LA SCUOLA IN ALTO ADIGE
TRA FASCISMO E NAZISMO
Un percorso tra i documenti
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L’italianizzazione della scuola ad opera del
regime fascista fu indubbiamente uno dei
provvedimenti di maggiore importanza nell’ambito del progetto di snazionalizzazione
della minoranza sudtirolese. Attraverso la
cancellazione della scuola in lingua tedesca
doveva realizzarsi il graduale e forzato assorbimento della componente linguistica
tedesca nell’alveo nazionale.
Fu la riforma Gentile, varata nel 1923, a
determinare la progressiva cancellazione
delle istituzioni scolastiche in lingua tedesca, omologando la scuola delle nuove province a quella del resto d’Italia1 . Il decreto
1° ottobre 1923, n. 2185 stabilì che la trasfor mazione delle scuole elementari
“alloglotte” in italiane dovesse compiersi
con effetto immediato per le prime classi,
per poi interessare l’anno successivo le
seconde classi e così via fino alla completa
italianizzazione dell’istruzione elementare.
Non meno drastico l’intervento nei confronti
delle scuole medie. L’applicazione dell’ordinamento italiano al sistema scolastico delle
nuove province comportò la cancellazione
di diverse tipologie di scuola. Ciò condusse
alla soppressione di diverse scuole esistenti
in Alto Adige che si accompagnò
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di Andrea Di Michele
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all’italianizzazione di altre e alla creazione la snazionalizzazione. Come nel resto d’Itadi nuovi istituti italiani2 . Nel giugno 1927 il lia, attraverso la scuola nei piani del regime
ministro dell’Istruzione poteva affermare al doveva compiersi un lento ma inesorabile
Senato che, ad eccezione di alcune scuole processo di fascistizzazione, da integrarsi
gestite da ordini religiosi, tutte le scuole con l’opera delle organizzazioni giovanili via
superiori in lingua tedesca erano state can- via create dal fascismo. Italianizzazione da
cellate3 . La progressiva italianizzazione del una parte e fascistizzazione dall’altra, dunmondo scolastico diveniva evidente anche que, i due compiti fondamentali assegnati
attraverso l’uso esclusivo della lingua ita- alla scuola altoatesina.
liana nella corrispondenza ufficiale, nei reIn questa sede non è nostra intenzione
gistri, negli atti e, dal 1926/27 anche negli ricostruire fasi e modalità della cancellazioannuari4 .
ne della scuola sudtirolese5 . Avvalendoci di
La proclamazione della lingua italiana materiale documentario, vogliamo invece
quale unica lingua d’insegnamento, lo scio- cercare di illustrare in quali termini furono
glimento delle scuole tedesche che, eredi- intesi da alcuni rappresentanti delle istitutate dal sistema scolastico austriaco, non zioni scolastiche a livello locale i compiti di
avevano il corrispettivo in quello italiano e italianizzazione e fascistizzazione loro asl’assorbimento di istituti tedeschi in scuole segnati, fino a che punto la missione di cui
italiane resero “superflui” gli insegnanti di fu investita la scuola venne realizzata e quale
madrelingua tedesca. I licenziamenti e i tra- ostacolo rappresentò la diffusione della prosferimenti ai loro danni furono paganda nazista nel corso degli anni trenta
numerosissimi e si può senz’altro afferma- per le velleità fascistizzatrici del regime.
re che fu proprio il personale scolastico a
conoscere nel corso degli anni venti la più
massiccia opera di epurazione su base et26. Scuola elementare di Lana, IV classe manica avvenuta in Alto Adige.
schile, 1939.
Le istituzioni scolastiche non dovevano 27. Classe di preparazione per l’ingresso nella
rappresentare solo il veicolo principale delGioventù Nazista, 1944.
“riconquistare alla Patria le giovani anime italiane
inquinate di germanesimo”
Questo era il compito della scuola e degli asili infantili secondo quanto scritto nell’introduzione alla relazione conclusiva del
corso per educatrici di infanzia tenutosi
a Bressanone nel settembre 1923. Il corso era stato organizzato dall’Opera Nazionale d’Assistenza all’Italia Redenta
(ONAIR) e diretto dalla professoressa
Amelia Agresta Guli che al momento della conclusione presentò la relazione che
qui ripor tiamo parzialmente.
Questo documento ci sembra significativo per diversi motivi. Innanzitutto perché
mostra come le istituzioni educative, a partire dagli asili infantili frequentati da bambini in tenerissima età, fossero viste come lo
strumento fondamentale di assimilazione.
Rappresenta inoltre la dimostrazione di
come fin dai primissimi anni venti la linea
28. Il Libro della seconda classe, 1939.
fascista della snazionalizzazione trovasse convinti fautori all‘interno del corpo
docente formatosi nell’Italia liberale, che
si dimostrava facilmente permeabile alle
suggestioni del nazionalismo più esasperato. Nel caso specifico, la professoressa
Guli, del regio istituto magistrale “V. Colonna” di Roma, riteneva necessario che
anche gli “italianissimi” delle nuove province, tra cui i trentini, fossero aiutati a
liberarsi della “vernice austriaca” che ancora li ricopriva. Nella prosa di questa insegnante, infine, sono presenti quelle
argomentazioni e quei toni che, tesi a dimostrare il “diritto” italiano al confine al
Brennero, caratterizzavano in quegli anni
la pubblicistica che, ancor prima che fascista, era stata nazionalista.
“Che alla conquista materiale del territorio
debba seguire la conquista morale degli abitanti, e che questa sola sia la veramente durevole, è ormai, dopo tante esperienze, verità la
quale non ha bisogno di dimostrazione alcuna.
Conquistato appena immediatamente dell’educazione infantile; aprire asili, scuole elementari, preparare maestri degni del loro
compito.
Ed anche in tempi relativamente a noi vicini tutte le volte che si discute sulla maniera
di migliorare le condizioni morali ed economiche di quelle provincie che sembrano rimaste un po‘ refrattarie all’opera di unificazione, si comincia dalle Scuole, si propone
di aprirne delle nuove, di migliorare le già
esistenti, di aggiungervi istituti ausiliari per
l’assistenza infantile e per la diffusione della
cultura; che i provvedimenti poi si traducano sempre in atto con la larghezza dei mezzi
necessaria, è un’altra questione, non priva
d’interesse, ma qui del tutto inopportuna.
L’opera di assimilazione che con grande
lentezza e spesso con poco entusiasmo, si è
venuti compiendo dal ’60 in qua nelle vecchie provincie, tenta di affrettarla con grande entusiasmo, nelle nuove, l’Opera Nazionale di assistenza all’Italia redenta, la quale,
assistita dall’appoggio morale e finanziario
chiarezza e la bellezza dell’esposizione hanno
reso accessibili a tutte le menti, anche le meno
colte, hanno avuto e sulle alunne italiane e sulle tedesche un effetto meraviglioso: sulle prime è passato come l’alito caldo della Patria; e
gli anni di martirio e i martiri, pur senza diretta
rievocazione, sono stati sentiti santi nella loro
tragica necessità di essere, come forse mai prima; nelle seconde è stato come un piegarsi rassegnato dell’anima dinanzi a ciò che è perché
deve essere, perché sarebbe ingiusto non fosse; in tutte un desiderio vivo d’amore, uno di
quegli slanci che le anime giovanili hanno e il
cui valore è eterno ed infinito, per collaborare
al trionfo della pace e della giustizia, per preparare nel domani giorni migliori.
[…]
Noi speriamo che queste conversazioni
come quelle sull‘igiene infantile, condotte
senza apparati di nomi tecnici, con l‘attenzione costantemente fissa alla capacità intellettuale di chi ci ascoltava, non siano state
prive di efficaciaun paese si pensa al mezzo
migliore di assimilare le nuove popolazioni;
non soltanto se di razza e di idealità diverse,
ma anche se, della medesima razza, siano vissute sotto governi differenti. Noi italiani, che
dai Romani abbiamo avuto l’eredità del come
si assoggettano e si unificano popolazioni diversissime, abbiamo, dopo la nostra unifica-
di tutta l’Italia, spera di poter risparmiare ai
fratelli le prove dolorose per le quali noi siamo passati.
L’Opera Nazionale ha anzi una duplice finalità: 1) aiutare gli italianissimi delle nuove
provincie a liberarsi della vernice austriaca e
ad orientare la loro mentalità, i loro interessi verso l’Italia; 2) penetrare fra gli elementi
tedeschi e slavi, compier vi opera di
pacificazione, e nello stesso tempo porre un
saldo argine alle influenze straniere.
E anche l’Opera ha intuita la grande efficacia dell’azione esercitata sull’infanzia specialmente nelle zone in cui prevalgono gli slavi e i tedeschi e dove è indispensabile cominciare dalla penetrazione linguistica.
[…]
Il Prof. Toniolo nelle sue lezioni di geografia regionale, non so se più da ammirare
per la dottrina dello scienziato o per la forza
di persuasione dell’oratore che è un vero artista della parola e un’anima accesa di
italianità, ha convinto le alunne e le uditrici
dei diritti dell’Italia all’Alto Adige: diritti
geografici, storici, diritti sorgenti da necessità strategiche, militari, economiche; ha descritto con evidenza vivace luoghi e consuetudini, illustrando i caratteri geografici ed
etnici dell’Alto Adige.
Le lezioni dell’illustre professore, che la
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zione politica, imparato anche, e spesso con
prove dolorisissime, la difficoltà di assimilare popolazioni une di razza e in gran parte
anche di idealità, ma con differenti esperienze storiche e disparati interessi materiali. Ce
n’è voluto perché piemontesi, lombardi,
liguri, calabresi si siano sentiti soltanto italiani! E‘ stata un’opera lenta, perché più che
sui grandi, si doveva necessariamente agire
sui piccoli; s’intuiva che bisognava affidarsi
alle scuole per ottenere che le nuove generazioni venissero su, diverse e migliori dei padri. E Carlo Farini e Giuseppe Garibaldi e
Lorenzo Valerio prendendo nel ’59 e nel ’60
il governo delle Romagne e delle Provincie
meridionali e delle Marche, si preoccuparono.
Ma date le condizioni speciali delle nuove
provincie, queste finalità, anche se perfettamente raggiunte, non sarebbero state sufficienti. Non ci vogliono difatti soltanto maestre giardiniere migliori, più colte, più coscienti: occorrono maestre le quali siano efficace mezzo di pacificazione e di
italianizzazione.
Bisognava convincere le maestre tedesche
del buon diritto italiano ad occupare quelle
terre che esse chiamano le loro, e nello stesso tempo far sentire che l‘Italia non vuole
con la violenza costringere nessuno a rinnegare la propria razza e le proprie idealità,
vuole solo che i pochi elementi delle nuove
provincie, i quali hanno davvero diritto di
chiamarsi stranieri, ma che per fatalità storica
Grandi speranze venivano dunque riposte
nella scuola, vista come strumento principe
di italianizzazione delle nuove generazioni. Il
più delle volte, da parte delle autorità italiane
e di chi operava all’interno delle istituzioni
scolastiche, alla consapevolezza delle
potenzialità di indottrinamento in senso nazionale offerte dalla scuola si accompagnava
lo scetticismo riguardo alla possibilità di „recuperare“ all’italianità le generazioni già adulte. Lo esprimeva chiaramente in una sua lettera indirizzata al ministro della Pubblica Istruzione, il Provveditore agli studi della Venezia
Tridentina Luigi Molina, che resse le sorti della scuola del Trentino e dell’Alto Adige per un
lungo periodo, e cioè dall’avvento del fascismo al 1934.
29. Il Segretario Federale in visita alla Scuola
“Regina Elena” di Bolzano, 1940.
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devono seguire la sorte della maggioranza della
popolazione, almeno non si sentano più estranei; vuole che i loro piccoli, apprendendo la
lingua italiana ed educandosi alle idealità italiane, si sentano, adulti, figli, non nemici, della
terra che li ospita; e questo più per il loro vantaggio che per quello dell‘Italia, troppo grande
e forte ormai, perché l‘opposizione di un piccolo nucleo possa nuocerle.
Le maestre italiane poi bisognava che capissero la delicatezza e la difficoltà della loro missione e nello stesso tempo ne sentissero tutto
l‘orgoglio: ad esse infatti è affidato il compito
sacro di contrapporre alle parole di odio e di
scherno per l‘Italia, che i piccoli sentiranno forse dalle bocche materne, parole di amore e di
reverenza; con la loro fede, con la loro intelligente bontà esse devono sapere influire più
delle madri, più delle famiglie. Devono trovare nel loro istinto di maternità, nella loro idealità
di bene, nel loro sentimento patriottico, la forza di essere loro le vere madri. E tutto ciò senza entusiasmi a freddo, senza superbe idee
imperialistiche, senza urtare sentimenti e passioni legittime negli adulti.
Anche questa finalità noi crediamo di averla
in parte raggiunta e ce lo confermano queste
parole fresche tolte dal compito dato alle alunne.
Dice una signorina italiana d‘aver compreso che la forza italiana nell‘Alto Adige sta nel
saper attendere, e nel lavorare con amore e con
fede.
Una tedesca dice: «Ho compreso che esi-
stono fiori del nord e fiori del sud; tutti hanno un rispettivo profumo e colore, non manca che unirli in gentile vincolo di amore».
Un‘altra tedesca assicura di avere compreso
che la lingua italiana è bella e che l‘Italia aveva diritto di riprendere terre geograficamente e storicamente sue; che l‘amore e la concordia potranno però regnare ugualmente fra
i due popoli di razza diversa ormai uniti da
ragioni commerciali.
[…]”
Fonte: Relazione del corso di perfezionamento
per le educatrici dell’infanzia dell’Alto Adige, in
“Schola. Bollettino del R. Provveditorato agli
studi della Venezia Tridentina”, a. I, n. 1-2, novembre-dicembre 1923, pp. 14-22.
31. Sanvigo di Sarentino, 1937.
30. I Ludi Juveniles dell’anno XVIII del Fascismo (1940), nelle scuole primarie di Bolzano.
Ministero della Pubblica Istruzione
Il Sottosegretario di Stato
7 MAG 1927
Riservata
Caro Suardo,
32. La Valle in Val Badia, 1937.
La refezione scolastica.
ti stralcio la parte di una lettera del R. Provveditore agli Studi per la Venezia Tridentina
perché ritengo ti possa interessare:
“Sento il dovere di dichiarare il mio profondo convincimento, basato sulla esperienza dei
miei quattro anni di permanenza nella regione, e cioè che elementi allogeni veramente e
sinceramente fedeli al regime all’Italia non ce n’è davvero in Alto Adige. Non vorrei essere
considerato eccessivamente pessimista, quando dico che neppure i Podestà allogeni sono da
considerarsi puri come acque di sorgente; poiché costoro sono soprattutto dei furbi, che si
adattano abilmente alla situazione, che non è in loro potere di mutare.
“Questa convinzione, che mi permetto di esprimere alla E.V., non implica affatto sfiducia
nell’avvenire: tutt’altro! Essa si limita a negare alla generazione già adulta al momento della
redenzione ogni possibilità di italianizzazione. Ed è cosa naturale ed in un certo senso anche 33. Riva di Marebbe, 1938. La befana fascista.
provvidenziale, poiché l’Italia non avrebbe nulla di buono da attendersi da una popolazione,
specialmente da quella del ceto borghese, facile a mutar bandiera.
“Io ho invece molta fiducia nelle nuove generazioni, in quelle che crescono sotto i maestri
italiani, perché esse respirano, per così dire, l’italianità nella scuola e risentono indelebilmente
della indiscutibile superiorità della nostra opera educativa in confronto di quella della scuola
tedesca.
[…]”
E ti saluto cordialmente
Bodrero
A S. E.
l’On. Conte Giacomo Suardo
Sottosegretario di Stato per l’Interno
(Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1928-30, 1/1-13/82).
34. Riva di Marebbe, 1938.
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Negli stessi giorni in cui il provveditore
Molina scriveva queste parole, anche il ministro all‘Istruzione Fedele ribadiva la sua
estrema fiducia nelle possibilità offerte dalla scuola in quanto str umento di
italianizzazione, rilevando anch‘egli il contegno piuttosto freddo e difficilmente
modificabile della popolazione adulta, spe-
cie della borghesia intellettuale. Le sue considerazioni al riguardo sono contenute in
un rappor to da egli stesso inviato a
Mussolini, che risulta particolarmente interessante perché offre un quadro completo
delle modificazioni operate dal fascismo nel
settore scolastico della Venezia Tridentina
e della Venezia Giulia nei primi anni di go-
verno. Fedele ci teneva a presentare la situazione in termini particolarmente positivi, mettendo in evidenza come le lingue tedesca e slovena fossero state ormai pressoché cancellate dalle scuole delle nuove
province, nonostante la fastidiosa concorrenza di alcuni istituti medi privati, in primo
luogo religiosi. Il ministro sosteneva che la
situazione era profondamente mutata e che
i giovani “allogeni” si iscrivevano sempre
più numerosi alle organizzazioni giovanili fasciste, leggevano volentieri libri italiani,
prendevano parte spontaneamente alle manifestazioni patriottiche e addirittura si facevano strumento di propaganda italiana
all‘interno delle loro famiglie.
35. I professori del Vicentinum di Bresssanone,
1925.
Ministero
della Pubblica Istruzione
Roma, addì 10 MAG 1927
Anno V°
DIREZIONE GENERALE DELLA ISTRUZIONE MEDIA
A S.E.
Il Capo del Governo
ROMA
N. di Prot. 310/7105
OGGETTO: Situazione scolastica della Venezia Tridentina e Giulia
La nostra azione assimilatrice nelle zone di confine e in particolare nella Venezia Tridentina e nella Venezia Giulia è in continuo e confortevole
sviluppo. Quando si confronti la situazione del 1921/22 con quella presente, si può affermare senz‘altro che le condizioni sono radicalmente
mutate. Infatti, non esiste più nessuno degli istituti medi con lingua d‘insegnamento tedesca; e ce n‘erano tre a Bolzano molto frequentati: un
Liceo ginnasio riformato, un Istituto magistrale femminile e uno maschile. C‘erano un Istituto tecnico e un Ginnasio sloveno, entrambi a Idria,
c’era un Istituto magistrale sloveno a Tolmino; non esistono più.
Ormai si insegna unicamente in lingua italiana in tutti gli Istituti medi regi delle due Venezie, anche nelle classi superstiti degli Istituti alloglotti
soppressi (Corso superiore del R. Istituto magistrale di Bolzano e del R. Istituto magistrale di Tolmino). E sono stati trasformati pure in italiani
i Corsi inferiori del R. Istituto tecnico di Bolzano (tedesco) e del R. Istituto tecnico di Udine (sloveno).
Le lingue tedesca, slovena e croata si insegnano ormai o come lingua straniera o in corsi speciali aggiunti; ma come lingua strumentale si usa
esclusivamente l‘italiana. Due Licei ginnasi tedeschi privati, uno degli Agostiniani e l‘altro detto „Vincentinum“ in Bressanone hanno chiuso i
loro battenti.
Al posto degli istituti medi tedeschi, sloveni e croati si sono istituiti parecchi istituti italiani. E, infatti, ve ne sono tre a Bolzano: il R. Liceo
ginnasio, il R. Istituto tecnico, la R. Scuola complementare, tre a Merano il R. Liceo ginnasio, il R. Liceo scientifico, la R. Scuola complementare,
uno a Bressanone e precisamente un R. Liceo ginnasio, uno a Brunico e cioè un R. Ginnasio, eppoi un R. Ginnasio a Tolmino, una R. Scuola
complementare a Tarvisio, una R. Scuola complementare a Idria, un R. Ginnasio ad Abbazia. La popolazione scolastica di tutti questi istituti è
andata continuamente crescendo anche per l‘afflusso degli alloglotti che ormai cominciano ad apprezzare convenientemente le nostre istituzioni
scolastiche. Infatti, sono complessivamente 1146 gli alunni alloglotti iscritti nell‘anno scolastico 1926/27 nei nostri istituti medi italiani. E più
saranno in avvenire quando la trasformazione, già iniziatasi, degli istituti medi privati tedeschi in italiani (intendo parlare in modo speciale del
Liceo ginnasio dei Francescani di Bolzano, del Liceo ginnasio dei Benedettini di Merano e dell‘Istituto tecnico comunale pure di Merano), sarà
fra un paio d‘anni un fatto compiuto. Questi tre Istituti, infatti, che finora hanno fatto una temibile concorrenza alle nostre scuole di recente
istituite, hanno complessivamente una popolazione scolastica di oltre 700 alunni.
Accanto alla Scuola media è in graduale trasformazione anche la Scuola elementare; ormai sono trasformate tutte le scuole elementari alloglotte
fino alla quarta classe compresa. E per l‘azione dell‘Opera nazionale per l‘infanzia redenta sono sorti e sorgono tuttavia asili infantili e corsi
speciali serali per adulti che contribuiscono potentemente alla diffusione della nostra lingua e della nostra civiltà.
Quando si ricordi che fino a quattro o cinque anni fa si discuteva se l‘italiano negli istituti medi tedeschi e slavi doveva insegnarsi, come
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materia aggiunta, dalla prima o soltanto dalla seconda classe, quando diplomi e registri erano tedeschi o tutt‘al più bilingui, quando i Presidi non
conoscevano che poche parole d‘italiano e tendevano a redigere la corrispondenza d‘ufficio in lingua tedesca o slava, quando i Comuni si
rifiutavano di provvedere per la scuola i ritratti delle LL.MM. e le scuole non si curavano nemmeno di chiederli, quando la festa del 4 novembre
era considerata giorno di lutto, quando gli alunni potevano scrivere nei loro compiti che la nostra era una occupazione provvisoria, bisogna
riconoscere che oggi le cose sono profondamente mutate. Oggi gli alunni alloglotti si iscrivono sempre più numerosi ai Balilla o alle Avanguardie,
leggono con piacere libri italiani che le biblioteche scolastiche loro offrono, leggono i nostri giornali, si abbonano al “Tricolore”, prendono parte
alle nostre feste patriottiche, fanno essi stessi propaganda italiana nelle famiglie. Tutto questo è stato possibile, perché si è potuto svolgere con
fermezza di propositi un piano bene elaborato; perché dalla Autorità scolastica centrale a quella regionale, dai Presidi ai professori delle varie scuole
tutti sono stati animati da un unico, costante pensiero, la conquista spirituale della zona di confine.
V.E. ha potuto vedere pochi giorni or sono, nel salone della Vittoria, una rappresentanza di questi nostri giovani alloglotti, fieri della loro
divisa grigio-verde e della camicia nera, orgogliosi e commossi di essere salutati e benedetti con paterne parole da Chi governa la loro nuova
Patria.
Segnalo all’E.V. l’opera di quei nostri funzionari che, spesso, con loro grave disagio, fra la indifferenza o la larvata ostilità della popolazione,
tengono alto il nome d‘Italia e si prodigano con abnegazione e sacrificio anche fuori della scuola con lezioni, conferenze e con ogni forma
di propaganda.
Ma l’opera nostra sarebbe pregiudicata, se, creati i nuovi strumenti per la nostra penetrazione spirituale, non li tenessimo pronti e sempre
meglio efficienti.
Occorre, infatti, ricordare che la popolazione, specialmente la borghesia intellettuale, dimostra finora un ossequio puramente esteriore,
mantiene un contegno corretto, ci teme, forse anche ci apprezza, ma non è intimamente simpatizzante. La stima per noi aumenterà in ragione
della serietà e della bontà dei nostri istituti, che, sforniti o quasi di quei mezzi potenti che sono tuttora a disposizione delle scuole private,
hanno dovuto aspramente lottare per sostenerne la concorrenza. Bisogna quindi, portare i nostri istituti a un grado superiore di efficienza.
[…]
IL MINISTRO
Fedele
(Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1928-30, 1/1-13/82).
La “schizofrenia” dei giovani sudtirolesi
Nella lettera inviata dal ministro all’Istruzione Fedele a Mussolini traspaiono la soddisfazione per i risultati raggiunti nell’opera
di italianizzazione e di indottrinamento
delle nuove generazioni e l‘ottimismo per
le prospettive future. E‘ piuttosto facile imbattersi in rapporti ufficiali redatti dai responsabili delle autorità locali – prefetto
e provveditore agli studi in prima fila – in
cui scolari e studenti sudtirolesi appaiono
felicemente integrati nella struttura scolastica e nell’organizzazione del tempo libero approntata dal regime. Secondo tali
interpretazioni, grazie alla frequenza della scuola italiana e fascista e all’iscrizione
alle organizzazioni giovanili fasciste, bambini e ragazzi di lingua tedesca erano già
divenuti convinti balilla ed avanguardisti e
di lì a poco sarebbero stati fascisti di provata fede. Per dei giovani nati e cresciuti
sotto il fascismo e costretti a frequentare
una scuola che negava alla radice la loro
appartenenza linguistica e che si poneva 36. Cartolina postale di Rudolf Stolz, la cui vendita finanziava le scuole clandestine.
come obiettivo principale - in Alto Adige
come nel resto d’Italia - la fascistizzazione
delle nuove generazioni, era impossibile
non subire condizionamenti nella direzio-
ne voluta dal regime. Sicuramente la scuola fascista riuscì in molti casi nel suo compito di irreggimentazione e inquadramento, ma c’è da dubitare che il successo da
essa ottenuto fosse totalitario così come
tante volte sostenuto dalle autorità locali.
Da parte di queste ultime si nota spesso la tendenza ad offrire della situazione
politica della provincia di confine un’immagine migliore di quella reale, probabilmente per vantare a Roma successi
che in realtà erano inesistenti o che vanno comunque ridimensionati. Ad impedire nel settore scolastico i risultati sperati
vi erano diversi fattori. Innanzitutto la
scuola fascista lasciò sempre ampi margini di autonomia alle istituzioni scolastiche di impronta religiosa che per tutto il
corso del ventennio riuscirono a garantire ai loro frequentanti un insegnamento
in lingua tedesca non completamente
allineato alla propaganda di regime. Le
scuole medie confessionali, i diffusissimi
giornalini scolastici tedeschi di impronta
cattolica6 - in primo luogo “Der kleine
Postillon” e “Die Jugendwacht” – e la fitta
rete delle cosiddette Katakombenschule,
non di rado animate proprio da esponenti
29
37. Abbecedario di Rudolf Mali per le
Katakombenschulen.
del clero locale, rappresentarono importanti
fattori di ostacolo alle velleità di
penetrazione fascista.
Ma l’impedimento maggiore stava probabilmente nell’ambiente familiare nel quale
erano immersi i giovani da italianizzare e
fascistizzare e che nella stragrande maggioranza dei casi si dimostrava profondamente ostile al regime. All’interno della famiglia si operava una sorta di “contro-educazione” che il più delle volte vanificava, in
tutto o in parte, gli sforzi della scuola e delle organizzazioni giovanili fasciste. Naturalmente ciò non avveniva senza provocare
disagio e disorientamento nei ragazzi, fatti
oggetto di messaggi e prescrizioni in forte
contrasto tra loro. Nel brano che segue
Claus Gatterer ha messo bene in evidenza
l’atteggiamento “schizofrenico” al quale
erano costretti i bambini delle minoranze
tedesca e slava durante il fascismo, rilevando anche come nella maggior parte dei casi
ad avere la meglio fosse il modello educativo
proposto dalla famiglia e dalla chiesa locale. La propaganda violentemente
antitedesca trasmessa attraverso la scuola
e in totale contrasto con il modello culturale veicolato dall’ambiente familiare e sociale nel quale il giovane era inserito, produceva spesso l’effetto contrario a quello desiderato, provocando talvolta un odio profondo verso tutto quanto era italiano e l’esasperazione della propria appartenenza al
mondo tedesco.
30
“Quale fosse il risultato dell‘«italianizzazione
del sentimento» dei bambini è documentato da
due episodi.
In un comune della provincia di Fiume, una
maestra dettò agli scolari: «O fanciulli, com’è
bella, com’è grande l’Italia nostra. Benito
Mussolini la vuole ancor più bella e più grande». Uno scolaro croato di 12 anni scrisse
«brutta» e «piccola» invece di «bella» e «grande». Lo scolaro si chiamava Giovanni Iscra.
La maestra fece rapporto e intervennero le
autorità. Il questore di Fiume riferì così
dell‘«indagine» svolta:
«Opportunamente interrogato, (lo scolaro)
ha dichiarato di aver sentito dire lo stesso dai
compagni (…). Ha soggiunto a mia richiesta
di aver sentito parlare male dell’Italia in casa
propria dai genitori, quando sono arrabbiati
per dover pagare tasse, ecc., ed infine mi ha
detto esplicitamente che quello che i suoi dicono in casa viene detto dal parroco don
Michele Huso, specificando che costui dice
che si stava meglio prima sotto gli austriaci,
che ora si pagano molte tasse e che manca il
lavoro. (…) La responsabilità di tali manifestazioni antitaliane risale proprio al suddetto
ecclesiastico; gli adulti ripetono in famiglia
quello che egli dice in chiesa, cose che non si
perita di dire anche ai bambini; e naturalmente
costoro crescono poi con sentimenti ostili alla
patria e al regime. (…) Ciò posto (…), ho
creduto opportuno (…) di iniziare le pratiche per inviare detto scolaro in una casa di
correzione».
Di un analogo, sintomatico episodio, avvenuto a Gorizia, ha riferito Salvemini:
«Nel gennaio 1931, nel perquisire una casa
slovena (…), la polizia scoprì il disegno di un
uomo inginocchiato, curvo sotto il peso delle catene, che aspettava la spada del boia. Il
boia portava il nome di Vittorio Emanuele
III re d’Italia, mentre l’uomo condannato rappresentava il “popolo sloveno“. Questa scoperta fu seguita dall’arresto del pittore in erba
che aveva disegnato quel capolavoro di verità.
Fra le sue carte c’era una lista di quindici compagni di scuola. Tutti, fra i 10 e i 16 anni, furono arrestati. Confermarono di aver fondato
(una) società segreta (…) allo scopo di far saltare in aria un ponte ferroviario. I giovani delinquenti avrebbero dovuto essere processati e
condannati dal Tribunale speciale (…). Dopo
aver meditato sull’argomento per due mesi,
Mussolini ordinò che i ragazzi fossero rilasciati».
Questi furono casi estremi, certo, ma illustrano bene il risultato psicologico della politica scolastica di snazionalizzazione. I bambini delle minoranze – ancor più di quanto
generalmente accada a tutti i ragazzi negli Stati
a regime dittatoriale – apprendevano fin dalla scuola un comportamento schizofrenico.
A casa, in famiglia, Cesare Battisti o
Guglielmo Oberdan passavano per «traditori»; a scuola erano esaltati come eroi. I padri
della maggior parte di quei bambini avevano
partecipato – più o meno volentieri – alla
guerra mondiale dalla parte austriaca. E adesso a scuola si insegnava che i soldati austriaci
erano barbari, disumani, crudeli; i bambini dovevano ripeterlo durante le ore di storia, e
loro recitavano la lezione, scrivevano i
compitini come era prescritto, però sapevano che li stavano costringendo a dire e a scrivere delle cose non vere. C’è da stupirsi che
considerassero non vero tutto quello che gli
italiani - maestri e non – dicevano loro? Che
attribuissero agli italiani, nella loro fantasia,
tutto quello che i testi scolastici addossavano
ai loro padri? Scuole tedesche in Sudtirolo e
scuole slave nella Venezia Giulia non sarebbero mai riuscite a suscitare e a diffondere
tanto odio per l’Italia quanto ne scaturì dalle
scuole italiane imposte ai bambini di questi
territori”.
(GATTERER C., In lotta contro Roma. Cittadini, minoranze e autonomie in Italia, Bolzano 1994,
pp. 529-530).
Claus Gatterer
Claus Gatterer (Sesto Pusteria 1924- Vienna 1984), giornalista, storico, scrittore; lavora a
Bolzano e poi a Vienna, dove diventa redattore della ÖRF (Radiotelevisione austriaca). Sviluppa studi e ricerche sulla storia del Sudtirolo in un contesto europeo ed internazionale, ponendo
l’accento sulla questione delle minoranze linguistiche in Europa, sui diritti dei popoli e sulla
necessità di intensificare gli studi storici, per dare quiete alla memoria e per costruire insieme
la distanza che fa dei fatti collettivi le storie. Dal suo contributo di ricerche e di riflessioni è nata
una vera e propria “corrente storiografica” nuova, capace di “andare oltre” la contrapposizione
tra gruppi etnici per fare del “contesto storico” un reale luogo di confronto culturale, aldilà dei
pregiudizi o dei nazionalismi che da sempre avevano ispirato le due “storiografie nazionali”. Le
sue opere sono pubblicate in italiano dalla casa editrice Praxis 3 di Bolzano.
GATTERER C., Bel Paese – Brutta Gente: romanzo autobiografico dentro le tensioni di una regione
europea di confine, Bolzano 1989.
GATTERER C., Cesare Battisti. Ritratto di un “alto traditore”, La Nuova Italia, Firenze 1969.
GATTERER C., In lotta contro Roma, Bolzano 1995.
GATTERER C., Italiani maledetti – Maledetti Austriaci. L’inimicizia ereditaria, Bolzano 1986.
Se nel brano che abbiamo appena letto
Claus Gatterer sottolinea le sollecitazioni
contrastanti che si esercitavano sui bambini sudtirolesi fin dai primissimi anni di scuola, in quello che segue lo stesso Gatterer
ricostruisce alcuni aspetti della vita all’interno del seminario di Bressanone. Era questo uno degli istituti medi confessionali mantenuti in vita dal fascismo in virtù dell’accordo concordatario intercorso tra regime
e chiesa cattolica. Le lezioni vi si tenevano
in tedesco e, nonostante l’obbligo di insegnarvi la dottrina del fascismo, la Kiste –
così viene chiamato il seminario da Gatterer
– rappresentava in parte una zona franca,
una piccola scatola, appunto, al cui interno
il frastuono prodotto dal regime giungeva
attutito.
Ciò nonostante, anche all’interno della
Kiste erano inevitabili compromessi ed espedienti, mentre sistematico diveniva il ricorso alla menzogna. Nei temi in classe di carattere politico, gli studenti avevano imparato a mentire senza alcun imbarazzo, simulando - „in una sorta di agone sportivo“
– un inesistente attaccamento al fascismo,
ai suoi riti e ai suoi valori. I ragazzi facevano a gara a chi appariva il miglior fascista,
utilizzando la tattica della doppiezza quale
strumento di sopravvivenza. Si trattava dell’ennesimo guasto morale provocato dal
regime alle nuove generazioni, strette tra
l’accettazione acritica delle parole d’ordine
del fascismo e il ricorso alla dissimulazione.
Ciò che qui preme sottolineare è che la
presenza nella prosa dei giovani cresciuti
sotto il fascismo della retorica propria della
propaganda, non indica necessariamente
l’adesione viva e profonda al regime, così
come in certi casi si potrebbe frettolosamente ritenere. In questo errore incorrevano talvolta le stesse autorità pubbliche
italiane, che da manifestazioni esteriori di
assenso al fascismo desumevano inesistenti
successi nell’opera di penetrazione.
38
“Dato che il compito della kiste non stava
soltanto nel prepararci alla maturità richiesta per passare al seminario maggiore, ma
anche alla maturità esterna, cioè a quegli esami di Stato che gli studenti delle scuole private devono sostenere rispettivamente dopo
il quinto e l’ottavo anno, i nostri professori
erano servi di due padroni il cui verbo e la
cui autorità spesso si escludevano reciprocamente. Quando, dopo una dettagliata lezione di filosofia su Platone e Cartesio, su
Aristotele e Vico, su Kant e Hegel apprendevamo nella roboante Dottrina del Fascismo, lettura d’obbligo per i maturandi, che
l’azione aveva per sempre seppellito la filosofia anche quella di Agostino e
dell’Aquinate, il nostro professore, che aveva il dovere di non adombrare alcuna autorità costituita, veniva a trovarsi con le spalle
al muro. Numerose contraddizioni di questo genere creavano quel propellente esplosivo che lanciava come tanti razzi le nostre
domande in tutte le direzioni del firmamento. C’erano professori che erano talmente
convinti della loro autorità che consideravano ogni dubbio e ogni domanda come trasgressione alla disciplina. Ma c’erano anche
quelli cui non dispiaceva intuire l’origine dei
nostri dubbi e che rispondevano per lo meno
con un altro dubbio. Sono proprio questi gli
insegnanti che oggi ai miei occhi appaiono
come le vere cime dell’insegnamento.
- Ma questo non serve per gli esami di Stato - aggiungeva a commento il nostro professore di storia, un ometto dalla pancetta
rotonda e il naso a patata come quello di
Socrate quando, deviando dalla strada lastricata dalle bugie delle certezze proclamate,
privatamente ci raccontava la verità su questo o quell’episodio storico. Ciò che noi volevamo non era maggior sapere «per gli esa38. Gaido e Brugo, La fanciulla laboriosa, tabel- mi di Stato» ma un po‘ di certezza per noi.
Gli esami di Stato? Di quelli non avevamo
paura, ci saremmo facilmente arrangiati. Non
ci avevano forse insegnato a mentire? L’avevamo imparato; e avevamo imparato a mentire senza arrossire. Nei temi politici di italiano facevamo a gara a chi riusciva ad essere il miglior fascista, a chi riusciva a mettere
il maggior numero di citazioni mussoliniane,
a chi sapeva più neologismi fascisti e ad usarli
correttamente. Considerando l’obbligo alla
doppiezza come invito alla canzonatura,
sfuggivamo l’ottusa desolazione di questi
temi politici, che secondo le alte intenzioni
dovevano essere testimonianza di vera educazione e dimostrazione di radicati principi,
rifugiandoci in una sorta di agone sportivo
nel quale era non l’educazione ma l’ammaestramento, non i sentimenti ma la
mistificazione dei sentimenti a portarci i voti
migliori e la gioia di averli ottenuti.
[…]
Dai giornali sapevamo che la folla era «galvanizzata» o «elettrizzata», che era doveroso
«sensibilizzare» le legittime richieste della
nazione per «zittire» i nemici interni. La «campagna demografica» iniziata in quei tempi e
per la quale fu espressamente istituito un
Ordine del Nastro Bianco condusse la «generosa prolificità» italiana, grazie alla «gioiosa virilità dei suoi maschi» e al «fertile grembo» delle sue donne, al massimo sviluppo.
Quale altra nazione visse come la nostra
quelle feste del fascio littorio dove in una sola
città duemilaseicentoventi coppie andarono
all’altare nello stesso giorno in un «solenne
pellegrinaggio dell’amore» e subito dopo il
«sì» con un collettivo telegramma al Duce
promisero «tanti piccoli Balilla entro l’anno»?
L’Italia del domani doveva essere una «primavera di culle» in modo che le nostre prestazioni fossero ancora più marziali ed empissero il mondo del «ruggito della nostra
lone didattico, primi del Novecento.
31
potenza». Il nostro Cesare, il «Condottiero dei
Condottieri» brandendo la sacra spada
dell’Islam, l’arma allora più di moda, cavalcava «sullo splendente cavallo bianco alla
testa del suo popolo».
Da questa grande riserva di materia prima attingevamo a piene mani per confezionare i nostri saggi su temi come «Il futuro
dell’Italia è sul mare», oppure «Della fatalità
della vittoriosa marcia delle potenze totalitarie». Con la fronte bagnata di sudore, mentre il professore guardava dalla finestra, il
mio compagno di banco mi chiese mormorando tra i denti:
- Ti prego, dimmi ancora una frase di
Mussolini. Ti do in cambio il panino della
mia merenda.
Fui generoso:
- «Si dia alle masse la possibilità quotidia39. Pubblicità per l’editoria per ragazzi, “L’Economia Nazionale”, 1928.
40. Libretto di lavoro di un optante per il Terzo
Reich, 1940.
Il sostanziale insuccesso del tentativo di
italianizzazione e di fascistizzazione delle
giovani generazioni operato attraverso la
scuola e le organizzazioni giovanili legate al
partito, apparve chiaro nel corso degli anni
trenta. L’ascesa al potere di Hitler nel 1933,
provocò un immediato quanto deciso rafforzamento dei nazisti locali che accentuarono i loro toni irredentisti ed anti-italiani.
La propaganda nazionalsocialista trovava
terreno fertile soprattutto tra le nuove generazioni di sudtirolesi che, a differenza dei
più anziani presso i quali era ancora vivo il
mito dell’impero austro-ungarico, riponevano
più facilmente le loro speranze di redenzione nazionale nella Germania animata da
nuove aspirazioni di grandezza piuttosto che
nella piccola e debole Austria. Inizialmente
le autorità italiane non si erano eccessivamente preoccupate dell’infiltrazione nazista
in Alto Adige ed avevano anzi sottolineato le
affinità ideologiche tra il movimento
germanico e il fascismo italiano7 . Nei suoi
frequenti rapporti inviati al ministero dell’Interno, il prefetto Marziali aveva sempre
minimizzato il pericolo rappresentato dalla
diffusione del movimento hitleriano, presentando al contempo un’immagine eccessivamente ottimistica di una provincia ormai normalizzata nella quale la presenza fascista
diveniva sempre più radicata anche tra la
popolazione di lingua tedesca8 . Di fronte al
sempre più evidente radicamento del
nazismo e al moltiplicarsi degli episodi di
32
na di saziarsi e così si spinge inesorabilmente il
popolo nelle braccia della borghesia».
- Ostia! – esclamò mettendosi a scrivere.
Dopo un poco:
- Ne hai un’altra? Per la conclusione. Ti do
in cambio…
Ed io gli dettavo:
«Preferiamo essere temuti. Ce ne freghiamo dell’odio degli altri perché lo contraccambiamo».
Quel «perché» non era molto logico, ma
in fondo cosa c’era di logico a quei tempi?”
GATTERER C., Bel paese brutta gente, Bolzano,
1989, pp. 262-266.
La penetrazione del nazismo
e il fallimento dell’educazione fascista
41
40
aperta ribellione nei confronti delle autorità
italiane e di disprezzo verso i simboli
dell’italianità, gli errori di valutazione del
prefetto apparvero evidenti e, nel settembre 1933, si operò il cambio della guardia
tra Marziali e Mastromattei. Con quest’ultimo ebbe inizio la nuova fase della politica
fascista che, consapevole del fallimento del
tentativo perseguito fino a quel momento di
italianizzare la popolazione di lingua tedesca essenzialmente attraverso misure di
carattere legislativo, mirava al progressivo
ribaltamento della proporzione numerica tra
tedeschi e italiani, tramite il massiccio innesto di popolazione proveniente dal resto della
penisola9. Non si trattava più tanto di per-
seguire la trasformazione in italiani dei
sudtirolesi, ma piuttosto di facilitare l’arrivo
di un così alto numero di “regnicoli” da
scardinare l’esistente equilibrio etnico che
ancora era a favore dei tedeschi.
E’indicativo notare come la maggiore
diffusione del movimento nazista in chiave anti-italiana si ebbe proprio tra i più
giovani, a dimostrazione dell‘infondatezza
delle tante volte ribadite cer tezze sulla
facilità di forgiare a proprio piacimento
le nuove leve. I documenti che seguono
dimostrano la progressiva presa di coscienza da par te di diverse autorità statali di fronte al crescente e preoccupante successo del nazismo all’in-
terno delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
Nel primo caso si tratta di un rapporto
inviato al proprio preside da un insegnante
della scuola di avviamento professionale di
Ortisei, nel quale si sostiene, tra le altre
cose, che la penetrazione del nazismo interessava anche studenti iscritti alle organizzazioni giovanili fasciste. Il secondo documento è una lettera inviata dal ministro dell’Educazione Nazionale alla Presidenza del
Consiglio, nella quale si rende noto l’esito
di un’indagine che aveva messo in luce l’esistenza di una associazione clandestina di
ispirazione anti-italiana, alla quale appartenevano numerosi studenti del R. Liceo
Ginnasio di Bressanone, alcuni dei quali
iscritti al partito fascista o alle sue organizzazioni.
Seguono infine due rapporti redatti dal
questore di Bolzano e inviati al ministero
dell’Interno, dove la constatazione della
penetrazione nazista tra i giovani e del fallimento dell’opera pedagogica del fascismo
assume toni estr emamente lucidi e
disincantati. Le parole del questore Norcia
sono interessanti anche per altri motivi. Il
capo della polizia bolzanina rilevava come
la diffusa ostilità verso il fascismo dimostrata
dalla popolazione locale doveva intendersi
come mera avversione al dominio italiano
sul Sudtirolo e non come opposizione sociale e politica al regime dittatoriale. Si trattava, in altre parole, di ribellione contro il
confine del Brennero e alle più odiose misure snazionalizzatrici prese dal regime, e
non di un‘opposizione chiara e consapevole al totalitarismo fascista come ideologia
oppressiva, espressione di determinati interessi di classe10. In questo senso, a preoccupare di più erano gli operai destinati
alla zona industriale di Bolzano, tra i quali
non poteva escludersi la presenza di elementi sovversivi. In questo, come in molti
altri casi, esponenti delle istituzioni statali
italiane dimostravano di temere le manifestazioni anti-nazionali dei sudtirolesi, ma di
apprezzare il loro rispetto per le autorità
costituite e la loro avversità ad ogni forma
di protesta sociale.
42
R. CORSO BIENNALE DI AVVIAMENTO PROFESSIONALE DI ORTISEI
N. 134
Ortisei, 8 marzo 1934/XII
OGGETTO – Situazione politica di una classe.
Al R. Direttore del Corso
Cav. Lodovico D O N A T I
Egregio Direttore,
mi permetto manifestarLe un mio punto di vista sulla situazione politica della 2^ classe di
questo corso. Gli alunni maschi vanno da qualche tempo subendo una certa modificazione
nel modo di pensare nei riguardi della politica.
Tale modificazione è man mano aumentata accentuandosi negli ultimi tempi.
E‘ bene premettere che trattandosi di alunni che hanno già una certa età (circa dai 12 ai 14
anni), sono già in grado di potersi esprimere come loro conviene e di dare eventuali giudizi,
perciò si possono tenere responsabili delle proprie parole.
Ora ho notato che per opere di certe infiltrazioni di cui non potrei precisare l’origine, viene
manifestandosi una corrente di simpatia per tutto ciò che si fa e si dice Oltralpe. Gli alunni
sono sempre informati degli avvenimenti tedeschi e austriaci che vanno commentando con
interesse, simpatizzando per Hitler.
Alcune espressioni raccolte dalla bocca di qualche temerario nelle ore di cultura fascista,
hanno manifestato chiaramente l’incompatibilità per tutto ciò che è italiano e fascista. Cosa
grave per chi ha il compito nel nostro caso d’insegnanti, di lottare per giungere a formare una
coscenza (sic) nazionale in questa zona di confine. Ciò non è neppur conciliabile con i sentimenti di ogni benpensante, purchè non voglia essere tedesco a tutti i costi.
E‘ giustificabile il fatto che in coscienza di educatori ci si senta punti nel vivo poiché la
nostra missione viene ad essere fortemente ostacolata.
Chi è colpevole di tali infiltrazioni non è un solo alunno ma alcuni che in parte appartengono con poco onore alle organizzazioni giovanili.
Gli utili avvertimenti ai ragazzi non sono mancati e posso sperare che in seguito non
abbiano a verificarsi incidenti. La propaganda deleteria dovrà del tutto cessare e non mancherò di tenerLa informata su tale situazione, specialmente nel caso che fosse necessario
intervenire con eventuali provvedimenti.
Ora dato che il pericolo sembra circoscritto a quei pochi elementi che sono ritenuti colpevoli,
ritengo opportuno procedere cautamente, facendo da parte nostra opera di persuasione.
Allo stato di cose è bene che sia messo in luce affinché ci si possa mettere sulle difese
contro chi tentasse minacciare l’opera educativa della scuola italiana in Alto Adige.
Ossequi vivissimi
L’Insegnante
f.to
Luigi Amicabile
41. Pagano G., Pubblicazioni mussoliniane,
1939.
(Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1934-36, 1/1-13/680).
42. Fratelli Stolz, La comunità di popolo, 1939.
33
Roma, 21 NOV 1934 Anno XIII E.F.
Ministero
dell’Educazione Nazionale
DIREZIONE GENERALE DELLA ISTRUZIONE MEDIA,
CLASSICA, SCIENTIFICA, MAGISTRALE
All’Ecc/ma Presidenza del
Consiglio dei Ministri
ROMA
Divisione II^
Prot. N. 8616
OGGETTO: Alunno Mellauner ed altri.
Dalle Autorità scolastiche questo Ministero è stato informato che l’Autorità politica scopriva nel giugno scorso in Bressanone un’associazione tedesca clandestina denominata „Laurinia“ della quale facevano parte 17 studenti del R.Liceo Ginnasio ; alcuni di questi avevano
partecipato il 26 maggio ad una riunione, in cui erano stati tenuti discorsi di carattere antinazionale da certo Dott. Dejaco e dallo studente
Tausch, della terza liceale.
Per essersi riuniti il 14 giugno, alla fine dell’anno scolastico, in un pubblico esercizio cantando canzoni tadesche, furono inoltre tratti in
arresto undici studenti, rilasciati al mattino, tranne il Tausch, che si trovava fra di essi.
Degli studenti iscritti all’associazione „Laurinia“ uno – Kustacher Giuseppe di prima liceale – era avanguardista; uno – Fissneider Giovanni di quarta ginnasiale – era iscritto al Fascio giovanile; un terzo – appunto il Mellauner – era iscritto al Fascio di Bressanone.
In attesa delle decisioni delle Autorità politiche, le Autorità scolastiche ammisero i giovani – tranne il Tausch, che era in arresto – agli
scrutini ed agli esami, sotto condizione delle eventuali sanzioni disciplinari in cui dovesse ritenersi fossero essi incorsi.
Successivamente le Autorità politiche informarono che i tre giovani iscritti alle organizzazioni fasciste ne erano stati espulsi con la motivazione „per essere venuti meno al giuramento di fedeltà alla Causa della Rivoluzione“; e le Autorità scolastiche chiedono istruzioni circa le
decisioni definitive da adottare.
[…]
IL MINISTRO
(Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1934-36, 5/4/2797).
43
25
34
44
RISERVATA - RACCOMANDATA
REGIA QUESTURA DI BOLZANO
Div. Gab. – N.° 02247
Addì 30/1/1938 XVI°
On/le Ministero dell’Interno
Direzione Generale della P.S.
Roma
Con riferimento al dispaccio Ministeriale 26 volgente n° 2742/441/01250, mi pregio comunicare che la situazione politica di questa Provincia permane immutata senza tuttavia
presentare sintomi di pericolo nel senso di probabili turbative dell’ordine pubblico.
Gli episodii di ostilità da parte degli elementi allogeni sono invero meno numerosi e di
minor rilievo, ma in tale constatazione non è da vedersi un miglioramento della situazione
perché la minor somma delle piccole manifestazioni e degli atti di insofferenza, è indubbiamente dovuta al maggior controllo che ognuno sa imporsi dopo gli esemplari provvedimenti di polizia fin qui adottati in confronto di ogni convinto responsabile di atti antitaliani.
L’azione di resistenza passiva continua a perseguirsi nella cerchia ristretta dei nuclei familiari ed è da ritenersi sorretta ancora validamente dal clero, i cui rappresentanti hanno solo
apparentemente nella forma, modificato il primitivo atteggiamento di opposizione.
E‘ da rilevarsi come le manifestazioni ostili note e perseguite da questo Ufficio siano
opera prevalentemente di elemento giovanile, ciò che indica chiaramente come l’educazione
della gioventù sia ancora asservita ai vecchi elementi irredentisti o nazisti malgrado la formale adesione e partecipazione alle Organizzazioni della G.I.L.
Della breve classifica qui allegata merita speciale menzione l’episodio relativo all’arresto
per propaganda irredentistica svolta tra i giovani, dell’allogeno ventenne BAUER Francesco, già iscritto al Fascio Giovanile di Tirolo, il quale aveva fissato dei „corrispondenti“ pure
giovani, in vari comuni e con questi si teneva in contatto emanando istruzioni sulle modalità
di resistenza alla penetrazione italiana, sul mantenimento degli usi e costumi tedeschi, etc.
Confermo quanto ebbi l’onore di esporre in precedenti mie relazioni informative che il
movimento sovversivo di carattere rivoluzionario ed antifascista non si è finora rivelato con
alcun sintomo in questa Provincia dove la grande maggioranza della opposizione professa
sentimenti antinazionali con aspirazioni a modificazioni territoriali politiche e non antisociali.
E‘ da prevedersi che in avvenire, collo sviluppo della Zona industriale e la conseguente
importazione di sempre più numerosa mano d’opera dalle Provincie dell’interno, si dovranno registrare sintomi, ora inavvertiti, di propaganda sovversiva; ciò non ostante che il servizio informativo sugli elementi importati proceda con meticolosa cura.
Nel momento attuale, considerato immutato anche all’atto della prossima visita in Italia
del Capo del Governo Germanico, non si ritiene possano verificarsi fatti interessanti seriamente l’ordine pubblico. Prevedesi fin d’ora che le grandi adunate di omaggio pel transito
del Führer nel territorio della Provincia, per l’adesione studiata di tutti gli allogeni di sentimenti nazisti, riusciranno imponenti fornendo un nuovo e più esatto elemento di valutazione delle forze ostili che inconsciamente si scopriranno in tale occasione.
45
IL QUESTORE
F.to Norcia
(Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Divisione affari generali e riservati, 1941, cat. K1 B15, b. 49, fasc. Bolzano).
46
47
43. Katakombenschule in val Sarentino, anni
Trenta.
44. Katakombenschule, Aslago, Bolzano 1933.
45. Libro di lettura per i corsi di tedesco per
optanti, 1940.
46. Pagella di scuola elementare, 1935.
47. Testata de “Il Balilla dell’Alto Adige”, 1928.
35
REGIA QUESTURA DI BOLZANO
Div: Gab. N. 017271
Addì
31 / 5 / 1938
Anno XVI
Risposta a nota N. telegr. 19841/441/024344
del 30 corr.
OGGETTO: Relazione sugli episodi di
carattere sovversivo ed antinazionale sulla
situazione politico-economica della Provincia.
RISERVATISSIMA
- alleg. 1 On/le Ministero dell’Interno
Direzione Generale della P.S.
ROMA
Nel rimettere a codesto On/le Ministero il prospetto relativo agli episodii di carattere sovversivo od antinazionale, verificatisi nel corso del
trimestre che si chiude oggi, mi permetto porre in rilievo la natura dei numerosi episodi elencati che appaiono, nella quasi totalità, espressione di sentimenti antinazionali ed irredentistici nazisti.
Si conferma pertanto che in questa Provincia, la concezione della lotta sociale di classe propugnata dai partiti rivoluzionarii comunisti non
ha rilevabile seguito né diffusione, mentre l’ostilità alle Istituzioni ed al Partito appare indirettamente come oggetto di offesa nelle manifestazioni di resistenza inspirate dalla concezione irredentistica e nazista professata dalla maggioranza della popolazione allogena. Questa infatti,
continua una resistenza tenace, minuta e capillare in ogni manifestazione di vita individuale famigliare e sociale per ostacolare, come di fatto
contrasta, ogni provvidenza diretta a favorire la penetrazione italiana al cui fine convergono gli sforzi di tutte le Autorità.
Prima degli storici avvenimenti d’Austria pareva che la situazione politica e l’azione di resistenza della popolazione locale avesse tendenza
a diminuire di intensità, ed infatti erasi desunta una tale speranza dalla constatata sensibile diminuzione dello stillicidio di piccoli episodii di
insofferenza registrata nel primo trimestre del corrente anno.
Gli avvenimenti predetti, per la stessa forma rapida e diffusa dell’azione militare di occupazione del territorio austriaco, hanno favorito lo
sviluppo di notizie false, che giunsero perfino a convincere gli abitanti della montagna lontani dai centri comunali, dell’avvenuta occupazione
di questa Provincia fino ai confini (affermati tedeschi) di Salorno.
In tale clima, i mal celati e compressi sentimenti nazisti della massa giovanile di questa popolazione allogena, non poterono più contenersi
ed esplosero negli episodii, invero numerosi, sommariamente segnalati nel prospetto qui unito che, è opportuno avvertire, non raccoglie tutti
gli episodii accertati ed acquisiti a questi atti, perché una parte di questi non sono stati singolarmente rilevati per la loro pochezza intrinseca
sia per le persone dei minori che furono protagonisti, sia perché il perseguirli ad ogni costo potrebbe portare inutile gravame di indagine che
allenterebbe l’azione di persecuzione dei fatti più degni.
Tali piccoli episodii sono tuttavia da considerarsi nel loro complesso per formarsi una visione d’insieme della diffusione che mantiene il
sentimento di ostilità alla Patria acquisita dai nuovi nostri concittadini.
Sono i citati episodii manifestazioni di ragazzi e bambini che tracciano croci uncinate naziste con gesso furtivamente sulle lavagne, banchi
delle scuole, e sui perimetri delle chiese, che emettono grida di „heil Hitler“ quando avvistano in transito auto con guidatori tedeschi, che
esprimono i loro sentimenti tedeschi nello stesso svolgimento dei temi scolastici.
Se di poco rilievo per proporzione materiale, questi episodii sono forse i più significativi e per noi importanti perché stanno ad affermare
come l’educazione tedesca per il tedeschismo venga persistentemente praticata nelle famiglie e nelle chiese senza che lo sforzo di educazione
italiana perseguita, pur tenacemente, dai nostri maestri, sia fin qui riuscito se non ad arrestarla almeno ad allentarla sulle nuove generazioni
nate e cresciute in clima e terra ormai italiana.
[…]
IL QUESTORE
Norcia
(Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Divisione affari generali e riservati, 1941, cat. K1 B15,
b. 49, fasc. Bolzano).
48. Moro F., Terra feconda,
primi del Novecento.
36
Una canzone proibita e le indagini delle autorità italiane
L’ultima serie di documenti riguarda un
episodio specifico occorso nel 1934 in una
quarta classe della scuola “Regina Elena“
di Bolzano. Il direttore dell’istituto Rainerum
rendeva noto all’ispettore scolastico
Dalpiaz di essere venuto a conoscenza che
uno scolaro della scuola “Regina Elena“ andava insegnando ai suoi compagni di classe una canzone in tedesco offensiva del
duce e del re ed inneggiante ad Hitler. In
seguito a tale segnalazione ebbe inizio una
vera e propria inchiesta ad opera delle
50
autorità scolastiche che – come emerge
dal rapporto di Dalpiaz al provveditore agli
studi – svolsero serrati interrogatori dei
bambini implicati nell’accaduto. Le conclusioni di Dalpiaz erano inequivocabili: la canzone incriminata era da molti mesi a conoscenza di numerosi alunni del
capolugogo e di altri centri della provincia
ed era evidente che la simpatia per il
nazismo all’interno dei giovani sudtirolesi
stava assumendo le caratteristiche di un
fenomeno di massa, mentre cresceva la
speranza in un intervento di Hitler capace
di staccare il Sudtirolo dall’Italia.
Oltre ad illustrare il fallimento dell’inquadramento fascista dei bambini nati e
51
cresciuti sotto il regime, questo episodio
rappresenta un esempio tipico del controllo di tipo poliziesco che la dittatura
49. Il saluto romano.
voleva esercitare su ogni momento della
50. Caricatura in “Semplicissimus”, 1927.
vita pubblica e privata. Una canzone
51. Benito Mussolini, Il Libro della seconda classe, 1939.
inneggiata da ragazzini di 12 o 14 anni
49
diveniva un evento politico di rilievo, provocando inchieste e interrogatori di adulti
e bambini, con questi ultimi considerati
Bolzano 25 marzo 1934-XII
quasi alla stregua di pericolosi cospiratori.
AL REGIO ISPETTORE SCOLASTICO DI
BOLZANO
Sono a conoscenza di un fatto grave avvenuto nella quarta classe A della Scuola Regina
Elena da parte di uno scolaro, certo Streitberger, riferentesi a offese gravi a S.M. il Re e a S.E.
Benito Mussolini. Il fatto consiste di una canzone in tedesco che detto ragazzo va narrando
ai suoi compagni, il cui significato è assai offensivo ed immorale.
Eccone il testo:
Vater unser der du bist
hau den Mussolini auf den Mist,
Und den Koenig dazun
Dann hat der Hitler seine Ruh.
E’ necessario aprire una pronta inchiesta e reprimere fin dall’inizio il male.
Con ossequi
Insegnante: Marzari
37
52. Gaido, Non deridere i disgraziati, tabellone didattico, primi
del Novecento.
R. ISPETTORE SCOLASTICO BOLZANO
n.445 C.A.
Bolzano 29 marzo 1934-XII
AL R. PROVVEDITORATO AGLI STUDI
TRENTO
Con lettera 25 marzo corrente il direttore dell’Istituto Rainero portava a conoscenza del sottoscritto e del direttore didattico di Bolzano 1.
che lo scolaro Streitberger Gualtiero figlio di Emilio alunno della classe IV A delle scuole R.Elena aveva recitato a qualche suo compagno
una poesia contenente offese gravi a S.M. il Re ed al Capo del Governo.
La poesia in parola è la seguente: “Vater unser der du bist, hau den Mussolini auf den Mist un den Koenig noch dazu dan hat Hitler seine
Ruh“ (Padre nostro che sei tu, getta Mussolini su di un letamaio e con lui anche il Re così Hitler avrà la sua pace).
Il Direttore dell’Istituto Rainero insegnante Armando Marzari era venuto a conoscenza di questo fatto a traverso una denuncia dell’alunno
Rolando Fustoss di Giovanni scolaro della IV^ A. e convittore del Rainero al quale lo Streitberger aveva recitato la poesia in parola.
Il sottoscritto coadiuvato dal Direttore didattico Attilio Menapace provvide tosto ad interrogare il Fastoss il quale confermò che una
quindicina di giorni fa, trovandosi col compagno Streitberger Gualtiero in Via Regina Elena, quest’ultimo gli recitò la poesia di cui sopra. Lo
Streitberger in questa occasione rilevò che anche altri alunni della IV^ A erano a conoscenza di questi versi fra i quali l’alunno Koss Riccardo
di Giuseppe.
Interrogato l’alunno Streitberger Gualtiero confermò di conoscere la poesia e stretto dalle domande confermò piangendo di averla
appresa già due o tre mesi fa dalla alunna Gruber Luigia di Luigi del II corso commerciale, un giorno in cui la Gruber si trovava a casa sua.
Al momento erano presenti anche i propri fratelli Streitberger Emilio del I corso C e Streitberger Lodovica del II corso E e i fratelli della
Gruber Francesco e Carlo.
Chiestogli se i genitori fossero a conoscenza di questa poesia, l’alunno Streitberger dichiara che il proprio fratello lo denunciò al padre il
quale proibì ai figlioli di recitare la poesia in parola e castigò con numerose frustate il figlio Gualtiero per il fatto che aveva recitato questa
poesia. Ammette di aver recitato la poesia presenti gli alunni Koss e Fustoss ed una volta anche in casa in presenza di certo Morandini
apprendista pasticciere d’un operaio pasticciere e della domestica. Nega recisamente di averla portata a conoscenza di altre persone. Nega
pure di aver sentito cantare la poesia in parola.
L’alunna Gruber Luigia figlia di Luigi, del II° corso C dopo aver negato ripetutamente di aver insegnato la poesia ai fratelli Streitberger,
finisce coll’ammettere di averla insegnata. La Gruber apprese la poesia dal proprio fratello Carlo alunno della III^ D. Sa che molti conoscono
tale poesia. Non la sentì mai cantare ma solo recitare.
L’alunna Streitberger conferma di aver appreso la poesia dalla Gruber, un giorno che questa si trovava a casa sua. E‘ a conoscenza che
molti conoscono i versi di cui sopra. Sa che alcune sue compagne dimostrano molta simpatia per Hitler „il quale fa molto bene“ e che
beffeggiano invece Dolfuss. Fra queste scolare cita le seguenti: Angela Ida di Francesco della II^ D. Commerciale, Knoll Geltrude di Enrico
della II^ E. Ghirardini Editta di Antonio II^ C. De Demmelmaier Marta di Giorgio II^ C.
38
Lo scolaro Gruber Francesco apprese la poesia a Sarentino, questa estate, mentre vi si
trovava in villeggiatura, da un ragazzo di nome Luigi non meglio identificato. Un giorno la
recitò al suo compagno Streitberger raccomandandogli di non dir nulla: „perché altrimenti
avrebbe tradito Mussolini“.
Carlo Gruber fratello del precedente ragazzo non completamente normale dichiara anche
lui di averla appresa questa estate a Sarentino, ove la sapevano tutti. La prima volta la sentì da
suo fratello, poi da un ragazzo chiamato Andrea detto anche „Zocchele“ un orfano il cui
padre venne ucciso dal calcio di un cavallo.
Il suo compagno Pfeifhofer alunno della V^ A è fra i simpatizzanti di Hitler. Un giorno
sentì dire da Pfeifhofer che Hitler quando vorrà farà la guerra all’Italia. Pfeifhofer possedeva
anche uno stemma hitleriano che però gli venne sequestrato dai RR.CC. un giorno in cui
venne trovato nella chiesa dei Domenicani mentre insieme con lui tentava salire sul campanile. Gli risulta che gli stemmi hitleriani vengono venduti anche a Bolzano in una oreficeria
sotto i portici.
L’alunno Pfeifhofer nega di simpatizzare per Hitler. Conosce la poesia che dichiara essere
conosciuta da molte persone. Invitato a recitarla introduce questa variante: Vater unser der
du bist hau den Mussolini auf den Mist und den Dolfuss noch dazu dan hat Deutschland
ganze Ruh (Padre nostro che sei tu getta Mussolini su di un letamaio e con lui anche Dolfuss
poi la Germania avrà pace completa)“.
Ha avuto due anni or sono uno stemma hitleriano regalatogli da uno studente della scuola
industriale del quale non ricorda il nome. Lo stemma in parola gli venne sequestrato dai
CC.RR. come ha già deposto l’alunno Gruber. Lo scolaro Pfeifhofer dichiara che le croci
uncinate hitleriane a Bolzano sono in vendita presso l’oreficeria Dinzl (Portici).
L’alunna Demmelmaier Marta di Giorgio dell II. Corso C avv. Professionale dichiara che
non conosce la poesia. Afferma le sue simpatie per Hitler del quale (ne) sente parlare a casa
molto di frequente essendo il padre, cittadino austriaco iscritto alla sezione di Bolzano del
partito hitleriano. Ascolta molto volentieri le trasmissioni radiofoniche germaniche e poi
parla e discute con le proprie compagne di quanto ha sentito. Ha portato per un po‘ di tempo
il distintivo hitleriano.
L’alunna Ghirardini Editta di Antonio del II° corso avv.prof. afferma pure le sue simpatie
per Hitler. Non porta il distintivo hitleriano per il solo motivo che non è permesso, diversamente lo porterebbe. Anch’essa ascolta con particolare predilezione le trasmissioni tedesche
delle quali poi (ne) parla con le compagne.
L’alunno Eigner Francesco di Francesco della IV^ A dichiara di conoscere la poesia. La
mamma dello stesso successivamente informa che il suo figliolo la apprese a Soprabolzano
ove si trovava in villeggiatura durante l‘Estate. Non sa da chi; a Soprabolzano vi erano tre
monelli, coi quali il suo figliuolo andava di frequente e può darsi che la abbia appresa da
questi (Wegher, Unterhofer Viegler).
Dalle indagini esperite dal sottoscritto risulta chiaramente:
a) che i versi di cui sopra sono conosciuti da parecchi mesi da molti alunni delle scuole di
Bolzano, di Sarentino e del Renon e con tutta probabilità anche in altri luoghi dell’Alto Adige.
b) Dato che questa poesia non è indubbiamente parto di bambini, e che come lo dimostra
il suo carattere politico è stata fatta indubbiamente da adulti è da ritenersi che sia conosciuta
da una cerchia molto estesa di allogeni di questa regione, e, come è naturale, che si vada
sempre maggiormente diffondendo.
c) che le trasmissioni radiofoniche ed in ispecie la cosidetta Deutsche Stunde (ora tedesca) delle
stazioni germaniche viene seguita molto attentamente dalla popolazione alloglotta e che le comunicazioni ed i discorsi che in essa vengon fatti costituiscono il nutrimento spirituale di molti
radioascoltatori allogeni che poi ne formano materia per discussioni con i loro conoscenti.
d) Che l’interessamento per Hitler si va facendo sempre più vivo e che molti riconoscono
nel condottiero del popolo germanico colui che in un domani più o meno prossimo potrebbe esercitare la sua influenza sui destini dell’Alto Adige.
Nel mentre il sottoscritto assicura che eserciterà e farà esercitare la più oculata vigilanza
onde impedire che simili manifestazioni possano esercitare la loro perniciosa influenza sui
giovani delle scuole dipendenti si permette chiedere opportune istruzioni sulla condotta da
seguire in avvenire di fronte al manifestarsi di analoghi fenomeni.
IL R: ISPETTORE SCOLASTICO
Fto) Dalpiaz
(Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto, 1934-36, 1/1-13/680).
Note
1
Sugli esiti della riforma Gentile nella Venezia Giulia e, più in
generale, sull’italianizzazione della scuola nelle nuove province orientali si veda ANDRI A., MELLINATO G., Scuola e confine.
Le istituzioni educative della Venezia Giulia, 1915-1945,
Trieste 1994.
2
Con RD 27 settembre 1923, n. 2219 venne soppresso il
liceo ginnasio riformato di Bolzano; con RD 6 maggio 1923,
n. 1054 venne soppresso l’istituto magistrale femminile di
Bolzano; con RD 27 settembre 1923, n. 2245 venne
soppresso l’istituto magistrale maschile di Bolzano. Il RD
27 settembre 1923, n. 2665 fissava invece la data della
trasformazione in italiano del corso inferiore tedesco dell’istituto tecnico di Bolzano. Con questi provvedimenti cessavano di esistere tutti gli istituti statali con lingua d’insegnamento tedesca. Parallelamente venne negato il pareggiamento a vari istituti medi tedeschi mantenuti da comuni
o enti morali e furono istituiti nuovi istituti medi italiani. (Cfr.
lettera del ministro della Pubblica Istruzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, 25 gennaio 1926, in Archivio
Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio, Gabinetto,
1926, 1/1-13/26).
3
VILLGRATER M., Katakombenschule. Faschismus und Schule in
Südtirol, Bozen 1984 p. 55.
4
“La scuola nella Venezia Tridentina”, relazione allegata alla
lettera del ministero dell’Interno, Delegazione nella Commissione per i confini d’Italia al ministero degli Esteri e p.c. al
ministero dell’Interno, Gabinetto, 17 luglio 1945, pp. 24-25,
in Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Gabinetto (1944-46), b. 47, fasc. 3773, Confini terrestri dell’Italia. Studi, relazioni, segnalazioni.
5
Un’utile bibliografia sulla storia della scuola tra le valli dell’Inn
e dell’Adige è contenuta in COSSETTO M., Storia di maestre e
maestri. Esperienze di alfabetizzazione e di istruzione tra le
valli dell’Inn e dell’Adige nel XIX e nel XX secolo, in COSSETTO M.
(a cura di), Fare storia a scuola, volume II, Bolzano 1999, pp.
361-370.
6
Sul vero e proprio monopolio che, per quanto riguarda i
giornali di lingua tedesca, si venne a creare a favore dell’editoria cattolica si veda BRUNNER E., Die deutschsprachige Presse
in Südtirol von 1918 bis 1945, Dissertation, Universität Wien
1979, pp. 65-75.
7
ARA A., Spirito pubblico e politica italiana in Alto Adige dal
plebiscito della Saar alle opzioni, in Id. Fra Austria e Italia.
Dalle Cinque Giornate alla questione alto-atesina, Udine
1987, p. 269.
8
“Ho la coscienza tranquilla anche quando affermo che
l’italianità dell’Alto Adige in questi ultimi anni ha fatto dei
passi notevolissimi, e che nonostante tutte le difficoltà, la
sorda e non sempre afferrabile resistenza del Clero; i nervi
della provincia sono completamente distesi, e la popolazione
prima assente ed ostile, è ora fiduciosa e tranquilla, risponde
e collabora con piena consapevolezza e consenso. Il successo
senza precedenti delle ultime cerimonie in occasione della
venuta dei Duchi di Pistoia, e le stesse ammissioni della
stampa avversaria confermano che gli effetti non sono rimasti alla superficie ma sono giunti in profondità. DUCE, difesa
opportunamente l’educazione della gioventù che tutta la
nostra speranza di domani, fra pochi anni l’Alto Adige, sarà
una regione non certo seconda a nessuna consorella d’Italia
per disciplina, e laboriosa fedeltà alla nuova Patria Italiana ed
al suo DUCE”. (Promemoria personale di Marziali per Mussolini,
2 maggio 1932, in Archivio Centrale dello Stato, Ministero
dell’Interno, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza,
Divisione affari generali e riservati, 1932 Sezione I, cat. A6,
b. 1, fasc. Irredentismo. Alto Adige. Insegnamento privato
lingua tedesca).
9
ARA A., L’Alto Adige come problema della politica interna ed
estera fascista, “Clio”, n. 3, 1973, pp. 343-344.
10
Sui limiti dell’opposizione sudtirolese al fascismo cfr. STEURER
L., Südtirol zwischen Rom und Berlin cit., pp. 13-27 e LANGER
A., Una doppia lezione, ai sudtirolesi e agli italiani, premessa
a GATTERER C., In lotta contro Roma cit., pp. 17-18.
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