QUADERNI DELLA CONSULTA Consulta della Pastorale della Scuola della Diocesi di Verona 2015 N°8 A cura di Don Domenico Quaderni della Consulta - 8 1 Consolini Quaderni della Consulta - 8 Presenza cristiana nella scuola: è possibile? A cura di Don Domenico Consolini Verona, Ottobre 2015 Presentazione Quest’anno il lavoro della Consulta della Pastorale Scolastica si è orientato verso una naturale continuazione di quello portato avanti l’anno precedente: “la Chiesa per la Scuola e la Scuola per la Chiesa” che era culminato nell’incontro con papa Francesco il 10 maggio in una piazza San Pietro piena di persone, speranze ed entusiasmo. Ci si è chiesti :” Una presenza cristiana nella scuola, è possibile?” è realizzabile? Come deve essere? In che termini può concretizzarsi? Abbiamo iniziato con l’intervento tecnico di un esperto di didattica e pedagogia che delineasse con chiarezza i termini della questione, che potesse offrirci spunti di approfondimento e confronto sulla base di elementi da condividere sul piano professionale e relazionale. Non si è trattato di un’erudita esposizione ma di un corale coinvolgimento fino al riconoscimento di una griglia che poi potesse utilmente servire per proseguire il nostro approfondimento. L’analisi è continuata con una suddivisione per tipologie scolastiche, dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di secondo grado con la partecipazione delle componenti fondamentali, dai docenti, ai genitori, studenti e dirigenti. Si è poi scelto di allargare l’angolatura con l’apporto diretto dell’utenza con uno spessore provinciale, coinvolgendo la scuola statale, comunale e paritaria, sempre con la presenza di tutte le funzioni essenziali e si è concluso infine con l’analisi puntuale dei piani dell’offerta formativa effettuata da due dirigenti direttamente coinvolti. Mi sembra di poter dire che si è trattato di un lavoro serio, fatto con passione e competenza, senza pregiudizi e rispettoso delle tante diverse posizioni. Così, con semplicità e convinzione lo offriamo a quanti amano il mondo della scuola, a quanti hanno a cuore i nostri giovani e le nostre famiglie, per uno scambio proficuo e per accettare consigli e suggerimenti. Mi sento in dovere di ringraziare tutti gli amici della Consulta per il loro impegno e per la professionalità con cui hanno affrontato questo pezzo di strada insieme; a tutti l’augurio che possa essere di stimolo per continuare a servire la nostra comunità con la stessa disponibilità ed apertura, con l’aiuto del Signore. don Domenico Consolini Presidente della Consulta e Direttore dell’ Ufficio Diocesano di Pastorale Scolastica Quaderni della Consulta - 8 5 6 Quaderni della Consulta - 8 Abitare cristianamente e laicamente la scuola di Giuseppe Tacconi 1. Introduzione alcune strategie che sono apparse come concretamente percorribili. Le riflessioni di cui qui si dà conto sono nate nell’ambito di un incontro della consulta di pastorale scolastica della diocesi di Verona, che si è svolto il 19 dicembre 2014. La consulta è uno spazio ecclesiale particolare, in cui diverse persone credenti, accomunate da un vivo interesse per la scuola, si incontrano per riflettere sul senso della propria presenza in tale contesto. Sono rappresentati un po’ tutti gli ambiti e le componenti. Ci sono persone che operano in scuole statali, di ogni ordine e grado, e altre che sono impegnate in scuole paritarie di ispirazione cristiana. Ci sono insegnanti, in servizio o in pensione, dirigenti scolastici o gestori, genitori, studenti e altri che, a vario titolo, si sentono legati a questo mondo e intendono promuovere in esso una presenza significativa dei cristiani. La testimonianza del proprio essere cristiani nella scuola passa innanzitutto dallo stile personale, da come quotidianamente si interpreta (si concepisce e si traduce operativamente) il proprio ruolo. Essere cristiani nella scuola non significa dunque apporre etichette a ciò che si fa o condurre battaglie ideologiche, ma attingere dal proprio essere cristiani l’ispirazione per fare bene ciò che si fa, nel rispetto delle caratteristiche specifiche di tale ambiente (è questo il senso del “laicamente” inserito nel titolo). Questo testo restituisce lo scambio avvenuto durante l’incontro del dicembre scorso e si basa sulle note raccolte a suo tempo da chi scrive. La consegna di apertura era di esprimere che cosa significava per ciascuno/a abitare la scuola da cristiani. L’intervento di chi ora scrive si è poi agganciato alle parole di chi era intervenuto e ha portato l’attenzione su 2. La voce dei protagonisti Essere da cristiani nella scuola, non significa fare cose particolari, ma fare il proprio lavoro (anche quello di studente) con uno stile particolare: essere nella scuola come insegnante cristiano significa essere competente, puntuale e disponibile. Un insegnante cristiano è uno che ascolta, che sa dialogare con gli alunni e con i genitori. È un seminatore di speranza, uno che dà fiducia, uno che sa che il frutto lo vedrà domani (Giuseppe, insegnante di Lettere in pensione); il tratto caratterizzante dell’essere da cristiani nella scuola è la capacità di dialogo amichevole con i colleghi (Sr. Giovanna, Istituto Mondin); l’ambiente scolastico non è sempre accogliente. Qualche volta ho l’impressione che stiamo andando a lavorare e che il voto sia un po’ la retribuzione. Percepiamo diverse tensioni tra docenti. Il gruppo classe non è unito. L’ambiente è un po’ ostile e, con alcuni docenti, la qualità del rapporto è pessima. In questo contesto è importante portare una testimonianza diversa (Melania, studentessa in un Liceo statale); i cristiani sono allegri, positivi. Si tratta di sottolineare le cose positive che ci sono nelle varie situazioni, di mettere in rassegna la scuola “buona”. Testimoniare a scuola non è facile, ma questo impegno che penetra il quotidiano risulta poi contagioso. Si tratta di comunicare cose Quaderni della Consulta - 8 9 che ti convincono perché le hai vissute e di migliorare le relazioni recuperando le cose positive e costruendo su quelle (Gianni, ex dirigente tecnico); ho visto cadere un muro. Sta crescendo nella scuola il desiderio di costruire un senso comune. La scuola sta chiedendo ai cristiani di esserci. Ci sono dirigenti che chiedono ai cristiani di restare nel mondo della scuola, di esserci. Un vero cristiano, nella scuola, è chi sa dare valore e senso all’esperienza scolastica stessa (don Maurizio, pastorale universitaria). Se nella scuola il malessere non manca, i cristiani sono chiamati a dare una testimonianza di segno diverso: facendo bene il proprio dovere, curando in particolare la qualità delle relazioni, coltivando il dialogo, infondendo energia positiva, alimentando sempre di senso e valore l’esperienza che vivono. Il luogo di incontro è l’umano. Si tratta di testimoniare che, a partire da un’ispirazione cristiana, si può illuminare 10 Quaderni della Consulta - 8 una particolare qualità dell’umano, che possa essere riconosciuta tale anche da altri: “Prof., le devo parlare. Sa che non credo a tutte le baggianate di religione!”. “Sai che sono un credente…”. Non ho parlato di religione. Ci siamo incontrati sulla via dell’umano (Francesco, insegnante di religione in un IT); nella scuola dell’infanzia spesso le insegnanti si sentono un po’ sottovalutate e hanno poca fiducia in se stesse. Si tratta di nutrire l’umano (Giuliana, coordinatrice FISM); la scuola forma ed educa. Possiamo apprendere da don Bosco che nel 1850-54 fa l’oratorio festivo, proponendo il gioco e il catechismo, ma poi avvia i Laboratori, nella casa annessa all’oratorio, e le scuole. Ai suoi giovani diceva: “salva, salvando, salvati”, “ti invito a condividere con me l’attività”, “aiutami ad insegnare, a far giocare. Dammi una mano. Ho bisogno di te, mi fido di te, tu puoi, hai delle doti, delle ricchezze da condividere”. E così faceva emergere dei potenziali, promuoveva protagonismo. Si tratta di valorizzare gli studenti mano a mano che crescono, non di guardarli solo come utenti, con uno sguardo che passivizza. La scuola è luogo di interazione e di costruzione di cultura (don Rodolfo, salesiano); quando i professori hanno passione, e competenza, gli studenti apprendono. Ho in mente un prof. così. Le sue lezioni erano da ascoltare e ricordare (Chiara, studentessa Liceo paritario); è la passione educativa che fa muovere il resto. L’educazione non è solo un immagazzinare informazioni ma un coltivare passioni. È la passione che alimenta il senso (Katia, genitore, Agesc); i consigli di classe dove si viveva una forte condivisione tra colleghi erano contesti in cui si lavorava meglio (Luisa, insegnante in pensione). Puntare sull’umano significa accogliere l’umano, nutrirlo, mostrare concretamente che l’ispirazione cristiana è una fonte di umanizzazione e di cultura, coltivare e alimentare passione, creare condivisione. Una presenza particolarmente significativa è quella degli insegnanti di religione: gli insegnanti di religione lavorano con più classi e dunque con più gruppi di docenti. Un aspetto impegnativo è la gestione di situazioni conflittuali tra colleghi; sono situazioni che rendono l’ambiente di lavoro meno fertile; anche qui si può fare molto (Bruna, Insegnante di religione nella scuola primaria); la presenza cristiana è vista come positiva. Gli insegnanti di religione hanno in genere un buon rapporto con la scuola. Molti dirigenti vedono gli insegnanti di religione come una risorsa. Si tratta di essere una presenza significativa. Si tratta innanzitutto di esserci (don Domenico, responsabile ufficio scuola). Gli insegnanti di religione, con la loro presenza, possono essere una risorsa importante per la scuola di tutti. 3. Linee di azione Qui di seguito, cercherò di indicare, seppur per brevi cenni, alcune linee di azione che possono aiutare a tradurre operativamente l’esigenza emersa sopra di centrare la presenza dei cristiani nella scuola sulla forza umanizzante che l’ispirazione cristiana ha e sulla sua capacità di contribuire a rivitalizzare nella scuola le relazioni, i legami di fiducia e la philia. Tali linee di azione, che non avanzano alcuna pretesa di esaustività, vanno poi articolate in modo specifico, a seconda delle situazioni in cui ci si trova ad operare. 1. Alimentare continuamente visione e senso I cristiani sanno di avere qualcosa di importante da condividere con gli altri, negli ambienti in cui operano, ma sanno anche che il dono che sentono di aver ricevuto non è un possesso esclusivo. Essere nella scuola da cristiani significa, per dirla con Roberto Mancini, imparare a essere testimoni, non padroni di quanto si è ricevuto: «…il testimone serve la verità, adotta una disciplina, accetta di buon grado il “limite” di non essere lui a impersonare o a decidere la verità stessa. Proprio Quaderni della Consulta - 8 11 per questo non si sogna di stabilire su di essa un monopolio. La testimonianza è aperta per sua indole al confronto dialogico, alla pluralità delle altre testimonianze, al pluralismo che ciò comporta» (Mancini, 2010, p. 10). Si tratta di contribuire con altri a costruire una visione educativa condivisa all’interno della scuola, partecipando con consapevolezza ai processi di progettazione e di autovalutazione delle realtà scolastiche. La costruzione di visione e senso condivisi alimenta quegli atteggiamenti di fondo che, nei processi educativi, sono più importanti di tutte le tecniche e di tutti i metodi. Il senso, in particolare, ci consente di coinvolgerci intensamente in quello che facciamo e dà al nostro lavoro l’impronta della nostra unicità. Se è vero che Gesù Cristo rivela l’umano, la vitalità dell’ispirazione la possiamo – dobbiamo – verificare sulla qualità scolastica e formativa degli ambienti che contribuiamo a costruire. Le domande che verificano la qualità della presenza possono allora essere le seguenti: che qualità umana contribuiamo a generare nell’ambiente scolastico? Che cosa imparano gli allievi da noi (da quello che diciamo ma soprattutto da quello che viviamo)? Che possibilità di crescita e di fioritura dell’umano incontrano? Che esperienza relazionale contribuiamo a rendere possibile nelle nostre realtà per allievi, insegnanti, genitori ecc.? Che pensiero/riflessione ci caratterizza? Che innovazione esprimiamo? Come partecipiamo ai processi decisionali? Come contribuiamo a rendere trasparente quello che facciamo? 2. Coltivare relazioni cordiali È importante che come cristiani contribuiamo a creare le condizioni perché la 12 Quaderni della Consulta - 8 gente (i docenti, gli studenti, il personale amministrativo, tecnico e ausiliario ecc.) venga volentieri a scuola e senta che farne parte è bello. Si tratta di fare in modo che la vita stessa della scuola alimenti il benessere delle persone che ne fanno parte. In questo tempo è particolarmente necessario immettere energie positive nella scuola e aumentare in essa quella philia che è necessaria in ogni organizzazione (cfr. Bruni, 2014). Lo possiamo fare coltivando relazioni cordiali con tutti, in particolare con chi per vari motivi si trova ai margini, ed esercitando con tutti l’arte dell’ascolto. Quando non ci sono relazioni cordiali, nella scuola, viene meno quell’entusiasmo, senza il quale è difficile costruire le condizioni perché tutti possano sperimentare la gioia di imparare. Quando si vivono relazioni cordiali, le scuole fioriscono e ciascuno (insegnante o studente che sia), all’interno di esse, è messo nelle condizioni di tirare fuori il meglio di sé. 3. Avere rispetto reciproco Nella scuola, c’è bisogno di cristiani capaci di ascoltare prima di parlare, accogliere prima di giudicare, amare questo mondo prima di difendersene, nutrirsi di creatività piuttosto che di paura, annunciare profeticamente piuttosto che accusare (cfr. Bianchi, 2006, p. 36). Si tratta innanzitutto di rispettare profondamente gli altri e le loro visioni del mondo, di attribuire loro valore, di lasciarsene interrogare, di accogliere le critiche, elaborandole come spunto per approfondire anche la propria identità. Da questo rispetto possono nascere stima e fiducia reciproche. Del resto, si è tutti confrontati con un compito comune: far vivere la scuola a servizio delle giovani generazioni. 4. Condividere storie L’appartenenza a una comunità narrativa (la chiesa) ci può rendere, come cristiani, particolarmente sensibili alle narrazioni. In ogni scuola è presente un immenso patrimonio narrativo. Ogni volto racconta una storia, ma le narrazioni vanno anche sollecitate, raccolte, documentate, custodite e comunicate. Le narrazioni consentono infatti di far tesoro delle esperienze e di dare loro un senso, inserendole all’interno di una trama. Accogliere e valorizzare le storie di ciascuno consente di sentirsi parte di una storia più grande, ma anche di un destino e di un bene comune da costruire assieme. 5. Partecipare e aver cura delle comunità di pratica Le comunità di pratica sono aggregazioni, spesso spontanee, di persone che si attivano su specifici interessi tematici e che spesso trovano il gusto di condividere pratiche, materiali ed esperienze. Da cristiani è importante, a qualsiasi li- Schematizzazione di Piera Cattaneo vello, come studenti o come insegnanti o come dirigenti, riconoscere e promuovere tali aggregazioni, parteciparvi generosamente, offrendo il proprio contributo al loro sviluppo. 6. Documentare i processi e facilitare il flusso delle comunicazioni Talvolta, nella scuola, sembra che si abbia paura di scrivere o che si guardi alla scrittura come a un appesantimento burocratico. In realtà, documentare, scrivere, far circolare le informazioni sono azioni che assumono un valore anche relazionale. Vuol dire prendere sul serio le persone, il loro incontrarsi, il loro tentativo di costruire insieme prospettive e visioni, a partire dalla ricchezza delle differenze. Si tratta allora di contribuire a dare senso alla scrittura e alla documentazione scolastica, di partecipare nella co-costruzione di testi dinamici, che facilitino i processi di pensiero e i processi decisionali. Anche così cresce il senso di co-autorialità che rende possibile a tutti i partecipanti un modo diverso di stare dentro le cose. Quaderni della Consulta - 8 13 4. CONCLUSIONE 5. BIBLIOGRAFIA Le relazioni che da cristiani costruiamo all’interno della scuola sono una questione che riguarda anche la nostra responsabilità sociale, culturale e politica. Contribuendo alla costruzione di relazioni vive, testimoniamo una cultura che è importante anche per la società, l’economia e la vita civile, diventiamo segno che un certo modo di stare insieme e di aver cura dell’umano è possibile e mettiamo così in circolazione un prezioso capitale relazionale. Bianchi E. (2006), La differenza cristiana, Einaudi, Torino. Bruni L. (2014), Fondati sul lavoro, Vita e pensiero, Milano. Lipari D., Valentini P. (2013), Comunità di pratica in pratica, Palinsesto, Roma. Mancini R. (2010), Il servizio dell’interpretazione. Modelli di ermeneutica nel pensiero contemporaneo, Il pozzo di Giacobbe, Trapani. 14 Quaderni della Consulta - 8 Riflessione per ambiti Nella scuola dell’infanzia di Giuliana Mantovani Le linee guida che ci sono state proposte non sono solo del tutto condivisibili e concretizzabili nella scuola dell’infanzia, ma sono perfettamente in linea con il contenuto delle Indicazioni per il Curricolo. Per quanto riguarda il coltivare relazioni cordiali vediamo che il documento mette al centro dell’azione educativa la persona in tutti i suoi aspetti “cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi”. Quindi la presa in carico deve essere globale e si parte sempre cercando di costruire e consolidare buone relazioni. E’ nella serenità affettiva che il bambino cresce in tutte le sue componenti, quindi l’accoglienza senza riserve è la base dello sviluppo armonico della persona. L’osservazione delle peculiarità di ciascuno consente all’insegnante di accogliere ciascuno così com’è senza idealizzazioni e riconoscendo potenzialità e bisogni. 16 Quaderni della Consulta - 8 Questa capacità dell’insegnante di mantenere un atteggiamento accogliente con i bambini ha bisogno però di una rete di relazioni cordiali fra adulti. L’alleanza educativa con i genitori e la gestione collegiale della scuola sono condizioni imprescindibili. Per la scuola dell’infanzia la relazione con i genitori è molto stretta, perché e la prima istituzione generalizzata sul territorio a cui essi affidano i loro figli. E’ un incontro che va preparato con cura perché ciascuno si aspetta che il proprio figlio venga accolto con caloroso affetto. L’incontro con la scuola, tuttavia, deve aiutare la famiglia a condividerne le finalità. Una fra le prime da affrontare è quella della costruzione dell’autonomia che va fatta crescere nel bambino con una azione sinergica scuola-famiglia. Nel rispetto del ruolo specifico ciascuno deve fare la sua parte. Altro impegno fondamentale per gli insegnanti è costruire relazioni efficaci con i colleghi e il personale ausiliario. Questo importante aspetto è richiesto dalle Indicazioni per il curricolo che recitano “…assume particolare rilievo la comunità professionale dei docenti che, valorizzando la libertà, l’iniziativa e la collaborazione di tutti, si impegna a riconoscere al proprio interno le differenti capacità, sensibilità e competenze, a farle agire in sinergia, a negoziare in modo proficuo le diversità e gli eventuali conflitti…”. Balza subito all’occhio che questi atteggiamenti non possono essere imposti “per legge” ma richiedono un patto fra persone disponibili e responsabili. Un atteggiamento sottinteso a quanto richiesto dalla Indicazioni, e a mio avviso indispensabile, è quello dell’umiltà, cioè la disponibilità a pensare che nessuno sa tutto e vede tutto da solo e che nella diversità si costruisce meglio. Allora sarebbe bene andare oltre il ri- spetto reciproco e prendere atto delle diverse competenze di ciascuno per valorizzarle e metterle a servizio del progetto educativo/didattico della scuola. Questa valorizzazione delle diverse competenze viene promossa anche nei bambini. Sempre le Indicazioni, al capitolo “Centralità della persona” suggeriscono di prestare particolare cura della “formazione della classe come gruppo” e alla promozione dei legami cooperativi perché i bambini capiscano che per realizzare un ambiente accogliente in cui stare bene occorre l’impegno di tutti, quindi anche il loro. Questo è favorito dall’organizzazione delle sezioni della Scuola dell’Infanzia perché si trovano insieme bambini di tre età quindi,soprattutto durante le routine, i più grandi sono di esempio e di aiuto ai più piccoli. Naturalmente i bambini possono vivere Quaderni della Consulta - 8 17 serene relazioni superando i conflitti se hanno una immagine di sé sufficientemente buona, perché per star bene con gli altri è necessario star bene con se stessi. Curando che ciascuno abbia una buona autostima l’insegnante non fa lavorare i bambini sempre a livello individuale, ma organizza gruppi di lavoro assegnando compiti in cui i bambini possano discutere e negoziare soluzioni (es. Illustrare le fasi di un racconto, fare la pasta pane …). Organizza poi attività di routine in cui un piccolo gruppo, a turno, rende un servizio a tutti, come apparecchiare, sparecchiare, riordinare … In questo senso la documentazione che viene richiesta come dovere istituzionale agli insegnanti va rivolta prima di tutto ai bambini, perché si rendano conto della strada percorsa insieme, delle capacità che hanno acquisito da soli ma anche collaborando nel gruppo. La teoria delle intelligenze multiple di Gardner va tenuta presente soprattutto per far interiorizzare agli scolari che ciascuno è “diversamente” bravo e se mettiamo insieme le abilità di ciascuno siamo tutti più ricchi. Si alimenta, insomma, la cooperazione anziché la competizione che potrebbe già affacciarsi nei più grandi (i miei disegni sono più belli, io corro più veloce …). La documentazione rivolta a tutto il collegio e ai dirigenti, poi, andrebbe curata per mantenere la memoria delle buone pratiche, per confrontarsi con semplicità su quello che ha funzionato oppure no, per far tesoro delle esperienze altrui e ricorreggere il tiro. E’ molto importante anche la documentazione rivolta ai genitori perché si rendano conto dello spessore pedagogico della scuola dell’Infanzia e la loro fiducia e stima aumenti nel tempo. Ritengo però che sia indispensabile comunicare non solo cosa si fa e come, ma soprattutto le ragioni educative che guidano le scelte didattiche, cioè il perché. Quando questo avviene si verificano nella scuola dell’Infanzia, sia statale che paritaria, belle esperienze di collaborazione scuola-famiglia, in cui i genitori dedicano tempo, passione e competenze alla realizzazione di un progetto comune. Un insegnante che riesce a vivere la sua professione credendo nell’importanza ed efficacia del suo compito è una persona che serve la vita e opera perché la vita cresca in tutti in modo armonioso. E’ una persona che non si scoraggia facilmente, ma sa avere fiducia nell’azione educativa e la sa nutrire negli altri. E’ un tecnico della “negoziazione” che nel dialogo sa comprendere le posizioni altrui e sa mediare, non è tuttavia una persona a cui va bene tutto per il quieto vivere, ma sa anche sostenere le sue idee in modo gentile ma fermo per proporre i valori in cui crede. Probabilmente allora chi lo osserva intuisce che è guidato da una “luce”, da un’idea forte, dall’incontro con una Persona che modella il suo essere senza che abbia bisogno di dirlo. Se si tratta poi di una scuola di ispirazione cristiana, il comportamento di tutto il personale che vi opera dovrebbe rendere manifesto il rispetto e l’amore scambievole che Gesù ha insegnato. Il rischio, in questa situazione, è che quanto viene dichiarato a livello “pubblico” nel Pof non abbia riscontro nella prassi quotidiana con danno evidente per la qualità delle relazioni, e per la qualità stessa dell’insegnamento. Il patto che dovrebbe impegnare tutti gli attori di una scuola di ispirazione cristiana è quello di far trasparire dalla conduzione e dal comportamento di tutti l’adesione al messaggio cristiano. Quaderni della Consulta - 8 19 Nella scuola primaria di Rosetta Ambroso La relazione del Professor Tacconi si è snodata attorno a sei linee guida; i recenti fatti di Parigi e le numerose e differenti reazioni in tutto il mondo mi hanno spinto a puntare anzitutto l’attenzione sulla terza: avere rispetto reciproco. Il rispetto è riconoscimento fiducioso dell’altro, è attenzione al suo mondo, ai suoi affetti, al suo modo di pensare, alla sua cultura…, è valorizzazione dell’altro in quanto riconosciuto “alla pari”, laicamente e cristianamente “fratello”. Il rispetto favorisce la costruzione di rapporti positivamente reciproci, anche se non necessariamente presuppone la reciprocità di buoni intenti. Lo si può offrire per primi, secondo quanto indicato dalla famosa “regola d’oro” presente in molte religioni e culture: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” o “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. E’ un’indicazione che ho trovato pedagogicamente e didatticamente molto utile nel mio lavoro di insegnante di scuola primaria. I bambini la capiscono benissimo. La difficoltà - o per meglio dire: l’impegno di noi adulti - non consiste principalmente nel dover chiarire o portare esempi, ma nel creare le condizioni affinché i bambini possano riconoscerla valida e farla propria. Devono poter fare piccole esperienze di libertà, cioè poter decidere, entro alcuni limiti, non solo la merenda del mattino o la felpa da indossare, ma anche il modo di rapportarsi con gli altri. Per quale motivo, infatti, i bambini dovrebbero sforzarsi di giocare con tutti, rispettare e valorizzare anche i compa- 20 Quaderni della Consulta - 8 gni noiosi o antipatici, addirittura voler loro “bene”? Come noi adulti, anch’essi hanno bisogno di riconoscere tali modalità come gratificanti per sé, costruttive e arricchenti il proprio mondo di relazioni. E noi dobbiamo farli provare. Se crediamo che la nostra non è una proposta di puro stampo moralista ma un’offerta di valore, dobbiamo cogliere dalla quotidiana vita di classe le opportune occasioni per proporre, permettere loro di scegliere, sperimentare e valutare atteggiamenti e comportamenti accoglienti e prosociali. In cambio di una condotta orientata alla fraternità, il Vangelo non promette soltanto “la vita eterna”, ma anche “il centuplo in questa vita”. Quindi, non abbiamo timore, testimoniamo e facciamo sperimentare. E il tutto nella libertà. Il Vangelo dice “Se vuoi, vieni e seguimi”. E vale anche per i bambini. Il tema della libertà mi fa tornare ai fatti di Parigi. Libertà di stampa, libertà di parola, di espressione, di satira, di… Libertà, liberté: grande parola rinata e consacrata dalla Rivoluzione francese; spesso si dimentica che essa stava in compagnia con altre due, égalité e fraternité, che, sia pur su piani diversi, da una parte ne integrano e allargano la definizione, dall’altra implicitamente le pongono dei limiti. Papa Francesco ha parlato molto chiaramente: “Ognuno ha non solo la libertà e il diritto, ma anche l’obbligo di dire ciò che pensa per aiutare il bene comune”, “ma senza offendere”. L’offesa è il contrario del rispetto, in qualche modo colpisce l’altro nel suo intimo. Ci vogliono sensibilità e saggezza per capire quando il nostro dire o fare può ferire l’altro, ma la regola d’oro aiuta a discernere: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Ed è un discorso che possiamo proporre nelle nostre scuole, indipendentemente dalla presenza di fedi religiose diverse o agnosticismi vari. In merito alla seconda linea guida – coltivare relazioni cordiali – e alla quarta – aver cura delle comunità di pratica – rilevo come la progressiva “complessizzazione” della professione docente, unitamente ad una sempre maggior frammentazione dei ruoli, stiano di fatto riducendo molto, all’interno della scuola, gli spazi della collegialità e della condivisione. Soprattutto, si stanno assotti- gliando i tempi. E i tempi ci vogliono. Il tempo non è una variabile di poco conto nella tessitura e nella cura delle relazioni. E ci vuole il tempo anche per costruire e vivere le occasioni del confronto, della messa in comune di idee, esperienze, proposte. Ci vuole il tempo per pensare, riflettere insieme, capire insieme, riconoscere insieme “i segni dei tempi”, decidere con consapevolezza. Le associazioni professionali possono “far casa”, offrire possibilità di incontro, dialogo, partecipazione, condivisione. Le Istituzioni scolastiche ed ecclesiali potrebbero valorizzarle. Quaderni della Consulta - 8 21 Nella scuola secondaria di Luisa Klingler 1. Alimentare il senso. Se non c’è un rapporto vivo con ciò che si insegna non c’è insegnamento. La testimonianza non è esibire vessilli, imporsi, è qualcosa di più umile e lo si comunica se è vissuto. 2. Coltivare relazioni cordiali. Essere persone che costruiscono ponti. Proporre modalità relazionali positive per superare i conflitti. 3. Avere rispetto reciproco. . Rispettare è dare valore, guardare ogni persona con stima e fiducia reciproca. Il nostro lavoro non può essere regolato solo da un contratto. 4. Aver cura delle “comunità di pratica”. Gruppi che si costituiscono spontaneamente, vanno riconosciuti, ne va accompagnato lo sviluppo. 5. Condividere storie. In ogni scuola c’è un grande patrimonio frutto delle tante esperienze che vi hanno operato (pensare, ad esempio, al rapporto scuolafamiglia) 6. Documentare i processi e facilitare i flussi delle informazioni. Togliere dalla burocrazia le pratiche di condivisione, che resti traccia delle riunioni per non ripartire sempre da capo. Mi sono ritrovata in queste linee guida e le ho viste come l’esplicitazione sintetica di ciò che con i miei colleghi, negli anni d’insegnamento nella scuola pubblica e ora in carcere, ho tentato di realizzare. Guardando all’attività d’insegnamento come a un processo, ho ordinato le li- 22 Quaderni della Consulta - 8 nee guida in un altro modo. Prima, però, di entrare in argomento alcune considerazioni: La situazione sociale in questi ultimi cinquant’anni è cambiata in modo radicale. Pensiamo solamente alla trasformazione della famiglia, (genitori che, lavorando tutto il giorno, non possono essere presenti per educare a tempo pieno i figli, famiglie allargate per cui non sono chiari i ruoli delle persone che vivono sotto lo stesso tetto, ecc.), o al bombardamento d’informazioni distribuite in modo non controllato. Questo e altro chiedono con impellenza alla scuola di essere comunità educante, di dare punti di riferimento sicuri, regole chiare, rendono necessarie relazioni costruite su un dialogo paziente, spiegazioni serie e convincenti, motivazioni autentiche, tempi per la costruzione di rapporti, anche se ricavati a fatica. (Sono passati i tempi in cui l’insegnante poteva trasmettere solo cultura!). Per raggiungere tutto questo, il docente non può più muoversi da solo, deve operare con la collaborazione di più soggetti: gli alunni, i colleghi e possibilmente i genitori; Esigenze diverse per i vari ordini di scuola portano a un’applicazione/interpretazione diversa delle linee guida; Le linee guida devono essere affiancate/ supportate da coerenza e chiarezza; La mia esperienza è legata alla scuola superiore e al carcere; A. Coltivare relazioni cordiali. Essere persone che costruiscono ponti. Proporre modalità relazionali positive per superare i conflitti. Non si può più entrare in classe nudi e crudi limitandosi a far lezione! Creare il giusto clima, incuriosire, aprire orizzonti, spiegare gli obiettivi (disciplinari e non) che, in collaborazione, si vogliono raggiungere, chiarire regole reciproche di buona convivenza, sono le premesse per un proficuo rapporto educativo. In particolare: Accoglienza per il biennio, sottolineando l’accoglienza perché il salto tra la scuola media e la scuola superiore è notevole; un insegnante (possibilmente il coordinatore di classe) può, per esempio, far visitare agli alunni l’istituto (classi, uffici, laboratori, palestre, ecc.); il consiglio di classe può presentare gli obiettivi e i programmi, ecc. Patto educativo per il triennio; ci troviamo di fronte a ragazzi che hanno già fatto scelte importanti, in autonomia, dobbiamo riconoscere la loro maturità e aiutarli a individuare le loro responsabilità; si può, per esempio, declinare insieme delle regole di classe, individuare obiettivi condivisi, ecc. Supporto senza pietismi e senza discriminazioni, cioè supporto puramente professionale, per il carcere; per dare il meglio si devono sentire persone normali. B. Avere rispetto reciproco. Rispettare è dare valore, guardare ogni persona con stima e fiducia reciproca. Il nostro lavoro non può essere regolato solo da un contratto. za, per seguire questa linea guida è stato il presentarmi alle persone con cui ho lavorato come persona tra persone, alla pari, chiarendo i diversi ruoli, ma non confondendo ruolo con potere, rilevando come ogni ruolo esige assunzione di responsabilità e assicurando con fiducia che qualunque situazione può essere migliorata (dare speranza). C. Alimentare il senso. Se non c’è un rapporto vivo con ciò che si insegna non c’è insegnamento. La testimonianza non è esibire vessilli, imporsi, è qualcosa di più umile e lo si comunica se è vissuto. Abbiamo creato i presupposti per un sereno clima di lavoro, abbiamo condiviso regole e ruoli, ora si tratta di dimostrare di essere “all’altezza” con quanto detto, dobbiamo dare il massimo. Non basta la conoscenza della materia d’insegnamento, occorre la passione e anche un po’ di “mestiere”, sapere cioè come, quando e a che livello proporre gli argomenti, rendendoli interessanti, accendendo curiosità, facendo intravedere possibilità personali di sviluppo. Testimoniare, essere all’altezza, conquistare stima e fiducia non vuol dire avere la verità in tasca, non sbagliare mai; si è più stimati e credibili se si ammettono gli errori (l’importante è non perseverare!). In questo modo si trasmette anche l’idea che se si sbaglia non si è “bollati a vita”, l’importante è ammetterlo per poter così migliorare; l’errore, se vissuto in modo corretto, è utile!. D. Aver cura delle “comunità di pratica”. Gruppi che si costituiscono spontaneamente, vanno riconosciuti, ne va accompagnato lo sviluppo. Il metodo migliore, per la mia esperien- Quaderni della Consulta - 8 23 E’ un incentivo per allontanarsi dalla lezione frontale, un modo per dare fiducia alle capacità degli alunni, per renderli protagonisti e far emergere tutte le loro potenzialità. Importante è l’atteggiamento del docente/accompagnatore che deve anche mettersi in gioco lasciando esplorare agli alunni nuove strade, che non gli sono proprie, controllandone però la correttezza, tentare di diventare inutile. (esempio A.d.P., traduzione carcere e pear tutors). E. Condividere storie. In ogni scuola c’è un grande patrimonio frutto delle tante esperienze che vi hanno operato (pensare, ad esempio, al rapporto scuola-famiglia). Questa linea guida si può tradurre con l’alimentare il senso di appartenenza, ad esempio cercando di creare il gruppo classe, una forza che può far superare agli elementi più fragili momenti di crisi. Ho costatato che il senso di appartenenza crea dei vincoli veramente potenti e durevoli nel tempo. (cene di classe V, cene Marconi, messa defunti, ecc.). 24 Quaderni della Consulta - 8 F. Documentare i processi e facilitare i flussi delle informazioni. Togliere dalla burocrazia le pratiche di condivisione, che resti traccia delle riunioni per non ripartire sempre da capo. E’ un’indicazione utile sia per i docenti sia per gli alunni. Come dicevo all’inizio, per un’efficace azione educativa, non è più possibile che il docente lavori da solo, occorre la collaborazione dei colleghi per esempio a livello di c.d.c. o di dipartimento. In un contesto di docenti convinti della bontà della collaborazione e competenti, le varie riunioni di coordinamento possono produrre dei veri “miracoli” di iniziative, proposte di obiettivi importanti. Spesso si raggiungono dopo lunghe e faticose discussioni; è quindi utile conservane traccia ed evidenziare il/i processi messi in atto per non ripetere le stesse cose in un incontro successivo e per dare la possibilità ad altri di usufruire del lavoro fatto. Nel versante studenti rendere evidente un processo che ha portato al successo è estremamente utile per riprodurre situazioni vincenti e per avviare ad un metodo di studio. Linee guida per una presenza cristiana nella scuola: il Dirigente di Giovanni Pontara 1. Alimentare il senso. Se non c’è un rapporto vivo con ciò che si insegna non c’è insegnamento. La testimonianza non è esibire vessilli, imporsi, è qualcosa di più umile e lo si comunica se è vissuto. Alimenta il senso “di coerenza” tra le diverse fasi progettuali in cui un istituto definisce, con l’offerta formativa, la propria identità e il modo in cui attraverso l’azione d’insegnamento è attuata l’offerta stessa. Presidia nella quotidianità (anche attraverso opportune forme di confronto con tutti i protagonisti) l’attuazione dei principi fondanti dell’azione educativa (solitamente espressi nel POF in riferimento a valori universalmente condivisi e propri anche dell’impegno cristiano: rispetto di ogni pesona e dei suoi valori, responsabilità, impegno, onestà, aiuto e solidarietà, adesione rigorosa alle norme e alle regole della vita scolastica, ecc.). Assicura attraverso l’organizzazione, le comunicazioni, l’ascolto di tutti gli attori scolastici, occasioni di scambio e di confronto delle esperienze e dei punti di vista. Fa in modo che ciascuno possa esprimere i propri convincimenti in coerenza al proprio vissuto, evitando che gruppi di insegnanti o singoli protagonisti prevarichino sugli altri e impongano (più o meno subdolamente) loro scopi o finalità. 2. Coltivare relazioni cordiali. Essere persone che costruiscono ponti. Proporre modalità relazionali positive per superare i conflitti. E’ garante degli impegni assunti e condivisi, ma non esita a far rimettere tempestivamente in discussione, nei modi e nei tempi definiti dall’organizzazione scolastica, le decisioni prese quando queste si rivelano inadeguate; Si propone come interlocutore super partes e non condizionabile da gruppi di pressione o portatori di interessi vari; Assicura una presenza disponibile, ricerca di punti d’incontro tra diverse posizioni, ha pazienza e tenacia per raggiungere il massimo di vera condivisione sulle decisioni (sembra a volte più facile governare creando paure, distacco, divisioni e mettendo gli uni contro gli altri, ma a scuola certamente è la soluzione peggiore) 3. Avere rispetto reciproco. Rispettare è dare valore, guardare ogni persona con stima e fiducia reciproca. Il nostro lavoro non può essere regolato solo da un contratto. Si carica della responsabilità dirigenziale quando le cose non hanno funzionato o non funzionano come previsto Quaderni della Consulta - 8 25 (questo ovviamente non esclude la ricerca e l’individuazione delle responsabiltà individuali nei modi e nelle forme sanciti dai regolamenti scolastici); c’è un grande patrimonio frutto delle tante esperienze che vi hanno operato (pensare, ad esempio, al rapporto scuola-famiglia) Evita azioni di scaricabarile per salvaguardare la propria immagine, magari approfittando della posizione che consente un accesso privilegiato alle informazioni; Sa far condividere storie per fare storia. La mobilità eccessiva, il precariato, una mal riposta idea di libertà di insegnamento spesso impediscono alla scuola di fare storia di sé stessa; in alcuni casi non si ha la consapevolezza dell’importanza di del fare storia. Crea condizioni di circolarità delle informazioni e di potenziamento delle posssibilità e capacità di ciascuno (logica dell’empowerment nei confronti di tutte le componenti scolastiche: studenti, docenti, genitori) 4. Aver cura delle “comunità di pratica”. Gruppi che si costituiscono spontaneamente, vanno riconosciuti, ne va accompagnato lo sviluppo. Riconosce che c’è comunità di pratiche quando c’è la diponibilità a condividere quanto di meglio si è costruito per renderlo ulteriormente miglorabile attraverso l’azione degli altri. Una comunità scolastica concretamente operativa non riproduce, ma elabora le pratiche (comunità di pratiche non significa mettere tout court a disposizione il nostro progetto e la nostra soluzione, ma offrirli perché vengano migliorati e diventino patrimonio della comunità). Favorisce un clima relazionale che sostenga e rinforzi il sentire comune (identità d’istituto) di studenti, famiglie e personale scolastico; Interpretare il ruolo di Dirigente che sa dirigere un’orchestra che non replica mai, ma costruisce giorno per giorno la sua partitura. 5. Condividere storie. In ogni scuola 26 Quaderni della Consulta - 8 Il dirigente deve tenere il capo del “fil rouge” che unisce - in dimensione sincronica e diacronica – storie, pratiche, tradizioni della scuola per consegnarlo alla riprogettazione, alla ulteriore condivisione con gli studenti e le famiglie. Una buona tradizione, tante volte, è già un buon progetto da elaborare. 6. Documentare i processi e facilitare i flussi delle informazioni. Togliere dalla burocrazia le pratiche di condivisione, che resti traccia delle riunioni per non ripartire sempre da capo E’ attento a non confondere burocrazia con documentazione. Nelle fasi di progettazione e condivisione libera gli insegnanti da adempimenti funzionali alla sola dimensione formale (amministrativa, documentale, certificativa). Fa in modo che si evitino prodotti da “cassettizzazione”: i documenti operativi stanno sulla cattedra per essere adoperati, non negli archivi per rassicurare la coscienza! Dimostra più interesse per i risultati concreti e sostanziali che per gli aspetti formali. Focus allargato a livello provinciale Gruppo infanzia-Primaria Focus intermedio allargato a livello provinciale di Piera Cattaneo Secondo quanto emerso dal lavoro di gruppo, “coltivare relazioni cordiali” sembra essere l’elemento catalizzatore delle linee guida per una presenza cristiana nella scuola. Da un lato si collega dinamicamente con la ricerca e l’acquisizione di senso che diventa lo sfondo di snodo dell’intero percorso formativo, e dall’altro si collega con l’avere rispetto reciproco: la base solida di ogni relazione civile e umana. Il mondo della scuola è un insieme variegato di relazioni, accordi, stili comunicativi e modalità di azione, vario e complesso; ogni componente intesse rapporti asimmetrici e simmetrici carichi di significato e di intenzioni non sempre palesi e sicure. Le interpretazioni dei messaggi possono, a volte, essere facili o meno complessi ma vanno sempre relativizzate e spesso la lettura del messaggio ne risulta fortemente soggettiva tanto da fraintenderlo. Ciò che importa è come viviamo queste relazioni e come rispondiamo alle varie richieste comunicative; in gioco c’è sempre la nostra personalità, come pure i nostri pensieri, sentimenti, credenze, paure, difese, disponibilità. Ognuno di noi vive la sua storia che 28 Quaderni della Consulta - 8 non è isolata dalle altre ma è un risultato di intrecci tra ciò che accade e ciò che viene capito. La nostra storia e la storia dell’altro si incontrano creano le situazioni e le realtà più o meno condivise e comprese ma sempre collegate. È nel dialogo che nasce il nuovo, che si costruisce il positivo e si sviluppa il “prendersi cura” dell’altro come valore intrinseco in una relazione che valorizza le persone e ne individua l’unicità e la ricerca di senso. Il cammino che ognuno di noi compie accanto all’altro diventa “occasione” di “incontro” dove la fiducia e l’interesse all’altro sono gli elementi cardine di tutto ciò che rimane. Interessarsi all’altro significa uscire la proprio ego e non avere paura. Essere accogliente diventa la condizione per maturare momenti di crescita interiore fondati sul rispetto e sulla valorizzazione di ciascun interprete nella relazione: testimonianza di speranza e di futuro. Accettare di non farcela, farsi aiutare dall’altro, anche da colui che sembra essere contrario a noi, diventa una sfida e l’opportunità per il cambiamento e la scelta di ciò che vale veramente; il riconoscere quanto la persona è impor- tante per me, al di là del contenuto della comunicazione, mi fa scegliere sempre di “salvarla” e di dialogare per un cambiamento comune. Ciò richiede di non avere paura di perdere qualcosa, di superare l’ego di ciascuno per arrivare al risultato del noi come matrice di integrazione e di recupero. Nell’ambito della scuola in particolare per quanto riguarda il DS è importante riconoscere l’estrema importanza che il suo ruolo pubblico ricopre. È fondamentale che il DS promuova e viva una dimensione altamente compartecipativa soprattutto degli intenti educativi; che sviluppi una fiducia nell’altro che lo rende capace di valorizzare l’apporto che ciascun docente, personale ATA, genitore, studente sta dando alla comunità; che si fermi ad essere accogliente verso la sua comunità scolastica e che intervenga testimoniando sulle regole e sulle situazioni con disponibilità e rispetto. Il senso del “coltivare” richiama all’acqua necessaria per crescere e per dissetarsi. Richiama anche l’azione del contadino che, con pazienza, lavora la terra, ne aspetta fiducioso la crescita, ne coglie i frutti e ringrazia per ciò che avviene. La scuola. oggi più che mai, ha un enorme bisogno di aggiornamento, di formazione, di fermarsi a riflettere, con giusti tempi, sulle proprie realtà. Significa pure trovare spazi di mediazione e aspettative che costruiscano seri interventi sui bisogni educativi attuali e sui desideri da realizzare per dare risposte adeguate ai nuovi problemi educativi. E tutto ciò ha bisogno di studio, confronto, ricerca, sperimentazione e innovazione, da fare insieme. Si tratta di un percorso lungo e laborioso, non si può avere tutto subito e soprattutto non lo può fare la scuola da sola; si chiameranno a rapporto tutte le agenzie educative a partire dalla Famiglia e si dovranno cercare momenti formativi di raccordo e di soluzione per attivare interventi qualificati e adeguati ai tempi. Un’altra importante funzione è quella del supporto e dell’aiuto reciproco mentre si opera. A volte può emergere lo sconforto tipico di chi accompagna azioni e interventi non sempre “capiti” e accettati. Trovare alleanze e modalità di supporto che permettano di sciogliere i nodi dell’autorità verso un autorevolezza di azioni condivise diventa la strategia formativa più efficace e costante. Ma non è facile arrivarci e soprattutto non da soli. A volte punire diventa più veloce ma sicuramente è meno efficace, soprattutto nel tempo. Il compito del DS è quello di capire questi momenti di crisi e sostenere attivamente le Persone coinvolte; la sua sensibilità e le strategie che pone in opera sono fondamentali nel ritrovare il percorso e nel “farsi carico” delle problematiche per aiutare a risolverle. È anche vero che nelle nostre scuole ci sono tante “belle” storie educative che vanno conosciute, sostenute e valorizzate. Le attuali tecnologie facilitano la distribuzione di comunicazione e le interazioni; la documentazione come raccolta e sistematizzazione delle varie realtà può diventare la base di partenza per promuovere l’innovazione e lo sviluppo del cambiamento. E così pure la cultura del dato può interessare e motivare le stesse realtà scolastiche a migliorare e selezionare i propri contenuti formativi. Avremo dunque modo di promuovere la BELLA SCUOLA riscoprendo il valore della bellezza e riappropriandoci del nostro futuro. La bella scuola, per dirla con E. Spaltro, è quella dove si soddisfano i desideri e non si combattono i sogni. Quaderni della Consulta - 8 29 Gruppo secondario di primo grado Focus intermedio allargato a livello provinciale di Serena Rama In una società individualistica e frammentata in cui spesso prevalgono l’egoismo e la tendenza all’effimero, in cui divisioni, rotture di legami e aggressività sono parti integranti della “società liquida”, occorre cogliere l’emergenza educativa non solo come problema ma anche come sfida, come opportunità innovatrice, come cammino comune. Alla luce delle tematiche emerse negli incontri di Pastorale scolastica, diventa necessario testimoniare la nostra missione educativa inserendoci creativamente nel programma decennale (2010-20120) offertoci dalla Conferenza episcopale, “Educare alla vita buona del Vangelo”, nell’itinerario verso il Sinodo della famiglia di ottobre (ricco di elementi formativi per educatori e docenti), nella strada verso il Convegno ecclesiale di novembre “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, nel cammino ecclesiale proposto ogni giorno da papa Francesco, orientato a testimoniare la gioia del Vangelo (Evangelii gaudium). Il testo “Educare alla vita buona del Vangelo”, nel richiamarci alla vita di Cristo, primo nostro educatore, sottolinea come le persone facciano sempre più fatica a dare un senso profondo all’esistenza: “Ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su se stessi e il narcisismo, il desiderio insaziabile di possesso e di consumo, la ricerca del sesso slegato dall’affettività e dall’impegno di vita, l’ansia e la paura, l’incapaci- 30 Quaderni della Consulta - 8 tà di sperare, il diffondersi dell’infelicità e della depressione. Ciò si riflette anche nello smarrimento del significato autentico dell’educare» (9). Molti giovani patiscono «sofferenza interiore, solitudine, chiusura narcisistica oppure omologazione al gruppo, paura del futuro” (32). Il nostro gruppo, composto da docenti e presidi, operante nel percorso avviato dalla Pastorale Scolastica diocesana, ritiene che per ricominciare a camminare, per “educare a scelte responsabili”, occorra intervenire “promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico della ragione”, e contemporaneamente, offrire “ragioni di vita che suscitino amore e dedizione” attivando relazioni buone (12). E’ importante, dunque, risvegliare il nostro esserci profondo ovvero testimoniare una linea educativa non vuota, piatta o anonima, ma popolata di volti, di nomi, di storie (Evangelii gaudium 274). L’educatore deve essere una presenza attenta capace di condividere le esperienze di chi vive e opera nella comunità educante. In questo senso è possibile recuperare la parola fiducia, favorire un affidarsi sincero e gratuito al dirigente, agli insegnanti, agli operatori scolastici. Anche tra gli stessi genitori e gli alunni è utile riscoprire la fiducia uno nell’altro per condividere un cammino di bene e non di ostilità e di prevaricazione. Per essere testimoni di vita buona, gli educatori devono essere coe- renti anche nel linguaggio. In gran parte è proprio il nostro modo di parlare a rendere evidente il sentire-credere della persona stessa, a plasmare ambienti educativi affidabili e costruttivi, ad “avere cura della comunità educante”. E’ necessario riscoprire, sottolinea spesso Papa Francesco, “la rivoluzione della tenerezza”, “la forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto” (Evangelii gaudium, 88, 288). Gli alunni, in particolare quelli più piccoli, portano con sé una grande capacità di ricevere e dare tenerezza. Tenerezza è avere un cuore “di carne” e non “di pietra”, come dice la Bibbia (cfr Ez 36,26). La tenerezza è anche poesia: è “sentire” le cose e gli avvenimenti, non trattarli come meri oggetti, solo per usarli. Papa Francesco ci ricorda che è importante agire nella quotidianità con l’umiltà dei piccoli gesti. Per un educatore non conta l’apparire ma avere cura attraverso un saluto, un sorriso, una parola di conforto davanti a tanto scoraggiamento (15.3.2015). “Insegnare è un lavoro bellissimo”, ha esclamato ultimamente papa Francesco, perché “consente di veder crescere giorno dopo giorno le persone che sono affidate alla nostra cura. È un po’ come essere genitori, almeno spiritualmente. E’ anche una grande responsabilità! Insegnare è un impegno serio, che solo una personalità matura ed equilibrata può prendere. Un impegno del genere può incutere timore, ma occorre ricordare che nessun insegnante è mai solo: condivide sempre il proprio lavoro con gli altri colleghi e con tutta la comunità educativa cui appartiene” (15.3.2015). Nella nostra tormentata società, è urgente “costruire ponti” sia per superare i conflitti sia per edificare nuovi passaggi, ponti nuovi, verso esigenze positive. Costruire relazioni è fondamentale ma partendo da istanze feconde di bene, non tanto e solo da criticità. Anche chi viene da altri paesi, da altre realtà spesso problematiche, vuole conoscere e riconoscersi, vuole instaurare relazioni positive. Quaderni della Consulta - 8 31 Nel momento conclusivo, all’interno del gruppo ci si è resi conto che non è possibile sradicare il proprio essere cristiano dalla comunità scolastica. E’ difficile educare e non essere portatori dei valori propri della testimonianza cristiana. Riflettendo sulle linee guida che ci sono state offerte dalla pastorale scolastica emergono quindi dei punti chiave: - ritrovare il senso intimo di quello che si fa; - ravvivare il coraggio e la passione per l’educare; - cogliere quotidianamente la bellezza dell’insegnamento perché la burocrazia spesso devia; - recuperare il valore della relazione per essere segno di speranza. A volte, infatti, si tende a lasciare andare, a non credere più nella fecondità di una relazione. Se abbiamo ben chiaro il significato educativo di 32 Quaderni della Consulta - 8 ogni singola azione, i genitori, ma anche alunni in difficoltà, inevitabilmente ti seguono. Le figure a cui genitori e alunni possono guardare, all’interno di una scuola comunque gestita, devono essere testimoni credibili di una umanità matura. La testimonianza di vita e di speranza non si compra, non si vende: si offre in modo serio nella comunità educante. Gli studenti e le famiglie hanno bisogno di speranza nel futuro. In una realtà spesso complessa, difficile e oscura, i docenti, i presidi e gli educatori possono diventare così delle stelle polari che illuminano la notte e guidano la via. Gruppo secondario di secondo grado Focus intermedio allargato a livello provinciale Il confronto è sulle sei linee guida proposte dal prof. don Giuseppe Tacconi, che si richiamano per titoli: a) Alimentare il senso. b) Coltivare relazioni cordiali. c) Avere rispetto reciproco. d) Avere cura delle “comunità di pratiche”. e) Condividere storie. f) Documentare i processi e facilitare i flussi delle informazioni. Il gruppo concorda di confrontarsi su due punti: c) Avere rispetto reciproco. Rispettare è dare valore, guardare ogni persona con stima e fiducia reciproca. Il nostro lavoro non può essere regolato solo da un contratto. e) Condividere storie. In ogni scuola c’è un grande patrimonio frutto delle tante esperienze che vi hanno operato. Nello scambio sono state considerate altre “linee guida”. Procedendo per punti: - Rispettare significa esigere rispetto di regole. Il ragazzo è aiutato a rispettare cioè a crescere nel rispetto grazie alle regole (anche repressive/contenitive) poste dall’adulto educatore. - L’autorevolezza (non l’autoritarismo) è il modo giusto di porre le regole, Non “prediche” ma “coerenza”. Vivere, con passione, ciò che si dichiara. “Quello che noi siamo con la nostra vita, grida molto più forte di quello che dichia- riamo, scriviamo raccontiamo…” (don Oreste Benzi). - E’ importante oggi esplicitare il senso di autorevolezza. In passato il “ruolo” (di genitore, docente, preside…) garantiva peso e valore intrinseco. oggi è l’autorevolezza più che il ruolo ad insegnare (nel senso di lasciare il segno) nella crescita dei giovani. E’ questa una sfida oggi per tutti gli educatori/adulti. - Perché ogni persona è degna di rispetto? Per la centralità della persona che è unica e irrepetibile. Ok la centralità della persona, ma che tipo di persona vogliamo creare? La domanda resta aperta e in attesa di approfondimento. Essendo immagine di Dio che è il massimo del bene e del bello ogni persona porta con sé valore inestimabile da rispettare e promuovere: i talenti. - Il rispetto riconosce che la diversità (anche di ciò o di chi non si condivide o si percepisce come distante) è una ricchezza da valorizzare. - La condizione per realizzare il rispetto nelle articolazioni sopra indicate è la presenza di una buona qualità delle relazioni tra tutte le componenti all’interno della comunità scolastica. La qualità della scuola dipende dalla qualità delle relazioni. Ad esempio la relazione genitore – docente; l’insegnante ( e il genitore) sono “alleati” anche quando dimostrano reciprocamente limiti. Quaderni della Consulta - 8 33 - Ruolo positivo del Comitato Genitori nella scuola come luogo di confronto delle idee e del vissuto dei genitori sulla scuola e nella scuola. Importanza della partecipazione dei genitori alla vita della scuola fondata sulla Costituzione che afferma il primato della famiglia sulla educazione dei figli. - Non è bene che i genitori deleghino in toto alla scuola. La partecipazione dei genitori alla vita della scuola deve essere visibile. Tale visibilità è uno stimolo di crescita, una testimonianza positiva per i figli. - Relazione educativa docente – studente. Il voto è valutazione di una prestazione, mai un giudizio sulla persona dello studente, che merita rispetto, sempre e sempre deve ricevere una prospettiva di speranza. Ciò è vissuto con particolare sensibilità per gli studenti nella scuola in carcere, ma è ancor prima e di più in tutte le scuole a tutti i livelli. - Nella scuola è fondamentale dare spa- 34 Quaderni della Consulta - 8 zio, raccontare e comunicare le esperienze belle (linea guida “e) Condividere storie”). Le esperienze belle in se stesse producono energia positiva, stimolano la speranza e aiutano a superare le inevitabili criticità. La memoria dell’esperienza bella e positiva ha un potere terapeutico. - Alcune esperienze positive in questo senso che è espresso dal noto adagio “fa più rumore un albero che cade che la foresta che cresce”. a) Riferimento al progetto dell’ITIS Marconi “Il rumore della foresta”. b) Richiamata una buona pratica del dirigente che aveva definito con i docenti una procedura di comunicazione ai genitori: comunicare prima gli aspetti positivi (sempre presenti) e dopo quelli negativi - In questo aspetto si concretizza la tipicità della presenza cristiana nella scuola: valorizzare il bene (i talenti) che è presente sempre in tutti, proprio in tutti! Analisi POF Presenza Cristiana nel piano dell’offerta formativa della scuola pubblica statale di Luciano Carazzolo Il presente intervento cerca di rispondere ad alcune domande: Nel POF di una scuola statale (in questo caso il Liceo Galilei di Verona) ci possono essere, ci sono queste “linee guida”. Più in generale nella scuola statale è possibile una proposta educativa, non confessionale, che possa essere di utile confronto e supporto a tutti coloro che operano nella scuola stessa? La risposta non può che essere positiva. Non solo ci possono essere ma ci devono essere se la scuola vuole realizzare la sua missione di essere comunità educante che forma donne e uomini come persone e come cittadini liberi e responsabili. Ecco la definizione di scuola posta in apertura del POF del Liceo Galilei: “La scuola è luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l’acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica. La scuola è una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti 36 Quaderni della Consulta - 8 dell’infanzia fatta a New York il 20 novembre 1989 e con i principi generali dell’ordinamento italiano. La comunità scolastica, interagendo con la più ampia comunità civile e sociale di cui è parte, fonda il suo progetto e la sua azione educativa sulla qualità delle relazioni insegnante-studente, contribuisce allo sviluppo della personalità dei giovani, anche attraverso l’educazione alla consapevolezza e alla valorizzazione dell’identità di genere, del loro senso di responsabilità e della loro autonomia individuale e persegue il raggiungimento di obiettivi culturali e professionali adeguati all’evoluzione delle conoscenze e all’inserimento nella vita attiva. 4. La vita della comunità scolastica si basa sulla libertà di espressione, di pensiero, di coscienza e di religione, sul rispetto reciproco di tutte le persone che la compongono, quale che sia la loro età e condizione, nel ripudio di ogni barriera ideologica, sociale e culturale”. (Art. 1 - Statuto Studenti con modifiche DPR 249/98, 235/07). Tale definizione è meglio declinata in altri documenti che sono pensati per attuare il POF, si tratta dell’atto di indirizzo p. 7 e del patto educativo di corresponsabilità. E allora è tutto in ordine, sono garantiti i principi, sono dichiarati i valori e nella comunità scolastica tutti sono inclusi e si possono realizzare. La risposta è positiva se i valori e i principi sono anche “agiti”, non solo “dichiarati” e scritti nei documenti. Passare dal dichiarato all’agito è questa la sfida che interpella chi opera responsabilmente nella scuola sia esso docente o preside, docente o genitore, collaboratore scolastico, amministrativo e tecnico. Il dottor Giovanni Pontara in una sua riflessione al riguardo definisce in maniera efficace una situazione non rara, non solo nella scuola: abbiamo tutti i documenti a posto. Sono sul sito, sono richiamati in premessa di molte programmazioni e progetti… ma c’è il rischio “cassettizzazione”. La migliore documentazione è presente, molte persone ci hanno lavorato è stata anche deliberata dagli Organi Collegiali, ma non incide sul vissuto quotidiano. I documenti sono nel cassetto, e il lavoro ordinario, le relazioni interpersonali, le scelte avvengono senza tenerne conto e sono regolate da altri principi a da differenti dinamiche. Per quanti operano nella scuola è di grande stimolo il seguente pensiero di Romano Guardini: “un educatore deve avere ben chiaro al riguardo che a inci- dere maggiormente non è ciò che dice, bensì ciò che egli stesso è e fa. Questo crea l’atmosfera; e il fanciullo che non riflette o riflette poco, (il giovane e l’adulto) , è soprattutto ricettivo dell’atmosfera. Si può dire che il primo fattore è ciò che l’educatore è; il secondo è ciò che l’educatore fa; il terzo è ciò che egli dice.” da Romano Guardini, Le età della vita, Milano 1997, pag. 55 (l’opera originale è del 1957). Ogni adulto, quindi per ciò stesso educatore che – a vario titolo – opera nella scuola: preside, docente, Ata, studente, genitore comunica i principi che vive. E’ questa la prima e principale responsabilità di ogni persona che opera nella scuola. Senza pretesa di esaustività, provo a descrivere come, in quanto preside, io posso agire alcune delle linee guida che sono nel Pof della scuola per cui lavoro. Il punto di partenza è la definizione di scuola “La scuola è una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte Quaderni della Consulta - 8 37 le sue dimensioni”. Mi soffermo sulla “crescita della persona” che per me è vera crescita se è in tutte le sue dimensioni. Ma può capitare anche che chi lavora con me non la pensi allo stesso modo; alcuni nella scuola considerano prevalente la dimensione dell’istruzione, oppure delle relazioni, dell’addestramento , …). Resta comunque compito del preside promuovere la crescita di TUTTE le persone in primis degli studenti, ma anche - a vario titolo – la crescita di docenti, Ata (amministrativi, tecnici, collaboratori scolastici) e genitori. IN CHE MODO? - Con il dialogo a partire dall’ascolto nella convinzione che ogni soggetto è portatore di valore e possiede certamente aspetti di verità che a me possono sfuggire. Ciò serve a creare un clima relazionale positivo, a tenere aperti canali di comunicazione indispensabili per mandare e ricevere messaggi e contributi. - Con rispetto inteso come valorizzazione delle peculiarità delle persone con cui ci si rapporta, anche, e ancor più, quando l’altro è divergente od ostile. benché non dichiarato, che si concretizza nel vissuto delle persone, nel loro modo di essere, di porsi in relazione con gli altri e con le strutture. - Infine promuovendo la crescita di tutte le persone con la presenza e la disponibilità. Con la pazienza per accrescere il livello di condivisone, … il tutto senza pretese. PERCHÉ ? In generale perché chi opera nella scuola pubblica statale ha il dovere di ispirarsi ai valori democratici applicando i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia ( New York il 20 novembre 1989) e i principi generali dell’ordinamento italiano. Per il cristiano c’è un motivo in più che deriva dalla Genesi 1, 26-28p “ 26 E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 27 Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. 28 Dio li benedisse …. “ - Avendo ben presente che nella scuola sono presenti due “curricoli”, entrambi devono essere promossi e curati: quello Ogni persona è una risorsa straordinaria in quanto immagine di Dio. L’educatore ha quindi il compito straordinario e delicatissimo di far emergere il bello e il bene che sono in ogni persona, posti da Dio a sua immagine. A rafforzare questo compito dell’educatore c’è la benedizione di Dio. “Dio li benedisse ….” La benedizione di Dio crea, rende reale la sua immagine in ogni persona. - sempre dichiarato e strutturato - delle discipline e degli indirizzi di studio e quello “parallelo”, non meno presente Una breve riflessione su “la scuola è una comunità” Non tutti condividono l’attribuzione alla - Assicurando una organizzazione ordinata delle attività e dei compiti dei diversi soggetti, garantendo efficaci canali di comunicazione. 38 Quaderni della Consulta - 8 scuola della caratteristica di “comunità”; verrebbe diminuita la dimensione “istituzionale”, la sua articolazione definita dagli ordinamenti legislativi. In realtà la considerazione del significato del termine comunità illumina la natura profonda della scuola e impegna ad uno stile di vita preciso di chi vi opera. “Comunità” da “cum munus”. Il “cum” porta con se la condivisione di persone che operano in uno stesso ambito. “munus” ha significato ambivalente e, proprio per questo, ricco ed esigente: “munus” come dono e quindi gratuità, ma anche “munus” come dovere , come obbligo e quindi anche fatica. Documentare, una altro aspetto che caratterizza il lavoro del preside (e di quanti a vario titolo operano nella comunità scolastica). Il compito è declinato – come indica il prof. Giuseppe Tacconi, in diverse azioni quali: a) aver cura delle “comunità di pratiche”, b) condividere storie c) documentare i processi e facilitare i flussi delle informazioni. Tralascio l’aspetto più istituzionale di questa importante dimensione del lavoro scolastico (Pof, Piani Didattici, Programmazioni, Progetti, rendicontazione…) e richiamo una esigenza che – dalla mia esperienza – si impone dal quotidiano. Nella società e nella maggior parte delle scuole che conosco, fa più notizia ciò che non funziona; gli errori, le criticità e i limiti sono conosciuti all’interno e all’esterno, trovano facili canali di comunicazione. Le positività, principalmente se sono quotidiane, le realizzazioni di valore, i risultati importanti, personali o di gruppo, sono quasi sempre ignorati all’esterno e spesso anche all’interno della scuola. Dovere di chi opera nella scuola è diffondere, far conoscere le positività, non necessariamente quelle straordinarie, trovare tempo e spazio adeguato per il bene le persone nella scuola costruiscono. E’ una questione di rispetto, nel senso di dare valore alle persone. Ogni persona valorizzata è stimolata a crescere e a migliorare ulteriormente. Serve a creare modelli e metodi positivi ed efficaci, a superare il pessimismo che può essere paralizzante. In questo compito i nuovi media e la creatività degli studenti (per le superiori) e dei giovani docenti nativi digitali possono offrire strumenti efficaci. In chiusura una riflessione di metodo che nella mia esperienza è stata di qualche utilità a far crescere la comunità scolastica in tutte le sue componenti. E’ presa dal pensiero di Karl Popper. “Vi sono tre principi alla base di ogni discussione razionale, al servizio della ricerca della verità. 1° Il principio di fallibilità: forse io sbaglio e tu hai ragione. Ma possiamo essere in errore tutti e due. 2° Il principio della discussione razionale: cerchiamo di soppesare nella maniera più impersonale possibile, le nostre ragioni pro e contro una specifica teoria criticabile. 3° Il principio dell’approssimazione alla verità. Attraverso una discussione oggettiva noi ci avviciniamo quasi sempre di più alla verità; e perveniamo a una migliore comprensione delle cose; anche quando non arriviamo a un accordo” (K. Popper). Quaderni della Consulta - 8 39 Presenza Cristiana nel piano dell’offerta formativa della scuola paritaria di Eugenio Turrini Ci può essere una presenza cristiana nella scuola laica ? Io aggiungo è possibile o è necessaria che ci sia una presenza laica nella scuola paritaria cattolica? Sono quesiti importanti che mi hanno fatto riflettere sulla mia storia e sulla mio essere docente da molti anni e coordinatore didattico in una scuola paritaria solo da quest’anno. Cercherò di comunicare una serie di riflessioni sulle esperienze che ho fatto in 30 anni di insegnamento e 30 anni di attività sportiva come organizzatore di eventi anche a livello nazionale, la mia non sarà sicuramente una lectio magistralis, ma forse una sorta di provocazione su questo tema, per altro molto controverso, data la situazione attuale di multi-religiosità che sarà sicuramente il futuro del nostro paese. Sarà necessario imboccare una strada di massimo rispetto verso tutte le religioni, ma nel contempo sarà necessario ricercare un consolidamento valoriale della nostra religione cristiana- cattolica Ho letto con interesse gli scritti che sono stati prodotti da questa consulta. ma mi sento, anche per facilità espositiva, di portare degli esempi concreti che forse sono più vicini anche alla mia personalità. La prima domanda che mi sono fatto è stata: come mi comporto quando svolgo il mio lavoro di insegnante? Il mio è un modo di agire cristiano o laico? E seppur laico, il mio credo religioso riesce ad essere evidenziato nel mio agire? 40 Quaderni della Consulta - 8 A questo punto mi sono tornati alla mente alcuni personaggi di grande valore morale e spirituale che in qualche modo mi hanno fatto riflettere o comunque hanno segnato alcuni tratti della mia vita. All’apparenza, le mie, potrebbero essere riflessioni fuori tema, ma sono convinto invece che si parte dai grandi ideali, da esperienze di grandi personaggi, dai grandi valori per poi concretizzare il tutto nella quotidianità e quindi passare ai dati oggettivi del P.O.F (Piano offerta formativa) e o ai vari regolamenti della mia scuola. Ho pensato di illustrare alcuni tratti di tre figure di un certo spessore culturale sulle quale potremmo ragionare circa la laicità e/o la condotta confessionale. La prima riflessione che vorrei trasmettervi riguarda l’esperienza di un grande Papa, che per altro non ho conosciuto perché quando è morto io ero ancora in fasce, ma ultimamente l’ho incontrato attraverso la laurea di mia figlia in Relazioni Internazionali Comparate che ha elaborato una tesi dal titolo “Giovanni XXIII defensor pacis”. Ha trattato il papato di Giovanni XXIII da un punto di vista diplomatico e leggendo qua e là qualche capitolo (lettura richiesta da mia figlia), mi sono posto questa domanda: Papa Roncalli si è comportato da laico o un religioso? La risposta è sicuramente da religioso, con esperienze diversissime, in mondo laico. Pur contrastato aspramente da tutta la Curia romana, Giovanni XXIII ha voluto assolutamente tessere ponti con l’America e soprattutto con l’unione sovietica. “Ma sin dal giorno seguente la sua elezione a Pontefice, fece conoscere al mondo i temi principali del suo programma: l’unione degli uomini e la pace. Espresse la volontà di recuperare il significato ultimo del vangelo e il ruolo di - pastore di anime- che emerge dalle scritture”. “In realtà il papa non diede inizio a nessuna rivoluzione, anche se come tale è ricordata, si limitò semplicemente a recuperare i valori reali del suo credo, a recuperare e rinnovare la tradizione alla luce dei nuovi eventi della storia; le doti culturali, politiche e diplomatiche erano a servizio della sua missione”. “Il Vangelo con lui ritornò ad essere al centro dell’interesse”. “Si produsse una sorta di nevrosi sociale; si diffuse un senso di paura dei mutamenti, di insicurezza, di terrore del nuovo. Questa nevrosi tuttavia non era causata da motivi religiosi, quanto da paure politiche e sociali derivate da una prospettiva, inaugurata da Giovanni XXIII, di visione del mondo fondato sulla pace, sulla giustizia e sulla solidarietà.”1 Alcuni riportano queste riflessioni e questo è il nocciolo della questione; una grande personalità inserita in pieno nella storia e nella società in cui vive. Alla luce di quanto detto, allora sicuramente si può vivere nella società civile avendo ben presente alcuni valori e soprattutto rispettando gli altri e le altre idee. Altro personaggio importantissimo che si è messo sul mio cammino e che vorrei ricordare è stato Don Nicola Mazza. In una sua lettera, Don Mazza dice: “mi dolea vedere uomini forti di grande ingegno condur la loro vita in opere di mano, nella quale o un rozzo od a più mezzano ingegno avria potuto bastare, oppure in queste, secondo che era l’arte, non poter andare innanzi ella perfezion della medesima, perché non istrutti, erano privi delle cognizioni scienti1 Cfr: Turrini Camilla, tesi di laurea “Giovanni XXIII defensor pacis” marzo 2015 Quaderni della Consulta - 8 41 fiche necessarie” mi piangea, io dico il cuore di ciò, e mi parea grave difetto della società” .. “e che la stessa società avrebbe dovuto provvedere”2. Un prete che si inserisce completamente nella società e alla luce di alcuni valori tratti da principi evangelici sottolinea il difetto della società che non dà a tutti le stesse opportunità e che non valorizza i talenti di ciascuno. Pertanto si rimbocca le maniche e cerca di creare una struttura e una organizzazione che possa supplire alle mancanze della società. “Dodici anni trascorsero, e nel 1832 mi misi all’opera, ed in quell’anno cinque ne ebbi, andai innanzi progredendo, ed or, che dodici anni trascorsero, ne ho presso che 150”… “Lo scopo di questo istituto è di raccoglier ed educare quei giovanetti poveri che forniti di ottimo ingegno, di ottima moralità e buona indole, per mancanza di mezzi andrebbero perduti, cioè non educati” “perciò fatti istruire regolarmente seconde le governative disposizioni, e nelli studii,e nelle arti secondo il loro genio, ed attitudini si lascia loro con tutta libertà lo sciegliere quella carriera, alla quale per natura sentimento o genio si sentono inclinati e disposti”3. Questa è una situazione laica o confessionale? Don Nicola Mazza chiede ai suoi ragazzi uno studio costante e regolare in modo che possano potenziare in toto i propri talenti, valorizzando la propria indole, propone una scuola in cui i sui allievi siano “brai, boni e con i corni basi” e lo stesso don Nicola sprona i suoi a credere che nemmeno il più Cfr: Nicola Mazza “essere società ed essere chiesa” a cura di Domenico Romani p.3846, Edizioni San Paolo 2012, Cinisello Balsamo. 2 3 42 Cfr: ibidem Quaderni della Consulta - 8 povero tra loro potesse vivere di solo pane, ma che dovesse, evangelicamente, diventare sempre più vero per sentirsi sempre più libero. Il rispetto dell’individuo, della sua libertà di scelta, della sua inclinazione fa si che il primo universitario di Don Mazza sia stato un tal Antonio Marini che verrà iscritto all’accademia delle belle arti di Venezia, poi morirà prematuramente, ma l’idea di don Nicola era quella di mandarlo a Roma perché terminasse i suoi studi artistici… “perché venisse compiuta la sua educazione”. Come possiamo considerare questa situazione laica o confessionale? La mia riflessione mi porta a parlare di un laico il dott. Emilio Baumann, molto vicino alla mia professione, perché è stato un ginnasiarca e per quello che è stato e per quello che ha fatto, sarà considerato il padre dell’Educazione Fisica in Italia. Emilio Baumann, nasce a Canonica D’Adda (Treviglio, MI), nel 1843 e nel 1853 con la famiglia si trasferisce a Montorio veronese. Il trasferimento è dovuto per problemi di lavoro del padre Samuele, filatore. Nel 1853 Baumann entra al collegio Don Mazza e ci rimane fine al 1860, quando spontaneamente esce dal collegio e torna a Treviglio per concludere la scuola Nomale ( ex scuola magistrale). Baumann termina il ciclo di studi a pieni voti e dati i suoi trascorsi come insegnante di esercizi ginnastici ai suoi compagni di corso, esercizi imparati in collegio a Verona, viene spinto dai compagni stessi a partecipare al corso magistrale a Torino. Alla fine del corso torna a Treviglio e per tutto l’anno insegna ginnastica nella scuola del suo paese. Siamo nel periodo dell’unità d’Italia, della riforma Casati, prima riforma della scuola e all’interno di questa viene organizzato a Torino il primo Corso Magistrale di Ginnastica per formare i docenti all’insegnamento. Nel 1862, viene assunto dal Comune di Bologna come maestro elementare e nel contempo, conoscendo i suoi titoli, gli chiedono di insegnare anche ginnastica. Successivamente si iscrive alla facoltà di Medicina laureandosi nel 1870, ma il Baumann continua ad insegnare ginnastica, perché questa, oltre che la sua passione è la sua missione e il corso universitario frequentato voleva essere un mezzo per approfondire gli studi sul corpo, sul movimento e sulla ginnastica. Nel corso dei suoi 50 anni di insegnamento scrive e pubblica una serie di libri, su argomenti che toccano tutto quello che riguarda il corpo, il movimento e l’uomo nella sua globalità. Sarà un grosso oppositore della ginnastica militare proposta dalla scuola dei Savoia perché il Emilio Baumann intende l’attività fisica come mezzo educativo, non solo come mero addestramento del corpo. Il Baumann sarà nominato direttore delle accademie di Educazione Fisica di Roma e successivamente farà parte anche della commissione ministeriale che nel 1893 cambierà il nome da Ginnastica in Educazione Fisica. Nel 1901, Emilio Baumann in uno degli ultimi scritti: “Psicocinesia” (pubblicato nel 1813), vuole dimostrare che l’Educazione fisica è l’arte di formare il carattere attraverso il movimento e scrive “noi tendiamo in linea secondaria a conseguire il fine igienico del movimento corporale, mirando molto più in alto ad educare lo spirito e più specificatamente la volontà, cioè formare il carattere”. Un laico che nella sua professione parla di educazione, di spirito di volontà. Potremmo considerare questi valori evangelici? Sono convinto che Emilio Baumann servisse la società con spirito religioso, valorizzando il “dictat” di Don Mazza che avrebbe voluto i suoi allievi “utili alla chiesa e la società”. Alla luce di questi grandi esempi di vita vissuta, vi illustro alcuni tratti di documenti della nostra scuola con i dati oggettivi del nostro P.O.F. e dei vari regolamenti. Nel regolamento degli studenti si sottolinea l’importanza dei principi affermati dallo Statuto degli studenti stessi nei tre succitati articoli e in particolare si afferma che è impegno di tutte le componenti scolastiche (dirigenti, insegnanti, alunni, genitori) far sì che la scuola sia: “Luogo di formazione e di educazione mediante lo studio” (art. 1,1) “Comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale” (art. 1,2) “Ambiente favorevole alla crescita integrale della persona” (art. 2,8a) I docenti dal canto loro sono presi in causa col il loro regolamento e i primi due articoli recitano: 1. Come membri attivi e propulsori della Comunità Educativa, nello spirito del Progetto Educativo, i docenti sono impegnati al raggiungimento delle finalità proprie dell’Istituto attraverso l’insegnamento efficace e aggiornato delle proprie discipline e la coerente testimonianza delle proprie azioni e della propria vita. Essi collaborano al buon andamento dell’Istituto in conformità Quaderni della Consulta - 8 43 alle indicazioni della Direzione, del Collegio dei Docenti e dei Consigli di Classe e delle comunicazioni del Consiglio d’Istituto. 2. Nel rispetto dello stile didattico e pedagogico personale di ciascuno, si favoriscano frequenti scambi di esperienze tra i docenti e tra essi e la presidenza per garantire l’indispensabile uniformità d’indirizzo, che caratterizza l’Istituto, secondo lo spirito del Fondatore e del Progetto Educativo. L’efficace insegnamento, la coerenza delle proprie azioni, il buon andamento di tutta la struttura scolastica, gli scambi di esperienze. Penso che in questa parte di regolamento si leggono valori laici e religiosi. Il POF. (piano dell’offerta formativa) è una miscellanea di valori e di concetti legati alla scuola con qualche specificazione religiosa. I Criteri ispiratori di fondo del POF, in sintesi richiamano le seguenti finalità, che vertono su tre punti 1. dalla Costituzione e dalla Legislazione italiana: scuola orientativa che forma l’uomo e il cittadino; 44 Quaderni della Consulta - 8 2. dal Vangelo: scuola che afferma il valore primario della persona e che è aperta al trascendente; 3. dall’insegnamento di don Mazza: scuola che è attenta e dà la precedenza - sia nell’accoglienza degli alunni, sia nel programma educativo - ai più svantaggiati e ai più poveri con particolare attenzione alle nuove povertà. Finalità generali della nostra scuola a - Scuola che forma la personalità dell’alunno preadolescente in tutte le sue componenti: intellettive, etiche, sociali, religiose, affettive, operative. b - Scuola che educa l’alunno ad acquisire un’immagine sempre più chiara e approfondita della realtà sociale, che lo fa interagire e collaborare con compagni ed insegnanti, che lo prepara a inserirsi in modo critico nella società contemporanea. c - Scuola che aiuta l’alunno a raggiungere una profonda conoscenza di sé, a sviluppare e a definire la propria identità, a costruire il proprio progetto di vita, operando scelte motivate e responsabili anche in vista del secondo ciclo di istru- zione e formazione. d - Scuola che dà una preparazione culturale di base e un bagaglio di conoscenze e abilità, come premessa necessaria per la prosecuzione e il completamento dell’obbligo scolastico e formativo. f. Educare all’autocontrollo e alla responsabilità delle proprie azioni; in particolare ad un linguaggio corretto. g. Educare all’umiltà, alla sobrietà e alla semplicità. e - Scuola che - per la sua natura di scuola cattolica - propone ed educa ad una scelta di vita che si ispira a Cristo e al suo insegnamento. h. Educare all’ordine, al rispetto dell’ambiente, delle cose proprie e altrui, in particolare delle strutture e attrezzature di uso comune, a partire da quelle da scuola. Obiettivi educativi generali Educare alla mondialità. L’attenzione al singolo e alle sue problematiche educative diventa uno degli obiettivi preminenti. Infatti negli ultimi anni si è notato un cambiamento della popolazione scolastica, sempre più attenta agli aspetti esteriori e superficiali della società contemporanea. Di conseguenza si intendono perseguire nel corso del triennio, per quanto possibile, i seguenti obiettivi educativi generali. Educare ad un comportamento leale e corretto nel gioco. a. Aiutare a prendere coscienza della propria personalità (delle capacità e delle attitudini per svilupparle; dei limiti e delle carenze per accettarli e, per quanto possibile, superarli). La scuola: b. Educare all’attenzione verso ogni persona, soprattutto verso i più svantaggiati, nel rispetto dei diversi ruoli. c. Educare al senso del dovere, all’impegno personale quotidiano, metodico, autonomo. d. Formare persone aperte alla collaborazione e disponibili al servizio. e. Educare al senso religioso della vita, con particolare attenzione ai valori cristiani. Anche il“ Patto di corresponsabilità” sotintende valori importanti. La scuola e Il genitore/affidatario prendono visione delle regole che l’istituzione ritiene fondamentali per una corretta convivenza civile, le sottoscrive, condividendone gli obiettivi e gli impegni. • creare un ambiente educativo sereno e rassicurante; • favorire momenti d’ascolto e di dialogo; • incoraggiare gratificando il processo di formazione di ciascuno; • favorire l’accettazione dell’ “altro” e la solidarietà; • promuovere le motivazioni all’apprendere; • rispettare i tempi ed i ritmi dell’apprendimento; • far acquisire una graduale consapevolezza nelle proprie capacità per affrontare, con sicurezza, i nuovi apprendimenti; • rendere l’alunno consapevole degli obiettivi e dei percorsi operativi; • favorire l’acquisizione ed il potenzia- Quaderni della Consulta - 8 45 mento di abilità cognitive e culturali che consentono la rielaborazione dell’esperienza personale; • favorire un metodo di studio autonomo ed efficace; • promuovere le linee educative del carisma di Don Mazza. I genitori per una proficua collaborazione scuola-famiglia si impegnano ad assicurare: • la promozione di un dialogo costruttivo con l’Istituzione; • il rispetto delle scelte educative e didattiche proposte; • la condivisione delle linee educative del carisma di Don Mazza • atteggiamenti di proficua e reciproca collaborazione con i docenti; • atteggiamenti di rispetto, di collaborazione, di solidarietà nei confronti dell’“altro”, nei loro figli; • l’osservanza del regolamento scolastico; • la conoscenza del POF della scuola e • la partecipazione al dialogo educativo, collaborando con i docenti; • l’aiuto ai propri figli a prendere coscienza dei doveri verso lo studio. Come si diceva , sono solo alcuni tratti di un P.O.F di una scuola paritaria, ma sono convinto che togliendo qualche frasetta, siano argomentazioni che possono essere inserite in un P.O.F di una scuola laica, ovviamente non è la “frasetta” in più o in meno che fa la differenza, ma è la filosofia che sta dietro al tutto e che dà corpo a tutto il lavoro. Alcune concretizzazioni: TUTORING: la scuola offre un servizio di tutoraggio, svolto dall’intero corpo docenti, rivolto ai ragazzi con i seguenti 46 Quaderni della Consulta - 8 obiettivi: favorire la crescita personale degli alunni mediante un dialogo personale; facilitare il rapporto alunno-scuola-famiglia affiancando gli alunni nel cammino verso l’età adulta. COLLOQUIO personale con un insegnante: all’interno del progetto Orientamento per le terze , ogni ragazzo può scegliere un insegnante con il quale confrontarsi circa l’orientamento per la scuola superiore CORSI pomeridiani di rinforzo: per gli alunni segnalati dagli insegnanti di Italiano, Inglese, Tedesco e Matematica in accordo col Consiglio di Classe di classe vengono attuati corsi pomeridiani, di rinforzo secondo la situazione scolastica degli alunni coinvolti e la programmazione degli insegnanti delle rispettive materie. INCONTRI FORMATIVI residenziali: Si svolgono presso una casa idonea per questo scopo; hanno la durata di uno o due giorni e intendono essere momenti importanti per l’educazione morale e religiosa, ma anche per l’educazione ambientale e per la socializzazione tra gli alunni. Tali incontri diventano occasioni di formazione anche per i genitori. Il progetto di EDUCAZIONE SESSUALE, per seconde, prevede una serie di obiettivi: • aiutare il ragazzo a scoprire se stesso, nella molteplicità degli orientamenti e nella contraddittorietà delle informazioni • favorire un organico sviluppo della personalità • favorire la costruzione di una positiva immagine di sé come essere umano “sessuato” • promuovere un positivo rapporto con gli altri • dare informazioni corrette ed esaurienti sulla sessualità • aiutare il ragazzo a vivere la propria sessualità come progetto di vita ed espressione d’amore • conoscere l’anatomia e la fisiologia degli apparati riproduttori femminile e maschile • acquisire una autonomia di giudizio, per scelte coscienti e responsabili, alla luce dei valori cristiani Un fiore all’occhiello della nostra scuola è il progetto delle “SETTIMANE A Tema” che consiste nell’organizzazione di settimane, due all’anno, nelle quali, rimescolando le classi parallele si propongono argomenti che vanno anche al di là dei contenuti scolastici, ma che sono formativi per consolidare sia le abilità personali, che la socializzazione in generale. Alcuni esempi: La diversità: l’altro: diverso da me … una ricchezza per me! L’idea di una settimana a tema per le classi prime intitolata L’ALTRO: DIVERSO DA ME … UNA RICCHEZZA PER Quaderni della Consulta - 8 47 ME! nasce dal seguente interrogativo: come costruire contesti educativi in cui gli adolescenti possano coltivare, sviluppare ed esercitare la loro capacità di rapportarsi con varie forme di alterità? I punti sui quali si attiva la riflessione sono: 1. ognuno di noi, ogni persona della propria famiglia, classe, scuola, dell’intera comunità è diverso dagli altri, in quanto persona unica e irrepetibile 2. la diversità, in quanto espressione di un diverso modo di pensare, di impostare problemi e cercarne soluzioni, di possesso di abilità operative, di attitudini, di affettività, di corporeità, di radici culturali, è comunque un’opportunità offerta a tutti di arricchimento valoriale ed esperienziale e occasione di maturazione collettiva. Le attività svolte durante questa settimana mirano quindi ad indagare i modi di percezione dell’alterità, il sistema di relazioni stabilite dagli adolescenti con il diverso e la capacità di immedesimazione al fine di costruire contesti educativi che possano favorire il cambiamento di atteggiamenti e comportamenti negativi. L’azione didattica è finalizzata maggiormente allo sviluppo dei seguenti aspetti: • esprimere un personale modo di essere e proporlo agli altri • interagire con l’ambiente naturale e influenzarlo positivamente • interagire con i coetanei e con gli adulti • riflettere su se stesso e gestire il proprio processo di crescita • scoprire la positività dell’ascolto, del rispetto, della tolleranza, della cooperazione e della solidarietà • maturare gradualmente la capacità di assumere la complessità delle relazioni con il diverso 48 Quaderni della Consulta - 8 Problematiche giovanili: Adolescenti in crescita: rischi e speranze (Percorso didattico interdisciplinare su fumo, alcool, droga e… volontariato, amicizia, rapporti tra coetanei) L’idea è nata dalla consapevolezza che molti ragazzi/e di classi terze vivono in questo momento una sorta di “disagio” che induce a situazioni innaturali. Alcuni ragazzi, credendo magari di crescere più in fretta, iniziano precocemente a fumare a consumare alcool e droghe. I punti sui quali attivare la riflessione degli alunni sono fornire un’informazione corretta ed accreditata sulle sostanze stupefacenti e sul loro uso e abuso e acquisire le chiavi di lettura su come fare scelte autonome ed adeguate in qualsiasi situazione ed età si venga a trovare. Di contro si propongono ai ragazzi esperienze positive legate alla quotidianità sociale (attività di volontariato, gruppi scout, missionarietà) per l’affinamento di una certa sensibilità verso queste realtà. Obiettivi: • far acquisire agli alunni il significato di salute, inteso come benessere fisico e mentale • rendere coscienti gli alunni che il mantenimento della salute fisica e mentale è un diritto dovere dell’individuo e un suo dovere verso la società • far adottare agli alunni un comportamento corretto in campo sanitario e sociale • essere aperti e disponibili alla società civile Quaderni della Consulta - 8 49 INDICE Presentazione pag. 3 Abitare cristianamente e laicamente la scuola pag. 5 di Giuseppe Tacconi Riflessione per ambiti pag. 13 Focus Allargato a livello provinciale pag. 27 Analisi POF pag. 35 Quaderni della consulta - 1 I Edizione, settembre 2008 II Edizione, gennaio 2009 Quaderni della consulta - 2 I Edizione, settembre 2009 Quaderni della consulta - 3 I Edizione, settembre 2010 Quaderni della consulta - 4 I Edizione, settembre 2011 Quaderni della consulta - 5 I Edizione, settembre 2012 Quaderni della consulta - 6 I Edizione, settembre 2013 Quaderni della consulta - 7 I Edizione, settembre 2014 Per richiesta copie: [email protected]