Martedì 22 marzo 2016, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
15
Orchestre des
Champs-Élysées
Collegium Vocale Gent
Philippe Herreweghe
direttore
Sarah Wegener soprano
Marie Henriette Reinhold contralto
Robin Tritschler tenore
David Soar basso
Haydn – Die sieben letzten Worte
unseres Erlösers am Kreuze Hob.XX.4
(Le ultime sette parole
del nostro Redentore sulla croce)
2015
2016
1 5 1 a S TA G I O N E
Il concerto è registrato
da RAI Radio3
sostiene il progetto “Società del Quartetto:
dalle nostre radici, inventiamo il futuro” di
cui fa parte questo concerto
Di turno
Di turno
Antonio
Antonio
Magnocavallo
Magnocavallo
Salvatore
Carrubba
MarioAlberto
Mario
Bassani
Bassani
Conti
Consulente
Consulente
Artistico
Artistico
Consulente
Artistico
Paolo
Paolo
ArcàArcà
Paolo
I concerti sono preceduti da una breve introduzione
di Gaia Varon o Oreste Bossini
Sponsor
Sponsor
istituzionali
istituzionali
Con il Con
contributo
il contributo
di
di
patrocinio
e il contributo di
Con ilil patrocinio
Con
il patrocinio
SoggettoSoggetto
riconosciuto
riconosciuto
di rilevanza
di rilevanza
regionaleregionale
La Società
La Società
del Quartetto
del Quartetto
partecipa
partecipa
a
a
Media Media
partnerpartner
In collaborazione
con con
In collaborazione
È vietato,
È vietato,
senza senza
il consenso
il consenso
dell’artista,
dell’artista,
fare fotografie
fare fotografie
e registrazioni,
e registrazioni,
audio audio
o video,
o video,
ancheanche
con il con
cellulare.
il cellulare.
IniziatoIniziato
il concerto,
il concerto,
si puòsientrare
può entrare
in salainsolo
salaalla
solo
fine
alladifine
ognidicomposizione.
ogni composizione.
Si raccomanda
Si raccomanda
di: di:
• disattivare
• disattivare
le suonerie
le suonerie
dei telefoni
dei telefoni
e ogniealtro
ogniapparecchio
altro apparecchio
con dispositivi
con dispositivi
acustici;
acustici;
• evitare
• evitare
colpi di
colpi
tosse
di tosse
e fruscii
e fruscii
del programma;
del programma;
• non lasciare
• non lasciare
la salalafino
salaalfino
congedo
al congedo
dell’artista.
dell’artista.
Il programma
Il programma
è pubblicato
è pubblicato
sul nostro
sul nostro
sito web
sitoil web
venerdì
il venerdì
precedente
precedente
il concerto.
il concerto.
Franz Joseph Haydn
(Rohrau 1732 - Vienna 1809)
Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze (ca. 56’)
(Le ultime sette parole del nostro Redentore sulla croce)
Introduzione - Maestoso ed Adagio
n. 1 “Vater, vergib ihnen, denn sie wissen nicht, was sie tun”
Pater, dimitte illis; non enim sciunt, quid faciunt
Largo (coro e orchestra)
n. 2 “Fürwahr, ich sag es dir: Heute wirst du bei mir im
Paradiese sein”
Amen dico tibi, hodie mecum eris in paradiso
Grave e Cantabile
n. 3 “Frau, hier siehe deinen Sohn, und du, siehe deine Mutter!”
Mulier, ecce filius tuo, et tu, ecce mater tua
Grave
n. 4 “Mein Gott, mein Gott, warum hast du mich verlassen?”
Deus meo, Deus meo, ut quid dereliquisti me?
Largo
Introduzione - Maestoso ed Adagio
n. 5 “Jesus rufet: Ach, mich dürstet! ”
Sitio
Adagio
n. 6 “Es ist vollbracht”
Consummatum est
Lento
n. 7 “Vater, in deine Hände empfehle ich meinen Geist”
Pater, in manus tuas commendo spiritum meum
Largo
Il terremoto
Presto e con tutta la forza
l Anno di composizione: 1787 (versione per coro e orchestra, 1796)
l Prima esecuzione della versione per coro e orchestra: Vienna, 26 marzo 1796
Il concerto si svolge senza intervallo
«Circa quindici anni fa, mi fu chiesto da un canonico di Cadice di comporre della
musica strumentale sulle Ultime sette parole di Nostro Salvatore sulla Croce».
Con queste parole, Haydn raccontava le origini del lavoro in una premessa
pubblicata nel 1801 sulla partitura dell’ultima versione, che includeva anche
una parte corale. Le ultime sette parole infatti erano state scritte nel 1787 per
orchestra, per accompagnare il rito del Venerdì Santo in uso nella chiesa della
Santa Cueva di Cadice. Lo stesso anno l’editore Artaria pubblicò una versione
in sette parti per quartetto d’archi, che oggi è quella più conosciuta, malgrado
la critica non ritenga in maniera unanime che la trascrizione sia di pugno di
Haydn. Venne pubblicata nel 1788 anche una versione per pianoforte del lavoro
non originale, ma approvata dall’autore.
Al ritorno dal secondo viaggio in Inghilterra, nel 1795, Haydn ascoltò a Passau una versione corale del suo lavoro preparata dal maestro di cappella locale,
Joseph Friebert, basata su testi in tedesco di autori legati al Pietismo. Haydn
prese spunto da questa trascrizione per preparare una propria versione corale,
con l’aggiunta di parti a cappella per il coro e l’inserimento di nuovo materiale
musicale. Per rivedere il testo, Haydn si rivolse al barone Gottfried van Swieten,
iniziando una collaborazione che sarebbe sfociata nel 1799 nell’oratorio La creazione. La versione in forma corale che ascolteremo stasera non solo è l’ultimo
intervento dell’autore sul testo, ma rappresenta anche una rara occasione di
ascoltare Le ultime sette parole di Haydn in forma di oratorio.
Oreste Bossini
Le ultime sette parole di Cristo
Gianfranco Ravasi
Per sottolineare l’importanza di questo concerto, pubblichiamo l’intervento di
S. E. il Cardinale Gianfranco Ravasi in occasione dell’esecuzione di Le ultime
sette parole del nostro Redentore sulla croce con il Quartetto Kuijken, la voce
recitante di Omero Antonutti e il cardinale Ravasi quale officiante, il 21 marzo
1995 nella Basilica di San Vincenzo in Prato per I Concerti del Quartetto.
Vorremmo ricreare questa sera, in questo nostro ascolto, quanto accadde il 6
aprile del 1787, all’interno della cripta della Chiesa del Rosario, la Santa Cueva,
in una città che si affaccia sull’Atlantico nella profonda Spagna meridionale, la
città di Cadice, una città che è tutta calcinata dal sole, con le sue case così candide.
Nell’interno di quella cripta dove Haydn era stato invitato dal canonico della
chiesa, il marchese Valdes Inigo aveva preparato questa specie di esegesi
musicale delle sette parole che venivano proclamate nel giorno del Venerdì Santo.
Era mezzogiorno. In quella chiesa si erano spente tutte le luci e si era impedito
che filtrasse quel sole così sfolgorante. Sulle pareti, quasi per impedire che un
raggio di luce entrasse, si erano fatti scendere dei grandi drappi neri. Al centro
il celebrante aveva iniziato questa grande liturgia, proclamando la prima delle
sette parole, quelle sette ultime frasi che gli evangeli mettono in bocca al Cristo
morente. Terminata la declamazione della prima parola e il successivo
commento su di essa, il sacerdote era sceso al centro della cripta e si era
prostrato in adorazione. Era in quel momento che partiva il commento musicale
di Haydn, la straordinaria esegesi musicale che noi questa sera ascolteremo.
Sappiamo che è soprattutto la musica che affida la concezione, la comprensione,
lo scavo del mistero alla sua stessa forza straordinaria. Haydn è stato travolto
da queste parole e dalla musica che aveva creato. Infatti, se allora aveva
preparato un’esecuzione orchestrale, poi la farà diventare quartetto (quella che
noi ascoltiamo), poi ancora la trasformerà in un solenne oratorio attraverso le
parole che questa sera noi sentiremo recitare dalla voce di Omero Antonutti.
Non solo le parole del Vangelo, ma il loro commento caldo, forse in qualche
punto persino retorico, ricco di sentimenti, scritto dal barone Gottfried van
Swieten che sarà poi il librettista della Creazione di Haydn.
Possiamo quasi dire che è stato come una specie di gorgo nel quale Haydn è
entrato, un gorgo sonoro che non ha mai voluto abbandonare, conquistato da
quelle sette parole che egli vorrà, nell’edizione del testo musicale, che fossero
scritte prima di ogni pezzo musicale in latino, secondo il testo della vulgata,
anche se noi le ascolteremo in traduzione.
L’elemento fondamentale non è solo l’ascolto della musica, ma l’ascolto di una
musica che evoca una parola, quella parola che la Bibbia descrive, con
un’immagine di grande impatto, come il martello e come la lava ardente del
fuoco: una parola che penetra all’interno delle coscienze, dei credenti e dei non
credenti. Stasera vorrei che noi riascoltassimo queste parole che dilagano nei
secoli e che hanno le caratteristiche di creare dentro di noi un’impressione
forte, quella che esprimeva molto bene un poeta francese morto dieci anni fa,
Pierre Emanuel: “I suoi passi sanguinano ancora per le nostre strade lastricate.
Non ne sentite il tonfo?”. E dietro questo verso c’è tutta la reminescenza
pascaliana di un Cristo che è in agonia fino alla fine dei tempi, sospeso
continuamente col suo morire, impedendo agli uomini di dormire, costringendoli
ad essere svegli, ad assistere alla sua agonia.
Penso che nell’interno di queste parole si raggruma un po’ tutto il dolore del
mondo. Sappiamo che la luce è uguale per tutti, la notte è diversa per ognuno
di noi. Nella notte ognuno ha delle paure diverse, il dolore è la notte, è la
tenebra, e nell’interno della tenebra si hanno continuamente iridescenze strane,
variazioni misteriose di suoni.
È per questo motivo che noi sentiremo l’odio, la solitudine, il distacco, la
disperazione, il silenzio di Dio, la sofferenza fisica e, alla fine, la morte. Ma
questo dolore sarà sempre aperto.
Ora vorrei soffermarmi sulle quattro prime frasi che ascolteremo, commentate
da Haydn. Iniziamo con la prima: “Padre, perdona loro perché non sanno quello
che fanno”. Noi lo sentiremo questo odio che sale dal basso verso l’alto della
croce, lo sentiremo nell’interno di questo largo, un odio che è come una cortina
gelida che crea tristezza, e la tristezza sarà proprio stemperata nel tono minore
che questo largo avrà.
Passeremo alla seconda frase: “Oggi sarai con me in paradiso”. Sono quelle
parole che solo Luca registra, indirizzate a quei due uomini che stanno esalando
l’ultimo respiro con Gesù, i due condannati a morte, forse due terroristi,
chiamiamoli così, contro il potere romano. Dei due, uno si rivolge verso il
Redentore che gli dice “Oggi sarai con me in paradiso”. In queste parole del
Cristo, sentiamo che il male fiorisce, diventa fecondo, germoglia trasformandosi
in luce. Sentiremo questo in una delle pagine più stupende di stasera, in cui si
passa, con uno stupendo effetto di luce, da un do minore disperato ad un solare
do maggiore.
Terza parola: “Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre”. Questo è il
momento del distacco lacerato, il distacco degli affetti. La morte taglia
inesorabilmente ogni relazione. Tutta la letteratura ce l’ha sempre insegnato,
pensiamo al racconto di straordinaria durezza e potenza, La morte di Ivan Il’ič
di Tolstoj, con il silenzio della moglie.
Cristo sente questo distacco, e questo distacco viene reso nel grave musicale
che ascolteremo attraverso un sincopato, che è quasi come un singhiozzo. Alla
fine il singhiozzo finisce con uno schiocco, infatti la finale sarà un ex abrupto, un
improvviso, quasi uno stacco, un taglio.
Da ultimo giungeremo alla quarta parola, quella più drammatica per Cristo, il
figlio per eccellenza. È il: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
quelle parole che Gesù pronuncia nella sua lingua, non nell’ebraico solenne della
sinagoga, ma nell’aramaico, il suo dialetto, la sua lingua spontanea e immediata,
come fa ogni uomo che si trova nel gorgo del dolore, e non ha più nessuna difesa.
Questo è il momento più tragico.
Forse se possiamo unire musica a immagine, in questo momento potrebbe
balenare di fronte ai nostri occhi tutto l’itinerario delle “Luci d’inverno”, il film
di Bergman, che sono un commento a questa crisi di Dio, a questo silenzio che
il figlio sente ramificarsi dentro di sé.
Questa suprema solitudine nel largo che ascolteremo sarà scandita da un violino
solo, che canterà in questo arabesco tutta la tragedia di quella voce.
Sono quattro parole che ora dobbiamo ascoltare. La parola dell’odio, la parola
del male che fiorisce, la parola del distacco e la parola del silenzio di Dio.
Per usare un’immagine di un grande mistico, scandaloso forse, Angelo della
Slesia (Angelo Silesio), potremmo dire con una specie di ossimoro, un’antitesi
quasi folle, che sono quattro delle sette stelle nere che si accendono nel cielo
della passione di Cristo.
Dedichiamo questo momento di intervallo per continuare la nostra breve
riflessione sulle successive e ultime tre parole che ora ascolteremo. Abbiamo
sentito nella quarta frase il grande, supremo silenzio, il silenzio di Dio. Abbiamo
sentito forse l’ultima grande prova del Cristo espressa attraverso la sua voce.
Ora le frasi diventano quasi soltanto dei frammenti. Le ultime tre parole che
ora dobbiamo ascoltare sono come delle schegge. Anche il testo greco dei
Vangeli si riduce all’essenziale nella narrazione, spogliandosi di tutto ciò che è
superfluo. Tutte le risonanze, tutti gli echi, saranno affidati soprattutto al canto
corale, ideale, di tutta la comunità, che si esprime attraverso le parole di Van
Swieten, che sono forse anche di tonalità più alta rispetto all’asciutto testo, al
dettato evangelico. Vogliono, però, andare a cercare per la chiesa le voci diverse
dei credenti, perché ognuno sappia trovare una parola che commenti e continui
quella parola così asciutta e così simile al martello e al fuoco che Cristo ha
pronunciato.
La quinta parola, che noi ora ascoltiamo, è soltanto un verbo. È la
rappresentazione di un nuovo tipo di dolore. Dopo quello che abbiamo già
incontrato, l’odio che saliva dalla terra, il male, il distacco e il silenzio di Dio. Il
quinto dolore è il dolore fisico. Cristo infatti grida: “Ho sete”.
Questo male fisico sarà rappresentato nell’adagio che ascolteremo da una
rappresentazione quasi uditiva di quella oppressione che si genera nella gola
del moribondo. Noi sentiremo che questo sarà rappresentato anche attraverso
il martellato dei pizzicati.
Passeremo poi alla sesta parola. La sesta parola è diventata celebre soprattutto
nella traduzione latina della vulgata “Consummatum est” (“Tutto è compiuto”),
quella che abbiamo detto che Haydn ha voluto che fosse stampata sopra ogni
pezzo della sua musica. In greco invece la parola di Gesù è un verbo solo
τετέλεσται. In questo verbo, in questa sesta parola che ci è conservata solo
dall’evangelista Giovanni, regna sovrana l’ambiguità del quarto evangelista, il
quale giocando attraverso la polisemia cerca di creare due sensi antitetici,
annodandoli in un’unica parola. La parola telos greca significa da un lato la fine.
E allora dovremmo dire: “Tutto è finito!”, grida Cristo, anche con quella
tonalità disperata di quella persona che non vede più nulla, che vede davanti a
sé soltanto una porta oscura, che immerge in un abisso infinito di tenebra.
Noi sappiamo che Cristo in questo momento è veramente uomo, fratello nostro
nella crisi radicale dell’esistere, segnata appunto dalla morte. Ma c’è un altro
valore: il greco telos può significare anche “il fine”. Cristo afferma che la sua
esistenza, in quel momento, ha raggiunto la sua vetta, la sua meta, il suo apice.
Quell’apice tanto cercato e desiderato si consuma paradossalmente, come dirà
Paolo, in uno sprofondarsi, lo profondarsi della morte. Tutto è finito, tutto è
compiuto. Qui noi ascolteremo questa sesta parte affidata ad un lento, ed è forse
la parte più potente di tutto questo quartetto. Si può anzi dire che i quattro
archi tentano in questo momento di diventare polifonici e sinfonici, dando
origine idealmente ad un coro colossale, grandioso, che sigilla questa pienezza.
Abbiamo, poi, la settima frase. Ci è conservata solo da Luca, che alla fine
presenta il volto di Cristo già radioso. Un salmo di fiducia, sereno e tranquillo:
“Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. Questo è l’approdo terminale, che
già ha i brividi della resurrezione. Forse pochi di voi sanno che una figura
fondamentale della letteratura del Novecento, anche se lontanissima
dall’esperienza credente, Samuel Beckett, era restato conquistato dalle ultime
sette parole di Cristo, e si era fermato soprattutto su quest’ultima, e aveva
detto una verità che mi sembra di grande suggestione. Il Natale, noi sappiamo,
è rappresentato dal Vangelo di Giovanni con questa frase: “la parola si fece
carne”. Samuel Beckett dice: “In questo momento, nel Cristo nudo, è la carne
che si fa parola, è la carne di Cristo che lancia quest’ultima parola che sale come
una voluta d’incenso”. E continua: “in quel momento la parola si fa anche
macchia di silenzio”. Ed è il silenzio che segue, perché Cristo esala il suo ultimo
respiro, dopo aver pronunciato questa grande professione di fede. La musica
del largo finale, che è segnato dalla sordina, vuole creare questo silenzio bianco,
colmo di significati misteriosi. Non per nulla il primo violino crea un arabesco
sonoro di straordinaria intensità, un vero e proprio cromatismo altissimo,
mentre il resto, appunto, si affida soprattutto a questo silenzio.
Noi sappiamo che le sette parole di Cristo non sono le ultime parole, sono le sue
ultime parole di uomo. Il testo di Haydn non presuppone la Pasqua, che sarà
cantata dai grandi oratorî, pensiamo per tutti a quelli di Bach. C’è la Pasqua
invece, e la sentirete in finale, con quell’ultimo tratto intitolato Il terremoto. E
qui l’indicazione di esecuzione è “presto e con tutta la forza”. Ed è l’unico
fortissimo di tutta la musica di Hadyn. Questo Terremoto è la grande teofania
pasquale, è già il preludio di quel grande momento in cui si apre la luce davanti
alla tenebra.
A questo punto vorrei concludere e giustificare la mia presenza, che è stata
voluta dal Quartetto ma che ha una sua legittimità oggettiva. Non solo perché
siamo partiti evocando quell’esecuzione nella lontana città di Cadice: la voce di
Omero Antonutti, di straordinaria intensità e la voce del celebrante si
intrecciano tra di loro, un po’ come quelle due voci della Chiesa del Rosario, per
il commento e la lettura del testo. Naturalmente, al di là di questo, sono
convinto che qui, ascoltando Le sette parole di Cristo in croce noi abbiamo un
messaggio che raggiunge tutti. Quanti sono credenti e quanti non lo sono,
perché tutti insieme ci ritroviamo nel mistero del dolore.
Allora vorrei finire lasciando la mia voce a due testimoni, uno credente parlerà
ai credenti. A quanti come me sono qui e ascoltano l’evangelo e guardano negli
occhi del Cristo presagendo una trascendenza, intuendo un mistero. A costoro
vorrei dedicare, soprattutto se sono sofferenti, travagliati, tormentati, hanno
l’anima striata dal nero, di tutti quei dolori che abbiamo sentito, di tutte le loro
iridescenze, le loro sfumature, vorrei dedicare le parole di uno scrittore mio
amico, che vorrei ricordare qui, ma noto a tutti voi, Mario Pomilio. Come ben
sapete, ne Il Natale del 1833, uno dei suoi ultimi scritti e forse uno dei suoi più
belli, ha voluto proprio rappresentare il mistero del dolore comparandolo con
quello di Giobbe e di Cristo. Egli dice: “La croce di Dio ha voluto essere il dolore
di ciascuno, e il dolore di ciascuno è la croce di Dio. Il Dio che ha voluto
accostare alle labbra questo calice amaro. L’ha voluto con fatica, ha chiesto
anche lui che se ne andasse questo calice, perché troppo avvelenato. Quel Dio
che ha voluto accostare quelle labbra fa sì, per noi credenti, che quel calice
abbia un sapore meno amaro”.
Immagino che ci siano qui anche molti non credenti, e li ringrazio dell’attenzione
e del silenzio con cui hanno voluto anche accogliere sia le parole dell’evangelo sia
le mie. Un silenzio che non è soltanto di convenienza ma è di ascolto autentico, e
a loro vorrei che parlasse un agnostico, che è stato anche un grande testimone,
un grande scrittore: Jorge Luis Borges. Forse non sapete che ha scritto anche lui
una lirica intitolata Cristo in croce, e questa lirica la vorrei dedicare proprio a
loro, perché forse è la rappresentazione autentica del vero non credente sincero,
la cui esistenza, però, è tante volte condotta su un territorio di frontiera, come lo
siamo noi credenti, pronti a sbandare di qua e di là, qualche volta trovandoci, noi
credenti, sul terreno oscuro del dubbio e del sospetto, e i non credenti al di là,
avvolti da una luce che noi forse non abbiamo più.
Diceva Borges: “La nera barba pende sopra il suo petto, il suo volto non è quello
dei pittori, è un volto duro, un volto ebreo, non lo vedo. Non riesco a vederlo, ma
insisterò a cercarlo fino al giorno dei miei ultimi passi sulla terra”.
Haydn e van Swieten: una collaborazione “illuminata”
Il 27 marzo 1808, la Vienna musicale decide di festeggiare, anticipandolo di
quattro giorni, il settantaseiesimo compleanno di Joseph Haydn, con un’esecuzione di gala della sua Creazione. L’oratorio viene allestito dall’associazione dei
Liebhaber-Konzerte nella sua sala abituale, l’aula magna della vecchia Università di Vienna. Dirige Antonio Salieri, al pianoforte siede Conradin Kreutzer, i
solisti sono Therese Fischer, Carl Weinmüller e Julius Radicchi; l’oratorio viene
cantato nella traduzione italiana di Carpani.
Volgendo lo sguardo alla platea, vi troviamo accomodata la crema della società
viennese, giunta per tributare l’ultimo omaggio pubblico a colui che era considerato il Padre della Sinfonia e del Quartetto d’archi.
Siedono, immancabili, i principi Esterházy, protettori di Haydn, e non molto
lontani i principi Lichnowsky, insieme a molti altri esponenti dell’aristocrazia.
Anche il mondo musicale viennese è presente, rappresentato, uno su tutti, da
Beethoven, che all’arrivo del Maestro si china e gli bacia le mani con lacrime
copiose che gli scivolano sulle guance, come testimonia Carpani.
Haydn viene introdotto nell’aula magna al suono della fanfara, tra uno scroscio
di applausi. C’è un grande assente: morto da pochi anni, il barone Gottfried van
Swieten si sarebbe senza dubbio unito, quella sera, all’applauso e alla commozione.
Importante attore nella vita politica e culturale viennese della seconda metà
del Settecento, dopo essersi dedicato all’attività diplomatica viaggiando in tutta
Europa, van Swieten (1733-1803) ricopre la carica di prefetto della biblioteca
di corte a Vienna e di presidente della commissione di censura letteraria (benché sia un anticlericale e si sia espresso contro i gesuiti). Il suo nome è legato
all’ambiente della massoneria, comparendo in un elenco dei famosi Illuminati di
Baviera e nella lista di un’altra loggia massonica, Liebe und Wahrheit (Amore
e Verità).
Possedendo egli stesso un prezioso patrimonio di partiture, promuove a Vienna
lo studio e la diffusione del repertorio di Händel, di Hasse, di Bach e fonda la
Società dei Cavalieri Associati. Si tratta di una cerchia di una ventina di aristocratici che almeno una volta all’anno, in salotti privati, allestiscono concerti
di musiche “antiche”. Particolare attenzione viene data a Händel: van Swieten
cura la traduzione tedesca dell’oratorio Judas Maccabaeus e commissiona a
Mozart la revisione del Messiah, di Acis and Galatea, di Alexander’s Feast.
È protettore di Haydn, così come lo sarà poi di Beethoven.
Nel 1793 van Swieten aveva fornito ad Haydn, in via non ufficiale, il testo tedesco per La tempesta, ma la prima vera collaborazione tra i due avviene a circa
dieci anni di distanza per la nuova versione delle Sette parole.
Van Swieten traduce e rielabora per Haydn anche i testi della Creazione, tito-
lo di un libretto che Salomon aveva messo nelle mani del Maestro prima che
lasciasse Londra, e delle Stagioni, ultimo oratorio a cui Haydn e van Swieten
lavorano insieme.
La Creazione, la cui prima esecuzione, in forma privata a Palazzo Schwarzenberg, è datata 30 aprile 1798, accresce la sua fama d’esecuzione in esecuzione
e genera in chi la ascolta, come risulta evidente da tutti i documenti che si sono
conservati, un reale senso di conforto, consolazione e gioia, rappresentando la
speranza dell’uomo in un futuro di pace (che nel 1799, anno della prima esecuzione pubblica, è quanto meno incerta).
Haydn rende in musica un senso di estatica meraviglia nei confronti dell’universo, una tenerezza stupita, una gratitudine commossa di fronte alla bellezza del
creato: concezioni ancora pienamente illuministe, respirate nell’ambiente viennese e massone, nel quale van Swieten fa da protagonista.
Giulia Ferraro
Allieva del Conservatorio G. Verdi di Milano
Die sieben letzten Worte
unseres Erlösers am Kreuze
Testi di Gottfried van Swieten
Le ultime sette parole
del nostro Redentore
sulla Croce
Introduzione
1.
Vater, vergib ihnen,
denn sie wissen nicht, was sie tun.
Padre, perdona loro,
perché non sanno quello che fanno.
Vater im Himmel,
o sieh hernieder vom ewigen Thron!
Vater der Liebe, dein Eingeborener,
er fleht für Sünder, für deine Kinder,
erhöre den Sohn!
Ach, wir sind tief gefallen,
wir sündigten schwer;
doch allen zum Heil, uns allen,
floß deines Sohnes Blut.
Das Blut des Lammes schreit
nicht um Rach’; Es tilgt die Sünden.
Vater der Liebe,
laß uns Gnade finden,
erhöre den Sohn!
O Vater, o Vater, erhöre den Sohn!
Padre che sei nei cieli,
abbassa lo sguardo dal tuo trono eterno!
Padre dell’amore, il tuo Figlio unigenito
prega per i peccatori, per i tuoi figli,
esaudisci il tuo Figlio!
Ah, siamo caduti molto in basso,
abbiamo peccato gravemente.
Ma per la nostra salvezza, per noi tutti,
è stato versato il sangue del Figlio tuo.
Il sangue dell’agnello
non grida vendetta; rimette i peccati.
Padre dell’amore,
fa’ che troviamo grazia,
esaudisci il tuo Figlio!
Padre, oh Padre, esaudisci il tuo Figlio!
2.
Fürwahr, ich sag es dir: Heute
wirst du bei mir im Paradiese sein.
In verità ti dico, oggi
sarai con me in paradiso.
Ganz Erbarmen, Gnad’ und Liebe,
bist du Mittler, Gotteslamm.
Kaum ruft jener reuig auf zu dir:
Wenn du kommest in dein Reich,
ach so denke mein!
So versprichst du ihm voll Milde:
Heute wirst du bei mir im
Paradiese sein.
Herr und Gott! Blick auf uns!
Colmo di misericordia, pieno di grazia
e amore
Tu sei l’intercessore, l’Agnello di Dio,
non appena un peccatore pentito si
rivolge a te:
quando entrerai nel tuo regno,
ricordati di me!
Ti gli prometti con grande indulgenza:
oggi sarai con me in paradiso.
Signore Iddio, volgi a noi lo sguardo!
Sieh an deines Kreuzes Fuße
unsre wahre Reu’ und Buße!
Gib uns auch zur letzten Stunde
jenen Trost aus deinem Munde:
Heute wirst du bei mir im Paradiese
sein.
3.
Frau, hier siehe deinen Sohn, und du,
siehe deine Mutter!
Mutter Jesu, die du trostlos,
weinend,
seufzend bei dem Kreuze standst
und die Qualen seines Leidens
in der Stund des bittern Scheidens
siebenfach in dir empfandst:
Kaum mehr fähig, dich zu fassen,
und doch standhaft und gelassen,
nimmst als Sohn den treuen Jünger
und mit ihm auch uns als Kinder an.
Mutter Jesu, o du Zuflucht aller
Sünder,
hör das Flehen deiner Kinder.
Steh uns bei im letzten Streit,
Mutter voll der Zärtlichkeit,
o steh uns allen bei!
Wenn wir mit dem Tode ringen
und aus dem beklemmten Herzen
unsre Seufzer zu dir dringen,
laß uns, Mutter, laß uns da
nicht unterliegen!
Hilf uns dann den Feind besiegen!
Und steh uns bei im letzten Streit!
Wenn wir mit dem Tode ringen,
o da zeige dich als Mutter
und empfehl uns deinen Sohn,
o Mutter!
Osserva ai piedi della tua croce
il nostro sincero rimorso e la nostra
penitenza.
Dona anche a noi nell’ultima ora
quel confronto che viene dalle tue
parole:
oggi sarai con me in paradiso.
Donna, ecco tuo figlio, e tu figlio,
ecco tua madre!
Madre di Gesù, che piangendo
sconsolata,
gemendo stavi ai piedi della croce,
e sentivi in te sette volte più forti
i tormenti della sua passione
nell’ora dell’amara separazione.
Appena capace di trattenere la
tua tristezza,
eppure così dignitosa e quieta,
accogli come figlio tuo il discepolo
fedele
e con lui noi come figliuoli.
Madre di Gesù, rifugio di tutti i
peccatori,
ascolta le preghiere dei tuoi figli.
O tu rifugio di tutti i peccatori
ci assisti nell’ultimo combattimento.
Madre piena di tenerezza,
resta vicino a tutti noi.
Quando lottiamo con la morte
e dai nostri cuori affannati
salgono i nostri sospiri rivolti a te,
non lasciare, Madre, che siamo
sconfitti.
Aiutaci a vincere il nemico
e ci sostieni nell’ultima battaglia.
Quando lottiamo con la morte,
mostrati allora e raccomanda noi
al tuo Figlio, o Madre!
4.
Mein Gott, mein Gott, warum hast du
mich verlassen?
Warum hast du mich verlassen?
Wer sieht hier der Gottheit Spur?
Wer kann fassen dies Geheimnis?
O Gott der Kraft und Macht,
o Gott der Macht und Stärke,
wir sind deiner Hände Werke,
und deine Lieb, o Herr,
hat uns erlöst.
O Herr, wir danken dir von Herzen.
Unserwegen littst du Schmerzen,
Spott, Verlassung, Angst und Pein.
Herr, wer sollte dich nicht lieben,
dich mit Sünden noch betrüben?
Wer kann deine Huld verkennen?
Nein, nichts soll uns von dir trennen
allhier und dort in Ewigkeit.
Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?
Perchè mi hai abbandonato?
Chi può vedere in questo traccia della
divinità?
Chi può comprendere questo mistero?
O Dio forte e potente,
Dio potente e vigoroso
noi siamo opera delle tue mani,
e il tuo amore, Signore,
ci ha salvato.
O Signore, ti ringraziamo con tutto
il cuore:
per causa nostra tu hai sofferto
scherno e abbandono, paura e
tormento.
Signore, chi potrebbe non amamrti,
e affliggerti ancora con i suoi peccati?
Chi può disconoscere la tua grazia?
No, nulla deve dividerci da te,
quaggiù e per l’eternità.
Introduzione
5.
Jesus rufet: Ach, mich dürstet!
Hemmt nun die Rache,
stillt eure Wut!
Menschen, lasset Mitleid
euch erweichen,
ruft Erbarmung in das Herz!
Jesus rufet: Ach, mich dürstet!
Ihm reicht man Wein,
den man mit Galle mischet.
So labt man ihn.
Kann Grausamkeit noch weiter
gehen?
Gesù gridò: ah, ho sete!
Fermate ora la vostra sete di vendetta,
calmate la vostra rabbia!
Uomini, lasciate che la compassione
vi porti a tenerezza,
chiamate la misericordia nei vostri
cuori!
Gesù gridò: Ah, ho sete!
Gli porgono del vino,
misto a fiele.
In questo modo lo si rinfresca.
La crudeltà può essere più grande?
Nun kann er nicht mehr fassen
den Schmerz,
der ihn allmächtig drückt,
der Wohltun war.
Ach, im Durst vor seinem Ende
reichet man ihm Galle dar.
Ora più non può contenere
il dolore,
che lo opprime fortemente,
lui che faceva del bene.
Ah, per dissetarlo nel momento
della fine
gli hanno porto del fiele!
6.
Es ist vollbracht.
Tutto è compiuto.
Es ist vollbracht!
An das Opferholz geheftet,
hanget Jesus in der Nacht;
und dann ruft er laut: es ist vollbracht.
Was uns jenes Holz geschadet,
und mit dir uns ewig freun.
Tutto è compiuto!
Inchiodato al legno sacrificale,
Gesù pende nella notte;
e allora grida forte: tutto è compiuto.
Tutto il male che può aver fatto
quel legno
da lui viene riscattato.
Guai a voi cattivi, guai a voi ciechi,
guai a voi tutti,
che accumulate peccati su peccati!
Uomini, riflettete!
Troverete la misericordia,
quando lui verrà
in tutto il suo splendore e la sua
potenza?
Salvaci, intercessore, dalla rovina!
Ascolta, Dio fatto uomo, il nostro grido!
Non permettere che la tua passione e
la tua morte
risultino vane per causa nostra.
Lascia che un giorno noi possiamo
ereditare il cielo
e gioire con te per l’eternità.
7.
Vater, in deine Hände empfehle ich
meinen Geist.
Padre, nelle tue mani consegno
il mio spirito.
In deine Händ’, o Herr,
empfehl ich meinen Geist.
Nun steigt sein Leiden höher nicht,
nun triumphiert er laut und spricht:
Nelle tue mani, o Signore,
consegno il mio spirito.
Ora la sua sofferenza non cresce più,
ora trionfa forte e dice:
wird durch dieses gut gemacht.
Weh euch Bösen, weh euch Blinden,
weh euch allen, die ihr Sünden
immer häuft auf Sünden!
Menschen denket nach!
Werdet ihr Erbarmung finden,
wenn er kommt in seiner
Herrlichkeit und seiner Macht?
Rett uns, Mittler, vom Verderben!
Höre, Gottmensch, unser Schrein!
Laß dein Leiden und dein Sterben
nicht an uns verloren sein.
Laß uns einst den Himmel erben
nimm, Vater, meine Seele,
dir empfehl ich meinen Geist.
Und dann neigt er sein Haupt und
stirbt.
Vom ewigen Verderben
hat uns sein Blut errettet;
aus Liebe für uns Menschen
starb er den Tod der Sünder.
Du gabst uns neues Leben;
was können wir dir geben?
Zu deinen Füßen liegen wir,
o Jesu, tief gerührt;
nimm unser Herz als Opfer an!
prendi, Padre, la mia anima,
a te consegno il mio spirito.
Poi china il capo e muore.
Dalla rovina eterna
ci ha salvato il suo sangue;
per amore per noi uomini,
morì la morte dei peccatori.
Tu ci hai donato una nuova vita;
noi cosa possiamo darti?
Noi giacciamo qui ai tuoi piedi,
commossi fino al profondo dell’animo;
prendi il nostro cuore in sacrificio!
Il terremoto
Er ist nicht mehr.
Der Erde Tiefen
schallen wider: Er ist nicht mehr.
Erzittre, Golgatha, erzittre!
Er starb auf deinen Höhen.
O Sonne, fleuch und leuchte
diesem Tage nicht!
Zerreiße, zerreiße Land,
worauf die Mörder stehen.
Ihr Gräber, tut euch auf,
ihr Väter, steigt ans Licht!
Das Erdreich, das euch deckt,
ist ganz mit Blut befleckt.
Egli non è più.
Dal profondo della terra
risuona come un’eco: Egli non è più.
Trema, Gòlgota, trema!
Egli morì sulle tue alture.
Fuggi, o sole, non illuminare
questo giorno!
Sqúartati, terra,
sotto i piedi degli assassini.
Apritevi, o tombe!
Padri, venite alla luce!
Il suolo che vi ricopre
è tutto macchiato di sague.
Philippe Herreweghe direttore
Diplomato in pianoforte al Conservatorio di Gent, Philippe Herreweghe si è
dapprima dedicato agli studi di medicina e psichiatria, laureandosi nel 1975.
Proprio durante questo periodo di studio ha fondato il Collegium Vocale Gent
attirando l’attenzione di Nikolaus Harnoncourt e Gustav Leonhardt, che lo
invitarono a collaborare alla prima registrazione integrale delle Cantate di
Bach. L’aver fondato la Chapelle Royale nel 1977 e più tardi l’Ensemble Vocal
Européen gli ha permesso di esplorare un repertorio corale che va dal
Rinascimento fino ai giorni nostri. Philippe Herreweghe si dedica oggi
prevalentemente alla direzione di orchestre sinfoniche. Collabora regolarmente
sia con complessi di strumenti antichi (Concerto Köln, The Age of
Enlightenment, Freiburger Barockorchester) che con orchestre “tradizionali”
(Concertgebouw di Amsterdam, Gewandhaus di Lipsia, Mahler Chamber
Orchestra).
Nel 1991 ha costituito l’Orchestre des Champs-Élysées con l’intento di eseguire
il repertorio romantico e pre-romantico su strumenti originali. Philippe
Herreweghe è inoltre frequentemente invitato quale direttore ospite di
orchestre di primo piano in Europa e negli Stati Uniti. Dal 1997 è direttore
musicale dell’Orchestra Filarmonica delle Fiandre; dal 1982 al 2002 è stato
direttore artistico del festival “Les Academies Musicales de Sainte”. Dal 2008
ricopre l’incarico di direttore ospite permanente dell’Orchestra Filarmonica
da Camera della Radio dei Paesi Bassi.
Dal 2009 Herreweghe e il Collegium Vocale Gent, in collaborazione con
l’Accademia Musicale Chigiana di Siena, sono impegnati attivamente nella
formazione di un coro sinfonico i cui cantanti provengono da tutta Europa,
attività che dal 2011 gode del patrocinio del Programma Cultura dell’Unione
Europea.
In campo discografico ricordiamo l’incisione delle Passioni, della Messa in si
minore e dell’Oratorio di Natale di J.S. Bach, i Requiem di Mozart, Fauré e
Brahms, l’Elias e il Paulus di Mendelssohn e Pierrot Lunaire di Schönberg.
Nel 2010 ha fondato la sua etichetta discografica φ (PHI).
Nel 1990 la stampa musicale europea lo ha eletto “Personaggio musicale
dell’anno” e “Musicista europeo dell’anno” nel 1991. Nel 1993 è stato nominato,
insieme al Collegium Vocale, Ambasciatore Culturale delle Fiandre. Nel 1994
è stato nominato “Officier des Arts et Lettres”. Nel 1997 ha ricevuto la laurea
“honoris causa” dall’Università cattolica di Lovanio. Nel 2003 è stato
nominato “Chevalier de la Lègion d’Honneur”. Nel 2010 ha ricevuto la BachMedaille dalla città di Lipsia in quanto interprete di valore assoluto delle
musiche di Bach.
Più volte ospite delle Settimane Bach e di Musica e poesia a San Maurizio, è
stato ospite della nostra Società nel 2008 e 2014.
Orchestre des Champs-Élysées
Fondata nel 1991 dalla comune iniziativa di Alain Durel, direttore del
Théâtre des Champs-Élysées e di Philippe Herreweghe, l’Orchestre des
Champs-Élysées si dedica all’interpretazione su strumenti d’epoca del
repertorio che va da Haydn a Mahler.
Orchestra residente per molti anni al Théâtre des Champs-Élysées e al Palais
des Beaux-Arts di Bruxelles, si è esibita per le più importanti sale da concerto
delle più importanti città europee (Vienna, Amsterdam, Londra, Monaco di
Baviera, Berlino, Colonia, Francoforte, Lipsia, Lucerna, Roma), e in
Giappone, Corea, Cina, Australia e Sud America diretta principalmente da
Philippe Herreweghe (direttore artistico e direttore principale dell’orchestra),
ma anche da direttori ospiti quali Daniel Harding, Christian Zacharias,
Louis Langrée, Hans Holliger, Christophe Coin e René Jacobs.
L’Orchestre des Champs-Élysées è membro del TAP (Théâtre & Auditorium de
Poitiers) dove è attualmente in residence e gode del patrocinio economico del
Ministero della Cultura francese e della Regione di Poitou-Charentes.
All’Orchestre des Champs-Élysées sta molto a cuore riuscire a offrire un
approccio alla musica completamente nuovo. Infatti, in occasione di ogni
concerto è possibile assistere a prove, conferenze, incontri e laboratori
organizzati con scolaresche.
Dalla sua discografia: Requiem e Messa in do minore di Mozart, Missa
Solemnis e Nona sinfonia di Beethoven, Elias, Paulus, Sogno di una notte di
mezz’estate di Mendelssohn, Ein deutsches Requiem di Brahms, Concerto per
pianoforte, Concerto per violoncello, Scènes de Faust, Sinfonie n. 1 e n. 3 di
Schumann, Nuits d’été, L’enfance du Christ di Berlioz, Requiem di Fauré,
Sinfonia n. 7 e 4 di Bruckner e Des Knaben Wunderhorn di Mahler.
È stata ospite della nostra Società nel 2008 e 2014.
Alessandro Moccia, Bénédicte Trotereau, Roberto Anedda, Adrian Chamorro,
Asim Delibegovic, Virginie Descharmes, Jean-Marc Haddad, Thérèse Kipfer,
Marion Larigaudrie, Corrado Lepore, Baptiste Lopez, Giorgio Oppo, Andreas Preuss,
Nicole Tamestit, Enrico Tedde, Sebastiaan Van Vucht violini
Jean-Philippe Vasseur, Agathe Blondel, Marie Beaudon, Brigitte Clement,
Delphine Grimbert, Luigi Moccia viole
Ageet Zweistra, Harm-Jan Schwitters, Vincent Malgrange, Hilary Metzger,
Andrea Pettinau violoncelli
Axel Bouchaux, Joseph Carver, Damien Guffroy, Michel Maldonado contrabbassi
Alexis Kossenko, Amélie Michel flauti
Olivier Rousset, Taka Kitazato oboi
Nicola Boud, Daniele Latini clarinetti
Julien Debordes, Jean-Louis Fiat fagotti
Robert Percival controfagotto
Bart Aerbeydt, Hannes Kaukoranta, Jean-Emmanuel Prou corni
Alain De Rudder, Steven Verhaert trombe
Harry Ries, Guy Hanssen tromboni
Marie-Ange Petit timpani
Collegium Vocale Gent
Il Collegium Vocale Gent è stato fondato da Herreweghe e da un gruppo di amici
che studiavano all’Università di Gent nel 1970, proprio quando cominciava ad
evolversi l’approccio interpretativo alla musica antica. Fu in particolare il
primo ensemble ad applicare questi nuovi principi al repertorio vocale.
Con un repertorio che spazia dalla musica polifonica rinascimentale a quella
contemporanea, è stato ospite dei maggiori teatri e festival in tutto il mondo.
Si dedica in particolar modo alla diffusione del repertorio polifonico dei
predecessori di Bach e ai capolavori del Thomaskantor e di Händel, ma anche
a repertori di musica romantica, moderna e contemporanea. A tal proposito,
nel 2009, ha dato il via a una collaborazione con l’Accademia Musicale
Chigiana di Siena.
Collabora regolarmente con raffinati ensemble strumentali (Orchestre des
Champs-Elysées, Freiburger Barockorchester, Akademie für Alte Musik di
Berlino) e orchestre sinfoniche di primo piano (Royal Concertgebouw, Wiener
Philharmoniker, Orchestra del Festival di Budapest) con direttori quali
Sigiswald Kuijken, René Jacobs, Daniel Reuss, Philippe Pierlot, Paul Van
Nevel, Bernard Haitink, Ivan Fischer, Marcus Creed, Yannick Nézet-Séguin,
James Wood, Peter Phillips, Gustav Leonhardt, Ton Koopman e Nikolaus
Harnoncourt.
Ha al suo attivo, sotto la direzione di Philippe Herreweghe, più di 75
registrazioni “a cappella”, accompagnato dall’Orchestra del Collegium Vocale
Gent o in collaborazione con l’Orchestre des Champs-Élysées.
Il Collegium Vocale è sostenuto dalla Comunità Fiamminga, dalla Provincia
delle Fiandre dell’Est e dalla città di Gent. Nel 2011, l’ensemble è stato
nominato Ambasciatore delle Nazioni Unite.
Più volte ospite delle Settimane Bach e di Musica e poesia a San Maurizio,
l’ensemble è stato ospite della nostra Società nel 1993, 2004, 2008 e 2014.
Aldona Bartnik, Annelies Brants, Miek Briesen, Sylvie De Pauw, Stanislava Mihalcová,
Magdalena Podkościelna, Elisabeth Rapp, Mette Rooseboom, Aleksandra Turalska
soprani
Carla Babelegoto, Ursula Ebner, Sofia Gvirts, Marlen Herzog, Gudrun Köllner,
Cécile Pilorger, Sandra Raoulx, Mieke Wouters contralti
Malcolm Bennett, Patrik Horňák, Tomáš Lajtkep, Dan Martin, Tom Phillips,
Claudius Pobbig, René Veen tenori
Jonas Böhm, Erks Jan Dekker, Stefan Drexlmeier, Jean-Christophe Fillol,
Philipp Kaven, Tobias Müller-Kopp, Peter Strömberg, Robert Van Der Vinne,
Bart Vandewege bassi
Sarah Wegener soprano
Il soprano anglo-tedesco Sarah Wegener, dopo gli studi di contrabbasso, ha studiato canto con Bernhard Jaeger-Böhm a Stoccarda. Ha inoltre frequentato master class di Dame Gwyneth Jones e Renée Morloc. Collabora stabilmente con
musicisti quali Philippe Herreweghe, Thomas Hengelbrock, Emilio Pomarico,
Tõnu Kaljuste, Heinz Holliger, Frieder Bernius e Michael Hofstetter, ospite di
istituzioni musicali quali i Festival dello Schleswig-Holstein, RuhrTriennale,
Ludwigsburg, Rheingau, allo SWR RheinVokal Festival, Tonhalle di Düsseldorf,
Alte Oper Frankfurt, Konzerthaus di Berlino e De Singel di Anversa.
Particolarmente intensa è la collaborazione artistica con il compositore Georg
Friedrich Haas che nel 2009 le ha dedicato il ciclo di Lieder …wie stille brannte das Licht. L’interpretazione del ruolo principale dell’opera Bluthaus nella
prima esecuzione mondiale allo Schwetzinger SWR Festival del 2011 le è valsa
una nomination come “Cantante dell’anno” dalla rivista Opernwelt.
Nella stagione in corso debutterà alla Royal Opera House di Londra e alla
Deutsche Oper Berlin (Morgen und Abend di Georg Friedrich Haas). Sono
inoltre previsti Liederabende alla Tonhalle di Zurigo, alla Hugo-Wolf-Akademie di Stoccarda e all’AMUZ di Anversa e concerti alla Suntory Hall di Tokyo
con Heinz Holliger.
In campo discografico, ha preso parte alla registrazione di un CD di Arie di
Justin Heinrich Knecht con Frieder Bernius e la Hofkapelle Stuttgart. La sua
discografia comprende inoltre Die stumme Serenade di Korngold, la Petite
Messe solennelle di Rossini diretta da Tõnu Kaljuste e un CD registrato con
l’Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccarda diretta da Heinz Holliger.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Marie Henriette Reinhold contralto
Nata a Lipsia nel 1990 Marie Henriette Reinhold ha cominciato a coltivare
lo studio della musica sin da piccolissima, nell’ambiente familiare, e si
è dapprima dedicata alla musicologia e alla gestione dei Beni Culturali
all’Università Franz Liszt di Weimar, per poi proseguire i suoi studi
all’Università Friedrich-Schiller di Jena laureandosi nell’estate del 2011.
Dal 2008 ha studiato canto con Roland Schubert per poi decidere di dedicarsi
alla carriera professionale e specializzarsi con Elvira Dreßen all’Università
“Felix Mendelssohn Bartholdy” di Lipsia nel 2011.
Come solista si è esibita alla Chiesa di San Tommaso, alla Gewandhaus di
Lipsia e alla Kreuzkirche di Dresda. Ha collaborato con Batzdorfer Hofkapel-
le, Concerto Köln e la Gewandhaus Orchestra.
Le sue prime esperienze operistiche sono state all’Università di Lipsia nel Flauto Magico e nel Wildschütz di Lortzing. A seguito delle master class con Jonathan Alder e Alexander Schmalcz, ha iniziato a dedicarsi anche all’interpretazione liederistica. È tra i fondatori del coro regionale giovanile Saxony.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Robin Tritschler tenore
Robin Tritschler, tenore inglese, ha studiato alla Royal Irish Academy of
Music e alla Royal Academy of Music di Londra. Fino al 2014 ha fatto parte
della BBC New Generation Artist.
Ha collaborato con orchestre quali London Philharmonic Orchestra, Orchestre
National de Lyon, Orchestra della Gulbenkian Foundation di Lisbona,
Filarmonica di Hong Kong, Filarmonica di Rotterdam, Virtuosi di Mosca,
BBC Philharmonic sotto la guida di Yannick Nézet-Séguin, Vladimir
Jurowski, Yutaka Sado, Edo de Waart, Vladimir Spivakov e Juanjo Mena.
Con la RTE Concert Orchestra ha interpretato il Messiah per le celebrazioni
dell’ottantesimo anniversario del Vaticano. Nel 2014 ha partecipato alla
prima esecuzione britannica della Passione secondo Giovanni di C.P.E. Bach
con la Bournemouth Symphony Orchestra e Kirill Karabits. In campo
operistico ha recentemente ha debuttato con la Royal Opera Covent Garden
(Wozzeck). In recital collabora con Graham Johnson, Malcolm Martineau e
Julius Drake ospite di sale da concerto e festival quali Wigmore Hall di
Londra, Philharmonie di Colonia, Concertgebouw di Amsterdam, Kennedy
Centre di Washington DC, Aldebourgh, Aix-en-Provence, Klavierfest Ruhr e
West Cork Chamber Music Festival. Nel 2013 i suoi recital di Lieder per le
celebrazioni del centenario della nascita di Britten sono stati trasmessi da
Radio France e dalla Radio Danese.
Tra gli impegni della stagione scorsa una tournée europea con Philippe
Herreweghe (Passione secondo Giovanni), i recital alla Wigmore Hall e una
produzione del Così fan tutte al Teatro dell’Opera di Garsington.
La sua discografia comprende Winter Words di Britten con Malcolm
Martineau, The Complete Songs di Poulenc con Graham Johnson e un CD con
canti della Prima Guerra Mondiale sempre con Malcolm Martineau.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
David Soar basso
David Soar, nato nel Nottinghamshire, ha compiuto gli studi alla Royal
Academy of Music e al National Opera Studio.
Tra i suoi maggiori successi ricordiamo i debutti al Metropolitan nel Don
Giovanni, al Festival di Salisburgo in Romeo e Giulietta, alla Royal Opera
House Covent Garden nell’Adriana Lecouvreur e l’interpretazione di Masetto,
Mr Flint e Collatinus (The Rape of Lucretia) al Festival di Glyndebourne.
Nella stagione 2014/15 ha interpretato Pistola in una nuova produzione del
Falstaff per il Saito Kinen Festival diretto da Fabio Luisi ed è tornato al
Festival di Glyndebourne per Carmen oltre che al Metropolitan nella Bohème.
Ha inoltre debuttato al Teatro Réal di Madrid.
In campo concertistico ha collaborato con la BBC Symphony Orchestra e Sir
Andrew Davis (Il Sogno di Geronzio di Elgar, Belshazzar’s Feast di Walton,
The Midsummer Marriage di Tippett), The English Concert e Harry Bicket
(Messiah), Academy of Ancient Music e Richard Egarr, Collegium Vocale
Gent e Philippe Herreweghe (Mottetti di Stravinskij), Hallé Orchestra e Sir
Mark Elder (I Sette Peccati Capitali di Weill), Philharmonia Orchestra e EsaPekka Salonen (Wozzeck), Scottish Chamber Orchestra e Robin Ticciati (Don
Giovanni) e Sir Charles Mackerras (Nona Sinfonia di Beethoven).
In campo discografico ha partecipato alla registrazione del Sogno di Geronzio
con Stuart Skelton e Sarah Connolly (BBC Symphony Orchestra/Sir Andrew
Davis) e di Adriana Lecouvreur ripresa su DVD da Opus Arte con Angela
Gheorghiu e Jonas Kaufmann (Royal Opera House Orchestra/Sir Mark
Elder).
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Prossimo concerto:
Sabato 9 aprile 2016, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Krystian Zimerman pianoforte
Schubert - Sonata in la maggiore D 959
- Sonata in si bemolle maggiore D 960
La serie di grandi pianisti al Quartetto prosegue con Krystian Zimerman, beniamino
del pubblico milanese fin dal momento del suo primo concerto per la nostra
Società, nel 1977. Il grande interprete polacco si cimenta questa volta con le ultime
due Sonate per pianoforte di Schubert, in la maggiore D 959 e in si bemolle maggiore D 960, scritte pochi mesi prima della scomparsa. Assieme alla Sonata in do
minore D 958, esse formano una trilogia d’incommensurabile ricchezza poetica e
di profonda espressione, talmente in anticipo sul suo tempo che il valore autentico
di questo impressionante ciclo pianistico è stato compreso dal pubblico solo a
distanza d’un secolo.
Società del Quartetto di Milano - via Durini 24
20122 Milano - tel. 02.795.393
www.quartettomilano.it - [email protected]
Scarica

programma di sala - Società del Quartetto di Milano