per numerosi studenti che, pur seguendo gli studi in loco, possono anche proseguirli nei Conservatori italiani stessi. È recente l’inclusione del Centro e delle sue attività nel corpo giuridico dell’Unione Italiana che gli permetterà di giovarsi dei mezzi finanziari previsti nel “Fondo di promozione per le attività istituzionali delle C.I.”. In conclusione che risolve il vecchio nodo strutturale del suo status giuridico. Il ventennale del Centro è stato nei giorni scorsi festeggiato con una trasferta di studio di allievi e docenti a Salisburgo, in occasione del 250° anniversario della nascita di Mozart. Dalla sua fondazione ad oggi, ben 550 allievi hanno seguito i corsi del Centro, il corpo docente del quale è attualmente formato dai professori Renato Schiavon, Šverko Fioranti, Sabrina Stemberga Vidak, Fulvio Colombin, Ivan Štekar, Orietta Šverko, Lucia Malner, Piškulić Ingrid, Robert Haller, operanti nelle tre sedi di Verteneglio, Pola e Fiume. Ad multos annos! musica 3 Mercoledì, 26 aprile 2006 L’OSPITE DI TURNO Baljak o l’antica e affascinante arte della liuteria Quando dalle mani di un artista nasce la magia dello strumento di Patrizia Venucci Merdžo C ostruire una chitarra, un violino in maniera artigianale (e prima ancora i liuti dalle panciute forme, le bionde e aristocratiche viole...), o comunque uno strumento a corde o a pizzico, significa creare un’entità strumentale unica ed irripetibile con una propria personalità, caratteristiche sonore e timbriche: le proporzioni dello strumento e il rapporto tra di esse, la bombatura, la qualità e stagionatura del legno, la vernice, l’aspetto estetico...tutto influisce sulla di diventare liutaio ed in particolare, costruttore di chitarre. Questo accadeva vent’anni fa e non mi sono mai pentito. Io costruisco in maniera rigorosamente artigianale con legni stagionati, adopero colle animali e tutte le rifiniture, compresi le chiavi, anche di tipo ornamentale, sono realizzate a mano. In media costruisco due-tre chitarre in tre mesi. Non ricordo esattamente quante ne abbia prodotte però so che di solito vengono apprezzate e che Hubert Keppel , uno dei migliori chitarristi del mondo usa un mio strumento. Come posso riassumere le caratteristiche delle mie chitarre? Sono strumenti che ‘rispondono bene’ e che hanno una gamma sonora uniforme in tutti i registri. Per le fasce laterali amo adoperare il palissandro indiano, che conferisce allo strumento un suono brunito. Per il resto adopero legno vari. Ogni strumento ha una propria personalità.. ad ogni nuovo processo costruttivo apporto delle Il liutaio Marinko Baljak con una chitarra di sua costruzione Marinko Baljak: l’albero diventa liuto Baljak con la “vihuela” qualità del suono e pregio. Opera ad Abbazia, nel suo laboratorio sopra la Slatina Marinko Baljak, uno dei rarissimi liutai professionisti in Croazia, tra l’altro costruttore degli strumenti “seicenteschi” del “Collegium musicum Fluminense”. Dal suo laboratorio - che un po’ richiama alla memoria con i suoi ‘stampi’, barattoli, utensili vari, l’atmosfera di certe immagini antiche dei leggendari e ‘misteriosi’ laboratori cremonesi, si gode di una vista mozzafiato su tutto il Quarnero. L’atmosfera per creare è quella giusta. Marinko Baljak ha alle spalle un passato di esecutore e pedagogo “senonché un bel giorno decisi che era venuto il momento di intraprendere un’attività quanto mai personale e creativa. Decisi Decorazioni artigianali sulla vihuela piccole modifiche, faccio dei piccoli esperimenti. Non si finisce mai di sperimentare”. Nel bel mezzo di un’antica credenza troneggia un’autentica “bellezza”.Si tratta nientemeno che dell’elaborata copia di un’antica vihuela “de mano”; strumento cordofono spagnolo che ebbe larga diffusione presso l’elegante società spagnola del ‘400 e che si affermò come strumento dotto L’”artistico disordine” del laboratorio attraverso varie raccolte di “intavolature”. La tavola superiore è riccamente e finemente decorata a mano con tre preziosi ricami evocanti la cultura maura. David Stefanutti con la viola da gamba costruita da Baljak “I rudimenti della liuteria li ho appresi da mio padre, che in Dalmazia costruiva, da dilettante, mandolini. Negli ultimi dieci anni mi occupo di liuteria da professionista. Allo scopo di affinarmi in questa antica arte ho frequentato dei corsi presso la ‘Scuola internazionale di liuteria’ a Cremona, l’unica nel suo genere al mondo, come pure ho partecipato a dei convegni e laboratori a Vicenza e nel Brescian”. -Quanti sono i liutai in Croazia ? Sono organizzati? “In tutta la Croazia ci saranno una ventina di costruttori di strumenti ad arco ed a pizzico dei quali cinque, circa, sono professionisti. Esiste l’Associazione dei costruttori di chitarra classica”. - Fa anche lei come Antonio Stradivari che in primavera, per scegliersi la materia di migliore qualità, se ne andava a passeggio nei boschi del Tirolo, dando colpi e ‘saggiando’ gli alberi, per controllare il grado di umidità, la vecchiezza dell’albero, la sua struttura interna ecc.? “Nel frattempo ci siamo un po’ organizzati. Esistono in Croazia delle rivendite di legno stagionato destinato anche alla costruzione degli strumenti a corda. Il legno migliore del mondo per la costruzione dei violini e archi in genere – alberi al di sopra dei 1700 metri che crescono su un certo tipo di terreno sassoso il quale permette una particolare irrorazione e quindi nutrimento dell’albero, di modo che le nervature all’interno del tronco sono disposte a spazi uguali una dall’altra – viene ricavato dagli abeti della Bjelolasica e dagli aceri del Gorski Kotar i quali abbisognano di una stagionatura che va dai due ai cinque anni. Costruire gli strumenti oggi non è eccessivamente difficile se si usano dei modelli di strumenti di autore. Così è stato pure per gli strumenti – due violini, una viola, una viola da gamba ed un violoncello- che ho costruito nel 1999-2000 per il ‘Collegium musicum Fluminense’ su modelli del 1654 del liutaio veneziano Carlo Mondi. Il modello, (‘lo stampo’) mi è stato fornito da un istituto scozzese specializzato, il migliore al mondo per questo tipo di servizio ossia, l’Old College South Bridge dell’Università di Edimburgo. Comunque la cosa che mi appassiona di più è la costruzione degli archi antichi, che ricavo da un unico pezzo di legno”. -Si è parlato tanto dei segreti della famosa vernice dalla quale dipenderebbe la preziosità del suono. “La tanto discussa vernnice, in realtà, questo almeno è quello che si ritiene al giorno d’oggi, è un mito tutto da sfatare. Ha essenzialmente funzione protettiva dello strumento dagli agenti esterni come pure estetica. I maestri antichi spesso usavano una lacca scura, oppure maculata, a volte gialla; oggi invece per attirare l’occhio del compratore si punta sui pigmenti rossicci. Infatti le statistiche hanno dimostrato che sono appunto le tonalità fulve quelle che richiamano maggiormente l’attenzione del compratore. Quanto ci metterei a costruire un violino, magari su modello di qualche antico cremonese? Un mese circa di lavoro continuo, più un mese per stendere e far essicare la vernice”. 4 musica Mercoledì, 26 aprile 2006 Mercoledì, 26 aprile 2006 5 A LA RECHERCHE DE LA MEMOIRE PERDUE - «...formare un’orchestra ed un corpo di coristi, e ciò tanto per riguardi educativi, di divertimento e di lustro cittadino» L’eccezionale vitalità e ricchezza musicale dell’Istria antica di Mirella Malusà A Pisino la prima Società Filarmonica venne fondata nel 1859. Fino al 1880 venne diretta dal professore di musica Giuseppe Giannetti. Nel giornale “L’Istria” del 1º aprile 1882 si fa il nome del maestro Ugolini dal quale dipesero le sorti della banda. Il nuovo maestro radunò 30 elementi, li istruì e li fece suonare in teatro. Nel 1885 il maestro Ugolini venne sostituito dal maestro Giorgeri. Il cambio della guardia ai vertici del Comune, però, mandò all’aria la banda e l’orchestra. Perciò i Pisinesi ne fondarono una privata affidandola al maestro Augusto Niederkorn, mentre dell’orchestra si prese cura il pianista Massimiliano Gherbetz. I due complessi iniziarono la loro attività con concerti vocali e strumentali in teatro e in piazza. Nel 1893 l’avvocato Francesco Costantini propose la formazione della Società Filarmonica. Assieme ad Adamo Mrach, Fedele e Ruggero Camus, Luigi Comisso, Giovanni Marghetti ed altri emanò lo statuto e l’8 agosto 1894 iniziò la sua attività. Nel 1906 la direzione venne affidata a Fedele Camus e la banda al maestro Ancarani, che diede grande impulso alla Società. Dal 1909 al 1914 subentrò il maestro Pischiutta. Dopo la Prima guerra mondiale la presidenza venne affidata al prof. Craglietto che ricoprì tale carica fino al 1920. Poco tempo dopo fece ritorno il maestro Pietro Pischiutta. Presidente della Filarmonica nel 1925 fu Gioberto Covaz. A mano a mano che i tempi cambiavano la Filarmonica venne assorbita dal Dopolavoro. Nel novembre 1933 la Società festeggiò con u mese di ritardo il quarantesimo di vita. A Pisino l’operetta “Il ragno azzurro” “Il 2 febbraio 1934 fu una giornata di eccezionale impegno per la Filarmonica. Venne rappresentata l’operetta “Il ragno azzurro” del maestro Roudegger. Gli attori erano così numerosi che a stento si aggiravano sul palcoscenico. Il corpo orchestrale contava 30 elementi ed era diretto dal maestro Pischiutta, il coro da Ignazio Gherbetz e il recitativo da Peppino Nicosia. Complessivamente i Filarmonici raggiunsero quell’anno il numero di 34, i concerti eseguiti erano stati 13, le uscite per feste nazionali e cerimonie 20, i funerali 1, le rappresentazioni di operette 3, le scampagnate 1, le gite fuori sede 1, ad Abbazia”. La Filarmonica continuò la sua attività fino allo scoppio della Seconda Guerra mondiale. Una banda ed un’orchestra per Castelvenere Del 1º luglio 1913 è, invece, lo statuto della Società Filarmonica di Castelvenere che prevedeva pure una Sezione Banda, un’orchestra e un coro. Lo scopo di questa istituzione era “d’istruire e di tenere raccolti gli elementi necessari a qualunque spettacolo musicale pubblico e privato, procurando ai suoi membri ogni possibile vantaggio dall’esercizio dell’arte musicale”. La banda di Pisino nel Carnevale del 1923 «Il 2 febbraio 1934 fu una giornata di eccezionale impegno per la Filarmonica di Pisino. Venne rappresentata l’operetta ‘Il ragno azzurro’ del maestro Roudegger. Gli attori erano così numerosi che a stento si aggiravano sul palcoscenico. Il corpo orchestrale contava 30 elementi ed era diretto dal maestro Pischiutta, il coro da Ignazio Gherbetz» I fondi necessari per far fronte alle spese venivano attinti dal contributo dei soci, dai redditi delle produzioni musicali e da elargizioni spontanee ed altri introiti straordinari. I soci erano effettivi e onorari. Socio effettivo poteva essere chiunque ne facesse domanda a voce o per iscritto alla Direzione. Le persone che avevano dei meriti speciali verso la Società potevano diventare soci onorari e venivano nominati dal Congresso generale su proposta della Direzione. Tut- Portale d’ingresso del Duomo di Capodistria ti i soci erano tenuti ad attenersi strettamente allo Statuto e al Regolamento interno redatto dalla Direzione della Società. Avevano diritto di “usufruire dell’istruzione musicale, di far parte dei corpi corali musicali della società, di far proposte, muovere interpellanze, prendere parte a qualsiasi votazione e venir anche eletti alle cariche sociali se maggiorenni di età, soltanto i soci maschi”. I soci onorari non potevano eleggere o essere eletti alle cariche sociali. Inoltre, i soci avevano l’obbligo di appartenere alla Società per la durata di tre anni. Per uscite dalla Società bisognava fare domanda scritta alla Direzione almeno due mesi prima dello spirare del triennio sociale, altrimenti vi si rimaneva obbligati per tutto il triennio successivo. Potevano venir esclusi quei soci che violavano in modo grave le disposizioni dello Statuto e degli eventuali Regolamenti interni e che compromettevano il decoro o l’interesse materiale o morale della Società. Quando il socio entrava a far parte della Banda doveva avere un proprio strumento. La Direzione della Società forniva lo strumento a chi ne era sprovvisto, cosicché oltre il canone mensile doveva versare un contributo a saldo valore dello strumento del debito contratto per l’acquisto dello stesso. La direzione era composta da un presidente, un segretario, un cassiere e tre direttori, tutti scelti dal ruolo dei soci. Nello statuto vennero stabilite le mansioni e i doveri dei singoli componenti della Direzione specificando che “la Direzione resta in carica per un anno. I membri della stessa sono rieleggibili. In caso di dimissione essa è obbligata a restare in carica fino alla nomina della nuova Direzione.” Per quel che riguarda i congressi generali c’è da rilevare che la Società veniva convocata in adunanza generale ordinaria una volta all’anno, entro il mese di marzo. Lo Statuto si conclude con i capitoli riguardanti i proventi delle produzioni della banda e delle sezioni; la lingua d’uso della società; lo scioglimento della società; la decisione nelle controversie e le disposizioni Veduta di Castelvenere transitorie che specificano che il regolamento, firmato da Giuseppe Spizzamiglio (preside) e Michelich Carlo, sarebbe entrato in vigore appena raggiunto il numero di 50 soci e dopo l’approvazione da parte dell’Autorità. La variegata vita musicale di Capodistria A Capodistria l’arte musicale veniva coltivata in diverse espressioni artistiche: coro, banda e orchestra. Da ricordare senz’altro la Società Filarmonica, che ebbe l’approvazione governativa e che si costituì nel 1865. Giovanni De Manzini, Cristoforo Belli e Giovanni Genzo erano i promotori della Società che si prefiggeva “... di formare un’orchestra ed un corpo di coristi, e ciò tanto per riguardi educativi e di divertimento, quanto per offrire di tratto in tratto delle accademie al pubblico a scopo di beneficenza e di lustro cittadino, nonche’ per concorrere nelle maggiori solennità religiose ad accrescerne il decoro”. Dopo aver versato 12 fiorini per l’iscrizione annua, i soci avevano il diritto “di entrare tra gli alunni della scuola di musica” ed il dovere “di obbedire al regolamento della scuola di musica, qualora vi siano iscritti come alunni o suonatori ed in tal modo provedersi di proprio strumento”. Al regolamento della scuola doveva provvedere la direzione, come pure “stabilire i trattenimenti ed in genere tutte le prestazioni dell’orchestra e del corpo dei coristi”. Per la nomina del maestro, tre voti spettavano alla direzione della Società e due alla deputazione comunale. Quasi tutti i maestri della Società Filarmonica furono contemporaneamente organisti ed istruttori del coro del Duomo, stipendiati a parte dall’amministrazione parrocchiale. L’orchestra interveniva in Duomo soltanto nelle maggiori solennità. Oltre a questa, Capodistria ebbe pure il Corpo Musicale Capodi- striano (1894), la Società Corpo corale cittadino e la Società di Canto (1874). Il primo stilò un proprio statuto il 6 agosto 1894, per modificarlo al congresso generale straordinario del 18 ottobre dello stesso anno, approvato poi dall’I.R. Luogotenente Rinaldini il 16 dicembre 1894. Nei 28 articoli, suddivisi in si in 46 articoli, lo statuto rileva che lo scopo della Società era “l’istruzione nel canto musicato corale di un numero indeterminato di soci e l’organizzazione progressiva di trattenimenti sociali, concerti ed eventuali gite fuori città”. I soci erano suddivisi in cantori, contribuenti e onorari. A questo proposito nello Scorcio del Duomo di Capodistria VI capitoli si fa cenno al nome, sede e scopo della Società, i soci, la direzione ed amministrazione della stessa, i revisori, i congressi generali e lo scioglimento della Società.(19) Il corpo musicale capodistriano venne affidato al maestro Buresch e poi al maestro Bucavez. Si sciolse nel 1906. Il “Corpo corale cittadino” vide la luce nel 1899.(21) Lo statuto venne stilato l’8 aprile dello stesso anno dal Comitato promotore. Composto da otto capitoli suddivi- statuto vennero annoverati e specificati in 16 articoli i diritti e i doveri dei soci. La direzione era composta da un presidente, un vicepresidente, dodici consiglieri e un segretario cassiere, tutti eletti in seduta generale della Società. A Capodistria sorsero anche altri corpi bandistici quali: la Banda Sociale di Capodistria, la Banda “Beato Elio”, la Fanfara “Libertas”, la Banda dei “socialisti”, ecc. (2 - continua) MOZARTANDO - «Prenderemo quel brunettino... Secondate aurette amiche... La mano a me date... Donne mie le fate a tanti... È amore un ladroncello...» Le due ultime sinfonie di Mozart Sinfonia n. 40 (Mozart) La sinfonia in Sol minore n. 40 K 550 di Wolfgang Amadeus Mozart vide la luce insieme alle sinfonie n. 39 in Mi bemolle (K 543) e n. 41 in Do maggiore (K 551 nota come Jupiter) nell’estate del 1788. Mozart visse in quel periodo tre mesi di grazia che gli consentirono di creare tre fra i suoi capolavori anche se questa singonia chiude di fatto l’esperienza del salisburghese in ambito sinfonico. Si tratta della sinfonia più nota di Mozart e nell’immaginario collettivo è insieme alla quinta di Ludwig van Beethoven la sinfonia per antonomasia. Robert Schumann arriverà ad accostarla ai criteri ideali della bellezza greca. Questa sinfonia, che originariamente veniva considerata esempio di grazia e leggerezza, forse confondendo la semplicità con cui si sviluppano e si susseguono le varie melodie, ci appare oggi come fortemente introspettiva e di contenuto drammatico. Il minuetto è un esempio di questa drammaticità ed anticipa quelle atmosfere romantiche che ritroveremo in Beethoven e che qui appaiono trattenute quasi nascoste. Le parole del musicologo tedesco Albert Einstein parlando degli svolgimenti armonici della sinfonia usa queste parole “sono come dei tuffi negli abissi dell’anima, simbolizzati in modulazioni tanto audaci che i contemporanei di Mozart non devono essere stati in grado di seguirli e tanto sublimi che soltanto Mozart stesso poté riportarli su di un livello terreno” terizza quest’ultima composizione strumentale di Mozart. Con la n. 39 e la n. 40, essa fa parte di un ciclo noto come canto del cigno. Fu composta nell’estate del 1788, una delle stagioni più prolifiche per il compositore salisburghese. Come nella sinfonia n. 40, anche qui non è presente un’introduzione. Un attacco iniziale deciso definisce l’atmosfera dell’allegro Sinfonia n. 41 La sinfonia n. 41 K 551 di Wolfgang Amadeus Mozart è universalmente nota con il nome di Jupiter. Il titolo, col suo rimando mitologico a Giove, non fu assegnato dal compositore ma probabilmente dall’impresario inglese Salomon, allo scopo di evidenziare il carattere grandioso e divino che caratManoscritto di Mozart vivace irruente, ma con più interposizioni di temi lasciati quasi interamente ai violini. L’andante inizia sommessamente e solo successivamente si sviluppa temi drammatici che nel finale si trasformano in toni di rassegnazione. Il minuetto è costituito da una serie di temi semplici che ci riportano ad una certa tranquillità. Il finale attacca con un tema di fuga che sarà ripreso più volte con modifiche contrappuntistiche e si arricchisce di espressione nel suo ripetersi. Ave Verum Corpus (Mozart) L’opera Ave Verum Corpus K 618 di Wolfgang Amadeus Mozart è basata sul testo eucaristico omonimo del XIV secolo. Quella di Mozart è di gran lunga la composizione più celebre basata su questo testo. Si tratta di un mottetto per coro misto, orchestra e organo, composto dall’autore salisburghese a Baden, nei pressi di Vienna, fra il 17 e il 18 luglio del 1791. L’opera è dedicata all’amico Anton Stoll, Kapellmeister della chiesa parrocchiale di Baden. Nata per l’occasione della solennità del Corpus Domini, viene considerata uno dei momenti più alti del genio mozartiano. Piotr Ilič Čaikovskij rielaborò questo celebre mottetto nella preghiera che costituisce il terzo movimento della Suite n. 4, op. 61, nota - non a caso - come Mozartiana. Il cantante rock Jon Anderson interpreta l’Ave verum Corpus nel proprio album solista Toltec del 1996 (il brano ha titolo Ave Verum). Le opere di Mozart sono elencate nel famoso Catalogo Köchel creato a metà Ottocento da Ludwig von Köchel. Ogni opera del compositore salisburghese è stata catalogata con numeri progressivi preceduti dalla sigla K (o KV) indicante Köchelverzeichnis, cioè Catalogo Köchel in tedesco. Gli effetti musicoterapeutici di Mozart Monumento funebre in onore di Mozart a Vienna Il Prof. Tomatis, otorinolaringoiatra francese ed esperto di psicoacustica, fu uno dei primi ad affermare che le opere di Mozart possiedono virtù terapeutiche. Nel 1974 al I° Congresso di Musicoterapia tenutosi presso l’ospedale Pitié-Salpetricre, egli dimostrò quali erano stati i benefici che l’ascolto sistematico dei concerti per violino di Mozart aveva prodotto sui suoi pazienti che soffrivano d’insonnia, di ansia e di depressione. Tomatis spiega che Mozart più di tutti gli altri compositori, ha utilizzato tra le sue note e i suoi timbri, delle frequenze particolarmente acute che hanno effetti positivi sul cervello umano. Lo studioso francese ha fatto inoltre osservare che i ritmi del musicista si rapportano in maniera sbalorditiva a quelli del battito cardiaco di un feto nel ventre della madre. Dopo gli anni 90, alcuni neurologi americani sono ricorsi alla Mozart musica di Mozart per il trattamento di pazienti in coma e diversi ospedali in Francia ne hanno consigliato l’ascolto a donne in gravidanza. Ma è soprattutto con il best-seller “L’effetto Mozart” dello scrittore e musicista americano Don Campbell, vecchio allievo di Nadia Boulanger, che si è diffusa una vera e propria moda soprannominata “Mozart su prescrizione”. In effetti Campbell ebbe anche l’idea di far produrre una serie di CD, con una compilation di opere del compositore, fatto aspramente criticato da Frances Rauscher professore di psicologia all’Univerità di Irvine, California, che riteneva ciò un trasformare la ricerca in una campagna di marketing. La Rauscher afferma che il metodo Tomatis è riconosciuto in tutto il mondo e che la musica di Mozart ha senza dubbi effetti terapeutici e stimolanti ma aggiunge che è una menzogna raccontare alla gente che una compilation di Mozart possa trasformarsi in una cura che rende più intelligenti o che guarisca miracolosamente una malattia. 6 musica Mercoledì, 26 aprile 2006 MUSICA SACRA «Il Messia» di Händel, la massima epopea musicale della cristianità Giorgio I d’Inghilterra in piedi per l’Alleluja più famoso della storia di Patrizia Venucci Merdžo S aranno senz’altro poche le persone che non abbiano sentito almeno una volta nella vita quel tripudio, quel grido allelujatico che sembra uscire dal viscere del cosmo, per inondare e aprire i Cieli in tutta la loro gloria e maestà, e che risponde al nome di “Alleluja” di Händel. Brevissimo e perentorio come una sparata, l’annuncio iniziale dell’Alleluja, cui fanno seguito quel garrire, quegli echi di giubilo in un inesorabile crescendo che, al tempo della prima esecuzione, fecero alzare in piedi re Giorgio I d’Inghilterra e tutto l’uditorio, presi dall’irresistibile slancio del geniale brano. Da quel giorno data l’uso, conservato ancora in Inghilterra, di alzarsi per ascoltare questo canto ispirato che celebra la gloria del Risorto ed è parte culminante dell’oratorio “Il Messia”. Ritenuta la più grande epopea che sia stata musicalmente composta in onore del cristianesimo, “Il Messia” fu scritto in ventiquattro giorni nel periodo più tormentato della vita dell’autore. Händel riempì le oltre 250 pagine dell’autografo originale in sole tre settimane, dal 22 agosto 1741 al 14 settembre, in uno di quei prodigi dell’ispirazione passati alla storia della musica. All’epoca il “grande Sassone” aveva 56 anni ed era all’apice della carriera. Diresse il Messia 36 volte, rinunciandovi solo negli ultimi tempi a causa della cecità. Rochlitz, critico musicale dell’epoca beethoveniana, lo chiamava la cantata di tutto il genere umano riscattato e riunito per celebrare la sua riconoscenza. “Il Messia” narra della vita di Gesù Cristo dalla nascita alla Ri- tutti in Adamo, siamo sottomessi alla morte, tutti in Cristo saremo risuscitati”). Assieme a quella del buon pastore che ama teneramente il suo gregge. Il libretto fu composto dallo stesso Haendel e in maniera tanto accorta da meritare le lodi di Goethe, Herder e Klopstock. “Io conosco la mia Bibbia e saprei meglio di un altro scegliervi le parole adatte”. Il Combarieu nella sua Storia della mu- Westminster Abbey Manoscritto del “The Messiah” surrezione. Compiuto il sacrificio sul Calvario, Händel medita sulla morte, sul Giudizio finale e sulla Risurrezione. L’aria “Ho fede, Signore Quelli che dormono si sveglieranno!”, è una delle più belle ed il testo è tratto dall’epistola di S.Paolo ai Corinzi. (“E come d’incontro dell’arte e della fede della Germania nordica, dell’arte italiana e della potenza formidabile e misteriosa del genio di un musicista sassone, una specie di colosso che sorregge le asperità dell’arte, come un antico Sileno, coronato di pampini, e sorridente porta tra le braccia un dio bambino». “Il Messia” e la bachiana “Passione secondo Matteo” sono probabilmente le due massime pietre miliari dell’arte musicale religiosa. sica scrive a proposito de «Il Messia»: «Da un punto di vista puramente artistico, una tale composizione ha un ampiezza grandiosa. Esso è la risultanza di sette secoli di contrappunto e armonia, come pure del pensiero e sentimento cristiano…essa è il punto Handel era profondamente religioso ma niente affatto bigotto; la religione era per lui poesia, dramma, elevazione ed è per questo che nel taglio delle composizioni sacre egli è personalissimo. Gli oratori costituiscono la parte più cospicua della sua produzione e sono quelli che lo consegnano alla posterità. I suoi sedici gli oratori biblici (e altrettanti profani) sono Joseph, Isreael, Josué, Debora, Jefhte, Sansone, Saul, Salomone Athalia, Susanna, Bosayar, Esther, Judas, Alexandro Balo, Il Messia, Theodora. L’ossatura caratteristica dell’oratorio sotto il soffio di Händel si trasfigurò in un immenso poema descrittivo epico-drammatico “ove le grandi verità religiose e umane sono cantate, rappresentate e commentate con tutto quello che può dare di emozione e di espressione il linguaggio musicale…animati da un gran soffio religioso, liberi dalle esigenze della liturgia e dalle convenzioni del teatro, ma tuttavia drammatici e profondamente umani, i sedici oratori biblici “si innalzano in un dominio dell’arte assoluta- mente indipendente come templi grandiosi la cui iconografia comprende tutta la Sacra Scrittura, dai libri di Mosè fino agli Atti”. A distanza di non pochi anni, la sottoscritta ricorda ancora con emozione e gioia la sua partecipazione alle parecchie esecuzioni della Messiade handeliana con l’orchestra, il coro ed i solisti del Teatro di Fiume diretti dallo scomparso maestro Kajdi: quelle ondate di dolcezza melodica (aria del buon pastore), di esaltanti apotesi contrappuntistiche (Nascita e Risurrezione del Cristo) alle quali il pubblico corrispondeva sempre con applausi interminabili. Come ricorda pure le brillanti esecuzioni del “Magnificat” di Bach, o del “Requiem” di Verdi. Tempi andati. Attualmente le grandi forme vocali strumentali di carattere sacro non rientrano nelle sfere d’interessi della dirigenza teatrale di Fiume. Georg Fridriech Haendel nacque nello stesso anno e regione di Bach e vi morì, come il Kantor di San Tommaso, cieco e nello stesso anno. Strane coincidenze. La cecità lo colse mentre scriveva il secondo atto dello “Jefte”. Visse gli ultimi sette anni della sua vita nel ritiro, nella meditazione e nelle pratiche di carità. Nei giorni di Passione voleva morire per raggiungere il Salvatore nel giorno della Risurrezione, e fu esaudito perché morì il Sabato Santo del 14 aprile 1759. Fu tumulato con solenni funerali il 20 aprile nella cattedrale di Westminster, dove l’Inghilterra accoglie i suoi figli gloriosi, e dove tante volte aveva risuonato l’”Alleluja” più celebre della storia. Le giornate di Matetić, omaggio tradizionale FIUME - Sono iniziate l’8 c.m. e si sono protratte dino al 10 aprile “Le giornate di Matetić”, la tradizionale manifestazione giunta alla sua XIV esima edizione. L’evento finalizzato alla valorizzazione e diffusione dell’operato di Ivan Matetić ed alla musica nostrana che attinge al patrimonio musicale popolare istroquarnerino, ha avuto il suo incipit , nella casa natale di Matetić a Ronjgi, con il Seminario per gli alunni delle Scuole di Musica di Fiume e Pola. I temi trattati riguardano l’Espressione musicale autoctona dell’Alto Adriatico, la vita e la produzione del compositore e pedagogo Josip Kaplan e di Ronjgov, completati da un fil- mato intitolato “Mantinjada po Ronjgovemu”. Il 9 aprile, nella mattinata, sono state deposte delle corone di fiori sui sepolcri di Ronjgov e Kaplan, rispettivamente ad Abbazia e Laurana. La sera (ore 18) nel Duomo di Fiume ha avuto luogo una S.Messa di suffragio dedicata a Ivan Matetić Ronjgov durante la quale è stata eseguita la “Dobrinjska misa” di Ronjgov. In serata al Palazzo del Governo (ore 20) si è tenuto un concerto intitolato ai compositori del litorale con brani di Kaplan (le liriche da camera “Lan”, “More”, Rondeau per orchestra d’archi, brani per coro, la “Canzone del galeotto” per baritono e coro), di Roberto Haller (tre liriche da camera per soprano e pianoforte), di David Stefanutti (Adagio e fuga per archi), di Ljubo Kuntarić (brani per coro) e di Dušan Prašelj (“Credo” dalla Messa ritmica latina). Esecutori, il soprano Ingrid Haller, il mezzosoprano Anđelka Rušin, Roberto Haller e Nina Kovačić al pianoforte, l’Orchestra da camera di Fiume diretta da Stefanutti, il Coro Oratoriale di Fiume sotto la direzione del maestro Prašelj, le Klape femminili e maschili “Kastav” dirette da Saša Matovina. Ha fatto seguito la presentazione del libro dedicato a Ivan Matetić Ronjgov “Zapisi pučkog nabožnog pjevanja/Note sul canto popolare religioso” redatto dalla dott. Marija Riman. Lunedì 10 c,m, al Palazzo del Governo (ore 20) si è tenuto il concerto degli alunni delle Scuole di Musica “Ivan Matetić Ronjgov” di Fiume e Pola con ospiti gli allievi delle SC “Blagoje Bersa” e “Vatroslav Lisinski” di Zagabria e “Franjo Kuhač” di Osijek. In programma composizioni di Josip Kaplan, Ronjgov, Nello Milotti e B.Okmaca. In chiusura di serata è stat presentazione la seconda edizione del libro di Lovorka Ruck “Cori dell’Istria e del litorale per voci bianche e voci femminili”. (pvm) Ivan Matetić Ronjgov musica 7 Mercoledì, 26 aprile 2006 MUSICA ROCK Bryan Ferry alle prese con un nuovo album Il «dandy» dalla voce sensuale intensa, dolcissima a cura di Ivana Precetti ZAGABRIA – Una voce sensuale, intensa e dolcissima, capace di scivolare sulla pelle dell’ascoltatore come un velo di velluto o un foulard di seta. Bryan Ferry è proprio così, un eroe romantico e futuristico, elegante e seducente. Oggi, dopo un lungo silenzio, interrotto soltanto dall’uscita di un “The Best of...”, il carismatico cantautore inglese torna sui palchi mondiali con un nuovo album assieme ai suoi “Roxy Music”, una delle band più innovative degli anni Settanta, di cui è stato leader indiscusso, che ha lasciato un’eredità indiscutibile ad almeno due generazioni di musicisti, diventando l’emblema del cosiddetto “glam rock” (o “rock decadente”, come veniva chiamato in Italia). Bryan Ferry e i suoi “Roxy Music” sono stati recentemente anche a Zagabria – è stata la loro prima visita in assoluto in Croazia – dove, il 5 aprile scorso, hanno tenuto un concerto al Teatro Nazionale Croato, nell’ambito della settima edizione del “Diners Exclusive Party”. Un vero successone, a detta dei fortunati che hanno avuto modo di assistere allo show, durato circa un’ora in cui la band ha rispolverato i vecchi successi. Ed è stato come tornare ai “vecchi tempi”, come se la parentesi in cui il gruppo aveva cessato di suonare, non fosse mai esistita. Per sessanta minuti tutto è tornato come prima. I “Roxy” assieme all’ineguagliabile Ferry, si sono dimostrati ancora una volta per quello che nei loro anni d’oro sono sempre Una carriera intensa e fortunata Bryan Ferry nasce il 26 settembre 1945 a Washington, cittadina nel nord dell’Inghilterra. Figlio di contadini, Bryan inizia la sua carriera musicale in gruppi locali come i Banshees, come cantante e pianista, fino a che alla Newcastleupon-Tyne University non fonda la band di R&B Gas Board con gli amici Graham Simpson e John Porter. Il suo stile è quello della popstar elegante, del “dandy”, lontano dalle atmosfere hippy e dalla scena hard-rock che caratterizza l’Inghilterra nei primi anni Settanta. Nel 1970 fonda i Roxy Music e crea un suono tra il glam-rock e la sperimentazione pop. Nel 1973 incide il suo primo album solista, “These foolish things”, rivisitando in parte l’opera di Bob Dylan e dei Rolling Stones. Nel 1976 esce “Let’s stick together”: i Roxy Music sono un’estensione della personalità del cantante e l’album mescola indifferentemente nuove “cover” con materiale già inciso dal gruppo. La crisi sentimentale che attraversa alla fine degli anni Settanta ispira una produzione più melodica e una svolta verso il pop: sono gli anni di “The Bride Stripped Bare” (1978), “Flash and blood” e “Avalon” (1982). Dopo questo album il gruppo si scioglie. Nel 1985 esce “Boys and girls”; due anni più tardi esce “Bete Noire”, meno riuscito del precedente ma che conferma lo stile di Ferry. Dopo una lunga pausa di sei anni esce “Taxi” (1993), album di “cover” accolto tiepidamente, e nel 1995 “Mamouna”. Seguono 4 anni di pausa e di lontananza dalle scene e il “dandy” torna con “As time goes by” (1999). Nel 2002 esce “Frantic”, l’ultimo lavoro di Ferry, che segna il ritorno al suono rock e che arriva dopo un tour che ha visto di nuovo insieme i Roxy Music, vent’anni dopo. Il disco è per la maggior parte registrato “live” e contiene nuove canzoni assieme ad alcune cover. Con Ferry collaborano grandi artisti: Dave Stewart, Jonny Greenwood (Radiohead) e Brian Eno. Il cantante prosegue l’attività live e di compositore in tutto il mondo. Il 2006 è l’anno di un nuovo ritorno. Il carismatico leader dei «Roxy Music» torna sui palchi mondiali e si esibisce per la prima volta in Croazia stati: una band un po’ diversa dalle altre, nell’inesausta ricerca di una musica che riuscisse a rompere col passato pur affondandovi al contempo con le proprie radici: rock elettrico, jazz, musica contemporanea, rock‘n’roll, romanticismo, elettronica, in un’inedita fusione che non ha avuto eguali nella storia del rock. Una volta spenti i riflettori, Bryan Ferry si è concesso ai media per un’intervista durante la quale ha voluto parlare del nuovo progetto con i “Roxy Music” in cui è incluso anche l’amico di sempre Brian Eno. “Attualmente siamo alle prese con la registrazione in uno studio a Londra. Finora abbiamo fatto molto. La prima formazione dei ‘Roxy’ è al completo. C’è Phil Manzanera, Andy McCay, Paul Thompson, e per un certo periodo c’è stato anche Brian Eno. E, ovviamente, alcuni collaboratori nuovi, che ci stanno offrendo un contributo splendido, molto innovativo, proprio come piace a noi. Io, personalmente, sono ancora alle prese con la scrittura degli ultimi brani, che è il compito più difficile”. E sul concerto in Croazia, Bryan ha avuto soltanto parole di lode: “È stata la prima volta che visitiamo la Croazia. Un vero piacere, perché è sempre una grande emozione suonare in posti nuovi, mai visti. Soprattutto quando si è in là con l’età. Succede che vedi un luogo sulla cartina geografica e pensi che sarebbe magnifico suonare là. Poi, passano gli anni e non ne hai più l’occasione perché gli obblighi sono sempre tanti. Mi piacerebbe tornare in Croazia e tenervi, coi “Roxy Music”, un grande concerto. Quello al Teatro nazionale croato è stato il mio show personale, ma voglio tornare a Zagabria e offrire ai fan un vero e proprio spettacolo. Come ai vecchi tempi!”. «In the jungle, the mighty jungle The lion sleeps tonight...» Il “Leone addormentato” una storia finalmente a lieto fine Ve la ricordate la canzone “The Lion sleeps tonight”, che nel 1961 ottenne un successo mondiale grazie alla versione in lingua inglese del gruppo dei “The Tokens”, una formazione per teenager? Nel 1994 la canzone fu inclusa nella colonna sonora del colossal della Disney “Il Re Leone”. Sono tutte dei plagi! La versione originale è del 1939, eseguita dal sud africano di colore Solomon Linda e della sua band, gli “Evening Birds”. Il gruppo registrò il brano nello studio di Eric Gallo, che ricompensò Solomon Linda con poco più di un equivalente di un euro e con un impiego nel suo magazzino. Linda non sapeva né leggere né scrivere, ma per lui parlava la sua musica. Tre accordi, qualche voce baritonale in sottofondo e due parole da alternare. Così nacque il brano “Uyimbube”, divertente e orecchiabile, diventò il più grande hit sudafricano, prima di prendere il volo verso l’estero. La canzone, infatti, approdò negli USA nel 1951 grazie al cantante folk Pete Seeger che però, non capendo lo zulu, travisò il ritornello da Uyimbube, uyimbube (che significa “tu sei il leone”) ad Awimoweh, awimoweh (che non significa nulla). Poi “The Lion sleeps tonight” passò nelle mani dei “The Tokens”, che ne sancirono l’attuale testo in inglese. Grazie al loro impegno la canzone si conquistò il favore del pubblico. Il pezzo, in seguito, entrò nella classifica delle 500 canzoni più belle della storia della musica. Nel frattempo Solomon Linda, morì in povertà a Johannesburg, lasciando in miseria la famiglia. Nel 1989 una disputa legale sui diritti del brano tra la Richmond Organization di Pete Seeger e George Weiss (il paroliere dei Tokens) finì con la sentenza di plagio a danno di entrambe le parti e con il risarcimento agli eredi di Linda. Il risarcimento però venne fissato in poche migliaia di dollari, mentre i profitti attribuibili a “The Lion Sleeps Tonight” sono calcolati in più di 50 milioni di dollari. Pochi anni fa la Gallo Records, nella persona dell’ormai novantenne Eric Gallo, forse desidero- so di riparare al danno commesso, assoldò un legale per verificare la possibilità di risarcire gli eredi di Solomon Linda. Il legale scoprì che in base alla legge sul copyright dell’impero britannico del 1911 i diritti, trascorsi venticinque anni dalla morte dell’autore, spettano agli eredi. Ad oltre quarant’anni dalla morte in disgrazia dell’autore del brano, la Disney è intervenuta per assicurare una conclusione felice alla vicenda Dopo aver liquidato gli attacchi dei Linda, sostenendo di aver pagato i diritti della canzone, ha corretto poi il tiro, forse per il timore del danno d’immagine che, uno scontro con una famiglia indigente di Johannesburg avrebbe provocato alla grande fabbrica dei Solomon Linda sogni per bambini. La mediazione della major ha convinto Abilene Music, la detentrice dei diritti, a trovare una forma di risarcimento. Un accordo economico, arrivato solo il mese scorso, che ha soddisfatto i pochi eredi di Solomon Linda rimasti in vita. (gm) 8 musica Mercoledì, 26 aprile 2006 QUIZ - “chissà chi lo sa?” Birgit Nilsson, una voce fenomenale 1. Quale cantautore americano conosciuto per il grande successo “Born in USA, porta il soprannome “The Boss”? a) Bruce Springsteen b) Bob Dylan c) Willie Nelson 2. Il flauto traverso appartiene alla famiglia… a) Degli ottoni b) Degli strumenti a tastiera c) Dei legni 3. La città di New Orleans in Louisiana è conosciuta come la Mecca della musica… a) Blues b) Jazz c) Rock 4. Come si chiama la band svedese composta da due coppie sposate, che vinse a un’edizione dell’Eurosong con la canzone “Waterloo?” a) Mama’s and papa’s b) The Platters c) Abba 5. La famosa colonna sonora del film “Il Padrino” con Marlon Brando nel ruolo principale, fu composta da… a) Nino Rota b) Ennio Morricone c) Lucio Dalla 6. F. J. Haydn (1732-1809) e W. A. Mozart (1756-1791) contribuirono al perfezionamento di quale forma strumentale? a) La suite b) La sinfonia c) Il lied MUSICA LIRICA “Brunilde” non c’è più Joseph Haydn 7. L’opera “La serva padrona” fu modello per l’intera opera buffa del ‘700. Fu composta da: a) F. J. Haydn b) Domenico Cimarosa c) C. B. Pergolesi E’ morta in Svezia all’età di 87 anni Birgit Nilsson, considerata la più grande interprete del compositore tedesco Richard Wagner del secondo dopoguerra. La notizia è stata resa nota solo dopo i funerali del soprano, avvenuti a Vastra Karup, la sua cittadina natale. La Nilsson, fra i numerosi ruoli interpretati, fu una sensazionale principessa irlandese Isotta nel Tristano e la valchiria Brunilde per eccellenza (nel celeberrimo ci- 8. Il famoso poema sinfonico “La mia Patria”, che contiene uno dei movimenti più popolari della musica dell’800, la “Vltava”, fu composto da: a) Bedøich Smetana b) Antonin Dvoøak c) Jan Sibelius 9. La deliziosa musica della fiaba “Pierino e il lupo” fu composta da… a) Igor Stravinski b) Sergej Prokofjev c) Maurice Ravel 10. Il clavicembalo fu uno degli strumenti più popolari dell’epoca del: a) Romanticismo b) Rinascimento c) Barocco Soluzioni: 1. a), 2. c), 3. b), 4. c), 5. a), 6. b), 7. c), 8. a), 9. b), 10. c). Come Turandot clo wagneriano del Ring). In particolare si ricorda la sua interpretazione di Isotta alla Scala nel 1956, esibizione che le era valso l’onore di essere definita tra le migliori cantanti wagneriane del ventesimo secolo. Nata nel 1918 e figlia di una soprano, Birgit Nilsson cominciò a innamorarsi della musica a tre anni, grazie a un pianoforte giocattolo regalatole dalla madre. Il debutto in teatro avvenne nel 1946, al Royal Opera di Stoccolma. Cantò il primo personaggio tratto dalle opere di Wagner nel 1948: fu Senta, la figlia del capitano norvegese Dalan, nel Vascello fantasma (L’Olandese Volante). Il grande successo la portò a esibirsi nei più grandi palcoscenici del mondo: il Metropolitan di New York, la Scala di Milano, la Fenice di Venezia, il Teatro dell’Opera di Vienna, Roma, Parigi, Barcellona. Era un monumento e aveva un monumento di voce Birgit Nilsson. Il soprano svedese era interprete per eccellenza delle opere di Richard Wagner e Richard Strauss, un’eccellenza che fra gli Anni ‘50 e i tardi ‘60 s’impose. Al festival wagneriano di Bayreuth sbaragliò le rivali, al Metropolitan di New York ebbe successi memorabili, ovunque non si poteva dare Wagner al massimo livello senza che lei mancasse. I motivi stavano nelle doti naturali, nella tecnica e nella scuola svedese. Aveva una voce d’acciaio che l’aveva resa erede di un’altra wagneriana divenuta mito canoro, la norvegese Kirsten Flagstad. La famosa tecnica di appoggio del fiato sul diaframma, che pochi cantanti possiedono, era il segreto delle saette lanciate dalla Nilsson in mezzo all’orchestra dell’olocausto di Brunilde, il finale del “Crepuscolo degli dèi” e dell’intera “Tetralogia” di Wagner: nessuno sforzo, e l’ascoltatore inchiodato alla poltrona. Anche nel “Tristano e Isotta” non aveva rivali. Altri tempi davvero, quando i cantanti sapevano risparmiarsi e non saltavano da un aereo all’altro. Terminata la sua carriera nel 1984, nel ‘98 il Metropolitan di New York omaggiò i suoi ottant’anni e lei riuscì a salutare il pubblico con il grido di guerra delle Valchirie. giro girotondo quando canta e suona il mondo Zagabria Sala "Vatroslav Lisinski" 24 marzo 2006 Orchestra Nazionale di Tolosa Direttore Tugan Sokhiev Musiche di P. Dukas: "L'apprendista stregone", ouverture I. Stravinski: "L'uccello di Fuoco" musica da balletto N. Rimski-Korsakov: "Sheherezade" poema sinfonico Christian Armin Musiche di A. Webern: Passacaglia op. 1 S. Rahmanjinov: 2. Concerto per pianofortze e orchestra in do min. op. 18 I. Stravinski: Petruschka Orchestre National du Capitole du Toulouse 9 maggio 2006. Bruno Leonardo Gelber Musiche di D. Scarlatti, L.van Beethoven, J. Brahms Ciclo dedicato alla musica da camera Casa del Popolo - Sala del Risorgimento 30 marzo 2006 Quartetto d'archi HAGEN (Salisburgo) Trio di Gerusalemme Bella Kresin, glasovir Roman Kekhman, klarinet/ saksofon Yakov Entin, violina/kontrabas Musiche di J. de Boismortier,A. Vivaldi G. B. Vitali, Sacchini, B. Marcello 11 aprile 2006 Filarmonica Janaček di Ostrava Direttore Gaetano Delogu Musiche di S. Bradić: Homo erectus (Salutes to Europe) B. Smetana: "La mia patria" poemi sinfonici C. Franck: Simfonia in re min 29 aprile 2006 Orchestra sinfonica nazionale della radio di Katowice Direttore Christian Arming Solista al pianoforte Dimitris Sgouros Clemens Hagen, violoncello Musiche di L. van Beethoven: Quartetto n.11 in fa min. op. 95 "Serioso" D. Šostakovič: Quartetto u c-molu, n.8 op. 110 F. Schubert: Quartetto"La morte e la fanciulla" in re min. Ritenuto uno dei migliori quartetti d'archi d'Europa il Quartetto Hagen ha firmato un contratto esclusivo con la Deutsche Grammophon. 21 aprile 2006 In programma brani di G. Verdi: Sperate o figli, aria i cabaLucija Madziar (violino) letta dal Nabucco Caspar Frantz (glasovir) G. Verdi: Infelice, e tuo credeli, aria Musiche di W. A. Mozart, dall' Ernani J. Štolcer Slavenski: Sonata slava G. Verdi: Mentre gonfiarsi l'anima, C. Debussy: Sonata in sol min. arij dall' Attila. Verdi: Vieni, o LeviD. Pejačević: Cinque miniature per ta! aria dal Nabucco violinu e pianoforte W. A. Mozart: Non più andrai, aria K. Szymanowski: Miti, op. 30 di Figaro da "Le nozze di Figaro" G. Fauré: Sonata n.1 per violino e W. A. Mozart: Aprite un po' quegl' pianoforte in la magg. op. 13 occhi, aria da Le nozze di Figaro" W. A. Mozart: Donne mie, la fate 23 maggio 2006 a tanti, aria Ensemble di fiati Serenade di da "Così fan Stoccolma tutte" F. Söderberg: Pierrotova I.Zajc: Rosmrt manza di A. Dvoøák: Serenada u dZrinski molu, op. 44 G. Bizet: W. A. Mozart: 10. serenaCarmen, da "Gran Partita" u B-duru, aria di EscaKV 361 millo G. Rossini: Ciclo "Cantabile" La CalunIstituto musicale di Zagania, da "Il bria barbiere di Siviglia" 5 aprile 2006 A. Kabiljo: Giorgio Surian Giorgio Surian in concerto 3 canzoni Anno II / n. 4 26 aprile 2006 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Il quartetto Hagen Lukas Hagen, violino Rainer Schmidt, violino Veronika Hagen, viola Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: MUSICA Redattore esecutivo: Patrizia Venucci Merdžo / Impaginazione: Denis Host-Silvani Collaboratori: Helena Labus, Mirella Malusà, Gianfranco Miksa, Ivana Precetti e Fabio Vidali