Indialogo.it www.in-dialogo.it Suppl. n° al n.1/2009 di “Incontri Con…” Periodico di cultura religiosa realizzato in collaborazione con l’Ufficio Irc/smi-sms e la Comm. per l’Ecumenismo e il dialogo della Diocesi di Pinerolo, Via Vescovado 1, Pinerolo. Dir. responsabile: Antonio Denanni Anno 2, n.4, Settembre 2011 Un’ospedale che è un “piccolo gioiello” della sanità piemontese Il nocciolo dell’amore Fiducia/Sfiducia, Progettazione/Improvvisazione, Benessere/Malessere, Cittadinanza/Sudditanza, Nord/Sud, Uomo/Donna sono le sei dicotomie intorno alle quali l’Eurispes (Istituto di Studi Politici Economici e Sociali) ha costruito il suo Rapporto sull’Italia 2011 intervistando 1532 italiani. “L’Italia - afferma l’indagine - sta vivendo, insieme, una grave crisi politica-istituzionale, economica e sociale... Tre percorsi di crisi che si intrecciano, si alimentano e si sviluppano l’uno con l’altro fino a formare un tutt’uno solido, resistente, refrattario ad ogni tentativo di districarlo, di venirne a capo... Vi è un peggioramento generalizzato del Paese dovuto alle conseguenze ormai lampanti della crisi finanziaria... Per un nucleo familiare su tre arrivare a fine mese è uno scoglio insormontabile”. Il clima e le aspettative generali sul futuro sono tutt’altro che rosee: “il 50% delle persone prevede infatti situazioni ancora peggiori”. In questo clima generale, rileva ancora l’Eurispes, le associazioni di volontariato e del terzo settore mantengono un alto grado di fiducia (71% nel 2009, 82% nel 2010). In questa situazione di crisi e incertezza, sembra dire l’Eurispes, il nocciolo duro dell’amore altruistico, che è anche alla base della fede dei cristiani, tiene. Antonio Denanni Il Koelliker dei Missionari della Consolata Il direttore Cacciari: «La nostra forza è la diagnosi per immagini e l’attenzione alla persona» A volte i poli di eccellenza si scoprono per caso e in una situazione di necessità. L’esperienza negativa allora si trasforma in un’altra quasi piacevole per il constatare che le strutture di servizio alla persona funzionano e sono a dimensione umana, quasi familiare, come sono le condizioni in cui uno vorrebbe trovarsi quando è in una situazione di difficoltà e di debolezza. È il caso dell’ospedale Koelliker di Torino, un piccolo gioiello della sanità piemontese, che è un modello di gestione efficiente e funzionale della sanità, che con il suo attivo di gestione ha anche l’ambizione di aiutare gli ospedali dei paesi in via di sviluppo del circuito dei missionari della Consolata. Abbiamo sentito su questa realtà padre Stefano Cacciari, dell’istituto dei missionari della Consolata, dal 1994 direttore del Koelliker. Che cos’è il Koelliker in termini di numeri e di contenuti? È una struttura a gestione privata, convenzionata con la Regione, che ha segue a pag.2 In questo numero On line per gli altri www.romereports.com Agenzia che offre servizi tv quotidiani sul Papa e sul Vaticano alle televisioni che non hanno corrispondenti a Roma. www.bibciechi.it Sito della Biblioteca Italiana per Ciechi da dove studenti e docenti non vedenti, ipovedenti o disabili motori possono richiedere i file dei testi di interesse www.aighostels.com Sito dell’Associazione Italiana Ostelli della Gioventù (AIG), dove è possibile trovare informazioni su oltre 5.000 ostelli in Italia e nel Mondo. Gli abati di S.Maria /2 pag. 2 Un colpo ben orchestrato pag. 3 Materialismo in terra cristiana pag. 4 In chiesa si entra in ginocchio pag. 6 Non solo profitto pag. 7 Grande domanda di liberazione pag. 8 Chiesa come cristiani di scelta pag.10 111 anni fa nasceva a Francoforte Erich Fromm La religione è nulla. Vivere religiosamente è tutto “Fare come Gesù ciò che è giusto, dire la verità, amare il prossimo. Questo è tutto” Nel 1900 a Francoforte nasceva Erich Fromm, psicoanalista e sociologo tedesco tra i più importanti del ‘900. Pubblichiamo la parte conclusiva della sua ultima intervista al giornalista ticinese Guido Ferrari. Che cosa vuol dire «essere»? «Essere vivo, interessato, vedere le cose, vedere l’uomo, ascoltare l’uomo, immedesimarsi nel prossimo, sentire se stessi, rendere la vita interessante, fare della vita qualcosa di bello e non di noioso» Che significato ha per lei la religione? «La religione è nulla. Vivere religiosamente è tutto. Ciò che intendo per Indialogo_settembre2011.indd 1 vivere religiosamente è ciò che pensavano i profeti, ciò che Gesù pensava, fare ciò che è giusto, dire la verità, amare il prossimo. Questo è tutto. La religione è di solito il culto della domenica o di determinati momenti del giorno in cui l’uomo è formalmente religioso. Ma, o si vive religiosamente, oppure no. Non si ha una religione come si possiede qualcosa, come si ha uno stato. Questa è la differenza con ciò che è secolare» Qual è il rapporto dell’uomo di oggi con la religione? Falso è il mio primo pensiero. L’uomo di oggi crede di essere cristiano, ebreo 280 dipendenti circa, di cui solo 5 medici. Gli altri 115 medici che lavorano in ospedale con altri 30-40 tecinici di laboratorio sono liberi professionisti. Il Koelliker cioè va avanti con la libera professione dei medici e dei tecnici di laboratorio, che sono pagati a prestazione e a percentuale; l’ospedale mette a disposizione la struttura, il macchinario diagnostico o terapeutico e il personale paramedico. Questo tipo di organizzazione dà garanzie all’ospedale, al medico e al paziente. L’ospedale ha una certa sicurezza economica nelle entrate, il medico ha una grande libertà e motivazione nell’esercitare la professione, il paziente è trattato con tutte le attenzioni perché i “clienti” sono la fonte del reddito e del funzionamento di tutto il complesso. Ogni giorno presso il nostro ospedale ci sono 70-80 ricoverati con la mutua e una trentina con regime privato. I posti letto sono 150, più altri 15 in regime di day hospital per l’oculistica. Qual è l’origine e la storia di questo ospedale? o di un’altra religione. Ma in realtà è un pagano, perché adora idoli come il denaro, il profitto, la sua grandezza, la sua persona, il narcisismo. Questa è idolatria. Ma egli la chiama spesso religione, perché si è ormai convenuto di chiamarla così e perché così è una persona rispettabile per se stesso e per gli altri». L’amore. L’uomo di oggi parla sovente di amore. Ma sa amare? Mah... non si direbbe... L’amore è raro. L’uomo è piuttosto egoista e questo è l’opposto dell’amore. L’amore si rivolge all’altro, si interessa dell’altro. Ma certo non dico che non c’è più amore, altrimenti non saremmo neppure più qui. Si potrebbe dire: chi ama uno soltanto non ama nessuno. Il cristianesimo ha formulato questo in modo tanto radicale che l’amore comprende anche l’amore del proprio nemico, perchè anche il nemico è un uomo. Aggiungerei anche l’amore di se stessi, perchè anch’io sono un uomo. Ma spesso si confonde l’amore di sè con l’egoismo. L’amore va di certo al di là della limitatezza del proprio io, si rivolge al mondo, ma si rivolge anche a sé, perchè anch’io sono un uomo che ha rapporti e sentimenti con se stesso. L’amore non ha limiti. Supplemento d‘anima Asma Jahangir Asma Jahangirè, avvocato, attivista pakistana, insieme a sua sorella Hina è una delle figure di spicco dei movimenti per le donne e per i diritti umani. Entrambe, dal 1996, sono oggetto di sorveglianza da parte dello Stato ventiquattro ore su ventiquattro. Nel 1980 hanno partecipato alla creazione del Women’s Action Forum per aiutare le donne a ottenere il divorzio da mariti violenti. Nel 1981 hanno fondato il primo studio legale femminile del Pakistan e nel 1986 hanno dato vita alla Pakistan Human Rights Commission. Hina è stata minacciata di morte nelle stesse aule del parlamento quando ha chiesto l’abolizione delle norme repressive della shar’ia che contrastano con le norme costituzionali a tutela della donna. E la Jahangir ha messo a repentaglio la propria vita nel 1993, quando ha difeso in tribunale un giovane quattordicenne analfabeta condannato a morte con l’accusa di aver imbrattato un lato della moschea con graffiti blasfemi. Alcuni Musulmani estremisti Segue a pag.2 31/08/2011 0.10.30 Indialogo.it Pag. 2 dalla montaChi è dePennellate bibliche gna: per saligno di salire al monte del Chi salirà la montagna re il “monte del Signore” Signore? (ma anche per scalare il Chi entrerà nel suo santuario? “monte della vita”) sono Chi ha cuore puro e mani innonecessarie alcune cose: centi; amare il silenzio che chi non serve la menzogna consente di non fuggire a e non giura per ingannare. se stessi, amare la fatica Egli sarà benedetto dal Signore che ti permette di rage accolto da Dio, suo salvatore. giungere la tua meta, ap(sal 24, 3-5) prezzare le cose essenziali come una A Dio piace la montagna: è sul mon- gelida sorgente alpina di umilissima te che consegna le tavole della legge acqua, avere occhi udito olfatto attenti a Mosè; sul monte il profeta Elia di- a cogliere le meraviglie di ciò che sta fende la causa del Signore; sul mon- fuori di te: fiori, animali, paesaggi e te Gesù consegna all’umanità il suo conseguentemente scoprire che tu non immenso messaggio etico; sul monte sei il centro del mondo, accorgerti che non sei solo a salire... avviene la trasfigurazione.... Salendo la montagna del Signore In effetti ci sono giornate a fine estate che consentono di capire il fascino forse si riuscirà anche a riscoprire il misterioso della montagna: domeni- senso etico, così necessario oggi nel ca 28 agosto è stata una di queste e nostro mondo attraversato da cocenti chi ha avuto la fortuna di percorrere crisi! Carlo Gonella un sentiero in alta quota ha visto un cielo splendido: azzurro intenso senza alcuna nuvola, un panorama insuperabile sui grandi massicci alpini, il tutto con una temperatura sui venti gradi ed una carezza di vento a tergere il sudore della fatica. É’ facile intuire come questa natura parli di Dio. Ma forse c’è altro da apprendere hanno preso d’assalto il palazzo di giustizia, fracassando l’automobile della Jahangir e aggredendo il suo autista. Altri episodi d’intimidazione ha subito anche la sua famiglia. Nel 1998 la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha nominato Segue da pag.1 Francesco di Santa Giulia di Possano (13101325), è il ventesimo abate. Filippo di Savoia, che nel 1295 aveva preso possesso dei domini paterni al di qua delle Alpi, scelse per capitale del ducato e residenza ordinaria Pinerolo. Con il suo matrimonio con Isabella, erede del principato d’Acaja, assunse il titolo di principe d’Acaja che trasmise a tutti i suoi successori che risedettero sino al 1418 in Pinerolo. Egli migliorò il castello residenziale, aumentò le fortificazioni. Nel 1319 confermò nuovi Statuti per Pinerolo, migliorò il Rio Moirano, rinunciò a diversi tributi feudali, ottenendo in compenso ogni anno un tributo fisso per ogni comunità da dividersi con l’Abate. Con questo principe, nel 1310 l’Abate firmò una transazione che definiva i rapporti della giurisdizione temporale tra il principato e l’Abbazia e la divisione dei redditi. Francesco di Santa Giulia era ancora abate quando il governo del Comune di Pinerolo autorizzò la nascita di una società popolare di cui quattro membri potevano sedere in Consiglio con diritto di voto Durante la reggenza abbaziale di Gerardo de la la Jahangir relatore speciale dell’ONU sulle esecuzioni sommarie, arbitrarie ed extragiudiziali. Con la sorella Hina è conosciuta nel mondo soprattutto per l’impegno nella difesa dei diritti delle donne e dell’infanzia e per lo sforzo nel L’ospedale Koelliker segue da pag.1 L’Osp. Koelliker è nato nel 1928 per iniziativa della famiglia torinese Koelliker, che aveva perso drammaticamente due figli in tenera età. Negli anni ’50 questo fu donato ai Missionari della Consolata che incominciarono ad occuparsene, anche in funzione di solidarietà e di collaborazione culturale e sanitaria a favore degli ospedali in terra di missione, situati in Kenya, Tanzania, Etiopia, Zaire e Brasile, con eventuali sovvenzioni ed intervento di professionisti. Per oltre 40 anni l’Osp. Koelliker è stata l’unica struttura infantile in Torino, conosciuta ai torinesi come “Ospedalino”. La nascita negli anni settanta dell’ospedale infantile Regina Margherita e la denatalità hanno portato alla riduzione dei posti letto per bambini a favore degli adulti in regime convenzionato e privato. Sono gli anni in cui lei è diventato direttore… Sì. Negli anni ’90 questo ospedale che era arrivato ad ospitare anche 300 bambini ne aveva 40-50. Quindi era necessaria una svolta, non si poteva andare avanti solo con i bambini. Da qui la trasformazione anche in ospedale per adulti, tenendo anche conto delle patologie fondamentali come neurologia, oculistica, urologia, otorino, chirurgia generale e ortopedia,utili non solo alle richieste dell’utenza, ma anche alle esigenze dell’Istituto missioni Consolata. In questo riposizionamento la mia strategia è sempre stata centrata sulla diagnostica per immagini e quindi su risonanze, tac, ecografie, ecc. con macpromuovere la tolleranza religiosa. (Nel 1988 in Pakistan sono state uccise per “delitto d’onore” cinquecento donne). Dal 2000 al 2008 è stata anche Rappresentante speciale del Segretario Generale dell’ONU per la difesa dei diritti umani presso le Nazioni Unite. Pagine di storia religiosa del Pinerolese Questo illustre frate domenicano perorò la costruzione di un convento in città per il suo ordine, predicò in San Donato e in San Francesco e nelle Valli. In una famosissima relazione al suo superiore generale descrive la situazione del Delfìnato e delle “famosissime valli degli eretici valdesi”. Michele Cacherano di Bricherasio, ventottesimo abate (14041433), acquista dalla Comunità di Porte la bealera del Chisone e i mulini di Abbadia. È testimone con il vescovo Romagnano di Torino nel 1417 delle nozze che si svolgono nel Castello di Pinerolo tra la figlia di Amedeo d’Acaja e Ludovico III, duca di Baviera. Per mandato del Papa Martino V, definisce i confini della Diocesi di Mondovì e mette pace tra i francescani e il Capitolo di San Donato e San Maurizio per liti inerenti i cosiddetti “diritti di stola”. Del ventinovesimo abate, Luigi da Ponte, viene contestata dal Duca di Savoia la sua elezione, ritenendo egli di avere ormai acquisito il diritto di eleggere gli abati commendatari in sostituzione dei monaci. Aurelio Bernardi Gli abati dell’abbazia di Santa Maria - 2 Indialogo_settembre2011.indd 2 Baume (1330-1345?), nel 1333 giunse a Pinerolo Giovanni, re di Boemia, accolto con grandi feste nel Castello. Pinerolo, sede del principato, assume un ruolo politico, militare ed amministrativo superiore alla stessa Torino e la presenza della corte crea benessere alla città, la quale, però, deve accollarsi spese onerosissime per i molteplici festeggiamenti in onore degli invitati che giungevano al castello. Andrea dei Marchesi Falconieri di Trana (1346-1370?) è il ventiduesimo Abate. Nel 1360 assiste al trattato tra Giacomo d’Acaja e Amedeo VI di Savoia (il Conte Verde) che, presa Pinerolo, conferma i privilegi, le libertà, le franchigie e le immunità concesse in precedenza e i pinerolese gli giurano obbedienza nella collegiata di San Donato. In questo periodo l’antipapa Clemente VII dà l’interdetto alla città, perché ha incarcerato nel castello di Cumiana alcuni reali di Napoli, legati ai Savoia (Pinerolo, come la Savoia, la Francia, la Spagna e la Scozia non aveva riconosciuto Urbano VI, papa legittimo). Guido dei Signori di Reano, ventitreesimo abate (1373-1381). Questo abate compilò il 3 maggio 1375, d’intesa con i delegati del Comune, gli statuti di Abbadia Alpina (allora Borgo S. Verano) e delle sue dipendenze. (Da questi statuti che constano di 90 capitoli si evince la vita, gli usi e i costumi dell’epoca). A questo abate il 9 aprile 1378 giurò fedeltà e protezione Amedeo I d’Acaja, il quale sposò nel 1380 Caterina dei Conti di Ginevra da cui nacque nel 1390 Margherita di Savoia, la futura beata, che venne educata nel convento di San Francesco. Giovanni Cacherano di Bricherasio, ventiseiesimo abate claustrale (1398-1400?). Nel periodo della sua reggenza, il 17 gennaio 1403 presenzia al matrimonio della B. Margherita di Savoia di anni 13 con Teodoro II Paleologo, marchese del Monferrato di anni 30, benedette dal vescovo di Acqui. Luigi da Ponte d’Asti dei signori di Lombriasco (1400-1404?). Nel periodo in cui resse l’Abbazia, soggiornò a Pinerolo San Francesco Ferreri, spagnolo (1357-1419) dapprima presso i Francescani e poi nella stessa reggia dei principi. Settembre 2011 chine sempre aggiornatissime. E questa scelta si è dimostrata vincente (abbiamo 5 risonanze magnetiche, sempre aggiornate, con 1-2 mesi di attesa). Il Koelliker è una strutture sanitaria in attivo – anche se Cacciari ne parla con pudore – il cui ricavo (2-3 milioni di euro) va ad aiutare gli ospedali della Consolata nei paesi di missione. Come si colloca il Koelliker nel panorama sanitario torinese-piemontese? Con i suoi 150 posti letto e soprattutto con la sua diagnostica dà un contributo all’assistenza socio-sanitaria. Con un pizzico di orgoglio affermo che siamo molto stimati per la professionalità dei medici e per l’accoglienza (un assessore alla sanità piemontese ha definito il Koelliker : “un piccolo gioiello della sanità piemontese”). Io cerco di inculcare l’idea che la persona ricoverata più che un paziente, malato, è una persona in situazione di debolezza che merita tutte le attenzioni. Su questo sono molto esplicito. Nel nostro ospedale ci sono degli uomini, delle persone con una storia e un’identità, per chi ci crede un brandello di Dio, che è qui e ha bisogno del nostro aiuto. Essere gentili costa anche poco. Questa è una cosa sulla quale insisto molto. Al Koelliker si lavora anche per lo stipendio, ma si fa parte anche – pur essendo una struttura totalmente laica di un’organizzazione religiosa dove c’è qualcosa in più che deve portare a trattare le persone ricoverate da amici. Qual è il punto di forza della vostra struttura? Come ho già detto la diagnostica per immagini e l’attenzione alla persona. Qual è la collaborazione culturale e sanitaria con gli ospedali dei missionari della Consolata in terra di missione? Pur operante, questa collaborazione è molto difficoltosa. In ottobre i 5 responsabili degli ospedali missionari della Consolata si troveranno in Etiopia per coordinare la collaborazione e rendere più continuativa la formazione, con stage in Italia e con medici nostri che per un mese all’anno vanno in questi paesi di missione, non necessariamente nei nostri ospedali, per dare il loro contributo. Diciamo che il Koelliker è un centro di animazione missionaria sanitaria non necessariamente in relazione ai nostri ospedali che ci stanno particolarmente a cuore, ma in tutta quella che è la problematica sanitaria missionaria che c’è nel terzo mondo. Venendo qui dentro si respira un clima di mondialità. Tra il personale ci sono molti stranieri? Credo che in campo infermieristico siamo arrivati al 60 per cento. Sono soprattutto persone provenienti dai paesi dell’est, ma anche dal Perù e dall’Africa. Il Koelliker opera sia in convenzione col sistema sanitario nazionale che in forma di assistenza privata. Che differenza c’è nei due tipi di ricovero? Non vi è alcuna differenza dal punto di vista del trattamento, vi è solo una diversità nella precedenza. Il privato con il pagamento accelera i tempi: il medico è incentivato a dare la sua disponibilità cercando di farlo il più presto possibile, con la mutua invece vi sono dei tempi e delle graduatorie da rispettare. Antonio Denanni 31/08/2011 0.10.32 Cultura Pag. 3 Settembre 2011 Il fisico teologo John Polkinghorne La creazione un “colpo” ben orchestrato «La religione ha preparato l’ambiente intellettuale nel quale la scienza può progredire» Scienza e fede sono “cugine”, come lei dice. Però con qualche dura incomprensione, in passato. «Perché c’è qualcosa invece del nulla? si domandava Leibniz. Come è cominciato tutto questo? Le cose create non portano il marchio di fabbrica “fatto da Dio”, il Creatore è più sottile. Perciò mentre la scienza razionale può sottoporre ogni cosa a verifica sperimentale, la fede non può citare come testimone Dio nello stesso modo. Gli approcci sono diversi. Davanti alla realtà del mondo fisico, la scienza si pone la domanda: “come” avvengono le cose? La religione si chiede “perché” avvengono? L’incomprensione reciproca, certo, c’è stata. Ma non bisogna dimenticare che la religione ha fatto qualcosa per la scienza: ha preparato l’ambiente intellettuale nel quale la scienza può progredire. In virtù della concezione cristiana della creazione, ci aspettiamo che il mondo sia ordinato perché il Creatore è razionale; desideriamo e consideriamo giusto conoscere direttamente la realtà, osservarla, perché l’ha creata Dio (i Greci, tanto per dire, ritenevano invece che bastasse pensare e riflettere)». E invece la scienza che cosa porta in aiuto alla religione? «La conoscenza scientifica ci permette di trovare argomenti di indiscutibile efficacia. Se il rapporto tra due delle forze fondamentali della natura, la gravità e l’elettromagnetismo, non fosse esattamente quello che è, non vi sarebbe vita sulla Terra. Un Sole che brucia troppo debolmente non avrebbe potuto, con i suoi raggi, favorire la nascita delle creature viventi e alimentarle; un Sole che brucia troppo intensamente avrebbe esaurito la propria energia troppo presto perché la vita riuscisse a comparire. Il disegno ha coinvolto l’universo: è in seguito alle esplosioni di supernova che gli elementi necessari alla vita (a cominciare da carbonio e ossigeno) si sono diffusi nel cosmo. Perciò l’astronomo Fred Hoyle diceva che l’universo è un “colpo” perfettamente organizzato, il prodotto di una formidabile intelligenza». L’esistenza del male nel mondo come viene spiegata dalla dottrina della Creazione? «Contrariamente a quanto sembrano supporre scienziati come Stephen Hawking, secondo i credenti Dio Creatore non si è limitato ad accendere il fantastico fuoco d’artificio del Big Bang ritirandosi poi subito dalla scena, ma continuamente tiene in essere il mondo. Appena Darwin pubblicò L’origine delle specie, un prete anglicano, Charles Kingsley, coniò un concetto e una frase: Dio non ha soltanto creato un mondo “pronto per l’uso”, lo ha creato in grado di “farsi da solo”. E io aggiungo: non ha allestito un divino teatro dei burattini. Il Creatore infatti interagisce con le creature senza schiacciarle con la sua volontà; a loro è permesso di essere se stesse e di realizzarsi da sole. Le catastrofi, le malattie, i delitti sono l’inevitabile costo di una creazione cui è stato permesso di farsi da sola. Un esempio: gli stessi processi biochimici da un lato portano alcune cellule a produrre nuove forme di vita, dall’altro possono indurre mutazioni maligne. Più comprendiamo scientificamente ciò che avviene nella natura e più il mondo ci appare come un pacchetto integrato, una sorta di “tutto compreso” dal quale non è sempre possibile prendere ciò che è buono ed eliminare ciò che è cattivo. Quanto accade non è tutto in sintonia con la volontà diretta di Dio. Perché la creazione comporta un’ autolimitazione del potere divino». Ritagli La teoria del tutto di Roberto Timossi Da quando ha scritto il celebre «Dal Big Bang ai buchi neri», Hawking ha sfondato il muro della notorietà tutta interna al mondo della scienza ed è penetrato nel nostro immaginario collettivo. Come lui stesso ha riconosciuto, deve molto della sua notorietà e del successo editoriale a una frase calata lì quasi per celia alla fine del suo primo best seller e ormai divenuta famosa: «Se perverremo a scoprire una teoria completa [del tutto], allora conosceremo la mente di Dio». Qualche anno dopo Hawking ha affermato di essere stato sul punto di tagliare questa frase, ma poi decise di non farlo. Il fatto che non abbia eliminato questo «explicit» non è casuale, ma dipende da un dato oggi ormai chiaro a tutti i suoi attenti lettori: Hawking ha assunto il problema di Dio come uno dei principali argomenti di riflessione e di discussione. E per lui, come per molti altri fisici e cosmologi, la questione dell’esistenza di Dio è direttamente connessa con l’origine dell’Universo, vale a dire con l’interrogativo capitale sulla necessità o meno di postulare la presenza di un Creatore intelligente per spiegare il cosmo. La stessa teoria del Big Bang quale spiegazione del J. Polkinghorne, Avvenire, 14.10.2004 momento iniziale di tutto ciò che esiste, se collegata col fatto che - come ha scritto lo stesso Hawking «qualsiasi modello ragionevole di universo deve Da uno scritto del giornalista Domenico Del Rio iniziare con una singolarità», con una condizione o con un evento unico nella storia dell’energia-materia, pone inesorabilmente la questione se il cosmo poteva «Ma il suo mestiere non è solo quello di perdonare, ma anche di assecondare chi crede alla sua parola» generarsi da sé, se l’ordine cosmico che osserviamo si giustifica da sé oppure richiede di ricorrere Un brigante, sul punto di va a me suo servo». per la sua generosità, se si pentirà dei all’intervento esterno! Perdonare: il mestiere di Dio morire, andò a sdraiarsi davanti alla porta di un monastero nel deserto egiziano. «Dio mi perdonerà», disse al monaco che era andato a soccorrerlo. «Come fai ad esserne così sicuro?». «Perché è il suo mestiere». Quello di perdonare (quindi, di amare) è uno splendido mestiere che, nella sua completezza, è probabilmente solo divino e non umano... Ma forse Dio non ha un mestiere solo. Per una variante sul tema, al breve apologo cristiano del brigante se ne può aggiungere un altro islamico. C’era un uomo sulle montagne del Marocco, cui le faccende non andavano per niente bene e perciò decise di recarsi da Dio. Si mise in cammino e arrivò alla grotta di un eremita che Dio soccorreva miracolosamente ogni giorno con un pane d’orzo e un grappolo d’uva nera. L’uomo chiese ospitalità e Dio inviò alla grotta anche un pane di grano e un grappolo d’uva bianca, che l’eremita si affrettò a tenere per sé, mentre all’ospite diede il pane d’orzo e l’uva nera. Al mattino, quando seppe che l’uomo voleva andare da Dio, l’eremita gli disse: «Quando lo vedrai, chiedigli quale sarà il posto in Paradiso che egli riser- Indialogo_settembre2011.indd 3 L’uomo riprese il cammino e la sera si fermò alla porta di una casa solitaria. «Datemi ospitalità per amore di Dio», chiese alla donna venuta ad aprire. «Per carità, fuggi - gli gridò la donna -, mio marito è un assassino. Ha già ucciso 99 persone, e tu saresti la centesima vittima». In quel momento arrivò il marito. «No - disse alla moglie -, non mandarlo via, poiché ha chiesto asilo in nome di Dio». Al mattino, quando seppe che l’uomo andava da Dio, l’assassino gli disse: «Domandagli quale posto mi riserva all’Inferno». L’uomo riprese la strada e finalmente Dio gli mandò incontro l’arcangelo Gabriele. «Dice Dio - gli riferì l’arcangelo - che tu ritorni a casa tua e ti metta ad ingrandire il tuo recinto. In quanto agli altri, il Signore manda a dire all’eremita che, per la sua superbia e per la sua falsa carità, il suo posto è all’Inferno. Fai sapere all’uomo assassino che, suoi delitti, avrà un posto in Paradiso». L’uomo ritornò a casa e cominciò a lavorare per ingrandire il proprio recinto, sebbene non ne conoscesse la ragione. «Perché mai lo fa - diceva la gente -, se non ha niente da metterci dentro?». Il nostro uomo si coricò la sera stanco, e al mattino trovò il recinto pieno di buoi, di pecore e di cammelli. Volendo trarre una rapida morale da questi racconti, potrebbe venir fuori che il mestiere di Dio non è solo quello di perdonare, ma anche di assecondare chi crede alla sua parola e magari gliela rinfaccia, di sistemare a dovere chi lo cerca e gli dà ascolto, anche senza conoscere bene le ragioni del suo volere. In quanto poi a che cosa dire materialmente, spiritualmente o soprannaturalmente, abbondanza di buoi, di pecore e di cammelli, questa è un’altra questione ancora. Il cristianesimo è una religione ricca di pathos di Paul Veyne, storico Il cristianesimo è una religione ricca di pathos nel senso originario del termine, cioè che tocca l’individuo fin nel suo profondo. Innanzitutto perché, rispetto alle religioni precedenti, Dio è un’entità incommensurabile che ingloba tutto. Dunque, Dio non è più un’entità estranea all’individuo, né una delle tre diverse specie viventi - uomini, animali e dei - che vivono nello stesso mondo dei pagani, godendo della stessa luce e respirando la stessa aria. Dio non abita il mondo, ma l’ha invece concepito. In secondo luogo, gli dei del paganesimo non sembrano occuparsi degli uomini e gli individui attendono una morte che li lascerà negli inferi o nel nulla. Nel cristianesimo, invece, gli individui fanno parte di un piano cosmico che è la chiave del mondo intero. Il cristianesimo pone l’avventura personale a un livello eterno ed immortale per certi aspetti vicino a quanto i maggiori filosofi hanno potuto immaginare di più grandioso. Ogni individuo è in qualche modo La Stampa, 27.02.2009 anch’egli al centro del mondo e dell’eternità. 31/08/2011 0.10.34 Progetto culturale Pag. 4 Settembre 2011 La Parrocchia/ 6 - di Don Primo Mazzolari Il materialismo in terra cristiana Dal cap. 5 del libretto di Don Primo Mazzolari “LA PARROCCHIA” Capitolo V/b Non credo di essere un materialista, né penso che l’uomo quando abbia mangiato abbia tutto; però, se il giovane, custodito fino a 12-14 anni, non trova lavoro né casa rischia di pensare col Vangelo che “altre cose si dovevano fare senza trascurare queste”. E poi, quando abbiamo costruito una chiesa di pietra o un oratorio “moderno”, se la gente non ci viene e li fa “suoi” qual è il guadagno? Talvolta, osservando la febbre costruttiva che sta occupando un po’ tutti i parroci - qualcuno l’ha chiamata “il male della pietra” – mi viene il dubbio se essa non sia, per caso, un surrogato di un’insufficienza spirituale. Un’altra volta il “di fuori” prima del “di dentro”, il “sabato” prima dell’ “uomo”. La tentazione mira a capovolgere non soltanto i valori ma anche a dare una falsa fiducia che viene ben presto scontata da grossi avvilimenti. Quando ci si accorge che abbiamo ammucchiato delle pietre e che le pietre, da sole, non rendono gloria a Dio, prende lo scoramento. Conosco tanti giovani parroci che vivono da rassegnati dopo aver tentato di risolvere certe difficoltà, gettandosi in un’attività più edile che spirituale. Il materialismo - non dimentichiamolo - ha tanti modi di farsi strada anche in terra cristiana, e questo è uno dei valichi meno sorvegliati, anche perché benedetto e gratificato dalla compiacente approvazione dell’autorità, la quale misura a volte l’attività di un parroco in cura d’anime dai milioni che egli ha saputo spendere. E adesso ci sarebbe da parlare di campane, di feste, di congressi, e di tante altre belle cose. Benché sia un innamorato delle campane e della loro poesia, ho sempre il rimorso di aver dovuto spendere più di un milione per restituire al mio campanile le campane che i tedeschi gli avevano rubato. Di certe feste troppo dispendiose, che illudono, esauriscono, ingannano più che edificare ricorderò solo quanto scriveva tempo fa un grande vescovo italiano: “E adesso, basta con le feste: mettiamoci a lavorare sul serio: c’è tanto da fare”. Come sono schiaffi al povero l’ostentazione del lusso e del godimento di certi ricchi, così non giovano alla pazienza, alla fiducia e all’edificazione di esso chiese troppo ricche e funzioni troppo dispendiose. Per avere un cuore di pastore non è necessario un pastorale e un calice d’oro; per onorare la Madonna non è necessario spendere milioni in luminarie o in nuovi conventi, quando tanti suoi figli mancano del necessario. Direte che questo è “pauperismo”. Lo direte dopo, in questo momento vi manca il coraggio di pensarlo, se pensate ai poveri col vostro cuore di buoni parrocchiani. La tradizione della Chiesa, la grande tradizione della Chiesa, ha battuto questa strada. Papi, vescovi, parroci santi hanno venduto per la fame dei poveri opere d’arte e perfino i vasi sacri. Io venderei un Raffaello, un Michelangelo, un Della Robbia piuttosto di veder patire la mia povera gente. E oso aggiungere che sarebbe forse la maniera di risolvere la crisi dell’arte sacra. Il Signore restituirebbe, per la gioia dei poveri, a molti nostri artisti quella fede che sola può ispirare una grande arte cristiana. Una parola sui convegni, sulle settimane, sui raduni ecc. Non vi pare che ci sia un po’ d’epidemia? Le stesse brave persone che parlano, le stesse brave persone che ascoltano, battono le mani, compilano ordini del giorno e telegrammi... L’accademia ci prende la mano. Qualche “voto” di meno, e qualche opera di più per la visibilità della parrocchia, sarebbe più nello spirito del Vangelo e nella tradizione della Chiesa. Primo Mazzolari, La parrocchia,. EDB (6, continua) Lo psicologo: “la preghiera aiuta a perdonare” L’Association for Psychological Science ha pubblicato di recente i risultati di una particolare ricerca, la quale dimostra che la preghiera aiuta effettivamente a perdonare il proprio partner quando ha tradito la nostra fiducia o ci ha offeso. Sul sito della Associazione si legge che le constatazioni iniziali sono state queste: tutti siamo colpevoli di offendere il proprio partner e 9 americani su 10 hanno dichiarato di pregare, almeno occasionalmente. Il dipartimento di Psicologia della Florida State University, guidato da Nathaniel Lambert, ha voluto unire questi due fattori e si è domandato: è possibile che la preghiera aiuti a conservare il rapporto e a facilitare il perdono? Lambert ed i suoi colleghi hanno deciso di testare scientificamente questa ipotesi. Uno degli esperimenti si è svolto così: un gruppo formato da uomini e donne ha rivolto una preghiera a Dio chiedendo un aiuto a migliorare il rapporto con il proprio partner. Contemporaneamente un altro gruppo ha semplicemente descritto i propri rispettivi partners parlando in un registratore. Gli psicologi hanno poi testato l’effetto “perdono”, identificandolo con la diminuzione dei sentimenti negativi iniziali che si verificano quando c’è una discussione o una lite. I loro risultati hanno mostrato che in coloro che hanno pregato sono effettivamente diminuiti i pensieri di vendetta verso il proprio partner e sono risultati più disposti a perdonare e andare avanti. Gli esperimenti sono proseguiti su tempi e test più prolungati che si possono leggere nell’articolo indicato. Gli psicologi hanno cercato di spiegare questi sorprendenti risultati senza potersi esprimere evidentemente sull’intervento diretto di Dio. Essi si sono pronuciati solo sulle conseguenze:«Dopo un tradimento o un’offesa, la vittima fissa irremovibilmente l’attenzione al sé cognitivo. La preghiera invece sembra avere la capacità e la forza di spostare l’attenzione dal sé agli altri, consentendo la diminuzione dei risentimenti». Sintesi da www.uccronline.it I nuovi preti Essere prete oggi di Roberto Repole C’è chi ne discorre fingendo, in un modo o nell’altro, che la vita del prete di oggi non presenti nessuna particolare difficoltà od insidia, se non quelle dovute allo scarso impegno dei sacerdoti; e ne parla come se fosse sostanzialmente identico essere preti nel contesto della postmodernità, di un mondo globalizzato e di una società secolarizzata o a fine ‘800 e ad inizio del ‘900. E c’è chi, all’inverso, è così propenso a rimarcare gli inediti problemi cui si troverebbe a dover rispondere e l’assoluta novità culturale in cui si troverebbe a vivere ed agire il prete di oggi da rendere sostanzialmente improponibile, se non per mitici super-eroi, un tale ministero. Nell’uno e nell’altro caso, ciò che viene impunemente eroso è la speranza: perché né l’ottimismo a buon mercato né il pessimismo tragico sono capaci di offrire quella speranza che può nascere solo da uno sguardo realistico sulle cose. Il libro di Ferretti è un atto di speranza perché parla del prete così come egli si trova ad essere e vivere all’interno di un contesto culturale anche sensibilmente mutato rispetto ad alcuni decenni fa... Addita un modo di essere fedeli alla propria identità nell’atto stesso in cui si è fedeli al mondo ed alla cultura di oggi che attendono, come ogni mondo ed ogni cultura, l’annuncio dell’Evangelo di Cristo... Non esiste il prete “in vitro”, a prescindere dalla Chiesa concreta di cui fa parte e dal mondo in cui quella Chiesa è concretamente immersa... Bisogna pensare l’identità del prete diocesano “non tanto in riferimento ad un modello ideale astratto, quanto a partire da quell’identità concreta che si è andata costruendo e che si va costruendo nella nostra storia concreta”. E questo perché quella del prete non si può pensare come l’identità di un uomo “in sé e da sé”, a prescindere dalla Chiesa che serve e dal mondo di cui la Chiesa fa parte. “Non siamo una ‘casta a sé’ - dice ancora Ferretti- e neppure dei ‘religiosi’ che hanno fuggito il mondo, il saeculum. Siamo sacerdoti ‘secolari’ (…). In un certo senso potremmo dire che siamo identificati anzitutto da quel ‘pro mundi vita’ che caratterizza la ‘carne di Cristo’ - la persona di Cristo - data/offerta come ‘pane’ per la vita del mondo (Gv 6,31)”... Quanto più si salvaguarda la concreta “incarnazione” del prete in questo nostro oggi, tanto più se ne può evidenziare l’analogia con la carne di Cristo, caratterizzata dall’esserci in funzione della vita del mondo. Ma non varrà allora anche il contrario, ovvero che quanto più ci attestiamo in una riflessione del prete che prescinda da questo nostro oggi, tanto più tradiamo la verità di quelle formule che ci fanno parlare del prete come di colui che “agisce in persona di Cristo” e che, in qualche modo, dall’introduzione di Roberto Repole, a G. Ferretti, Essere prete oggi - Quattro meditazioni sull’identità del prete, LDC, Leumann 2009, 110 pagine Centro Formazione Professionale Sede di Pinerolo Via Regis, 34 - Pinerolo tel. 0121.76675 - [email protected] www.engimpinerolo.it Indialogo_settembre2011.indd 4 31/08/2011 0.10.36 Focus Pag. 5 L.Alici: “L’antitesi alla fede è l’idolatria, non l’ateismo” «In superficie gli idoli cambiano in maniera vorticosa, ma in profondità c’è un costante problema cruciale: il narcisismo. L’uomo si illude di poter rinunciare all’infinito in maniera indolore innamorandosi di sé stesso come se lui fosse il vero infinito». Quali gli idoli più appariscenti? «Le idolatrie fondamentali sono quelle dell’avere, del potere, del piacere e si manifestano nel conseguimento di obiettivi molto piccoli: l’ultimo telefonino, la televisione ad alta definizione, la seconda casa, la boutique preferita, le vacanze pianificate, il comfort sempre al primo posto e qualche avventura sentimentale». I sintomi sono chiari e ricorrenti? «I sintomi attraverso cui si manifesta il narcisismo sono la velocità e l’idolatria del consenso. La velocità è il modo per mascherare lo sradicamento dell’uomo contemporaneo: significa fragilità dei rapporti, il sospetto nei confronti di tutti i rapporti fondati sul patto di stabilità e fedeltà, come il matrimonio o una vocazione religiosa». Lei dice: «Il contrario della fede non è l’incredulità, è l’idolatria». Cosa intende? «Nella Scrittura l’antitesi estrema nella fede nel Dio unico è l’idolatria e non l’ateismo. Da un certo punto di vista l’ateo è colui che si pone la stessa domanda del credente, anche se poi non trova una risposta. Ma l’ateo autentico ritiene rilevante misurarsi con la domanda su Dio, mentre il fenomeno idolatrico nasce voltando le spalle alla domanda su Dio, presumendo che gli idoli possano saziare la sete d’infinito. L’idolatria, dunque, non è atea, è molto più che atea». Che significa, allora, vivere nell’epoca delle idolatrie? «Significa assumere l’idolatria come espressione diretta del paganesimo. Ed oggi viviamo in un tempo di neo paganesimo, che è un altro modo di credere. L’ateismo ci fa quasi illudere che sia possibile vivere senza fede, l’idolatria non oppone il credere al non credere, ma il credere al Dio unico al credere in idoli finiti, in tanti assoluti terrestri. Il nostro tempo vive una forma patologica del credere». Anche i territori delle religioni sono abitati da idoli? […] «Oggi esistono tre pericoli prevalenti: l’idolatria del sacro, cioè l’illusione che si possa surrogare una mancanza di fede con un surplus di religione, di ritualità vuota; l’idolatria dell’appartenenza, cioè il pensare che il legame diretto con il mio gruppo possa sostituire il respiro universale della comunità cristiana nella sua cattolicità; l’idolatria della legge, come tentazione burocratica nella vita cristiana, per cui ci si illude di inseguire la complessità esterna, moltiplicando una complessità interna di iniziative, convegni, documenti in cui si rischia di perdere di vista l’essenziale». Aurelio Molè in Città Nuova, n.2, 2010 A. Poggi: “Rivedere l’associazione del corpo alla politica” Il tema che più anima il dialogo tra laici e cattolici è stato per molto tempo quello dell’inizio della vita. Recentemente, per effetto del moltiplicarsi di casi di persone che si trovano in stato di «non morte» quel dialogo sta inglobando il fronte della fine della vita. Le tradizioni culturali e le fedi religiose che si sono cimentate nei discorsi sulla morte devono oggi confrontarsi con bisogni collettivi e orizzonti esistenziali del tutto sconosciuti. E’ una sfida che non possiamo non accettare perché anche attraverso di essa potremo finalmente decifrare quello che la rottura post novecentesca ha determinato nel nostro essere credenti o non credenti, comunque cittadini e dunque necessariamente impegnati nella continua costruzione e ricostruzione del vivere comunitario. Tra tali sfide quella sicuramente più difficile è quella di rivedere o ripensare uno dei cardini del Novecento: quella che Giovanni De Luna definisce l’associazione del corpo alla politica. Tale associazione ha investito indistintamente regimi totalitari e regimi democratici. Lo stato sociale che si prende sempre più cura dei suoi cittadini, in aspetti sempre più penetranti della vita personale e sociale, inevitabilmente ingloba nella sua sovranità anche l’esercizio del potere sui loro corpi. Oggi assistiamo ad un paradosso: ad uno Stato a cui si sono chiesti molti passi indietro in molteplici aspetti che investono la vita delle persone si affida, invece, o si vorrebbe affidare il potere di determinare l’inizio della vita e la sua fine, rafforzandone e dilatandone, in tal modo, l’essenza biopolitica. Anna M. Poggi, La Stampa, 30.08.10 John Armstrong: “Oggi le civiltà sono appannate” La parola “civiltà” può avere molti, differenti significati. Qual è il suo significato nel mondo globalizzato contemporaneo? «Penso che la sfida sia dare alla parola “civiltà” un significato importante. Non è un problema empirico, ma una ricerca di ideali. La situazione globale è quella di un mondo che sta vivendo un rapido sviluppo economico e tecnologico nonostante la recente crisi dei liberi mercati. In tutto il globo, le persone responsabili delle diverse società stanno affrontando lo stesso problema, e cioè come utilizzare queste nuove risorse nel modo migliore. L’ideale della civiltà è riuscire a integrare la prosperità materiale con quella spirituale» ... «“Civiltà” è diventata una parola legata all’espansione coloniale e, nel campo dell’arte, a interessi materiali. Quando rifiutiamo, come è giusto, questi modi di pensare, rifiutiamo contemporaneamente l’idea stessa di civiltà. La filosofia è l’arte di separare e distinguere, che ci permette di vedere al di là delle apparenze, concentrandoci sulle potenzialità positive della parola “civiltà”» Possiamo essere ottimisti per il futuro che ci aspetta? «Dobbiamo avere delle speranze Hanno detto Ci troviamo di fronte a uno scenario complesso rappresentato da un mondo che si è impoverito. Allo stesso tempo stiamo assistendo a un ridisegnamento della mappa mondiale. Il mondo sta cambiando rapidamente e allo stesso tempo c’è una riallocazione della ricchezza e della povertà. Gianluca Verzelli, vicedirettore Banca Akros, La Stampa 8.8.2011 Indialogo_settembre2011.indd 5 realistiche di miglioramento – i buoni risultati sono possibili, ma bisogna avere un’intelligenza paziente per dedicarsi alle grandi imprese. Ma un eccesso di ottimismo uccide lo sforzo, perché si pensa che il risultato sia vicino o facile da raggiungere. Sono ottimista nel senso che generalmente credo che la gente sia in grado di capire e di volere le cose buone (la maggior parte delle persone desidera l’amore, la gentilezza, la saggezza e la bellezza). Quindi, in fondo, nutro molte speranze. Ma a un livello più generale sono piuttosto preoccupato» Avvenire, 21.11.2009 Settembre 2011 Decaloghi moderni Decalogo della mondialità a cura di Cem/Mondialità 1. Io sono parte di un tutto e non isola/isolato. 2. Il mondo non ruota attorno alla mia patria, ma è comunità di popoli. 3. Le differenze non sono pericoli, ma valori/ risorse/diritti da comporre in convivialità. 4. La solidarietà in tutte le sue forme è un imperativo, senza di essa continueremo ad essere “tribali”. 5. La dichiarazione dei diritti umani è e dev’essere universale e attingere i più poveri, gli esclusi, le vittime dell’ingiustizia… 6. Il nostro tempo ha bisogno di una cultura della pace, come superamento di ogni razzismo, colonialismo, intolleranza. 7. Il dialogo Nord-Sud ci interpella come individui e come nazione. 8. I mass media devono dare pari opportunità agli abitanti del pianeta che essi resero “villaggio globale”. 9. Le chiese si incontrano nell’ecumenismo; le religioni nel dialogo religioso. 10. La natura e l’ambiente sono l’eredità che abbiamo ricevuto e dobbiamo trasmetterli sani ai nostri figli Dalla rivista Cem/Mondialità Le parole lasciano impronte Il mondo è fatto di parole. Non neutre. Né senza storia. La storia delle parole fa la storia di molte persone. A volte le parole segnano. Altre volte salvano, oppure condannano. Le parole hanno sesso, colore, nazionalità, cultura, religione e sentimenti. Hanno più o meno potere o sono indifese. Hanno diritti. Ci sono parole che vengono da lontano, ma non hanno diritti, e quindi sono parole senza parole. Ci sono invece quelle che si impongono. Parole su tutte le altre. Ma le parole si possono cambiare, inventare, scambiare. Chi lavora nell’informazione, lavora con le parole. Con le immagini delle parole. L’informazione che rispetta, usa parole che rispettano. Le parole sono come le persone. Le persone di cui spesso l’informazione racconta, sono persone che vengono seppellite dalle parole, usate dalle parole. Migrante è una parola, che ne richiama altre: viaggio, ricerca, fuga, diritti, lavoro, felicità, novità. Extracomunitari ne richiama altre ancora: diversità, alieno, straniero, “al di fuori”. Clandestino: fuorilegge, criminalità, pericolo. Vogliamo chiedere a chi fa informazione, a chi lavora nell’informazione di non usare con leggerezza parole ambigue, irrispettose, svilenti. Vi chiediamo di trovare le parole appropriate, per raccontare rappresentare i migranti. Le parole ci fanno conoscere gli uni con gli altri. Per conoscerci bisogna trovare le parole giuste. Vogliamo aiutarvi: vi suggeriamo alcune parole, che non feriscono, non condannano, non emarginano. Che non umiliano. Le potete, le dovreste, utilizzare al posto delle parole ingiuste. Le parole lasciano impronte. Non dimenticatelo. Campagna di sensibilizzazione al giusto uso delle parole nell’informazione: www. leparolelascianoimpronte.org 31/08/2011 0.10.37 Documenti Pag. 6 Settembre 2011 Il dibattito nella chiesa valdese sulla benedizione delle coppie omosessuali Un riferimento anche al Diritto Canonico Considerazioni sul “bonum prolis” e il “bonum coniugum”, elementi fondanti dell’unione matrimoniale Nel pur ampio dibattito che c’è stato e certamente ancora ci sarà intorno all’unione di due persone dello stesso sesso mi permetto di aggiungere un’ulteriore considerazione, che mi viene suggerita – sorpresa! – dal diritto canonico, cioè dall’ordinamento giuridico-dottrinale della Chiesa cattolica. In passato, sulla scia di una tradizione plurisecolare, nel determinare i fini obbligatori del matrimonio il Codice canonico ne indicava tre, di cui uno principale, il bonum prolis (il fine della procreazione) e due secondari, il mutuum adiutorium (il sostegno reciproco) e il remedium concupiscientiae (antidoto contro la concupiscenza). Già questo approccio tradizionale, a mio parere, offriva un appiglio alle considerazioni che seguono, ma nel frattempo, grazie al Concilio Vaticano II ma anche a tutta un’elaborazione successiva, il nuovo Codice di Diritto canonico, promulgato nel 1983, ha introdotto, con il canone 1057, significative novità. Intanto, è scomparso il remedium concupiscientiae, retaggio di un’interpretazione di una parola dell’apostolo Paolo («meglio sposarsi che ardere») estrapolata dal clima di imminente attesa della parusia in cui fu scritta; inoltre, i fini sono ora soltanto due, con pari dignità, cioè senza più distinzione fra fine primario e fine secondario: bonum prolis e bonum coniugum. Il Codice non fornisce una definizione di questo secondo fine, il bene dei coniugi, ma su una cosa gli studiosi sembrano concordi: si tratta di un concetto molto più ampio del precedente «aiuto reciproco», e segnala una progressiva attenuazione della concezione quasi esclusivamente centrata sull’obbligo della procreazione in favore di una maggiore valorizzazione dell’amore coniugale. A conforto di questa tesi si citano documenti ufficiali come la Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Moderno, la quale descrive l’amore coniugale come un amore «eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà; abbraccia il bene di tutta la persona, e perciò ha la possibilità di arricchire di particolare dignità i sentimenti dell’animo (…) e di nobilitarli come elementi e segni speciali dell’amicizia coniugale (…) conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi, provato da Indialogo_settembre2011.indd 6 sentimenti e gesti di tenerezza, e pervade tutta quanta la vita dei coniugi». La Costituzione sottolinea pure «l’uguale dignità personale sia dell’uomo che della donna», affermando che «deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno amore». Dodici anni vissuti da mia moglie così (e cito soltanto alcuni momenti): mai fermarsi di fronte alle diagnosi infauste, cercare ogni volta il centro più adeguato – Parigi, Roma, Milano, Firenze –, affrontare ogni nuova insorgenza senza arrendersi mai; spendere i giorni di ferie per le visite, le operazioni, le convalescenze, le terapie; assicurare assistenza continua nelle settimane di immobilità; mesi di quotidiano rientro affannoso dal lavoro a casa, per trasportarmi in tempo in un centro di riabilitazione e qui aiutarmi a svestirmi, aspettare due ore, rivestirmi, riportarmi a casa... Questa lunga battaglia ha prodotto risultati sorprendenti, rispetto alle attese, in termini di mobilità e autonomia, ma la pienezza e la serenità della mia vita attuale sono tuttora assicurate da interventi di supporto e di accompagnamento. Dodici anni: io so, sì, io so che cos’è il bonum coniugum! E mi rifiuto di accettare il fatto che, quando tale bonum si realizza fra persone dello stesso sesso, loro non possano ricevere il riconoscimento della società civile, le possibilità offerte alla coppia «regolare» e il calore di una comunità di fede che invoca la benedizione di Dio sulla loro unione. Renato Maiocchi, Riforma, 15 luglio 2011 Da qui la mia sommessa considerazione. Se i due fini del matrimonio, la procreazione e l’amore coniugale, sono entrambi indispensabili affinché il matrimonio stesso sia valido, perché la Chiesa cattolica non ha mai ostacolato il matrimonio di nubendi ultraottantenni, per i quali, quantomeno per la donna, la possibilità di procreare è, a viste umane, preclusa? Evidentemente in questo caso il bonum coniugum, l’amore coniugale con tutto il suo significato, è pienamente sufficiente a dare sostanza e legittimità al matrimonio. E per chi obbiettasse che qui l’assenza del bonum prolis è probabile ma non del tutto esclusa c’è anche un caso 100 anni fa nasceva il massmediologo canadese in cui viene espressamente prevista: mentre l’impotenza di uno dei coniugi (se antecedente «Dire che in Gesù Cristo il verbo si è e i concetti e non si esce perché non si è al matrimonio) è causa di nullità fatto carne è una formula teologica. È d’accordo. (canone 1084, § 1), la sterilità la rappresentazione. Ma dire che Cristo Per uscire dalla Chiesa bisogna perdere della donna non lo è mai (canone raggiunge tutti gli uomini, i barboni, la fede, non farne più parte. Possia1084, § 3). Dunque, il bonum i mendicanti, i falliti, è la realtà, nei mo essere certi che quelli che lasciano prolis può legittimamente tanti effetti secondari e nascosti che la Chiesa hanno smesso di pregare. La mancare, e il bonum coniugum non percepiamo facilmente. A dire il partecipazione attiva alla preghiera e assurge a fine unico fondante di vero, soltanto quando il cristianesimo ai sacramenti della Chiesa non si opera una piena ed autentica unione è esperienza vissuta, il medium diventa in maniera intellettuale. Ogni cattolico matrimoniale. Ora, si potrà realmente il messaggio. A questo che si dice oggi in disaccordo con essere implacabilmente contrari livello, rappresentazione e la Chiesa è vittima di un’illusione, non si può all’unione di due persone dello realtà coincidono di nuovo. non essere d’accordo stesso sesso per altre ragioni, Tutto questo è ugualmente intellettualmente con la ma non si può negare che il valido per la lettura della Chiesa. Non significa bonum coniugum, così inteso, Bibbia. Spesso parliamo del contenuto delle Scritture, niente. La Chiesa possa essere da esse pienamente supponendo che il contenuto non è un’istituzione perseguito. intellettuale. È un Questo non vuol dire confondere sia il messaggio. Ma è falso. Il vero contenuto della istituzione sovraumana». le due situazioni, matrimonio e «Il latino non è una coppia omosessuale, né volerle Bibbia è la persona stessa che la sta leggendo. Quando vittima del Vaticano II, forzatamente assimilare: ciò che leggono, alcuni intendono altri no. Tutti ma dell’introduzione del microfono nelle conta è che entrambe, nella loro hanno accesso alla parola di Dio, ognuno chiese. Una quantità di gente, inclusa la diversità, vengano riconosciute è quello che contiene; ma solo alcuni gerarchia, si lamenta della scomparsa dalla società civile come nuclei fondati su una relazione percepiscono realmente il messaggio. del latino nella Chiesa cattolica, senza stabile d’amore, ai quali far Il messaggio non è nelle parole ma capire che è stata il risultato della stessa corrispondere diritti e doveri nell’effetto che esse producono. È la innovazione tecnica da loro accolta con conversione». tanto entusiasmo. Il latino è una forma correlati a questa diversità. «Non sono affatto entrato nella Chie- molto cool di espressione verbale, nella sa come un qualcuno che ha assimilato quale il bisbiglio e il mormorio giocano Se mi è permessa una la dottrina cattolica. Ci sono entrato in un ruolo importante. Ora, il microfono testimonianza personale, io sono ginocchio. È il solo modo per entrarci. rende insostenibile un “borbottare” regolarmente sposato da 39 anni. Quando la gente comincia a pregare, indistinto, accentua e intensifica tutti i Da dodici anni a questa parte ha bisogno di verità e basta. La porta suoni del latino fino al punto di togliere combatto contro una sequela di d’ingresso alla Chiesa non sono le idee loro ogni portata». tumori, sia benigni sia maligni. Mc Luhan: «In chiesa si entra in ginocchio» 31/08/2011 0.10.38 Orizzonti aperti Pag. 7 Al cuore della fede - 11 Secondo la Caritas in veritate di Benedetto XVI La Chiesa a servizio di Dio e del mondo LariletturadellaPopulorumprogressio, a oltre quarant’anni dalla pubblicazione, sollecita a rimanere fedeli al suo messaggio di carità e di verità [...] Il Concilio approfondì quanto appartiene da sempre alla verità della fede, ossia che la Chiesa, essendo a servizio di Dio, è a servizio del mondo in termini di amore e di verità. Proprio da questa visione partiva Paolo VI per comunicarci due grandi verità. La prima è che tutta la Chiesa, in tutto il suo essere e il suo agire, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo. Essa ha un ruolo pubblico che non si esaurisce nelle sue attività di assistenza o di educazione, ma rivela tutte le proprie energie a servizio della promozione dell’uomo e della fraternità universale quando può valersi di un regime di libertà. In non pochi casi tale libertà è impedita da divieti e da persecuzioni o è anche limitata quando la presenza pubblica della Chiesa viene ridotta unicamente alle sue attività caritative. La seconda verità è che l’autentico sviluppo dell’uomo riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione. Senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro. Chiuso dentro la storia, esso è esposto al rischio di ridursi al solo incremento dell’avere; l’umanità perde così il coraggio di essere disponibile per i beni più alti, per le grandi e disinteressate iniziative sollecitate dalla carità universale. L’uomo non si sviluppa con le sole proprie forze, né lo sviluppo gli può essere semplicemente dato dall’esterno. Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 11 Bianco/Nero 7 persone su 10 sono religiose Un sondaggio Ipsos MORI, il secondo ente di ricerca più grande del Regno Unito, ha scoperto che la religione è molto importante per le persone di tutto il mondo. L’indagine globale ha esaminato le opinioni di oltre 18.000 persone in 24 paesi, tra cui Regno Unito e Stati Uniti. 7 su 10 intervistati hanno detto di essere religiosi e i musulmani hanno mostrato più appartenenza alla loro fede dei cristiani. Globalmente, la fede religiosa è risultata essere molto importante sopratutto per i giovani. Quasi tre quarti (73%) al di sotto dei 35 anni, ha dichiarato che la loro religione o la loro fede è importante nella loro vita. Ben Page, amministratore delegato di Ipsos MORI, ha dichiarato: «L’indagine è un buon promemoria per molti nell’Europa occidentale, su quanto conti la religione – e sia una forza di bene – in gran parte del mondo. La nostra analisi mostra che le persone preferiscono tenere la politica separata dalla religione, ma anche che in un mondo globalizzato, conta ancora di più di quanto molti pensano». www.uccronline.it., luglio 2011 Turismo, estetica e spiritualità Il duomo di Sovana in Maremma Nei secoli centrali del Medioevo i cristiani parvero “rivaleggiare tra loro per edificare chiese che fossero le une più belle delle altre. Era come se il mondo, scrollandosi, volesse spogliarsi della sua vecchiezza per vestirsi della veste bianca delle cattedrali”. Una di queste, nell’entroterra maremmano, è il duomo di Sovana, la cui mole possente, custode di storia e di silenzio, corona la modesta altura, antica acropoli, che chiude a occidente l’ormai piccolo borgo, già città illustre e patria di Ildebrando, papa col nome di Gregorio VII. Capolavoro dell’arte romanica, le sue mura sono decorate esternamente da figure fantastiche e mostruose: la sirena bicaudata, come nelle necropoli etrusche della zona, a ricordare forse la terra madre nella posizione della partoriente e il legame dell’elemento acqueo con la vita; il toro, simbolo di forza generatrice per il bestiame compagno dell’uomo nel duro lavoro dei campi; un arcaico cavaliere col braccio alzato a brandire la spada; i due pavoni, uccelli paradisiaci, che si fronteggiano all’albero della vita; e poi ancora linee variamente ondulate e intrecciate, quasi vibrazione creatrice che pervade l’universo; Indialogo_settembre2011.indd 7 motivi floreali; palmette; un serpente; turali e della condizione umana si apre un cane che si morde la coda – trac- nell’incontro con Dio; il “mistero tacia di un’antica concezione ciclica del ciuto per secoli eterni” (Rom 16,25) è tempo? – e volti umani dallo sguardo svelato nel Cristo luce del mondo (cfr perso nell’infinito. Teste leonine sul Gv 8,12), Colui per mezzo del quale portale difendono l’ingresso, soglia e in vista del quale tutto è stato creato tra profano e sacro, punto di confine e (cfr Col 1,16) e nella cui luce siamo di passaggio fra contingente ed eterno. chiamati a realizzare la nostra vita. L’interno a tre navate, semplice, arE certo nella luce di Cristo visse S. monioso, raccolto e solenne ad un tempo, è intriso di una luce soffusa che si espande sotto le alte volte, evidenzia le crociere, fascia le colonne bicrome – Facciata esterna della cattedrale romanica di Sovana quasi scale che uniscono la terra al cielo -, dà vita Mamiliano: rifugiatosi nell’isola di ai capitelli istoriati con figure bibliche: Montecristo verso la fine del V secoAdamo ed Eva, Abramo con Sara e lo per sfuggire alla persecuzione dei Agar, il sacrificio di Isacco interrotto Vandali, venne a predicare il Vangelo dall’angelo, Mosè che separa le acque, a Sovana, di cui è patrono. Sepolto Daniele nella fossa dei leoni, e ancora nell’isola del Giglio, i suoi resti veni due uccelli che si abbeverano nero traslati a Sovana in età longobarallo stesso calice – vita attiva da o carolingia e sono oggi venerati e vita contemplativa alla stessa nella cripta sotto il presbiterio del duofonte -, l’aquila, teste di vitello, mo. Se la luce naturale rimanda a Dio, simboli arborei, palmette, ro- tanto più i credenti devono riflettere e sette, spirali. far brillare la luce di Cristo davanti a “Dio è luce e in Lui non vi sono tutti gli uomini (cfr LG 1). tenebre” (I Gv 1,5): l’enigma Franco Betteto del mondo con gli elementi na- Settembre 2011 NOTE DI LETTURA Non solo per profitto di Andrea Balbo Gilbert K. Chesterton, Tutti i racconti gialli e tutte le indagini di padre Brown, Newton Compton 2011 (seconda edizione), 14,90 euro. Perché un volume di gialli in questa rubrica? Per due motivi. Prima di tutto perché il suo autore, Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), è uno dei più originali e profondi interpreti e apologeti del cattolicesimo novecentesco, al quale approdò convertendosi dall’anglicanesimo, e merita di essere riscoperto (segnalo a questo proposito l’interessante blog della Società Chestertoniana Italiana: http://uomovivo.blogspot.com/); poi perché padre Brown - identificato in Italia da molti con il volto di Renato Rascel, che lo interpretò in alcuni sceneggiati degli anni Settanta - non è semplicemente un detective acuto e profondo, che risolve casi intricatissimi, ma un prete che agisce dando un colore cristiano - e cattolico - a quella empatia tra investigatore e criminale che caratterizza da sempre il giallo. Mettersi al posto del probabile colpevole, per padre Brown, significa non solo pensare come lui, ma cercare di interpretarne le motivazioni profonde. In un celebre scambio di battute tra il sacerdote e un colpevole appena individuato, a quest’ultimo che gli chiede se sia un diavolo Brown risponde: “Sono un uomo e pertanto ho tutti i diavoli nel cuore”. La risposta fa meditare: nella nostra tradizione umanistica la frase “Sono un uomo” ha come completamento quasi automatico il celebre e bellissimo detto che il poeta latino Terenzio mette in bocca a un personaggio di una sua commedia: “e non ritengo estraneo a me nulla di ciò che è umano” (homo sum: nihil humani a me alienum puto); padre Brown, invece, mette l’accento sul problema tragico del peccato e del male, sul senso dell’abisso che è nel cuore di ogni uomo e dal quale soltanto la rivelazione cristiana, con tutte le sue conseguenze pratiche, può sollevare. Padre Brown non condanna, ascolta, espone, sempre in modo umile e dimesso, e lascia libera scelta al colpevole, che può consegnarsi alla giustizia o portare su di sé il fardello delle colpe. La libera scelta finale, l’accettazione delle conseguenze delle proprie azioni e delle proprie parole, è strutturale nella visione di Chesterton e, a ben pensare, in quella autenticamente cristiana. Andrea Balbo 31/08/2011 0.10.39 Pag. 8 Cronaca bianca Settembre 2011 L’onda lunga che dal Nord Africa coinvolge l’Europa Cose dell’altro mondo Foresta amazzonica Suor Doroyhy prima “martire del creato” «Ora anche la “teologia del creato” ha la sua prima vittima testimoniale, come la definisce Valentino Salvoldi in Prima martire del creato (Paoline, pagine 206, euro 15), ricostruzione per metà biografica per metà riflessiva della vicenda di suor Dorothy Stang. Questo il nome della religiosa americana - avrebbe compiuto 80 anni il giugno scorso - caduta per mano di alcuni sicari (pagati da alcuni latifondisti) il 12 febbraio 2005 a Speranza, nello Stato del Parà, Brasile profondo. Una location drammaticamente predefinita per questo omicidio “nobile”, che ha riacceso i riflettori sulla piaga della deforestazione in Amazzonia, soprattutto per i suoi nocivi effetti rispetto alle popolazioni indigene. Ancor oggi il vescovo di Xingú, dom Erwin Krautler (di cui suor Stang fu amica e collaboratrice), vive sotto scorta per la sua opposizione a progetti di sfruttamento ambientale. Il Parà, regione dove operò la suora Usa - evidenzia Salvoldi - è riconosciuto come uno degli Stati brasiliani dove maggiormente regna la violenza contro i contadini indifesi e l’impunità degli assalitori: il 40% dei 1237 omicidi di lavoratori rurali in Brasile tra il 1985 e il 2001 si è verificato in questa zona; di questi 521 assassini, solo 13 hanno avuto un responsabile condannato in tribunale. Suor Stang presentiva il suo martirio. Furono diversi gli avvertimenti che negli anni costellarono la sua azione a difesa dei contadini minacciati dai fazendeiros, bramosi di impossessarsi della terra. La prima minaccia risale addirittura al 5 agosto 1970: suor Dorothy lavorava a Coroatà quando un commando di uomini armati fece irruzione nel centro parrocchiale minacciando le suore che qui riunivano la gente per educarla ai propri diritti. Nel novembre 1987, in una lettera, percepisce un presentimento interiore: «La nostra situazione qui peggiora di giorno in giorno: i ricchi moltiplicano i loro piani per sterminare i poveri, riducendoli alla fame. Ma Dio è buono con il suo popolo». E nel 2002 manda un messaggio esplicito ai suoi amici, dopodiché il sindaco di Anapu, sua ultima destinazione missionaria, se n’era uscito con un secco «dobbiamo sbarazzarci di questa donna se vogliamo vivere in pace»: «So che vogliono ammazzarmi, ma io non me ne vado. Il mio posto è qui con questa gente che è continuamente umiliata da quanti si ritengono potenti». Ultimo, profetico segnale: nel 2004 - l’anno prima di venir uccisa - suor Dorothy viene insignita con la “Medaglia di Chico Mendes” da parte dell’Organizzazione brasiliana degli avvocati per i diritti umani. L.Fazzini, Avvenire, 15 luglio 2011 Indialogo_settembre2011.indd 8 Una grande domanda di liberazione Le piazze come luogo di aggregazione e di costruzione di un progetto collettivo Il vento che soffia dalla cosiddetta “primavera araba” porta con sé un linguaggio nuovo. Le parole d’ordine di molti giovani nordafricani sono libertà, giustizia, democrazia, cittadinanza. L’Islam non sembra più rappresentare una grammatica della rivolta per una generazione istruita, cresciuta con internet e i socianetwork, desiderosa di immaginare un futuro diverso per il proprio Paese, secondo modalità che sembrano voler declinare nel contesto locale valori e espressioni politiche identificati con il mondo occidentale. Dopo un decennio all’insegna dello “scontro delle civiltà”, di virulento antioccidentalismo, di derive identitarie, sembra affermarsi con forza la volontà di esprimere in “dialetto locale” un desiderio profondo e universale di democrazia, nel senso più ampio e profondo del termine. Sale dal Nord Africa una grande domanda di liberazione, politica, sociale, ma forse ancor di più umana. È una generazione che ha saputo scuotersi dalla rassegnazione e pensare alla possibilità di un cambiamento. Ha voluto riappropriarsi dello spazio pubblico per affermare, in termini nuovi, il valore del pluralismo e le ragioni della convivenza. Piazza Tahrir a Il Cairo ne è il simbolo. Presa e tenuta da un popolo disarmato, la piazza ha visto per la prima volta, dopo anni di tensioni e violenze, cristiani e musulmani insieme chiedere una svolta per il proprio Paese. Il Nord Africa è in movimento. Da lì viene una lezione su cui riflettere: c’è una forza delle società civili che possono cambiare i destini di un Paese. Dalle piazze virtuali a quelle reali, lo spazio pubblico può essere riconquistato alla partecipazione dei singoli che appaiono oggi avere più potere di un tempo. Nel mondo globale il singolo ha più forza di quanto si pensi e le città stanno diventando sempre più gli epicentri di cambiamenti destinati a far sentire i loro effetti a livello globale. In fondo, in Spagna, Grecia e anche in Italia, in questi mesi si è tornati a vivere le piazze come spazio non tanto dello scontro, ma della costruzione di un progetto collettivo capace di tenere insieme le generazioni e le culture. Giorgio Del Zanna, Quaderni per la pace, n.2, 2011 Globalizzazione senza vincoli Che cosa non le piace della globalizzazione? «Io mi limito a fare una fotografia. Gli Stati si sono sempre fondati su due cardini: il potere (cioè fare le cose) e la politica (cioè immaginarle e organizzarle). La globalizzazione si muove senza politica. Ha bisogno di rapidità. Detesta i vincoli. Un po’ come la malavita. Le regole sono un ostacolo. Così i mercati più fiorenti nel mondo sono quello criminale e quello finanziario. Non importa se sono sporchi o puliti. Non fa riflettere?». Peggio oggi o nel 2007? «E’ lo stesso scenario. La follia del credito. C’è una crisi di valori fondamentali. L’unica cosa che conta è la crescita del Pil. E quando il mercato si ferma la società si blocca». L’ossessione dei consumi. «Già. Perdoni l’esempio, ma se lei fa un incidente in macchina l’economia ci guadagna. I medici lavorano. I fornitori di medicinali incassano e così il suo meccanico. Se lei invece entra nel cortile del vicino e gli dà una mano a tagliare la siepe compie un gesto antipatriottico perché il Pil non cresce. Questo è il tipo di economia che abbiamo rilanciato all’infinito. Se un bene passa da una mano all’altra senza scambio di denaro è uno scandalo». da intervista a Z. Bauman, La Stampa, 7.8.2011 I coniugi Casolo e Hanich Una comunità di famiglie, cultura e religioni diverse Beppe Casolo e Margherita Valentini, fermano i coniugi Casolo e Hanic, per- te attraverso assistenza genitori di tre figli e Mustapha Hanich mette di riscoprire e valorizzare il pro- domiciliare o progetti e Fatima Eddabi anche loro genitori di prio. L’ Albero della macedonia è stato di gruppo. La cooperatre figli, a Monticello Pavese, vivono ideato nel 2008 dalla cooperativa so- tiva Comin raggiunge nella stessa cascina dove accoglieran- ciale milanese Comin che si occupa di circa 2 mila minori e, no minori italiani e stranieri. Il nome bambini e famiglie e opera a Milano e negli ultimi anni, è credella loro comunità, che sarà una co- in diverse province della Lombardia da sciuta l’attenzione agli munità di famiglie, sarà: “L’Albero del- ben 35 anni. Vi lavorano 200 soci che stranieri e la volontà di la macedonia”. Presto, infatti, alle due si occupano di accoglienza di minori in accrescere il dialogo e l’integrazione. famiglie, una italiana e cristiana e una comunità educative o in famiglie seguiSimona Bruera maghrebina e muFinestra per il Medio Oriente sulmana, si aggiungeranno altre due famiglie. Tutto ciò Le lettere di Don Andrea Santoro 25 - In giro per la Turchia/2 allo scopo di accoNel viaggio nell’est della Turchia abbiamo letto ne- sericordia e di provvidenza, così siamo chiamati nel suo nome a gliere ciascuna due gli occhi di molti la tristezza. Non si lascia volentieri, condividere gli spazi per la fede, la vita, e l’avvenire di ognuno. bambini in affidaci dicevano alcuni giovani, la propria terra amata, Facile? Niente affatto. Ma possibile. mento. All’ingresbella, potenzialmente ricca, culla dei propri padri, ma Apartire da queste osservazioni vorrei trarre qualche conseguenza. so della cascina con la sofferenza nel cuore e spinti dalla necessità. - C’è bisogno di riseminare la presenza cristiana in queste terre, c’è un importante Pur senza vederlo con gli occhi abbiamo toccato una presenza che renda visibile il volto mite, umile, amoroso di elemento simbolico: un tavolino con quasi con mano e sentito nell’aria la tragedia che al finire dell’im- Cristo. Una presenza affidata a minuscole comunità di persone un leggio su cui pero ottomano ha toccato le popolazioni, quelle cristiane in par- singole e famiglie che parlino solo il linguaggio della preghiera, sono posati, uno ticolare, di questa immensa zona. Tragedie dalla complicata dell’amore di Dio, del lavoro quotidiano, dell’amore vissuto in accanto all’altro, la matrice politica militare, economica, culturale, religiosa che ha fraternità, della bontà spicciola verso tutti, dell’amicizia semplice Bibbia e il Corano. portato odio e morte e aperto ferite ancora oggi da rimarginare. e generosa verso i vicini, dell’umile dialogo quotidiano, della teUn apposito spazio A centinaia di migliaia sono state le vittime. Alcuni, veri e propri stimonianza vera e trasparente di Colui che abita nei nostri cuori. è utilizzato per la martiri della fede. Da una parte e dall’altra è scorso molto san- - C’è bisogno di chi creda profondamente nel dialogo, nell’unità e nella comunione e se ne assuma, corpo e anima, il peso e la preghiera comune. gue. Migliaia e migliaia di famiglie sono emigrate. La comunità vuole Ad una delle poche rimaste, nella zona di Tur Abdin, abbiamo fatica. C’è bisogno di cercare vie per parlarsi, conoscersi, capirsi... essere ecumenica chiesto: ma perché ve ne siete andati da questa terra cosi bella? - C’è bisogno che in Europa gente come voi sia disposta a capire e interreligiosa. La «Bella?», ci hanno risposto. «Ma questo è un paradiso! Non questo mondo così diverso dal nostro, questi vasti e vari popoli volontà è quella di l’avremmo mai lasciata se non spinti da necessità più grandi di che compongono il Medio Oriente […]. Bisogna essere disposti puntare, non sul- noi». Nessuno è senza colpa. Ognuno porta con se le sue respon- ad amare, a pregare, a entrare nel cuore sofferente di Dio che le differenze, ma sabilità, le sue ragioni, i suoi torti, le sue innocenze. geme per i suoi figli divisi. sull’apertura, va- Dio, unico testimone imparziale di tutto, è proprio Lui che in- - Infine c’è bisogno, per noi cristiani, di guardare a Cristo e di seguilorizzando ciò che vita i suoi “servitori” (come dicono i musulmani) e i suoi “fi- re Lui. Gesù ce l’aveva detto: «chi non rimane in me viene gettato accomuna le diver- gli” (come dicono i cristiani) a cercare l’uno il bene dell’altro, via come il tralcio e si secca». Tutto passa: solo la santità attraversa se visioni. Scoprire ad aprirsi l’uno ai diritti dell’altro, l’uno alla riconciliazione con i secoli e rischiara il mondo. Solo l’amore rimane. Si tratta in defiil “credo” altrui, af- l’altro. Come condividiamo in Dio 1’unica fonte di grazia, di mi- nitiva di cominciare a ridiventare semplicemente cristiani. Perché vado in Turchia 31/08/2011 0.10.40 Religione&Scuola Pag. 9 Settembre 2011 CINEFORUM Dal giornale degli studenti del Liceo “Porporato” di Pinerolo Persepolis Il giallo che è anche un modo d’essere Film per la catechesi e l’irc Regia di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud (2007) Considerazioni sul colore giallo che ha influenzato artisti, scrittori, politici... Se ci viene richiesto di associare il colo- aiutare persino in malattie quali l’anores- piegato per le tonache dei matti, per di- Teheran, 1978: Marjane, otto anni, re giallo con un elemento della nostra vita sia od in disturbi come l’eczema. stinguerli più facilmente dalle persone sogna di essere un profeta che salve- quotidiana la maggior parte di noi rispon- Per quanto riguarda l’abbigliamento si so- comuni, cosa ripresa successivamente rà il mondo. Educata da genitori mol- derà molto probabilmente il sole. stiene che chi indossa c a p i (nella seconda guerra mondiale) con la Recenti studi hanno dimostrato che i gialli è sicuro di sé, stella di David, anch’essa gialla, dandoci to moderni e particolarmente legata colori influiscono sul nostro comportadenotando inolcosì possibilità di riflettere sulla capacità a sua nonna, segue con trepidazione mento giornaliero, cosa di cui si era già tre una forte dell’uomo di rendere oggetti o situaziogli avvenimenti che porteranno alla accorto Pablo Picasso, che in un suo fa- personalità. ni apparentemente innocue, pericolose e Rivoluzione e provocheranno la camoso aforisma sosteneva: “I colori, come Insieme al ciadannose. duta dello Scià. i lineamenti, seguono i cambiamenti delle no ed al magenSecondo il Professor Ruggero Sicurelli Con l’instau- emozioni.” ta, il giallo è uno il colore ha un ruolo fondamentale nella razione della Prendiamo in esame il colore giallo. dei colori primari psicologia soprattutto per le sue sfumature ed associazioni, tesi che sostiene con i R e p u b b l i c a Esso è utilizzato nella cromoterapia per sottrattila sua numerosi modi di dire presenti nella noislamica inizia indicare l’estroversione, la crescita, il vi, mentre d’onda è com- stra lingua come l’essere “sbiancato” o il periodo dei cambiamento, stimolando l’attenzione e lunghezza la concentrazione (possiamo infatti ben presa tra i 565 e i 590 nanometri. “arrossito”, effetti che denotano due com“pasdaran” che notare l’utilizzo di questa tonalità cromaNella nostra quotidianità questo colore portamenti differenti del soggetto preso in controllano i tica nelle nostre aule scolastiche). ha assunto molteplici significati tra cui il esame. comportamen- Alcune ricerche sostengono che possa romanzo giallo di cui un esempio palese Dunque il colore non è semplicemente ti e i costumi può essere Agatha Christie, op- una caratteristica di un oggetto, ma è un pure nella nostra lingua l’espres- modo di essere, di intendere la vita e di dei cittadini. sione “E’ un giallo” indica il mi- vivere (per quel poco) liberi dagli schemi Marjane, che stero di un determinato evento come dei fanciulli, nella concezione di deve portare il velo, diventa rivoludi ed, infine, se pensiamo al codice Matisse: zionaria. Bruce Springsteen stradale questo colore denota un “ Il colore soprattutto, forse ancor più del La guerra contro l’Iraq provoca pericolo a cui il conducente di un disegno, è una liberazione.” bombardamenti, privazioni e la spaveicolo (od il passante) deve porSerravalle Francesca 5B Linguistico Gesù era un figlio unico rizione di parenti. La repressione re particolare attenzione. Onda d’urto, Maggio 2011 interna diventa ogni giorno più dura mentre saliva al Golgota Nell’antica Grecia veniva ime i genitori di Marjane decidono di Maria, sua madre, gli Tra i meandri dell’Africa mandarla a studiare in Austria per camminava accanto proteggerla. A Vienna, Marjane vive lungo il cammino che si tingeva del suo a 14 anni la sua seconda “rivoluziosangue Una storia scritta “a quattro mani insieme all’ ne”: l’adolescenza, la libertà, l’amoe due cuori”, una giovane coppia di ombra di quella re ma anche l’esilio, la solitudine, Gesù era un figlio unico sposi in viaggio di nozze e una serie breve ma densa la diversità. Sono rari i film di anid’ istantanee sul cuore dell’Africa: avventura. sulle colline di Nazareth mazione in grado di far percepire al sono questi i protagonisti di “Frutti I diciassette di baobab”. racconti che pubblico le difficoltà dell’esistenza mentre leggeva i Salmi di David Quando Stefania Raymondo e “costruiscono” di chi li ha ideati. Spesso impegno in ai piedi di sua madre. Joram Gabbio (insegnante nel il romanzo difesa dei diritti e qualità grafica non nostro liceo), autori e protagonisti, sono opera dell’ convivono. In questo caso il connu- Una madre prega: “Dormi bene, bambino finalmente sposi, hanno deciso di unione di una bio è perfettamente riuscito. Marja- mio, dormi bene perché io sarò al tuo fianco recarsi in Angola per il loro viaggio mano maschile ne Satrapi è riuscita a trasformare i così che nessuna ombra, nessuna oscurità, di nozze certo non si aspettavano che scrupolosa che quei colori, quelle figure e quelle riporta le quattro volumi nessuna campana a morto voci avrebbero dipinto nella loro memorie di quelle lunghe giornate, di fumetti in possa insinuarsi fra i tuoi Il cielo in una frase vita un passo importante. Eppure la di una mano femminile che netta ne cui raccontava, sogni questa notte” semplicità dei luoghi e, più di tutto, traccia i volti e di un “Qualcuno” di “Il socialismo è stato il tentativo con dolore e dei loro abitanti ha lasciato tracce più grande che riempie l’atmosfera dell’umanità di superare e di Nel giardino di Getsemani ironia, la proindelebili nel loro cammino. d’amore e di meraviglia. I paesaggi lasciarsi alle spalle la fase pria crescita L’ Angola è una terra povera, arida prendono finalmente vita e ci predatoria dello sviluppo umano”. pregava per la vita che non e afosa ma negli occhi dei bambini parlano di sé, si raccontano come ad come donna in avrebbe vissuto Albert Einstein del posto che giocano a fare i leoni, un vecchio amico. un Iran in rePregò il suo Padre celeste nelle mani sempre all’ opera di Basta sfogliare le pagine ruvide pentina trasforThiago, nelle lettere di Stefano e di questo libro, chiudere gli perché rimuovesse mazione e in un’Europa incapace di nella voce di Susana si riscopre una occhi, immedesimarsi nel sole di accogliere veramente il diverso, in la coppa della morte dalle sue labbra danza ricca e vivace, che avvolge Benguela. E si riscopre una terra un lungometraggio di animazione di e fa sentire a casa. Le immagini, viva, “che corre”, in tutti i sensi. qualità. E’ nata un’opera in bianco e C’è una perdita che non può essere compensata man mano, prendono contorno; No, non è un sogno. Questa è la nero (con lampi di colore) capace di una destinazione che non può essere raggiunta i ricordi si colorano; le emozioni magia dell’ Africa. assumono sapore. Quei giorni non Selene, 5A Ginnasio raccontare un’infanzia e un’adoleOnda d’urto, Maggio 2011 una luce che non troverai in un altro viso sono più così lontani, ma sembrano scenza al femminile comune e diffed’ una vicinanza incredibile e le rente al contempo. Comune perchè un mare la cui vastità non può essere fotografie scattate tante giovani donne si potranno ri- abbracciata sussurrano, trovare nel suo percorso di crescita. parlano. “Gioiose, nitide, lucenti”. Differente perchè la donna in Iran è Gesù baciò le mani di sua madre “Essenziali, terse, (per chi ha dettato e detta le leggi) e sussurrò “Madre, ferma le tue lacrime precise”. Prima meno donna. e ricorda che l’anima dell’universo seme e, poi, radici Walter Gambarotto di una nuova ha voluto un mondo ed esso è comparso” vita da costruire Gesù era un figlio unico I frutti di Baobab Indialogo_settembre2011.indd 9 31/08/2011 0.10.41 In diocesi Pag. 10 Temi per riflettere in un’assemblea diocesana - 3 La chiesa nonpotràcheesseredicristiani“per scelta” «Il tempo attuale è una grande occasione per tornare all’essenziale dell’essere chiesa» “I giovani non hanno più antenne per Dio, per la fede, per la Chiesa. Una generazione che non si pone contro Dio o la Chiesa sta imparando a vivere senza Dio e la Chiesa” scrive don Armando Matteo, 40 anni, calabrese, assistente nazionale FUCI (Federazione universitari cattolici italiani), confortato pure da alcuni numeri. L’Istituto IARD, lo scorso aprile, ha appurato che i giovani “cristiani cattolici” in Italia sono il 53% del totale, dal 67% che erano sei anni fa, i praticanti il 15%, dal 18 che erano. Il raffronto con la popolazione di altra età evidenzia un’accelerazione forte ed improvvisa del processo di secolarizzazione. “Qui si gioca davvero il futuro del cristianesimo - avverte don Matteo non solo per ovvi motivi di ‘ricambio’ generazionale. Già da tempo, del resto, Italia ed Europa non sono le terre cristiane più importanti per numeri. Ma proprio per la sua storia lunga e complessa, il cristianesimo occidentale ha raggiunto un grado di consapevolezza e distinzione tra società, Chiesa e cultura, che ha molto da insegnare alle cristianità emergenti, africana e asiatica”. Il cattolicesimo italiano si è fatto forza finora di una presenza capillare nel tessuto della società e di numeri relativa- mente alti. Un cattolicesimo “di popolo”, si dice. E in futuro? “Il cardinale Ruini fa una distinzione precisa. La ‘popolarità’ del cattolicesimo tra i nati prima del 1980 è pressoché incontestabile. Pensiamo a quanto si affannano i politici per rincorrere i cattolici... Altro discorso sono i figli degli anni ‘80 e ‘90. Da fortemente cattolica, ha scritto Il Regno, l’Italia sta diventando genericamente cristiana. E anche se a malincuore, prendiamone atto. Questo era appunto uno dei miei intenti, risvegliare diocesi e parrocchie dove l’idea che occorre dedicare più spazio ai giovani penetra più a fatica. [...] Anche Benedetto XVI parla di Chiesa minoranza nel prossimo futuro, ma senza indulgere al pessimismo... Musica e spiritualità “A cosa serve anzitutto la Chiesa? A proclamare la Parola di Dio, dice il Papa a Peter Seewaid di Joram Gabbio in ‘Luce del mondo’. Finora ci 200 anni fa, precisamente il 22 ottobre siamo invece troppo preoccupati 1811, nasceva l’ungherese Franz Liszt, pia- di ‘strutture’, ricadute politiche e nista e compositore indubbiamente tra i più culturali della fede, dandola troppo per scontata. In sostanza Benegrandi di tutti i tempi. Tra le varie pubblidetto XVI dice, traduco in parole cazioni gli è autorevolmente dedicato il mio mie: ‘guardate quanta incredulità Liszt, di Michele Campanella, interprete na- c’è in giro! Ripartiamo dalla Papoletano che ha fatto dell’autore ungherese rola di Dio’. Senza pessimismo, il suo cavallo di battaglia ed il principale og- semmai con la consapevolezza getto del suo impegno artistico. Campanella che il tempo attuale, anziché una esplora tratti e peculiarità di Liszt, tracciando sconfitta, è una grande occasione una speciale biografia. Il pianista napoletano, per tornare all’essenziale dell’essoprattutto, evidenzia l’importanza nodale sere Chiesa”. della svolta religiosa, che portò Liszt ad una Chiesa che non potrà che essere conseguente sterzata artistica, improntata da fatta di cristiani “per scelta”, brani più densi, profondi e spirituali. Se la non “per tradizione”. “Perché la trasmissione ai gioconversione fu scetticamente dissacrata dai vani della bellezza, della convecontemporanei, dal repertorio traspare un nienza e della forza della fede si chiaro cambiamento che con coerenza può è interrotta? Le parrocchie, direi, essere connesso al cambiamento esistenzia- han fatto troppo affidamento sul le. Liszt prese i voti minori, ma dato il suo tessuto sociale e familiare, che passato un po’ turbolento, i contemporanei fino agli anni ‘60 e ‘70 predispoattribuirono scarsa credibilità e sincerità alla neva in un certo senso i giovani sua scelta. Campanella, partendo dallo studio all’esperienza delle fede, ora non e dall’esecuzione del repertorio più che dalle più. I quarantenni di oggi hanno notizie biografiche, scova conferme e verità visto i genitori pregare o organizdel rinnovamento, individuando nella spiri- zare un giorno di festa mettendotualità della musica un autentico germinare ne al centro la messa, i ventenni non più. In questo scenario, redei semi di Dio. cuperare l’idea che la fede è una Sovente la musica classica è accostata alla scelta implica una svolta nell’imspiritualità: si tratta di una combinazione non postare la pastorale. E questo è scontata, ma probabile. L’opera di Campa- ovvio quanto scomodo. Ma chi nella ne è una originale quanto qualificata è così cieco da non vederne il dimostrazione. JG bisogno? Chi non vede quanto ci Liszt 200 anni dopo Indialogo_settembre2011.indd 10 mancano i giovani, i loro entusiasmi, l’ingenuità e la sorpresa che si legge nei loro occhi? E uno dei sintomi di questa sterilità è il crollo delle vocazioni”. La “nuova evangelizzazione”, in concreto, come dovrà distinguersi dalla “vecchia”? “Anzitutto con un ‘riposizionamento’ sul territorio, dato anche il crollo del numero dei sacerdoti. La rete di 26.000 parrocchie italiane è troppo grande. Servono spazi di incontro ‘sovraparrocchiali’ o ‘interparrocchiali’, dove gustare di nuovo il senso di comunità, una liturgia più curata, una catechesi più accurata. Poi coraggio di liberare energie dove le persone e i giovani in specie vivono davvero: scuola, università, lavoro. [...] L’emergenza educativa di oggi in che rapporto sta con la trasmissione sempre più difficoltosa della fede? “La vera emergenza educativa è che oggi, per gli adulti, i giovani semplicemente non esistono. Hanno talmente mitizzato la giovinezza, da giovani, che ora faticano a cogliere il disagio reale dei loro figli. Se vanno all’università possono laurearsi in 6.000 modi diversi, poi non c’è lavoro. Se invece lavorano hanno contratti umilianti, da non potersi permettere né casa, né matrimonio... Possiedono il meglio della forza fisica, intellettiva, riproduttiva, e la società li tiene a bagnomaria! Ecco dove nasce l’emergenza educativa. Chi possiede energia ma non può metterla a frutto la spreca in ciò che è disponibile subito, lo sballo, oppure cade nella depressione, nelle dipendenze... E dove c’è regresso umano, come può esserci esperienza di fede? La fede è orientare la propria libertà verso le parole di Gesù, ma a patto di esercitarla davvero, questa libertà”. La GMG di Madrid. Cosa insegnano i numeri enormi della partecipazione a questi eventi? “Da giovane prete non nascondo che un po’ scettico lo ero. Ora direi: le GMG sono una benedizione per la società anzitutto, per farle aprire gli occhi e accorgersi che i giovani non sono un’invenzione dei sociologi. Una benedizione anche per la Chiesa, perché ne denunciano per contrasto un certo ‘immobilismo’: se servono eventi così per fare vedere che i giovani ci sono, vuol dire che le nostre comunità non sono di norma attrezzate a dovere. E ancora, sono la prova che i giovani rispondono e vanno là dove si sentono anzitutto amati. Non basta mettere un avviso in bacheca ‘incontro per i giovani’”. Nel frattempo si diffondono esperienze di evangelizzazione del tutto insolite, eclatanti in qualche caso, tra chiese aperte la notte, discoteche, pub... [...] Al tempo stesso, direi, fondamentale rimane la scommessa sulla parrocchia, che nonostante tutto possiede tre caratteristiche uniche: è di facile accesso, è aperta a tutti senza particolari requisiti, è facilmente riconoscibile sul territorio”. da Dimensioni Nuove, estate 2011. Settembre 2011 Passinpiazza Perunanuovaeconomia ( Parte prima) Il termine economia significa letteralmente buona regola della casa, come suggerisce la sua origine greca: oikos nomos. L’etimologia della parola evoca quindi non tanto pratiche volte all’ottenimento della maggior quantità di beni materiali, quanto piuttosto una partecipazione alla vita della comunità nella direzione della produzione di beni relazionali. Carol Uhlaner(1989) definisce relazionali quei beni che dipendono dalla modalità di interazione con gli altri e possono essere goduti solo se condivisi, come la solidarietà, l’amicizia,il senso di appartenenza ad un gruppo e l’identificazione con le sue norme. L’utilità di quel bene non dipende solo dalle sue proprietà intrinseche, ma dalle modalità e dai processi che hanno portato alla sua produzione; i beni posizionali implicano invece verticalità, gerarchia, organizzazione rivalitaria, dipendenza dal capo, orientamento che tende all’esclusione. Il PIL non bada alla salvaguardia delle persone coinvolte, dell’ambiente di vita, della sicurezza.. L’HDI (Human Development Index), l’indice di sviluppo umano, considera invece parametri che salvaguardino i bisogni degli esseri umani, in quanto protagonisti utilizzatori del mondo e fa riferimento a una nuova comunità di condivisione. All’orientamento accaparratore dell’homo economicus, monopolizzato dall’idea del profitto (e per assurdo la stessa crisi in atto ha contribuito a diminuire una credibilità acritica verso questo pensiero dominante), si sostituisce l’idea dell’economicità del gruppo, inteso come produttore di sviluppo continuo, attraverso lo scambio tra i suoi partecipanti; esso permette la coesistenza della molteplicità di tutte le entità o le variabili presenti contestualmente in esso. L’errore di una distorta interpretazione del capitalismo sta, secondo Yunus (2006), nell’aver fatto dell’imprenditore un essere umano a una dimensione, isolato dagli altri aspetti della vita e con una sola missione, massimizzare il profitto, mentre gli esseri umani sono ricchi di risorse, attrezzati per sviluppare tante molteplicità: il gruppo è lo spazio di transizione per il cambiamento. Esso permette di passare da regole di mercato che si basano sull’imperativo mors tua vita mea al win win in cui ognuno è vincitore, e in cui si accetta che anche i poveri abbiano attitudini e capacità imprenditoriali sottoutilizzate .Ed è attraverso il gruppo che passa il microcredito, inteso nella sua forma corretta. Questi sono i concetti basilari su cui si sono fondate le quattro ore di seminario tenuto l’8 marzo dalla professoressa Brunori a Pinerolo. La professoressa Brunori è docente di Teorie e tecniche della dinamica di gruppo presso la facoltà di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Bologna, direttore del Ciri (Centro Interdipartimentale di Ricerca e Intervento sui Gruppi) e fondatrice dell’Osservatorio Internazionale sulla Microfinanza, presso la stessa università; è stata tra i promotori della nascita dell’Ass. MicroBo, onlus, di cui è stata Responsabile del Comitato Scientifico. Maria Teresa Maloberti 31/08/2011 0.10.42 In diocesi Pag. 11 Sono tre le spirituali e ospiProfili parrocchie che talità estiva per Parrocchie del Pinerolese – 13 anziani. Dell’anincontriamo nel territorio: tica chiesa di San San Secondo Bartolomeo non nell’omonimo è rimasta traccia; luogo, S. Maria l’edificio attuale Assunta in Miradolo, S. Bartolomeo in Pra- risale al 1744 e fu eretto nell’ambito di un rostino. La località che per prima appare nei tentativo di cattolicizzazione del territorio. documenti nel 1026 è Miradolium, accom- Non si ebbe però l’effetto sperato e la zona pagnata nel 1064 dalla dizione cum cappel- è rimasta a stragrande maggioranza valdelis cui si aggiunge nel 1122 cum ecclesiis et se. L’attuale chiesa di San Secondo risale al villare eudinum cum ecclesia. Villar Odino 1733 su progetto dell’architetto Giuseppe è il più antico nome di Prarostino. Pertanto Gerolamo Buniva; fu eretta a spese del bagià nel 1122 compaiono le chiese di Mirado- rone, del comune e degli abitanti del luogo. lo, di San Secondo e dell’odierna parrocchia Non lontano dalla chiesa parrocchiale sorge, di San Bartolomeo. Tutto il territorio è stato dal 1626, Santa Croce, dove si riunivano i percorso dai conflitti con i valdesi, sogget- confratelli della SS.ma. Trinità. Nel territoto a distruzioni, anche nelle guerre contro i rio incontriamo quattro cappelle: San Giofrancesi, e a lotte fratricide. Oggi è a mag- vanni agli Airali (presso di essa in passato rigioranza valdese la popolazione di Prarosti- siedeva un cappellano che svolgeva anche il no, costituita in chiesa; una comunità valde- compito di maestro dei ragazzi), San Rocco se, anch’essa costituita in chiesa, è presente e San Grato, San Cristoforo e San Giacomo, a San Secondo. Il tempio più antico è quello San Sebastiano. Sono degni di menzione gli di Roccapiatta; quello di Prarostino fu eretto affreschi, riportati alla luce recentemente, nel XIX secolo; quello di San Secondo risale della cappella di San Rocco. A San Bartoagli anni 1960. La parrocchiale di Miradolo, lomeo s’incontra, sebbene oggi in disuso, il dedicata all’Assunta, fu eretta, nelle forme cimitero cattolico. La parrocchia cattolica di odierne, nel 1733. La parrocchia porta il San Secondo gestisce una casa di riposo sornome di “pievania”, termine che contrasse- ta per volontà testamentaria di Maggiorino gna le parrocchie più antiche. Dopo la cre- Turina. E’ conosciuta proprio come “Casa azione della diocesi di Pinerolo, dal 1748 Turina”. Ricordiamo tre preti originari di sino al 1950, la parrocchia fu di nomina San Secondo: Giulio Bonatto (rettore del capitolare: erano i canonici a eleggere il par- Seminario), Gabriele Mercol (fondatore delroco detto “vicario perpetuo”. Nel territorio la Caritas, direttore de “L’Eco del Chisone della parrocchia sorge il Castello che nei de- …), Filiberto Verzino (priore al Sacro Cuore cenni scorsi ospitava i Padri Orionisti; per di Luserna e poi parroco in cattedrale). parecchi anni è stato un centro per esercizi Giorgio Grietti Nei comuni di San Secondo e di Prarostino L’assistente FUCI, don Armando Matteo “Lasciarsi interpellare dai non credenti” «Già 10 anni fa, per il mio libro Della fede dei laici, avevo incontrato alcuni non credenti capaci di forte attenzione alla fede e in grado di cogliere le grandi ricchezze dell’esperienza credente. Ad esempio Salvatore Natoli, che da tempo riconosce la forza autentica del gesto dell’amore, sintesi del cristianesimo. Anche Gianni Vattimo non può non colpire, visto che sostiene che nessun’altra costruzione umana come il cristianesimo riesce ad offrire ragioni di speranza. Vincenzo Vitiello, Massimo Cacciari, Umberto Galimberti e altri riconoscono al cristianesimo la possibilità di entrare dentro la tragicità dell’uomo e di illuminarla in maniera inedita. Soprattutto nel tratto della libertà: nessun credo ha presente il dramma dell’uomo come quello cristiano». [...] «Accanto ai nomi prima citati, di recente vi sono voci che deridono la fede cristiana in nome di un ateismo /:=887+-:=<<1[ZT +WZ[W<WZQVW 8QVMZWTW<7 <MT! .I`! più corrosivo e che il cardinale Ravasi ha definito ‘liquido’. Questo è un alleato più difficile per chi crede. Basti citare, da noi, Manlio Sgalambro o Emanuele Severino, Michel Onfray in Francia, Herbert Schnädelbach in Germania... Però anche da queste voci dobbiamo farci interrogare: cosa è mancato perché il nostro modo di rendere presente Gesù sia stato recepito in maniera esattamente contraria? Perché, se Gesù Cristo è la risposta più alta al mestiere di vivere, il suo messaggio oggi viene colto come l’esatto opposto?». Lei che risposte si è dato? «A mio parere non siamo stati all’altezza del Concilio Vaticano II. In due aspetti: la liturgia e la Scrittura. Abbiamo pensato per troppo tempo che ‘celebranti e partecipanti si nasce’. E invece abbiamo diviso i credenti in ‘praticanti’ e ‘non praticanti’: quest’ultimo è un evidente ossimoro. Ma tale distinzione ha cristallizzato lo status quo e rallentato l’azione di evangelizzazione. Inoltre, se è vero – come hanno rilevato recenti indagini – che l’86% dei cattolici italiani non ha mai aperto una Bibbia in vita sua, su questo siamo all’anno zero! Nella Verbum Domini il Papa ci invita alla ‘familiarità con la Bibbia’. Su questo siamo molto in ritardo nel costruire una mentalità veramente biblica». Da Avvenire, 10.5.2011 Settembre 2011 La vocazione del catechista L’Anno pastorale che stiamo per iniziare ci vedrà impegnati a garantire ai catechisti una più solida preparazione per esercitare con competenza il loro ministero e nello stesso tempo a varare un progetto catechistico d’Iniziazione Cristiana per i bambini e i ragazzi. Svolgere il ministero di catechista è una vocazione. È il parroco che chiama. Ma questo non è sufficiente. Ci vuole nel chiamato un vivo senso della Chiesa, una ricca spiritualità e una competenza sufficiente per aiutare bambini e ragazzi a fare una incisiva esperienza di fede. Invito i catechisti a leggere e ad approfondire i documenti dell’Ufficio Catechistico Nazionale: • Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti (anno 1991) • Formazione dei catechisti per l’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e dei ragazzi (anno 2006). Dall’ultimo documento prendo questi passaggi che si riferiscono alla figura del catechista: “Il catechista dell’Iniziazione Cristiana è un testimone di Cristo, mediatore della Parola di Dio, «compagno di viaggio», educatore della vita di fede, uomo o donna pienamente inserito nella comunità cristiana e nel contesto culturale e vitale del mondo d’oggi. Il catechista non opera isolatamente. La trasmissione della Parola suppone una regolare riflessione nel gruppo dei catechisti, arricchita da idonei approfondimenti. Ora, in quanto catechista dell’Iniziazione Cristiana, egli deve essere una persona trasformata dalla fede: per questo, rende ragione della propria speranza instaurando con coloro che iniziano il cammino un rapporto di maternità/paternità nella fede dentro un’esperienza comune di fraternità. Prima di essere qualcuno/a che comunica contenuti di fede, il catechista dell’Iniziazione Cristiana deve essere una persona capace di creare relazioni positive e profonde. Deve essere convinto che, nel lavoro di iniziazione, le relazioni sono decisive anche per l’accoglienza dei contenuti trasmessi”. Certamente fare catechismo, oggi, è molto più impegnativo che ieri, dove tutto era già predisposto in Catechismi che contenevano in sintesi “la dottrina cristiana”. Il vivere da cristiano si imparava in famiglia e la stessa comunità parrocchiale era ancora in grado di trasmettere valori e stili di vita. Per questo il catechista va accompagnato, sostenuto, equipaggiato e incoraggiato. È quanto si vorrà fare quest’anno, mentre si va preparando il nuovo progetto d’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. Occorrerà che il catechista si metta in gioco. Pier Giorgio Debernardi, vescovo Dalla lettera pastorale 2010 “Andate anche voi nella vigna” Il santo dell’Amore E’ sempre bello accostarci a figure affascinanti che hanno lasciato un’impronta nella società di tutti i tempi. Qui intendiamo parlare del “Santo dell’Amore”, Francesco di Sales, che nella società del suo tempo,1567-1622, si è affermato come “uomo di Dio”, del nostro Dio, al quale ha condotto un gran numero di persone da lui guidate. Nato e vissuto in Savoia, appartenente ad un’agiata famiglia, rifiuta una brillante carriera come avvocato e senatore e si consacra a Dio diventando sacerdote, missionario nello Chablais, quindi vescovo di Ginevra. Con Santa Giovanna Francesca di Chantal fonda l’Ordine della Visitazione. Ciò che distingue Francesco è la grande bontà con la quale accompagna uomini e donne ad un’ intensa vita spirituale: lo conferma il ricchissimo epistolario, in parte racchiuso nella sua famosa opera “Filotea” (“Amante di Dio”). Pensiero dominante del suo agire è la convinzione che tutti siamo chiamati a vivere per Dio, qualunque sia lo stato di vita, poiché la chiesa, così dice, è “un giardino di fiori svariati, di diversa grandezza, colore e profumo, tutti hanno il loro pregio, la loro grazia e splendore e, nell’insieme, costituiscono una perfezione gradevole di bellezza”. Questa certezza di Francesco, cioè la chiamata di tutti alla santità, ha trovato ampia conferma nei documenti conciliari ed è per ognuno di noi stimolo a fare della nostra vita, con entusiasmo, una scalata verso il monte di Dio. Suore Visitandine Monastero della Visitazione, Pinerolo [email protected] 16.7:5)<1+)<-4-.761)=..1+17+)6+-44-:1) Indialogo_settembre2011.indd 11 31/08/2011 0.10.44 Territorio Pag. 12 Suor Gabriella Canavesio, confermata madre superiora delle Giuseppine La vita in pienezza la cerchiamo insieme «Siamo in cammino con questa umanità, in questo pezzo di storia che ci è dato da vivere» Le Suore di San Giuseppe hanno celebrato nel mese di luglio il loro XV capitolo, che ha avuto come tema conduttore: «Discepoli e missionari del Signore Gesù, perché tutti possiamo avere la vita in pienezza». Per altri sei anni è stata riconfermata come Superiora Generale madre Gabriella Canavesio, per trent’anni missionaria in Brasile, laureata in Pedagogia. L’abbiamo incontrata per una breve intervista. Partiamo dal tema del vostro capitolo. Che cosa significa oggi essere missionari e discepoli del Signore Gesù? Per noi approfondire il tema “discepole e missionarie del Signore” ha voluto dire ritornare alle fonti della fede, del Vangelo, dei nostri testi fondazionali e lasciare che queste parole di vita potessero scendere nel profondo di ciascuna di noi e potessero riscaldare di nuovo il nostro cuore. Poi nella condivisione capitolare si è manifestata questa novità, questo entusiasmo, questo desiderio di radicalità, di coerenza, di essere di fatto, nella verità, discepole e missionarie del Signore Gesù. Abbiamo rivissuto insieme la forza della chiamata, la forza del mandato e la forza del progetto, perché ci siamo riconosciute in pieno nel progetto di Dio con la sfumatura che ci ha dato padre Médaille, il nostro fondatore. Nella formulazione della “vita in pienezza “ che nello spirito di Gesù auspicate per tutti , invece del “loro” avete usato il “noi”. È una frase che racchiude un metodo? Direi più di un metodo, racchiude una verità, perché non è che noi siamo portatrici di vita, chi è portatore di vita è Gesù, e quindi noi insieme a tutti i cercatori di Dio scopriamo il progetto di Gesù, ci avviciniamo a lui, cerchiamo di incontrarlo personalmente, diventiamo compagne di viaggio. Noi non ci sentiamo al di fuori, molto meno al di sopra di nessuno; ci sentiamo “insieme”. Ecco perché abbiamo usato di proposito il “noi”. Ci sembra che questa vita in pienezza la cerchiamo con ardore e la cerchiamo insieme, ma soprattutto la troviamo insieme, la troviamo solo insieme, perché non siamo una parcella separata, in un’isola utopica: siamo in cammino con questa umanità, in questo pezzo di storia che ci è dato da vivere con tutte le bellezze, le sfide, le complessità, fede, alla collaborazione, mi ha educata anche al rischio, a non spegnere il sogno, a non proporre senza partecipazione. Sono stati elementi molto arricchenti. Li c’erano problemi molto contundenti, ma anche che suscitano le energie nascoste, perché creano una prospettiva, una speranza, un desiderio grande di cambiare questa situazione, rinnovare questo mondo, trovare un’altra maniera di vivere e migliorare il futuro dei figli. Erano delle che pure abbiamo sottolineato e che anche ci lasciano un po’ angustiate a volte, perché esigerebbero delle energie superiori a quelle che di fatto abbiamo; quindi ci ritroviamo povere nella nostra offerta, contando però sulla grande forza del Signore. È stata riconfermata come guida della comunità una suora che per trent’anni è stata missionaria in Brasile. È un segno dei tempi? Non lo so…certo una cosa so: che l’esperienza missionaria in Brasile è stata di una ricchezza di grazia incalcolabile, che ha anche facilitato la formazione di una mentalità includente, dove si fanno scelte di priorità ma dove nulla è insignificante. L’esperienza missionaria, quella che ho vissuto io, mi ha posto molte volte nella condizione di vivere situazioni estreme, di frontiera, al limite del possibile umano, e quindi è stata un’esperienza che mi ha educata alla fiducia, alla prospettive che suscitavano il meglio che c’era nelle persone. Questo ha suscitato molte cose positive, e ci ha anche insegnato come si resiste nella difficoltà, come si va oltre, come non si cede, come si sta fedeli alla scelta originaria, senza lasciarsi condizionare da offerte che sono spurie. In Occidente la povertà è di sogni e di progetti, è il prezzo che si paga per l’esaltazione dei beni materiali. Nella manifestazione laica a favore delle donne “Se non ora quando?” ha fatto un intervento molto apprezzato anche una suora. Anche questo è un segno dei tempi? Con certezza! Finalmente si scopre che l’umanità è al maschile e al femminile. La presenza della donna è fondamentale, proprio perché è così che ci ha pensati il creatore, e quindi la specificità e la ricchezza della donna, troppo per lungo tempo sottovalutata, deve emergere, nella Chiesa come nella politica. La Chiesa è uno spazio dove noi siamo state alle volte troppo remissive, non abbiamo forse conquistato, nella maniera buona, lo spazio che ci è dovuto. La presenza di una suora alla manifestazione esprime l’orientamento ad avanzare in questa direzione. Nel vostro programma pastorale avete inserito anche l’impegno per “la pace, la giustizia e l’integrità del creato”. In che cosa consiste in concreto? Ci proponiamo tante cose. Innanzitutto di coscientizzarci di più su queste tematiche che sono fondamentali per noi e sono fondamentali per dimostrare responsabilità verso le nuove generazioni: non possiamo lasciare un mondo così distrutto, a vari livelli. E poi ci proponiamo di essere una presenza attiva, nel limite delle nostre povere forze, per collaborare a far diventare questo mondo un pochino più umano, più giusto, più fraterno, più conforme al progetto di Dio. Noi abbiamo analizzato molto le situazioni; abbiamo visto che nel quadro del mondo di oggi emergono forme di violenza ad ogni livello, in ogni ambiente (famiglia, mondo del lavoro, scuola, società in genere, fra le nazioni), sugli incapaci, sui deboli… Le proposte operative sono: partecipare per conoscere; promuovere incontri di congregazione sui temi della giustizia, pace, integrità del creato per decidere scelte operative attuabili e verificabili (uso delle energie alternative, finanza etica); fare scelte di vita sobria rispettose dell’ambiente; vivere l’accoglienza come un atteggiamento interiore di rispetto… e tanto altro. E poi sostenere azioni pubbliche non violente in difesa dei diritti dell’uomo e della salvaguardia del creato con particolare attenzione a quelle volte a raggiungere gli obiettivi del millennio. AD Settembre 2011 La preziosità dell’ascoltare “Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose! Una sola cosa è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via “ (Lc 10, 41-42) Così Gesù risponde a Marta, che gli chiedeva di sollecitare Maria ad aiutarla nel servire gli ospiti. E’ l’ascolto, la parte migliore scelta da Maria. Che non è una scelta di comodo, per esonerarsi dalle fatiche quotidiane, ma una scelta molto più laboriosa e impegnativa. L’ascolto richiede una pronta disponibilità nei confronti di chi parla. Un’incombenza quotidiana - la casa da riordinare, la nuova camicia da comprare, il pranzo delle festività, i regali, persino i compiti da fare - può essere rinviata. Una parola non ascoltata nel momento giusto è una parola perduta, un’occasione mancata, un incontro che non si ripeterà più. L’ascolto richiede attenzione e concentrazione della mente. Non si ascolta per passare il tempo, ma per capire l’altro, nelle sue riflessioni, nei suoi ragionamenti, nelle sue proposte, nei suoi problemi, nelle sue solitudini. Ma l’ascolto è laborioso e impegnativo soprattutto perché vincola ad agire, a fare scelte, a prendere decisioni. “Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica... chi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica...” (Mt 7, 24, 26) Ecco lo stile cristiano: ascoltare per testimoniare, per capire gli altri, per capirsi con gli altri e poi agire concretamente, come persone, come comunità, come istituzione. Per questo l’ascolto è la sola cosa necessaria: perché esso viene prima di tutte le altre, perché motiva tutte le altre. Ascoltare vuol dire partire dalla persona, metterla innanzi a tutto: i documenti, le leggi, i canoni, le religioni, le ideologie, le ragioni di stato. Per il cristiano il sabato è sempre al servizio dell’uomo. C’è ancora un punto che rende impegnativo l’ascolto: ascoltare chi? Non è facile orientarsi in tempi in cui le parole - scritte, parlate, urlate, e quasi sempre confuse - sono il prodotto più abbondante nel consumismo mediatico. Ma anche in questo la parola di Dio è illuminante. Libro della Sapienza 8, 12: “Se tacerò essi aspetteranno, se prenderò la parola staranno attenti e se parlerò a lungo mi ascolteranno ammirati”. Possono essere questi i criteri per valutare se chi parla ha le qualità per essere ascoltato. Qualità che sarà molto difficile trovare nell’intellettuale di moda. nel dottore della legge o nel grande comunicatore televisivo; da cercare, invece, in chi, da qualunque parte del mondo provenga, sa proporsi con autenticità e purezza di cuore. Da Così sia, così non sia, Giugno 2010, Parrocchia San Martino, Torre Pellice. Questo giornale è inviato gratuitamente. È gradito un contributo per le spese di stampa. Si può utilizzare il bollettino indicato sotto. Grazie!!! Indialogo.it, Periodico di Cultura religiosa realizzato in collaborazione con l’Ufficio Irc/sms e la Comm. per l’Ecumenismo e il dialogo della Diocesi di Pinerolo, Direttore responsabile Antonio Denanni, Autorizzazione n. 2 del 16.06.2010 del Tribunale di Pinerolo. Redazione c/o Antonio Denanni, Via Goito 20, 10064 Pinerolo, 0121397226. [email protected], Editore “Alzani”, Via Grandi 5, Pinerolo. Abbonamento o sostegno: c/c postale n. 17814104, Tipografia Alzani, Via Grandi 5, 10064 Pinerolo (causale: Indialogo) Indialogo_settembre2011.indd 12 31/08/2011 0.10.46