Parrocchia Madonna del Buon Consiglio
Opera don Orione
Via S. Pellico 4 – Alessandria
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Speciale Prima Messa
di Fra Roberto Viglino - 14.10.07
L’Ordinazione sacerdotale e la prima messa nella nostra parrocchia di Fra Roberto Viglino, ci
inducono a riflettere per cercare di capire come la chiamata al sacerdozio sia strettamente
legata alla nostra vita di tutti i giorni.
Vocazione: esiste una responsabilità dei
fedeli e dei sacerdoti a riguardo?
La domanda è impegnativa.
Noi non siamo sempre molto sereni
quando si parla di questo. Mentre da una
parte si riscontra una aggressività più o
meno palese nei confronti dei sacerdoti che
diventano troppo spesso i capri espiatori per
tutto quello che va contro le aspettative ed i
desideri degli uni o degli altri, sia nella
Società come nella Chiesa, dall’altra, gli
sconvolgimenti di questi ultimi 50 anni hanno
rinchiuso molti cristiani nel loro mutismo.
Chi osa dire ancora ad un giovane, oggi:
“Anche tu puoi rispondere a Dio, se ti
chiama.”?
Chi osa ancora incoraggiare un giovane
con le parole del vangelo, gridate tante volte
dal Papa anche a Loreto: “Non aver paura,
va!”. E non per forzare una scelta, ma per
risvegliare la libertà.
Ripenso alla parabola degli operai inviati
nella vigna (Mt 20, 1-16).
“Perché siete rimasti tutto il giorno senza
far niente?” chiede il padrone agli operai che
sono ancora in piazza, durante l’ultima ora
della giornata. “Nessuno ci ha chiamati”,
rispondono. Avrebbero potuto lavorare, ma
non hanno osato presentarsi. “Andate anche
voi nella mia vigna” dice loro il padrone. In
altri termini: “Andate, occupatevi della mia
gente”.
Oggi è rischioso dire a qualcuno: “Dio ti
chiama per diventare prete”. Ma se ci
fossero
dei
motivi
validi,
dire
semplicemente: “Ma
il
Signore
non
potrebbe chiamare anche te per diventare
un suo Sacerdote?” non significherebbe
esercitare una pressione, e neppure
costringere o violare la libertà di scelta di
qualcuno. Anzi!
Ho incontrato dei cristiani ferventi che
non osavano neppure immaginare che Dio
potesse chiamarli, tanto si giudicavano
indegni. Una domanda del genere li aiutava a
pensare di aver il diritto di chiederselo, o
anche, molto più
semplicemente, che la
chiamata di Dio avrebbe potuto interessare
anche
loro.
Senza minimamente interferire
sulla
loro risposta.
Mettere qualcuno difronte
alla chiamata
di Dio, significa rendergli la sua vera libertà
di scelta, aprire la porta di un vero dialogo
con Dio, sapendo anche che la Chiesa si
riserva il suo giudizio per autenticare tale
chiamata.
Perché tanti giovani non si sono sentiti
rivolgere questa domanda? Perché tanti
cristiani, che pur reclamano dei preti e
accusano la Chiesa e i sacerdoti di non
suscitare vocazioni, non hanno il coraggio di
presentare chiaramente, loro stessi, questa
chiamata di Dio?
Dio, lui, non smette di chiamare; è il suo
segreto. La sua generosità è senza limiti. Di
conseguenza noi non abbiamo il diritto di
pensare che in questo nostro tempo lo
Spirito Santo sia inattivo. Il Vangelo è
annunciato a tutte le nazioni. Perché Dio
dovrebbe essere avaro nell’elargire i suoi
doni e non veglierebbe affinché il suo popolo
abbia in ogni momento i mezzi per
raggiungere la santità?
E’ chiaro che a seconda dei periodi, della
cultura e delle situazioni in cui viviamo, siamo
più o meno coraggiosi, più o meno lucidi, più o
meno disponibili alla chiamata del Signore. La
responsabilità della chiamata è sempre
legata alla vita spirituale del popolo dei
credenti.
In che cosa consiste questa
chiamata di Dio che viviamo in tutta la sua
grandezza nella nostra Chiesa?
Dio chiama i ministri, i servitori per far
nascere, crescere e servire il suo popolo. Li
sceglie per annunciare la Parola, per offrire
la sorgente della santità, per condividere
l’amore nella comunione e nell’unità.
Esattamente come il Buon Pastore.
Il Cristo chiama prima dei discepoli
perché lo seguano. Poi fra di loro sceglie
dodici apostoli. Ecco il senso della vocazione
cristiana: seguire il Signore. La vocazione
sacerdotale è radicata in questa vocazione
che è propria di tutti i battezzati.
Se i cristiani non si rendono conto che in
forza del loro battesimo devono seguire il
Cristo, il sacerdozio non sarà mai visto come
una vocazione, ma semplicemente come una
professione, un mestiere, un “saper fare”.
Quando si parla di “vocazione”, si parla di
un’altra cosa. Vocazione, nel senso più forte,
nel senso cristiano originale, significa
rispondere a qualcuno che chiama. Più
esattamente ancora, significa che un uomo o
una donna rispondono a Dio che li chiama
al suo servizio.
Nulla a che vedere con “vocazione di fare il
pilota o il pompiere”.
Credere di avere la vocazione al
sacerdozio nello stesso modo in cui si pensa
di avere la vocazione per diventare campioni
di calcio, è un errore di comprensione dalle
conseguenze che possono diventare tragiche.
La vocazione sacerdotale non consiste
nell’essere sedotti dall’idea
di “fare il
prete”, ma di
essere
“se-
dotti da Dio
per fare quelLo che Lui
vuole”: Lo dice il profeta Geremia.
Fra Roberto, ti siamo vicini con le nostre
preghiere e la nostra simpatia. Auguri!
Gipi
E’ stata una celebrazione indimenticabile, meravigliosa ed emozionante, in cui si è respirato un
vero e proprio clima di Cielo, la cui eco è ancora viva e pulsante nel mio cuore, nella mia memoria,
nella mia mente.
Per il sottoscritto non sarebbe potuto essere diversamente, nella celebrazione eucaristica in
cui sarei stato ordinato "sacerdote in eterno" da Cristo stesso, nella persona del Vescovo
celebrante. Ma questa è stata anche la risonanza che tantissimi amici hanno confidato a me e ai
miei genitori nelle ore successive al Sacro Rito. Quegli amici giunti numerosissimi dalla nostra
Città che hanno voluto essere presenti per accompagnarmi e condividere con me questo momento
di grazia (e che hanno letteralmente invaso la nostra Basilica di San Domenico, suscitando
stupore e meraviglia presso i miei confratelli per il loro numero e parimenti per il loro raccoglimento).
"La celebrazione dal sottoscritto attesa e preparata da tempo, con il prezioso aiuto spirituale
di tutti coloro che in questi ultimi mesi e giorni mi hanno "seguito" con la loro Preghiera. Fin dal
momento in cui dalla sacrestia la processione di ingresso dei quasi 25 sacerdoti concelebranti ha
preso le mosse verso l'altar maggiore, mentre nelle navate della Basilica risuonavano le
commoventi note di "Celebra il Signore terra tutta" nella versione musicata da Mons. Marco
Frisina e cantata dal Coro di San Domenico, brividi e
commozione mi hanno accompagnato per tutta la prima
parte della celebrazione, fino alla bellissima omelia del
Card. Giacomo Biffi, le cui parole calde e sapienti si
diffondevano nel cuore mio e di un'assemblea
straordinariamente raccolta e attenta. Pressoché
impossibile narrare le sensazioni, peraltro indicibili,
provate in quelle quasi due ore di grazia, e che ritengo
debbano restare nascoste e custodite nel mio cuore
così come in quello dei presenti. Mi sento solo di
sintetizzarle nelle parole che avevo scelto per il salmo
responsoriale (e che ho ripreso nel messaggio finale di ringraziamento pubblicato sul libretto
della celebrazione): "Canterò in eterno le misericordie del Signore" (Sal 88). Sì, grazie Signore!
Grazie per questi anni e per questo giorno. Grazie per tutti Voi che avete voluto essere presenti
alla celebrazione, permettendomi (come si confà alla mia sensibilità umana e spirituale) di
condividere con tanti amici questo momento, e permettendo al Signore, resosi presente
nell'Eucaristia, nel Vescovo ordinante, nei presbiteri concelebranti, di parlare al loro cuore e di
far vivere a tutti (ne sono persuaso), una straordinaria esperienza di grazia.
In attesa di rivederci e di salutarci da vicino (in particolare con chi non ha potuto essere
presente a Bologna), mi permetto di estendere a tutti il messaggio di ringraziamento che ho
scritto sul libretto dell'Ordinazione.
Il Signore Vi benedica e Vi protegga.
Fra Roberto Viglino
“NOI NON GUARDIAMO AD ALTRO CHE ALLE ANIME DA
SALVARE” (DON ORIONE)
Nella società moderna, fatta di ambizione sfrenata e arrivismo, un giovane che vuole intraprendere
il cammino sacerdotale è visto come una mosca bianca.
Le prime frasi, i primi commenti, che si sentono dire sono : “…hai visto cosa sta facendo?...”, “ ma
ti sembra sensato?...”, “…un ragazzo così a posto!...”. Ma cosa c’è di male nel voler diventare un
sacerdote, in un mondo come il nostro dove i valori vengono calpestati per una mera ambizione in
ragione del dio denaro.
Credo che ogni ragazzo, o ragazza, che decida di intraprendere un cammino di fede spirituale
senza farsi condizionare dai luoghi comuni della società moderna sia da prendere come esempio. E
poi, proprio ora è il momento in cui c’è bisogno di loro, proprio mentre gli oratori si stanno
trasformando in deserti. Un sacerdote giovane è l’iniezione di forza fresca che serve per scuotere lo
stato di torpore che ricopre la nostre parrocchie.
La loro giovane età è sicuramente un punto di forza perché possono parlare un linguaggio vicino a
quello dei nostri ragazzi. E allora smettiamo di guardare questi giovani come alieni o additarli come
“diversi”, ma aiutiamoli nel loro cammino fornendo loro il nostro appoggio affinché possano infondere
nelle nuove generazioni dei valori che noi tutti ora stiamo perdendo.
Tutto questo per dire “ben venuti, noi abbiamo bisogno di voi”.
A. Amisano
Avere un figlio, l’unico figlio, che dopo un iter di vita normale dice: “mamma, papà, desidero fare
esperienza di vita comunitaria nell’Ordine dei domenicani per
valutare se la chiamata che sento è veritiera”, e noi commossi, un
po’ impreparati restiamo senza parole. In cuor nostro però in cuor
nostro ci stiamo preparando a dire anche noi “Si”. Così è stato.
Dopo otto anni, fra Roberto, ha ricevuto l’Ordinazione
Sacerdotale: è sereno e felice, e lo siamo anche noi. Ringraziamo il
Signore perché la vocazione di nostro figlio è stata l’inizio di tante
grazie per la sua e per la nostra via.
A tutti coloro che condividono con noi questa grande gioia, diciamo
“Grazie” ricordandoli sempre nelle nostre preghiere.
Rosalba e Bruno
.
Mi è stato chiesto cosa ne penso dei giovani che decidono di intraprendere un cammino di fede per
diventare sacerdoti o come li ho soprannominati io "Rappresentanti di Dio".
Molti di loro sono entrati in seminario quando io ho iniziato a frequentare le scuole superiori altri invece
hanno sentito la chiamata del Signore quando già lavoravo.
Dei primi mi sono sempre chiesta cosa sentissero dentro di loro, cosa li spingesse così giovani a decidere
di dedicare tutta la loro vita esclusivamente a Dio trasmettendo la Sua parola agli altri.
A Loreto ho avuto la possibilità di scherzare con uno di loro, un giovane seminarista, forse ventenne o
poco più, che nella sua ingenuità e simpatia aumentava in me il dubbio e la voglia di capire il motivo che lo
spingesse a questo importante passo.
Beh alla fine ho capito: quando il Signore ti si avvicina e ti sussurra alle orecchie ciò che ha deciso per te,
tu non puoi fare altro che accettarlo fidandoti di lui, lasciandoti avvolgere dal suo caldo abbraccio nella
convinzione che non ti abbandonerà mai.
Questo è ciò che il mio giovane amico seminarista mi ha trasmesso, tutto ciò si vedeva da come guardava
il Papa e dalla naturalezza e dalla convinzione che gli ha permesso di raccontare che per nove anni resterà in
seminario per prepararsi degnamente a diventare sacerdote.
Non posso che aggiungere che li ammiro, ricordando loro che in questo cammino, benchè difficile, non
sono soli: il Signore cammina accanto a loro per permettere di comunicarci appieno la Sua Parola.
Maria Grazia
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Speciale Prima Messa di Fra Roberto Viglino - 14.10.07