LA SCUOLA IN ALTO ADIGE TRA FASCISMO E NAZISMO Un percorso tra i documenti 26 L’italianizzazione della scuola ad opera del regime fascista fu indubbiamente uno dei provvedimenti di maggiore importanza nell’ambito del progetto di snazionalizzazione della minoranza sudtirolese. Attraverso la cancellazione della scuola in lingua tedesca doveva realizzarsi il graduale e forzato assorbimento della componente linguistica tedesca nell’alveo nazionale. Fu la riforma Gentile, varata nel 1923, a determinare la progressiva cancellazione delle istituzioni scolastiche in lingua tedesca, omologando la scuola delle nuove province a quella del resto d’Italia1 . Il decreto 1° ottobre 1923, n. 2185 stabilì che la trasfor mazione delle scuole elementari “alloglotte” in italiane dovesse compiersi con effetto immediato per le prime classi, per poi interessare l’anno successivo le seconde classi e così via fino alla completa italianizzazione dell’istruzione elementare. Non meno drastico l’intervento nei confronti delle scuole medie. L’applicazione dell’ordinamento italiano al sistema scolastico delle nuove province comportò la cancellazione di diverse tipologie di scuola. Ciò condusse alla soppressione di diverse scuole esistenti in Alto Adige che si accompagnò 24 di Andrea Di Michele 27 all’italianizzazione di altre e alla creazione la snazionalizzazione. Come nel resto d’Itadi nuovi istituti italiani2 . Nel giugno 1927 il lia, attraverso la scuola nei piani del regime ministro dell’Istruzione poteva affermare al doveva compiersi un lento ma inesorabile Senato che, ad eccezione di alcune scuole processo di fascistizzazione, da integrarsi gestite da ordini religiosi, tutte le scuole con l’opera delle organizzazioni giovanili via superiori in lingua tedesca erano state can- via create dal fascismo. Italianizzazione da cellate3 . La progressiva italianizzazione del una parte e fascistizzazione dall’altra, dunmondo scolastico diveniva evidente anche que, i due compiti fondamentali assegnati attraverso l’uso esclusivo della lingua ita- alla scuola altoatesina. liana nella corrispondenza ufficiale, nei reIn questa sede non è nostra intenzione gistri, negli atti e, dal 1926/27 anche negli ricostruire fasi e modalità della cancellazioannuari4 . ne della scuola sudtirolese5 . Avvalendoci di La proclamazione della lingua italiana materiale documentario, vogliamo invece quale unica lingua d’insegnamento, lo scio- cercare di illustrare in quali termini furono glimento delle scuole tedesche che, eredi- intesi da alcuni rappresentanti delle istitutate dal sistema scolastico austriaco, non zioni scolastiche a livello locale i compiti di avevano il corrispettivo in quello italiano e italianizzazione e fascistizzazione loro asl’assorbimento di istituti tedeschi in scuole segnati, fino a che punto la missione di cui italiane resero “superflui” gli insegnanti di fu investita la scuola venne realizzata e quale madrelingua tedesca. I licenziamenti e i tra- ostacolo rappresentò la diffusione della prosferimenti ai loro danni furono paganda nazista nel corso degli anni trenta numerosissimi e si può senz’altro afferma- per le velleità fascistizzatrici del regime. re che fu proprio il personale scolastico a conoscere nel corso degli anni venti la più massiccia opera di epurazione su base et26. Scuola elementare di Lana, IV classe manica avvenuta in Alto Adige. schile, 1939. Le istituzioni scolastiche non dovevano 27. Classe di preparazione per l’ingresso nella rappresentare solo il veicolo principale delGioventù Nazista, 1944. “riconquistare alla Patria le giovani anime italiane inquinate di germanesimo” Questo era il compito della scuola e degli asili infantili secondo quanto scritto nell’introduzione alla relazione conclusiva del corso per educatrici di infanzia tenutosi a Bressanone nel settembre 1923. Il corso era stato organizzato dall’Opera Nazionale d’Assistenza all’Italia Redenta (ONAIR) e diretto dalla professoressa Amelia Agresta Guli che al momento della conclusione presentò la relazione che qui ripor tiamo parzialmente. Questo documento ci sembra significativo per diversi motivi. Innanzitutto perché mostra come le istituzioni educative, a partire dagli asili infantili frequentati da bambini in tenerissima età, fossero viste come lo strumento fondamentale di assimilazione. Rappresenta inoltre la dimostrazione di come fin dai primissimi anni venti la linea 28. Il Libro della seconda classe, 1939. fascista della snazionalizzazione trovasse convinti fautori all‘interno del corpo docente formatosi nell’Italia liberale, che si dimostrava facilmente permeabile alle suggestioni del nazionalismo più esasperato. Nel caso specifico, la professoressa Guli, del regio istituto magistrale “V. Colonna” di Roma, riteneva necessario che anche gli “italianissimi” delle nuove province, tra cui i trentini, fossero aiutati a liberarsi della “vernice austriaca” che ancora li ricopriva. Nella prosa di questa insegnante, infine, sono presenti quelle argomentazioni e quei toni che, tesi a dimostrare il “diritto” italiano al confine al Brennero, caratterizzavano in quegli anni la pubblicistica che, ancor prima che fascista, era stata nazionalista. “Che alla conquista materiale del territorio debba seguire la conquista morale degli abitanti, e che questa sola sia la veramente durevole, è ormai, dopo tante esperienze, verità la quale non ha bisogno di dimostrazione alcuna. Conquistato appena immediatamente dell’educazione infantile; aprire asili, scuole elementari, preparare maestri degni del loro compito. Ed anche in tempi relativamente a noi vicini tutte le volte che si discute sulla maniera di migliorare le condizioni morali ed economiche di quelle provincie che sembrano rimaste un po‘ refrattarie all’opera di unificazione, si comincia dalle Scuole, si propone di aprirne delle nuove, di migliorare le già esistenti, di aggiungervi istituti ausiliari per l’assistenza infantile e per la diffusione della cultura; che i provvedimenti poi si traducano sempre in atto con la larghezza dei mezzi necessaria, è un’altra questione, non priva d’interesse, ma qui del tutto inopportuna. L’opera di assimilazione che con grande lentezza e spesso con poco entusiasmo, si è venuti compiendo dal ’60 in qua nelle vecchie provincie, tenta di affrettarla con grande entusiasmo, nelle nuove, l’Opera Nazionale di assistenza all’Italia redenta, la quale, assistita dall’appoggio morale e finanziario chiarezza e la bellezza dell’esposizione hanno reso accessibili a tutte le menti, anche le meno colte, hanno avuto e sulle alunne italiane e sulle tedesche un effetto meraviglioso: sulle prime è passato come l’alito caldo della Patria; e gli anni di martirio e i martiri, pur senza diretta rievocazione, sono stati sentiti santi nella loro tragica necessità di essere, come forse mai prima; nelle seconde è stato come un piegarsi rassegnato dell’anima dinanzi a ciò che è perché deve essere, perché sarebbe ingiusto non fosse; in tutte un desiderio vivo d’amore, uno di quegli slanci che le anime giovanili hanno e il cui valore è eterno ed infinito, per collaborare al trionfo della pace e della giustizia, per preparare nel domani giorni migliori. […] Noi speriamo che queste conversazioni come quelle sull‘igiene infantile, condotte senza apparati di nomi tecnici, con l‘attenzione costantemente fissa alla capacità intellettuale di chi ci ascoltava, non siano state prive di efficaciaun paese si pensa al mezzo migliore di assimilare le nuove popolazioni; non soltanto se di razza e di idealità diverse, ma anche se, della medesima razza, siano vissute sotto governi differenti. Noi italiani, che dai Romani abbiamo avuto l’eredità del come si assoggettano e si unificano popolazioni diversissime, abbiamo, dopo la nostra unifica- di tutta l’Italia, spera di poter risparmiare ai fratelli le prove dolorose per le quali noi siamo passati. L’Opera Nazionale ha anzi una duplice finalità: 1) aiutare gli italianissimi delle nuove provincie a liberarsi della vernice austriaca e ad orientare la loro mentalità, i loro interessi verso l’Italia; 2) penetrare fra gli elementi tedeschi e slavi, compier vi opera di pacificazione, e nello stesso tempo porre un saldo argine alle influenze straniere. E anche l’Opera ha intuita la grande efficacia dell’azione esercitata sull’infanzia specialmente nelle zone in cui prevalgono gli slavi e i tedeschi e dove è indispensabile cominciare dalla penetrazione linguistica. […] Il Prof. Toniolo nelle sue lezioni di geografia regionale, non so se più da ammirare per la dottrina dello scienziato o per la forza di persuasione dell’oratore che è un vero artista della parola e un’anima accesa di italianità, ha convinto le alunne e le uditrici dei diritti dell’Italia all’Alto Adige: diritti geografici, storici, diritti sorgenti da necessità strategiche, militari, economiche; ha descritto con evidenza vivace luoghi e consuetudini, illustrando i caratteri geografici ed etnici dell’Alto Adige. Le lezioni dell’illustre professore, che la 25 zione politica, imparato anche, e spesso con prove dolorisissime, la difficoltà di assimilare popolazioni une di razza e in gran parte anche di idealità, ma con differenti esperienze storiche e disparati interessi materiali. Ce n’è voluto perché piemontesi, lombardi, liguri, calabresi si siano sentiti soltanto italiani! E‘ stata un’opera lenta, perché più che sui grandi, si doveva necessariamente agire sui piccoli; s’intuiva che bisognava affidarsi alle scuole per ottenere che le nuove generazioni venissero su, diverse e migliori dei padri. E Carlo Farini e Giuseppe Garibaldi e Lorenzo Valerio prendendo nel ’59 e nel ’60 il governo delle Romagne e delle Provincie meridionali e delle Marche, si preoccuparono. Ma date le condizioni speciali delle nuove provincie, queste finalità, anche se perfettamente raggiunte, non sarebbero state sufficienti. Non ci vogliono difatti soltanto maestre giardiniere migliori, più colte, più coscienti: occorrono maestre le quali siano efficace mezzo di pacificazione e di italianizzazione. Bisognava convincere le maestre tedesche del buon diritto italiano ad occupare quelle terre che esse chiamano le loro, e nello stesso tempo far sentire che l‘Italia non vuole con la violenza costringere nessuno a rinnegare la propria razza e le proprie idealità, vuole solo che i pochi elementi delle nuove provincie, i quali hanno davvero diritto di chiamarsi stranieri, ma che per fatalità storica Grandi speranze venivano dunque riposte nella scuola, vista come strumento principe di italianizzazione delle nuove generazioni. Il più delle volte, da parte delle autorità italiane e di chi operava all’interno delle istituzioni scolastiche, alla consapevolezza delle potenzialità di indottrinamento in senso nazionale offerte dalla scuola si accompagnava lo scetticismo riguardo alla possibilità di „recuperare“ all’italianità le generazioni già adulte. Lo esprimeva chiaramente in una sua lettera indirizzata al ministro della Pubblica Istruzione, il Provveditore agli studi della Venezia Tridentina Luigi Molina, che resse le sorti della scuola del Trentino e dell’Alto Adige per un lungo periodo, e cioè dall’avvento del fascismo al 1934. 29. Il Segretario Federale in visita alla Scuola “Regina Elena” di Bolzano, 1940. 26 devono seguire la sorte della maggioranza della popolazione, almeno non si sentano più estranei; vuole che i loro piccoli, apprendendo la lingua italiana ed educandosi alle idealità italiane, si sentano, adulti, figli, non nemici, della terra che li ospita; e questo più per il loro vantaggio che per quello dell‘Italia, troppo grande e forte ormai, perché l‘opposizione di un piccolo nucleo possa nuocerle. Le maestre italiane poi bisognava che capissero la delicatezza e la difficoltà della loro missione e nello stesso tempo ne sentissero tutto l‘orgoglio: ad esse infatti è affidato il compito sacro di contrapporre alle parole di odio e di scherno per l‘Italia, che i piccoli sentiranno forse dalle bocche materne, parole di amore e di reverenza; con la loro fede, con la loro intelligente bontà esse devono sapere influire più delle madri, più delle famiglie. Devono trovare nel loro istinto di maternità, nella loro idealità di bene, nel loro sentimento patriottico, la forza di essere loro le vere madri. E tutto ciò senza entusiasmi a freddo, senza superbe idee imperialistiche, senza urtare sentimenti e passioni legittime negli adulti. Anche questa finalità noi crediamo di averla in parte raggiunta e ce lo confermano queste parole fresche tolte dal compito dato alle alunne. Dice una signorina italiana d‘aver compreso che la forza italiana nell‘Alto Adige sta nel saper attendere, e nel lavorare con amore e con fede. Una tedesca dice: «Ho compreso che esi- stono fiori del nord e fiori del sud; tutti hanno un rispettivo profumo e colore, non manca che unirli in gentile vincolo di amore». Un‘altra tedesca assicura di avere compreso che la lingua italiana è bella e che l‘Italia aveva diritto di riprendere terre geograficamente e storicamente sue; che l‘amore e la concordia potranno però regnare ugualmente fra i due popoli di razza diversa ormai uniti da ragioni commerciali. […]” Fonte: Relazione del corso di perfezionamento per le educatrici dell’infanzia dell’Alto Adige, in “Schola. Bollettino del R. Provveditorato agli studi della Venezia Tridentina”, a. I, n. 1-2, novembre-dicembre 1923, pp. 14-22. 31. Sanvigo di Sarentino, 1937. 30. I Ludi Juveniles dell’anno XVIII del Fascismo (1940), nelle scuole primarie di Bolzano. Ministero della Pubblica Istruzione Il Sottosegretario di Stato 7 MAG 1927 Riservata Caro Suardo, 32. La Valle in Val Badia, 1937. La refezione scolastica. ti stralcio la parte di una lettera del R. Provveditore agli Studi per la Venezia Tridentina perché ritengo ti possa interessare: “Sento il dovere di dichiarare il mio profondo convincimento, basato sulla esperienza dei miei quattro anni di permanenza nella regione, e cioè che elementi allogeni veramente e sinceramente fedeli al regime all’Italia non ce n’è davvero in Alto Adige. Non vorrei essere considerato eccessivamente pessimista, quando dico che neppure i Podestà allogeni sono da considerarsi puri come acque di sorgente; poiché costoro sono soprattutto dei furbi, che si adattano abilmente alla situazione, che non è in loro potere di mutare. “Questa convinzione, che mi permetto di esprimere alla E.V., non implica affatto sfiducia nell’avvenire: tutt’altro! Essa si limita a negare alla generazione già adulta al momento della redenzione ogni possibilità di italianizzazione. Ed è cosa naturale ed in un certo senso anche 33. Riva di Marebbe, 1938. La befana fascista. provvidenziale, poiché l’Italia non avrebbe nulla di buono da attendersi da una popolazione, specialmente da quella del ceto borghese, facile a mutar bandiera. “Io ho invece molta fiducia nelle nuove generazioni, in quelle che crescono sotto i maestri italiani, perché esse respirano, per così dire, l’italianità nella scuola e risentono indelebilmente della indiscutibile superiorità della nostra opera educativa in confronto di quella della scuola tedesca. […]” E ti saluto cordialmente Bodrero A S. E. l’On. Conte Giacomo Suardo Sottosegretario di Stato per l’Interno (Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1928-30, 1/1-13/82). 34. Riva di Marebbe, 1938. 27 Negli stessi giorni in cui il provveditore Molina scriveva queste parole, anche il ministro all‘Istruzione Fedele ribadiva la sua estrema fiducia nelle possibilità offerte dalla scuola in quanto str umento di italianizzazione, rilevando anch‘egli il contegno piuttosto freddo e difficilmente modificabile della popolazione adulta, spe- cie della borghesia intellettuale. Le sue considerazioni al riguardo sono contenute in un rappor to da egli stesso inviato a Mussolini, che risulta particolarmente interessante perché offre un quadro completo delle modificazioni operate dal fascismo nel settore scolastico della Venezia Tridentina e della Venezia Giulia nei primi anni di go- verno. Fedele ci teneva a presentare la situazione in termini particolarmente positivi, mettendo in evidenza come le lingue tedesca e slovena fossero state ormai pressoché cancellate dalle scuole delle nuove province, nonostante la fastidiosa concorrenza di alcuni istituti medi privati, in primo luogo religiosi. Il ministro sosteneva che la situazione era profondamente mutata e che i giovani “allogeni” si iscrivevano sempre più numerosi alle organizzazioni giovanili fasciste, leggevano volentieri libri italiani, prendevano parte spontaneamente alle manifestazioni patriottiche e addirittura si facevano strumento di propaganda italiana all‘interno delle loro famiglie. 35. I professori del Vicentinum di Bresssanone, 1925. Ministero della Pubblica Istruzione Roma, addì 10 MAG 1927 Anno V° DIREZIONE GENERALE DELLA ISTRUZIONE MEDIA A S.E. Il Capo del Governo ROMA N. di Prot. 310/7105 OGGETTO: Situazione scolastica della Venezia Tridentina e Giulia La nostra azione assimilatrice nelle zone di confine e in particolare nella Venezia Tridentina e nella Venezia Giulia è in continuo e confortevole sviluppo. Quando si confronti la situazione del 1921/22 con quella presente, si può affermare senz‘altro che le condizioni sono radicalmente mutate. Infatti, non esiste più nessuno degli istituti medi con lingua d‘insegnamento tedesca; e ce n‘erano tre a Bolzano molto frequentati: un Liceo ginnasio riformato, un Istituto magistrale femminile e uno maschile. C‘erano un Istituto tecnico e un Ginnasio sloveno, entrambi a Idria, c’era un Istituto magistrale sloveno a Tolmino; non esistono più. Ormai si insegna unicamente in lingua italiana in tutti gli Istituti medi regi delle due Venezie, anche nelle classi superstiti degli Istituti alloglotti soppressi (Corso superiore del R. Istituto magistrale di Bolzano e del R. Istituto magistrale di Tolmino). E sono stati trasformati pure in italiani i Corsi inferiori del R. Istituto tecnico di Bolzano (tedesco) e del R. Istituto tecnico di Udine (sloveno). Le lingue tedesca, slovena e croata si insegnano ormai o come lingua straniera o in corsi speciali aggiunti; ma come lingua strumentale si usa esclusivamente l‘italiana. Due Licei ginnasi tedeschi privati, uno degli Agostiniani e l‘altro detto „Vincentinum“ in Bressanone hanno chiuso i loro battenti. Al posto degli istituti medi tedeschi, sloveni e croati si sono istituiti parecchi istituti italiani. E, infatti, ve ne sono tre a Bolzano: il R. Liceo ginnasio, il R. Istituto tecnico, la R. Scuola complementare, tre a Merano il R. Liceo ginnasio, il R. Liceo scientifico, la R. Scuola complementare, uno a Bressanone e precisamente un R. Liceo ginnasio, uno a Brunico e cioè un R. Ginnasio, eppoi un R. Ginnasio a Tolmino, una R. Scuola complementare a Tarvisio, una R. Scuola complementare a Idria, un R. Ginnasio ad Abbazia. La popolazione scolastica di tutti questi istituti è andata continuamente crescendo anche per l‘afflusso degli alloglotti che ormai cominciano ad apprezzare convenientemente le nostre istituzioni scolastiche. Infatti, sono complessivamente 1146 gli alunni alloglotti iscritti nell‘anno scolastico 1926/27 nei nostri istituti medi italiani. E più saranno in avvenire quando la trasformazione, già iniziatasi, degli istituti medi privati tedeschi in italiani (intendo parlare in modo speciale del Liceo ginnasio dei Francescani di Bolzano, del Liceo ginnasio dei Benedettini di Merano e dell‘Istituto tecnico comunale pure di Merano), sarà fra un paio d‘anni un fatto compiuto. Questi tre Istituti, infatti, che finora hanno fatto una temibile concorrenza alle nostre scuole di recente istituite, hanno complessivamente una popolazione scolastica di oltre 700 alunni. Accanto alla Scuola media è in graduale trasformazione anche la Scuola elementare; ormai sono trasformate tutte le scuole elementari alloglotte fino alla quarta classe compresa. E per l‘azione dell‘Opera nazionale per l‘infanzia redenta sono sorti e sorgono tuttavia asili infantili e corsi speciali serali per adulti che contribuiscono potentemente alla diffusione della nostra lingua e della nostra civiltà. Quando si ricordi che fino a quattro o cinque anni fa si discuteva se l‘italiano negli istituti medi tedeschi e slavi doveva insegnarsi, come 28 materia aggiunta, dalla prima o soltanto dalla seconda classe, quando diplomi e registri erano tedeschi o tutt‘al più bilingui, quando i Presidi non conoscevano che poche parole d‘italiano e tendevano a redigere la corrispondenza d‘ufficio in lingua tedesca o slava, quando i Comuni si rifiutavano di provvedere per la scuola i ritratti delle LL.MM. e le scuole non si curavano nemmeno di chiederli, quando la festa del 4 novembre era considerata giorno di lutto, quando gli alunni potevano scrivere nei loro compiti che la nostra era una occupazione provvisoria, bisogna riconoscere che oggi le cose sono profondamente mutate. Oggi gli alunni alloglotti si iscrivono sempre più numerosi ai Balilla o alle Avanguardie, leggono con piacere libri italiani che le biblioteche scolastiche loro offrono, leggono i nostri giornali, si abbonano al “Tricolore”, prendono parte alle nostre feste patriottiche, fanno essi stessi propaganda italiana nelle famiglie. Tutto questo è stato possibile, perché si è potuto svolgere con fermezza di propositi un piano bene elaborato; perché dalla Autorità scolastica centrale a quella regionale, dai Presidi ai professori delle varie scuole tutti sono stati animati da un unico, costante pensiero, la conquista spirituale della zona di confine. V.E. ha potuto vedere pochi giorni or sono, nel salone della Vittoria, una rappresentanza di questi nostri giovani alloglotti, fieri della loro divisa grigio-verde e della camicia nera, orgogliosi e commossi di essere salutati e benedetti con paterne parole da Chi governa la loro nuova Patria. Segnalo all’E.V. l’opera di quei nostri funzionari che, spesso, con loro grave disagio, fra la indifferenza o la larvata ostilità della popolazione, tengono alto il nome d‘Italia e si prodigano con abnegazione e sacrificio anche fuori della scuola con lezioni, conferenze e con ogni forma di propaganda. Ma l’opera nostra sarebbe pregiudicata, se, creati i nuovi strumenti per la nostra penetrazione spirituale, non li tenessimo pronti e sempre meglio efficienti. Occorre, infatti, ricordare che la popolazione, specialmente la borghesia intellettuale, dimostra finora un ossequio puramente esteriore, mantiene un contegno corretto, ci teme, forse anche ci apprezza, ma non è intimamente simpatizzante. La stima per noi aumenterà in ragione della serietà e della bontà dei nostri istituti, che, sforniti o quasi di quei mezzi potenti che sono tuttora a disposizione delle scuole private, hanno dovuto aspramente lottare per sostenerne la concorrenza. Bisogna quindi, portare i nostri istituti a un grado superiore di efficienza. […] IL MINISTRO Fedele (Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1928-30, 1/1-13/82). La “schizofrenia” dei giovani sudtirolesi Nella lettera inviata dal ministro all’Istruzione Fedele a Mussolini traspaiono la soddisfazione per i risultati raggiunti nell’opera di italianizzazione e di indottrinamento delle nuove generazioni e l‘ottimismo per le prospettive future. E‘ piuttosto facile imbattersi in rapporti ufficiali redatti dai responsabili delle autorità locali – prefetto e provveditore agli studi in prima fila – in cui scolari e studenti sudtirolesi appaiono felicemente integrati nella struttura scolastica e nell’organizzazione del tempo libero approntata dal regime. Secondo tali interpretazioni, grazie alla frequenza della scuola italiana e fascista e all’iscrizione alle organizzazioni giovanili fasciste, bambini e ragazzi di lingua tedesca erano già divenuti convinti balilla ed avanguardisti e di lì a poco sarebbero stati fascisti di provata fede. Per dei giovani nati e cresciuti sotto il fascismo e costretti a frequentare una scuola che negava alla radice la loro appartenenza linguistica e che si poneva 36. Cartolina postale di Rudolf Stolz, la cui vendita finanziava le scuole clandestine. come obiettivo principale - in Alto Adige come nel resto d’Italia - la fascistizzazione delle nuove generazioni, era impossibile non subire condizionamenti nella direzio- ne voluta dal regime. Sicuramente la scuola fascista riuscì in molti casi nel suo compito di irreggimentazione e inquadramento, ma c’è da dubitare che il successo da essa ottenuto fosse totalitario così come tante volte sostenuto dalle autorità locali. Da parte di queste ultime si nota spesso la tendenza ad offrire della situazione politica della provincia di confine un’immagine migliore di quella reale, probabilmente per vantare a Roma successi che in realtà erano inesistenti o che vanno comunque ridimensionati. Ad impedire nel settore scolastico i risultati sperati vi erano diversi fattori. Innanzitutto la scuola fascista lasciò sempre ampi margini di autonomia alle istituzioni scolastiche di impronta religiosa che per tutto il corso del ventennio riuscirono a garantire ai loro frequentanti un insegnamento in lingua tedesca non completamente allineato alla propaganda di regime. Le scuole medie confessionali, i diffusissimi giornalini scolastici tedeschi di impronta cattolica6 - in primo luogo “Der kleine Postillon” e “Die Jugendwacht” – e la fitta rete delle cosiddette Katakombenschule, non di rado animate proprio da esponenti 29 37. Abbecedario di Rudolf Mali per le Katakombenschulen. del clero locale, rappresentarono importanti fattori di ostacolo alle velleità di penetrazione fascista. Ma l’impedimento maggiore stava probabilmente nell’ambiente familiare nel quale erano immersi i giovani da italianizzare e fascistizzare e che nella stragrande maggioranza dei casi si dimostrava profondamente ostile al regime. All’interno della famiglia si operava una sorta di “contro-educazione” che il più delle volte vanificava, in tutto o in parte, gli sforzi della scuola e delle organizzazioni giovanili fasciste. Naturalmente ciò non avveniva senza provocare disagio e disorientamento nei ragazzi, fatti oggetto di messaggi e prescrizioni in forte contrasto tra loro. Nel brano che segue Claus Gatterer ha messo bene in evidenza l’atteggiamento “schizofrenico” al quale erano costretti i bambini delle minoranze tedesca e slava durante il fascismo, rilevando anche come nella maggior parte dei casi ad avere la meglio fosse il modello educativo proposto dalla famiglia e dalla chiesa locale. La propaganda violentemente antitedesca trasmessa attraverso la scuola e in totale contrasto con il modello culturale veicolato dall’ambiente familiare e sociale nel quale il giovane era inserito, produceva spesso l’effetto contrario a quello desiderato, provocando talvolta un odio profondo verso tutto quanto era italiano e l’esasperazione della propria appartenenza al mondo tedesco. 30 “Quale fosse il risultato dell‘«italianizzazione del sentimento» dei bambini è documentato da due episodi. In un comune della provincia di Fiume, una maestra dettò agli scolari: «O fanciulli, com’è bella, com’è grande l’Italia nostra. Benito Mussolini la vuole ancor più bella e più grande». Uno scolaro croato di 12 anni scrisse «brutta» e «piccola» invece di «bella» e «grande». Lo scolaro si chiamava Giovanni Iscra. La maestra fece rapporto e intervennero le autorità. Il questore di Fiume riferì così dell‘«indagine» svolta: «Opportunamente interrogato, (lo scolaro) ha dichiarato di aver sentito dire lo stesso dai compagni (…). Ha soggiunto a mia richiesta di aver sentito parlare male dell’Italia in casa propria dai genitori, quando sono arrabbiati per dover pagare tasse, ecc., ed infine mi ha detto esplicitamente che quello che i suoi dicono in casa viene detto dal parroco don Michele Huso, specificando che costui dice che si stava meglio prima sotto gli austriaci, che ora si pagano molte tasse e che manca il lavoro. (…) La responsabilità di tali manifestazioni antitaliane risale proprio al suddetto ecclesiastico; gli adulti ripetono in famiglia quello che egli dice in chiesa, cose che non si perita di dire anche ai bambini; e naturalmente costoro crescono poi con sentimenti ostili alla patria e al regime. (…) Ciò posto (…), ho creduto opportuno (…) di iniziare le pratiche per inviare detto scolaro in una casa di correzione». Di un analogo, sintomatico episodio, avvenuto a Gorizia, ha riferito Salvemini: «Nel gennaio 1931, nel perquisire una casa slovena (…), la polizia scoprì il disegno di un uomo inginocchiato, curvo sotto il peso delle catene, che aspettava la spada del boia. Il boia portava il nome di Vittorio Emanuele III re d’Italia, mentre l’uomo condannato rappresentava il “popolo sloveno“. Questa scoperta fu seguita dall’arresto del pittore in erba che aveva disegnato quel capolavoro di verità. Fra le sue carte c’era una lista di quindici compagni di scuola. Tutti, fra i 10 e i 16 anni, furono arrestati. Confermarono di aver fondato (una) società segreta (…) allo scopo di far saltare in aria un ponte ferroviario. I giovani delinquenti avrebbero dovuto essere processati e condannati dal Tribunale speciale (…). Dopo aver meditato sull’argomento per due mesi, Mussolini ordinò che i ragazzi fossero rilasciati». Questi furono casi estremi, certo, ma illustrano bene il risultato psicologico della politica scolastica di snazionalizzazione. I bambini delle minoranze – ancor più di quanto generalmente accada a tutti i ragazzi negli Stati a regime dittatoriale – apprendevano fin dalla scuola un comportamento schizofrenico. A casa, in famiglia, Cesare Battisti o Guglielmo Oberdan passavano per «traditori»; a scuola erano esaltati come eroi. I padri della maggior parte di quei bambini avevano partecipato – più o meno volentieri – alla guerra mondiale dalla parte austriaca. E adesso a scuola si insegnava che i soldati austriaci erano barbari, disumani, crudeli; i bambini dovevano ripeterlo durante le ore di storia, e loro recitavano la lezione, scrivevano i compitini come era prescritto, però sapevano che li stavano costringendo a dire e a scrivere delle cose non vere. C’è da stupirsi che considerassero non vero tutto quello che gli italiani - maestri e non – dicevano loro? Che attribuissero agli italiani, nella loro fantasia, tutto quello che i testi scolastici addossavano ai loro padri? Scuole tedesche in Sudtirolo e scuole slave nella Venezia Giulia non sarebbero mai riuscite a suscitare e a diffondere tanto odio per l’Italia quanto ne scaturì dalle scuole italiane imposte ai bambini di questi territori”. (GATTERER C., In lotta contro Roma. Cittadini, minoranze e autonomie in Italia, Bolzano 1994, pp. 529-530). Claus Gatterer Claus Gatterer (Sesto Pusteria 1924- Vienna 1984), giornalista, storico, scrittore; lavora a Bolzano e poi a Vienna, dove diventa redattore della ÖRF (Radiotelevisione austriaca). Sviluppa studi e ricerche sulla storia del Sudtirolo in un contesto europeo ed internazionale, ponendo l’accento sulla questione delle minoranze linguistiche in Europa, sui diritti dei popoli e sulla necessità di intensificare gli studi storici, per dare quiete alla memoria e per costruire insieme la distanza che fa dei fatti collettivi le storie. Dal suo contributo di ricerche e di riflessioni è nata una vera e propria “corrente storiografica” nuova, capace di “andare oltre” la contrapposizione tra gruppi etnici per fare del “contesto storico” un reale luogo di confronto culturale, aldilà dei pregiudizi o dei nazionalismi che da sempre avevano ispirato le due “storiografie nazionali”. Le sue opere sono pubblicate in italiano dalla casa editrice Praxis 3 di Bolzano. GATTERER C., Bel Paese – Brutta Gente: romanzo autobiografico dentro le tensioni di una regione europea di confine, Bolzano 1989. GATTERER C., Cesare Battisti. Ritratto di un “alto traditore”, La Nuova Italia, Firenze 1969. GATTERER C., In lotta contro Roma, Bolzano 1995. GATTERER C., Italiani maledetti – Maledetti Austriaci. L’inimicizia ereditaria, Bolzano 1986. Se nel brano che abbiamo appena letto Claus Gatterer sottolinea le sollecitazioni contrastanti che si esercitavano sui bambini sudtirolesi fin dai primissimi anni di scuola, in quello che segue lo stesso Gatterer ricostruisce alcuni aspetti della vita all’interno del seminario di Bressanone. Era questo uno degli istituti medi confessionali mantenuti in vita dal fascismo in virtù dell’accordo concordatario intercorso tra regime e chiesa cattolica. Le lezioni vi si tenevano in tedesco e, nonostante l’obbligo di insegnarvi la dottrina del fascismo, la Kiste – così viene chiamato il seminario da Gatterer – rappresentava in parte una zona franca, una piccola scatola, appunto, al cui interno il frastuono prodotto dal regime giungeva attutito. Ciò nonostante, anche all’interno della Kiste erano inevitabili compromessi ed espedienti, mentre sistematico diveniva il ricorso alla menzogna. Nei temi in classe di carattere politico, gli studenti avevano imparato a mentire senza alcun imbarazzo, simulando - „in una sorta di agone sportivo“ – un inesistente attaccamento al fascismo, ai suoi riti e ai suoi valori. I ragazzi facevano a gara a chi appariva il miglior fascista, utilizzando la tattica della doppiezza quale strumento di sopravvivenza. Si trattava dell’ennesimo guasto morale provocato dal regime alle nuove generazioni, strette tra l’accettazione acritica delle parole d’ordine del fascismo e il ricorso alla dissimulazione. Ciò che qui preme sottolineare è che la presenza nella prosa dei giovani cresciuti sotto il fascismo della retorica propria della propaganda, non indica necessariamente l’adesione viva e profonda al regime, così come in certi casi si potrebbe frettolosamente ritenere. In questo errore incorrevano talvolta le stesse autorità pubbliche italiane, che da manifestazioni esteriori di assenso al fascismo desumevano inesistenti successi nell’opera di penetrazione. 38 “Dato che il compito della kiste non stava soltanto nel prepararci alla maturità richiesta per passare al seminario maggiore, ma anche alla maturità esterna, cioè a quegli esami di Stato che gli studenti delle scuole private devono sostenere rispettivamente dopo il quinto e l’ottavo anno, i nostri professori erano servi di due padroni il cui verbo e la cui autorità spesso si escludevano reciprocamente. Quando, dopo una dettagliata lezione di filosofia su Platone e Cartesio, su Aristotele e Vico, su Kant e Hegel apprendevamo nella roboante Dottrina del Fascismo, lettura d’obbligo per i maturandi, che l’azione aveva per sempre seppellito la filosofia anche quella di Agostino e dell’Aquinate, il nostro professore, che aveva il dovere di non adombrare alcuna autorità costituita, veniva a trovarsi con le spalle al muro. Numerose contraddizioni di questo genere creavano quel propellente esplosivo che lanciava come tanti razzi le nostre domande in tutte le direzioni del firmamento. C’erano professori che erano talmente convinti della loro autorità che consideravano ogni dubbio e ogni domanda come trasgressione alla disciplina. Ma c’erano anche quelli cui non dispiaceva intuire l’origine dei nostri dubbi e che rispondevano per lo meno con un altro dubbio. Sono proprio questi gli insegnanti che oggi ai miei occhi appaiono come le vere cime dell’insegnamento. - Ma questo non serve per gli esami di Stato - aggiungeva a commento il nostro professore di storia, un ometto dalla pancetta rotonda e il naso a patata come quello di Socrate quando, deviando dalla strada lastricata dalle bugie delle certezze proclamate, privatamente ci raccontava la verità su questo o quell’episodio storico. Ciò che noi volevamo non era maggior sapere «per gli esa38. Gaido e Brugo, La fanciulla laboriosa, tabel- mi di Stato» ma un po‘ di certezza per noi. Gli esami di Stato? Di quelli non avevamo paura, ci saremmo facilmente arrangiati. Non ci avevano forse insegnato a mentire? L’avevamo imparato; e avevamo imparato a mentire senza arrossire. Nei temi politici di italiano facevamo a gara a chi riusciva ad essere il miglior fascista, a chi riusciva a mettere il maggior numero di citazioni mussoliniane, a chi sapeva più neologismi fascisti e ad usarli correttamente. Considerando l’obbligo alla doppiezza come invito alla canzonatura, sfuggivamo l’ottusa desolazione di questi temi politici, che secondo le alte intenzioni dovevano essere testimonianza di vera educazione e dimostrazione di radicati principi, rifugiandoci in una sorta di agone sportivo nel quale era non l’educazione ma l’ammaestramento, non i sentimenti ma la mistificazione dei sentimenti a portarci i voti migliori e la gioia di averli ottenuti. […] Dai giornali sapevamo che la folla era «galvanizzata» o «elettrizzata», che era doveroso «sensibilizzare» le legittime richieste della nazione per «zittire» i nemici interni. La «campagna demografica» iniziata in quei tempi e per la quale fu espressamente istituito un Ordine del Nastro Bianco condusse la «generosa prolificità» italiana, grazie alla «gioiosa virilità dei suoi maschi» e al «fertile grembo» delle sue donne, al massimo sviluppo. Quale altra nazione visse come la nostra quelle feste del fascio littorio dove in una sola città duemilaseicentoventi coppie andarono all’altare nello stesso giorno in un «solenne pellegrinaggio dell’amore» e subito dopo il «sì» con un collettivo telegramma al Duce promisero «tanti piccoli Balilla entro l’anno»? L’Italia del domani doveva essere una «primavera di culle» in modo che le nostre prestazioni fossero ancora più marziali ed empissero il mondo del «ruggito della nostra lone didattico, primi del Novecento. 31 potenza». Il nostro Cesare, il «Condottiero dei Condottieri» brandendo la sacra spada dell’Islam, l’arma allora più di moda, cavalcava «sullo splendente cavallo bianco alla testa del suo popolo». Da questa grande riserva di materia prima attingevamo a piene mani per confezionare i nostri saggi su temi come «Il futuro dell’Italia è sul mare», oppure «Della fatalità della vittoriosa marcia delle potenze totalitarie». Con la fronte bagnata di sudore, mentre il professore guardava dalla finestra, il mio compagno di banco mi chiese mormorando tra i denti: - Ti prego, dimmi ancora una frase di Mussolini. Ti do in cambio il panino della mia merenda. Fui generoso: - «Si dia alle masse la possibilità quotidia39. Pubblicità per l’editoria per ragazzi, “L’Economia Nazionale”, 1928. 40. Libretto di lavoro di un optante per il Terzo Reich, 1940. Il sostanziale insuccesso del tentativo di italianizzazione e di fascistizzazione delle giovani generazioni operato attraverso la scuola e le organizzazioni giovanili legate al partito, apparve chiaro nel corso degli anni trenta. L’ascesa al potere di Hitler nel 1933, provocò un immediato quanto deciso rafforzamento dei nazisti locali che accentuarono i loro toni irredentisti ed anti-italiani. La propaganda nazionalsocialista trovava terreno fertile soprattutto tra le nuove generazioni di sudtirolesi che, a differenza dei più anziani presso i quali era ancora vivo il mito dell’impero austro-ungarico, riponevano più facilmente le loro speranze di redenzione nazionale nella Germania animata da nuove aspirazioni di grandezza piuttosto che nella piccola e debole Austria. Inizialmente le autorità italiane non si erano eccessivamente preoccupate dell’infiltrazione nazista in Alto Adige ed avevano anzi sottolineato le affinità ideologiche tra il movimento germanico e il fascismo italiano7 . Nei suoi frequenti rapporti inviati al ministero dell’Interno, il prefetto Marziali aveva sempre minimizzato il pericolo rappresentato dalla diffusione del movimento hitleriano, presentando al contempo un’immagine eccessivamente ottimistica di una provincia ormai normalizzata nella quale la presenza fascista diveniva sempre più radicata anche tra la popolazione di lingua tedesca8 . Di fronte al sempre più evidente radicamento del nazismo e al moltiplicarsi degli episodi di 32 na di saziarsi e così si spinge inesorabilmente il popolo nelle braccia della borghesia». - Ostia! – esclamò mettendosi a scrivere. Dopo un poco: - Ne hai un’altra? Per la conclusione. Ti do in cambio… Ed io gli dettavo: «Preferiamo essere temuti. Ce ne freghiamo dell’odio degli altri perché lo contraccambiamo». Quel «perché» non era molto logico, ma in fondo cosa c’era di logico a quei tempi?” GATTERER C., Bel paese brutta gente, Bolzano, 1989, pp. 262-266. La penetrazione del nazismo e il fallimento dell’educazione fascista 41 40 aperta ribellione nei confronti delle autorità italiane e di disprezzo verso i simboli dell’italianità, gli errori di valutazione del prefetto apparvero evidenti e, nel settembre 1933, si operò il cambio della guardia tra Marziali e Mastromattei. Con quest’ultimo ebbe inizio la nuova fase della politica fascista che, consapevole del fallimento del tentativo perseguito fino a quel momento di italianizzare la popolazione di lingua tedesca essenzialmente attraverso misure di carattere legislativo, mirava al progressivo ribaltamento della proporzione numerica tra tedeschi e italiani, tramite il massiccio innesto di popolazione proveniente dal resto della penisola9. Non si trattava più tanto di per- seguire la trasformazione in italiani dei sudtirolesi, ma piuttosto di facilitare l’arrivo di un così alto numero di “regnicoli” da scardinare l’esistente equilibrio etnico che ancora era a favore dei tedeschi. E’indicativo notare come la maggiore diffusione del movimento nazista in chiave anti-italiana si ebbe proprio tra i più giovani, a dimostrazione dell‘infondatezza delle tante volte ribadite cer tezze sulla facilità di forgiare a proprio piacimento le nuove leve. I documenti che seguono dimostrano la progressiva presa di coscienza da par te di diverse autorità statali di fronte al crescente e preoccupante successo del nazismo all’in- terno delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. Nel primo caso si tratta di un rapporto inviato al proprio preside da un insegnante della scuola di avviamento professionale di Ortisei, nel quale si sostiene, tra le altre cose, che la penetrazione del nazismo interessava anche studenti iscritti alle organizzazioni giovanili fasciste. Il secondo documento è una lettera inviata dal ministro dell’Educazione Nazionale alla Presidenza del Consiglio, nella quale si rende noto l’esito di un’indagine che aveva messo in luce l’esistenza di una associazione clandestina di ispirazione anti-italiana, alla quale appartenevano numerosi studenti del R. Liceo Ginnasio di Bressanone, alcuni dei quali iscritti al partito fascista o alle sue organizzazioni. Seguono infine due rapporti redatti dal questore di Bolzano e inviati al ministero dell’Interno, dove la constatazione della penetrazione nazista tra i giovani e del fallimento dell’opera pedagogica del fascismo assume toni estr emamente lucidi e disincantati. Le parole del questore Norcia sono interessanti anche per altri motivi. Il capo della polizia bolzanina rilevava come la diffusa ostilità verso il fascismo dimostrata dalla popolazione locale doveva intendersi come mera avversione al dominio italiano sul Sudtirolo e non come opposizione sociale e politica al regime dittatoriale. Si trattava, in altre parole, di ribellione contro il confine del Brennero e alle più odiose misure snazionalizzatrici prese dal regime, e non di un‘opposizione chiara e consapevole al totalitarismo fascista come ideologia oppressiva, espressione di determinati interessi di classe10. In questo senso, a preoccupare di più erano gli operai destinati alla zona industriale di Bolzano, tra i quali non poteva escludersi la presenza di elementi sovversivi. In questo, come in molti altri casi, esponenti delle istituzioni statali italiane dimostravano di temere le manifestazioni anti-nazionali dei sudtirolesi, ma di apprezzare il loro rispetto per le autorità costituite e la loro avversità ad ogni forma di protesta sociale. 42 R. CORSO BIENNALE DI AVVIAMENTO PROFESSIONALE DI ORTISEI N. 134 Ortisei, 8 marzo 1934/XII OGGETTO – Situazione politica di una classe. Al R. Direttore del Corso Cav. Lodovico D O N A T I Egregio Direttore, mi permetto manifestarLe un mio punto di vista sulla situazione politica della 2^ classe di questo corso. Gli alunni maschi vanno da qualche tempo subendo una certa modificazione nel modo di pensare nei riguardi della politica. Tale modificazione è man mano aumentata accentuandosi negli ultimi tempi. E‘ bene premettere che trattandosi di alunni che hanno già una certa età (circa dai 12 ai 14 anni), sono già in grado di potersi esprimere come loro conviene e di dare eventuali giudizi, perciò si possono tenere responsabili delle proprie parole. Ora ho notato che per opere di certe infiltrazioni di cui non potrei precisare l’origine, viene manifestandosi una corrente di simpatia per tutto ciò che si fa e si dice Oltralpe. Gli alunni sono sempre informati degli avvenimenti tedeschi e austriaci che vanno commentando con interesse, simpatizzando per Hitler. Alcune espressioni raccolte dalla bocca di qualche temerario nelle ore di cultura fascista, hanno manifestato chiaramente l’incompatibilità per tutto ciò che è italiano e fascista. Cosa grave per chi ha il compito nel nostro caso d’insegnanti, di lottare per giungere a formare una coscenza (sic) nazionale in questa zona di confine. Ciò non è neppur conciliabile con i sentimenti di ogni benpensante, purchè non voglia essere tedesco a tutti i costi. E‘ giustificabile il fatto che in coscienza di educatori ci si senta punti nel vivo poiché la nostra missione viene ad essere fortemente ostacolata. Chi è colpevole di tali infiltrazioni non è un solo alunno ma alcuni che in parte appartengono con poco onore alle organizzazioni giovanili. Gli utili avvertimenti ai ragazzi non sono mancati e posso sperare che in seguito non abbiano a verificarsi incidenti. La propaganda deleteria dovrà del tutto cessare e non mancherò di tenerLa informata su tale situazione, specialmente nel caso che fosse necessario intervenire con eventuali provvedimenti. Ora dato che il pericolo sembra circoscritto a quei pochi elementi che sono ritenuti colpevoli, ritengo opportuno procedere cautamente, facendo da parte nostra opera di persuasione. Allo stato di cose è bene che sia messo in luce affinché ci si possa mettere sulle difese contro chi tentasse minacciare l’opera educativa della scuola italiana in Alto Adige. Ossequi vivissimi L’Insegnante f.to Luigi Amicabile 41. Pagano G., Pubblicazioni mussoliniane, 1939. (Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1934-36, 1/1-13/680). 42. Fratelli Stolz, La comunità di popolo, 1939. 33 Roma, 21 NOV 1934 Anno XIII E.F. Ministero dell’Educazione Nazionale DIREZIONE GENERALE DELLA ISTRUZIONE MEDIA, CLASSICA, SCIENTIFICA, MAGISTRALE All’Ecc/ma Presidenza del Consiglio dei Ministri ROMA Divisione II^ Prot. N. 8616 OGGETTO: Alunno Mellauner ed altri. Dalle Autorità scolastiche questo Ministero è stato informato che l’Autorità politica scopriva nel giugno scorso in Bressanone un’associazione tedesca clandestina denominata „Laurinia“ della quale facevano parte 17 studenti del R.Liceo Ginnasio ; alcuni di questi avevano partecipato il 26 maggio ad una riunione, in cui erano stati tenuti discorsi di carattere antinazionale da certo Dott. Dejaco e dallo studente Tausch, della terza liceale. Per essersi riuniti il 14 giugno, alla fine dell’anno scolastico, in un pubblico esercizio cantando canzoni tadesche, furono inoltre tratti in arresto undici studenti, rilasciati al mattino, tranne il Tausch, che si trovava fra di essi. Degli studenti iscritti all’associazione „Laurinia“ uno – Kustacher Giuseppe di prima liceale – era avanguardista; uno – Fissneider Giovanni di quarta ginnasiale – era iscritto al Fascio giovanile; un terzo – appunto il Mellauner – era iscritto al Fascio di Bressanone. In attesa delle decisioni delle Autorità politiche, le Autorità scolastiche ammisero i giovani – tranne il Tausch, che era in arresto – agli scrutini ed agli esami, sotto condizione delle eventuali sanzioni disciplinari in cui dovesse ritenersi fossero essi incorsi. Successivamente le Autorità politiche informarono che i tre giovani iscritti alle organizzazioni fasciste ne erano stati espulsi con la motivazione „per essere venuti meno al giuramento di fedeltà alla Causa della Rivoluzione“; e le Autorità scolastiche chiedono istruzioni circa le decisioni definitive da adottare. […] IL MINISTRO (Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1934-36, 5/4/2797). 43 25 34 44 RISERVATA - RACCOMANDATA REGIA QUESTURA DI BOLZANO Div. Gab. – N.° 02247 Addì 30/1/1938 XVI° On/le Ministero dell’Interno Direzione Generale della P.S. Roma Con riferimento al dispaccio Ministeriale 26 volgente n° 2742/441/01250, mi pregio comunicare che la situazione politica di questa Provincia permane immutata senza tuttavia presentare sintomi di pericolo nel senso di probabili turbative dell’ordine pubblico. Gli episodii di ostilità da parte degli elementi allogeni sono invero meno numerosi e di minor rilievo, ma in tale constatazione non è da vedersi un miglioramento della situazione perché la minor somma delle piccole manifestazioni e degli atti di insofferenza, è indubbiamente dovuta al maggior controllo che ognuno sa imporsi dopo gli esemplari provvedimenti di polizia fin qui adottati in confronto di ogni convinto responsabile di atti antitaliani. L’azione di resistenza passiva continua a perseguirsi nella cerchia ristretta dei nuclei familiari ed è da ritenersi sorretta ancora validamente dal clero, i cui rappresentanti hanno solo apparentemente nella forma, modificato il primitivo atteggiamento di opposizione. E‘ da rilevarsi come le manifestazioni ostili note e perseguite da questo Ufficio siano opera prevalentemente di elemento giovanile, ciò che indica chiaramente come l’educazione della gioventù sia ancora asservita ai vecchi elementi irredentisti o nazisti malgrado la formale adesione e partecipazione alle Organizzazioni della G.I.L. Della breve classifica qui allegata merita speciale menzione l’episodio relativo all’arresto per propaganda irredentistica svolta tra i giovani, dell’allogeno ventenne BAUER Francesco, già iscritto al Fascio Giovanile di Tirolo, il quale aveva fissato dei „corrispondenti“ pure giovani, in vari comuni e con questi si teneva in contatto emanando istruzioni sulle modalità di resistenza alla penetrazione italiana, sul mantenimento degli usi e costumi tedeschi, etc. Confermo quanto ebbi l’onore di esporre in precedenti mie relazioni informative che il movimento sovversivo di carattere rivoluzionario ed antifascista non si è finora rivelato con alcun sintomo in questa Provincia dove la grande maggioranza della opposizione professa sentimenti antinazionali con aspirazioni a modificazioni territoriali politiche e non antisociali. E‘ da prevedersi che in avvenire, collo sviluppo della Zona industriale e la conseguente importazione di sempre più numerosa mano d’opera dalle Provincie dell’interno, si dovranno registrare sintomi, ora inavvertiti, di propaganda sovversiva; ciò non ostante che il servizio informativo sugli elementi importati proceda con meticolosa cura. Nel momento attuale, considerato immutato anche all’atto della prossima visita in Italia del Capo del Governo Germanico, non si ritiene possano verificarsi fatti interessanti seriamente l’ordine pubblico. Prevedesi fin d’ora che le grandi adunate di omaggio pel transito del Führer nel territorio della Provincia, per l’adesione studiata di tutti gli allogeni di sentimenti nazisti, riusciranno imponenti fornendo un nuovo e più esatto elemento di valutazione delle forze ostili che inconsciamente si scopriranno in tale occasione. 45 IL QUESTORE F.to Norcia (Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Divisione affari generali e riservati, 1941, cat. K1 B15, b. 49, fasc. Bolzano). 46 47 43. Katakombenschule in val Sarentino, anni Trenta. 44. Katakombenschule, Aslago, Bolzano 1933. 45. Libro di lettura per i corsi di tedesco per optanti, 1940. 46. Pagella di scuola elementare, 1935. 47. Testata de “Il Balilla dell’Alto Adige”, 1928. 35 REGIA QUESTURA DI BOLZANO Div: Gab. N. 017271 Addì 31 / 5 / 1938 Anno XVI Risposta a nota N. telegr. 19841/441/024344 del 30 corr. OGGETTO: Relazione sugli episodi di carattere sovversivo ed antinazionale sulla situazione politico-economica della Provincia. RISERVATISSIMA - alleg. 1 On/le Ministero dell’Interno Direzione Generale della P.S. ROMA Nel rimettere a codesto On/le Ministero il prospetto relativo agli episodii di carattere sovversivo od antinazionale, verificatisi nel corso del trimestre che si chiude oggi, mi permetto porre in rilievo la natura dei numerosi episodi elencati che appaiono, nella quasi totalità, espressione di sentimenti antinazionali ed irredentistici nazisti. Si conferma pertanto che in questa Provincia, la concezione della lotta sociale di classe propugnata dai partiti rivoluzionarii comunisti non ha rilevabile seguito né diffusione, mentre l’ostilità alle Istituzioni ed al Partito appare indirettamente come oggetto di offesa nelle manifestazioni di resistenza inspirate dalla concezione irredentistica e nazista professata dalla maggioranza della popolazione allogena. Questa infatti, continua una resistenza tenace, minuta e capillare in ogni manifestazione di vita individuale famigliare e sociale per ostacolare, come di fatto contrasta, ogni provvidenza diretta a favorire la penetrazione italiana al cui fine convergono gli sforzi di tutte le Autorità. Prima degli storici avvenimenti d’Austria pareva che la situazione politica e l’azione di resistenza della popolazione locale avesse tendenza a diminuire di intensità, ed infatti erasi desunta una tale speranza dalla constatata sensibile diminuzione dello stillicidio di piccoli episodii di insofferenza registrata nel primo trimestre del corrente anno. Gli avvenimenti predetti, per la stessa forma rapida e diffusa dell’azione militare di occupazione del territorio austriaco, hanno favorito lo sviluppo di notizie false, che giunsero perfino a convincere gli abitanti della montagna lontani dai centri comunali, dell’avvenuta occupazione di questa Provincia fino ai confini (affermati tedeschi) di Salorno. In tale clima, i mal celati e compressi sentimenti nazisti della massa giovanile di questa popolazione allogena, non poterono più contenersi ed esplosero negli episodii, invero numerosi, sommariamente segnalati nel prospetto qui unito che, è opportuno avvertire, non raccoglie tutti gli episodii accertati ed acquisiti a questi atti, perché una parte di questi non sono stati singolarmente rilevati per la loro pochezza intrinseca sia per le persone dei minori che furono protagonisti, sia perché il perseguirli ad ogni costo potrebbe portare inutile gravame di indagine che allenterebbe l’azione di persecuzione dei fatti più degni. Tali piccoli episodii sono tuttavia da considerarsi nel loro complesso per formarsi una visione d’insieme della diffusione che mantiene il sentimento di ostilità alla Patria acquisita dai nuovi nostri concittadini. Sono i citati episodii manifestazioni di ragazzi e bambini che tracciano croci uncinate naziste con gesso furtivamente sulle lavagne, banchi delle scuole, e sui perimetri delle chiese, che emettono grida di „heil Hitler“ quando avvistano in transito auto con guidatori tedeschi, che esprimono i loro sentimenti tedeschi nello stesso svolgimento dei temi scolastici. Se di poco rilievo per proporzione materiale, questi episodii sono forse i più significativi e per noi importanti perché stanno ad affermare come l’educazione tedesca per il tedeschismo venga persistentemente praticata nelle famiglie e nelle chiese senza che lo sforzo di educazione italiana perseguita, pur tenacemente, dai nostri maestri, sia fin qui riuscito se non ad arrestarla almeno ad allentarla sulle nuove generazioni nate e cresciute in clima e terra ormai italiana. […] IL QUESTORE Norcia (Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Divisione affari generali e riservati, 1941, cat. K1 B15, b. 49, fasc. Bolzano). 48. Moro F., Terra feconda, primi del Novecento. 36 Una canzone proibita e le indagini delle autorità italiane L’ultima serie di documenti riguarda un episodio specifico occorso nel 1934 in una quarta classe della scuola “Regina Elena“ di Bolzano. Il direttore dell’istituto Rainerum rendeva noto all’ispettore scolastico Dalpiaz di essere venuto a conoscenza che uno scolaro della scuola “Regina Elena“ andava insegnando ai suoi compagni di classe una canzone in tedesco offensiva del duce e del re ed inneggiante ad Hitler. In seguito a tale segnalazione ebbe inizio una vera e propria inchiesta ad opera delle 50 autorità scolastiche che – come emerge dal rapporto di Dalpiaz al provveditore agli studi – svolsero serrati interrogatori dei bambini implicati nell’accaduto. Le conclusioni di Dalpiaz erano inequivocabili: la canzone incriminata era da molti mesi a conoscenza di numerosi alunni del capolugogo e di altri centri della provincia ed era evidente che la simpatia per il nazismo all’interno dei giovani sudtirolesi stava assumendo le caratteristiche di un fenomeno di massa, mentre cresceva la speranza in un intervento di Hitler capace di staccare il Sudtirolo dall’Italia. Oltre ad illustrare il fallimento dell’inquadramento fascista dei bambini nati e 51 cresciuti sotto il regime, questo episodio rappresenta un esempio tipico del controllo di tipo poliziesco che la dittatura 49. Il saluto romano. voleva esercitare su ogni momento della 50. Caricatura in “Semplicissimus”, 1927. vita pubblica e privata. Una canzone 51. Benito Mussolini, Il Libro della seconda classe, 1939. inneggiata da ragazzini di 12 o 14 anni 49 diveniva un evento politico di rilievo, provocando inchieste e interrogatori di adulti e bambini, con questi ultimi considerati Bolzano 25 marzo 1934-XII quasi alla stregua di pericolosi cospiratori. AL REGIO ISPETTORE SCOLASTICO DI BOLZANO Sono a conoscenza di un fatto grave avvenuto nella quarta classe A della Scuola Regina Elena da parte di uno scolaro, certo Streitberger, riferentesi a offese gravi a S.M. il Re e a S.E. Benito Mussolini. Il fatto consiste di una canzone in tedesco che detto ragazzo va narrando ai suoi compagni, il cui significato è assai offensivo ed immorale. Eccone il testo: Vater unser der du bist hau den Mussolini auf den Mist, Und den Koenig dazun Dann hat der Hitler seine Ruh. E’ necessario aprire una pronta inchiesta e reprimere fin dall’inizio il male. Con ossequi Insegnante: Marzari 37 52. Gaido, Non deridere i disgraziati, tabellone didattico, primi del Novecento. R. ISPETTORE SCOLASTICO BOLZANO n.445 C.A. Bolzano 29 marzo 1934-XII AL R. PROVVEDITORATO AGLI STUDI TRENTO Con lettera 25 marzo corrente il direttore dell’Istituto Rainero portava a conoscenza del sottoscritto e del direttore didattico di Bolzano 1. che lo scolaro Streitberger Gualtiero figlio di Emilio alunno della classe IV A delle scuole R.Elena aveva recitato a qualche suo compagno una poesia contenente offese gravi a S.M. il Re ed al Capo del Governo. La poesia in parola è la seguente: “Vater unser der du bist, hau den Mussolini auf den Mist un den Koenig noch dazu dan hat Hitler seine Ruh“ (Padre nostro che sei tu, getta Mussolini su di un letamaio e con lui anche il Re così Hitler avrà la sua pace). Il Direttore dell’Istituto Rainero insegnante Armando Marzari era venuto a conoscenza di questo fatto a traverso una denuncia dell’alunno Rolando Fustoss di Giovanni scolaro della IV^ A. e convittore del Rainero al quale lo Streitberger aveva recitato la poesia in parola. Il sottoscritto coadiuvato dal Direttore didattico Attilio Menapace provvide tosto ad interrogare il Fastoss il quale confermò che una quindicina di giorni fa, trovandosi col compagno Streitberger Gualtiero in Via Regina Elena, quest’ultimo gli recitò la poesia di cui sopra. Lo Streitberger in questa occasione rilevò che anche altri alunni della IV^ A erano a conoscenza di questi versi fra i quali l’alunno Koss Riccardo di Giuseppe. Interrogato l’alunno Streitberger Gualtiero confermò di conoscere la poesia e stretto dalle domande confermò piangendo di averla appresa già due o tre mesi fa dalla alunna Gruber Luigia di Luigi del II corso commerciale, un giorno in cui la Gruber si trovava a casa sua. Al momento erano presenti anche i propri fratelli Streitberger Emilio del I corso C e Streitberger Lodovica del II corso E e i fratelli della Gruber Francesco e Carlo. Chiestogli se i genitori fossero a conoscenza di questa poesia, l’alunno Streitberger dichiara che il proprio fratello lo denunciò al padre il quale proibì ai figlioli di recitare la poesia in parola e castigò con numerose frustate il figlio Gualtiero per il fatto che aveva recitato questa poesia. Ammette di aver recitato la poesia presenti gli alunni Koss e Fustoss ed una volta anche in casa in presenza di certo Morandini apprendista pasticciere d’un operaio pasticciere e della domestica. Nega recisamente di averla portata a conoscenza di altre persone. Nega pure di aver sentito cantare la poesia in parola. L’alunna Gruber Luigia figlia di Luigi, del II° corso C dopo aver negato ripetutamente di aver insegnato la poesia ai fratelli Streitberger, finisce coll’ammettere di averla insegnata. La Gruber apprese la poesia dal proprio fratello Carlo alunno della III^ D. Sa che molti conoscono tale poesia. Non la sentì mai cantare ma solo recitare. L’alunna Streitberger conferma di aver appreso la poesia dalla Gruber, un giorno che questa si trovava a casa sua. E‘ a conoscenza che molti conoscono i versi di cui sopra. Sa che alcune sue compagne dimostrano molta simpatia per Hitler „il quale fa molto bene“ e che beffeggiano invece Dolfuss. Fra queste scolare cita le seguenti: Angela Ida di Francesco della II^ D. Commerciale, Knoll Geltrude di Enrico della II^ E. Ghirardini Editta di Antonio II^ C. De Demmelmaier Marta di Giorgio II^ C. 38 Lo scolaro Gruber Francesco apprese la poesia a Sarentino, questa estate, mentre vi si trovava in villeggiatura, da un ragazzo di nome Luigi non meglio identificato. Un giorno la recitò al suo compagno Streitberger raccomandandogli di non dir nulla: „perché altrimenti avrebbe tradito Mussolini“. Carlo Gruber fratello del precedente ragazzo non completamente normale dichiara anche lui di averla appresa questa estate a Sarentino, ove la sapevano tutti. La prima volta la sentì da suo fratello, poi da un ragazzo chiamato Andrea detto anche „Zocchele“ un orfano il cui padre venne ucciso dal calcio di un cavallo. Il suo compagno Pfeifhofer alunno della V^ A è fra i simpatizzanti di Hitler. Un giorno sentì dire da Pfeifhofer che Hitler quando vorrà farà la guerra all’Italia. Pfeifhofer possedeva anche uno stemma hitleriano che però gli venne sequestrato dai RR.CC. un giorno in cui venne trovato nella chiesa dei Domenicani mentre insieme con lui tentava salire sul campanile. Gli risulta che gli stemmi hitleriani vengono venduti anche a Bolzano in una oreficeria sotto i portici. L’alunno Pfeifhofer nega di simpatizzare per Hitler. Conosce la poesia che dichiara essere conosciuta da molte persone. Invitato a recitarla introduce questa variante: Vater unser der du bist hau den Mussolini auf den Mist und den Dolfuss noch dazu dan hat Deutschland ganze Ruh (Padre nostro che sei tu getta Mussolini su di un letamaio e con lui anche Dolfuss poi la Germania avrà pace completa)“. Ha avuto due anni or sono uno stemma hitleriano regalatogli da uno studente della scuola industriale del quale non ricorda il nome. Lo stemma in parola gli venne sequestrato dai CC.RR. come ha già deposto l’alunno Gruber. Lo scolaro Pfeifhofer dichiara che le croci uncinate hitleriane a Bolzano sono in vendita presso l’oreficeria Dinzl (Portici). L’alunna Demmelmaier Marta di Giorgio dell II. Corso C avv. Professionale dichiara che non conosce la poesia. Afferma le sue simpatie per Hitler del quale (ne) sente parlare a casa molto di frequente essendo il padre, cittadino austriaco iscritto alla sezione di Bolzano del partito hitleriano. Ascolta molto volentieri le trasmissioni radiofoniche germaniche e poi parla e discute con le proprie compagne di quanto ha sentito. Ha portato per un po‘ di tempo il distintivo hitleriano. L’alunna Ghirardini Editta di Antonio del II° corso avv.prof. afferma pure le sue simpatie per Hitler. Non porta il distintivo hitleriano per il solo motivo che non è permesso, diversamente lo porterebbe. Anch’essa ascolta con particolare predilezione le trasmissioni tedesche delle quali poi (ne) parla con le compagne. L’alunno Eigner Francesco di Francesco della IV^ A dichiara di conoscere la poesia. La mamma dello stesso successivamente informa che il suo figliolo la apprese a Soprabolzano ove si trovava in villeggiatura durante l‘Estate. Non sa da chi; a Soprabolzano vi erano tre monelli, coi quali il suo figliuolo andava di frequente e può darsi che la abbia appresa da questi (Wegher, Unterhofer Viegler). Dalle indagini esperite dal sottoscritto risulta chiaramente: a) che i versi di cui sopra sono conosciuti da parecchi mesi da molti alunni delle scuole di Bolzano, di Sarentino e del Renon e con tutta probabilità anche in altri luoghi dell’Alto Adige. b) Dato che questa poesia non è indubbiamente parto di bambini, e che come lo dimostra il suo carattere politico è stata fatta indubbiamente da adulti è da ritenersi che sia conosciuta da una cerchia molto estesa di allogeni di questa regione, e, come è naturale, che si vada sempre maggiormente diffondendo. c) che le trasmissioni radiofoniche ed in ispecie la cosidetta Deutsche Stunde (ora tedesca) delle stazioni germaniche viene seguita molto attentamente dalla popolazione alloglotta e che le comunicazioni ed i discorsi che in essa vengon fatti costituiscono il nutrimento spirituale di molti radioascoltatori allogeni che poi ne formano materia per discussioni con i loro conoscenti. d) Che l’interessamento per Hitler si va facendo sempre più vivo e che molti riconoscono nel condottiero del popolo germanico colui che in un domani più o meno prossimo potrebbe esercitare la sua influenza sui destini dell’Alto Adige. Nel mentre il sottoscritto assicura che eserciterà e farà esercitare la più oculata vigilanza onde impedire che simili manifestazioni possano esercitare la loro perniciosa influenza sui giovani delle scuole dipendenti si permette chiedere opportune istruzioni sulla condotta da seguire in avvenire di fronte al manifestarsi di analoghi fenomeni. IL R: ISPETTORE SCOLASTICO Fto) Dalpiaz (Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1934-36, 1/1-13/680). Note 1 Sugli esiti della riforma Gentile nella Venezia Giulia e, più in generale, sull’italianizzazione della scuola nelle nuove province orientali si veda ANDRI A., MELLINATO G., Scuola e confine. Le istituzioni educative della Venezia Giulia, 1915-1945, Trieste 1994. 2 Con RD 27 settembre 1923, n. 2219 venne soppresso il liceo ginnasio riformato di Bolzano; con RD 6 maggio 1923, n. 1054 venne soppresso l’istituto magistrale femminile di Bolzano; con RD 27 settembre 1923, n. 2245 venne soppresso l’istituto magistrale maschile di Bolzano. Il RD 27 settembre 1923, n. 2665 fissava invece la data della trasformazione in italiano del corso inferiore tedesco dell’istituto tecnico di Bolzano. Con questi provvedimenti cessavano di esistere tutti gli istituti statali con lingua d’insegnamento tedesca. Parallelamente venne negato il pareggiamento a vari istituti medi tedeschi mantenuti da comuni o enti morali e furono istituiti nuovi istituti medi italiani. (Cfr. lettera del ministro della Pubblica Istruzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, 25 gennaio 1926, in Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio, Gabinetto, 1926, 1/1-13/26). 3 VILLGRATER M., Katakombenschule. Faschismus und Schule in Südtirol, Bozen 1984 p. 55. 4 “La scuola nella Venezia Tridentina”, relazione allegata alla lettera del ministero dell’Interno, Delegazione nella Commissione per i confini d’Italia al ministero degli Esteri e p.c. al ministero dell’Interno, Gabinetto, 17 luglio 1945, pp. 24-25, in Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Gabinetto (1944-46), b. 47, fasc. 3773, Confini terrestri dell’Italia. Studi, relazioni, segnalazioni. 5 Un’utile bibliografia sulla storia della scuola tra le valli dell’Inn e dell’Adige è contenuta in COSSETTO M., Storia di maestre e maestri. Esperienze di alfabetizzazione e di istruzione tra le valli dell’Inn e dell’Adige nel XIX e nel XX secolo, in COSSETTO M. (a cura di), Fare storia a scuola, volume II, Bolzano 1999, pp. 361-370. 6 Sul vero e proprio monopolio che, per quanto riguarda i giornali di lingua tedesca, si venne a creare a favore dell’editoria cattolica si veda BRUNNER E., Die deutschsprachige Presse in Südtirol von 1918 bis 1945, Dissertation, Universität Wien 1979, pp. 65-75. 7 ARA A., Spirito pubblico e politica italiana in Alto Adige dal plebiscito della Saar alle opzioni, in Id. Fra Austria e Italia. Dalle Cinque Giornate alla questione alto-atesina, Udine 1987, p. 269. 8 “Ho la coscienza tranquilla anche quando affermo che l’italianità dell’Alto Adige in questi ultimi anni ha fatto dei passi notevolissimi, e che nonostante tutte le difficoltà, la sorda e non sempre afferrabile resistenza del Clero; i nervi della provincia sono completamente distesi, e la popolazione prima assente ed ostile, è ora fiduciosa e tranquilla, risponde e collabora con piena consapevolezza e consenso. Il successo senza precedenti delle ultime cerimonie in occasione della venuta dei Duchi di Pistoia, e le stesse ammissioni della stampa avversaria confermano che gli effetti non sono rimasti alla superficie ma sono giunti in profondità. DUCE, difesa opportunamente l’educazione della gioventù che tutta la nostra speranza di domani, fra pochi anni l’Alto Adige, sarà una regione non certo seconda a nessuna consorella d’Italia per disciplina, e laboriosa fedeltà alla nuova Patria Italiana ed al suo DUCE”. (Promemoria personale di Marziali per Mussolini, 2 maggio 1932, in Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Divisione affari generali e riservati, 1932 Sezione I, cat. A6, b. 1, fasc. Irredentismo. Alto Adige. Insegnamento privato lingua tedesca). 9 ARA A., L’Alto Adige come problema della politica interna ed estera fascista, “Clio”, n. 3, 1973, pp. 343-344. 10 Sui limiti dell’opposizione sudtirolese al fascismo cfr. STEURER L., Südtirol zwischen Rom und Berlin cit., pp. 13-27 e LANGER A., Una doppia lezione, ai sudtirolesi e agli italiani, premessa a GATTERER C., In lotta contro Roma cit., pp. 17-18. 39