CULT INSOSTENIBILE LETALE RIVOLTANTE SOPORIFERO COSI’ COSI’ BELLO MAGICO CLASSICO BILLO DI LAURA MUSCARDIN; PAOLO GASPARINI, MARCO BONINI. ITALIA 2008 0 Thierno è un ragazzo senegalese che arriva in Italia in cerca di fortuna nel campo della moda, così potrà sposare Fatou, figlia del medico del villaggio. In Italia, dove gli danno il soprannome di Billo, troverà non pochi ostacoli, ma infine anche un lavoro da tappezziere e l’amore di una ragazza che lo vuole sposare, mentre la madre lo chiama da Dakar e la fidanzata lo aspetta al villaggio. BLACK SHEEP DI JONATHAN KING; CON MATTHEW CHAMBERLAIN, NICK FENTON. USA 2006 0 Henry Oldfield torna alla fattoria di famiglia per venderla al fratello maggiore Angus, senza sapere che Angus sta portando avanti esperimenti di ingegneria genetica sulle pecore che diventano animali assetati di sangue. Henry che ha la fobia delle pecore si trova assediato nella fattoria circondato dal suo incubo personale. THE ROCKER - IL BATTERISTA NUDO DI PETER CATTANEO; CON RAINN WILSON, CHRISTINA APPLEGATE. USA 2008 0 IL regista di Full Monthy, si sposta dall’Inghilterra dei disoccupati organizzati all’ambiente musicale di Cleveland, dopo essere entrato nell’ambiente dei galeotti ballerini in Lucky Break . Il batterista Robert «Fish» Fishman, che proviene dalla band Vesuvius, gruppo glam metal degli anni '80 è stato espulso dal complesso, ma la sua seconda occasione arriva quando si unisce alla garage band di suo nipote Matt. è proprio questo gruppo che il film segue principalmente sotto lo sguardo del più maturo rocker, dando vita a un musical eccentrico che lega le diverse generazioni. SHANGHAI BABY DI BERENGAR PFAHL; CON BAI LING, LUKE GOSS. GERMANIA 2007 0 La giovane Ni Ke, chiamata da tutti Coco è alle prese con l’ultimo capitolo del suo romanzo ambientato nella Shanghai del XXI secolo. Nella sua vita che si svolge a Berlino entrano due uomini molti diversi tra loro, da cui si sente attratta, l’artista cinese Tiantian, che cerca l’oblio nel fumo e Mark, un uomo d'affari di successo. Dal romanzo di Zhou Wei Hui. Pfahl, regista e produttore ha esordito nel ’77 e lavora per la tv. SEGUE A PAG 10 4) ALIAS N. 37 - 20 SETTEMBRE 2008 I NOSTRI MOSTRI VANNO IN SCENA A TUTTO TONDO di Elfi Reiter T utto era partito quel giorno in cui Josè Corvaglia, artista trentatreenne salentino, vide la foto in bianco e nero di La Cena in Emmaus del Caravaggio sul manifesto (è accanito lettore anche di Alias) e lui in quel quadro aveva visto la storia in movimento tout court. Fu il punto di partenza per un viaggio, dapprima di ricerca tra letture parallele (saggi, storie dell’arte, libri sul conflitto israelo-palestinese) e visioni di film horror americani, per individuare ingredienti realistici in un mondo fantastico e riflettere come produrre noi, in Italia, i nostri mostri. Poi si fece artistico nel realizzare il film, tra mille difficoltà e ostacoli da superare, traducendo i limiti in invenzioni innovative: La cena di Emmaus fu premiato a vari festival ed era nella cinquina dei David di Donatello come miglior corto 2007. Per farsi infine poliedrico nella ricerca di più pubblici: amplia il piccolo film (anche visivamente) a libro (edito col dvd) e a mostra. Il progetto complessivo prevede film, libro e mostra, conferendo attualità l’una all’altro, ed è stato accolto da Gianluca Arcopinto e Associazione 17: storyboard, fotogrammi e disegni editati come graphic novel, poi recuperati gli originali per allestire una mostra, per (far) cambiare continuamente sguardo e fruizione passando dall’immagine illuminata all’immagine stampata all’immagine dipinta. Con la nuova formula inventata da Corvaglia assieme agli affiatati collaboratori (Pamela Riccardi, Jacopo Riccardi, Raffello Vetrugno, Maurizio Tafuro) si fa vivere più a lungo un film e si invita a sperimentare anche il pubblico: a passare dalla fruizione immobile (seduti in sala buia, costretti a durate preconfezionate da montaggio e autore) alla già più libera di chi legge (luoghi, tempi e frequenza) all’altrettanto libera di chi visita una mostra, deambulando con tempi e sguardo propri tra i quadri esposti (qui per scelta di percorso quasi tutti pendenti dal soffitto in mezzo allo spazio per movimentare le immagini e offrire il maggior numero possibile di punti di vista). Al margine della mostra (fino al 19 ottobre a Vaste, provincia di Lecce) ci sono cene-conversazione per dibattere con personaggi di vari settori del mondo della cultura alcuni tra i temi più urgenti dettati dalla necessità del vivere oggi: i nuovi linguaggi nell’era internet pronti a ibridarsi, nuove formule produttive e distributive, le chance per i giovani. ■ MOSTRA ■ «LA CENA DI EMMAUS» ■ Le verità nascoste nel supermercato di Elfi Reiter VASTE DI POGGIARDO (LECCE) «E ntra nel supermercato» dice il primo cartello all’inizio della mostra La cena di Emmaus ubicata nello splendido Palazzo Baronale di Vaste, piccola frazione di Poggiardo a sud di Lecce, borgo antico di origini messapiche, antica comunità del «popolo tra due mari» (questo il significato del loro nome contenente il suono «ap» che significa «acqua») che si era insediato qui nel periodo tra 1000 e 300 a.C., ci dicono. L’evento fa rivivere antichi luoghi di cultura, producendo cortocircuiti e continuità fra memoria storica e del presente. I Quadri pendenti liberamente dal soffitto ci conducono dapprima tra gli scaffali di grandi magazzini, ormai luoghi di culto nella nostra cultura del consumismo delle merci, poi segnalano una «foresta», al buio, e fanno spuntare un mitra, il cui ratatatà risuona forte negli altoparlanti disseminati lungo il percorso delle otto stanze. Lo sentiremo spesso, quel suono martellante, camminando tra le 80 tele esposte, tra cui le insegne degli Al suo film «La cena di Emmaus», che racconta in forma atipica il conflitto israelo-palestienese, José Corvaglia ha fatto seguire un libro omonimo e una mostra, che resterà aperta fino al 19 ottobre con i dipinti suoi e di Pamela Riccardi, e la tempesta acustica firmata da Jacopo Riccardi sponsor (necessari contributi all’allestimento, oltre quelli di regione Puglia, assessorati regionali alle politiche giovanili e al turismo, provincia, comuni di Poggiardo e Copertino e «Terre d’Oriente») si perdono come indicazioni anonime. «Siamo in Israele. Siamo in Palestina», annuncia lo spazio seguente. Un corpo nero cade lasciando una scia rossa in uno dei quadri appesi, mentre una figura femminile con velo si arrampica su un muro di cinta e un’altra porta le mani alla bocca come nell’Urlo di Munch per gridare il proprio dolore, qui visualizzato in una chiazza nera che si espande a spruzzi fino ai lati esterni del dipinto. Le vetrine ai lati sono vuote, come in un ipotetico day after... Sopra la porta per uscire dallo spazio asfissiante, in un quadro tronchi d’alberi accolgono i morti come uccelli schiantati contro pali della luce di notte, abbagliati dai raggi luminosi. Questi corpi, da che cosa e da chi sono (erano) abbagliati? La sala seguente è luminosa e sul quadro vediamo arrivata l’ambulanza. Una didascalia dice: «Non è una foresta, non è un’altra terra, è la nostra città!». E nei disegni volano uccelli colorati, c’è un quartiere con strade, case e alberi, un enorme cane nero che dorme. Un cancello chiuso con tre tende piantate, disegno quasi monocromo di tonalità bianco nero e marrone di Mimino Corvaglia, padre di Josè (altro artista poliedrico, autore tra mille altre opere disseminate nel territorio di una magnifica Passione di Cristo nella cattedrale di Otranto, è scomparso un paio d’anni fa). Fatto con la polvere di caffè, ci dirà lo stesso Josè. «Entra nel buco», invita un altro cartello e siamo davanti alla riproduzione in bianco e nero del quadro ispiratore dell’intero progetto: La Cena in Emmaus dipinta da Caravaggio nel 1602 (esposto alla National Gallery di Londra, mentre una seconda versione, leggermente differente con più personaggi è alla Pinacoteca di Brera a Milano). Nel- la vetrina diametralmente opposta, sui ripiani ci sono una montagna di pasta corta di varie forme e vari colori e alcuni piatti con pietre che sembrano bistecche, e forchette impiantate. Come abbandonati di fretta. «Mi nascondo», «in questa favela», leggo ora sui quadri pendenti, fruibili da entrambi i lati evocano un doppio mondo, qui di gioco («vieni a giocare?») e di terrore, tra palazzi non meglio definiti di colore nero, fili tesi, volti di bimbi impauriti e figure nere gigantesche. In alto campeggiano due grandi occhi neri, sguardo cupo e intenso, che sembrano sorvegliare il tutto. Anche noi, visitatori ignari di questa esposizione dell’urlo di una denuncia sociale e politica? Non a caso, forse, sul retro degli occhi enormi campeggia allegramente un serpente dalla lingua lunga su sfondo rosso rubino, pronto a morsicare e istillare piano piano il suo veleno. Nelle immagini scene La Cena di Emmaus, il dipinto a tratte dal film colori percepito come spazio ani«La cena di Emmaus» mato da Josè Corvaglia, qui si fa midi José Corvaglia raggio, dietro un vetro: possiamo e dipinti esposti solo vedere la tavola (vera) imbannella mostra allestita dita con cesto di frutta, mucchietto nel Palazzo Baronale di riso, tre piatti al posto dei tre perdi Vaste sonaggi e una caraffa - dentro una stanza non accessibile, illuminata di rosso, quel rosso rubino che fa da sfondo al serpente... Controllo, seduzione, potere. «Libero tutti», leggo sopra la porta dell’ultima sala, dove sul muro bianco in alto scorrono silenti le immagini del film. Potenziate in altro modo rispetto agli 11 minuti narrati con voce off gridante dello stesso Josè Corvaglia, densi come il concentrato di Gianluca Arcopinto Josè, sei un artista geniale. E questo libro lo dimostra. Tutto qui. Anzi, no. Questo libro è una piccola porzione di un grande sogno. Che devi continuare a inseguire. A occhi aperti. Lettore, con questo libro non nasce una nuova casa editrice. È il primo di forse altri libri, se necessari. Ma potrebbe essere anche l’unico. Perché a me, in fondo, nella vita, mi occorre il tempo necessario a sentirmi libero di andare. Luca, Giosuè, Davide, Francesco, Andrea, questo libro, per quella minima parte che mi appartiene, è per voi. Che giocate a nascondino, lontani dalle guerre. Oltre lo specchio Se il circo e il carnevale furono in passato il pretesto per rivelare, oggi lo è il supermercato, (…) il colorato e musicato non-luogo per eccellenza dell’umana (umana?) finzione di una realizzazione personale – la «capacità d’acquisto» – a sostituire spettacolo e carnevale, ma anche la piazza, anche la chiesa. Ed è qui, dove l’individuo diventa consumatore e conta solo in quanto tale, è qui che si nasconde, che viene nascosta la verità. Della storia e dell’uomo. Il processo di conoscenza di Mattia può avvenire solo «oltre la soglia» (o lo specchio) di Alice, quando egli viene risucchiato nella verità. Che è la Storia, che è la società del presente nei suoi aspetti più autentici che sono, appunto, sopraffazione, violenza, guerra. E potere, denaro. Questo è il nostro mondo, oltre la soglia dei media e delle finzioni del familismo amorale, ed è a questo nostro mondo che Mattia vuole infine reagire nella sua corsa verso una realtà non mistificata, e nel suo sogno o missione di voler «liberare tutti», secondo l’invocazione e la meravigliosa esclamazione gioiosa del gioco infantile più ambizioso di tutti, il più carico di portata utopica deflagrante, magnifica! Di nuovo dentro il nostro mondo-prigione, Mattia ha questo da dire e da fare, da dare. Cosa importano allora, di fronte a questa sintesi così semplice e così alta, le qualità «tecniche» del film o del libro di Josè Corvaglia? Cosa importano le imprecisioni dell’autore, se la sua tensione ad approssimarsi all’essenziale è così densa e giusta? La cena di Emmaus aiuta a vedere e a capire, più che di cento presunti capolavori del cinema o della letteratura mistificanti di oggi. Qui, nel supermercato salentino, italiano, «globale». Goffredo Fofi (dalla prefazione al libro) Josè, l’affabulatore un lungometraggio. Memori della facciata esterna del museo, alcune immagini riferite a palazzi o la cancellata con le tende assumono un maggiore senso di verità. Politica. La fuga (il gioco?) dei bimbi nei vicoli notturni termina con vedute di un palazzo con due bandiere sventolanti, quella italiana e quella europea, e di un palazzo di vetro (l’Onu?). Corvaglia non si ferma dentro una situazione - la famiglia (dell’inizio), il paese (nel gioco a nascondino dei bimbi), il supermercato (il consumismo e il traffico d’armi), la guerra, la violenza (gli spari nella notte della foresta), gli abbagli vissuti da tutti noi (i flash di buio/luce, l’alternarsi veloce di schermo nero e schermo bianco), ma apre al mondo (il conflitto Israele/Palestina, le tendopoli di migranti), alle emozioni che proviamo tutti/e di fronte alla non azione (l’impotenza?) di istituzioni come l’Unione europea e l’Onu davanti a tanta violenza, corruzione, bugie. Corvaglia non concede nulla, tranne l’aggirarsi di uno sguardo attento, vigile, richiede una fruizione «pensante» dei dipinti suoi e di Pamela Riccardi, invece della consueta identificazione con i personaggi, così come Jacopo Riccardi non ha creato un tappeto acustico per accompagnare la visione, ma una tempesta di suoni e rumori forti per svegliare l’attenzione, decodificare le immagini solitamente ipnotizzanti. Corvaglia ci invita ad andare «tra» le immagini unite solitamente nelle sequenze di 24 fotogrammi al secondo per scorrere nei proiettori che le riversano a loro volta, ingrandite, sui bianchi schermi. Ci invita a svelare trucchi e regole non scritte, per sviluppare una nuova consapevolezza di ciò che ci accade attorno. Vicino e lontano. Ricordo quando incontrai Josè la prima volta. Venne a trovarmi a casa mia, a Milano, trascinando due enormi valigie su per i quattro piani di scale attraverso cui si raggiunge la mia abitazione. Lo vidi trafelato in cima alle scale, con quella sua aria un po’ spaesata, e non ci volevo credere. «Che ci fai con queste valigie, pensi di trasferirti qui?» gli chiesi scherzando. «No, no, scusa, è che vorrei farti vedere delle cose...». Entrò in casa e aprì le sue valigie, tirando fuori tavole disegnate, alcune incollate tra loro fino a diventare dei lenzuoli che riempivano la stanza, poi fotografie, sceneggiature, cassette vhs, cd. E intanto parlava, Josè, sempre con la sua aria spaesata, come fosse un fiume in piena. Giuro che facevo fatica a seguirlo, finché non gli chiesi di farmi sentire un cd che stava lì sul bordo del tavolo tra mille carte. In quel cd c’era già «in nuce» La cena di Emmaus, recitata da lui personalmente scena per scena come un «affabulatore» appassionato e convinto. Era emozionante. Credo che da lì ebbe inizio l’avventura di questo film particolare. Il progetto ricevette poi un piccolo sostegno da Filmmaker di Milano e incontrò la sensibilità attenta di Gianluca Arcopinto, che lo aiutò. Gianfilippo Pedote (dalla postfazione al libro edito col dvd) di Thomas Martinelli T ravolge e investe implacabilmente tutta la persona la visionarietà a più facce di José Corvaglia. La Cena di Emmaus è tante cose e niente di strettamente catalogabile. È un percorso sensoriale pittorico e narrativo, che frastorna la sfera emozionale pur parlando anche all’intelletto. È cena senza cibo che nutre l’immaginazione, riflessione collettiva ed espressività altamente individuale. Materialmente è una compatta confezione contenente il dvd del film (con una carrellata della settantina di dipinti utilizzati come contenuto extra) e il bel libretto di immagini e parole. Ma questo non è un paese per cortometraggi, almeno non nelle videoteche e nelle librerie, almeno finora. Ci voleva il produttore-editore indipendente Gianluca Arcopinto, idealista burbero benefico già intrepido distributore off con la sua Pablo film, ad accogliere una simile scommessa. Viene infatti diffuso nelle librerie Feltrinelli a un prezzo contenuto (14 euro) l’opera in forma- ■ ALCHIMIE VISIVE-SONORE-TATTILI ■ Una lucida follia to casalingo, fruibile ad personam o a piccoli gruppi, ripetibile nella sua assunzione, alle proprie necessità di ritmo e di esplorazione. Proprio come un home movie, un libro, un fumetto. È un prodotto artistico completo, eppure è anche un tassello di un’opera più complessa che si attua con l’allestimento dei dipinti e delle installazioni, con la narrazione orale diretta dell’autore e la sua fisicità performativa saltellante, con una palestra delle idee formata da dibattiti pubblici in forma di cenacoli virtuali (semmai si mangia dopo) a cui partecipano attori, giornalisti, artisti, politici. Da Serena Dandini a Corso Salani, da noi che qui scriviamo a firme illustri di altre testate, ai visitatori intenzionali e occasionali, tutti secondo la propria sensibilità esposti a un evento visivo-emozionale impossibile da catalogare. È l’ibridazione indefinibile una delle marce in più de La cena di Emmaus, già nel titolo preso di sana pianta dal quadro di Caravaggio, inglobato nel percorso di Corvaglia e che gli offre il detonatorecatalizzatore per dare sfogo caoticamente strutturato ai suoi fantasmi che sono spesso anche sociali. C’è una lucida follia artistica fatta di 11 minuti di montaggi serrati, giochi di bimbi senza argini, colori frullati e frasi urlate, parole e immagini incalzanti che con un divenire dirompente trovano senso e sintesi compiuta. Per questo è spiazzante in modo fecondo, è senza schemi ma con una precisa struttura, e se ne esce pensando alla capacità dei bambini di comunicare, inventare e giocare, alla violenza in città e in Palestina, alla creatività libera e da liberare, con un traccia lunga sul corpo e nell’anima. Non è questa la funzione vitale dell’arte e della cultura? I luoghi contano e, nell’attuale era digitale formata da stanze vir- tuali per comunicazioni effimere, La cena di Emmaus si fonde con la materialità solida del palazzo baronale di Vaste – le sue stanze intricate e oscurate fra muri massicci - e l’umanità soave del Salento che talvolta si concede a fughe repentine nell’irruenza. Si nutre di salmastro e olivi, fra il moto ondoso delle sue strade costiere e la calma di un mare placido, che ha fornito episodi di sbarchi clandestini di levantini che per essere attualità sembrano piuttosto le storie dei nostri nonni, per altre rive di altri paesi. Questo allestimento nel piccolo comune pugliese di Poggiardo fino al 19 ottobre è unico, ripetibile solo in parte, quella tascabile in vendita e quella totale o parcellizzata che probabilmente approderà altrove. Ma la sua eventuale trasferta a Parigi, Londra o Bologna sarà per forza anche un atto di nuova creazione da parte dell’artista, che cura con certosina attenzione ogni dettaglio, in sintonia con le vibrazioni che ogni luogo con la sua gente emana. Detto ciò, ogni singola componente La cena di Emmaus ha potenziale senso compiuto. Il film è stato premiato fra gli altri per la migliore sceneggiatura al Filmmaker 2006 di Milano, come miglior cortometraggio al Clorofilla Film Festival 2007 e sempre l’anno scorso era nella cinquina dei finalisti della sezione corti in gara per il David di Donatello. Il libro, etichettato persino da autore ed editore come graphic novel – comprendiamo la difficoltà di muoversi fra media e mercato senza nomi riconoscibili - non è però un romanzo a fumetti e non ne segue la struttura. La sequenzialità di immagini fotografiche e pittoriche, integrate di parole (e viceversa), supera abbondantemente la stretta funzionalità di scenografia, intingendosi di teatralità e poesia. Stati d’animo e impressioni scaturiscono dal flusso di coscienza visivo, sebbene ogni singola immagine viva anche di vita propria. La complessità formale che Josè propone, in sintonia con le nuove espressioni ibride proposte dagli autori più sensibili in ogni campo, nasce dalla semplice esigenza di esprimersi a 360˚. Toccare e attivare i cinque sensi preludio al sesto, produrre alchimie visive-sonore-tattili sconfinando da un supporto all’altro, da un linguaggio all’altro, per esplorare appieno le terre di mezzo. Registriamo continuamente fumettisti-musicisti (Davide Toffolo esce con Cinque Allegri Ragazzi Morti, tre volumi a fumetti e altrettanti cd musicali con le storie che hanno dato origine alla vera rock band in cui suona e canta), pittori-animatori, cineasti-performer, artisti-costruttori-allestitori. Sulle scie di Leonardo e di William Blake. E non si tratta di tradurre in film un fumetto (pratica che sta salvando in parte le casse hollywoodiane), di adattare un romanzo in pièce teatrale o di musicare un fatto di cronaca per farne un’opera lirica o un musical. È l’emissione naturale di chi, avendone l’abitudine e le capacità, pensa sente e pertanto si esprime a tutto tondo, utilizzando ogni codice a disposizione e creandone di nuovi all’occorrenza. Un certo pubblico mostra sempre più il suo apprezzamento. È un ulteriore varco di libertà espressiva che può, come forse in questo caso, pagare lo scotto di essere poco commerciabile. Non è la prima volta, non sarà nemmeno l’ultima si auspica. Sinossi Giocare a nascondino e ritrovarsi in una terra dove nascondersi diventa una necessità, è questo l’atroce destino che spetta a Mattia. Nascosto tra gli scaffali di un centro commerciale, Mattia, sta semplicemente giocando a nascondino con i suoi amici, quando viene sorpreso da un commesso che lo trascina nel magazzino. Ma è un magazzino? Quale segreto nasconde questo luogo? Chi è veramente il commesso? (Josè Corvaglia) ALIAS N. 37 - 20 SETTEMBRE 2008 (5