SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali Noi siamo europei È ORA DI METTERE AL BANDO OGNI DIVISIONE. NELLA UE CI VUOLE UN UNICO CODICE DELLA STRADA, CHE FISSI REGOLE E SANZIONI UGUALI PER TUTTI. OLTRE A UNA BANCA DATI NAZIONALE CHE CONSENTA AI NOSTRI COMANDI DI OPERARE COME I COLLEGHI D’OLTRE CONFINE. LO HA RIBADITO IL PRESIDENTE DELL’ACI, ENRICO GELPI, NEL CORSO DI UN INTERVENTO IN CUI HA PROMESSO: «PER LA SICUREZZA STRADALE SARÀ SEMPRE PIÙ STRETTA LA COLLABORAZIONE TRA L’AUTOMOBILE CLUB E LA POLIZIA LOCALE» di Chiara Scuri I l ruolo delle polizie locali è fondamentale, perché tre incidenti su quattro avvengono in città. Quindi deve essere rafforzato il loro compito di “vigilanza” e controllo sul territorio per ottenere una maggiore sicurezza sulle strade. La loro presenza infatti è il principale deterrente contro chi viola le norme della circolazione. Ed è per questo che le sanzioni vanno finalizzate non a incrementare i bilanci comunali, ma a prevenire gli incidenti. Perché è nell’interesse di tutti che la gente non muoia o ri- manga ferita quando si mette in viaggio anche sulle strade urbane. E per aiutare gli agenti di polizia locale concretamente nel loro lavoro, è indispensabile che questi siano dotati di una banca dati nazionale sulle multe, capace di mettere in collegamento i comandi degli 8 mila Comuni italiani per un interscambio di informazioni e conoscenze. Oggi le polizie locali italiane tra di loro non comunicano, e questa è un’eccezione rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei. Paesi che devono cooperare meglio fra loro per rendere davvero effettive ed esigibili le sanzioni comminate a chi infrange le regole sulle strade del vecchio continente. Ma anche per questo è improrogabile l’adozione di un Codice della strada europeo, che fissi regole e sanzioni uguali per tutti. Questi sono stati i messaggi forti che Enrico Gelpi, presidente dell’Automobile Club d’Italia, ha voluto lanciare nel corso del secondo Forum Internazionale delle Polizie Locali, organizzato a Riva del Garda dall’ACI dal 25 al 27 maggio scorsi, e che aveva come titolo Sicurezza e cooperazione in Europa - Prospettive di riforma, compiti e ruoli. È stato un successo. Non solo di partecipazione e per l’ampio risalto dato dai media all’evento. Ma anche per la qualificata presenza dei relatori, fra i quali il ministro dell’Interno, Ro- NEL SETTORE DELL’INFOMOBILITÀ SI SONO GIÀ CONCRETIZZATE ALCUNE INIZIATIVE FRUTTO DEL LAVORO CONGIUNTO DI ACI E POLIZIA LOCALE. 16 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 Il sottosegretario al ministero dell’Interno, Alfredo Mantovano (a sinistra) è convinto che «una legislazione europea più omogenea sarebbe anche la base per risolvere tanti problemi minori». A destra nella foto, Enrico Gelpi, presidente dell’ACI. berto Maroni; il sottosegretario al ministero dell’Interno, Alfredo Mantovano; il presidente della Commissione Trasporti, Mario Valducci; Maurizio Saia, senatore e relatore della legge quadro sulla polizia locale. Molto interessanti anche le relazioni dei responsabili di due corpi di polizia locale esteri. Non ultimo, il forum si è distinto anche per la qualità degli studi della Fondazione Filippo Caracciolo, diretta dall’onorevole Michele Giardiello e presieduta da Ascanio Rozera, segretario generale dell’ACI. Studi che si sono tradotti in tre volumi. Un materiale conoscitivo, frutto di un anno di lavoro, che come ha sottolineato Enrico Gelpi viene messo a disposizione «di chi è chiamato istituzionalmente a decidere sui grandi temi che ruotano intorno al ruolo delle polizie locali, soprattutto in termine di formazione, specializzazione, risorse e organizzazione». E proprio questi sono stati i temi centrali su cui si è sviluppato il dibattito. Sono molti infatti a chiedersi il perché l’ACI abbia organizzato questo secondo confronto con un corpo che, come avverte il generale Aldo Zanetti, una vita spesa nella polizia locale, «nella hit parade del gradimento dei cittadini contende l’ultimo posto alla Guardia di finanza». La risposta l’ha data il presidente Gelpi: «Attraverso l’ACI, che rappresenta e tutela la persona che si muove, vogliamo avvicinare questo mondo, così importante per i cittadini automobilisti, in un modo più corretto e più moderno rispetto al tradizionale rapporto che conosciamo». Basta, insomma, con pregiudizi e stereotipi. Un ascolto e un confronto sono doverosi e necessari, perché questi agenti sono fra gli attori più importanti della sicurezza stradale. E sono anni, ormai, che chiedono una riforma ora forse in dirittura d’arrivo - che non solo ne riveda l’organizzazione e il ruolo, ma conferisca loro poteri, dotazioni, risorse, una formazione e una specializzazione uguali a quelli dei loro colleghi europei. È nell’interesse ge- nerale, quindi, avere anche in Italia una polizia locale più moderna. Con i comandi l’ACI collabora già, a livello nazionale e locale. Un importante settore di cooperazione è, per esempio, l’infomobilità, «strumento non solo di prevenzione degli incidenti stradali, ma anche di governo e gestione della mobilità cittadina», ha sottolineato il presidente Gelpi. Che ha voluto segnalare anche l’esperienza di Luce Verde, la centrale di infomobilità realizzata dall’ACI e dalla polizia municipale di Roma, che «sta contribuendo al miglioramento delle condizioni del traffico e della congestione della capitale». Certo, fra i compiti della polizia locale c’è anche quello di sanzionare i comportamenti scorretti. Un tema spinoso e insidioso che l’Automobile Club d’Italia ha voluto affrontare nella massima trasparenza, senza reticenze. I dati raccolti dall’ACI dicono che il numero delle multe nelle città è salito del 7,9%: dagli 11.719.636 verbali del 2007 ai 12.642.100 del 2008. «Sembra un numero spropositato», ha commentato Gelpi, «ma se andiamo a vedere nel dettaglio, la maggior parte delle multe, quasi 8,5 milioni su 12,5 milioni, sono dovute a violazioni che riguardano l’accesso alle città, alle zone a traffico limitato, ai divieti di sosta. Quindi da un lato non sono particolarmente rilevanti per quanto riguarda l’aspetto dell’incidentalità stradale, e dall’altro rivelano la grande difficoltà di circolazione nei centri urbani». Eppure i sinistri avvengono soprattutto in città. Scontri che devono essere il più possibile evitati. Ed è per questo che per l’ACI diventa fondamentale intensificare l’attività di controllo delle polizie locali proprio in funzione di prevenzione degli incidenti, «e non solo della repressione». Così come le multe devono «incrementare la sicurezza, e non le entrate locali». I dati, al momento, non lasciano tranquilli. Il 44,6% dei Comuni più piccoli, infatti, ha almeno un autovelox; ma solo il 7% è dotato di un etilometro. Da qui l’invito di Gelpi, che a Riva del Gar- da ha richiesto di «rinnovare le dotazioni dei comandi». Servono i soldi, per questo. E proprio a proposito di risorse, il presidente Gelpi è voluto tornare su un cavallo di battaglia dell’ACI. Che ha chiesto più volte di «rafforzare una norma che peraltro esiste già nel Codice della Strada: l’articolo 208, che prevede l’obbligo di comunicazione da parte dei Comuni (oggi solo di quelli sopra i 10mila abitanti) del numero delle contravvenzioni e degli importi ricavati dalle infrazioni». «Ma soprattutto», ha sottolineato Gelpi, «l’obbligo di destinare il 50% di questi proventi a opere che migliorano la sicurezza stradale. È una norma solo programmatica, nel senso che non ha applicazione pratica. Così molti Comuni, soprattutto quelli piccoli, utilizzano la leva delle sanzioni per far quadrare i loro bilanci e non per intervenire davvero sulla prevenzione degli incidenti». Che fare, allora? «La nostra proposta è quella di rendere obbligatoria non solo la pubblicazione del numero delle sanzioni, ma anche la destinazione di una parte delle risorse ottenute dai Comuni con le multe». E chi non si attiene a queste regole? «Bisogna prevedere sanzioni che possono essere di tipo economico, o concretizzarsi in minori trasferimenti da parte dello Stato. Perché se il Codice della Strada deve valere, deve valere per tutti. Quindi anche per i Comuni». Per prevenire gli incidenti, non bastano però etilometri, tutor, telecamere e autovelox. Bisogna conoscere quali sono i fenomeni da combattere. E «su questo piano c’è ancora molto da fare», ha precisato il presidente dell’ACI. Per questo ha ripresentato una richiesta già formulata lo scorso anno, nella prima edizione del Forum, e che trova l’adesione delle polizie locali: l’istituzione di una banca dati efficiente, attraverso la quale possano essere scambiate le informazione fra i comandi sul “pianeta sanzioni”. Un’esigenza che si sta rilevando prioritaria so- 17 LUGLIO-AGOSTO 2009 | AUTOMOBILE SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali prattutto a livello europeo. La difficoltà nello scambio dei dati tra le polizie nazionali della Ue, infatti, impedisce che le sanzioni siano effettivamente riscosse per le infrazioni compiute da automobilisti e camionisti di uno Stato diverso. «Molte contravvenzioni, anche per violazioni gravi al Codice della strada, commesse da cittadini stranieri in Italia, non vengono pagate». E per entrare nel concreto Gelpi, alla presenza del ministro Maroni, ha parlato di una realtà che entrambi conoscono bene, cioè la trafficata autostrada che attraversa le province di Como e di Varese. «Qui spesso vengono commesse infrazioni anche gravi da parte di conducenti di camion e di auto stranieri. Ma le sanzioni rimangono lettera morta, perché se non sono contestate ed eseguite sul posto, poi c’è una difficoltà enorme da parte dei Comuni e delle Province per recuperare i soldi all’estero». Dove invece la situazione, in fatto di riscossione delle multe, è migliore. Infatti, ha ricordato il presidente dell’ACI, «noi italiani quando andiamo oltre le Alpi ci rendiamo conto che le sanzioni le dobbiamo pagare, altrimenti ci rincorrono anche quando torniamo a casa. Chiediamo almeno una sorta di reciprocità sotto questo aspetto». Sul tema delle multe non riscosse, Gelpi ha ri- cordato che c’è una Direttiva in discussione al Parlamento europeo, che però «non è ancora risolutiva». Prevede che la cooperazione internazionale sia limitata a sole quattro infrazioni ritenute particolarmente pericolose: eccesso di velocità, guida in stato d’ebbrezza, mancato uso delle cinture e passaggio con il semaforo rosso. «È un buon segnale, un buon inizio. Ma non è sufficiente». Il tema della banca dati nazionale e di un coordinamento internazionale fra le polizie locali ha offerto l’occasione a Enrico Gelpi per lanciare una proposta concreta, di buon senso, realizzabile e rivoluzionaria, che va nella direzione di prevenire gli incidenti stradali: un Codice della Strada europeo. Oggi ci sono regole e sanzioni diverse da Paese a Paese. «E molte infrazioni commesse da turisti stranieri sono infatti imputabili proprio alla eterogeneità delle normative». Quindi servono regole comuni condivise: stessa segnaletica, uguale sistema sanzionatorio «applicabile anche nello Stato di residenza dei contravventori, indipendentemente da dove questa violazione viene commessa». E sulla necessità di varare un Codice della Strada europeo, il presidente dell’ACI non ha intenzione di demordere. Anzi. Lo ha preannunciato a Riva del Garda: «Ci adopereremo a ogni livello istituzionale affinché L’ONOREVOLE ALFREDO MANTOVANO (A SINISTRA) E ASCANIO ROZERA, SEGRETARIO GENERALE DELL’ACI. 18 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 le nostre proposte siano discusse nella prima Conferenza interministeriale mondiale sulla Sicurezza stradale che si terrà a novembre a Mosca, e i cui risultati saranno presentati all’Assemblea generale delle Nazioni Unite», ha ribadito. La sicurezza stradale, infatti, non è un tema solo italiano ed europeo: ma un’emergenza internazionale. Lo sostengono i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo la quale gli incidenti sulle strade saranno, entro il 2015, la prima causa di morte e disabilità per i bambini sopra i cinque anni. Per combattere questo fenomeno, ha rimarcato il presidente Gelpi, «serve un impegno forte anche in termini di risorse finanziarie». Tutti gli sforzi dei singoli Stati vanno in questa direzione. L’Italia sta rivedendo il Codice della Strada con provvedimenti del Parlamento e del Governo, i quali «mi piace ricordarlo, recepiscono anche le proposte dell’ACI contenute nel Manifesto degli Automobilisti 2008, preparato in occasione delle ultime elezioni politiche. E tra queste proposte c’è anche la destinazione dei proventi delle contravvenzioni a favore della sicurezza stradale». Sempre nel nostro Paese, ha ricordato il presidente dell’ACI, ai primi di maggio c’è stata la presentazione a Roma del secondo Rapporto sulla sicurezza stradale globale. A parlarne per conto di Fia Foundation è stato Lord George Robertson, che della Commissione per la sicurezza stradale globale è presidente. E l’Italia è stata l’unica tappa europea in cui questa iniziativa ha trovato spazio. «Mi piace ricordare l’impegno che ha avuto in questo senso il presidente di Fia Foundation, Saro Alessi: ha voluto che la presentazione si svolgesse proprio nel nostro Paese». Si è trattato di un momento di preparazione di quella Conferenza interministeriale mondiale che si terrà a Mosca, come ha ricordato Gelpi. Il quale si è augurato che il governo italiano supporti l’iniziativa in modo tale che l’Italia sia il Paese promotore di una campagna seria a favore della sicurezza stradale. «Ritengo che per l’Italia sarebbe un motivo di grande soddisfazione, se a Mosca potesse essere annunciato l’intendimento di Bruxelles di pervenire alla realizzazione di un Codice della strada europeo». L’ACI ce la metterà tutta. Tanti temi sul tappeto sono stati ridiscussi, a più riprese, da altri relatori. Anche il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ritiene che sia utile «pervenire a una legislazione europea più omogenea possibile, che sarebbe la base poi per risolvere tanti problemi minori». E ha ricordato che il governo si è impegnato - e si sta impegnando - per combattere le infrazioni più pericolose in fatto di circolazione. Da quando è iniziata la nuova legislatura infatti, ha sottolineato il sottosegretario, «ci sono state modifiche significative, che hanno ele- SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali vato il tetto sanzionatorio per l’omicidio colposo e per le lesioni colpose quando vengono causate in particolare dall’uso spropositato di alcol». Questi cambiamenti hanno colpito soprattutto chi al volante fa uso di sostanze stupefacenti e alcoliche. Altre norme ancora più incisive sono contenute all’interno del disegno di legge già approvato dalla Camera. Mantovano ha quindi rimarcato come da tempo il ruolo della polizia locale non sia più rubricato al livello di una polizia di serie B, ma di un corpo di polizia dalle competenze differenti rispetto agli altri. «Come la Guardia di finanza si occupa in modo particolare della criminalità economica - ma è un corpo di polizia a tutti gli effetti -, allo stesso modo la polizia locale non è più chiamata solo a compiti di prevenzione e di contrasto per quanto riguarda le violazioni della sicurezza stradale: ma è chiamata anche a contrastare, per la sua parte, l’immigrazione clandestina e vari fenomeni di degrado urbano». Il salto di qualità c’è stato con il riconoscimento al sindaco del potere di sicurezza urbana. E quindi anche la polizia locale è stata chiamata «a un ruolo di sorveglianza, di applicazione e di controllo molto più ampio». A questo punto per il sottosegretario Mantovano non ci sono più dubbi: «Serve una chiarezza normativa sull’identità della polizia locale». Argomento che si sta discutendo al Senato sul testo di una legge quadro. Ma ha anche voluto precisare, non per smorzare facili entusiasmi quanto per realismo, che quello «varato dal Parlamento sarà un testo di principi, perché poi per la competenza che ricade sulle regioni andrà riempito di contenuti specifici, identificati territorio per territorio. Mi auguro che questo passaggio avvenga in tempi rapidi». E poi c’è il problema della formazione della polizia locale. La sua importanza l’aveva già evidenziata il presidente dell’ACI, Enrico Gelpi. Alfredo Mantovano ha voluto rimarcarla. «È la chiave di volta, perché dà consapevolezza e padronanza del proprio ruolo». Casi positivi ci sono già: la formazione svolta dalla regione Lombardia, per esempio, ha dato ottimi effetti. Ci sono anche esperimenti avviati tra piccoli Comuni confinanti per ottimizzare le risorse e «fare in modo che si garantiscano servizi altrimenti inimmaginabili con l’organico di un solo piccolo Comune». Ma c’è un altro sforzo da compiere: rendersi conto «che la sicurezza non ha confini». E quindi si impone «un raccordo in termini di stretta collaborazione tra organismi di polizia che si muovono in una sfera transnazionale e organismi di polizia che si muovono in una sfera di rilievo territoriale anche molto circoscritta». Anche se riferita alle sanzioni, la richiesta del presidente dell’ACI di una banca dati nazionale va proprio in questa direzione. 20 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 Ma cosa vuol dire sicurezza? Per il sottosegretario all’Interno non è un «dato così soggettivo e variabile. Non condivido quando, a fronte di fatti anche molto gravi, mi si risponde citando le statistiche. Non possono essere la sola risposta. Soprattutto non è una risposta adeguata per elevare la percezione della sicurezza: alla quale concorre anche la lotta al degrado sociale e urbano. E questo chiama in causa direttamente la polizia locale». Che fino a oggi era un mondo misterioso, perché frammentato. Per conoscerlo davvero, sono utili gli studi approfonditi avviati dalla Fondazione Filippo Caracciolo. «Penso di poter dire», ha rimarcato con orgoglio il suo direttore, l’onorevole Michele Giardiello, «che presso la Fondazione vi è la prima e unica banca dati attendibile in questo Paese sul mondo delle polizie locali». E «chi ha il compito di governare l’Italia e di occuparsi dell’attività legislativa avrà spunti e notizie importanti per compiere meglio il proprio lavoro». La Fondazione, nel frattempo, il suo lavoro lo ha già fatto. E ottimo. Merito proprio di Giardiello e del suo staff, che hanno anche organizzato concretamente l’evento di Riva del Garda e che «realizzeranno tutti quelli che verranno in futuro». Lo ha riconosciuto il presidente della Fondazione Filippo Caracciolo, ENRICO GELPI: «PIÙ RISORSE PER LA SICUREZZA». Ascanio Rozera, segretario generale dell’ACI, che ha chiuso i lavori del Forum. Due gli aspetti strategici sottolineati. Il primo: l’impegno dell’ACI e dell’attuale sua amministrazione nel continuare a «puntare, investire e spendere in queste iniziative. Iniziative che non sono solo momenti d’incontro, di riflessione, di stimolo e di soddisfazione per gli operatori a vario livello che vi hanno partecipato». Il secondo: «L’evento è solo il momento in cui ci si incontra e ci si confronta. Ma poi, il giorno dopo, che cosa accade? Il nostro lavoro, per come lo intendiamo, comincia proprio il giorno dopo. Con la collaborazione di un mondo ACI intero, coeso, molto forte in questo momento, molto determinato, che intende dare agli eventi un’attuazione pratica». Ascanio Rozera ha tenuto a specificare ancora meglio questo secondo concetto: «Noi vogliamo realizzare iniziative vere, iniziative per la cittadinanza, d’interesse collettivo e comune per la sicurezza stradale, per la migliore collaborazione e integrazione fra tutte le forze in campo». Ma perché l’ACI si è voluta rivolgere al mondo delle polizie locali? Molti se lo sono chiesto. E Ascanio Rozera ha dato la risposta convincente: «Abbiamo fatto una scelta abbastanza ovvia: a chi bisognava rivolgersi per andare sul territorio nella maniera più capillare e articolata possibile, se non a chi sul territorio sta, a chi del territorio conosce tutto, e a chi per il territorio lavora? E l’ACI, nella sua organizzazione, è abbastanza speculare al mondo delle polizie locali: perché veramente “sta” sul territorio». Già iniziative comuni sono state realizzate in molte località fra l’ACI, le polizie locali e le polizie municipali. C’è quindi una lunga storia di rapporti e di collaborazione. Un patrimonio «che abbiamo deciso di tentare di organizzare, traendone delle basi su cui realizzare ulteriori iniziative: in questo senso vanno i discorsi sui Centri di guida sicura, l’educazione stradale, la promozione del ruolo delle Autonomie locali rispetto a tutte queste attività e finalità che, in fondo, sono dello Stato. Tutti, nell’ACI, siamo convinti di essere sulla strada giusta. E su questa strada intendiamo assolutamente continuare». Anche il successo della tre giorni di Riva del Garda significa che è stata trovata la formula giusta. E la chiave di volta è stata la Fondazione. «Abbiamo messo insieme il lato istituzionale dell’ACI», ha spiegato Ascanio Rozera, «con la capacità organizzativa di una struttura agile, dinamica, giovane, modernissima perché veramente esiste da poco. Abbiamo creato al nostro interno un mix di forze e di relazioni tali che oggi, con soddisfazione, possiamo accogliere il risultato di queste tre giornate in maniera assolutamente soddisfacente. Per noi è un punto di partenza». SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali di Pietro Verga La riforma non può attendere LO HA DETTO IL MINISTRO DELL’INTERNO, ROBERTO MARONI, SCATENANDO L’ENTUSIASMO DEI PRESENTI. E SPIEGANDO CHE IL GOVERNO PUNTA SULLA «SICUREZZA INTEGRATA» E HA TUTTA L’INTENZIONE DI FARE ANDARE IN PORTO LA LEGGE QUADRO DI CUI È RELATORE IL SENATORE MAURIZIO SAIA A lla fine, gli è stato tributato un fragoroso e caloroso applauso. Non solo perché, è stato sottolineato da più relatori, un ministro dell’Interno ha partecipato per la prima volta a un convegno sulle polizie locali (una presenza giudicata anche segno di grande cortesia e rispetto nei confronti di questo corpo). Ma soprattutto perché Roberto Maroni ha saputo esprimere quello che gli agenti si aspettavano che dicesse, ha toccato i nervi più scoperti, ha fatto suonare le corde giuste. E si è impegnato in loro favore. Ripetendolo più volte nel suo discorso a Riva del Garda. «Garantisco il sostegno del governo alle proposte di riforma della legge sulle Polizie locali» ha infatti promesso. E ha spiegato il motivo: «Mi convincono e sono coerenti con il modello di sicurezza che abbiamo definito». Un concetto sul quale ha intenzionalmente insistito: «Se lo ritenete e lo ritengono i promotori, mi farò parte attiva nei confronti dei presidenti di Camera e Senato delle Commissioni per arrivare a fare approvare la riforma. Non bisogna perdere tempo: prima si approva e meglio è». Perché altrimenti senza la riforma della Polizia locale, ha voluto ancora rimarcare il ministro Maroni, il modello di sicurezza integrata messo a punto dal governo risulta «zoppo». Proprio per la mancanza di «questo importantissimo tassello». Infine, dopo aver garantito che la riforma generale sull’ordinamento delle forze di polizia intende «completarla entro la fine della legislatura» (la legge attuale è la 121, datata ormai 1981), il ministro ha tenuto a precisare: «non farò nulla che sia in contrasto con le nuove competenze e le specificità della Polizia locale». Il messaggio, insomma, l’ha saputo lanciare e rilanciare proprio per dissipare qualsiasi dubbio e perplessità. E a questo punto è scattato il lungo applauso. Rassicurati gli agenti che operano a livello locale sulla volontà sua e del governo di condurre in porto la legge quadro della quale è relatore il senatore Maurizio Saia, il ministro dell’Interno ha spie- 22 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 gato anche in quale casella del futuro “puzzle” andrà a posizionarsi la polizia locale. La nuova strategia messa a punto dal Viminale è quella della sicurezza integrata. Un modello che non sarà definito, in modo centralistico e astratto, «in qualche sala del ministero dell’Interno», e neppure sarà deciso «nel Comitato provinciale o dai prefetti o dai questori. Non funziona così», ha specificato il ministro Maroni. E allora? Il concetto di base rimane quello del federalismo. Perché questo è il Paese. «L’Italia degli 8 mila comuni è l’Italia della diversità e della ricchezza» di ruoli e di competenze. «Non c’è un sistema unico che funziona a Bolzano, a Trento e a Caltanisetta: perché sono diverse le esigenze e le realtà, diverse sono le questioni che i cittadini pongono. E quindi le risposte devono essere differenziate». Lo stesso discorso vale per i «patti per la sicurezza» che sono stati sottoscritti in giro per l’Italia. Non possono diventare fotocopie che vanno bene per tutte le città proprio perché, come ha sottolineato Maroni, i bisogni e le richieste di sicurezza sono eterogenei. Il ministro, per entrare nel dettaglio, ha ricordato il «patto per la sicurezza» studiato per l’area del lago di Garda («che sperimenteremo in estate e, in caso di successo, estenderemo altrove»), coinvolgendo le regioni Lombardia e Veneto, la provincia autonoma di Trento, sindaci, polizia, carabinieri, guardia costiera. «Tutti insieme dentro un unico modello di sicurezza, definendo bene le competenze di ciascuno». Insomma, sicurezza integrata è uno schema concertato sui vari territori a seconda delle loro esigenze. Tre gli attori in campo: le Forze dell’ordine (polizia, carabinieri, guardia di finanza e tutto coloro che si occupano di ordine pubblico), l’ente locale con a capo il sindaco, e i cittadini. Sulle Forze dell’ordine non c’è altro da aggiungere perché fare sicurezza è il loro mestiere. La novità riguarda i poteri del sindaco. Con il decreto legge 125 dello scorso anno, al primo cittadino è conferita ENRICO GELPI (A SINISTRA) E ROBERTO MARONI. IL MINISTRO la totale responsabilità dell’ordine e della sicurezza nel suo comune e, quindi, può utilizzare «gli strumenti che ci sono»: la polizia locale, senza dubbio, ma anche «le forze dell’ordine, coordinandole con il prefetto e il questore». Infine ci sono i cittadini, che vogliono partecipare al controllo del territorio: sono loro il terzo pilastro della sicurezza integrata. Il ministro Maroni aveva deciso di non chiamarle più “ronde” per- DELL’INTERNO HA COMMENTATO CHE L’ITALIA È L’UNICO ché «ha un significato negativo», ma “associazioni di cittadini”. Poi, però, ha pensato che fosse giusto continuare a definirle “ronde”. «Così si esorcizza questo significato negativo e si dà l’idea di una cosa ben certa e chiara per i cittadini». E a proposito di “ronde”, il Viminale ha svolto un’indagine e una verifica in tutta Italia su queste iniziative «più o meno sporadiche e occasionali». E si è trovato davanti al fenomeno delle “ron- PAESE EUROPEO CON CINQUE FORZE DI POLIZIA SEPARATE. de fai-da-te”. «Abbiamo visto», ha raccontato il ministro dell’Interno, «che ognuno fa quello che vuole: si mette un berretto, una pettorina, una divisa, gira di notte o di giorno, di qua e di là; tutto è assolutamente fuori controllo». E allora il governo è intervenuto non per autorizzare le ronde, dal momento che è favorevole alle aggregazioni di cittadini che vogliono organizzarsi in associazioni per proteggere i loro territori («che non è la lotta alla criminalità organizzata, ci mancherebbe altro!»), ma regolamentandole. Infatti queste organizzazioni «devono essere verificate dal prefetto, dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, e devono avere determinati requisiti». Per essere ancora più chiaro, Maroni aggiunge che «si privilegiano le associazioni formate da chi ha svolto nella sua professione attività di questo tipo: quindi poliziotti, carabinieri, agenti di polizia locale, militari, eccetera. E il sindaco, nell’ambito di un piano di controllo del territorio, deve scrivere e approvare. Può, se vuole, utilizzare queste associazioni». Questi tre attori, coordinati fra loro, devono dare risposte più efficienti ed efficaci «alle richieste di sicurezza che vengono dai cittadini di ogni singola città e di ogni singolo quartiere». Ecco perché il modello di sicurezza integrata disegnato dal Viminale non può valere dal Nord al Sud della penisola, ma deve soddisfare «le richieste di sicurezza che vengono dai cittadini di ogni singola città e di ogni singolo quartiere». Il ministro dell’Interno ha ribattuto più volte questo concetto, in modo da non essere frainteso. Così come ha usato frasi inequivocabili per quanto riguarda l’altra grande questione: la riforma organica delle forze di polizia. Anche se Maroni ha voluto mettere le mani avanti affermando di non volere «anticipare nulla perché ci sono tante idee e proposte diverse», un progetto l’ha illustrato. È un’idea forte. «Dico solo che ho studiato a fondo i nuovi modelli organizzativi di tutti i Paesi europei che vanno nel senso di una concentrazione delle forze di polizia, di un coordinamento stretto. Anzi di un’eliminazione dei corpi esistenti, per prevedere un sistema omogeneo che funzioni». Perché questa rivoluzione? Il ministro l’ha spiegata così: «L’Italia è l’unico Paese ormai che ha cinque forze di polizia separate. Questo comporta maggiori spese, diseconomie, utilizzo di uomini e donne nel modo sbagliato, sovrapposizioni di compiti e di competenze». E ancora: «Non è vero che l’Italia ha un numero di forze dell’ordine insufficiente: siamo sopra la media come numero di poliziotti rispetto agli abitanti. Bisogna organizzare meglio gli uomini e le strutture che abbiamo, bisogna risparmiare risorse da investire nella sicurezza». Non solo un ministro dell’Interno ha partecipato per la prima volta a un convegno delle polizie locali, ma ha saputo (e voluto) anche stupire e sorprendere. Con un intervento che non è stato certo di circostanza. 23 LUGLIO-AGOSTO 2009 | AUTOMOBILE SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali Ricominciamo da tre TANTI SONO STATI GLI STUDI PRESENTATI DALLA FONDAZIONE ACI FILIPPO CARACCIOLO. RICERCHE CHE HANNO «FATTO LA RADIOGRAFIA» AI COMANDI, METTENDO A CONFRONTO TANTE REALTÀ DIVERSE. E CHE POSSONO ESSERE UN’OTTIMA BASE DI PARTENZA PER RINNOVARE, MIGLIORARE, AMPLIARE IL RUOLO DEI CORPI MUNICIPALI MICHELE GIARDIELLO È DIRETTORE DELLA FONDAZIONE ACI FILIPPO CARACCIOLO. 24 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 di Federica Rullo P anorama d’eccezione, con vista sul lago, per il secondo Forum Internazionale delle Polizie Locali a Riva del Garda, che è stato per la Fondazione Filippo Caracciolo un’importante vetrina. Anche questa volta infatti la Fondazione ha presentato i propri studi sulle Polizie Locali. Stimolando dibattiti, curiosità, riflessioni. I mesi precedenti il Forum sono stati d’intenso lavoro. Tanto per fare un paragone sportivo, sono stati un po’ come l'allenamento duro e incessante di quei ciclisti che - per poter partecipare in primavera al Giro d’Italia - non conoscono amici né famiglia durante tutto l'inverno. E poi magari riescono ad arrivare in maglia rosa a Roma. Lo stesso è stato appunto per la Fondazione Filippo Caracciolo, dove tutto il team di collaboratori si è messo in gioco, per rispondere in punta di fioretto alla scommessa lanciata dall’ACI nazionale. I tre studi presentati sono stati davvero il fulcro della tre giorni di Riva del Garda, e hanno offerto la possibilità di conoscere una realtà in cui l’Automobile Club d’Italia sta investendo già da diversi anni, con lo scopo di farla diventare un fiore all'occhiello per l'ente stesso e un’eccellenza nel panorama scientifico nazionale. Il primo studio, quello che ha aperto la prima giornata di dibattiti, era centrato sulla cooperazione internazionale e la sicurezza stradale. Aveva come focus il monitoraggio della Polizia Locale Italiana in rapporto a significative realtà europee. Dopo avere inviato uno specifico questionario ai comandi delle capitali dei Paesi Ue (con 14 risposte su 26 invii), sono emerse subito una difformità evidente e una grande variabilità organizzativa tra i singoli corpi. Tanto per dirne una, le funzioni coperte dalla Polizia Municipale italiana vengono ripartite fra tre differenti autorità a Bucarest; al contrario, sono ampliate a Stoccolma comprendendo altre attività che vanno dalla protezione ambientale alle scorte. I relatori che si sono alternati sul palco non hanno quindi potuto confrontarsi in modo omogeneo, e hanno fatto emergere l’esigenza di una normativa di riferimento a livello comunitario. Tuttavia, è vero anche che le differenze di organizzazione molto spesso sono legate a difformità di tipo sociale e culturale, che hanno determinato diverse interpretazioni del viver comune. Il secondo studio, presentato il giorno seguente, aveva come scopo quello di specificare e ampliare il lavoro presentato dalla Fondazione lo scorso anno nella stessa sede. La finalità immediata del centro studi Caracciolo era, oltre all'aggiornamento dei dati, quella di coinvolgere i comandi dei comuni non capoluogo di provincia con popolazione superiore a 20 mila abitanti. L’idea di partenza era quella che queste realtà costituissero un «gruppo di studio» omogeo. E così è stato. I risultati ottenuti hanno infatti confermato come sia maggiore l'omogeneità logistica e organizzativa tra comuni con popolazioni numericamente simili, piuttosto che quella tra comuni capoluogo o tra comuni non capoluogo. L'ultimo studio, presentato nella giornata conclusiva, ha rappresentato la maggiore scommessa per la Fondazione e i suoi collaboratori. Infatti prendendo in considerazione la realtà degli operatori di Polizia Locale dei piccolissimi comuni italiani - quelli con meno di 5 mila abitanti - si è voluto indagare l’autentico patrimonio del Bel Paese. Luoghi dove ancora si sente parlare dialetto; dove si seguono le tradizioni tramandate dagli avi; dove il tempo scorre lentamente. In tutto, si tratta di circa 8 mila Comuni su cui la nostra Polizia Municipale «vigila». E gli abitanti hanno come punto di riferimento per ogni esigenza proprio gli agenti. Quegli uomini che sanno tutto dei propri cittadini perché vivono con loro, conoscono i luoghi, le problematiche, le esigenze di ciascuno. Grazie alla preziosa collaborazione offerta dall'Anvu (Associazione Nazionale della Polizia Locale), è stato quindi possibile elaborare e distribuire un questionario a un campione di 100 comandi, scelti secondo una distribuzione territoriale rappresentativa delle difformità del territorio italiano. La consapevolezza di essere il primo centro studi a dedicare una ricerca a siffatte realtà, ha fatto sì che si operasse con determinate dinamiche. Si è messo da parte l'aspetto di indagine statistica, per concentrarsi sulle problematiche economiche, mediatiche e sociologiche che affliggono i piccoli comuni. Quindi sulla difficoltà di comunicazione tra potere politico - locale e nazionale - e corpo di Polizia Municipale del comune stesso. Dai risultati dello studio è emerso che esiste da parte degli operatori di Polizia Locale dei piccolissimi comuni una fortissima volontà di associarsi tra di loro. Questo anche per implementare la qualità dei servizi in momenti particolari dell’anno. In conclusione, i lavori di Riva del Garda hanno dato la possibilità per la prima volta alle organizzazioni di Polizia Locale presenti sul territorio di dibattere e di confrontarsi tra di loro, nonché di potersi rapportare direttamente ai rappresentanti del potere esecutivo e legislativo presenti alla tre giorni. Si è cercato di analizzare le condizioni attuali di questo corpo di Polizia per intervenire sul futuro, e dunque cercare di abbassare drasticamente il livello di pericolosità sulle strade. È emerso anche che la Polizia Municipale soffre di carenze strutturali e vuoti legislativi, che in parte possono essere ricondotti a una previsione normativa risalente a circa 23 anni fa (Legge Quadro sull’ordinamento della Polizia Municipale 7 marzo 1986, n.65). I personaggi illustri che l'ACI e la Fondazione Filippo Caracciolo hanno messo insieme in un'unica sede per quasi 72 ore non si sono limitati a parlare e discutere. Ma hanno anche preso impegni tangibili per innalzare, concretizzare, rinnovare, migliorare, specificare, ampliare il ruolo della Polizia Locale. 25 LUGLIO-AGOSTO 2009 | AUTOMOBILE SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali Figli di un Corpo minore PER MAURIZIO SAIA (NEL RIQUADRO) LA PRIMA LEVA DEL CAMBIAMENTO STA NELLA SELEZIONE DEL PERSONALE E NELLA FORMAZIONE. NON SI CHIAMANO NEMMENO PIÙ VIGILI. MA NONOSTANTE OGGI SIANO A TUTTI GLI EFFETTI AGENTI DI POLIZIA GIUDIZIARIA, CON MANSIONI MOLTO PIÙ COMPLESSE DI UN TEMPO, SONO ANCORA IN ATTESA DELLA RIFORMA CHE SANCISCA LE NUOVE REGOLE DELLA PROFESSIONE. COME SPIEGA MAURIZIO SAIA, SENATORE PDL CHE HA FIRMATO UN DISEGNO DI LEGGE QUADRO 26 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 di Marina Fanara S indaci, amministratori e gli stessi cittadini pretendono da loro sicurezza a tutto campo: prevenzione degli incidenti, controllo dei campi rom, lotta al commercio abusivo, alla prostituzione e all’immigrazione clandestina. Pure in caso di beghe familiari, sfratti e liti condominiali, sono tenuti a intervenire. Il mondo è cambiato, e in materia di sicurezza molti politici si giocano la reputazione. Per questo gli ex vigili urbani, un esercito di 60 mila uomini sparsi negli oltre 8 mila Comuni d’Italia, dove fino a trent’anni fa dovevano occuparsi solo di controllare il traffico, hanno cambiato pelle. Oggi sono loro richieste molte più mansioni, funzioni e responsabilità. Intanto non si chiamano nemmeno più vigili: ma agenti di Polizia locale, o di Polizia municipale, o di polizia Provinciale, dipende dalle zone. La vera mutazione, però, consiste nel fatto che si sono trasformati in agenti di polizia giudiziaria a tutti gli effetti. Peccato che la legge che regola il settore non abbia tenuto il passo coi tempi. L’ultima norma risale al 1986, e da almeno 11 anni diversi legislatori tentano invano di varare per loro un nuovo apparato giuridico. La più recente iniziativa parlamentare porta la firma del senatore Maurizio Saia che, dalle fila del Partito delle libertà, è relatore di un disegno di legge quadro sulla polizia locale. La proposta Saia segue di poco un altro progetto di riforma: ne è correlatore il senatore diessino Giuliano Barbolini, ma si tratta di un testo simile nei contenuti alla proposta Pdl. «È il quarto provvedimento che presentiamo in Parlamento confessa il senatore Saia - e non abbiamo certo problemi di convergenza con l’opposizione. Anzi stiamo lavorando per giungere a un testo condiviso». Condiviso su quali obiettivi? «Il problema è definire i nuovi compiti della polizia locale. Decidiamo e mettiamo questi uomini in condizione di lavorare come tutti gli altri poliziotti. Sarebbe già un passo D • Da vigili urbani a poliziotti locali. Un bel cambiamento. La riforma da dove dovrebbe iniziare? R • «Dalla formazione. Anzi, ancora prima: dalla selezione del personale. Chi vuole diventare un agente di polizia locale deve mettersi in testa che non sta cercando un posto fisso, un lavoro d’ufficio, di quelli in cui alle otto di sera si torna a casa e il weekend è libero. Lo hanno deciso i cittadini, che vogliono agenti di polizia sulla strada e non impiegati comunali. E allora mi chiedo: abbiamo passato tempo a discutere di poliziotto di quartiere. Perché inventarsi nuove figure, quando già esistono le polizie di prossimità che non sono altro che le polizie locali? La riforma deve iniziare da qui: la polizia locale che svolge funzioni di polizia giudiziaria deve disporre di uomini che presentano determinati requisiti psico-fisici, attitudinali, e che sono obbligati a una formazione tipica da poliziotto e a corsi di aggiornamento professionale integrati con gli operatori della polizia di Stato e con gli altri operatori pubblici che collaborano allo sviluppo di politiche per la sicurezza. Le Regioni dovranno istituire scuole ad hoc». D • Non c’è il rischio di creare sovrapposizioni con le Forze di polizia tradizionali? R • «No, se c’è integrazione tra i comandi dei diversi corpi. Già accade nelle realtà metropolitane più grandi e più strutturate, ma purtroppo la collaborazione è ancora su base volontaria. Uno dei principi generali cui si ispira la riforma è proprio questo: promuovere politiche integrate per la sicurezza. La sfida è: federalismo della sicurezza. Dove un modello di polizia locale e uno di polizia federale - come già accade all’este- FOTO AGENZIA CONTRASTO avanti». Maurizio Saia ha partecipato al Forum di Riva del Garda per ribadire la necessità di una riforma attesa da vent’anni. E che dovrà dettare nuove regole in materia di professione e formazione, contratto, armamento e accesso ai dati. Ne parla in questa intervista. ro - possano interagire tra loro, con competenze simili anche se a livelli e in ambiti territoriali distinti. Per intenderci: la polizia locale interviene per fermare un piccolo spacciatore; poi, per sgominare la grande organizzazione dedita al commercio illegale degli stupefacenti, entrano in gioco la polizia di Stato o i carabinieri. Insomma quella polizia federale di cui parlavamo prima, e che deve occuparsi di contrasto alla criminalità, di mafia, di ordine pubblico generale». D • Eppure, la maggior parte della gente quando chiama un poliziotto o i carabinieri, sa benissimo a chi si sta rivolgendo. Si può dire la stessa cosa per la polizia locale? R • «Credo proprio di no: sono convinto che la maggioranza dei cittadini associ la polizia locale alle multe per divieto di sosta, o per lo meno a vigili che hanno cambiato nome e si occupano al massimo di sicurezza stradale. Infatti il problema rimane quello di chiarire e ufficializzare il ruolo di questi operatori. Insisto: oggi la polizia locale è figlia di nessuno, risponde per certi versi al ministero dell’Interno, per altri alla Funzione pubblica, per altri ancora ai Trasporti. Serve centralità». D • Rimane però il fatto che questi agenti dipendono dalle amministrazioni locali. Come la mettiamo con il potere e le decisioni dei sindaci? R • «Giusto. È un altro fattore, questo, che alimenta la confusione di ruoli e competenze. E che va affrontato su due livelli: operativo e contrattuale. Primo punto: l’indipendenza del comandante dal cambio del sindaco. Oggi ad ogni rinnovo di giunta viene rivisto il vertice della polizia locale. Perché? Non può essere una questione di partito, e certo la Polizia locale non è la scorta personale del sindaco. Ma è ancora più grave che l’amministrazione locale detti legge sull’attività contravvenzionale degli agenti». D • In che senso? R • «Bisogna parlarne di questa faccenda: staccare multe è la prin- 27 LUGLIO-AGOSTO 2009 | AUTOMOBILE F O T O R O M A N A ROCCO SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali GIÀ QUATTRO TESTI DI RIFORMA SONO STATI PRESENTATI IN PARLAMENTO. SARÀ LA VOLTA BUONA? cipale attività di molti comandi di polizia municipale. Occorre eliminare dal bilancio previsionale del Comune l’obbligatorietà di indicare il numero di multe che gli agenti dovranno staccare e i cui introiti diventano una voce importante e garantita di risorse per le casse comunali. Come si può ipotizzare in anticipo quante infrazioni al Codice della strada compiono i cittadini? Con maggiori controlli da parte degli agenti, le multe invece dovrebbero diminuire. Altrimenti rimangono, appunto, solo una facile fonte di guadagno. Altro che sicurezza! Si dice che la polizia municipale non debba piazzare gli autovelox sulle strade extraurbane o sulle tangenziali. Io dico che bisogna trovare strumenti efficaci per evitare le follie di alcuni politici locali. E comunque non può essere il sindaco a stabilire dove fare questi accertamenti: semmai è il comandante a decidere quali sono i punti della rete di competenza comunale o provinciale più a rischio, e che quindi vanno controllati. Altrimenti non ci scandalizziamo di certi fatti di cronaca sull’uso irregolare di alcuni strumenti elettronici che producono montagne di contravvenzioni fasulle ai danni degli ignari automobilisti». D • Quindi, lei è d’accordo sull’obbligo da parte dei Comuni di spendere la metà degli introiti delle multe per la sicurezza stradale, pena pesanti sanzioni? R • «Certo. Ma di questo si sta occupando la riforma del Codice della strada». 28 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 D • Il progetto di Legge quadro intende stabilire pari dignità professionale tra le Forze di polizia locale e quelle tradizionali. Lei accennava anche a un diverso contratto. R • «È uno dei pilastri della riforma. Il rapporto di lavoro degli addetti alla polizia locale deve essere disciplinato dai contratti collettivi nazionali pubblici esclusivi per gli operatori del settore, anche se incardinato negli enti locali. Ma deve essere distinto. È ridicolo che agenti di polizia siano inquadrati come dipendenti comunali, impiegati dell’anagrafe o del settore urbanistica: servono regole che stabiliscano in maniera ferrea le medesime misure previdenziali, assistenziali e infortunistiche previste per le altre Forze dell’ordine pubbliche. Comprese le indennità per il lavoro notturno, serale, festivo. Le strade vanno pattugliate 24 ore su 24, e non solo in orario di ufficio». D • Armati solo a metà, dicono di se stessi gli agenti, e non possono neanche usare i dissuasori come gli altri poliziotti. R • «Infatti la riforma prevede che gli agenti, i sottufficiali, gli ufficiali e i comandanti di polizia locale portino senza licenza le armi. Ovviamente, previa dimostrazione dei requisiti psico-fisici previsti per il porto d’armi e di un’adeguata abilitazione. Ma sono previste anche dotazioni come manganelli e spray antiaggressione. E dirò di più. Ci sarà uniformità a livello di divise, perché gli agenti di polizia locale devono essere identificabili in ogni parte d’Italia, dalle Alpi alla punta dello stivale, al di là delle mostrine e degli stemmi del Comune d’appartenenza. Altrettanta uniformità per quanto attiene i veicoli delle pattuglie e una maggiore dotazione di strumenti elettronici di controllo. Che non significa autovelox, ma anche e soprattutto etilometri. La proposta stabilisce pure un unico numero di telefono di pronto intervento da contattare in tutta Italia. Sarà di tre cifre come quello della polizia e dei carabinieri». D • Polizia a tutti gli effetti. Ma c’è dell’altro che fa andare su tutte le furia la categoria: gli agenti che operano in ambito locale non hanno la possibilità di accedere alle banche dati per l’identificazione. Dicono che questo impedisce loro un capillare controllo del territorio. R • «È vero. Se una pattuglia ferma un’auto, deve chiedere informazioni alla polizia oppure ai carabinieri per poter sapere chi si trova di fronte. Magari al volante c’è un pregiudicato, uno che gira sotto falsa identità, un pericoloso delinquente. Ma non è possibile interrogare direttamente il cervellone per ottenere queste notizie in tempo reale. Il progetto di legge estenderà anche alla polizia locale l’accesso immediato alle informazioni che servono per il controllo delle persone e del territorio. È un fattore che rientra nel concetto di coordinamento dei dati tra polizie locali e centrali. Nessun rischio di sovrapposizione, lo giuro! La Polizia locale non vuole assumersi la parte di Rambo. Basta, però, con i pregiudizi sulla divisa. Siamo l’unico Paese che ha un numero così alto di Forze dell’ordine: sono cinque, e tutte separate. Eppure c’è la convinzione che ci siano pochi uomini a tutelare la sicurezza pubblica. Il ministro Roberto Maroni lo ha detto senza peli sulla lingua: concentrare e uniformare tutti i Corpi, altrimenti il cittadino è disorientato». D • Il ministro dell’Interno ha anche fatto un’altra promessa: appena sarà passato il piano sulla sicurezza, farà personalmente pressione sui presidenti delle Camere per accelerare la riforma della polizia locale. Finalmente? R • «Dopo quattro testi presentati in Parlamento, mi sono abituato ormai a tenere i piedi per terra. Ma devo anche riconoscere che in tre legislature un ministro dell’Interno non si era mai pronunciato in maniera così incisiva sulla materia. Forse stiamo davvero per uscire dalla zona grigia. Un passaggio epocale. I cittadini fanno ancora confusione, nell’immaginario collettivo rimane impressa l’immagine del vigile esattore delle multe. Ha ragione il presidente Gelpi: più controlli, e sanzioni non per fare cassa ma per aumentare la sicurezza. La gente oggi ha bisogno di questo». SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali di Sergio Cuti Stanchi di «vigilare» PER ALDO ZANETTI (NEL RIQUADRO), IL MONDO È CAMBIATO. ORA È AL SINDACO CHE I CITTADINI CHIEDONO RISPOSTE CONTRO DEGRADO E CRIMINALITÀ. E LUI DEVE DISPORRE DI SOLO LA RIFORMA DEL CORPO POTREBBE DARE FINALMENTE DIGNITÀ ALLE FIGURE DEI POLIZIOTTI LOCALI. CHE A DIFFERENZA DI QUANTO ACCADE NEGLI ALTRI PAESI, HANNO UN RUOLO POCO CHIARO E SOGGETTO A TROPPE LIMITAZIONI. «GUARDIAMO OLTRE CONFINE, E PRENDIAMO ESEMPIO», HA ESORTATO ALDO ZANETTI, OGGI DIRETTORE DEL PROGETTO SPECIALE INTERVENTI IN MATERIA DI SICUREZZA DELLA PROVINCIA DI TRENTO. «E SOPRATTUTTO, PUNTIAMO SULLA TECNOLOGIA» 30 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 N on vogliono più essere considerati vigili urbani. Bollati come «la Polstrada di serie B» o come «quelli che si limitano a infliggere le multe». Né, tanto meno, si mettono sullo stesso piano degli impiegati comunali. No. Loro si sentono «poliziotti a tutti gli effetti». Perché queste sono le funzioni che svolgono da tempo. Certo, non ancora riconosciute. Per ufficializzarle, dal punto di vista giuridico, basterebbe che entrasse in vigore la riforma della polizia locale che attendono da 20 anni. E che ora sembra in dirittura d’arrivo. Gira e rigira, di volta in volta con accenti appassionati o con toni sferzanti, questo è il succo dei discorsi pronunciati a Riva del Garda dagli oratori con cariche e gradi diversi nel mondo delle polizie locali. Fra di loro, un personaggio dotato di grande carisma e di un’altrettanto grande esperienza. Doti che gli sono state pubblicamente ricono- F O T O R O M A N A ROCCO scozzese e della sezione traffico della polizia municipale di Madrid. Il gap che c’è fra i nostri “vigili” e i colleghi europei è purtroppo, ancora notevole. Cos’è che fa la differenza? R • «In generale, il “vigile” europeo è un agente di polizia che fa anche attività di polizia locale. E, come poliziotto, gli vengono riconosciuti tutti i poteri. Non ferma solo le auto chiedendo “patente e libretto”, ma può identificare chi è alla guida del veicolo, conoscere la sua fedina penale, verificare se l’auto è rubata, se i documenti sono regolari o falsi. Poi ci sono le specificità…». D • Per esempio, che cosa l’ha colpita della polizia locale scozzese? R • «Una foto documentata nel dvd di McMillan: tre personaggi in divisa, ognuno appartenente a forze di polizia diverse, ma tutti messi sullo stesso piano. Il poliziotto che opera sulla strada ha la stessa importanza di chi ha altre mansioni. Mi ha colpito anche il fatto che non sono poi così numerosi gli agenti che si occupano di sicurezza stradale in Scozia: 800 su un totale di 16 mila. Allora mi sono chiesto: come riescono a tenere botta?». UNA POLIZIA LOCALE PREPARATA ALLE NUOVE FUNZIONI. sciute da molti di coloro che si sono avvicendati ai microfoni del Palazzo dei congressi. Tanto è vero che il suo ruolo è stato quello del moderatore. Si tratta del generale Aldo Zanetti, oggi direttore del Progetto speciale interventi in materia di sicurezza della Provincia autonoma di Trento. È anche il coordinatore del Comitato tecnico nazionale dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) per la polizia locale. Una vita, la sua, trascorsa in questo corpo. Ha fatto il vigile urbano a Padova, a Legnago, a Schio e a Trento. Poi è tornato a Padova, al comando della polizia municipale. Infine ha diretto i vigili di Bologna e di Roma. D • Zanetti, abbiamo visto molti poliziotti locali ascoltare con interesse, misto anche a invidia, le relazioni di Donald McMillan e di Julian Muñoz Alcala, responsabili rispettivamente della polizia stradale D • Bella domanda. E si è dato una risposta? R • «Certo. La differenza sta nell’utilizzo della tecnologia per prevenire e controllare le infrazioni più pericolose. Poi c’è un reale coordinamento di tutte le forze di polizia; nessuno lavora isolato. E, infine, gli automobilisti, i camionisti e motociclisti scozzesi hanno probabilmente un alto senso della legalità. Sanno che devono rispettare le leggi e nessuno dubita che un radar che controlla la velocità o un T-Red siano stati posizionati soltanto per fare cassa». D • Però da noi è successo. O no? R • «Non bisogna fare sconti a chi si comporta in maniera scorretta. Se sbaglia, ne risponde alla giustizia. Io non lo difendo di certo ». D • Quale lezione ha tratto, invece, dall’esperienza della polizia locale di Madrid? R • «Sono pochi, ma buoni. E sono riusciti a far crollare del 59% i morti sulle strade della città. Un risultato eccezionale. Ottenuto da 750 agenti competenti solo su traffico e mobilità. Armati non di pistole, ma di tecnologia: li hanno dotati di misuratori della velocità sulle strade e nelle gallerie, di telecamere ai semafori che segnalano chi passa con il rosso, di etilometri, di veicoli speciali muniti di dispositivi elettronici di ogni genere: radar, antenne, macchine fotografiche e computer collegati alle banche dati per scoprire, in mezzo al traffico, le vetture rubate. Sembrano auto progettate per gli 007 o i Rambo. La lezione che ne ho ricavato? La tecnologia è l’arma vincen- te e per ottenere grandi risultati. È successo in Spagna, ma anche in Scozia. Serve la qualità degli uomini, non la quantità». D • Dovremmo fare come a Madrid, insomma? R • «Certo. Puntare sulla qualità. Nella dotazione tecnologica, per esempio: i tutor in autostrada sono risultati efficaci. Come tutte le telecamere, anche i tutor hanno “occhi” stupidi, ma sono democratici: garantiscono per tutti. Serve la qualità nella selezione del personale: se i bandi di concorso non precisano quali sono i compiti di un poliziotto locale, avremo gente brava a sedersi dietro la scrivania, ma non adatta a stare sulla strada. A questi agenti, poi, deve essere offerta una formazione continua, perché le mansioni sono tante». D • E anche perché “è cambiato il mondo”, come dice il suo motto. R • «Esatto. Qualche anno fa bastava mettere le mani sul singolo ambulante abusivo di jeans per ostacolare le frodi commerciali. Oggi devi fronteggiare potenti organizzazioni criminali che si servono di extracomunitari per vendere le griffe false, siano esse magliette, scarpe o borse. E come li controlli, questi? Correndo più forte di loro per prenderli? Allora sarebbe meglio assumere un centometrista che un agente. Ce la fai, se hai una specializzazione per contrastare questi fenomeni. È cambiato davvero il mondo». D • E nel frattempo è cambiato anche al governo delle città… R • «È così. Il sindaco è eletto dai cittadini. Se ti rubano in casa, fai la denuncia ai carabinieri. Ma se nel tuo quartiere c’è prostituzione, si spaccia droga, aumentano gli scippi e ti imbrattano di scritte il muro di casa, vai a lamentarti dal sindaco. A lui la gente chiede sempre di più risposte adeguate a battere il degrado sociale e la criminalità più o meno organizzata. A questo punto il primo cittadino, che fra i suoi compiti ha anche quello della sicurezza urbana, deve per forza avere a disposizione una polizia locale in grado di assolvere con professionalità compiti che prima non aveva. Sono i cittadini che lo pretendono. E sono i cittadini a eleggere i sindaci». D • Zanetti, è il cane che si morde la coda. C’è bisogno della polizia locale, ma questa non ha ancora un ruolo ben codificato… R • «Ed è per questo che deve essere varata la riforma della polizia locale. Per stare al passo con i “vigili” europei». D • È soddisfatto di questo convegno? R • «Sì. Sono da tanti anni sulla breccia, e ho sempre sentito troppe parole. Oggi ho sentito qualcosa di più preciso. E impegni più chiari. Sono fiducioso». 31 LUGLIO-AGOSTO 2009 | AUTOMOBILE SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali di Giorgia Castellani La donna è mobile DAL 4 MARZO SCORSO, LA CIRCOLAZIONE DI ROMA È TENUTA SOTTO CONTROLLO GIORNO E NOTTE DA LUCE VERDE, NUOVO SERVIZIO DI INFOMOBILITÀ FRUTTO DELLA COLLABORAZIONE TRA ACI E POLIZIA MUNICIPALE. ALLA SUA GUIDA RENATA PETRACCA, CHE RACCONTA COME FUNZIONA RENATA PETRACCA, GIÀ RESPONSABILE DEL REPARTO VOLO DELLA POLIZIA MUNICIPALE, È CONVINTA CHE L’ESPERIENZA DI ROMA RAPPRESENTI UN OTTIMO CAMPO DI PROVA PER O ltre 50 notiziari al giorno trasmessi dalle stazioni radiofoniche a migliore qualità di ricezione di Roma e dintorni. In tutto 12 emittenti, il 70% del panorama locale, a cui di recente si è aggiunta anche Radio Vaticana. E, ancora, 50 telecamere piazzate nei punti più critici della capitale, uno schieramento di 6.400 agenti della polizia municipale e una Sala operativa 24 ore su 24 per elaborare e ritrasmettere via etere le notizie raccolte in tempo reale dalle telecamere e dagli stessi agenti. Quali informazioni? Notizie sul traffico, code, incidenti, ma anche cantieri, cortei, manifestazioni, eventi: tutto quello che può accadere, imprevisto o meno, sulle strade di una grande città e che dà filo da torcere agli automobilisti. È questa la mission di Luce Verde, il nuovo servizio di infomobilità, frut- 32 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 to della collaborazione tra Automobile Club d’Italia e Polizia municipale, che dal 4 marzo scorso tiene sotto stretta osservazione la circolazione sulle strade romane, dal centro storico alla periferia. Un fiore all’occhiello tra le più moderne tecnologie per la gestione del traffico e la prevenzione degli incidenti che, stando ad autorevoli ricerche, può ridurre la congestione fino al 30%. Renata Petracca, già a capo del reparto volo della Polizia Municipale di Roma, è la responsabile della nuova Centrale operativa Luce Verde, e ha illustrato a Riva del Garda i primi risultati di questa iniziativa. Che, ammette senza falsa modestia, sta già dando buoni frutti: «Con un doppio vantaggio: rendere più facile gli spostamenti dei cittadini e agevolare il nostro lavoro sul traffico». Ecco che cosa ci racconta. D • Comandante, durante la presentazione di Luce Verde a Roma, il sindaco Gianni Alemanno l’ha battezzata la “Grande sorella” del traffico romano. Si riconosce in questo ruolo? R • «Nessun personalismo. Il merito semmai è della tecnologia e della task force che lavora a questo programma: i nostri uomini che raccolgono le informazioni, gli operatori dell’ACI che redigono i notiziari, le emittenti radio che li trasmettono. Certo non posso nascondere una punta di soddisfazione. Le ricadute sul nostro lavoro sono evidenti. Roma è una città complicata, dove tutte le problematiche legate alla mobilità sono elevate alla massima potenza: oltre 1.250 chilometri quadrati di superficie, circa tre milioni di abitanti e quasi due milioni di auto in circolazione. Roma ha un centro storico enorme, turisti tutto l’anno, una miriade di pendolari. Ci sono le ambasciate, il Vaticano, i ministeri, il governo, il parlamento e le principali sedi istituzionali del Paese. Il che si traduce in manifestazioni, eventi, cortei, convention a ciclo continuo. Il traffico è sempre a rischio congestione». D • Vuole dire che se Luce Verde funziona a Roma, sono innegabili i vantaggi in qualsiasi altra realtà urbana? R • «Voglio dire che la Capitale funge da ottima base sperimentale per dimostrare che il sistema può dare un grosso aiuto alla mobilità in qualsiasi realtà urbana. Ricordo che recenti studi dell’ACI hanno rilevato che, sulla base dei flussi e dei tempi di percorrenza ritoriali. Restringendo il campo d’azione a livello locale, invece, possiamo dare indicazioni ai diretti interessati e aumentare i canali radio, che localmente sono numerosi. E quindi amplificare la frequenza dei notiziari, e in maniera molto più capillare, raggiungendo così molti più ascoltatori. Se per esempio dobbiamo comunicare la chiusura di alcune strade da un giorno all’altro per via di cortei o manifestazioni, che a Roma non mancano mai, con questo sistema la Sala operativa che elabora le notizie le veicola poi sotto forma di “informazioni in pillole” attraverso il nostro elenco di emittenti radiofoniche. Alla fine dei conti, i numeri parlano da soli: nel giro di appena due mesi, Luce Verde a Roma e provincia ha prodotto 2.850 notiziari, con frequenze dai 15 a 40 minuti, diffondendone un totale di 7.957. L’efficacia del circuito è confermata anche dai dati Auditel delle stazioni che aderiscono al programma: da marzo ad aprile sono più che raddoppiati. E, a detta di molti canali radio, l’aumento degli ascoltatori ha prodotto effetti benefici anche sulla pubblicità». INIZIATIVE ANALOGHE NEL RESTO D’ITALIA. dei veicoli muniti di Gps, solo a Roma e Milano gli automobilisti passano nel traffico circa 500 ore l’anno. Per i romani questo significa una spesa di 650 euro l’anno pro capite, e per l’intera città 900 milioni di euro. Una cifra enorme. Ecco perché il contributo dei sistemi di infomobilità è diventato indispensabile». D • In concreto quali sono stati i vantaggi in questi primi due mesi di attività? R • «Voglio fare una premessa. Luce Verde è operativo da dieci anni, a livello nazionale, attraverso i canali Cis viaggiare informati e Isoradio. Ma ci siamo accorti che in questa maniera disperdevamo nell’etere il 70% delle notizie, proprio perché erano informazioni diffuse a carattere nazionale, non circoscritte alle singole realtà ter- D • Brevemente: i punti di forza dell’iniziativa? R • «La tempistica, nel senso che ogni notizia viene sempre comunque data in tempo reale; la certezza della notizia, perché ogni informazione viene verificata su strada dai nostri agenti; la diffusione e il controllo di qualità. Il risultato è non solo quello di avere la possibilità di gestire le emergenze, ma anche di anticiparne le conseguenze sul traffico. Attraverso un feed back continuo, il cittadino può immediatamente venire a conoscenza di un determinato evento. E così, se ha ancora vie di fuga, può evitare di rimanere intrappolato nell’ingorgo prima che si formi la coda. Luce Verde nasce per questo motivo: un progetto di informazione capillare, di assistenza alla cittadinanza che transita nelle nostre città. A questo punto mi sembra doveroso ribadire l'impegno dell’ACI che, in fatto di politiche di mobilità sostenibile a favore dei cittadini, è sempre schierato in prima linea». 33 LUGLIO-AGOSTO 2009 | AUTOMOBILE SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali E io obietto! MINORENNI AL VOLANTE SU ISTANZA DEL LORO «LEGALE RAPPRESENTANTE». AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI IN CASO DI REITERATA GUIDA SENZA PATENTE. LIMITAZIONI ALL’USO DELL’AUTOVELOX. FABIO PICCIONI, AVVOCATO DEL FORO DI FIRENZE, NON CI STA. E FA LE PULCI AL NUOVO TESTO UNIFICATO IN MATERIA DI SICUREZZA STRADALE, APPROVATO LO SCORSO MAGGIO ALLA CAMERA di Francesca Nadin È 34 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 D • Cioè? R • «Il pagamento ridotto della sanzione è di 8.333 euro, una cifra inferiore addirittura al minimo della sanzione. Il legislatore ne tenga conto». al momento in cui scriviamo - entrare in vigore appena prima o durante i grandi esodi di quest’estate. D • Avvocato, vediamo quali sono in pratica i cinque articoli che sicuramente sono da promuovere e quali i cinque da bocciare. Iniziamo dai primi? R • «Va bene. Anche se tra alcuni di quelli che giudico positivi ci sono, comunque, delle note stonate». F O T O R O M A N A ROCCO un fustigatore dei legislatori che in questi anni («succede sempre prima dell’inizio di ogni estate», sottolinea) hanno modificato più volte il Codice della Strada. Caustico, ironico, graffiante, è una presenza fissa ai convegni dell’ACI a Riva del Garda. Lui è l’avvocato Fabio Piccioni, del foro di Firenze, consulente di vari enti locali, noto e applaudito per la schiettezza e la veemenza con cui fa le pulci alle norme che regolano la vita di milioni di automobilisti, autotrasportatori e motociclisti. «Finalmente - ha esordito - è stato abrogato il 130 bis. Proprio qui, a Riva del Garda, l’avevo giudicato strampalato e inapplicabile. Mi hanno dato retta, probabilmente. Prescriveva infatti la revoca della patente a chi guidava in stato d’ebbrezza con 3 grammi di alcol per litro di sangue e, in questa condizione, uccideva altre persone; non una sola, dunque. Chi ha scritto quella norma ignorava che con 3 g/litro di alcol nel sangue un guidatore non riesce neppure a mettere in moto l’auto perché va in coma etilico. Ma c’è di più: persone, dicevamo, è un sostantivo plurale: se ne uccide una sola, chiedevo, può tenersi la patente in tasca in attesa di ammazzarne almeno un’altra? Ora, poiché lo scorso anno, mi è andata bene con il 130 bis, perché non ritentare quest’anno con il testo unificato in materia di sicurezza stradale approvato alla Camera il 20 maggio scorso?». L’avvocato Piccioni si riferisce ai 41 articoli che sono stati scritti e approvati quasi all’unanimità (con un solo voto contrario) dalla Commissione Trasporti della Camera dei deputati presieduta dall’onorevole Mario Valducci. I quali articoli, come è successo per altre modifiche apportate al Codice della Strada, dovrebbero - il condizionale è ancora d’obbligo, D • Cominci pure. R • «Concordo con la norma che obbliga le Case farmaceutiche a stampare sulle scatole dei medicinali potenzialmente pericolosi per la guida un pittogramma che avverta i conducenti sugli effetti negativi di questi prodotti. La sanzione per i trasgressori va da 10 a 25 mila euro. C’è qualcosa che non mi torna». D • E dopo i farmaci? R • «È introdotta la guida accompagnata a 17 anni ai fini di esercitazione alla guida. A condizione che sia autorizzata dal ministero dei Trasporti su istanza del genitore o del rappresentante legale del minore. Sembra una barzelletta: esistono, forse, minorenni Spa o minorenni Srl che hanno bisogno di un legale rappresentante?». D • Avvocato, questa è facile ironia… R • «No, affatto. Quando si scrive di diritto non bisogna cadere nel ridicolo. Ma la parte più gustosa deve ancora arrivare. Prima ti invoglio a guidare a 17 anni in modo che, quando sarai patentato, tu possa essere già un automobilista responsabile e prudente perché hai da tempo circolato in mezzo al traffico, conosci le regole e hai avuto al tuo fianco un genitore o un amico che ti ha fatto da maestro prendendosi a cuore la tua pelle. Poi, appena hai preso la patente, sono cavoli tuoi: non puoi guidare l’auto che preferisci, appena sbagli ti tolgono il doppio dei punti rispetto agli altri, ti proibiscono di bere anche un goccio di alcol. Non è educativo. Prima ti lusingo, poi ti bastono». D • E allora? R • «Chi inizia a guidare un’auto a 17 anni, anche se accompagnato, dovrebbe usufruire di un bonus quando avrà preso la patente. Altrimenti, chi glielo fa fare?». AUTOVELOX NON VUOL DIRE PER FORZA «ABUSO». D • Una norma promossa a pieni voti ci sarà pure? R • «Più di una. Finalmente, per esempio, il cittadino straniero che circola con la patente rilasciata da uno Stato estero non più valida patirà le stesse sanzioni applicate all’automobilista italiano che guida senza avere conseguito FABIO PICCIONI (QUI IN UN MOMENTO DEL SUO INTERVENTO) È CONSULENTE DI DIVERSI ENTI LOCALI, OLTRE CHE AUTORE DI PUBBLICAZIONI IN MATERIA DI DIRITTO. la patente. Il reato diventerà penale per entrambi. Era ora ». D • Continuiamo con le norme promosse a pieni voti. R • «La confisca penale dei veicolo - che oggi non è prevista nel Codice della Strada - quando il conducente in stato d’ebbrezza grave, cioè con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, sia responsabile di lesioni gravi e gravissime o di omicidio colposo. Così come concordo, per ultimo, con la destinazione d’uso dei veicoli sequestrati. Potranno essere affidati in custodia giudiziale all’organo di polizia che ha effettuato il sequestro, per essere utilizzati per esigenze di polizia giudiziaria e in quelle attività - sempre di polizia - che hanno lo scopo di prevenire gli incidenti, e quindi di garantire una maggiore sicurezza alla circolazione stradale». D • Passiamo alle bocciature. Che cosa non va? R • «Non va che alla polizia locale venga proibito di utilizzare l’autovelox in autostrada o sulle strade extraurbane principali. Significa gettare sull’intero corpo il sospetto di un uso illegittimo degli apparecchi che rilevano la velocità. Alcuni agenti di polizia locale possono avere commesso degli abusi, ma “alcuni” non significa “tutti”». D • Andiamo avanti. Quale altro punto sarebbe da rivedere? R • «Ne metto tre insieme perché appartengono alle norme che si riferiscono alla guida sotto l’effetto di sostanze alcoliche. Non va che venga depenalizzata la prima fascia di guida in stato d’ebbrezza, quella con un tasso alcolemico compreso tra 0,5 e 0,8 grammi per litro. Non va, e lo reputo grave, che venga barattata la confisca del veicolo con il raddoppio della durata della sospensione della patente – da 2 a 4 anni anziché da 1 a 2 anni – se il veicolo appartiene a persona estranea al reato. Non va, infine, che a richiesta di parte possa essere applicato l’affidamento in prova ai servizi sociali come misura alternativa per la guida reiterata senza patente e per guida in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti». D • Qual è il motivo di queste stroncature? R • «A parte il fatto che l’affidamento ai servizi sociali è già previsto dalla legge, il volerlo ribadire nell’ultimo caso significa che c’è proprio l’intenzione di depenalizzare comportamenti che sono tra i più pericolosi per la circolazione». D • E per concludere? R • «L’aiuto dato ai falsari. Oggi, quando si rinnova la patente, si riceve direttamente a casa via posta, inviato dalla Motorizzazione, il tagliando adesivo di aggiornamento della validità del documento di guida da incollare sulla patente. Domani non sarà più così: il Dipartimento trasporti terrestri ci invierà addirittura il duplicato della patente con indicato il nuovo termine di validità, e il titolare del documento dovrà provvedere a distruggere la patente scaduta. I falsari avrebbero in mano due patenti. La nuova, ovviamente, ma anche quella vecchia: che a questo punto non dovrebbero più falsificare interamente. Basterà modificare sola la data di validità, e il gioco è fatto». 35 LUGLIO-AGOSTO 2009 | AUTOMOBILE SPECIALE Riva del Garda 2° Forum Internazionale delle Polizie Locali di Giorgia Castellani Prendete esempio DICIANNOVE COMUNI CHE SI ASSOCIANO. PER METTERE INSIEME UOMINI E MEZZI, ACCENTRANDO LE FUNZIONI PIÙ IMPORTANTI E ATTIVANDO UN PONTE RADIO CHE COLLEGA TUTTE LE SEDI. SUCCEDE IN EMILIA, NEL TERRITORIO DELLE TERRE VERDIANE. DOVE ORA I CITTADINI SONO TUTELATI 24 ORE SU 24 C’ è chi ha un solo operatore di polizia locale che si arrabatta come può. E chi non ha neppure quello. Ci sono poliziotti locali che non dispongono di un’auto di servizio. E quelli che fanno un unico giorno di formazione all’anno. Il motivo? È soprattutto una questione di soldi. È anche questa la situazione nei piccoli Comuni italiani, con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti, fotografata in un volume specifico della Fondazione Caracciolo presentato a Riva del Garda. Come si può rimediare alla carenza di soldi, uomini, automezzi e attrezzature tecnologiche? La via d’uscita c’è: associare le polizie locali di più Comuni per migliorare il servizio ai cittadini. Gli agenti delle piccolissime comunità sono d’accordo. Anzi, d’accordissimo. L’84% vorrebbe addirittura che fosse una legge a imporre l’unione fra i comandi.Perché pretendere quest’obbligo? Da una parte è forse l’unico modo per superare le resistenze dei sindaci «che hanno paura di perdere la loro pur esigua fetta di potere», come ha sottolineato Carmine Di Berardino, segretario generale di Anvu (l’associazione nazionale della polizia locale); e dall’altra per vincere l’ostilità dei «comandanti gelosi della loro autonomia anche quando sono a capo solo di se stessi», come ha suggerito Giuseppe Napoletano, comandante della polizia municipale di Pistoia. Esperienze positive di associazione fra Comuni per il servizio di polizia locale ci sono. In Trentino per esempio. E in quella parte dell’Emilia compresa fra Reggio, Parma e Piacenza, chiamata «Terre Verdiane». A dirigere il comando di polizia municipale è Claudio Malavasi. «Ho letto nel sondaggio pubblicato dalla Fondazione Filippo Caracciolo che il 37,5% degli agenti intervistati ritiene l’associazione fra servizi o corpi di Polizia locale una soluzione facile da realizzare. È stata, invece, una scuola di vita pesante». D • Ma gli ostacoli maggiori sono venuti dalla politica? 36 AUTOMOBILE | LUGLIO-AGOSTO 2009 R • «Neppure per sogno. I Comuni associati sono 19: ce ne sono 13 in provincia di Parma, quattro in quella di Reggio Emilia e due nel Piacentino. Il nostro territorio è di 800 chilometri quadrati, con 180 mila abitanti. Ho rapporti con sette sindaci di centrodestra e 12 di centrosinistra. Nessun problema. Le liti più violente ci sono state quando si sono dovuti lasciare a casa i vecchi comandanti. È più facile spostare una montagna che una sedia. Senza contare le complicazioni burocratiche». D • Per esempio? R • «L’associazione è nata il 1° luglio del 2001. Vi partecipavano, a quei tempi, 11 Comuni. Fino al 2004 abbiamo dovuto far fronte a dieci contratti di lavoro diversi, perché ogni Comune aveva il suo. Riuscire a riunire i dipendenti sotto l’ombrello di un unico ente è stata una faticaccia. Poi c’è stato da gestire la flotta degli autoveicoli che appartenevano a municipi diversi. In questo caso ho avuto un formidabile supporto dall’Automobile Club di Parma: oggi sono tutti intestati a un solo ente, c’è un’unica compagnia di assicurazione e mi arriva il preavviso quando scatta la revisione di IL COMANDANTE DELLE “TERRE VERDIANE” CLAUDIO MALAVASI. ogni singolo automezzo. Sciolti tutti i lacci e laccioli». D • Come siete riusciti a tenere insieme 19 Comuni? R • «Il segreto sta nel modello gestionale e organizzativo. Se si sbaglia in questo, tutte le forme associative falliscono. Il nostro l’abbiamo copiato dai carabinieri: esiste, quindi, un «comando»; poi tante «stazioni» che nel nostro lessico si chiamano «distretti». Sono 15 in tutto. Nella sede principale, a Fidenza, abbiamo accentrato le funzioni più importanti: come la centrale operativa, l’infortunistica stradale, l’ufficio sanzioni, i nuclei specializzati e l’ufficio servizi al personale. I distretti, a loro volta, godono di una grande autonomia». D • Come riuscite a comunicare e a tenervi in contatto quando succede un’emergenza? R • «Abbiamo avuto la fortuna che i 341 Comuni dell’Emilia siano stati messi tutti in rete con il sistema della fibra ottica. Questo ci ha permesso di mettere in funzione 130 telecamere sul territorio, con le immagini che arrivano direttamente in sede, e di offrire un servizio di videoconferenza: se per esempio un cittadino ha un problema, va al distretto e parla direttamente in video con gli operatori di Fidenza. Ma non è finita: grazie all’attivazione di un ponte radio, siamo in grado di avere un unico sistema in digitale che ci consente qualsiasi collegamento rapido. Infine abbiamo sottoscritto un accordo con la prefettura di Parma, che permette alla nostra centrale di collegarsi ad alcune banche dati quando si presentano situazioni delicate da approfondire». D • La tecnologia è una grande conquista. Ma l’associazione fra corpi di polizia locale quale benefici ha portato ai cittadini? R • «Siamo 160 operatori di polizia locale che utilizzano 55 automezzi. Possiamo offrire un servizio 24 ore su 24. Siamo in grado, su tutto il territorio, di fare sicurezza urbana, rendere vivibili i luoghi di aggregazione, difendere la quiete pubblica e offrire una percezione di grande sicurezza ai cittadini. Mi spiego meglio, con un esempio, sui maggiori vantaggi per loro: prendiamo Zibello, mille abitanti circa, e lo cito per il famoso culatello conosciuto in tutta Italia. Aveva un solo agente di polizia locale. Oggi, a seconda delle necessità, ne ha sempre di più, ogni giorno. Addirittura 15 operatori quando c’è la festa del celebre salume. Prima non sarebbe mai successo».