PERCHE RICORDIAMO ANNA CASO CON UN CONCORSO DI PROSA E POESIA
"Il vuoto che nella nostra scuola e nel nostro animo ha lasciato la scomparsa della
prof.ssa Anna Caso non potrà essere colmato: ma il ricordo della sua dedizione, della
sua curiosità, e dell'amore che aveva per la lettura e la scrittura, può essere
mantenuto vivo anche attraverso questa sorta di laboratorio espressivo che abbiamo
organizzato in suo nome per i nostri studenti.
Francesca Correra
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PROF.SSA ANNA CASO
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UN CONCORSO PER ANNA CASO A MEMORIA DELLA SUA CULTURA, DELLA SUA ETICA E DAL SUO
IMPEGNO A VIVERE FRA I GIOVANI
E' ormai il secondo anno che il “Pasolini” – Istituto Superiore Statale- di Milano vara un concorso
intitolato alla memoria di Anna Caso, illustre docente di lettere delle classi terminali, venuta a
mancare poco tempo fa.
Già lo scorso anno, il bando aperto solo al triennio ha visto numerosi partecipanti; quest'anno i
partecipanti sono raddoppiati anche perchè il concorso è stato aperto alle classi del biennio.
Il marito e i figli della professoressa, hanno messo a disposizione dei premi di diverso valore da
assegnare ai vincitori nella giornata di premiazione fissata a fine anno scolastico.
Per ogni annualità è stata inserita nel bando una traccia, una frase, estrapolata dal libro di uno
scrittore, attorno alla quale gli studenti hanno lavorato, formulandone riflessioni, costruendone
prose, saggi, racconti o poesie.
E ciò per dare forza e rilevanza allo sforzo che fu già di Anna Caso nell'indicare nella “lettura” la
crescita di ogni personalità, specie giovanile.
Tutti gli elaborati anche quest'anno sono stati letti, esaminati e comparati da una commissione che
ha selezionato testi più esemplari, accattivanti, coraggiosi, impegnati, autobiografici e surreali, testi
di piccoli, giovani e veri scrittori in divenire.
Attraverso questa iniziativa, il nostro Istituto, nel panorama cittadino milanese, si pone come punto
di riferimento per offrire agli studenti attraverso la scrittura la possibilità di crescita culturale,
educativa e morale.
Carlo Franza
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COMMISSIONE CULTURA
Prof. Agostino Tomasuolo, prof.ssa Mara Grossi, prof.ssa Francesca Correra, prof. Carlo Franza
"PREMIAZIONE CONCORSO DI PROSA E POESIA ANNA CASO 2012/2013"
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1° PREMIO, “1984 was not supposed to be an instruction manual” di SERENA GRASSO 5^CL
Motivazione: un saggio non particolarmente esteso ma che traccia con ferma determinazione e
lucide soluzioni espressive una diagnosi di radicale condanna dei meccanismi di condizionamento a
cui sono sottoposti gli individui nella società attuale. Meccanismi di manipolazione della coscienza e
della vita emotiva che mirano ad annullare in una pietrificazione coatta dei ruoli la libertà di tutti.
L’esplicito riferimento alla società del Grande Fratello di G. Orwell si colloca come lampante richiamo
al fatto che l’intreccio tra potere e controllo dell’informazione ha una spessa dimensione storica che
affonda le sue radici nella metà del secolo scorso.
“1984 was not supposed to be an instruction manual”
Di Serena Grasso
“1984 was not supposed to be an instruction manual” – ovvero, 1984 non è nato con l’intento di
essere un libretto di istruzioni. E’ una frase che spesso capita di incontrare, ma il cui significato
profondo forse sfugge: prendi un Paese, distruggine la coscienza, annienta la mente del singolo in
favore di una logica massificata, impoverita dai soprusi all’istruzione e un abuso quasi truce
dell’universo mediatico.
La distopia denunciata da Orwell a modello della realtà. Il Paese che diventa paese.
Il problema è che gli italiani – e questo è un caso puramente italiano – troppo spesso dimostrano
pochissima memoria storica. Infatti, ne hanno in misura inversamente proporzionale al valore che
tale storia meriterebbe.
Il degrado di Pompei è allegoria di un po’ tutta l’Italia. Il disinteresse per il passato; volumi
impolverati, fatti di polvere anch’essi, interi mondi di polvere che nessuno si degna di riesumare e
riscoprire. L’abbandono della memoria. Secoli di storia cancellati con la china, righe nere che si
susseguono come nelle opere di Emilio Isgrò. “Libri cancellati” – ma laddove l’intento originale
presupponeva un ritorno all’essenziale, i libri cancellati della storia italiana non sono altro che
questo: annientamento. Dimenticanza. Un addio scorbutico al passato nell’anelito del futuro,
bloccati nel pantano di un presente immobile e confuso.
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Fa strano assistere alle elezioni, e rendersi conto che ancora una volta ha trionfato l’urlo più forte e
populista; lo stomaco che sovrasta la ragione. Il mondo improvvisamente a testa in giù. Proiezioni
degli anni ’20 un secolo più tardi. La classe media che trova una voce tanto amplificata da essere
distorta.
Persino in storia contemporanea la bocciatura è inevitabile. Ché due decenni non sono un lasso di
tempo così lungo, eppure qualcuno lo spettro gelido del berlusconismo già non lo sente più.
Esiste questa espressione inglese, performative leadership. Purtroppo un corrispettivo esatto la
lingua italiana non ce l’ha, tuttavia il concetto è facilmente intuibile: performance e spettacolarità.
In tutti, tutti gli ambiti, con ogni mezzo. Media al servizio della politica, e viceversa –
spettacolarizzazione della politica stessa a favore di un controllo più completo. Il trionfo di una
banalità, ma una banalità assordante, talmente assordante da coprire tutto il resto. E se tutto il resto
(il passato, il futuro, le parole, le idee, l’arte, l’umanità) si riduce a un’eco lontano, è facile non
preoccuparsene. L’ignoranza è forza. Orwell che ritorna e non perdona.
In un panorama del genere, immaginare un dominio subdolo di Denaro e Potere non è poi un salto
logico così azzardato. La casta, questa entità astratta e al contempo sensibilmente innegabile; uno
se la immagina, appollaiata sulle nostre teste come rapaci, lo smoking nero a contenitore di un
corpicino grigio, i denti digrignati, un chiacchiericcio assordante fatto di dogmi e stereotipi che
infrange il timpano e s’insinua per via diretta nel cervello.
L’infinita lotta inconciliabile tra i pochi e i molti.
E schiacciando la cultura, dunque l’anima di un Paese, ogni possibilità di rivalsa è persa. Persa in
partenza, poiché impensabile.
Impensabile; per la coscienza storica inesistente e l’imposizione di una coscienza di massa. Il
bombardamento mediatico. Il va bene così.
Indicibile, per il linguaggio che decade. Inesprimibile. Il buon vecchio Orwell l’aveva chiamata
Neolingua; mero movimento delle corde vocali senza un’azione diretta del ragionamento.
Mancanza di lemmi e argomenti. Silenzio che stordisce.
Impossibile.
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Gli infiniti tagli all’istruzione non nascono solo da necessità economiche.
Individualità e intelligenza sono ciò che ci rende essere umani. Senzienti, recettivi. Vivi. Verrebbe
quasi da dire pericolosi, a coronamento del paradosso che è la nostra realtà.
Perciò la soluzione è lasciarci in ammollo in un velo di nebbia, un guazzabuglio di morali distorte e
insani principi – fare leva su piaceri e istinti, su una sudditanza che è quasi sottomissione.
E mi fa una tristezza immensa, quest’Italietta, che il giogo se lo lascia mettere così facilmente; “fatti
non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” – la tassa sul libero pensiero ancora
non l’hanno messa. Meglio approfittarne.
"PREMIAZIONE CONCORSO DI PROSA E POESIA ANNA CASO 2012/2013"
SERENA GRASSO - PROF.SSA MARA GROSSI
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2° PREMIO, “Le tentazioni di Alice” di MARTINA COMERIO 4^BT
Motivazione: è un breve racconto di forte ed immediato impatto emotivo che si snoda con
leggerezza e freschezza intorno alla suggestiva figura di Alice che cresce illudendosi di aver evitato
il luccichio contagioso e fuorviante della società consumistica dominata dal culto dell’apparire e del
dominare ma che si accorge ad un certo punto di aver tradito il sogno di autenticità e semplicità di
vita; però può e vuole aver il tempo di ravvedersi e ritrovare se stessa più profondamente.
“Le tentazioni di Alice”
Di Martina Comerio
-Mamma, io
sono diversa?
-Tesoro mio, ma cosa dici? E' successo qualcosa a scuola?
Alice non rispose.
La sua famiglia viveva nella campagna dell'alta Toscana, in una piccola cittadina con pochi
abitanti. Il padre e la madre svolgevano lavori umili, ma facevano di tutto per non far mancare
niente ai loro figli. Alice, 14 anni, lunghi capelli biondi e lentiggini su tutto il volto, era la terza di
cinque fratelli.
-Sai, a scuola mi prendono spesso in giro. Dicono che sono una povera stracciona..- disse lei, gli
occhi umidi di lacrime. I capelli le cadevano sul viso mentre cercava di nascondere la sua tristezza
alla madre.
-Lo sai che non devi dare peso a queste sciocchezze! Ci sarà sempre qualcuno pronto a giudicarti,
là fuori, qualsiasi cosa tu faccia. Bambina mia, sei grande ormai, tra poco te ne andrai in città ed è
ora che impari com'è fatto realmente il mondo.
-E com'è il mondo mamma? Se le persone che lo popolano sono come i miei compagni di classe
non credo di volerlo conoscere.
La madre le sorrise teneramente. -Devi essere forte, Alice, devi imparare a non dare peso a quello
che la gente pensa o dice di te. Sai, la società moderna gira attorno a degli stereotipi. Ormai devi
essere bella, alta, magra e con le curve al posto giusto. La gente è diventata troppo superficiale per
soffermarsi a pensare a quello che realmente conta in una persona. Televisione, giornali,
pubblicità... tutto impone ai cittadini un “modello” da seguire.
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-Io non capisco mamma. Tu mi hai sempre insegnato che ognuno è bello a modo suo, alto o
basso,magro o grasso che sia.
-Già, ma questa regola non è valida ovunque. Nelle grandi città per esempio le persone non ti
guardano dentro, non cercano di capire chi sei ne qual è la tua storia. Conta solo l'aspetto fisico.
Ma non voglio spaventarti troppo cara, tu sei perfetta così come sei.
-Raccontami qualcos'altro mamma!
-Sai, purtroppo non conta solo l'aspetto fisico, ma anche i possedimenti di una persona. Più si è
ricchi e più si è importanti, è così che funziona. Molte persone non devono muovere neanche un
dito che subito trovano incarichi importanti, altri invece devono sudare, e parecchio anche!
-Ma questo non ha senso! Non dovrebbero contare i meriti e le conoscenze che uno ha?
-Dovrebbe essere così, ma stiamo diventando sempre più superficiali. Un po' come i tuoi compagni
di scuola... pensano di essere migliori di te perché indossano vestiti firmati e perché i loro genitori
hanno lavori importanti, giusto? Ecco, nel mondo dei grandi le cose sono più o meno simili. La cosa
importante, Alice, è che tu non perda mai i tuoi valori, l'educazione e tutto quello che ti abbiamo
insegnato. Un altro grande problema della società moderna, poi, è la pubblicità.
-A me piace guardare la pubblicità! Fanno vedere un sacco di belle cose...
-Lo so, ma la pubblicità ti inganna! Ti incanta con colori, musiche e frasi ad effetto, convincendoti
ad acquistare il prodotto che vogliono venderti! Alla fine è come se ti convincessero che tu vuoi
realmente quella cosa. E questo vale per tutti i tipi di pubblicità, dai prodotti alle campagne
elettorali.
-Quindi è come se ci manipolassero.
-Esatto! A queste persone non interessa vendere quello che è meglio per te, ma quello che fa
guadagnare di più a loro! E questo dovrebbe farti capire quanto il denaro schiavizzi le persone.
-Non capisco proprio. Il denaro è importante, ma non dovrebbero esserlo di più la famiglia, gli
amici e le conoscenze di una persona?
-Purtroppo non è più così da un po' di tempo, il denaro è diventato l'obiettivo principale di molte
persone. Ognuno cerca di arricchirsi il più possibile, arrivando anche ad ingannare gli altri, come
succede con le pubblicità.
-Mamma, ma la società è veramente così? Tutte le persone si comportano in modo scorretto?
-Per fortuna no cara, ci sono ancora delle persone che credono nei valori e nelle cose semplici.
Non tutti sono uguali, il mondo è bello per questo no? Ci sono persone buone e altre meno, ma
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l'importante Alice è che tu rimanga te stessa, sempre!
-Te lo prometto mamma! Non mi farò influenzare dalla società, continuerò a sostenere le mie
idee!
-Brava bambina! Vieni qui, abbracciami ora.
Alice si avvicinò alla madre e la strinse forte, soddisfatta della chiacchierata.
Dieci anni dopo...
-Mamma? Ciao, come stai? Scusa se non ti ho chiamata prima, ma sono stata molto occupata in
ufficio.
-Tranquilla tesoro, non preoccuparti. Allora, come vanno le cose a Milano?
-Benissimo! Ora scusami ma devo scappare mi trovo con Giada per andare al nuovo centro
benessere per un trattamento dimagrante, credo di aver messo su qualche chilo.
-Alice, ma non ne hai bisogno!
-Mamma, non puoi saperlo! E' da tanto che non ci vediamo. Stai tranquilla, vengo a trovarvi
questo fine settimana! Ciao!
[…]
-Alice! Come sono contenta di vederti! Vieni, ti preparo un caffè?
-Grazie mamma, lo bevo volentieri! Allora, come state tutti?
-Noi bene.. tu invece?
-Io sto benissimo! La città non è proprio come me l'avevi descritta. Le persone non sono così
superficiali, non tutte almeno! I miei colleghi sono molto simpatici, sto facendo carriera
velocemente! E questo, ovviamente, comporta un'entrata maggiore. Sai, di questi tempi fa sempre
comodo!
-Lo sapevo. Sei diventata esattamente come tutti, ti sei omologata alla massa. Mi avevi promesso
che non saresti mai cambiata, ma evidentemente non sei in grado di mantenere la parola data! Sei
diventata frivola, troppo attenta all'esteriorità delle cose! Avevi promesso che non ti saresti fatta
influenzare dalla società, ma vedo che ti sei integrata alla perfezione in quel mondo insipido che ti
avevo chiesto di evitare! Sei diventata dipendente dagli stereotipi imposti dalle pubblicità e dal
potere del denaro.
Durante il viaggio di ritorno, Alice ripensò alle dure parole della madre.
Mamma ha ragione, sono cambiata. Mi sono lasciata ammaliare da un mondo che non conoscevo
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e che, tutto sommato, non mi appartiene. Voglio tornare quella che ero, tornare a credere nei
valori che i miei genitori mi hanno sempre insegnato. Sono sicura di poter cambiare, di poter
tornare quella di una volta.
"PREMIAZIONE CONCORSO DI PROSA E POESIA ANNA CASO 2012/2013"
MARTINA COMERIO – PROF. CARLO FRANZA
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3° PREMIO, “ Il suddito ideale del regime totalitario” di FABIO PUSTERLA
Motivazione: si tratta di un saggio intenso arricchito da citazioni colte; riflessioni che con riferimenti
sottili a tematiche di scottante attualità incalzano il lettore in scenari sociali di disgregazione e
conflittualità e lo trascinano con linguaggio allusivo alla ricerca di risposte etiche e esistenziali capaci
di far fronte alle difficoltà di formarsi una personalità autonoma e libera.
“ Il suddito ideale del regime totalitario”
Di Fabio Pusterla
Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l'individuo per il quale
la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più. Hannah Arendt
Nella società medioevale, categorie economiche come prezzo e proprietà privata sono inserite nel
contesto teologico ed il comportamento economico resta fondamentalmente un comportamento
umano, perché i grandi pensatori dell'epoca ritengono che tutti gli uomini siano uguali agli occhi di
Dio e che anche i più umili siano dotati di infinito valore: in campo economico, insegnano che il
lavoro è una fonte di dignità, non di degradazione, e che nessuno dovrebbe essere usato per scopi
indipendenti dal suo benessere. Ma la storia si sviluppa altrimenti e la ragione umana comincia a
deteriorarsi, trasformandosi in intelligenza manipolatoria, mentre l'individualismo cede il passo
all'egoismo finchè si giunge alla società inglese del 18° secolo, che subendo un cambiamento
radicale, la porta alla vistosa accentuazione della separazione del comportamento economico dai
valori etici e umani. La macchina economica è ora intesa come un'entità autonoma, indipendente
dai bisogni umani e dalla volontà umana: un sistema che funziona da solo in obbedienza alle sue
proprie leggi. L'eliminazione di un grande numero di piccole aziende e la sofferenza dei lavoratori
sono viste quali necessità economiche che bisogna accettare perchè costituisce il frutto di una legge
di natura. (Per inciso, la stessa premessa è presente pure nel contemporaneo marchese de Sade,
vale a dire, se l'uomo è determinato, allora ciò che è è giusto, pertanto se l'uomo è più forte della
donna, perchè la natura lo ha fatto così, l'uomo ha diritto di fare ciò che vuole della donna). La
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morale diventa perciò un mezzo di manipolazione della società e della realtà attraverso la macchina
deterministica. Lo sviluppo di questo sistema economico non viene più condizionato dalla
domanda:"che cosa è bene per l'uomo?" ma da:"che cosa è bene per lo sviluppo del sistema?".
Dicendo che le qualità che il sistema esige dagli esseri umani, cioè egoismo e avidità, sono innate
nella natura umana, ne consegue che a favorirle è anche, non soltanto il sistema, ma appunto la
stessa natura umana: le società, quindi, in cui non esistessero egoismo e avidità sono ritenute
"primitive" ed i loro membri "infantili".
La società industriale occidentale è quindi caratterizzata dall'atteggiamento dell'avere, in cui la sete di
denaro, fama e potere, è divenuta la tematica dominante della vita.
Nella modalità dell'avere la nostra felicità risiede nella superiorità sugli altri, nel nostro potere e, in
ultima analisi, nella capacità di prevaricare. Secondo la modalità dell'essere, la felicità consiste
invece nell'amare, nel condividere, nel dare. La modalità dell'essere ha, come prerequisiti,
l'indipendenza, la libertà e la presenza della ragione critica, e la sua caratteristica consiste in una
libera ed attiva creatività interna. Nell'attività alienata invece, ad agire non sono io, ma forze
compulsive interne o esterne, così da venir separato dal risultato della mia attività. Una volta fissato
il modello dominante, nessuno desidera essere un escluso o addirittura un emarginato; oltretutto
per la maggior parte della gente rinunciare all'atteggiamento dell'avere risulta troppo difficile, ed
ogni tentativo in questo senso ha per effetto l'insorgere di uno stato di ansia, di insicurezza, di
nevrosi, di paura, di essere cioè scagliati nell'oceano senza saper nuotare.
In definitiva, la differenza tra essere e avere è quella tra una società imperniata sulle persone e un'altra
basata sulle cose.
Machiavelli scrive un'opera scientifica (nel senso di neutrale), però essa sta sui comodini di tutti i
regnanti d'Europa, certamente non su quello del Lumpenproletariat che tra l'altro non sa neppure
leggere.
Le Bon scrive "La psicologia delle folle" per la minoranza oligarchica che si era già presa una certa
paura con i fermenti rivoluzionari del 1789 ed ancor di più dopo gli episodi della Comune di Parigi
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del 1871, opera che mettendo in rilievo le debolezze psichiche della massa, tra l'altro, servirà
mirabilmente ed efficacemente ai dittatori totalitari del novecento: “nella storia”, scrive Le Bon,
“l’apparenza ha sempre avuto un ruolo più importante della realtà" e "si dominano più facilmente i
popoli eccitandone le passioni che occupandosi dei loro interessi".
Schweitzer, all'inizio del secolo scorso considera l'uomo moderno "privo di libertà, incompleto,
incapace di concentrazione, patologicamente dipendente ed assolutamente passivo" ed ancora "da
due o tre secoli a questa parte, molti individui sono vissuti esclusivamente quali esseri lavoranti, non
già come esseri umani".
Pasolini negli anni '70 profetizza "che esiste una nuova ferocia nei nuovi strumenti del potere, una
ferocia così ambigua, ineffabile, abile, da far sì che ben poco di buono resti in ciò che cade sotto la
sua sfera; lo dico sinceramente: non considero niente di più feroce che la banalissima televisione".
La programmazione neuro linguistica (Pnl) è stata ideata nel 1975, a scopi psicoterapeutici; è una
specie di induzione ipnotica che usa il linguaggio sia quello verbale che quello non verbale (auditivo
e cinestesico); da allora, la Pnl si è diffusa in molti altri settori, e poteva forse rimanere esclusa dal
marketing pubblicitario e politico?
Noam Chomsky elabora scientificamente dieci punti come strategia di manipolazione mediatica, tra
i principali: quello di distrarre l’attenzione del pubblico dai problemi importanti, creare un problema
per poi offrirne la soluzione, rivolgersi al pubblico come a dei bambini, usare l'emozione più della
riflessione, mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità e rafforzare il senso di colpa. Negli
ultimi 50’anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze
della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla
neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata
dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Ciò comporta che, nella maggior parte dei
casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di
quello che la gente esercita su se stessa.
Siamo programmati per ricercare il negativo: è una forma di dipendenza, ricerchiamo ciò che è
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negativo, ciò a cui siamo abituati, poiché quando si parla di ciò che va male, si vendono più giornali,
aumenta il fatturato delle case farmaceutiche e intanto ci guadagna il sistema, e perché la negatività
aiuta il potere stesso a controllare la gente grazie alla paura. Alcuni studiosi parlano di una nuova
epoca della televisione e dei media, che dal dolore, fattore chiave di spettacolarizzazione dell'ultimo
ventennio del secolo, si è passati alla paura. La diffusione di politiche dell'insicurezza è uno
strumento per legittimarsi e legittimare la propria azione e rendere legittimo un maggiore controllo
sociale, così come indicato da Orwell. Si pensi, per esempio all'importanza, in termini di tempo e di
evidenza, che viene data quotidianamente alla meteorologia: accadimenti metereologici banali
riempiono lo spazio che potrebbe essere riservato a riflessioni più importanti, collegamenti in
esterno che hanno la funzione di testimoniare la presunta eccezionalità dell’evento, per passare poi
all'influenza sul traffico, ai danni alle colture o al turismo, con intonazioni del tutto artificiali da parte
degli speakers; il tutto per trasmettere sempre un sottofondo di minaccia e insicurezza.
L'Homo, da Sapiens è diventato Videns e Consumens, poichè la televisione riflette lo stato sociale
che essa stessa ha contribuito e contribuisce a formare. E il circolo vizioso è senza fine. L'"opinione"
su cui si basano le indagini demoscopiche, è il punto di vista di una persona che non gode del
beneficio di adeguate informazioni e riflessioni critiche, perciò, male informata, semipnotizzata e
resa passiva, non in grado di esprimere convinzioni fondate e non può andare oltre ad un'opinione
che, seppur democraticamente espressa, è poco più di un entusiasmo sportivo.
L’intero sistema mediatico è strutturato in modo tale da spingere a partecipare sempre e soltanto a
condizione di porsi come tifoso partigiano: guelfo o ghibellino; si aizza una lotta tra galli per
consentire dei meccanismi di identificazione facili da strutturare e quindi facili da manipolare. Uscire
da questo binario forzato per topi da laboratorio, rimane il primo punto fondamentale di
un'auspicata rivoluzione culturale, tappa fondamentale per crescere come collettività di cittadini
liberi. (Ci sono pure delle trasmissioni televisive che insegnano ai giovani come si ama, come si odia,
come ci si innamora, come ci si arrabbia. Quando io ho determinato il controllo dei sentimenti, ho il
potere assoluto, perché non solo penso come mi hanno insegnato a pensare i mezzi televisivi, ma
sento come loro desiderano io senta. Quando al sentire viene negata la capacità cognitiva, quando
cioè il sentire viene isolato e separato dalla sua intrinseca capacità valutativa, diventa impossibile
pensarlo come una modalità operativa della ragione. Le conseguenze educative sono drammatiche:
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ragazzi in balìa di emozioni artificiose, fluttuanti tra umori opposti, costantemente sostenuti in
questa patologica dipendenza dai modelli mediatici, incapaci di conoscere la realtà fino alla certezza
e alla stabilità; così non ci stupiamo che numerosi studi americani sono arrivati alle stesse
conclusioni; ovvero che esiste un collegamento diretto tra l’aumento dei tempi televisivi e i ritardi
cognitivi dei bambini.) C'è forse contraddizione tra il modo con cui la nostra società si oppone al
consumo di determinate droghe, e non si oppone al danno prodotto dai quotidiani metodi di
lavaggio del cervello? Come potrebbe un uomo prigioniero nella ragnatela ricordarsi che è un uomo,
un individuo ben distinto ed irripetibile, uno al quale è concessa un’unica occasione di vivere, con
speranze e delusioni, dolori e timori, col desiderio di amare e il terrore della solitudine e de nulla?
Metter fine all'inquinamento costituito dalla suggestione di massa avrà sui consumatori un effetto
sconvolgente non molto dissimile dalla sintomatologia dei drogati nella fase di disintossicazione
.Esiste una vita al di fuori dei cartelloni pubblicitari Karl Kraus,1909
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"PREMIAZIONE CONCORSO DI PROSA E POESIA ANNA CASO 2012/2013"
FABIO PUSTERLA – PROF.SSA MARA GROSSI
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4° PREMIO, “Respira…la senti?” di ILARIA MADDÉ 4^AT
Motivazione: emerge la volontà di sfuggire alle trappole della manipolazione sociale e sentimentale di una società
che svilisce una ricerca autonoma di senso e di realizzazione, confinando le possibilità degli uomini a percorsi
obbligati. I versi, liberi da ogni schema, rincorrono un tono espressivo che si dedica con veemenza a trovare una
via d’uscita dalle insidie del labirinto con un linguaggio, che soprattutto in alcuni tratti, risulta illuminato da una
riuscita vena intimistica che pare piegarsi in se stessa, ma che in realtà sa comunicarsi al lettore.
“ Respira… La senti?
Di Ilaria Maddè
Respira … La senti?
Senti quell’aria di libertà e spontaneità in ogni uomo?
No. Io non più. E mi concentro sempre su ciò che mi circonda,
ma l’aria profuma di ferro e ruggine, come le catene di cui si veste.
Noi siamo schiavi di questa prigione
Ma non perché qualche d’uno ci costringe.
Chiunque è schiavo per scelta sua e di nessun’altro.
Si può cambiare destino e sentirsi davvero liberi. Se lo si vuole.
Guarda. Osserva e prendi esempio.
Questo facciamo, chiunque vuole essere al centro.
Spettacoli, mode, tendenze, che in noi non si pongono fine;
noi che cerchiamo disperatamente, esclusivamente, l’apparenza.
Vivi in silenzio, conserva le parole.
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In ogni cosa il dialogo scompare e la gente si perde;
tra immagini e finzioni, smarrisce la via verso il linguaggio del cuore,
quello che è stato insegnato per ore e che meglio esprime ogni volere, e valore.
Qualcuno mi spieghi dov’è, in tutto ciò, la libertà.
Forse son solo io, ingenua, a non riuscire a contemplarla,
ma allora perché il silenzio di quest’anime vuote mi dà ragione?
Forse paura; forse timore, o semplicemente san d’esser sempre più incatenate.
Incombe su ogni cosa questa pesantezza,
soffoca chiunque le dia retta e non dà scampo. Muori.
Sì, perché questo significa essere schiavi; non vuoi ascoltarmi?
Continua a morire. Rimani marcio in te stesso e ogni cosa che porti.
E che dire di quei fantasmi, ombre
Che è sol per scelta propria che diventano tali.
Non si sforzano a spiegarsi la vita, né la morte, né loro stessi.
Né le piccole cose, poiché altri si accollano il peso di ogni scelta, propria o altrui.
Noi, trasportati dal Potere,
dall’Essere e l’Avere, che ci consuma
e lentamente corrode i valori reali di ogni giorno.
Prede di queste belve affamate, noi, gazzelle in fuga da leoni.
Perché sempre, in questo mondo
Si perde in banalità chi, purtroppo, pensa
Che chi possiede è colui che merita ed è qualcuno,
Ma in realtà è chi merita molto a non posseder nulla, né esser nessuno.
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Poi quel senso di “valore” che ci poniamo;
sbagliato. Non è la materia che fa l’uomo un uomo.
Soffermarci a cogliere i fiori già sbocciati, i più rigogliosi,
dimenticando che quelli chiusi in bocciolo, son prossimi a maggior bellezza.
E queste righe scritte
Non sono altro che un ricordo,
lontano e morente, nella mente di ognuno.
Un ricordo quasi dimenticato e ignoto ormai a molti.
Vedevo bambini giocare,
per le strade, nei giardini, con una palla.
Ora vedo ombre che, chiuse nelle loro case, aspettano …
Attendono che il loro barlume si spenga. Tutti, prossimi all’oblio.
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"PREMIAZIONE CONCORSO DI PROSA E POESIA ANNA CASO 2012/2013"
Ilaria Maddè, Martina Comerio, Fabio Pusterla, Serena Grasso, Matteo Nava
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5° PREMIO, “Il Marionettista” di MATTEO NAVA 5^AT
Motivazione: brevissima ma personale raffigurazione metaforica in prosa di un modo di
sentire l’estraneazione dell’uomo nella società contemporanea giocata intorno
all’emblematica regia di un “marionettista” che domina le menti, le azioni, e i sentimenti
degli uomini, ridotti a “marionette” di se stessi
“ Il Marionettista”
Di Matteo Nava
La gente vaga, condizionata dalla “dittatura dell’ignoranza”, come fosse un esercito di marionette in
balìa del marionettista.
Ognuno pensa di vivere facendo ciò che desidera, ne è convinto, ma in realtà siamo trascinati nella stessa
direzione dai fili del marionettista.
Tuttavia siamo sollevati accorgendoci di non essere gli unici, e ci convinciamo di far la cosa giusta.
Pubblicità, moda, TV, vip: sono questi i sottilissimi fili che ci guidano, o meglio, ci attraggono verso un
prodotto alimentare o verso un cellulare, verso un luogo di vacanza o verso un capo d’abbigliamento.
Esistono anche alcune marionette che vivono con il solo scopo di opporsi diametricalmente a queste
tendenze, non accorgendosi che anch’essi sono collegati da altri (ancor più sottili) fili.
Vivono con l’illusione di essere autonomi e si ritrovano in realtà nelle stesse condizioni: non sono loro a
decidere.
L’unico modo, l’unico mezzo per liberarsi □ pensare, accendere quel fanatico marchingegno che
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□ in grado di recidere questi fili, di estirparli da noi, di portarci dove realmente vogliamo
Osservare, ragionare, decidere….. confrontare, ascoltare e pensare; pensare è la chiave.
Bisogna eliminare questi condizionamenti come si fa con l’erbaccia e stare sempre in guardia perché con
il tempo le modalità di influenzare le masse si evolveranno, muteranno.
E il marionettista, bisogna starne certi, è sempre in agguato.
ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “PIER PAOLO PASOLINI” - MILANO
"PREMIAZIONE CONCORSO DI PROSA E POESIA ANNA CASO 2012/2013"
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Anna Caso ha insegnato lettere nella nostra scuola dalla fine degli anni '90 fino al
luglio del 2011 quando è improvvisamente mancata.
Prima di venire al Pasolini aveva lavorato in altre scuole superiori della città sin da
quando, dopo la laurea, aveva concluso il dottorato di ricerca presso
l’università di Milano con una ricerca di storia medievale su un’aristocratica famiglia milanese del
dodicesimo secolo pubblicata dalla Casa Editrice Dante Alighieri.
Al Pasolini io ci sono arrivato tre anni dopo, e come collega di materia l'ho presto apprezzata per la sua
preparazione, sebbene non facesse mai nulla per mostrarla inutilmente; e per il suo modo tranquillo e
apparentemente staccato con il quale sembrava confrontarsi con i problemi scolastici.
In lei scoprivo una donna di grande sensibilità, animata da un’attenzione mai banale; una donna con
una sottile capacità di percepire e ascoltare le sfumature emotive e psicologiche delle dinamiche tutte
particolari che si creano in un ambiente come quello scolastico.
Se adesso penso a lei, pur rischiando di essere condizionato dal fatto che non c’è più, la prima cosa che
mi viene in mente è quel suo sorriso un po’ lontano che sembrava sempre alludere a qualcosa, come se
dietro di esso si celasse il chiuso segreto del suo destino...
E’ anche grazie a lei che ho avuto modo con pochissimi altri di occuparmi per qualche anno della
biblioteca scolastica.
Ricordo con quale coinvolgimento si decideva quali testi richiedere, in un periodo in cui era ancora
possibile avere dei fondi per l’acquisto di libri per la biblioteca.
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Anche senza il finanziamento dell’istituto per almeno due anni siamo riusciti ad ottenerne uno
istituzionale denominato “Amico libro” che aveva premiato un progetto di lettura (“Il piacere di leggere”)
ideato da me e da lei insieme alla Prof.ssa Mara Grossi, e che ha permesso l’acquisto di altri libri.
Mi immagino chiaramente l’espressione che Anna farebbe ad osservare lo stato di abbandono in cui
versa ora la nostra biblioteca.
Mi sono trovato a confrontarmi e spesso a condividere con lei giudizi e valutazioni critiche sulle sempre
minori risorse che i governi riservavano al sistema formativo, alla progressiva marginalizzazione della
scuola nella società; all'eccessivo peso che sempre più bisognava riservare alle incombenze
burocratiche, o di come lo specifico della relazione umana e formativa nel diretto rapporto con gli
studenti fosse svalorizzata a tutto vantaggio di una sua misurazione solo esteriore e quantitativa.
E la cosa più rilevante rispetto a questi e ad altri temi sul ruolo della scuola, e della scuola nella società,
era che Anna non ha mai avuto un atteggiamento di arrendevolezza, e ancor meno di cinica disillusione.
Al contrario è sempre stata determinata, direi che ha sempre avuto una determinata dolcezza nel
contrastarli per quanto le era possibile, e comunque non valutando mai con superficialità o con
atteggiamento liquidante ogni iniziativa o scadenza di rivendicazione e di resistenza.
Anna aveva modi gentili, non alzava mai la voce ed era restia ad intervenire personalmente in ambito
collegiale; e a me che invece spesso esprimevo il mio punto di vista raccomandava di sostenerlo senza
irruenza, non alzando la voce, ed evitando di accettare le provocazioni di chi mi ostacolava, per non
rischiare di passare dalla parte del torto.
Aveva infine una carica d’energie formidabile che credo essenzialmente derivasse dalla sua natura
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generosa, ma un po’ anche dal sapersi di salute vulnerabile, per cui non voleva perdere occasione di fare
con impegno ogni cosa a cui il destino la invitava.
Nel ricordare infine che Anna Caso era un’insaziabile lettrice di autrici e autori di tutte le letterature
concludo augurando agli studenti che in questi anni frequentano la nostra scuola, e che non possono
averla conosciuta, che si facciano un’idea di densa leggerezza di lei, indirettamente a trarne
determinazione e forza di libertà.
Agostino Tomasuolo
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GIARDINO DELLA SCUOLA “P.P. PASOLINI”
UN ALBERELLO DI MAGNOLIA PER ANNA CASO
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IL PRIMO FIORE DI MAGNOLIA
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INDICE
Pag. 2 Perché ricordiamo Anna Caso di Francesca Correra
Pag. 3 Foto Anna Caso
Pag. 4 Un concorso per Anna Caso di Carlo Franza
Pag. 5 Foto della Commissione Cultura
Pag. 6 “ 1984 was not supposed to be an instruction manual”
Pag. 8 Foto premiazione Serena Grasso
Pag. 9 “Le tentazioni di Alice”
Pag. 12 Foto premiazione Martina Comerio
Pag. 13 “ Il suddito ideale del regime totalitario”
Pag. 18 Foto premiazione Fabio Pusterla
Pag. 19 “Respira … La senti?“
Pag. 22 Foto del gruppo studenti
Pag. 23 “Il Marionettista”
Pag. 24 Foto del gruppo Studenti e Commissione Cultura
Pag. 25 Anna Caso di Agostino Tomasuolo
Pag. 28 Foto dell’albero di magnolia
Pag. 29 Foto del primo fiore di magnolia
Pag. 30 Indice
Redazione dei testi a cura della Commissione Cultura
Dell’ITT “P. P. Pasolini”
Elaborazione grafica: Teodora Iungano
Milano, 24 Maggio 2014
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Seconda Edizione - I.T.S . "Pier Paolo Pasolini"