Parrocchia Madonna del Buon Consiglio Opera don Orione Via S. Pellico 4 – Alessandria tel. 0131 – 44 33 69 www.madonnadelbuonconsiglio.it Speciale Prima Messa di Fra Roberto Viglino - 14.10.07 L’Ordinazione sacerdotale e la prima messa nella nostra parrocchia di Fra Roberto Viglino, ci inducono a riflettere per cercare di capire come la chiamata al sacerdozio sia strettamente legata alla nostra vita di tutti i giorni. Vocazione: esiste una responsabilità dei fedeli e dei sacerdoti a riguardo? La domanda è impegnativa. Noi non siamo sempre molto sereni quando si parla di questo. Mentre da una parte si riscontra una aggressività più o meno palese nei confronti dei sacerdoti che diventano troppo spesso i capri espiatori per tutto quello che va contro le aspettative ed i desideri degli uni o degli altri, sia nella Società come nella Chiesa, dall’altra, gli sconvolgimenti di questi ultimi 50 anni hanno rinchiuso molti cristiani nel loro mutismo. Chi osa dire ancora ad un giovane, oggi: “Anche tu puoi rispondere a Dio, se ti chiama.”? Chi osa ancora incoraggiare un giovane con le parole del vangelo, gridate tante volte dal Papa anche a Loreto: “Non aver paura, va!”. E non per forzare una scelta, ma per risvegliare la libertà. Ripenso alla parabola degli operai inviati nella vigna (Mt 20, 1-16). “Perché siete rimasti tutto il giorno senza far niente?” chiede il padrone agli operai che sono ancora in piazza, durante l’ultima ora della giornata. “Nessuno ci ha chiamati”, rispondono. Avrebbero potuto lavorare, ma non hanno osato presentarsi. “Andate anche voi nella mia vigna” dice loro il padrone. In altri termini: “Andate, occupatevi della mia gente”. Oggi è rischioso dire a qualcuno: “Dio ti chiama per diventare prete”. Ma se ci fossero dei motivi validi, dire semplicemente: “Ma il Signore non potrebbe chiamare anche te per diventare un suo Sacerdote?” non significherebbe esercitare una pressione, e neppure costringere o violare la libertà di scelta di qualcuno. Anzi! Ho incontrato dei cristiani ferventi che non osavano neppure immaginare che Dio potesse chiamarli, tanto si giudicavano indegni. Una domanda del genere li aiutava a pensare di aver il diritto di chiederselo, o anche, molto più semplicemente, che la chiamata di Dio avrebbe potuto interessare anche loro. Senza minimamente interferire sulla loro risposta. Mettere qualcuno difronte alla chiamata di Dio, significa rendergli la sua vera libertà di scelta, aprire la porta di un vero dialogo con Dio, sapendo anche che la Chiesa si riserva il suo giudizio per autenticare tale chiamata. Perché tanti giovani non si sono sentiti rivolgere questa domanda? Perché tanti cristiani, che pur reclamano dei preti e accusano la Chiesa e i sacerdoti di non suscitare vocazioni, non hanno il coraggio di presentare chiaramente, loro stessi, questa chiamata di Dio? Dio, lui, non smette di chiamare; è il suo segreto. La sua generosità è senza limiti. Di conseguenza noi non abbiamo il diritto di pensare che in questo nostro tempo lo Spirito Santo sia inattivo. Il Vangelo è annunciato a tutte le nazioni. Perché Dio dovrebbe essere avaro nell’elargire i suoi doni e non veglierebbe affinché il suo popolo abbia in ogni momento i mezzi per raggiungere la santità? E’ chiaro che a seconda dei periodi, della cultura e delle situazioni in cui viviamo, siamo più o meno coraggiosi, più o meno lucidi, più o meno disponibili alla chiamata del Signore. La responsabilità della chiamata è sempre legata alla vita spirituale del popolo dei credenti. In che cosa consiste questa chiamata di Dio che viviamo in tutta la sua grandezza nella nostra Chiesa? Dio chiama i ministri, i servitori per far nascere, crescere e servire il suo popolo. Li sceglie per annunciare la Parola, per offrire la sorgente della santità, per condividere l’amore nella comunione e nell’unità. Esattamente come il Buon Pastore. Il Cristo chiama prima dei discepoli perché lo seguano. Poi fra di loro sceglie dodici apostoli. Ecco il senso della vocazione cristiana: seguire il Signore. La vocazione sacerdotale è radicata in questa vocazione che è propria di tutti i battezzati. Se i cristiani non si rendono conto che in forza del loro battesimo devono seguire il Cristo, il sacerdozio non sarà mai visto come una vocazione, ma semplicemente come una professione, un mestiere, un “saper fare”. Quando si parla di “vocazione”, si parla di un’altra cosa. Vocazione, nel senso più forte, nel senso cristiano originale, significa rispondere a qualcuno che chiama. Più esattamente ancora, significa che un uomo o una donna rispondono a Dio che li chiama al suo servizio. Nulla a che vedere con “vocazione di fare il pilota o il pompiere”. Credere di avere la vocazione al sacerdozio nello stesso modo in cui si pensa di avere la vocazione per diventare campioni di calcio, è un errore di comprensione dalle conseguenze che possono diventare tragiche. La vocazione sacerdotale non consiste nell’essere sedotti dall’idea di “fare il prete”, ma di essere “se- dotti da Dio per fare quelLo che Lui vuole”: Lo dice il profeta Geremia. Fra Roberto, ti siamo vicini con le nostre preghiere e la nostra simpatia. Auguri! Gipi E’ stata una celebrazione indimenticabile, meravigliosa ed emozionante, in cui si è respirato un vero e proprio clima di Cielo, la cui eco è ancora viva e pulsante nel mio cuore, nella mia memoria, nella mia mente. Per il sottoscritto non sarebbe potuto essere diversamente, nella celebrazione eucaristica in cui sarei stato ordinato "sacerdote in eterno" da Cristo stesso, nella persona del Vescovo celebrante. Ma questa è stata anche la risonanza che tantissimi amici hanno confidato a me e ai miei genitori nelle ore successive al Sacro Rito. Quegli amici giunti numerosissimi dalla nostra Città che hanno voluto essere presenti per accompagnarmi e condividere con me questo momento di grazia (e che hanno letteralmente invaso la nostra Basilica di San Domenico, suscitando stupore e meraviglia presso i miei confratelli per il loro numero e parimenti per il loro raccoglimento). "La celebrazione dal sottoscritto attesa e preparata da tempo, con il prezioso aiuto spirituale di tutti coloro che in questi ultimi mesi e giorni mi hanno "seguito" con la loro Preghiera. Fin dal momento in cui dalla sacrestia la processione di ingresso dei quasi 25 sacerdoti concelebranti ha preso le mosse verso l'altar maggiore, mentre nelle navate della Basilica risuonavano le commoventi note di "Celebra il Signore terra tutta" nella versione musicata da Mons. Marco Frisina e cantata dal Coro di San Domenico, brividi e commozione mi hanno accompagnato per tutta la prima parte della celebrazione, fino alla bellissima omelia del Card. Giacomo Biffi, le cui parole calde e sapienti si diffondevano nel cuore mio e di un'assemblea straordinariamente raccolta e attenta. Pressoché impossibile narrare le sensazioni, peraltro indicibili, provate in quelle quasi due ore di grazia, e che ritengo debbano restare nascoste e custodite nel mio cuore così come in quello dei presenti. Mi sento solo di sintetizzarle nelle parole che avevo scelto per il salmo responsoriale (e che ho ripreso nel messaggio finale di ringraziamento pubblicato sul libretto della celebrazione): "Canterò in eterno le misericordie del Signore" (Sal 88). Sì, grazie Signore! Grazie per questi anni e per questo giorno. Grazie per tutti Voi che avete voluto essere presenti alla celebrazione, permettendomi (come si confà alla mia sensibilità umana e spirituale) di condividere con tanti amici questo momento, e permettendo al Signore, resosi presente nell'Eucaristia, nel Vescovo ordinante, nei presbiteri concelebranti, di parlare al loro cuore e di far vivere a tutti (ne sono persuaso), una straordinaria esperienza di grazia. In attesa di rivederci e di salutarci da vicino (in particolare con chi non ha potuto essere presente a Bologna), mi permetto di estendere a tutti il messaggio di ringraziamento che ho scritto sul libretto dell'Ordinazione. Il Signore Vi benedica e Vi protegga. Fra Roberto Viglino “NOI NON GUARDIAMO AD ALTRO CHE ALLE ANIME DA SALVARE” (DON ORIONE) Nella società moderna, fatta di ambizione sfrenata e arrivismo, un giovane che vuole intraprendere il cammino sacerdotale è visto come una mosca bianca. Le prime frasi, i primi commenti, che si sentono dire sono : “…hai visto cosa sta facendo?...”, “ ma ti sembra sensato?...”, “…un ragazzo così a posto!...”. Ma cosa c’è di male nel voler diventare un sacerdote, in un mondo come il nostro dove i valori vengono calpestati per una mera ambizione in ragione del dio denaro. Credo che ogni ragazzo, o ragazza, che decida di intraprendere un cammino di fede spirituale senza farsi condizionare dai luoghi comuni della società moderna sia da prendere come esempio. E poi, proprio ora è il momento in cui c’è bisogno di loro, proprio mentre gli oratori si stanno trasformando in deserti. Un sacerdote giovane è l’iniezione di forza fresca che serve per scuotere lo stato di torpore che ricopre la nostre parrocchie. La loro giovane età è sicuramente un punto di forza perché possono parlare un linguaggio vicino a quello dei nostri ragazzi. E allora smettiamo di guardare questi giovani come alieni o additarli come “diversi”, ma aiutiamoli nel loro cammino fornendo loro il nostro appoggio affinché possano infondere nelle nuove generazioni dei valori che noi tutti ora stiamo perdendo. Tutto questo per dire “ben venuti, noi abbiamo bisogno di voi”. A. Amisano Avere un figlio, l’unico figlio, che dopo un iter di vita normale dice: “mamma, papà, desidero fare esperienza di vita comunitaria nell’Ordine dei domenicani per valutare se la chiamata che sento è veritiera”, e noi commossi, un po’ impreparati restiamo senza parole. In cuor nostro però in cuor nostro ci stiamo preparando a dire anche noi “Si”. Così è stato. Dopo otto anni, fra Roberto, ha ricevuto l’Ordinazione Sacerdotale: è sereno e felice, e lo siamo anche noi. Ringraziamo il Signore perché la vocazione di nostro figlio è stata l’inizio di tante grazie per la sua e per la nostra via. A tutti coloro che condividono con noi questa grande gioia, diciamo “Grazie” ricordandoli sempre nelle nostre preghiere. Rosalba e Bruno . Mi è stato chiesto cosa ne penso dei giovani che decidono di intraprendere un cammino di fede per diventare sacerdoti o come li ho soprannominati io "Rappresentanti di Dio". Molti di loro sono entrati in seminario quando io ho iniziato a frequentare le scuole superiori altri invece hanno sentito la chiamata del Signore quando già lavoravo. Dei primi mi sono sempre chiesta cosa sentissero dentro di loro, cosa li spingesse così giovani a decidere di dedicare tutta la loro vita esclusivamente a Dio trasmettendo la Sua parola agli altri. A Loreto ho avuto la possibilità di scherzare con uno di loro, un giovane seminarista, forse ventenne o poco più, che nella sua ingenuità e simpatia aumentava in me il dubbio e la voglia di capire il motivo che lo spingesse a questo importante passo. Beh alla fine ho capito: quando il Signore ti si avvicina e ti sussurra alle orecchie ciò che ha deciso per te, tu non puoi fare altro che accettarlo fidandoti di lui, lasciandoti avvolgere dal suo caldo abbraccio nella convinzione che non ti abbandonerà mai. Questo è ciò che il mio giovane amico seminarista mi ha trasmesso, tutto ciò si vedeva da come guardava il Papa e dalla naturalezza e dalla convinzione che gli ha permesso di raccontare che per nove anni resterà in seminario per prepararsi degnamente a diventare sacerdote. Non posso che aggiungere che li ammiro, ricordando loro che in questo cammino, benchè difficile, non sono soli: il Signore cammina accanto a loro per permettere di comunicarci appieno la Sua Parola. Maria Grazia