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Culture 13
Corriere Fiorentino Martedì 12 Aprile 2011
FI
Presentazione
Mostra
Così Tiziano
ritrova l’azzurro
E la sua Bella
di VALERIA RONZANI
Talmente bella che con questo nome è giunta fino a
noi. Torna a casa dopo un restauro che le ha
restituito pieno fulgore «La Bella» di Tiziano. Ritorno
che la Galleria Palatina celebra, fino al 10 luglio, con
un’esposizione piccola e raffinata. «Quella Donna
che ha la veste azzurra». La Bella di Tiziano
restaurata», curata da Fausta Navarro, offre la
ghiotta occasione di confrontare il ritratto della
Palatina con un altro celeberrimo ritratto di Tiziano,
«La donna con la pelliccia», un prestito di lusso
concesso dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Ritratto coevo e parente, non solo perché la modella
è identica. Indagini radiografiche hanno svelato che
gli strati sottostanti di pittura dell’opera di Vienna
(
Galleria
Palatina
Fino al 10
luglio si può
ammirare
«La Bella»
di Tiziano
appena
restaurata
in una piccola
e raffinata
mostra
celano l’immagine della Bella col suo abito sfarzoso.
Abito che proprio grazie al restauro curato dall’
Opificio delle pietre dure (Patrizia Reitano è la
stessa restauratrice della «Madonna del cardellino»
di Raffaello) torna a splendere nella sontuosità del
suo damasco azzurro. Che, così come per
l’incarnato della sconosciuta e la morbidezza delle
carni opulente, si era mimetizzato sotto
incrostazioni giallastre di vernici stratificate nel
corso dei secoli. L’opera piacque molto anche a
Napoleone e fu parte del bottino che, con altre 62
opere provenienti da Palazzo Pitti, i francesi si
portarono a Parigi. Dove, nel 1804, fu sottoposta ad
un intervento di foderatura piuttosto robusto, a cui
dovette unirsi un restauro pittorico non indolore. «La
Bella», che ormai gli studiosi tendono a individuare
come ideale di bellezza femminile piuttosto che
ritratto di singolo soggetto, era arrivata a Firenze nel
1631 insieme ai beni di Vittoria della Rovere, figlia di
Francesco Maria II duca d’Urbino e promessa sposa
di Ferdinando II de’ Medici. In mostra anche il
ritratto, custodito agli Uffizi, che Tiziano fece a
Francesco Maria I della Rovere, che acquistò questo
dipinto verso il 1536-38. Oltre a campioni di
damasco azzurro (dal Bargello) e un trattato edito a
Venezia nel 1590 sul tema della moda firmato
Cesare Vecellio (Biblioteca Nazionale di Firenze).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Teatro/1 Alla Pergola dibattito e spettacolo sulla mafia
Teatro/2 Al Verdi
Vita di procuratore,
in scena con i boss
Il Dante rock
va in Paradiso
Un’altra volta
Lo Monaco è Pietro Grasso: ha dovuto rinunciare a tutto
Anche a teatro si può combattere
la mafia. Perché se «il silenzio è l’ossigeno dei sistemi criminali», per
sconfiggerli si deve iniziare a parlarne sempre di più, come afferma Pietro Grasso, procuratore nazionale
antimafia. Ha pagato cara la sua scelta, costretto a girare sempre sotto
scorta, a dimenticare la sua passione per le moto, a dover negare a se
stesso e alla sua famiglia una vita
normale. Oggi è alla Pergola, dove
va in scena lo spettacolo Per non morire di mafia (fino a domenica: feriali 20.45, festivi 15.45) tratto dal suo
omonimo libro e interpretato da Sebastiano Lo Monaco, non a caso entrambi di origini siciliane.
Per aprire una riflessione con il
pubblico, Grasso parteciperà a un incontro in teatro (ore 18), coordinato
da Marzio Fatucchi del Corriere Fiorentino. Ci saranno il sindaco Matteo Renzi, l’assessore regionale alla
cultura Cristina Scaletti, il rettore
della Iulm Giovanni Puglisi, le associazioni Arci, Fondazione Caponnetto, Libera, i ragazzi che hanno partecipato ai campi antimafia, oltre ai
protagonisti dello spettacolo: il giovane regista livornese Alessio Pizzech e Sebastiano Lo Monaco. Fu lui a
convincere il procuratore a portare
in scena il suo testo. «Lo incontrai
per caso al Teatro Greco di Siracusa
— ricorda — eravamo seduti accanto. Io avevo appena letto il suo libro
e gli sottoposi la mia idea: all’inizio
rifiutò, temeva che lo spettacolo gli
avrebbe provocato una sovraesposizione mediatica. Ma fui molto tenace e alla fine lo convinsi». Dopo il debutto a Spoleto, Per non morire di
mafia ha avuto alcune repliche molto intense, come quella a Palermo,
al Castello a Mare, a cui hanno partecipato 1800 spettatori: «Un’emozione grandissima», dice Lo Monaco.
Ora la tournée riparte da Firenze per
poi arrivare, nella prossima stagione, nei principali teatri d’Italia. «Lo
spettacolo è diviso in tre zone —
spiega Lo Monaco — la principale è
Info
Quando comincia
la nuova mafia?
Come ha
cambiato la vita
della Sicilia e
dell’Italia? Che
cosa ci resta
ancora da fare e
da sperare per
sconfiggerla?
Sono solo alcuni
degli interrogativi
che il Procuratore
nazionale
antimafia Pietro
Grasso si pone
nel suo libro Per
non morire di
mafia, ora
spettacolo con
protagonista
Sebastiano
Lo Monaco.
Stasera la prima,
in esclusiva
toscana, alla
Pergola,
preceduta alle 18
da un incontro
pubblico con il
procuratore
nazionale
antimafia Pietro
Grasso, a cui
partecipano, tra
gli altri Matteo
Renzi, Cristina
Scaletti,
Giovanni Puglisi.
Coordina Marzio
Fatucchi
Il procuratore nazionale
antimafia Pietro Grasso
e accanto Sebastiano
Lo Monaco, protagonista
di «Per non morire di mafia»
dedicata agli stravolgimenti che subisce la vita privata di un signore
che negli anni Settanta sceglie una
professione normale. All’epoca non
era cominciato l’attacco alle istituzioni, con i delitti e le autobombe.
Ecco allora che la routine di una giovane famiglia viene completamente
stravolta: bisogna rinunciare a tutto, diventa impossibile anche andare al cinema, e si deve seguire tutta
una serie di regole. Cosa che il figlio, quattordicenne, non riesce a capire e ad accettare». Una parte importante dell’opera è dedicata al Maxiprocesso, quando furono comminati 2665 anni di carcere ai 360 colpevoli, mentre i 19 boss furono condannati all’ergastolo. Allora Grasso
era giudice a latere e contribuì a
stendere, al fianco del presidente Alfonso Giordano, quella storica sentenza di 8.000 pagine. Un evento
che viene ricordato, in teatro, anche
dall’allora pubblico ministero, Giuseppe Ayala, che sta girando l’Italia
col suo Chi ha paura muore ogni
giorno. Grasso lo racconta «con
grande ironia — dice Lo Monaco,
che sul palco veste i panni del procuratore — contaminando un linguaggio alto, colto con quello rozzo, crudele e dialettale dei mafiosi e dei sospettati». E nell’ultima parte dello
spettacolo Lo Monaco-Grasso propone un’analisi del fenomeno mafioso a livello internazionale, spiegando anche di quali tecniche dispongono magistratura e forze di polizia
per affrontarla.
Gabbia
«Ci sarà anche
il Maxiprocesso raccontato
con ironia, contaminando
linguaggio colto e rozzo»
Lavagna
«Nomi e numeri in bella vista,
non per fare una lezione,
ma per riepilogare
imprese, riflessioni e stragi»
Per chiarezza si usa una lavagna,
per annotare nomi e numeri. «Non
è tanto per fare una lezione — afferma l’attore — serve come riepilogo,
ad esempio per le condanne del Maxiprocesso. Il protagonista, in un
momento di riflessione, ripensa alle
stragi attraversate nella sua vita professionale». L’idea è stata del regista, questo giovane toscano che si ritrova ora a dirigere Lo Monaco. «Sarà un destino: in questo momento
mi sono ritrovato a lavorare con
due giovani talenti: da una parte Pizzech, con cui affronto quest’avventura sulla mafia, dall’altra Giampiero
Borgia, con cui sto preparando il Filottete di Sofocle in scena dall’11
maggio al 19 giugno al Teatro Greco
Siracusa». Intanto, Lo Monaco, gira
l’Italia in lungo e in largo, senza timori. «Abbiamo una società civile
sempre più forte che protegge chi
ha il coraggio di esprimersi nettamente contro il fenomeno criminale: non credo che ci sia un rischio
nel portare in scena questo spettacolo, o almeno, spero proprio di no».
Sarà il musical La Divina Commedia a chiudere la stagione teatrale del Verdi. Dopo il successo
in Piazza Santa Croce, lo show torna a Firenze —
da venerdì a domenica (ore 20.45, domenica
16.45) — nel nuovo allestimento che mantiene
intatte musiche e proiezioni, adeguando i movimenti scenici alle ridotte dimensioni del palco.
«Ora tutto è più chiaro e più leggibile — spiega
Vittorio Bari, interprete di Dante — stiamo riscuotendo un grande consenso, soprattutto da
parte degli studenti». Ecco allora che al chiuso si
potrà apprezzare più nitidamente la musica di
don Marco Frisina, già autore delle colonne sonore di numerosi film a carattere religioso e del recente Puccini con Alessio Boni.
«La Divina Commedia — spiega Frisina — oggi ha un valore nuovo, non solo per i giovani, ma
anche per gli adulti: quando si studia spesso ci si
ferma a metà strada, invece è importante percorrere tutto il viaggio, fino al Paradiso. Il tema principale è l’amore, è questo che spinge Dante nella
sua avventura ed è per questo che molte anime
hanno compiuto scelte
sbagliate». Il libretto di
Gianmario Pagano, fatto al 70% dalle terzine
di Dante, presenta i
principali personaggi
del poema, ognuno caratterizzato da una diversa chiave musicale.
«Nella mia composizione classica — continua
Frisina — ho inserito
citazioni diverse per i
vari personaggi. Pier delle Vigne per me è un giovane che muore di overdose e l’ho raccontato
con sonorità rock, la Città di Dite diventa un rave
party mentre ho cercato di tradurre le complessità del Conte Ugolino con la musica dodecafonica
e per l’innamorata Francesca ho scelto un’aria
che richiama lo stile di Bellini».
Si chiuderà così una stagione che ha avuto ottimi risultati, non solo per le presenze in sala, ma
anche per i giudizi del pubblico, raccolti con il
tradizionale questionario distribuito agli abbonati. I migliori voti sono andati a Matthew Bourne’s Swan Lake, l’originale rilettura del Lago dei
cigni interpretata da uomini in tutù. Ottimo successo per i musical We Will rock you, sulle canzoni dei Queen, e Flashdance, ispirato al film cult
degli anni ’80. Molto apprezzata anche Le bugie
con le gambe lunghe, la commedia di Eduardo
portata in scena dal figlio, Luca De Filippo. Non è
piaciuta invece Michelle Hunziker, che tentava la
strada teatrale con il suo Mi scappa da ridere.
Gherardo Vitali Rosati
G.V.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Vita di procuratore, in scena con i boss