Martedì 22 marzo 2016, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio 15 Orchestre des Champs-Élysées Collegium Vocale Gent Philippe Herreweghe direttore Sarah Wegener soprano Marie Henriette Reinhold contralto Robin Tritschler tenore David Soar basso Haydn – Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze Hob.XX.4 (Le ultime sette parole del nostro Redentore sulla croce) 2015 2016 1 5 1 a S TA G I O N E Il concerto è registrato da RAI Radio3 sostiene il progetto “Società del Quartetto: dalle nostre radici, inventiamo il futuro” di cui fa parte questo concerto Di turno Di turno Antonio Antonio Magnocavallo Magnocavallo Salvatore Carrubba MarioAlberto Mario Bassani Bassani Conti Consulente Consulente Artistico Artistico Consulente Artistico Paolo Paolo ArcàArcà Paolo I concerti sono preceduti da una breve introduzione di Gaia Varon o Oreste Bossini Sponsor Sponsor istituzionali istituzionali Con il Con contributo il contributo di di patrocinio e il contributo di Con ilil patrocinio Con il patrocinio SoggettoSoggetto riconosciuto riconosciuto di rilevanza di rilevanza regionaleregionale La Società La Società del Quartetto del Quartetto partecipa partecipa a a Media Media partnerpartner In collaborazione con con In collaborazione È vietato, È vietato, senza senza il consenso il consenso dell’artista, dell’artista, fare fotografie fare fotografie e registrazioni, e registrazioni, audio audio o video, o video, ancheanche con il con cellulare. il cellulare. IniziatoIniziato il concerto, il concerto, si puòsientrare può entrare in salainsolo salaalla solo fine alladifine ognidicomposizione. ogni composizione. Si raccomanda Si raccomanda di: di: • disattivare • disattivare le suonerie le suonerie dei telefoni dei telefoni e ogniealtro ogniapparecchio altro apparecchio con dispositivi con dispositivi acustici; acustici; • evitare • evitare colpi di colpi tosse di tosse e fruscii e fruscii del programma; del programma; • non lasciare • non lasciare la salalafino salaalfino congedo al congedo dell’artista. dell’artista. Il programma Il programma è pubblicato è pubblicato sul nostro sul nostro sito web sitoil web venerdì il venerdì precedente precedente il concerto. il concerto. Franz Joseph Haydn (Rohrau 1732 - Vienna 1809) Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze (ca. 56’) (Le ultime sette parole del nostro Redentore sulla croce) Introduzione - Maestoso ed Adagio n. 1 “Vater, vergib ihnen, denn sie wissen nicht, was sie tun” Pater, dimitte illis; non enim sciunt, quid faciunt Largo (coro e orchestra) n. 2 “Fürwahr, ich sag es dir: Heute wirst du bei mir im Paradiese sein” Amen dico tibi, hodie mecum eris in paradiso Grave e Cantabile n. 3 “Frau, hier siehe deinen Sohn, und du, siehe deine Mutter!” Mulier, ecce filius tuo, et tu, ecce mater tua Grave n. 4 “Mein Gott, mein Gott, warum hast du mich verlassen?” Deus meo, Deus meo, ut quid dereliquisti me? Largo Introduzione - Maestoso ed Adagio n. 5 “Jesus rufet: Ach, mich dürstet! ” Sitio Adagio n. 6 “Es ist vollbracht” Consummatum est Lento n. 7 “Vater, in deine Hände empfehle ich meinen Geist” Pater, in manus tuas commendo spiritum meum Largo Il terremoto Presto e con tutta la forza l Anno di composizione: 1787 (versione per coro e orchestra, 1796) l Prima esecuzione della versione per coro e orchestra: Vienna, 26 marzo 1796 Il concerto si svolge senza intervallo «Circa quindici anni fa, mi fu chiesto da un canonico di Cadice di comporre della musica strumentale sulle Ultime sette parole di Nostro Salvatore sulla Croce». Con queste parole, Haydn raccontava le origini del lavoro in una premessa pubblicata nel 1801 sulla partitura dell’ultima versione, che includeva anche una parte corale. Le ultime sette parole infatti erano state scritte nel 1787 per orchestra, per accompagnare il rito del Venerdì Santo in uso nella chiesa della Santa Cueva di Cadice. Lo stesso anno l’editore Artaria pubblicò una versione in sette parti per quartetto d’archi, che oggi è quella più conosciuta, malgrado la critica non ritenga in maniera unanime che la trascrizione sia di pugno di Haydn. Venne pubblicata nel 1788 anche una versione per pianoforte del lavoro non originale, ma approvata dall’autore. Al ritorno dal secondo viaggio in Inghilterra, nel 1795, Haydn ascoltò a Passau una versione corale del suo lavoro preparata dal maestro di cappella locale, Joseph Friebert, basata su testi in tedesco di autori legati al Pietismo. Haydn prese spunto da questa trascrizione per preparare una propria versione corale, con l’aggiunta di parti a cappella per il coro e l’inserimento di nuovo materiale musicale. Per rivedere il testo, Haydn si rivolse al barone Gottfried van Swieten, iniziando una collaborazione che sarebbe sfociata nel 1799 nell’oratorio La creazione. La versione in forma corale che ascolteremo stasera non solo è l’ultimo intervento dell’autore sul testo, ma rappresenta anche una rara occasione di ascoltare Le ultime sette parole di Haydn in forma di oratorio. Oreste Bossini Le ultime sette parole di Cristo Gianfranco Ravasi Per sottolineare l’importanza di questo concerto, pubblichiamo l’intervento di S. E. il Cardinale Gianfranco Ravasi in occasione dell’esecuzione di Le ultime sette parole del nostro Redentore sulla croce con il Quartetto Kuijken, la voce recitante di Omero Antonutti e il cardinale Ravasi quale officiante, il 21 marzo 1995 nella Basilica di San Vincenzo in Prato per I Concerti del Quartetto. Vorremmo ricreare questa sera, in questo nostro ascolto, quanto accadde il 6 aprile del 1787, all’interno della cripta della Chiesa del Rosario, la Santa Cueva, in una città che si affaccia sull’Atlantico nella profonda Spagna meridionale, la città di Cadice, una città che è tutta calcinata dal sole, con le sue case così candide. Nell’interno di quella cripta dove Haydn era stato invitato dal canonico della chiesa, il marchese Valdes Inigo aveva preparato questa specie di esegesi musicale delle sette parole che venivano proclamate nel giorno del Venerdì Santo. Era mezzogiorno. In quella chiesa si erano spente tutte le luci e si era impedito che filtrasse quel sole così sfolgorante. Sulle pareti, quasi per impedire che un raggio di luce entrasse, si erano fatti scendere dei grandi drappi neri. Al centro il celebrante aveva iniziato questa grande liturgia, proclamando la prima delle sette parole, quelle sette ultime frasi che gli evangeli mettono in bocca al Cristo morente. Terminata la declamazione della prima parola e il successivo commento su di essa, il sacerdote era sceso al centro della cripta e si era prostrato in adorazione. Era in quel momento che partiva il commento musicale di Haydn, la straordinaria esegesi musicale che noi questa sera ascolteremo. Sappiamo che è soprattutto la musica che affida la concezione, la comprensione, lo scavo del mistero alla sua stessa forza straordinaria. Haydn è stato travolto da queste parole e dalla musica che aveva creato. Infatti, se allora aveva preparato un’esecuzione orchestrale, poi la farà diventare quartetto (quella che noi ascoltiamo), poi ancora la trasformerà in un solenne oratorio attraverso le parole che questa sera noi sentiremo recitare dalla voce di Omero Antonutti. Non solo le parole del Vangelo, ma il loro commento caldo, forse in qualche punto persino retorico, ricco di sentimenti, scritto dal barone Gottfried van Swieten che sarà poi il librettista della Creazione di Haydn. Possiamo quasi dire che è stato come una specie di gorgo nel quale Haydn è entrato, un gorgo sonoro che non ha mai voluto abbandonare, conquistato da quelle sette parole che egli vorrà, nell’edizione del testo musicale, che fossero scritte prima di ogni pezzo musicale in latino, secondo il testo della vulgata, anche se noi le ascolteremo in traduzione. L’elemento fondamentale non è solo l’ascolto della musica, ma l’ascolto di una musica che evoca una parola, quella parola che la Bibbia descrive, con un’immagine di grande impatto, come il martello e come la lava ardente del fuoco: una parola che penetra all’interno delle coscienze, dei credenti e dei non credenti. Stasera vorrei che noi riascoltassimo queste parole che dilagano nei secoli e che hanno le caratteristiche di creare dentro di noi un’impressione forte, quella che esprimeva molto bene un poeta francese morto dieci anni fa, Pierre Emanuel: “I suoi passi sanguinano ancora per le nostre strade lastricate. Non ne sentite il tonfo?”. E dietro questo verso c’è tutta la reminescenza pascaliana di un Cristo che è in agonia fino alla fine dei tempi, sospeso continuamente col suo morire, impedendo agli uomini di dormire, costringendoli ad essere svegli, ad assistere alla sua agonia. Penso che nell’interno di queste parole si raggruma un po’ tutto il dolore del mondo. Sappiamo che la luce è uguale per tutti, la notte è diversa per ognuno di noi. Nella notte ognuno ha delle paure diverse, il dolore è la notte, è la tenebra, e nell’interno della tenebra si hanno continuamente iridescenze strane, variazioni misteriose di suoni. È per questo motivo che noi sentiremo l’odio, la solitudine, il distacco, la disperazione, il silenzio di Dio, la sofferenza fisica e, alla fine, la morte. Ma questo dolore sarà sempre aperto. Ora vorrei soffermarmi sulle quattro prime frasi che ascolteremo, commentate da Haydn. Iniziamo con la prima: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Noi lo sentiremo questo odio che sale dal basso verso l’alto della croce, lo sentiremo nell’interno di questo largo, un odio che è come una cortina gelida che crea tristezza, e la tristezza sarà proprio stemperata nel tono minore che questo largo avrà. Passeremo alla seconda frase: “Oggi sarai con me in paradiso”. Sono quelle parole che solo Luca registra, indirizzate a quei due uomini che stanno esalando l’ultimo respiro con Gesù, i due condannati a morte, forse due terroristi, chiamiamoli così, contro il potere romano. Dei due, uno si rivolge verso il Redentore che gli dice “Oggi sarai con me in paradiso”. In queste parole del Cristo, sentiamo che il male fiorisce, diventa fecondo, germoglia trasformandosi in luce. Sentiremo questo in una delle pagine più stupende di stasera, in cui si passa, con uno stupendo effetto di luce, da un do minore disperato ad un solare do maggiore. Terza parola: “Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre”. Questo è il momento del distacco lacerato, il distacco degli affetti. La morte taglia inesorabilmente ogni relazione. Tutta la letteratura ce l’ha sempre insegnato, pensiamo al racconto di straordinaria durezza e potenza, La morte di Ivan Il’ič di Tolstoj, con il silenzio della moglie. Cristo sente questo distacco, e questo distacco viene reso nel grave musicale che ascolteremo attraverso un sincopato, che è quasi come un singhiozzo. Alla fine il singhiozzo finisce con uno schiocco, infatti la finale sarà un ex abrupto, un improvviso, quasi uno stacco, un taglio. Da ultimo giungeremo alla quarta parola, quella più drammatica per Cristo, il figlio per eccellenza. È il: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” quelle parole che Gesù pronuncia nella sua lingua, non nell’ebraico solenne della sinagoga, ma nell’aramaico, il suo dialetto, la sua lingua spontanea e immediata, come fa ogni uomo che si trova nel gorgo del dolore, e non ha più nessuna difesa. Questo è il momento più tragico. Forse se possiamo unire musica a immagine, in questo momento potrebbe balenare di fronte ai nostri occhi tutto l’itinerario delle “Luci d’inverno”, il film di Bergman, che sono un commento a questa crisi di Dio, a questo silenzio che il figlio sente ramificarsi dentro di sé. Questa suprema solitudine nel largo che ascolteremo sarà scandita da un violino solo, che canterà in questo arabesco tutta la tragedia di quella voce. Sono quattro parole che ora dobbiamo ascoltare. La parola dell’odio, la parola del male che fiorisce, la parola del distacco e la parola del silenzio di Dio. Per usare un’immagine di un grande mistico, scandaloso forse, Angelo della Slesia (Angelo Silesio), potremmo dire con una specie di ossimoro, un’antitesi quasi folle, che sono quattro delle sette stelle nere che si accendono nel cielo della passione di Cristo. Dedichiamo questo momento di intervallo per continuare la nostra breve riflessione sulle successive e ultime tre parole che ora ascolteremo. Abbiamo sentito nella quarta frase il grande, supremo silenzio, il silenzio di Dio. Abbiamo sentito forse l’ultima grande prova del Cristo espressa attraverso la sua voce. Ora le frasi diventano quasi soltanto dei frammenti. Le ultime tre parole che ora dobbiamo ascoltare sono come delle schegge. Anche il testo greco dei Vangeli si riduce all’essenziale nella narrazione, spogliandosi di tutto ciò che è superfluo. Tutte le risonanze, tutti gli echi, saranno affidati soprattutto al canto corale, ideale, di tutta la comunità, che si esprime attraverso le parole di Van Swieten, che sono forse anche di tonalità più alta rispetto all’asciutto testo, al dettato evangelico. Vogliono, però, andare a cercare per la chiesa le voci diverse dei credenti, perché ognuno sappia trovare una parola che commenti e continui quella parola così asciutta e così simile al martello e al fuoco che Cristo ha pronunciato. La quinta parola, che noi ora ascoltiamo, è soltanto un verbo. È la rappresentazione di un nuovo tipo di dolore. Dopo quello che abbiamo già incontrato, l’odio che saliva dalla terra, il male, il distacco e il silenzio di Dio. Il quinto dolore è il dolore fisico. Cristo infatti grida: “Ho sete”. Questo male fisico sarà rappresentato nell’adagio che ascolteremo da una rappresentazione quasi uditiva di quella oppressione che si genera nella gola del moribondo. Noi sentiremo che questo sarà rappresentato anche attraverso il martellato dei pizzicati. Passeremo poi alla sesta parola. La sesta parola è diventata celebre soprattutto nella traduzione latina della vulgata “Consummatum est” (“Tutto è compiuto”), quella che abbiamo detto che Haydn ha voluto che fosse stampata sopra ogni pezzo della sua musica. In greco invece la parola di Gesù è un verbo solo τετέλεσται. In questo verbo, in questa sesta parola che ci è conservata solo dall’evangelista Giovanni, regna sovrana l’ambiguità del quarto evangelista, il quale giocando attraverso la polisemia cerca di creare due sensi antitetici, annodandoli in un’unica parola. La parola telos greca significa da un lato la fine. E allora dovremmo dire: “Tutto è finito!”, grida Cristo, anche con quella tonalità disperata di quella persona che non vede più nulla, che vede davanti a sé soltanto una porta oscura, che immerge in un abisso infinito di tenebra. Noi sappiamo che Cristo in questo momento è veramente uomo, fratello nostro nella crisi radicale dell’esistere, segnata appunto dalla morte. Ma c’è un altro valore: il greco telos può significare anche “il fine”. Cristo afferma che la sua esistenza, in quel momento, ha raggiunto la sua vetta, la sua meta, il suo apice. Quell’apice tanto cercato e desiderato si consuma paradossalmente, come dirà Paolo, in uno sprofondarsi, lo profondarsi della morte. Tutto è finito, tutto è compiuto. Qui noi ascolteremo questa sesta parte affidata ad un lento, ed è forse la parte più potente di tutto questo quartetto. Si può anzi dire che i quattro archi tentano in questo momento di diventare polifonici e sinfonici, dando origine idealmente ad un coro colossale, grandioso, che sigilla questa pienezza. Abbiamo, poi, la settima frase. Ci è conservata solo da Luca, che alla fine presenta il volto di Cristo già radioso. Un salmo di fiducia, sereno e tranquillo: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. Questo è l’approdo terminale, che già ha i brividi della resurrezione. Forse pochi di voi sanno che una figura fondamentale della letteratura del Novecento, anche se lontanissima dall’esperienza credente, Samuel Beckett, era restato conquistato dalle ultime sette parole di Cristo, e si era fermato soprattutto su quest’ultima, e aveva detto una verità che mi sembra di grande suggestione. Il Natale, noi sappiamo, è rappresentato dal Vangelo di Giovanni con questa frase: “la parola si fece carne”. Samuel Beckett dice: “In questo momento, nel Cristo nudo, è la carne che si fa parola, è la carne di Cristo che lancia quest’ultima parola che sale come una voluta d’incenso”. E continua: “in quel momento la parola si fa anche macchia di silenzio”. Ed è il silenzio che segue, perché Cristo esala il suo ultimo respiro, dopo aver pronunciato questa grande professione di fede. La musica del largo finale, che è segnato dalla sordina, vuole creare questo silenzio bianco, colmo di significati misteriosi. Non per nulla il primo violino crea un arabesco sonoro di straordinaria intensità, un vero e proprio cromatismo altissimo, mentre il resto, appunto, si affida soprattutto a questo silenzio. Noi sappiamo che le sette parole di Cristo non sono le ultime parole, sono le sue ultime parole di uomo. Il testo di Haydn non presuppone la Pasqua, che sarà cantata dai grandi oratorî, pensiamo per tutti a quelli di Bach. C’è la Pasqua invece, e la sentirete in finale, con quell’ultimo tratto intitolato Il terremoto. E qui l’indicazione di esecuzione è “presto e con tutta la forza”. Ed è l’unico fortissimo di tutta la musica di Hadyn. Questo Terremoto è la grande teofania pasquale, è già il preludio di quel grande momento in cui si apre la luce davanti alla tenebra. A questo punto vorrei concludere e giustificare la mia presenza, che è stata voluta dal Quartetto ma che ha una sua legittimità oggettiva. Non solo perché siamo partiti evocando quell’esecuzione nella lontana città di Cadice: la voce di Omero Antonutti, di straordinaria intensità e la voce del celebrante si intrecciano tra di loro, un po’ come quelle due voci della Chiesa del Rosario, per il commento e la lettura del testo. Naturalmente, al di là di questo, sono convinto che qui, ascoltando Le sette parole di Cristo in croce noi abbiamo un messaggio che raggiunge tutti. Quanti sono credenti e quanti non lo sono, perché tutti insieme ci ritroviamo nel mistero del dolore. Allora vorrei finire lasciando la mia voce a due testimoni, uno credente parlerà ai credenti. A quanti come me sono qui e ascoltano l’evangelo e guardano negli occhi del Cristo presagendo una trascendenza, intuendo un mistero. A costoro vorrei dedicare, soprattutto se sono sofferenti, travagliati, tormentati, hanno l’anima striata dal nero, di tutti quei dolori che abbiamo sentito, di tutte le loro iridescenze, le loro sfumature, vorrei dedicare le parole di uno scrittore mio amico, che vorrei ricordare qui, ma noto a tutti voi, Mario Pomilio. Come ben sapete, ne Il Natale del 1833, uno dei suoi ultimi scritti e forse uno dei suoi più belli, ha voluto proprio rappresentare il mistero del dolore comparandolo con quello di Giobbe e di Cristo. Egli dice: “La croce di Dio ha voluto essere il dolore di ciascuno, e il dolore di ciascuno è la croce di Dio. Il Dio che ha voluto accostare alle labbra questo calice amaro. L’ha voluto con fatica, ha chiesto anche lui che se ne andasse questo calice, perché troppo avvelenato. Quel Dio che ha voluto accostare quelle labbra fa sì, per noi credenti, che quel calice abbia un sapore meno amaro”. Immagino che ci siano qui anche molti non credenti, e li ringrazio dell’attenzione e del silenzio con cui hanno voluto anche accogliere sia le parole dell’evangelo sia le mie. Un silenzio che non è soltanto di convenienza ma è di ascolto autentico, e a loro vorrei che parlasse un agnostico, che è stato anche un grande testimone, un grande scrittore: Jorge Luis Borges. Forse non sapete che ha scritto anche lui una lirica intitolata Cristo in croce, e questa lirica la vorrei dedicare proprio a loro, perché forse è la rappresentazione autentica del vero non credente sincero, la cui esistenza, però, è tante volte condotta su un territorio di frontiera, come lo siamo noi credenti, pronti a sbandare di qua e di là, qualche volta trovandoci, noi credenti, sul terreno oscuro del dubbio e del sospetto, e i non credenti al di là, avvolti da una luce che noi forse non abbiamo più. Diceva Borges: “La nera barba pende sopra il suo petto, il suo volto non è quello dei pittori, è un volto duro, un volto ebreo, non lo vedo. Non riesco a vederlo, ma insisterò a cercarlo fino al giorno dei miei ultimi passi sulla terra”. Haydn e van Swieten: una collaborazione “illuminata” Il 27 marzo 1808, la Vienna musicale decide di festeggiare, anticipandolo di quattro giorni, il settantaseiesimo compleanno di Joseph Haydn, con un’esecuzione di gala della sua Creazione. L’oratorio viene allestito dall’associazione dei Liebhaber-Konzerte nella sua sala abituale, l’aula magna della vecchia Università di Vienna. Dirige Antonio Salieri, al pianoforte siede Conradin Kreutzer, i solisti sono Therese Fischer, Carl Weinmüller e Julius Radicchi; l’oratorio viene cantato nella traduzione italiana di Carpani. Volgendo lo sguardo alla platea, vi troviamo accomodata la crema della società viennese, giunta per tributare l’ultimo omaggio pubblico a colui che era considerato il Padre della Sinfonia e del Quartetto d’archi. Siedono, immancabili, i principi Esterházy, protettori di Haydn, e non molto lontani i principi Lichnowsky, insieme a molti altri esponenti dell’aristocrazia. Anche il mondo musicale viennese è presente, rappresentato, uno su tutti, da Beethoven, che all’arrivo del Maestro si china e gli bacia le mani con lacrime copiose che gli scivolano sulle guance, come testimonia Carpani. Haydn viene introdotto nell’aula magna al suono della fanfara, tra uno scroscio di applausi. C’è un grande assente: morto da pochi anni, il barone Gottfried van Swieten si sarebbe senza dubbio unito, quella sera, all’applauso e alla commozione. Importante attore nella vita politica e culturale viennese della seconda metà del Settecento, dopo essersi dedicato all’attività diplomatica viaggiando in tutta Europa, van Swieten (1733-1803) ricopre la carica di prefetto della biblioteca di corte a Vienna e di presidente della commissione di censura letteraria (benché sia un anticlericale e si sia espresso contro i gesuiti). Il suo nome è legato all’ambiente della massoneria, comparendo in un elenco dei famosi Illuminati di Baviera e nella lista di un’altra loggia massonica, Liebe und Wahrheit (Amore e Verità). Possedendo egli stesso un prezioso patrimonio di partiture, promuove a Vienna lo studio e la diffusione del repertorio di Händel, di Hasse, di Bach e fonda la Società dei Cavalieri Associati. Si tratta di una cerchia di una ventina di aristocratici che almeno una volta all’anno, in salotti privati, allestiscono concerti di musiche “antiche”. Particolare attenzione viene data a Händel: van Swieten cura la traduzione tedesca dell’oratorio Judas Maccabaeus e commissiona a Mozart la revisione del Messiah, di Acis and Galatea, di Alexander’s Feast. È protettore di Haydn, così come lo sarà poi di Beethoven. Nel 1793 van Swieten aveva fornito ad Haydn, in via non ufficiale, il testo tedesco per La tempesta, ma la prima vera collaborazione tra i due avviene a circa dieci anni di distanza per la nuova versione delle Sette parole. Van Swieten traduce e rielabora per Haydn anche i testi della Creazione, tito- lo di un libretto che Salomon aveva messo nelle mani del Maestro prima che lasciasse Londra, e delle Stagioni, ultimo oratorio a cui Haydn e van Swieten lavorano insieme. La Creazione, la cui prima esecuzione, in forma privata a Palazzo Schwarzenberg, è datata 30 aprile 1798, accresce la sua fama d’esecuzione in esecuzione e genera in chi la ascolta, come risulta evidente da tutti i documenti che si sono conservati, un reale senso di conforto, consolazione e gioia, rappresentando la speranza dell’uomo in un futuro di pace (che nel 1799, anno della prima esecuzione pubblica, è quanto meno incerta). Haydn rende in musica un senso di estatica meraviglia nei confronti dell’universo, una tenerezza stupita, una gratitudine commossa di fronte alla bellezza del creato: concezioni ancora pienamente illuministe, respirate nell’ambiente viennese e massone, nel quale van Swieten fa da protagonista. Giulia Ferraro Allieva del Conservatorio G. Verdi di Milano Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze Testi di Gottfried van Swieten Le ultime sette parole del nostro Redentore sulla Croce Introduzione 1. Vater, vergib ihnen, denn sie wissen nicht, was sie tun. Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Vater im Himmel, o sieh hernieder vom ewigen Thron! Vater der Liebe, dein Eingeborener, er fleht für Sünder, für deine Kinder, erhöre den Sohn! Ach, wir sind tief gefallen, wir sündigten schwer; doch allen zum Heil, uns allen, floß deines Sohnes Blut. Das Blut des Lammes schreit nicht um Rach’; Es tilgt die Sünden. Vater der Liebe, laß uns Gnade finden, erhöre den Sohn! O Vater, o Vater, erhöre den Sohn! Padre che sei nei cieli, abbassa lo sguardo dal tuo trono eterno! Padre dell’amore, il tuo Figlio unigenito prega per i peccatori, per i tuoi figli, esaudisci il tuo Figlio! Ah, siamo caduti molto in basso, abbiamo peccato gravemente. Ma per la nostra salvezza, per noi tutti, è stato versato il sangue del Figlio tuo. Il sangue dell’agnello non grida vendetta; rimette i peccati. Padre dell’amore, fa’ che troviamo grazia, esaudisci il tuo Figlio! Padre, oh Padre, esaudisci il tuo Figlio! 2. Fürwahr, ich sag es dir: Heute wirst du bei mir im Paradiese sein. In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso. Ganz Erbarmen, Gnad’ und Liebe, bist du Mittler, Gotteslamm. Kaum ruft jener reuig auf zu dir: Wenn du kommest in dein Reich, ach so denke mein! So versprichst du ihm voll Milde: Heute wirst du bei mir im Paradiese sein. Herr und Gott! Blick auf uns! Colmo di misericordia, pieno di grazia e amore Tu sei l’intercessore, l’Agnello di Dio, non appena un peccatore pentito si rivolge a te: quando entrerai nel tuo regno, ricordati di me! Ti gli prometti con grande indulgenza: oggi sarai con me in paradiso. Signore Iddio, volgi a noi lo sguardo! Sieh an deines Kreuzes Fuße unsre wahre Reu’ und Buße! Gib uns auch zur letzten Stunde jenen Trost aus deinem Munde: Heute wirst du bei mir im Paradiese sein. 3. Frau, hier siehe deinen Sohn, und du, siehe deine Mutter! Mutter Jesu, die du trostlos, weinend, seufzend bei dem Kreuze standst und die Qualen seines Leidens in der Stund des bittern Scheidens siebenfach in dir empfandst: Kaum mehr fähig, dich zu fassen, und doch standhaft und gelassen, nimmst als Sohn den treuen Jünger und mit ihm auch uns als Kinder an. Mutter Jesu, o du Zuflucht aller Sünder, hör das Flehen deiner Kinder. Steh uns bei im letzten Streit, Mutter voll der Zärtlichkeit, o steh uns allen bei! Wenn wir mit dem Tode ringen und aus dem beklemmten Herzen unsre Seufzer zu dir dringen, laß uns, Mutter, laß uns da nicht unterliegen! Hilf uns dann den Feind besiegen! Und steh uns bei im letzten Streit! Wenn wir mit dem Tode ringen, o da zeige dich als Mutter und empfehl uns deinen Sohn, o Mutter! Osserva ai piedi della tua croce il nostro sincero rimorso e la nostra penitenza. Dona anche a noi nell’ultima ora quel confronto che viene dalle tue parole: oggi sarai con me in paradiso. Donna, ecco tuo figlio, e tu figlio, ecco tua madre! Madre di Gesù, che piangendo sconsolata, gemendo stavi ai piedi della croce, e sentivi in te sette volte più forti i tormenti della sua passione nell’ora dell’amara separazione. Appena capace di trattenere la tua tristezza, eppure così dignitosa e quieta, accogli come figlio tuo il discepolo fedele e con lui noi come figliuoli. Madre di Gesù, rifugio di tutti i peccatori, ascolta le preghiere dei tuoi figli. O tu rifugio di tutti i peccatori ci assisti nell’ultimo combattimento. Madre piena di tenerezza, resta vicino a tutti noi. Quando lottiamo con la morte e dai nostri cuori affannati salgono i nostri sospiri rivolti a te, non lasciare, Madre, che siamo sconfitti. Aiutaci a vincere il nemico e ci sostieni nell’ultima battaglia. Quando lottiamo con la morte, mostrati allora e raccomanda noi al tuo Figlio, o Madre! 4. Mein Gott, mein Gott, warum hast du mich verlassen? Warum hast du mich verlassen? Wer sieht hier der Gottheit Spur? Wer kann fassen dies Geheimnis? O Gott der Kraft und Macht, o Gott der Macht und Stärke, wir sind deiner Hände Werke, und deine Lieb, o Herr, hat uns erlöst. O Herr, wir danken dir von Herzen. Unserwegen littst du Schmerzen, Spott, Verlassung, Angst und Pein. Herr, wer sollte dich nicht lieben, dich mit Sünden noch betrüben? Wer kann deine Huld verkennen? Nein, nichts soll uns von dir trennen allhier und dort in Ewigkeit. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perchè mi hai abbandonato? Chi può vedere in questo traccia della divinità? Chi può comprendere questo mistero? O Dio forte e potente, Dio potente e vigoroso noi siamo opera delle tue mani, e il tuo amore, Signore, ci ha salvato. O Signore, ti ringraziamo con tutto il cuore: per causa nostra tu hai sofferto scherno e abbandono, paura e tormento. Signore, chi potrebbe non amamrti, e affliggerti ancora con i suoi peccati? Chi può disconoscere la tua grazia? No, nulla deve dividerci da te, quaggiù e per l’eternità. Introduzione 5. Jesus rufet: Ach, mich dürstet! Hemmt nun die Rache, stillt eure Wut! Menschen, lasset Mitleid euch erweichen, ruft Erbarmung in das Herz! Jesus rufet: Ach, mich dürstet! Ihm reicht man Wein, den man mit Galle mischet. So labt man ihn. Kann Grausamkeit noch weiter gehen? Gesù gridò: ah, ho sete! Fermate ora la vostra sete di vendetta, calmate la vostra rabbia! Uomini, lasciate che la compassione vi porti a tenerezza, chiamate la misericordia nei vostri cuori! Gesù gridò: Ah, ho sete! Gli porgono del vino, misto a fiele. In questo modo lo si rinfresca. La crudeltà può essere più grande? Nun kann er nicht mehr fassen den Schmerz, der ihn allmächtig drückt, der Wohltun war. Ach, im Durst vor seinem Ende reichet man ihm Galle dar. Ora più non può contenere il dolore, che lo opprime fortemente, lui che faceva del bene. Ah, per dissetarlo nel momento della fine gli hanno porto del fiele! 6. Es ist vollbracht. Tutto è compiuto. Es ist vollbracht! An das Opferholz geheftet, hanget Jesus in der Nacht; und dann ruft er laut: es ist vollbracht. Was uns jenes Holz geschadet, und mit dir uns ewig freun. Tutto è compiuto! Inchiodato al legno sacrificale, Gesù pende nella notte; e allora grida forte: tutto è compiuto. Tutto il male che può aver fatto quel legno da lui viene riscattato. Guai a voi cattivi, guai a voi ciechi, guai a voi tutti, che accumulate peccati su peccati! Uomini, riflettete! Troverete la misericordia, quando lui verrà in tutto il suo splendore e la sua potenza? Salvaci, intercessore, dalla rovina! Ascolta, Dio fatto uomo, il nostro grido! Non permettere che la tua passione e la tua morte risultino vane per causa nostra. Lascia che un giorno noi possiamo ereditare il cielo e gioire con te per l’eternità. 7. Vater, in deine Hände empfehle ich meinen Geist. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. In deine Händ’, o Herr, empfehl ich meinen Geist. Nun steigt sein Leiden höher nicht, nun triumphiert er laut und spricht: Nelle tue mani, o Signore, consegno il mio spirito. Ora la sua sofferenza non cresce più, ora trionfa forte e dice: wird durch dieses gut gemacht. Weh euch Bösen, weh euch Blinden, weh euch allen, die ihr Sünden immer häuft auf Sünden! Menschen denket nach! Werdet ihr Erbarmung finden, wenn er kommt in seiner Herrlichkeit und seiner Macht? Rett uns, Mittler, vom Verderben! Höre, Gottmensch, unser Schrein! Laß dein Leiden und dein Sterben nicht an uns verloren sein. Laß uns einst den Himmel erben nimm, Vater, meine Seele, dir empfehl ich meinen Geist. Und dann neigt er sein Haupt und stirbt. Vom ewigen Verderben hat uns sein Blut errettet; aus Liebe für uns Menschen starb er den Tod der Sünder. Du gabst uns neues Leben; was können wir dir geben? Zu deinen Füßen liegen wir, o Jesu, tief gerührt; nimm unser Herz als Opfer an! prendi, Padre, la mia anima, a te consegno il mio spirito. Poi china il capo e muore. Dalla rovina eterna ci ha salvato il suo sangue; per amore per noi uomini, morì la morte dei peccatori. Tu ci hai donato una nuova vita; noi cosa possiamo darti? Noi giacciamo qui ai tuoi piedi, commossi fino al profondo dell’animo; prendi il nostro cuore in sacrificio! Il terremoto Er ist nicht mehr. Der Erde Tiefen schallen wider: Er ist nicht mehr. Erzittre, Golgatha, erzittre! Er starb auf deinen Höhen. O Sonne, fleuch und leuchte diesem Tage nicht! Zerreiße, zerreiße Land, worauf die Mörder stehen. Ihr Gräber, tut euch auf, ihr Väter, steigt ans Licht! Das Erdreich, das euch deckt, ist ganz mit Blut befleckt. Egli non è più. Dal profondo della terra risuona come un’eco: Egli non è più. Trema, Gòlgota, trema! Egli morì sulle tue alture. Fuggi, o sole, non illuminare questo giorno! Sqúartati, terra, sotto i piedi degli assassini. Apritevi, o tombe! Padri, venite alla luce! Il suolo che vi ricopre è tutto macchiato di sague. Philippe Herreweghe direttore Diplomato in pianoforte al Conservatorio di Gent, Philippe Herreweghe si è dapprima dedicato agli studi di medicina e psichiatria, laureandosi nel 1975. Proprio durante questo periodo di studio ha fondato il Collegium Vocale Gent attirando l’attenzione di Nikolaus Harnoncourt e Gustav Leonhardt, che lo invitarono a collaborare alla prima registrazione integrale delle Cantate di Bach. L’aver fondato la Chapelle Royale nel 1977 e più tardi l’Ensemble Vocal Européen gli ha permesso di esplorare un repertorio corale che va dal Rinascimento fino ai giorni nostri. Philippe Herreweghe si dedica oggi prevalentemente alla direzione di orchestre sinfoniche. Collabora regolarmente sia con complessi di strumenti antichi (Concerto Köln, The Age of Enlightenment, Freiburger Barockorchester) che con orchestre “tradizionali” (Concertgebouw di Amsterdam, Gewandhaus di Lipsia, Mahler Chamber Orchestra). Nel 1991 ha costituito l’Orchestre des Champs-Élysées con l’intento di eseguire il repertorio romantico e pre-romantico su strumenti originali. Philippe Herreweghe è inoltre frequentemente invitato quale direttore ospite di orchestre di primo piano in Europa e negli Stati Uniti. Dal 1997 è direttore musicale dell’Orchestra Filarmonica delle Fiandre; dal 1982 al 2002 è stato direttore artistico del festival “Les Academies Musicales de Sainte”. Dal 2008 ricopre l’incarico di direttore ospite permanente dell’Orchestra Filarmonica da Camera della Radio dei Paesi Bassi. Dal 2009 Herreweghe e il Collegium Vocale Gent, in collaborazione con l’Accademia Musicale Chigiana di Siena, sono impegnati attivamente nella formazione di un coro sinfonico i cui cantanti provengono da tutta Europa, attività che dal 2011 gode del patrocinio del Programma Cultura dell’Unione Europea. In campo discografico ricordiamo l’incisione delle Passioni, della Messa in si minore e dell’Oratorio di Natale di J.S. Bach, i Requiem di Mozart, Fauré e Brahms, l’Elias e il Paulus di Mendelssohn e Pierrot Lunaire di Schönberg. Nel 2010 ha fondato la sua etichetta discografica φ (PHI). Nel 1990 la stampa musicale europea lo ha eletto “Personaggio musicale dell’anno” e “Musicista europeo dell’anno” nel 1991. Nel 1993 è stato nominato, insieme al Collegium Vocale, Ambasciatore Culturale delle Fiandre. Nel 1994 è stato nominato “Officier des Arts et Lettres”. Nel 1997 ha ricevuto la laurea “honoris causa” dall’Università cattolica di Lovanio. Nel 2003 è stato nominato “Chevalier de la Lègion d’Honneur”. Nel 2010 ha ricevuto la BachMedaille dalla città di Lipsia in quanto interprete di valore assoluto delle musiche di Bach. Più volte ospite delle Settimane Bach e di Musica e poesia a San Maurizio, è stato ospite della nostra Società nel 2008 e 2014. Orchestre des Champs-Élysées Fondata nel 1991 dalla comune iniziativa di Alain Durel, direttore del Théâtre des Champs-Élysées e di Philippe Herreweghe, l’Orchestre des Champs-Élysées si dedica all’interpretazione su strumenti d’epoca del repertorio che va da Haydn a Mahler. Orchestra residente per molti anni al Théâtre des Champs-Élysées e al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, si è esibita per le più importanti sale da concerto delle più importanti città europee (Vienna, Amsterdam, Londra, Monaco di Baviera, Berlino, Colonia, Francoforte, Lipsia, Lucerna, Roma), e in Giappone, Corea, Cina, Australia e Sud America diretta principalmente da Philippe Herreweghe (direttore artistico e direttore principale dell’orchestra), ma anche da direttori ospiti quali Daniel Harding, Christian Zacharias, Louis Langrée, Hans Holliger, Christophe Coin e René Jacobs. L’Orchestre des Champs-Élysées è membro del TAP (Théâtre & Auditorium de Poitiers) dove è attualmente in residence e gode del patrocinio economico del Ministero della Cultura francese e della Regione di Poitou-Charentes. All’Orchestre des Champs-Élysées sta molto a cuore riuscire a offrire un approccio alla musica completamente nuovo. Infatti, in occasione di ogni concerto è possibile assistere a prove, conferenze, incontri e laboratori organizzati con scolaresche. Dalla sua discografia: Requiem e Messa in do minore di Mozart, Missa Solemnis e Nona sinfonia di Beethoven, Elias, Paulus, Sogno di una notte di mezz’estate di Mendelssohn, Ein deutsches Requiem di Brahms, Concerto per pianoforte, Concerto per violoncello, Scènes de Faust, Sinfonie n. 1 e n. 3 di Schumann, Nuits d’été, L’enfance du Christ di Berlioz, Requiem di Fauré, Sinfonia n. 7 e 4 di Bruckner e Des Knaben Wunderhorn di Mahler. È stata ospite della nostra Società nel 2008 e 2014. Alessandro Moccia, Bénédicte Trotereau, Roberto Anedda, Adrian Chamorro, Asim Delibegovic, Virginie Descharmes, Jean-Marc Haddad, Thérèse Kipfer, Marion Larigaudrie, Corrado Lepore, Baptiste Lopez, Giorgio Oppo, Andreas Preuss, Nicole Tamestit, Enrico Tedde, Sebastiaan Van Vucht violini Jean-Philippe Vasseur, Agathe Blondel, Marie Beaudon, Brigitte Clement, Delphine Grimbert, Luigi Moccia viole Ageet Zweistra, Harm-Jan Schwitters, Vincent Malgrange, Hilary Metzger, Andrea Pettinau violoncelli Axel Bouchaux, Joseph Carver, Damien Guffroy, Michel Maldonado contrabbassi Alexis Kossenko, Amélie Michel flauti Olivier Rousset, Taka Kitazato oboi Nicola Boud, Daniele Latini clarinetti Julien Debordes, Jean-Louis Fiat fagotti Robert Percival controfagotto Bart Aerbeydt, Hannes Kaukoranta, Jean-Emmanuel Prou corni Alain De Rudder, Steven Verhaert trombe Harry Ries, Guy Hanssen tromboni Marie-Ange Petit timpani Collegium Vocale Gent Il Collegium Vocale Gent è stato fondato da Herreweghe e da un gruppo di amici che studiavano all’Università di Gent nel 1970, proprio quando cominciava ad evolversi l’approccio interpretativo alla musica antica. Fu in particolare il primo ensemble ad applicare questi nuovi principi al repertorio vocale. Con un repertorio che spazia dalla musica polifonica rinascimentale a quella contemporanea, è stato ospite dei maggiori teatri e festival in tutto il mondo. Si dedica in particolar modo alla diffusione del repertorio polifonico dei predecessori di Bach e ai capolavori del Thomaskantor e di Händel, ma anche a repertori di musica romantica, moderna e contemporanea. A tal proposito, nel 2009, ha dato il via a una collaborazione con l’Accademia Musicale Chigiana di Siena. Collabora regolarmente con raffinati ensemble strumentali (Orchestre des Champs-Elysées, Freiburger Barockorchester, Akademie für Alte Musik di Berlino) e orchestre sinfoniche di primo piano (Royal Concertgebouw, Wiener Philharmoniker, Orchestra del Festival di Budapest) con direttori quali Sigiswald Kuijken, René Jacobs, Daniel Reuss, Philippe Pierlot, Paul Van Nevel, Bernard Haitink, Ivan Fischer, Marcus Creed, Yannick Nézet-Séguin, James Wood, Peter Phillips, Gustav Leonhardt, Ton Koopman e Nikolaus Harnoncourt. Ha al suo attivo, sotto la direzione di Philippe Herreweghe, più di 75 registrazioni “a cappella”, accompagnato dall’Orchestra del Collegium Vocale Gent o in collaborazione con l’Orchestre des Champs-Élysées. Il Collegium Vocale è sostenuto dalla Comunità Fiamminga, dalla Provincia delle Fiandre dell’Est e dalla città di Gent. Nel 2011, l’ensemble è stato nominato Ambasciatore delle Nazioni Unite. Più volte ospite delle Settimane Bach e di Musica e poesia a San Maurizio, l’ensemble è stato ospite della nostra Società nel 1993, 2004, 2008 e 2014. Aldona Bartnik, Annelies Brants, Miek Briesen, Sylvie De Pauw, Stanislava Mihalcová, Magdalena Podkościelna, Elisabeth Rapp, Mette Rooseboom, Aleksandra Turalska soprani Carla Babelegoto, Ursula Ebner, Sofia Gvirts, Marlen Herzog, Gudrun Köllner, Cécile Pilorger, Sandra Raoulx, Mieke Wouters contralti Malcolm Bennett, Patrik Horňák, Tomáš Lajtkep, Dan Martin, Tom Phillips, Claudius Pobbig, René Veen tenori Jonas Böhm, Erks Jan Dekker, Stefan Drexlmeier, Jean-Christophe Fillol, Philipp Kaven, Tobias Müller-Kopp, Peter Strömberg, Robert Van Der Vinne, Bart Vandewege bassi Sarah Wegener soprano Il soprano anglo-tedesco Sarah Wegener, dopo gli studi di contrabbasso, ha studiato canto con Bernhard Jaeger-Böhm a Stoccarda. Ha inoltre frequentato master class di Dame Gwyneth Jones e Renée Morloc. Collabora stabilmente con musicisti quali Philippe Herreweghe, Thomas Hengelbrock, Emilio Pomarico, Tõnu Kaljuste, Heinz Holliger, Frieder Bernius e Michael Hofstetter, ospite di istituzioni musicali quali i Festival dello Schleswig-Holstein, RuhrTriennale, Ludwigsburg, Rheingau, allo SWR RheinVokal Festival, Tonhalle di Düsseldorf, Alte Oper Frankfurt, Konzerthaus di Berlino e De Singel di Anversa. Particolarmente intensa è la collaborazione artistica con il compositore Georg Friedrich Haas che nel 2009 le ha dedicato il ciclo di Lieder …wie stille brannte das Licht. L’interpretazione del ruolo principale dell’opera Bluthaus nella prima esecuzione mondiale allo Schwetzinger SWR Festival del 2011 le è valsa una nomination come “Cantante dell’anno” dalla rivista Opernwelt. Nella stagione in corso debutterà alla Royal Opera House di Londra e alla Deutsche Oper Berlin (Morgen und Abend di Georg Friedrich Haas). Sono inoltre previsti Liederabende alla Tonhalle di Zurigo, alla Hugo-Wolf-Akademie di Stoccarda e all’AMUZ di Anversa e concerti alla Suntory Hall di Tokyo con Heinz Holliger. In campo discografico, ha preso parte alla registrazione di un CD di Arie di Justin Heinrich Knecht con Frieder Bernius e la Hofkapelle Stuttgart. La sua discografia comprende inoltre Die stumme Serenade di Korngold, la Petite Messe solennelle di Rossini diretta da Tõnu Kaljuste e un CD registrato con l’Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccarda diretta da Heinz Holliger. È per la prima volta ospite della nostra Società. Marie Henriette Reinhold contralto Nata a Lipsia nel 1990 Marie Henriette Reinhold ha cominciato a coltivare lo studio della musica sin da piccolissima, nell’ambiente familiare, e si è dapprima dedicata alla musicologia e alla gestione dei Beni Culturali all’Università Franz Liszt di Weimar, per poi proseguire i suoi studi all’Università Friedrich-Schiller di Jena laureandosi nell’estate del 2011. Dal 2008 ha studiato canto con Roland Schubert per poi decidere di dedicarsi alla carriera professionale e specializzarsi con Elvira Dreßen all’Università “Felix Mendelssohn Bartholdy” di Lipsia nel 2011. Come solista si è esibita alla Chiesa di San Tommaso, alla Gewandhaus di Lipsia e alla Kreuzkirche di Dresda. Ha collaborato con Batzdorfer Hofkapel- le, Concerto Köln e la Gewandhaus Orchestra. Le sue prime esperienze operistiche sono state all’Università di Lipsia nel Flauto Magico e nel Wildschütz di Lortzing. A seguito delle master class con Jonathan Alder e Alexander Schmalcz, ha iniziato a dedicarsi anche all’interpretazione liederistica. È tra i fondatori del coro regionale giovanile Saxony. È per la prima volta ospite della nostra Società. Robin Tritschler tenore Robin Tritschler, tenore inglese, ha studiato alla Royal Irish Academy of Music e alla Royal Academy of Music di Londra. Fino al 2014 ha fatto parte della BBC New Generation Artist. Ha collaborato con orchestre quali London Philharmonic Orchestra, Orchestre National de Lyon, Orchestra della Gulbenkian Foundation di Lisbona, Filarmonica di Hong Kong, Filarmonica di Rotterdam, Virtuosi di Mosca, BBC Philharmonic sotto la guida di Yannick Nézet-Séguin, Vladimir Jurowski, Yutaka Sado, Edo de Waart, Vladimir Spivakov e Juanjo Mena. Con la RTE Concert Orchestra ha interpretato il Messiah per le celebrazioni dell’ottantesimo anniversario del Vaticano. Nel 2014 ha partecipato alla prima esecuzione britannica della Passione secondo Giovanni di C.P.E. Bach con la Bournemouth Symphony Orchestra e Kirill Karabits. In campo operistico ha recentemente ha debuttato con la Royal Opera Covent Garden (Wozzeck). In recital collabora con Graham Johnson, Malcolm Martineau e Julius Drake ospite di sale da concerto e festival quali Wigmore Hall di Londra, Philharmonie di Colonia, Concertgebouw di Amsterdam, Kennedy Centre di Washington DC, Aldebourgh, Aix-en-Provence, Klavierfest Ruhr e West Cork Chamber Music Festival. Nel 2013 i suoi recital di Lieder per le celebrazioni del centenario della nascita di Britten sono stati trasmessi da Radio France e dalla Radio Danese. Tra gli impegni della stagione scorsa una tournée europea con Philippe Herreweghe (Passione secondo Giovanni), i recital alla Wigmore Hall e una produzione del Così fan tutte al Teatro dell’Opera di Garsington. La sua discografia comprende Winter Words di Britten con Malcolm Martineau, The Complete Songs di Poulenc con Graham Johnson e un CD con canti della Prima Guerra Mondiale sempre con Malcolm Martineau. È per la prima volta ospite della nostra Società. David Soar basso David Soar, nato nel Nottinghamshire, ha compiuto gli studi alla Royal Academy of Music e al National Opera Studio. Tra i suoi maggiori successi ricordiamo i debutti al Metropolitan nel Don Giovanni, al Festival di Salisburgo in Romeo e Giulietta, alla Royal Opera House Covent Garden nell’Adriana Lecouvreur e l’interpretazione di Masetto, Mr Flint e Collatinus (The Rape of Lucretia) al Festival di Glyndebourne. Nella stagione 2014/15 ha interpretato Pistola in una nuova produzione del Falstaff per il Saito Kinen Festival diretto da Fabio Luisi ed è tornato al Festival di Glyndebourne per Carmen oltre che al Metropolitan nella Bohème. Ha inoltre debuttato al Teatro Réal di Madrid. In campo concertistico ha collaborato con la BBC Symphony Orchestra e Sir Andrew Davis (Il Sogno di Geronzio di Elgar, Belshazzar’s Feast di Walton, The Midsummer Marriage di Tippett), The English Concert e Harry Bicket (Messiah), Academy of Ancient Music e Richard Egarr, Collegium Vocale Gent e Philippe Herreweghe (Mottetti di Stravinskij), Hallé Orchestra e Sir Mark Elder (I Sette Peccati Capitali di Weill), Philharmonia Orchestra e EsaPekka Salonen (Wozzeck), Scottish Chamber Orchestra e Robin Ticciati (Don Giovanni) e Sir Charles Mackerras (Nona Sinfonia di Beethoven). In campo discografico ha partecipato alla registrazione del Sogno di Geronzio con Stuart Skelton e Sarah Connolly (BBC Symphony Orchestra/Sir Andrew Davis) e di Adriana Lecouvreur ripresa su DVD da Opus Arte con Angela Gheorghiu e Jonas Kaufmann (Royal Opera House Orchestra/Sir Mark Elder). È per la prima volta ospite della nostra Società. Prossimo concerto: Sabato 9 aprile 2016, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Krystian Zimerman pianoforte Schubert - Sonata in la maggiore D 959 - Sonata in si bemolle maggiore D 960 La serie di grandi pianisti al Quartetto prosegue con Krystian Zimerman, beniamino del pubblico milanese fin dal momento del suo primo concerto per la nostra Società, nel 1977. Il grande interprete polacco si cimenta questa volta con le ultime due Sonate per pianoforte di Schubert, in la maggiore D 959 e in si bemolle maggiore D 960, scritte pochi mesi prima della scomparsa. Assieme alla Sonata in do minore D 958, esse formano una trilogia d’incommensurabile ricchezza poetica e di profonda espressione, talmente in anticipo sul suo tempo che il valore autentico di questo impressionante ciclo pianistico è stato compreso dal pubblico solo a distanza d’un secolo. Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 20122 Milano - tel. 02.795.393 www.quartettomilano.it - [email protected]