UNA FIABA...IN PUNTA D’ALI a cura della Prof.ssa Giovanna Gritti IL FASCINO DELL’ETEREO “Mio caro Heine, sfogliando il vostro bel libro Sulla Germania, sono capitato su un punto affascinante [...]: è il passaggio dove parlate degli Elfi dall’abito bianco, delle Ninfe che fanno vedere il loro piedino di raso, delle Villi bianche come neve dal valzer implacabile e di tutte quelle deliziose apparizioni che avete incontrato nella bruma vellutata del chiaro di luna tedesco…Che bel balletto si potrebbe fare!”. Così scriveva da Parigi il francese Théophile Gautier (1811-1872), poeta sedotto dalla danza, al collega Heinrich Heine. Il balletto in questione, non era La Silfide, ma Giselle, andato in scena nove anni più tardi e divenuto best-seller dell’epopea romantica. In questa lettera si ritrova tuttavia intatta la stessa atmosfera rarefatta, lo stesso fascino per una natura animata e a volta terribile, la stessa tensione verso un mondo super-umano che ispirarono il libretto della Sylphide, scritto da Adolphe Nourrit sulla traccia del racconto Trilby ou le Lutin d’Argail (1822) dello scrittore francese Charles Nodier. Charles Nodier e il Folletto di Argail “Di certo non c’è nessuno tra voi, amici miei, che non abbia sentito parlare dei drows di Thulé e degli elfi, o folletti familiari, di Scozia e che non sappia che poche sono le case di campagna, in quelle regioni, che non contino un folletto tra i loro ospiti. [...] Trilby, il leggiadro elfo della capanna di Dougal, era il più giovane, il più galante, il più grazioso dei folletti. Non avrebbe abbandonato la capanna di Dougal per tutto l’oro del mondo, perché era innamorato della bruna Jeannie, la barcaiola del lago Beau (moglie del pescatore Dougal) e approfittava di tanto in tanto della’assenza del pescatore per raccontare a Jeannie i sentimenti che gli aveva ispirato [...] e quando le palpebre, appesantite dal sonno, cominciavano a velarle gli occhi,Trilby, incoraggiato dall’assopimento della sua beneamata, balzava fuori con leggerezza dal suo nascondiglio e si accostava timidamante alla filatrice dormiente…” Nel testo di Nodier i ruoli sono ribaltati rispetto al balletto: qui è uno spirito maschile che mormora all’orecchio della moglie del pescatore dichiarazioni d’amore, in Sylphide la storia si sviluppa sull’amore impossibile dell’eterea creatura alata per un uomo, James, iniziato il giorno delle sue nozze con Effie. Charles Nodier (1780-1844) I primi decenni del XIX secolo sono caratterizzati dalla scoperta di una letteratura europea in cui domina l’irrazionale, in cui la follia e il sogno scuotono le certezze, in cui l’occultismo e i fenomeni detti magnetici forniscono un importante supporto alla fantasia. C. Nodier è il primo a cogliere la novità di questa moda letteraria e molti dei suoi personaggi testimoniano la sua intenzione di adattare alla lingua e alla cultura francese le visioni dei bardi del nord. Egli studia le vecchie leggende del folclore nazionale e scozzese, trasferisce i propri sogni e la sua immensa erudizione in questo nuovo genere, rendendo il suo “meraviglioso” una sintesi di più fattori, dove coesistono cultura classica e ricerca mistica, sogno e palingenesi (teoria della rinascita individuale e cosmica). La trama del balletto: I atto I personaggi, così come il balletto, ruotano su due livelli: da un lato la realtà bucolica scozzese ed i fidanzati James ed Effie, semplici contadini; dall’altro l’universo spirituale nascosto nelle foreste delle Highlands, con l’eterea Silfide e Madge, vecchia strega malvagia. La storia è ambientata in un villaggio scozzese e nel bosco vicino. Siamo alla vigilia delle nozze ; a James, addormentato davanti al caminetto della sua capanna dal tetto di paglia, appare uno spirito alato, la Silfide, che lo sveglia con un bacio (si noti come il sonno, in molte circostanze, da Lago dei Cigni a Schiaccianoci, sia motivo di presagio d’amore, di crescita psicologica, o, comunque, di mutamento). Egli vorrebbe trattenere la visione, ma essa scompare. Si avviano i preparativi e Gurn, innamorato respinto da Effie, si accorge che James ha uno scambio amoroso con una misteriosa creatura femminile. Avverte Effie ma, quando questa accorre, trova James solo e piuttosto sconvolto. II atto Il secondo atto inizia con una scena che ricorda il Macbeth (tragedia shakespeariana che diede origine al melodramma di G. Verdi, 1813-1901, su libretto di F.M. Piave). La strega Madge, scacciata e offesa pubblicamente da James in passato (nel primo atto Madge predice a Effie che non sposerà James, bensì Gurn e James la caccia brutalmente), prepara la sua vendetta. Estrae da un calderone una sciarpa magica che donerà a James, illudendolo di poter trattenere con quella la Silfide, che continua a sfuggirgli. Con la sciarpa stregata James avvicinerà lo spirito-fanciulla, ma questa, per un sortilegio, perderà le ali, sua fonte vitale. Morirà tra le braccia di James dopo avergli restituito l’anello che gli aveva rubato e sarà condotta nel regno soprannaturale da un corteo di spiriti pietosi. Sostenuto dalle sue compagne, il corpo della Silfide svanisce nell’aria. Sylphide et le “ballet blanc”… Le prime suggestioni lunari del “ballet blanc” (per i bianchi, trasparenti e impalpabili costumi) si erano viste nell’opera Robert le diable (1831) di Giacomo Mayerbeer (1791-1864), su libretto di Eugène Scribe e Germaine Delavigne. Con questo titolo, Mayerbeer diede il suo primo contributo al grand-opéra, genere del quale viene ritenuto una delle figure più rappresentative, ne segnò l’avvento definitivo, con le sue sontuose scene, perfettamente adeguate alle aspettative del nuovo pubblico dell’Opéra, composto in buona parte da ricchi borghesi. L’opera divenne tanto di moda da costituire quasi un fenomeno di costume: persino una nuova varietà di rose venne battezzata con il suo nome. Tra i suoi estimatori più illustri ricordiamo Honoré de Balzac (scrittore romantico, 1799-1850) e Heinrich Heine, che considerò Mayerbeer “l’uomo del suo tempo”, ovvero colui che per primo seppe avvedersi del sopravvento delle masse sull’individuo, successivo alla rivoluzione del 1830; mutamento cui seppe rispondere componendo una musica più sociale che individuale. In questa opera, danzava Maria Taglioni, su coreografia del padre Filippo, e cantava il tenore Nourrit, librettista del futuro balletto. Evidente è l’influenza dell’opera sulla genesi di Sylphide… ……. ...La vera rivoluzione del balletto romantico però, non fu tanto la bianca trasparenza degli abiti delle religiose nell’opera di Mayerbeer, che anticipano i leggeri costumi della Sylphide, quanto l’introduzione delle scarpine da punta, che stimolarono i coreografi a sviluppare la tecnica aerea dei passi. Maria Taglioni incarnò la sublimazione di tale rinnovamento tecnico-stilistico. La tensione romantica verso un mondo soprannaturale divenne così vera e propria ascesa: alle ballerine ottocentesche spuntarono le ali e il volo fu enfatizzato da macchine teatrali che con funi elevavano gli spiriti danzanti. Il contesto romantico Il Nord, per i romantici, era un’immagine affascinante: ambiente sfumato, nebbie misteriose, mari cupi…tutto, a Nord, aveva sapore di rischio e di infinito. Per Adolphe Nourrit, tenore di professione, l’idea del mistero, la coesistenza dei due mondi, quello reale e quello del sogno, fu stupenda. Leggendo il romanzo di Nodier, si era ancor più convinto che, tutto sommato, le storie di donne infelici, di fanciulle innamorate, tradite o maltrattate dal destino, la loro pazzia (vd. Lucia di Lammermoor di G. Donizetti) arrivavano diritte al cuore del pubblico. I malvagi, il potere, e, in contrapposizione gli oppressi, le dame virtuose, gli eroi; il destino, la morte, la pazzia,erano elementi irrinunciabili di una storia pubblica in cui involontariamente si scavava nell’inconscio. In virtù della possibilità di nuove conquiste ed avventure coraggiose (IL VIAGGIO), si sviluppò la tendenza a recuperare la natura così com’è: non più idealizzata, ma autentica, in “movimento”. La musica descrisse tutto questo come in un gran film. Le sinfonie di Beethoven, la Terza, la Sesta e la Settima (la Nona è cosmica, quindi è ancora più evidente la traslazione dei valori umani) ci fanno percepire l’ambiente e il suo peso spirituale come mai prima. La drammatizzazione del rapporto uomo-natura, diventerà sempre più psicologia e, già in Sylphide, possiamo avvertire un labile confine tra conscio e inconscio, fra verità e desiderio, fra certezza e paura. L’evoluzione di Sylphide “Le Silfidi, la cui dimora è l’aria, sono le migliori creature possibili. I mortali possono facilmente godere della loro compagnia con inviolata castità [...]. Forme trasparenti, troppo diafane per la vista umana, il loro fluido corpo mezzo dissolto nella luce…” Pope, The Rape of the Look (Il ricciolo rapito), 1712. La storica Sylphide che Filippo Taglioni creò nel 1832 a Parigi per la figlia Maria fece epoca, al punto che, dopo il suo trionfo, Parigi fu contagiata dalla voga del “taglionismo”: tutte le donne alla moda si vestirono di bianco e col nome di Maria furono battezzati un fiore, un giornale di moda e dei turbanti. Questo successo fu sostenuto anche da riconoscimenti culturali ed elogi letterari, come quelli di Victor Hugo, Alfred de Musset e Théophile Gautier. La musica, di Jean Schneitzoeffer, non meritaava però tanto, anche perché, salvo rare eccezioni (Adam, Délibes, Ciaikovskij), nell’Ottocento aveva una funzione “minore”. Le scene di Ciceri e i costumi di Lami ebbero in questo allestimento storico un’importanza eccezionale come indirizzo estetico per il futuro. Senza Maria, l’omonimo balletto danese Sylphiden di A. Bournonville (e tutte le altre edizioni, tra cui spicca per importanza una Sylphide scaligera del 27 gennaio 1841 impreziosita da prestiti inediti di Gioachino Rossini, Saverio Mercadante e Antonio Mussi, coreografia di Antonio Cortesi ed anche quella di Marius Petipa, 1892) non sarebbe mai nato. Sylphide, la …”Sirenetta” del bosco incantato La Sylphiden di Auguste Bournonville (Odense 1805-Copenhagen 1875) nasce il 28 novembre 1836 sulle tavole del Teatro Reale di Copenhagen (egli stesso interpretava il ruolo di James). Bournonville, ballerino all’Opéra di Parigi fino al 1829, fu un grande estimatore di Maria Taglioni e, ritornato in patria, decise di riallestire il balletto a Copenhagen. Debuttò il 28 novembre 1836, con una scenografia diversa, meno sfarzosa e con un numero ridotto di interpreti. Egli fu compatriota di H. C. Andersen e suo contemporaneo. Andersen popolò di creature romantiche le sue fiabe e, tra queste, una delle più celebri è la Sirenetta, che divide, con la Silfide, una sorta di destino comune; molti, infatti sono i rimandi e le similitudini tra le due creature. L’amore impossibile tra la Sirenetta-Silfide, creatura super-umana ingenua e curiosa, e un mortalissimo ragazzo, che prima la illude poi la tradisce per ritornare alla donna del “suo mondo” a cui è stato destinato. Il finale, che reintegra la fanciulla-fatata alla natura da cui proviene: la Sirenetta , addirittura, trasmigra dal suo corpo per diventare uno spirito alato, trasformandosi in Silfide. Silfidi e Willi La Silfide è una creatura silvana, femmina del silfo, amante dell’acqua, infantilmente maliziosa e capricciosamente innamorata di un mortale, ma, a differenza delle future Willi di Giselle, esse non hanno caratteri psicologici ben definiti, né antecedenti umani. Non sono affatto vendicative: partecipi di quella natura animata cara al Romanticismo, non sono né buone né cattive; non tramano contro gli uomini e non si costituiscono in gruppo e, anche se c’è una sorta di “prima Silfide”, paragonabile alla Myrtha in Giselle, non viene imitato il suo esempio, né eseguiti i suoi ordini. Sylphide da Parigi … La Sylphide “francese” di Taglioni (1832), quindi, fu soppiantata presto da una versione di poco successiva “danese” di Bournonville (1834), il quale non riuscì ad assicurarsi l’uso della musica di Schneitzhoeffer e fu costretto a commissionare una nuova partitura al barone norvegese Herman Severin von Løvenskjöld. Anche se la storia venne rispettata, le nuove musiche apparvero più adatte e la coreografia finì per imporsi a quella di Taglioni. Grazie a recenti studi, è venuta alla luce una terza edizione “italiana” di Cortesi (1841) in cui la maggior parte della musica fu composta e orchestrata appositamente per questa particolare produzione e contiene sia estratti da numerose opere rossiniane, sia sette interi pezzi con musiche di Rossini fin qui sconosciute, otre a pezzi di Mercadante e Mussi (uno dei migliori compositori italiani di musiche per balletto verso la metà dell’Ottocento). … a Milano La rinascita della Sylphide francese è del 1972: il balletto era uscito dal repertorio più di un secolo prima, poiché l’ultima rappresentazione è del 1860. Ha posto mano a questo revival, con grande scrupolo filologico, il coreografo Pierre Lacotte, studioso attentissimo del balletto romantico francese dell’Ottocento. Lacotte ha riscritto il balletto, ricostruendolo sulla traccia di documenti originali dalla versione di Taglioni, cercando di farcelo ammirare così com’era, grazie al suo grande lavoro di recupero storico della prima “Sylphide”. Il primo balletto romantico si presenterà quindi anche come un vero omaggio a Filippo Taglioni, alla scuola italiana e a Maria Taglioni, la pima Silfide, prototipo della danzatrice romantica e immagine simbolo del balletto sulle punte, sublime incarnazione di questo rinnovamento tecnico e stilistico. …per concludere... “La Sylphide ha aperto la strada a una nuova era della coreografia e attraverso questa strada il Romanticismo ha fatto il suo ingresso nel regno di Tersicore*… L’Opéra si è riempita di gnomi, di elfi, di ondine, di salamandre, di Willi, di péri, di driadi, di tutto quello strano e misterioso popolo che appare così affascinante alla fantasia del coreografo”. (Théophile Gautier, 1844) *Tersicore (mit.): musa della danza, raffigurata solitamente con la lira