L’ESILIO E IL RITORNO
MEMORIA INCONTRI
Così dice il Signore:
“Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome:
tu mi appartieni.
Se dovrai attraversare le acque, sarò con te,
i fiumi non ti sommergeranno;
se dovrai passare in mezzo al fuoco,
non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare,
poiché io sono il Signore, tuo Dio, il Santo d'Israele, il tuo salvatore.
Io dò l'Egitto come prezzo per il tuo riscatto.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo.
Non temere, perché io sono con te.” Is 43,1-5
CAMMINO BIBLICO ANNO 2012/2013
Perché una memoria
Nella Bibbia la memoria è importante:
“Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo
Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni
nel deserto” Dt 8,2.
“Ricordati che non sei tu che porti la radice, ma è
la radice che porta te” Rm 11,18.
Anche nella nostra vita la memoria è fondamentale!
Noi siamo anche memoria di chi ci ha preceduto; raccontando la
nostra vita e la nostra esperienza riconosciamo le tracce che
abbiamo lasciato dietro di noi e indichiamo il cammino a chi ci
vuol bene e ci vorrà seguire.
La memoria dei nostri incontri è per noi molto importante perché,
rileggendola, riviviamo i bei momenti trascorsi insieme riuscendo
a rivedere i volti di ciascuna: gli interventi fatti, le parole dette, le
emozioni raccontate, i segreti svelati.
Allora la Parola diventa “carne”, si fa “vita”, diventa “lampada
ai nostri passi, luce al nostro cammino”!
Per tutti può essere una testimonianza di vita e un invito a
lasciarsi “prendere” e “trasformare” da un cammino insieme
fatto di ascolto, condivisione, amicizia e amore…!
“Tutto possiamo in Colui che ci dà la forza” (Fil 4,13).
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Messaggio di Tenerezza
Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore,
e sullo schermo della notte erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro e ho visto che
ad ogni giorno della mia vita, proiettati nel film,
apparivano orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.
Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.
Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi posti
c’era solo un’orma…
Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
di maggior paura e di maggior dolore…
Ho domandato allora:
“Signore, Tu mi avevi detto che saresti stato con me
in tutti i giorni della vita,
ed io ho accettato di vivere con te,
ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
peggiori della mia vita?”.
Ed il Signore rispose:
“Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato
con te durante tutta il cammino
e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo,
e non ti ho lasciato…
I giorni in cui tu hai visto un’orma sulla sabbia
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio”
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MEMORIA del primo incontro: 27 settembre 2012
con don Antonio Niada
Introduzione all’Esilio
 Preghiera: salmo 137 (136)
Iniziamo accogliendoci con il segno della croce e con le parole del card.
Carlo Maria Martini:
“È stata la Parola per prima a rompere il silenzio, a dire il
nostro nome, a dare un progetto alla nostra vita.
È in questa parola che il nascere e il morire, l’amare e il
donarsi, il lavoro e la società hanno un senso ultimo e una
speranza.” (da: In principio la Parola”)
Don Antonio riallacciandosi alle parole di C. M. Martini sottolinea che è la
Parola che rompe il silenzio, è una Parola “performativa” cioè fa quanto
dice, accade quello che promette.
 Introduzione al salmo 137
Il salmo 137, non è contemporaneo ai fatti che racconta, è posteriore al
538 a.C., fa memoria e rilegge l’esperienza dell’esilio. Chi scrive è già
ritornato in Giuda, ma è stato testimone oculare della deportazione.
Come genere letterario è una lamentazione.
La lamentazione non è mai solo disperazione, troviamo sofferenza
interiore, dubbi, perplessità, domande, ricerca di un senso, tutto sembra
arrivare al limite senza superarlo, perché la speranza è già data: è un
compimento che è avvenuto o che avverrà quando solo Dio sa.
L’esperienza dell’esilio può essere anche la nostra esperienza, la Storia ci
porta ad essere esiliati, siamo tutti un po’ esuli, com’è scritto nella Lettera
agli Ebrei noi non abbiamo una patria.
 Spiegazione del salmo 137
 vv.1-3: i primi tre versetti contengono un amore struggente per
Gerusalemme, città della pace, dove il mistero ha lasciato un segno
vero del suo passato.
 vv. 4-6: il salmista ha un grande amore per la città di Sion, anche in
esilio non è possibile dimenticarsi di Gerusalemme. Nella Bibbia
l’uomo deve poter compiere l’azione, proferire parola, esercitare il
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culto, per questo le auto-maledizioni vengono mandate alla mano
destra, la sua paralisi provoca l’incapacità di compiere ogni azione;
alla lingua, che è l’organo della comunicazione, attaccandosi al
palato, non solo non può comunicare ma non può lodare e ringraziare
il Signore; alla memoria, l’incapacità di ricordare, cioè lasciare
cadere il ricordo di Dio e della sua Alleanza.
 vv 7-9: maledizioni per i persecutori, questi versetti esprimono la
grande sofferenza vissuta dagli esiliati.
L’autore ispirato è uno strumento di Dio, egli sa riconoscere nella storia la
presenza di YHWH. Accoglie il criterio storico e lo fa diventare
manifestazione di Dio, la realtà non è negata, non viene nascosto il peccato
del popolo, né la sua difficoltà ad essere fedele all’alleanza.
 Introduzione all’esilio
Evento storico
Il fenomeno dell’esilio era comune nell’Oriente antico: la
deportazione delle classi dominanti dal punto di vista economico, politico
e spirituale, era una misura preventiva contro eventuali insurrezioni del
paese dominato. Già nel 734 alcune città del regno del Nord ne fecero la
dura esperienza (cfr 2 Re 15,29), nel 721, dopo un assedio durato tre anni, la
capitale Samaria venne occupata e gli Israeliti furono deportati in Assiria.
Nel territorio attorno a Samaria si stabilì gente di Babilonia e di città
assire. Queste colonizzazioni, mescolandosi con gli Israeliti rimasti sul
posto, diedero origine ai Samaritani (2 Re 17,24ss). Dei deportati del regno
del Nord non si sa più nulla.
Le deportazioni che più hanno inciso nella storia del popolo
dell’alleanza, sono quelle fatte da Nabucodonosor, a conclusione delle sue
campagne di invasione, negli anni 597, 587 e 582 (cfr 2 Re 24,14; 25,11; Ger.
52,28ss). L’esperienza più forte è la presa di Gerusalemme, seguita
dall’incendio della reggia, del tempio di YHWH e della città. La rovina di
Gerusalemme e la distruzione del Santuario, hanno una risonanza
tremenda sulla coscienza religiosa del popolo di Giuda. La “dimora” di
YHWH è distrutta; le realtà che avevano trasmesso il piano salvifico non
esistono più: né terra, né promessa, né dinastia regale, né popolo.
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L’esilio e il ritorno:
La prima grande deportazione del popolo d’Israele avviene nell’VIII°
in Assiria, e coincide con la caduta del regno del Nord. L’impero Assiro
riduce a vassalli i territori conquistati, sottoponendoli a pesanti tributi.
Per il regno del Sud, la deportazione in Babilonia inizia nell’anno
597 a.C. con l’assedio di Gerusalemme che dura dieci anni (cfr 2Re 25,1-7),
in quell’anno vengono deportati i notabili, i colti, i sacerdoti e la casta del
potere politico, sociale e civile; nel 587 a.C., con la distruzione della città e
del tempio, viene deportato anche il popolo per avere più forza lavoro,
come purtroppo era consuetudine in quei tempi (cfr 2Re 25); la terza
deportazione avviene nel 582 a.C. e i babilonesi uniscono il territorio di
Giuda alla provincia di Samaria (cfr. 52,28 ss).
La deportazione è stata una prova sconvolgente per gli ebrei di quel tempo
poiché, per quattro secoli, la loro realtà, la loro vita, si è identificata con il
tempio; con la sua distruzione, il disegno di Dio sembra sconvolto, cade
l’ideale in cui hanno creduto a lungo.
Il popolo in esilio si poneva molte domande:
 dov’è il nostro Dio?
 il nostro Dio è ancora il nostro Dio? è ancora un Dio che salva?
 che cosa vuole il Signore da noi?
 perché Dio si irrita, ci castiga?
Queste domande e altre ancora hanno prodotto molte considerazioni che il
popolo ha elaborato anche con l’aiuto dei profeti. Don Antonio le ha
sintetizzate per noi in cinque punti fondamentali:
1. Riconoscimento da parte di Israele del suo peccato
La deportazione è il castigo di Dio per il peccato di idolatria. Israele
adora altri idoli, dimentica YHWH e il suo progetto, non è fedele
all’alleanza, commettendo il peccato di idolatria rifiuta Dio.
2. Dio manifesta al suo popolo il suo amore geloso
Israele è il popolo eletto: il popolo eletto deve testimoniare l’unicità
di questa elezione, dicendo a tutto il mondo che c’è un unico Dio che
fa parte della storia ed è un Dio pietoso, misericordioso, lento all’ira
e grande nell’amore. Diventando idolatra, Israele cerca ciò che non è
Dio, va contro il suo progetto. Dio è geloso del suo popolo e non può
sopportare che Israele, cercando solo ciò che produce morte, lo
rinneghi.
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3. Un aiuto alla conversione, un richiamo forte da parte di Dio al
suo popolo perché si riconverta all’alleanza
L’esilio è anche una prova di purificazione che produce germogli
nuovi: “Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (cfr Ez
36,26). Il popolo vive sulla sua pelle cosa significhi aver abbandonato
YHWH.
L’uomo, quando cerca la sicurezza nei calcoli umani (guerre per
conquiste, oppressioni, idolatria), si allontana da Dio; questa scelta
produce solo disordine, dolore e morte; la risposta di Dio, attraverso i
profeti, è una Parola che invita alla conversione, al pentimento e alla
purificazione.
4. Una richiesta di perdono = conversione
Non c’è più il tempio né la monarchia, sembra tutto perduto senza
rimedio; ma anche nei momenti più bui, all’uomo che riconosce il
suo peccato, Dio rivela sempre la sua misericordia e la sua fedeltà:
Dio ha generato il suo popolo e non può dimenticarlo. Infatti egli non
rigetta per sempre il suo popolo ma suscita la speranza attraverso la
parola dei profeti “C’è una speranza per la tua discendenza: i tuoi figli
ritorneranno entro i loro confini” (Ger 31,17). Anche quando Dio sembra
molto lontano, che non ascolti, che dorma (come Gesù sulla barca in Mt
8,23-27), c’è sempre qualcuno che fa rinascere la speranza, Dio non
distrugge, non porta la morte ma la vita.
5. La manifestazione del grande amore di YHWH per il suo popolo
che non vuole distruggere ma riconquistarlo con amore
L’esperienza dell’esilio è essenziale per fare un esame radicale di
fronte a Dio, costringe il popolo a ritornare a Lui, con la
consapevolezza dell’appartenenza.
Il ritorno dall’esilio esprime il pentimento o il ritorno interiore del popolo
a Dio e il ritorno di Dio al suo popolo, naturalmente anche il ritorno
materiale dei profughi alla loro terra.
Don Antonio ci suggerisce di ringraziare Dio anche per i nostri momenti
di sofferenza: luogo della purificazione e del ritorno, della certezza
dell’amore di Dio.
Concludiamo con la preghiera del Padre Nostro.
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MEMORIA del secondo incontro:
4 ottobre 2012 San Francesco
 Accoglienza
 Preghiera: salmo 80 (79)
Iniziamo il nostro incontro con il canto di San Francesco “Laudato sii”.
Abbiamo pregato poi il salmo 80 (79) ripetendo i versetti che più ci hanno
colpito, come facciamo abitualmente.
In questo incontro abbiamo cercato di fare memoria dei personaggi biblici
che ci hanno maggiormente interessato lo scorso anno e ri-cor-dare quello
che ci è rimasto nel cuore ed è stato importante per noi nella vita di tutti i
giorni.
Ripensando all’incontro con don Antonio sull’Esilio
 Nell’Antico Testamento, Israele stabilisce un’alleanza con Dio e
promette di essergli sempre fedele, riconoscendo la sua grandezza;
ma per diversi motivi, che possono cambiare a seconda del contesto
storico in cui avvengono, il popolo rompe l’alleanza e commette “ciò
che è male ai suoi occhi”, poi si pente, chiede aiuto a Dio che, per la sua
misericordia e fedeltà, sempre lo riaccoglie. Tutto questo ci fa capire
che da sempre la fragilità dell’uomo lo porta a cadere ma poi a
risollevarsi. Anche noi oggi, come Gesù ci ha insegnato, non
dobbiamo scoraggiarci per le cadute, ma trovare sempre la forza di
rialzarci e guardare con fiducia e speranza al nostro Dio che sempre
ci perdona e ci accoglie.
 La Parola di Dio è antica e sempre nuova, sempre attuale: oggi ci può
dire ancora qualcosa.
 A volte si ha difficoltà ad accettare l’affermazione che ogni tanto
viene fatta sul valore della sofferenza, considerandola come un dono.
Si è detto che “l’esilio per il popolo è una prova di purificazione che
produce germogli nuovi”. Quando si vive una grande sofferenza, un
forte dolore, nella fede in Dio si può trovare conforto e sostegno, a
volte è proprio la sofferenza che ci riavvicina a Dio: è Lui che ci
guarisce. Nel dolore però è anche possibile perdere le fede.
Il dolore innocente non si riesce ad accettare, come ad esempio la
sofferenza nei bambini, perché questo accade? Il dolore innocente è
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un mistero! Spesso non riusciamo ad accettare chi considera la
sofferenza una benedizione.
 Gli ebrei in esilio erano arrivati al limite della sopportazione, non
avevano più niente a cui aggrapparsi e, in quel periodo di
disperazione, erano riusciti a risollevarsi facendo memoria del
passato. Partendo dalla creazione, ricordando Abramo e Mosè,
ritrovarono la speranza e la certezza che il loro Dio non avrebbe mai
potuto dimenticare per sempre il suo popolo.
Anche a noi spesso accade così, facendo memoria dei periodi di
grande sofferenza, riconosciamo che proprio in quei momenti Dio
era presente e ci sosteneva con la Sua Parola o attraverso la presenza
di amici che ci aiutavano a ritrovare fiducia e speranza.
Quando tutto ci va bene ci sentiamo autosufficienti.
 Il libro di Giobbe pone molti interrogativi sulla sofferenza. I tre
amici lo accusano di non essere stato un uomo giusto e di avere
peccato contro Dio, meritando così il suo castigo. Sappiamo che non
è così. Non ci sono risposte precise in questo libro sul dolore e sulla
sofferenza, Giobbe continua ad avere fede e riconosce l’onnipotenza
e la grandezza di Dio: “Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è
impossibile per te” (Gb 42,2) e alla fine viene ricompensato. La risposta
alla sofferenza innocente può essere Gesù stesso che ha accettato di
morire sulla croce.
Figure bibliche che più ci hanno colpito
 Anna, la mamma di Samuele, delusa dal marito, derisa dal sacerdote
Eli, è stata poi ripagata dalla sua sofferenza con il dono di un figlio.
La storia di Anna mi ha permesso di fare alcune riflessioni: nei
momenti di grande dolore, d’incomprensione, di scoraggiamento, di
angoscia, l’unico posto per sentirmi rinfrancata e confortata è andare
dal Signore, in preghiera. Dio permette certe circostanze nella vita
(che non sempre si comprendono) tuttavia quando viene implorato
con tutta la forza d’animo, il Signore non può rimanere indifferente.
 Il profeta Elia che nel suo silenzio e nella sua disperazione ha
ritrovato Dio.
Elia conosce Dio nella voce del silenzio. Dio non parla nei segni
della potenza e della grandezza del mondo. Ascoltare il silenzio per
riflettere su tante cose: sul bene, sul male; nel silenzio non c’è solo
ascolto ma anche ricordo. Ascolta e ricorda!
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Io mi sono riproposta di stare almeno cinque minuti al giorno in
silenzio per ascoltare la voce di Dio.
 Un altro personaggio biblico importante è stata la profetessa Culda
(2Re 22,1-20) che nessuna di noi conosceva. Tramite l’aiuto di questa
donna, il re Giosia ha scoperto il contenuto del “Libro della Legge” è
ha dato inizio ad un’importante riforma.
 Debora è stata una figura significativa, l’abbiamo apprezzata per il
suo coraggio e la sua determinazione.
 Nel cammino fatto finora, il periodo che mi è sembrato più
interessante nella storia del popolo d’Israele, è quello dei giudici,
dall’organizzazione tribale alla monarchia, periodo di transizione.
Anche in quel tempo però, come già detto all’inizio, si ripetono
sempre le stesse situazioni: il popolo pecca, si allontana dal Signore,
si pente, chiede aiuto e il Signore lo perdona. Oggi succede la stessa
cosa, l’uomo non cambia mai! Non consideriamo il progetto di Dio
ma il progetto personale: l’immagine, il successo, l’arricchimento, la
carriera. Perché c’è questa mancanza? La fede è sempre più debole.
Noi viviamo una vita tutta materiale, diamo importanza all’avere e
non all’essere. Il potere allontana dalla fede.
Alla fine dell’incontro abbiamo pregato insieme la bellissima esortazione che ci ha
mandato don Felice Tenero “Non portare con te”, composta dalla sua comunità per il
trasferimento del Vescovo
Non portare con te
Non portare con te solamente la parola,
affilata come una spada pronta per il combattimento;
porta con te, nella voce e nel canto,
la melodia del sogno e della speranza.
Non portare con te solo occhi critici,
capaci di denudare l’ingiustizia e l’oppressione;
porta con te anche uno sguardo dolce e pieno di tenerezza,
capace di perdono e misericordia.
Non portare con te solamente mani ferme e forti,
per poter rimuovere barriere e ostacoli;
porta pure con te, sulla punta di dita sensibili,
il balsamo che cura le ferite del corpo e dell’anima.
Non portare solamente la Buona Notizia del Vangelo,
come un tesoro di pietre preziose;
porta con te anche l’arte, la grazia e la magia
di trasmetterla ad altre culture e popoli diversi.
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MEMORIA del terzo incontro: 18 ottobre 2012
Il re, il popolo, il profeta
 Accoglienza
 Preghiera: Sof 3,9-20
 Testi di Studio Is 7,1-17 e Is 9,1-6
Dopo un’accoglienza reciproca, ricordando in modo particolare le nostre
amiche assenti, abbiamo pregato Sof 3,9-20.
Sofonia ha profetato sotto il regno di Giosia (640-609 a.C.) prima della
riforma, quando il re era ancora un bambino, circa ottant’anni dopo il
regno di Acaz.
Sofonia denuncia il comportamento iniquo, menzognero, idolatra degli
abitanti di Gerusalemme, ma annuncia che dalla morte rinascerà la vita: “il
Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico, tu non vedrai più la
sventura perché il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente, per te
esulterà di gioia” (Sof 3,15-17). Il profeta annuncia l'intervento di Dio che
trasformerà completamente le cose e rivelerà il suo amore e la sua bontà al
“resto d'Israele”.
Nel libro di Sofonia la parola “Anawîm = Poveri di YHWH” acquista un
significato profondo: sono i poveri, gli oppressi, coloro che cercano la
volontà di Dio e desiderano realizzare il suo progetto (cfr Sof 2,3 e 3,12)
reclamando la giustizia per i deboli, i piccoli, gli indigenti.
La tenacia di questi “poveri di YHWH” sarà descritta da Isaia nei quattro
canti del Servo (cfr Is 42,1-9; 49,1-6, 50,4-9, 52,13-53,12).
Sarà il “resto”, il “filo rosso” della profezia che ci condurrà fino a Gesù.
Introduzione
La Bibbia è nata proprio dalla preoccupazione che il popolo non deve
dimenticare il passato e perdere la sua identità. Il popolo non deve perdere
la memoria (anche per una persona perdere la memoria è una delle cose
più gravi). In ogni nuovo periodo della storia, soprattutto nei periodi di
infedeltà e di crisi, l'esperienza dell’Esodo e dei giudici riaffiora nella
memoria dei profeti e diventa un criterio per denunciare gli errori dei re e
per aiutare il popolo a fare una revisione del suo cammino.
Il passato viene riletto per aiutare il popolo a vedere nell’oggi la presenza
nascosta del Dio liberatore “Voi saprete che Io Sono il Signore ” (cfr Ez. 14,8;
32,15; Is.45,3).
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Colpisce l'aspetto di questo piccolo popolo che nella sua debolezza ha
resistito nella storia ed è ancora presente oggi, mentre degli altri grandi
imperi si parla solo come passato.
Cenni sul profeta Isaia
Isaia è il profeta più conosciuto e ricordato. E’ nato a Gerusalemme
intorno al 760 a.C. ed è probabilmente di nobili origini. Questo profeta,
fermo e coraggioso, è un personaggio di grande fascino per l’attrattiva che
esercita la sua figura di uomo d’azione, per la vastità della sua cultura e
per la forza del suo insegnamento. La profezia del Primo Isaia si attua dal
740 al 701 a.C., sotto la dominazione di due re: Acaz (736-716 a.C.) ed
Ezechia, figlio di Acaz (716-687 a.C.). Altro profeta del regno del Sud,
contemporaneo di Isaia, è Michea.
Primo Isaia o Proto Isaia (cap. 1-39) – genere letterario poetico
Nei primi cinque capitoli, questo testo accusa severamente il popolo
corrotto, ipocrita e infedele e annuncia le sventure che si abbatteranno su
Giuda e Gerusalemme. All’interno dei successivi capitoli (6,1-12,6) c’è
una sezione chiamata “Il libro dell’Emmanuele”. Negli oracoli relativi
alla guerra siro-efraeimita, Isaia manifesta la speranza nella fragilità di un
bambino, contrapponendosi ad Acaz che mette la sua fiducia nella forza
militare e impone al popolo pesanti tributi. La nascita di un bambino non
significa solo la continuità della discendenza ma può essere intesa anche
come riporre la fiducia nei piccoli.
Contesto storico in cui opera il profeta Isaia
Nella prima metà dell’VIII sec. a.C. (800-750) il regno d’Israele
raggiunge il massimo del suo potere mentre l’Assiria vive un periodo di
momentanea debolezza, permettendo la nascita di piccole nazioni.
Dopo la morte di Geroboamo II e di suo figlio Zaccaria, la dinastia di
Ieu finisce ne743 a.C. (cfr 2Re14, 23-29 e 2Re15, 8-12). Nel 738 a.C., il re
assiro, Tiglat Pileser III, ha già raggiunto le montagne del Libano,
facendone una nuova provincia assira. Da questo momento in poi, molti
tentativi furono fatti fra i vari re per formare delle coalizioni anti assire, ma
con scarso successo. Rezin re di Aram e Pekach re di Israele-Efraim,
chiedono ad Acaz re di Giuda, di fare un’alleanza con loro, ma Acaz non
accetta; non essendo vassallo dell’Assiria, come il regno del Nord, non ha
alcun interesse ad inserirsi in un’alleanza il cui successo non è sicuro (2Cr
28; 2Re 16ss). Acaz, nonostante l’invito di Isaia alla calma e alla
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riflessione, si allea con l’Assiria contro i due re nemici Rezin e Pekach
che, sorpresi alle spalle, vengono sconfitti (guerra siro-efraimita 734-732 a.C).
Israele perde tutta la Galilea e la sua classe dirigente viene deportata
in Assiria. Pekach viene ucciso. Cade anche Damasco nel 732 a.C. Anche
Rezin viene ucciso e il suo territorio trasformato in una provincia assira.
Il regno di Giuda si ritrova ora, esso stesso, vassallo dell’Assiria.
Siamo vicini alla fine del regno del nord (cfr Is 7,1-17).
Is 7, 1-17
Acaz, considerato uno dei peggiori re di Giuda per la sua idolatria, è
paragonato al re d’Israele Acab, che sposò la regina Gezabele e sfidò il
profeta Elia (cfr 1Re 18 ss).
Acaz, per propiziarsi le benevolenze degli dei, arriva ad immolare i suoi
figli alla divinità, bruciandoli.
Questo atteggiamento del re, che rispecchiava l’uso dei popoli di quel
tempo, ci ha molto scosso e ci siamo chieste: “oggi questo potrebbe ancora
accadere?…
Riflettendo bene, abbiamo riscontrato che possiamo avere atteggiamenti di
grande egoismo o possesso verso i nostri figli o le persone deboli, tanto da
arrivare a “sacrificarli” per i nostri progetti personali.
L’incontro tra Acaz e Isaia avviene in un luogo di acque e quindi di
fecondità e di vita. Isaia ha con sé il figlio Seariasùb che significa “portatore
di speranza”.
La parola che pronuncia Isaia non è più soltanto per Acaz ma è per tutto il
popolo.
Il segno che il re Acaz ha rifiutato di chiedere a Dio, gli è stato dato: è
l’annuncio della nascita di un figlio, il cui nome “Emmanuele” che significa
“Dio con noi”, rivela che Dio vuole proteggere e benedire Giuda.
ISAIA 9, 1-6
Questo testo ridà speranza e fiducia al popolo che non vede futuro.
La speranza è racchiusa in un bambino che porterà la pace.
“Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”: camminare nelle
tenebre non significa soltanto essere al buio, senza speranza, ma tenere una
condotta di vita immorale. Sul popolo lontano da Dio, viene la “luce”
portata da un bambino, che genera vita, pace, diritto e giustizia.
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MEMORIA del quarto incontro: 25 ottobre 2012
Caduta di Samaria ed esilio a Ninive capitale dell’Assiria.
Con Tea Frigerio – Suora missionaria di Maria - Saveriana
“Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia,
voi che cercate il Signore;
guardate alla roccia da cui siete stati tagliati,
alla cava da cui siete stati estratti.
Guardate ad Abramo vostro padre,
a Sara che vi ha partorito;” Is 51,1-2a”
Premessa
Tea Frigerio è missionaria in Brasile dal 1974.
Tea ha iniziato il nostro incontro, commentando il testo di Isaia 51.
Le prime due righe dei versetti citati sopra, sono un parallelismo, due
pensieri che esprimono la stessa realtà: “Voi che cercate la giustizia” e “Voi che
cercate il Signore”, cercare la giustizia e cercare il Signore affermano la
stessa cosa. Anche Gesù usa parallelismi: a un dottore della legge
dice“Amerai il Signore Dio tuo e il prossimo tuo come te stesso (cfr Mt 22,37-39), e
nel discorso della montagna: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia”
(cfr Mt 6,33), con definizioni diverse queste citazioni esprimono lo stesso
concetto.
Isaia forse sta parlando a persone sfiduciate, senza speranza, e
ricorda loro che sono state estratte dalla roccia, da un materiale resistente,
non friabile; è bella l’immagine di Abramo rappresentata dalla roccia così
resistente e del grembo di Sara, colei che genera, paragonata alla cava.
Abramo e Sara, pur avendo vissuto molte difficoltà le hanno sempre
superate. Infatti Isaia ribadisce: “Guardate ad Abramo vostro padre e a
Sara che vi ha partorito” e ricorda loro che appartengono a quella stirpe,
perciò non possono lasciarsi vincere dalle difficoltà e dallo
scoraggiamento.
Interventi del gruppo sui versetti d’Isaia
 Ritornare alle origini per continuare il cammino.
 La nostra difficoltà spesso è quella di “ricordare”, di fare memoria
del passato.
 La roccia dà un senso di forza che serve nella nostra vita per superare
ogni ostacolo.
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 La cava nella roccia che è il ventre di Sara, ci dà un senso di
protezione.
 E’ strano che il secondo versetto d’Isaia nomini anche Sara, di solito
si parla di Abramo, Isacco e Giacobbe.
Tea ci dice che Isaia è un profeta speciale, ha un’attenzione particolare alle
voci femminili, a differenza di Ezechiele che non parla mai delle donne o
ne parla male.
Simboli
Prima di introdurre il tema, Tea ci spiega i simboli che ci accompagnano in
questo incontro: al centro del tavolo c’è la bandiera dei popoli indigeni del
Sud America che si chiama ‘WIPALA’ fatta dai sette colori
dell’arcobaleno. L’arcobaleno rappresenta l’armonia tra cielo e terra, Dio e
la terra devono essere in armonia.
Fiori colorati portati da Belem, fatti a mano da una donna che li vende per
sopravvivere; rappresentano la speranza in tempo di crisi, sono i “fiori
della speranza”.
Contenitore del cero, piatto fatto di foglie proveniente dall’India, lo usano
per mangiare e poi lo riempiono di fiori e lo abbandonano sulla corrente
del fiume.
Tema dell’incontro:
Caduta di Samaria ed esilio a Ninive capitale dell’Assiria.
Perché si parla così poco dell’esilio di Ninive e moltissimo di quello di Babilonia ?
Noi non abbiamo saputo dare una risposta, abbiamo solo ricordato che la città di
Ninive è descritta nel libro di Giona come una delle città più corrotte.
Tea
E’ molto conosciuto l’esilio in Babilonia perché gli scritti arrivati a
noi sono stati redatti da autori del sud, ricordiamo che in Giuda c’era
Gerusalemme con il tempio e la reggia. Il sud ha sempre visto il nord con
occhio negativo; dopo la distruzione di Samaria, conquistata dall’Assiria,
sembra che tutto sia finito, che il nord sia sparito, ecco perché l’esilio di
Ninive è quasi sconosciuto!
Tea ci dice che dobbiamo innanzitutto allargare il concetto di esilio e
liberarci da una visione biblica che riduce l’esilio a quello di Babilonia,
dobbiamo avere un orizzonte più ampio. Oltre a quello per conquista,
come nel caso di Ninive e Babilonia, ci sono altri tipi di esilio e di esiliati:
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 I perseguitati, costretti a fuggire, come Geroboamo che ha dovuto
scappare in Egitto perché Salomone voleva ucciderlo. Altri, come
Geremia, contrari alla monarchia e perseguitati, hanno dovuto andare
in esilio.
 Gli emigrati come Amos, pastore e agricoltore del sud, ha dovuto
emigrare al nord per trovare lavoro. Anche nel libro di Rut si legge
che Elimèlech, con la moglie Noemi e i due figli, per una grave
carestia, hanno dovuto trasferirsi a Moab per non morire di fame.
 Gli esiliati politici: tante persone, durante la dittatura, sono scappate
per evitare le persecuzioni e tante altre sono state cacciate da chi era
al potere.
 Gli indigenti che lasciano spontaneamente la propria terra perché
non hanno niente e vanno in cerca di una situazione migliore.
 I rifugiati: quando un paese è colpito da una guerra (come oggi in
Siria), la popolazione spesso fugge in un territorio più sicuro. Sarà
avvenuto così anche nel regno del Nord che è stato sotto assedio per
molto tempo, tanti abitanti si saranno rifugiati al sud.
Sono tutti esilii, gente che, per motivi diversi, è costretta a vivere fuori
dalla propria terra.
Quando avviene l’esilio in Babilonia che inizia nel 597 a.C. e termina nel
538 a.C., c’è già molta gente esiliata di entrambi i regni, lontana dalla
propria patria, che resterà in giro per il mondo allora conosciuto.
Insieme leggiamo il testo di 2Re 17,24-41 – Origine dei Samaritani
Dopo la caduta di Samaria (721 a.C.) il re d’Assiria fa deportare tutti
gli Israeliti a Ninive e, per non lasciare la terra incolta, manda a Samaria
altri popoli conquistati. Gente di Babilonia, Cuta, Avva, Amat e
Sefaruaim. Sono popoli idolatri, non conoscono il Dio d’Israele, ciascuno
adora le proprie divinità. Il re Assiro manda dei sacerdoti israeliti, per far
conoscere YHWH, però questi popoli, pur venerando il Signore,
continuano a servire i loro dei. Gli Israeliti presenti in quel territorio, sono
infedeli non rispettano più le leggi e l’alleanza con il loro Dio. Gesù,
quando dice alla Samaritana: “Hai detto bene ‘non ho marito’; infatti hai
avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito” (Gv 4,17-18)
intende richiamare la situazione dei popoli idolatri della Samaria.
Ricordiamo che il Regno del Nord è stato deportato, non è sparito!
Quando l’Assiria è al potere, conquista Babilonia, in seguito Babilonia
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cresce e conquista il territorio assiro, con lo spostamento dei deportati da
un posto all’altro; è certo quindi che i deportati del Regno del Sud in
Babilonia, si sono incontrati con i discendenti del Regno del Nord,
deportati a Ninive molti anni prima.
Il re Giosia
Un fatto storico descritto nella Bibbia è quello di Giosia. Il progetto
di questo re non riguarda solo la riforma religiosa deuteronomista, ma è
molto più ampio: un solo Dio, un solo tempio, una sola nazione, è un progetto
economico-politico che vuole unificare tutto il regno, come al tempo di Davide.
Giosia vuole riprendere all’Assiria le terre del nord, ma questa si allea con
l’Egitto e Giosia muore al nord, ucciso durante la battaglia di Meghiddo
nel 609 a.C. per mano di Necao il faraone d’Egitto.
Come nasce la profezia
La profezia nasce come critica alla monarchia. Nasce al nord perché,
essendoci dieci tribù, la memoria dell’esodo è molto più forte e il pensiero
profetico circola più facilmente. Il padre della profezia è Elia, seguito da
Eliseo, suo discepolo, e da Osea. La storia deuteronomista è nata al nord
dal pensiero di Elia e di Osea: da loro ha inizio il profetismo.
Al sud c’è solo la tribù di Giuda perché quella di Beniamino è stata
incorporata da Giuda. La dinastia davidica non fa nascere i profeti, perché
il re è considerato dal popolo il figlio di Dio; il Salmo Due ne è un
esempio: “Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: ‘Tu sei mio figlio, io
oggi ti ho generato” (Sal 2,7- riferito a Davide), perciò la critica alla monarchia
non poteva esprimersi, la divinità non si deve giudicare.
Il pensiero, il modo di agire e la resistenza di Elia, Eliseo, Osea e
Amos vengono portati al sud dai discendenti di questi profeti, arrivati lì
per diversi motivi. Dobbiamo cercare la memoria del regno del nord nei
primi profeti del sud che sono Isaia, Michea e Geremia:
Is 41, 8 “Ma tu Israele mio servo, tu Giacobbe, che ho scelto, discendente di
Abramo mio amico”
Is 41,14a “Non temere vermiciattolo di Giacobbe, larva di Israele io vengo in
tuo aiuto”.
Is 41,17 “I miseri e i poveri cercano acqua ma non ce n’è, la loro lingua è
riarsa e ha sete; io, il Signore, li ascolterò; io, Dio di Israele, non li
abbandonerò”.
Questi versetti del capitolo 41 del Secondo Isaia dimostrano come durante
l’esilio in Babilonia il popolo del sud ha rincontrato i discendenti del regno
del Nord figli di Abramo e di Sara.
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Is 42,13-14 “Il Signore avanza come un prode, come un guerriero
eccita il suo ardore; grida, lancia urla di guerra, si mostra forte
contro i suoi nemici. Per molto tempo, ho taciuto, ho fatto silenzio,
mi sono contenuto; ora griderò come una partoriente, mi affannerò e
sbufferò insieme”
Il Dio dell’esodo da Dio guerriero diventa un Dio madre, questi versetti
ricordano il cap.11 di Osea.
Is 49,14-16 “Sion ha detto: ‘Il Signore mi ha abbandonato, il Signore
mi ha dimenticato’. Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se
queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.
Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani, le tue mura sono
sempre davanti a me”.
Volto di Dio materno che non ci dimentica e si prende cura di noi.
La memoria di un Dio materno al sud non c’è.
La storia viene scritta spesso dalla parte dei potenti ma se rileggiamo bene
i testi rincontriamo Israele che non ha dimenticato le sue radici, come gli
esiliati in Assiria che si sono incontrati con quelli di Babilonia e che il
secondo Isaia ci ha trasmesso.
 A seconda delle vicende della vita noi potremo trovare un Dio Madre
o un Dio guerriero.
 Gesù ci ha insegnato che Dio è Padre e non guerriero.
 Anche nella nostra storia di cristiani, se riflettiamo bene, abbiamo
commesso azioni avvalendoci di un Dio guerriero, però è presente
soprattutto Dio che ci protegge e ci aiuta a costruire l’armonia.
Alla fine come saluto, dopo la preghiera del Padre Nostro, Tea ci ha
lasciato il fiore della speranza che ha portato da Belem.
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MEMORIA del quinto incontro: 8 novembre 2012
La vocazione di un profeta
Esperienze che diventano fermento e suscitano la profezia
 Accoglienza
 Preghiera: Ger 20,7-18
 Testi di Studio: Is 6,1-8 e Is 1,1-9
Os 1,1-9
Am 1,1-2; 3,3-8
Ger 1,1-10
Premessa
 Accendiamo il cero e completiamo la spiegazione del contenitore. E’
un piattino fatto di foglie che viene usato per mangiare durante il
giorno, alla sera, riempito di fiori, con un lume acceso nel mezzo,
viene abbandonato sul fiume Gange.
 Ricordiamo i nomi delle nostre amiche assenti per diversi motivi.
Perché ci incontriamo? Abbiamo ricordato lo schema del metodo di
lettura della Bibbia, rappresentato dal “triangolo”, abbinato ai “Discepoli
di Emmaus” (vedi libretto “Dio e il suo popolo in cammino” da pag. 15 a p.24).
Ci incontriamo per leggere la nostra realtà e confrontarla con la realtà del
testo biblico, non da sole ma in comunità, per scoprire insieme qual è il
progetto di Dio nella nostra vita. Tutto quello che noi facciamo,
analizzando i testi, cercando di capirli meglio, ha solo questo scopo.
Nessuna di noi si deve sentire obbligata a leggere tutto, ma procederà
secondo le sue esigenze e il suo desiderio di approfondire, nella massima
libertà. E’ importante leggere la Bibbia insieme, oppure confrontarci con il
gruppo se la leggiamo da sole. Non dobbiamo sempre trovare le risposte,
ma è importante porci continuamente delle domande.
Preghiera: Ger 20,7-18
Nella risonanza della preghiera, due versetti sono stati ripetuti più volte:
“Mi hai sedotto Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai
prevalso” (v.7)
“Mi dicevo: ‘Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!’ Ma nel mio cuore
c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo ma
non potevo.”. (v.9). Anche noi ci riconosciamo in questi sentimenti di
Geremia; il desiderio di incontrarci nasce dall’amore per la Parola che
“arde” nel nostro cuore.
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Is 6,1-8
Isaia, contemporaneo del profeta Osea, era originario di
Gerusalemme, la sua attività profetica si svolge dal 740 al 701 a.C. quasi
interamente nella sua città, proprio nel periodo della guerra siro-efraimita
(Is 7,1-17). E’ uomo di corte, coltissimo e raffinato consigliere del re.
Siamo nel 740 a.C., anno in cui muore il re Ozia. Isaia nel tempio ha una
visione: il Signore seduto sul trono nella sua gloria. Il profeta si sente
indegno di parlare in nome di Dio perché le sue labbra sono impure, ma
uno dei serafini gli si avvicina con un carbone ardente e gli tocca la bocca.
Dopo questo gesto Isaia risponde immediatamente alla chiamata del
Signore: “Eccomi, manda me”. La prontezza di Isaia, nel rispondere a Dio,
richiama la fede di Abramo (cfr Gn 12,1-4) in contrasto con le esitazioni di
Mosè (cfr Es 4,10-12). Isaia ha il suo incontro con Dio nel tempio, è un
profeta del tempio, della corte del re; la forza di Isaia è proprio questa: ha
il coraggio di denunciare il re e il tempio, nonostante ne facesse parte.
Attualizzando: nella vita di tutti i giorni, quando ci sentiamo
chiamate, troviamo mille scuse, come gli invitati a nozze nel Vangelo. A
volte ci sentiamo inadeguate, non sappiamo se saremo disposte ad andare
avanti, abbiamo paura di essere troppo coinvolte, perché confidiamo nella
nostra forza e non in Dio: è vero, senza di Lui non possiamo fare nulla.
Is 1,1-9
In questi versetti Isaia inizia con una requisitoria sulla Gerusalemme
idolatra.
Si rende conto della realtà del suo popolo e di Gerusalemme e capisce che
così non si può andare avanti.
Descrive le colpe del popolo come una grave infezione che ha invaso tutto
e tutti.
Isaia insiste molto sulla necessità per il re e per il suo popolo di confidare
totalmente nel Signore e di non fare alleanze politiche.
Os 1,1-9
Osea è un profeta del regno del Nord, contemporaneo di Amos, inizia la
sua missione verso il 750 a.C. sotto il Regno di Geroboamo II. (783-743),
fino a poco prima della caduta di Samaria (721 a.C.). Dopo la morte di
Geroboamo II si sono susseguiti cinque re in pochi anni, alcuni dei quali
assassinati. Il periodo era molto turbolento: idolatria dilagante, corruzione,
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ingiustizie, con un gran numero di poveri sempre più emarginati e
oppressi, contro una minoranza molta ricca.
La vocazione di Osea non nasce da una chiamata diretta o da una
visione, ma da un dramma personale. La moglie, Gomer, dalla quale ha
avuto tre figli, da lui molto amata, lo abbandona, lo tradisce perché pratica
la cosiddetta prostituzione sacra o religiosa, abbastanza diffusa in quei
tempi. All’interno dei riti cananei infatti, ‘nei tempietti sulle alture’,
dedicati al dio della fecondità Baal, veniva praticato questo tipo di
prostituzione, per ottenere la fertilità della terra. In questo periodo tragico
di rifiuto, di grandissima sofferenza e di delusione, Osea scopre la forza
dell’amore di Dio. I sentimenti che lui sta vivendo sono gli stessi di quelli
che Dio ha verso il suo popolo il quale si prostituisce servendo altri dei.
Osea ha avuto la forza di amare una prostituta: la prostituzione è legata
all’idolatria.
Osea è il primo profeta che paragona l’amore sponsale all’amore di Dio
per il suo popolo; in seguito questa immagine verrà ripresa da altri profeti.
Da questa storia di vita nasce la profezia di Osea che verrà chiamato
profeta dell’amore.
Attualizzando: l’esperienza di Osea ci insegna a non dubitare mai
dell’amore di Dio che è forte, e qualunque sia la nostra sofferenza o il
nostro peccato, Lui è sempre pronto a riaccoglierci, ad amarci e a
perdonarci. Questo dovrebbe stimolare in noi, come in Osea, la forza di
testimoniarlo in ogni circostanza.
I figli di Osea: la vita nuova
Il nome del primo figlio, “Izrèel”, pur richiamando un luogo di sangue e
di battaglia, significa “Dio semina” e la semina dà sempre un frutto
nuovo: un nuovo popolo. I nomi degli altri due figli esprimono il rifiuto
di Dio verso il suo popolo: “Non-amata” e “Non-mio-popolo”, ma i figli
che nascono sono sempre una nuova vita, un nuovo germoglio e noi
sappiamo che Osea ci parla di Dio misericordioso!
I versetti sembrano tutti negativi ma annunciano speranza, attraverso
queste nuove vite.
Am 1,1-2; 3,3-8
Amos è originario di Tekòa in Giuda vicino a Betlemme, è un allevatore
di pecore, emigra al nord per lavoro, è lì che nasce la sua vocazione. E’ un
periodo di decadenza morale e religiosa e lui denuncia lo sfruttamento dei
deboli e degli oppressi: “Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa udire
la sua voce, sono desolate le steppe dei pastori, è inaridita la cima del Carmelo” (Am
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1,2), nel tempio e dappertutto c’è aridità e desolazione. La vocazione per
Amos è qualcosa di irresistibile a cui non si può sottrarre, profetizza
perché il Signore gli ha parlato. La vocazione nasce da un pastore che
diventa il profeta della giustizia e denuncia con forza tutte le ingiustizie; i
paragoni e i termini che usa li prende dalla terra e dalla sua esperienza di
pastore.
Attualizzando: il cristiano ha il dovere di far conoscere il Vangelo e
testimoniarlo con la sua vita.
Ger 1,1-10
La vocazione di Geremia nasce già nel grembo materno. Dio
preferisce chi è debole: “Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono
giovane” (Ger 1,6). IL Signore gli tocca la bocca perché è Dio che parla con
la voce del profeta: “Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca” (Ger 1, 9b).
Demolire per ricostruire la speranza nel popolo e riconfermare l’alleanza.
Prima della nascita Geremia è stato chiamato, questa è l’esperienza che lui
ha fatto: si è sentito chiamato da sempre. La vita di Geremia è stata molto
difficile, sempre in conflitto con se stesso. È il profeta sofferente, solo e
spesso perseguitato.
Attualizzando La vocazione di Geremia ci ricorda che nessuno nasce
per caso, tutti abbiamo un compito, una vocazione nella vita, anche se non
sempre ne siamo consapevoli. A chi risponde alla sua chiamata, Dio dona
la forza di realizzarla e di essere segno per le persone che incontrerà.
La vocazione è la scelta che orienta la nostra vita e ne determina lo
svolgimento e il cammino futuro.
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MEMORIA del sesto incontro: 22 novembre 2012
IL PROFETA: la sua azione, il suo progetto
Amos: il profeta della giustizia
Osea: il profeta dell’Hesed
Accoglienza
Preghiera: Os 2,16-25
Testi di Studio: Am dal cap. 3 al cap. 6,13
Os 13,1-14,1; 6,1-6; 11,1-10
Iniziamo il nostro incontro con una preghiera di Benedizione per l’Avvento.
Dio ti benedica in questo tempo di Avvento:
Tempo di preparare il cuore, di rinnovare lo spirito, di ritrovare la strada!
Tempo di Dio, tempo benedetto, tempo di consolazione, di scrutare il cielo, di contemplare le
stelle!
Tempo per sognare: un’umanità rinnovata, una terra libera dalla schiavitù, una casa
capace di accogliere la vita.
Tempo di speranza: tempo di andare insieme, di fare comunione, di costruire fraternità.
È Dio che viene; mai il mondo resta lo stesso!
Vieni Signore Gesù! Amen!
(Tea Frigerio)
Preghiera: Os 2,16-25
Il testo di Osea che abbiamo pregato ci ha fatto riflettere soprattutto sui
seguenti versetti:
v.21: “Ti farò mia sposa per sempre. Ti farò mia sposa nella giustizia e nel
diritto, nella benevolenza e nell’amore” questo versetto esprime benissimo
l’Hesed”: il sentimento che Dio ha per il suo popolo.
v. 23: “E avverrà in quel giorno – oracolo del Signore – io risponderò al
cielo ed esso risponderà alla terra”. Il legame tra cielo e terra ci ha richiamato
questo tempo di Avvento, tempo di attesa, aspettativa, desiderio che si
compia sulla terra il messaggio di Gesù: un regno di giustizia e di pace.
Purtroppo non sempre riusciamo a realizzarlo, per questo anche noi oggi,
come le comunità dell’Apocalisse, diciamo “Vieni, Signore Gesù.
Am dal cap. 3 al cap. 6,13
Siamo nell’VIII secolo (760 a.C.), Israele è al massimo della sua
espansione, ma c’è sempre una maggiore differenza sociale tra una classe
dirigente molto ricca e il popolo sempre più oppresso. Amos denuncia,
davanti al re, la situazione di ingiustizia provocata dalle classi più abbienti;
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condanna la vita corrotta della città, ma soprattutto la falsa sicurezza
ostentata dalla classe dirigente e facoltosa che si sente in pace con Dio
perché compie riti cultuali superficiali, mentre disprezza i più elementari
precetti di giustizia, di diritto e di amore per il prossimo:
“Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di
Samaria!...Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del
gregge e i vitelli cresciuti nella stalla… voi schiacciate l’indigente e gli estorcete una
parte del grano…Io detesto, respingo le vostre feste solenni e non gradisco le vostre
riunioni sacre…Lontano da me il frastuono dei vostri canti: il suono delle vostre arpe
non posso sentirlo!...Voi cambiate il diritto in veleno e il frutto della giustizia in
assenzio.”
In questi capitoli il profeta accusa con forza gli abitanti del Regno del
Nord:
 Amos denuncia la colpa di Israele: la società viene descritta come priva di
giustizia, Dio minaccia di far scontare loro tutte le colpe e annuncia invasioni,
assedi e saccheggi (3,1-15).
 Amos evidenzia il peccato d’Israele: la religione viene vissuta come un rito
senza spiritualità. Il Signore invia sul popolo una serie di flagelli per ricondurlo
a sé, ma nonostante i ripetuti ammonimenti il popolo non si ravvede, la frase:
“Ma voi non siete ritornati a me” è ripetuta per ben cinque volte (4,4-5).
 Amos paragona Israele ad una vergine morta in piena giovinezza, senza aver
potuto realizzare la sua vocazione di donna (5,1-2).
 Amos fa un ultimo appello al popolo: “Cercate il Signore e vivrete, altrimenti
egli come un fuoco, brucerà la casa di Giuseppe, la divorerà e nessuno
spegnerà Betel” (5, 6). I profeti insorgono contro l’ipocrisia religiosa, anche il
popolo si sente in pace con Dio, ma il suo culto è solo esteriorità, mentre non
cerca il diritto e la giustizia: “Io detesto, respingo le vostre feste solenni e non
gradisco le vostre riunioni sacre”(5,21-27; 6,1-7).
 Infine Amos annuncia che il castigo sarà terribile, la catastrofe si abbatterà
sulla città con i morti che ingombreranno le case e che il terrore colpirà anche
“il resto” degli scampati alla morte.
Da questi capitoli emerge:
 Un Dio accusatore per i disordini sociali, per la mancanza di fede, per
l’idolatria del popolo, per lo sfruttamento dei ricchi nei confronti dei più
deboli.
 Un Dio paziente che dal suo popolo si aspetta sempre maggiore fedeltà e
responsabilità.
 Un Dio giudice il suo giudizio sarà severo e irrevocabile e la sua pazienza ha
un limite.
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Nel messaggio di Amos c’è anche un invito alla conversione: “Cercate me e
vivrete” (5,4)
Israele, ritenendosi il popolo eletto e prediletto da Dio, si sente protetto e
sicuro della salvezza, nonostante il suo peccato.
La forza della denuncia di Amos non è pessimista ma realista. Amos
profetizza per pochissimo tempo, le dossologie presenti nel libro di Amos,
sono state aggiunte in seguito.
Amos dice agli Israeliti di ascoltare il Signore, di ricordare che li ha fatti
uscire dall’Egitto e li ha amati come suo popolo: ritornano le tre parole:
ascolta – ricorda – ama.
La situazione descritta da Amos è molto attuale, la nostra società manca di
giustizia e di diritto, anche la religione è spesso basata su ritualità,
gestualità, preghiere senza cuore e senza amore.
Amos mostra un grande coraggio, va contro Samaria, non si ferma davanti
a niente. Il lusso dei grandi è un insulto per gli oppressi. Nonostante tutte
le punizioni di Dio, il popolo non ritorna a lui, non capisce i segni dei
tempi, non comprende che i “castighi” sono i richiami di Dio per la
conversione, l’invito di Dio è categorico: “cercate il bene e non il male”.
Os 13,1-14,1; 6,1-6; 11,1-10
I tre testi del Libro di Osea che abbiamo esaminato riportano tre diverse
realtà.
Nel capitolo 13 è descritta una situazione di benessere generale ma il
popolo è idolatra, continua a peccare, non si converte, pensa di bastare a se
stesso e si dimentica completamente del suo Dio, nonostante il profeta stia
preannunciando la caduta di Samaria: “Nel loro pascolo si sono saziati e il loro
cuore si è inorgoglito per questo mi hanno dimenticato” (v.6) . Tutto questo è
molto attuale, il benessere, la sicurezza, la sazietà ci fanno dimenticare di
Dio.
Ci siamo soffermate anche sul v. 13 “Dolori di partoriente lo sorprenderanno,
ma egli è figlio privo di senno poiché non si presenta a suo tempo ad uscire dal seno
materno”. Il dolore del parto, paragonato ad una calamità che il Signore
permette per far riflettere il suo popolo, può produrre nuova vita, una
25
rinascita, una conversione, ma noi dobbiamo avere il coraggio di “ uscire dal
seno materno”.
Il secondo testo (6,1-6) ci parla di un popolo che si pente e vuole
tornare al Signore, ma non è un vero pentimento, manca il cuore, è un
ritorno superficiale, fatto di gesti esteriori. “Il vostro amore è come la
rugiada che all’alba svanisce (v.4). Come Osea ha riaccolto la moglie
infedele, anche il Signore rivuole il suo popolo ma a certe condizioni:
“Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti” (v.6).
Il capitolo 11 è molto bello, è da contemplare. Nonostante il popolo
non si converta, il Signore perdona, il suo giudizio non è mai definitivo.
Da questi testi emerge un volto di Dio che protegge e difende il suo
popolo, ma chiede fedeltà, non riti e preghiere superficiali ma la
conversione del cuore.
Osea ci mostra anche l’amore di Dio come quello di un padre e di una
madre che chiama il figlio, gli insegna a camminare, gli dà da mangiare, si
commuove per lui “Io lo traevo con legami di bontà e vincoli d’amore” (11,4) e si
presenta nella sua misericordia: “Perché sono Dio e non uomo; sono Santo in
mezzo a te e non verrò nella mia ira.” (11,9).
Significato della parola ebraica “HESED” nel Libro di Osea
Osea canta l’amore per la sua donna come simbolo dell’amore di Dio per
Israele. Si può dire che Osea è il portavoce dell’amore di Dio.
Per indicare l’amore Osea usa una parola speciale: Hesed. In italiano non
esiste un vocabolo che ha lo stesso significato, viene tradotto con
benevolenza, benignità, misericordia; queste traduzioni della parola
ebraica Hesed appaiono tutte molto deboli, non rendono tutta la forza
dell’amore che è nel significato del vocabolo ebraico.
Hesed è l’amore incondizionato, di chi ama comunque e sempre.
Hesed ha come radice un termine che indica le viscere femminili,
“l’utero”. Hesed è sempre riferito a Dio nella scrittura. Dio è “madre”,
genera la vita, la custodisce nel tempo e si contorce, si preoccupa,
partecipa. In questo senso è tradotto con “misericordia”, l'accoglienza del
cuore.
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MEMORIA del settimo incontro 6 dicembre 2012
Gli ultimi re di Giuda
Il profeta Isaia alla corte dei re
Manasse: la profezia tace
La profetessa Culda e il re Giosia
Accoglienza
Preghiera: Is 38,9-20
Testi di studio: Is 29,1-24; Is 30,8-26; Is 30,27-31,9; Is 37,31-38,-8
Una statuetta africana di ebano, raffigurante una maternità, ci ha fatto ricordare che
la festa dell’Immacolata è prossima. Accendendo il cero, che ci ricorda la presenza
di Dio, ci siamo soffermate a pensare alla giovane e umile ragazza di Nazareth,
incinta, non sposata, che insieme a Giuseppe ha avuto il coraggio di andare contro
la legge di quel tempo. Lei è stata forte nella fede e coraggiosa, ha saputo dire di sì
al progetto di Dio anche se per lei era oscuro: si è fidata di Lui. È stata accogliente:
ha saputo accogliere una nuova vita in mezzo a tantissime difficoltà. È stata
generosa perché si è messa subito in viaggio per andare da chi era nel bisogno: sua
cugina Elisabetta anche lei incinta e anziana.
Il pensiero di Maria ci ha avvicinato a tutte le ragazze che si trovano in difficoltà per
tanti motivi dovuti a: persecuzioni, violenze, abusi, maltrattamenti e schiavitù.
Abbiamo pregato anche per le nostre amiche assenti.
Preghiera: Is 38,9-20
Questo cantico, messo sulla bocca di Ezechia, dopo la guarigione da una
malattia mortale, è in realtà un salmo post-esilico. E’ una bellissima preghiera di
richiesta di aiuto, di ringraziamento e di lode a Dio; pregando questo salmo tutte ci
siamo ritrovate in un versetto o in un altro. Anche noi potremo rivolgerci al Signore
con questa bella preghiera.
Introduzione
Il Regno del Nord, con la distruzione di Samaria, è finito. In Giuda regna
Ezechia (716-687), discepolo di Isaia, considerato il migliore re del Regno del Sud;
gli succederà il figlio Manasse (687-642) che invece è stato il peggiore di tutti i re di
Giuda, ha reintrodotto tutti i culti pagani e, durante il suo lungo regno, nessuno
poteva profetizzare. Dopo di lui c’è stato Amon e Giosia; quest’ultimo, incoraggiato
dalla profetessa Culda, ha continuato la riforma iniziata da Ezechia; ha distrutto tutti i
templi pagani, ma anche gli antichi santuari e ha concentrato il culto a Gerusalemme.
Sappiamo che questo periodo storico è molto complesso, per noi però non è
importante conoscerne bene la storia, ma capire come i profeti, con i loro interventi di
denuncia, di annuncio, oltre che di formazione e di difesa, abbiano guidato il
popolo.
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Il profeta Isaia ha consigliato e incoraggiato il re Ezechia durante il suo regno,
sostenendolo in tutte le buone imprese. Il profeta infatti, è uno degli ispiratori della
grande riforma avviata da Ezechia quando mette al bando le usanze idolatriche che
gli ebrei avevano adottato imitando i popoli vicini. Altro obiettivo della riforma
ispirata da Isaia è la critica alle forme cultuali puramente esteriori, ridotte quasi a
pratiche magiche. Condanna il digiuno e le ricche offerte fatte dal popolo abbiente
quando queste pratiche non sono seguite da una condotta di vita moralmente corretta.
Is 30,27-31,9
Gli oracoli di questi capitoli sono contro l’Assiria che sta minacciando
Gerusalemme: “Poiché alla voce del Signore tremerà l’Assiria, quando sarà
percossa con la verga (30,31) e contro l’alleanza con l’Egitto: “Guai a quanti
scendono in Egitto per cercare aiuto, senza guardare al Santo di Israele e senza
cercare il Signore” (31,1). Isaia parla agli Israeliti, denuncia l’infedeltà del popolo e
fa un richiamo forte al ritorno all’alleanza. “Ritornate, Israeliti, a colui al quale vi
siete profondamente ribellati. In quel giorno ognuno rigetterà i suoi idoli d’argento e
i suoi idoli d’oro, lavoro delle vostre mani peccatrici”(31,6). Ritornare al Signore
significa cambiare il cuore, confidare in Lui e non nell’uomo, agire con giustizia nelle
relazioni sociali, essere fedeli all’alleanza; il culto e i riti non devono essere sterili ma
fatti con amore e sincerità di cuore.
Is 29,1-24
Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che
sappia leggere dicendogli: "Per favore, leggilo", ma quegli risponde: "Non posso,
perché è sigillato". Oppure si dà il libro a chi non sa leggere dicendogli: "Per favore,
leggilo", ma quegli risponde: "Non so leggere" (29,11-12). Questi due versetti ci
hanno molto colpito: gli israeliti non hanno gli strumenti per capire, il libro è
sigillato, gli occhi sono chiusi, c’è chi non sa leggere. Perché? Il popolo di Giuda è
cieco, non vuole vedere la sua realtà, non vuole ascoltare la voce di Isaia; oppure non
sa leggere perché i falsi profeti portano il popolo lontano da Dio.
Sennàcherib, re assiro, tenta di invadere Gerusalemme (Arièl è il nome
simbolico che indica Gerusalemme) ma non riesce nel suo intento; fattori esterni ed
interni glielo hanno impedito. Isaia ha visto nella sconfitta dell’Assiria un segno di
Dio: Gerusalemme non sarà abbandonata, il Signore la difenderà.
Is 30,8-26
Isaia rimprovera il popolo perché chiede aiuto all’Egitto li chiama “figli
bugiardi che non vogliono ascoltare la legge del Signore” (30,9). Isaia scrive un
testamento spirituale, si rivolge ai politici e denuncia il rifiuto di Israele ad ascoltare
la vera profezia. Il popolo non vuole sentire parlare di Dio: “Questo è un popolo
ribelle. Essi dicono ai veggenti: "Non abbiate visioni" e ai profeti: "Non fateci
profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni! Scostatevi dalla retta via,
uscite dal sentiero, toglieteci dalla vista il Santo d'Israele" (30,9-11); vuole ascoltare
i falsi profeti, coloro che dicono che tutto andrà bene, non sa leggere i segni veri o
28
non li vuole cogliere, i politici si rivolgono ai veggenti perché non desiderano
conoscere la verità. Hanno scelto la perversione e le nazioni straniere: confidano
negli uomini e non in Dio “Ebbene questa colpa diventerà per voi come una breccia
che minaccia di crollare, che sporge su un alto muro, il cui crollo avviene in un
attimo, improvviso, e si infrange come un vaso di creta (30,13-14).
Nei versetti 18-26 Isaia invita il popolo a rivolgersi a Dio, dà un messaggio di
speranza e dice: “Se voi Israeliti tornerete ad avere fiducia nel Signore, lui vi
perdonerà, ascolterà il vostro grido, vi indicherà la strada da percorrere nella
giustizia”. Solo il Signore può guarire dalle ferite provocate dal peccato; il popolo
invece cerca benessere e fecondità lontano. E’ il relativismo moderno: ciò che ci
piace o ci è comodo lo facciamo diventare anche “buono” o lo chiamiamo “bene”: il
bene e il male sono condizionati dal nostro “pensare” o “sentire”, a volte non
vogliamo ascoltare e vedere la verità.
Al versetto 20, il Signore per la prima volta viene chiamato “maestro”.
Is 37,31-38,-8
Sennàcherib, ha conquistato tutte le città di Giuda. Solo Gerusalemme è stata
risparmiata ma è assediata. Ezechia viene insidiato da tutte le parti, è dubbioso, si
sente incapace di affrontare il re assiro, gli viene detto di non ascoltare il Signore ma
di accettare la protezione dell’Assiria. A differenza di Acaz invece, chiede aiuto e
consiglio a Isaia, poi sale al tempio e innalza una preghiera a YHWH. Il Signore
ascolta la sua preghiera, Gerusalemme è libera dall’assedio del re assiro. Durante il
regno di Ezechia è avvenuta una delle liberazioni più incredibili della storia di
Israele, cioè la distruzione miracolosa in una notte di 185.000 uomini di Sennàcherib
nel loro accampamento (Is 37,36). Dopo questa sconfitta Sennàcherib ritorna a
Ninive e mentre è nel suo tempio viene ucciso dai suoi 2 figli.
Ezechia ci fa capire che occorre trovare sicurezza soltanto nel Signore, infatti
quando l’Assiria minaccia Gerusalemme Ezechia non si rivolge a qualche potenza
straniera per avere aiuto, come hanno fatto i suoi predecessori, ma chiede consiglio al
profeta per avere invece l’aiuto di Dio (vv.36-39).
Nonostante Ezechia si renda conto che nessuna divinità in passato abbia
salvato un popolo dalla potenza assira, mostra totale fiducia in Dio, come Isaia
l’aveva ben consigliato di fare: “senza che il popolo muova un dito, il devastatore
ritornerà nella sua terra e là morirà” (37, 7).
È un appello a credere e a capire cosa significhi affidarsi totalmente in Dio e
confidare in Lui.
Credere significa anche fidarsi della parola profetica.
A volte noi seguiamo la moda, cerchiamo il male facendolo passare per bene, non
ascoltiamo i profeti moderni, neanche il Papa che ci richiama al progetto di Dio e alle
nostre radici.
Meditare la Parola e metterla in pratica, ci aiuta a sentire Dio vicino nella nostra
vita.
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Attualizzando scopriamo oggi i segni di speranza, ecco alcuni esempi:
 Il 29 novembre 2012 lo Stato della Palestina è stato riconosciuto ufficialmente
come Paese Osservatore alle Nazioni Unite da 138 Stati, tra cui anche l’Italia.
 Una mamma palestinese con la sua bimba ferita, arriva al Muro di Separazione
e con forza chiede ai soldati israeliani il lasciapassare per poter portare la sua
bimba in ospedale. I soldati accettano e la bimba viene salvata.
 Il futuro per i giovani è un po’ scoraggiante, ho trovato conforto nelle parole
del cardinal Martini "Il bene zampilla da una sorgente più profonda di quella
del male ed è tale da sanare la radice stessa del male. Per cui possiamo
ancora guardarci intorno con gli occhi della speranza" (Carlo Maria Martini).
Il cammino di Avvento è proprio un crescere in questa fede come apertura del
cuore alla Parola del Signore e come decisa volontà di tradurla nella
concretezza di uno stile di vita.
 Noi dobbiamo essere segno di speranza e di cambiamento! Magari partendo da
piccoli gesti, non dobbiamo aspettarci che tutto venga sempre dall’alto, oppure
che siano sempre gli altri ad iniziare.
 E’ importante celebrare insieme nella comunità dei credenti, ma se la nostra
vita non cambia, il culto è sterile, non dà frutti, come abbiamo letto più volte
nei brani che abbiamo analizzato.
 I principi di onestà, solidarietà, giustizia sociale ci devono sempre
accompagnare: prendere per mano qualcuno quando è in difficoltà vuol dire
trasmettere l’amore di Dio.
 Missionarietà è testimoniare con le azioni. Il vangelo ci dice: “Gratuitamente
avete ricevuto, gratuitamente date”.
 La corruzione della classe politica ci preoccupa, invece di essere al servizio
della gente, spesso pensa solo ai propri interessi. Ma nella fede, noi dobbiamo
sperare contro ogni speranza, da soli facciamo fatica ma insieme possiamo
essere testimoni di speranza, sapendo che il bene è più forte del male e noi
possiamo diffonderlo con le nostre povere forze e la nostra fede.
I profeti difendono, denunciano, formano, annunciano:
ci sono oggi i profeti?
Abbiamo ricordato la bellissima lettera del sindaco di Lampedusa, Giusi
Nicolini, che denuncia l’Europa che tace di fronte a tante persone che muoiono in
mare durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova
vita. Ci sono tanti profeti anche ai nostri giorni, purtroppo spesso rimangono
inascoltati.
Anche il nostro gruppo può essere profetico. Stiamo facendo un percorso di
formazione per poi essere pronte ad annunciare e testimoniare, lo consideriamo un
dono di Dio, un aiuto e uno sprone a cambiare mentalità, un modo di ragionare
diverso dal sentire comune, cercando di osservare la realtà con gli occhi di Dio.
30
Il versetto: “Dice il Signore Dio, il Santo d’Israele: Nella conversione e nella
calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza” (30,15),
può essere uno stile di vita per noi.
Conversione: cambiare rotta, guardare dalla parte giusta che è quella di Dio, da Dio
avremo calma e sicurezza: Lui non ci abbandona.
Gianna ci regala un Padre Nostro che è già azione
PADRE NOSTRO
CHE SEI IN OGNI LUOGO
IL TUO NOME E' SANTO
IL TUO REGNO VIENE
LA TUA VOLONTA' SI COMPIE
IN CIELO E IN TERRA
TU CI DONI IL PANE QUOTIDIANO
TU PERDONI I NOSTRI DEBITI
NEL MOMENTO CHE LI PERDONIAMO
AI NOSTRI DEBITORI
TU NON CI ABBANDONI NELLA
PROVA, NELLA TENTAZIONE
MA CI LIBERI DA OGNI MALE
P. Giovanni Vannucci Servo di Maria, amico di Davide Maria
Turoldo
Concludiamo con due pensieri che si assomigliano e ci spronano a non arrenderci:
Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, e
all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile.
S. Francesco d'Assisi
E' cercando l'impossibile che l'uomo ha sempre realizzato il possibile.
Coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che appariva loro come
possibile, non hanno mai avanzato di un passo.
Michail Aleksandrovic Bakunin
filosofo russo 1814/1876
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MEMORIA dell’ ottavo incontro 20 dicembre 2012
Gesù il messia atteso
Accoglienza
Preghiera: Is 61,1-9; Lc 4,16-21; Lc 7,18-23
Testi di studio:
gruppo Rut e Noemi:
Gesù l’Emmanuele Mt 1,18-23 → Is 7,13-15
gruppo La Samaritana:
Gesù il re Pastore Mt 2,1-12 → Mic 5,1-4
gruppo Maria di Magdala: Gesù il nuovo virgulto Mt 3,13-16 → Is 11,1-9
gruppo Agar:
Gesù luce delle nazioni Mt 4,12-17 → Is 8,23-9,6
Dopo esserci salutate e ricordato le nostre amiche assenti, abbiamo iniziato citando
alcuni fatti di cronaca negativi accaduti nei giorni precedenti per cogliere le tenebre
che ci circondano; c’è solo l’imbarazzo della scelta, ne riportiamo due: la strage di
venti bambini e sette adulti in una scuola americana, ammazzati dalla mano di un
folle; una proposta di legge che consente l’apertura di mille sale da gioco in Italia.
Preghiera: Is 61,1-9 → Lc 4,16-21 → Lc 7,18-23
In questo incontro abbiamo voluto fare l’esperienza dell’ascolto della Parola, perché
nella comunità, la Parola proclamata con fede produce fede in chi l’ascolta e,
ciascuna di noi, può venire toccata in modo speciale da questo annuncio.
Dopo una una bella preghiera sul Natale abbiamo ascoltato in silenzio i brani
proposti. Nel testo di Isaia c’è forte il desiderio di rompere con il passato, la voglia di
cercare qualcosa di nuovo e soprattutto di qualcuno che porti giustizia e libertà.
L’evangelista Luca (4,18-19) riporta la lettura del libro di Isaia fatta da Gesù nella
sinagoga di Nazareth: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha
consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per
mettere in libertà gli oppressi, e predicare una anno di grazia del Signore.” (Is 61,1).
Gesù dicendo: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri
orecchi”, annuncia che il Messia atteso è lui!
In Luca 7,18-23 è Giovanni il Battista che vuole sapere da Gesù se è lui il Messia e
Gesù risponde: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi
riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i
morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non
trova in me motivo di scandalo!”.
La testimonianza di Gesù non è solo parola ma anche opere!
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Premessa: contesto che ci avvicina alla comunità di Matteo
Il vangelo di Matteo è stato scritto tra il 70 e l’80 dopo Cristo. Matteo scrive
per una comunità di cristiani venuti dal giudaismo che sta attraversando una grave
crisi.
I cristiani di Roma erano perseguitati dai romani proprio mentre gli ebrei zeloti della
Giudea si ribellavano ai romani e riuscivano a scacciarli. In seguito però Tito, figlio
di Vespasiano, riesce a riconquistare Gerusalemme (70 d.C.), gli ebrei zeloti si
rifugiano nella fortezza di Masada, dopo tre anni di assedio, per non cadere nelle
mani dei romani, si suicidano tutti. In questa guerra però i giudei cristiani
preferiscono non immischiarsi ritirandosi oltre il Giordano, per questo motivo
vengono tacciati di vigliaccheria e tradimento da parte degli ebrei fuggitivi. Ciò
genera una crisi profonda nella comunità di Matteo, formata in prevalenza da
cristiani provenienti dal giudaismo, il suo vangelo è stato scritto proprio per
risolvere tutti questi dubbi e incomprensioni.
La sua comunità è composta da gente del popolo, senza pretese e senza particolari
competenze.
È nel vangelo di Matteo che appare per la prima volta la parola “Ecclesia” che
identifica la comunità dei cristiani. Per Matteo è l’universalismo, perché il popolo di
Dio abbraccia nella stessa maniera i credenti di Israele, i credenti del mondo pagano
e i peccatori. Nell’ideale di Matteo la Chiesa deve essere anzitutto una comunità di
umili e di “piccoli”.
Mt 1,18-23 → Is 7,13-15: Gesù l’Emmanuele
“Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato
Emmanuele, che significa Dio con noi” (Mt 1,23→ Is 7,14). La comunità di Matteo
riconosce l’adempimento di questa profezia: il Messia che tutti stavano aspettando è
arrivato. L’attesa è finita, la speranza rinasce. Maria e Giuseppe ci insegnano ad
avere sempre fiducia, a dire il nostro sì come hanno fatto loro, ad accogliere Gesù nei
nostri cuori; peccato che non sempre riusciamo a riconoscerlo e a sentirlo vicino! Le
nostre comunità dovrebbero riscoprire Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi, anche con
piccoli gesti di aiuto, di correzione fraterna, di amore reciproco, di perdono, per
testimoniare la Sua presenza in mezzo a noi.
Mt 2,1-12 → Mic 5,1-4: Gesù il re Pastore
Matteo ci narra la visita dei Magi e riporta la profezia del profeta Michea: “E
tu Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi
uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele” (Mic 5,1). I Magi, seguendo la
stella, arrivano a Gerusalemme, e chiedono: “Dov’è il re dei Giudei che è nato?”
Erode, i sommi sacerdoti, gli scribi, conoscendo le scritture, mandano i Magi a
Betlemme, ma loro rimangono turbati, non si muovono, non vogliono riconoscere la
nascita del re dei Giudei, non vanno a cercarlo. I Magi invece che sono pagani,
seguono la stella, provano una grandissima gioia, e si prostrano ad adorare il
33
Bambino. La stella che guida i Magi, può essere per noi un simbolo per alzare gli
occhi verso il cielo e guardare a Dio.
La nostra stella è il Vangelo, attraverso il quale arriviamo a Gesù, il re Pastore, il
re umile che pasce il suo gregge.
“Egli starà là e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore
suo Dio” (Mic 5,3).
Gesù non nasce in una grande città, in un bel palazzo, ma in un piccolo villaggio
sconosciuto, in una capanna, nasce da Maria, una ragazza umile ed è stato subito
accolto dai pastori, dai ‘piccoli’ mentre ‘i grandi’, il re e i sommi sacerdoti hanno
timore di un bambino, forse per paura di perdere il potere non lo vogliono accogliere
come il Messia atteso. I sentimenti contrastanti che emergono sono: la grande gioia
dei Magi e dei pastori, e il timore dei potenti. Il regno di Dio è universale, abbraccia
tutti, nessuno escluso ed è rivolto soprattutto ai poveri. I Magi tornano al loro paese
‘per un'altra strada’; questo può significare anche per noi il cambio di rotta, per
seguire Gesù bisogna intraprendere un nuovo cammino, una strada diversa.
Per rispondere a qualche domanda:
 Vedere più giustizia nel mondo: questa deve essere la nostra speranza e il
nostro desiderio più grande! Ciò può accadere se partiamo da noi stesse,
mettendoci tutto il nostro impegno, la nostra volontà, i nostri sforzi, contando
però sempre nella fede in Gesù: da sole non potremmo fare nulla e ci
lasceremmo prendere dallo sfiducia e dallo smarrimento, ma insieme nella
comunità e con Lui tutto diventa possibile.
 La fede nella nostra vita è fondamentale, per dare un giudizio di verità a tutto
quello che succede nel mondo. E’ guardando a Gesù che, nonostante tutto,
ritroviamo la speranza. I cristiani dovrebbero essere uomini di speranza e
avere sempre la certezza che il bene vincerà sul male.
 Gesù e il suo vangelo sono il nostro sostegno. Abbiamo bisogno di lui in ogni
momento, è lui che ci consola, ci difende, ci aiuta. Le situazioni difficili o
dolorose non sempre possono essere modificate ma con Gesù, le viviamo in
modo diverso perché abbiamo la certezza di non essere sole ad affrontare le
difficoltà, è lui che ci dona forza e coraggio.
 Dubbi, domande e speranze hanno sempre fatto parte della nostra umanità e ci
sono sempre stati, l’importante è non arrenderci e continuare nel cammino che
Gesù ci indica.
 La comunità, lo stare insieme ci rende più forti e la testimonianza che ci viene
da chi condivide con noi la fede in Gesù, ci sprona e ci aiuta a fare sempre
meglio.
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Mt 3,13-16 → Is 11,1-9: Gesù il nuovo virgulto
Gesù, dopo il Battesimo, è colmato di Spirito Santo che si manifesta sotto
forma di colomba, ed è rivelato come figlio di Dio dalla luce e dalla voce del Padre
che lo indica.
Per Matteo è il Messia tanto atteso da generazioni, è il compimento delle scritture
dell’Antico Testamento che parlavano e speravano in un “re” ideale che avrebbe
portato la salvezza: una nuova giustizia, una nuova legge che completava l’antica e
una nuova vita.
Anche Isaia parla di un germoglio che sarebbe spuntato dal tronco inaridito
dal peccato e dall’infedeltà della dinastia davidica. Un nuovo re, colmo di spirito
profetico, che avrebbe portato una nuova realtà, dove regna la giustizia sul male, sulla
violenza, sulla sopraffazione e la pace anche tra gli animali che in natura sono nemici
tra loro, per arrivare fino al serpente, simbolo della prima colpa. Una nuova realtà “la
pace messianica” che è armonia tra uomo e natura, tra uomo e uomo perché con il
perdono del peccato, la riconciliazione con Dio e la giustizia tra gli uomini, c’è pace.
Risposte
La comunità di Matteo riconosce in Gesù il Messia, ora le profezie
dell’Antico Testamento diventavano chiare, in Gesù si sono realizzate! Gli
insegnamenti di Gesù, venivano ricordati nelle occasioni concrete della vita della
comunità rendendoli attuali ed efficaci.
Nel battesimo di Gesù, lo scambio delle frasi tra Gesù e Giovanni che non troviamo
negli altri Vangeli e non si sa se veramente siano state dette, sono però servite alla
comunità di Matteo per capire la totale sottomissione di Gesù, alla volontà del
Padre, questo segno di penitenza l’ha reso vicino a tutti gli altri ebrei. È stato anche
necessario riconoscere l’importanza del battesimo di Giovanni e della sua profezia.
Mt 4,12-17 → Is 8,23-9,6: Gesù luce delle nazioni
In questo brano del Vangelo si evidenziano tre fattori importanti:
1. Giovanni Battista viene arrestato e Gesù inizia la sua predicazione. E’ già una
prefigurazione della sorte che attende lo stesso Gesù: come tutti i profeti e
come Giovanni anche Gesù subirà il martirio.
2. Gesù si ritira in Galilea e va ad abitare a Cafarnao. Questo agire costituisce un
fatto strano per la comunità religiosa di quel tempo, se non addirittura uno
scandalo. Matteo lo giustifica e lo spiega citando un passo di Isaia per esteso
(Is 8, 23-9,1): “Terra di Zabulon e terra di Neftali, sulla via del mare, al di là
del Giordano, in Galilea delle genti!” La comunità religiosa di quel tempo si
aspettava che l’annuncio partisse da Gerusalemme, invece parte da una regione
periferica generalmente disprezzata e ritenuta contaminata dal paganesimo. Ma
ciò che costituisce una sorpresa per tutti, per Matteo invece è il compimento di
un’antica profezia, il segno rivelatore del messianismo di Gesù: un
messianismo universale che rompe con decisione ogni forma di
particolarismo.
35
L’annuncio di Gesù è riassunto da Matteo con l’arrivo del Regno: “il regno dei cieli è
vicino, convertitevi e credete al Vangelo!”
3. L’episodio di questo passo è collocato sulle rive del lago dove Gesù stava
camminando e dove gli uomini erano intenti al loro lavoro. L’appello di Dio
raggiunge gli uomini nel loro ambiente ordinario, cioè sul loro posto di lavoro.
Non c’è nessuna cornice “sacra” per la chiamata dei discepoli, ma lo scenario
del lago e lo sfondo della dura vita quotidiana.
È Gesù che chiama e sceglie i suoi discepoli. L’iniziativa è di Gesù e non dell’uomo
che si proclama discepolo, è Gesù che invita l’uomo a seguirlo “seguitemi”) e il
distacco dalla loro famiglia e comunità è drastico e immediato “e subito lasciarono
tutto e lo seguirono”.
Alla fine, per sintetizzare, abbiamo sottolineato alcuni punti importanti:
 E’ Gesù la luce delle nazioni e non Gerusalemme.
 La nostra risposta a Gesù deve essere immediata.
 L’amore di Dio è per tutti gli uomini, anche per i peccatori.
 Dio si trova negli umili.
 Abbiamo sempre bisogno della comunità, da sole è molto più difficile.
Tutto il Vangelo di Matteo è costruito su diverse profezie: ha un genere letterario che
permette di leggere la venuta di Gesù, interpretandolo con il passato di salvezza del
popolo d'Israele.
I pastori sono persone semplici, disposte ad accogliere la novità, capaci di stupirsi
anche per la nascita di un bambino. Anche per noi come per i pastori, se accogliamo
l'annuncio degli angeli, cambia il senso di ogni singolo avvenimento e la forza
interiore con cui lo si vive.
Uomini e donne, della comunità di Matteo, che non si sono accontentati del già noto,
che sono stati invece capaci di mettersi in discussione, di lasciare le proprie sicurezze
e mettersi in cammino alla ricerca di quella verità che desse pieno senso alla loro
esistenza
Abbiamo concluso l’incontro ricordando dei fatti positivi, per riconoscere la luce che
rischiara le nostre tenebre. Ne sono stati raccontati molti riguardanti la solidarietà e
l’amore per il prossimo nella nostra comunità: molte belle iniziative della Caritas e
della San Vincenzo, il Centro di Ascolto, il progetto Gemma, l’aiuto concreto ai
nostri missionari.
Altri fatti: un imprenditore umbro che ha suddiviso gli utili della sua azienda con i
suoi operai. Progetti di recupero tra i carcerati. Altri progetti e microcrediti portati
avanti dalle donne nei paesi poveri dell’Africa, Asia e America Latina.
Il bene c’è ma si vede poco perché non viene pubblicizzato o non siamo capaci di
coglierlo: i nostri occhi sono ‘ciechi’ le nostre orecchie ‘sorde’.
Un vecchio detto afferma che “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che
cresce”.
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MEMORIA del nono incontro: 10 gennaio 2013
Il profeta Geremia solo contro tutti
Il profeta interpreta i fatti della politica
 Accoglienza
 Preghiera: Ger 18,1-17
 Testi di studio: Ger27,1-22
E’ stato bello ritrovarci e iniziare un nuovo anno insieme sempre più numerose:
abbiamo infatti nuove amiche! In questo incontro cercheremo di far conoscere anche
a loro il nostro metodo di lettura della Bibbia.
Ger 18,1-17
Geremia, e come lui tutti gli altri profeti, parla di Dio attraverso l’esperienza che lui
stesso vive.
In questo brano il Signore invita Geremia a scendere nella bottega del vasaio e questi
stava lavorando al tornio. “Ora, se si guastava il vaso che egli stava modellando
come capita con la creta in mano al vasaio, egli rifaceva con essa un altro vaso come
ai suoi occhi pareva giusto” (v.4). Geremia ha fatto per primo l’esperienza di essere
“creta” modellata dal Signore.
Nella nostra vita quale esperienza ci ha rimodellato?
A volte non accettiamo certe espressioni che troviamo nella Bibbia, ci
sembrano troppo forti come: “Mostrerò loro le spalle e non il volto nel giorno
della loro rovina” (v.17b), sappiamo però che è l’esperienza del popolo che fa
parlare il Signore così. Anche noi quando viviamo un’esperienza dolorosa
diciamo: “Il Signore si è dimenticato di me, mi ha voltato le spalle”, non
sentiamo il Signore vicino, è come se ci mostrasse le spalle. Sappiamo che
nella realtà, è la vita stessa che ci modella, nella fede però riconosciamo che
Dio cammina con noi, per questo possiamo sentirci creta nelle sue mani come
si è sentito il profeta.
Nella Bibbia troviamo anche parole che ci dicono esattamente il contrario, per
esempio il primo giorno dell’anno riceviamo una bella benedizione: “Ti benedica il
Signore e ti protegga, il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio
(Nm 6,24-25), in questo caso è come se il Signore ci mostrasse il suo volto luminoso
e ci benedicesse.
Nella prima parte del brano, Geremia vive l’esperienza dell’argilla che viene
modellata e vede tutto quello che succede intorno in un contesto molto difficile. La
seconda parte è la fotografia di un popolo idolatra: è Dio che ci punisce e ci volta le
spalle o noi che voltiamo le spalle a Dio?
“Ora annuncia, dunque, agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Dice il
Signore: Ecco, sto preparando contro di voi una calamità, sto pensando un progetto
contro di voi. Su, abbandonate la vostra condotta perversa, migliorate le vostre
abitudini e le vostre azioni. Ma essi diranno: "È inutile, noi vogliamo seguire i nostri
37
progetti, ognuno di noi caparbiamente secondo il suo cuore malvagio" (Ger 18,1112).
Il triangolo
Nel nostro libretto di due anni fa “Dio e il suo popolo in cammino” (da pag. 15 a
pag. 18) è spiegato dettagliatamente il triangolo che oggi abbiamo esposto sul
cartellone.
In sintesi: perché il TESTO viene scritto?
1. Per raccontare la REALTA’ = PRE-TESTO, per questo ci chiediamo: qual è la
situazione?
2. Chi lo scrive? E’ la COMUNITA’ che si interroga = CON-TESTO
3. Quale risposta viene data? Quale progetto? Quale proposta? = TESTO
Al centro del triangolo c’è la Teologia del testo:
Ascoltare Dio oggi e riconoscerlo = Chi è Dio/Dove sta/Che cosa vuole da noi?
Il nostro stare insieme, approfondendo la Parola, ci aiuta a riconoscere Dio nella
nostra vita e a scoprire il suo progetto, per noi, per la nostra comunità, per la storia
dei nostri giorni.
La Parola diventa luce per il nostro cammino!
Riconoscere Dio ci obbliga a rispondere alla domanda: “Chi è Dio?”.
E’ un vasaio…un pastore…un maestro…un uomo crocifisso…un padre buono che ci
accoglie…il Signore degli eserciti? Noi possiamo aver fatto tutte queste esperienze e
altre ancora: Dio ha perciò tutti i nostri volti perché ognuno di noi ha una propria
conoscenza di Dio.
E’ nell’esperienza che facciamo che “vediamo” Dio:
lo riconosciamo presente o assente nella nostra vita!
Leggere e approfondire la Parola insieme ci aiuta a scoprire dov’è Dio e che cosa
vuole da noi. Possiamo dire che siamo la comunità che si interroga, come il popolo e
le comunità che incontriamo nei vari brani biblici, si interrogavano sulle esperienze
che stavano vivendo e si domandavano: “dov’è Dio in questa situazione?”
Si parte sempre dalla realtà che si sta vivendo: la nostra o la realtà che emerge e che
viene raccontata nel testo.
 Che situazione c’era al tempo di Geremia?
 Che situazione politica abbiamo oggi?
 Al tempo di Geremia, come ai nostri giorni, quali sono i veri profeti e quali i
falsi?
È molto difficile distinguere gli uni dagli altri, soprattutto in politica; situazione
attualissima in questo periodo di elezioni imminenti: scegliere la persona giusta e
capire chi veramente vuole il bene della nazione è sicuramente complicato!
Ascoltare Dio oggi e riconoscerlo nella Parola che è luce sul nostro cammino!
Il Card. Martini è un grande esempio per noi! Ha dedicato tutta la sua vita allo studio
della Parola, non solo sotto il profilo storico, teologico e pastorale, ma con uno studio
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minuzioso dei testi antichi, scavando fino alle radici per portare a noi la Parola, ce
l’ha spezzata, per farci trovare in essa forza, fiducia e coraggio.
Nonostante questo, abbiamo ricordato come il C. M. Martini in diverse occasioni
abbia manifestato la sua debolezza e confessato la sua paura di morire o forse la
paura della sofferenza che porta alla morte.
A questo punto ci siamo dette che anche Gesù prima di morire si è rivolto al Padre
dicendo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 15,34).
Anche Geremia si lamenta contro il Signore del suo stato di sofferenza che lo porta
vicino alla morte.
La morte è l’estremo atto di fiducia e di abbandono dell’uomo a Dio.
Prima di passare al secondo testo, leggiamo una bellissima preghiera ‘Messaggio di
Tenerezza’ scritta da un anonimo, che ci ha molto consolato perché dice che nei
momenti più dolorosi della nostra vita Dio ci porta in braccio.
Ger 27,1-22
Questa volta cerchiamo insieme di entrare nel testo per imparare ad analizzarlo.
Cosa possiamo cogliere da un brano?
E’ importante esaminarlo con calma dall’inizio, vedere bene la situazione, i vari
personaggi, porsi le domande: “chi sono i personaggi, che cosa dicono, che cosa
fanno, quali sentimenti esprimono, quali verbi, quali parole ricorrono con maggior
frequenza.”
È necessario fare tutti i passaggi, senza cercare di arrivare subito ad una conclusione.
Ricordiamo che la figura di Geremia è unica, il suo compito è quello di
denunciare gli errori del popolo, chiedere la sottomissione all’invasore, affrontare i
falsi profeti, annunciare al popolo l’esilio, le sofferenze, la morte. È in questa
situazione che Geremia viene chiamato da Dio e rispondendo alla chiamata vive
esperienze dolorose, tanto che viene definito l’uomo della sofferenza e della
solitudine.
Il Signore parla tramite Geremia e ordina: “Piegate il collo al giogo del re di
Babilonia, siate soggetti a lui e al suo popolo e conserverete la vita” (v. 12). È questo
il messaggio che arriva a Sedecìa, ultimo re di Giuda, e ai vari ambasciatori dei re
venuti a Gerusalemme per unirsi contro Nabucodónosor.
Sedecìa è un re vassallo nominato dal re di Babilonia, ma lui e i re delle nazioni
vicine, vogliono affrontare Nabucodónosor. Geremia ha un atteggiamento contrario,
non perché sia a favore di Nabucodónosor, che comunque nel testo viene chiamato
‘mio servo’, ma perché vuole salvare la vita al popolo.
La scelta è molto difficile, sottomettersi al re per salvare la vita e la terra oppure
affrontarlo e cercare di sconfiggerlo?
Il ricordo e le esperienze passate dicono che non riusciranno a vincere contro la
potenza di questo re!
Qual è il bene del popolo?
Per Geremia in quel momento era salvargli la vita: è questo il progetto di Dio per il
popolo!
39
Anche nel nostro attuale momento politico è difficile capire chi vuole veramente il
bene della gente!
Come al tempo di Geremia, anche oggi, non tutti la pensano allo stesso modo: invece
di dialogare i partiti politici si contrappongono. A questo punto una scelta diventa
difficile perché tutti difendono la propria idea, la espongono come fosse l’unica
soluzione giusta per poter risolvere i problemi legati alla nostra grave situazione
politica e sociale…
I capitoli 29 e 24 di Geremia danno un’altra visione del suo pensiero e invitano alla
speranza: Geremia pensa ad una nuova alleanza più piccola, fatta da un resto, da
coloro che credono nel Dio d’Israele.
Metodo di giudizio:
Qual è il progetto di Dio? Il popolo non deve morire, deve vivere!
La scelta è per la vita e non per la morte!
Non si devono fare scelte di comodo, ma di giustizia.
La libertà di Dio non ci porta a fare quello che vogliamo, magari seguire il suo
progetto ci porta sulla croce.
Suggerimenti per i gruppetti:
 Preghiera iniziale e memoria dell’incontro precedente
 Analisi del contesto e del testo aiutandosi anche con eventuali
sussidi e altri testi
 Analizzare bene tutti i passaggi senza arrivare subito alla
conclusione
 Porsi le domande: Chi? Dove? Perché? Quando? Quale comunità?
 Per ultimo: dov’è Dio? Quale il suo volto? Quale progetto?
 Attualizzazione e preghiera finale
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MEMORIA del decimo incontro: 24 gennaio 2013
Per riprendere il cammino
 Confronto e revisione del cammino fatto pensando al futuro
 Accoglienza: cerchiamo di raccontarci qualche bella
notizia!
 Preghiera proposta: Is 55
All’inizio del nostro incontro abbiamo letto “Stare insieme” una bella pagina di S.
Agostino che rispecchia il nostro modo di stare insieme nel gruppo.
STARE INSIEME
Pregare insieme, ma anche chiacchierare, e ridere insieme;
scambiarsi piccoli servizi, leggere insieme libri interessanti,
trovarsi insieme cordialmente e seriamente allo stesso tempo,
essere talvolta in disaccordo ma senza animosità,
come capita spesso in sé stessi,
utilizzare questo disaccordo per meglio apprezzare l’accordo abituale.
Condividere e imparare gli uni dagli altri,
rattristarsi per gli assenti e rallegrarsi per chi arriva.
Di queste manifestazioni e di altre simili,
sbocciate dal cuore di quelli che si amano e si sollecitano a vicenda,
manifestazioni espresse con il volto,
la lingua, gli occhi, con gesti affettuosi,
farne la forza d’attrazione dove le anime si fondono
e di tante ne formano una sola.
Il nostro è un periodo in cui sentiamo o leggiamo solo cose negative e tutto sembra
crollare intorno a noi, abbiamo voluto andare controcorrente, ci siamo proposte di
cercare e raccontare fatti di cronaca positivi e belli, per rincuorarci e darci speranza.
Eccone alcuni:
 un industriale ha suddiviso gli utili con i suoi operai;
 alcune maestre di una scuola materna di Adro (BS) si sono autotassate per
garantire il pranzo e il bus a quindici bambini che non potevano pagare;
 Rosi Canali, la giovane imprenditrice di Reggio Calabria, costretta a lasciare la
sua terra per un’aggressione della ‘ndrangheta, per la quale ha dovuto subire
diverse operazioni al volto e ad una gamba, è tornata dopo tre anni in Calabria,
ha fondato “Il Movimento Donne di San Luca e della Locride” che promuove
progetti sociali e laboratori artigianali in favore delle donne.
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 Giuseppe Laras, per lungo tempo rabbino capo di Milano, il 23 gennaio
incontrandosi con il nostro Arcivescovo Angelo Scola, per una Lectio a due
voci sul tema: “Il ruolo della scrittura tra ebrei e cristiani” ha sottolineato che
‘il dialogo può partire solo dalla Bibbia patrimonio comune’. Questo ci ha
molto rallegrato, anche noi ci sentiamo parte di questa esperienza e ribadiamo
che la Bibbia ha creato dialogo e amicizia tra di noi.
Introduzione alla preghiera Is 55
La Parola di Dio è sempre nuova e parla a ciascuna di noi in modi diversi,
dipende da quello che stiamo vivendo. Il v. 9 ci dice che non sempre i nostri progetti
sono uguali a quelli di Dio; a volte non riusciamo a capire i fatti che ci accadono,
però sappiamo che Dio ci è vicino e ci ama, anche se il suo progetto è diverso da
quello che noi umanamente desideriamo in quel momento.
La salvezza è gratuita: “O voi tutti assetati venite all’acqua, chi non ha denaro venga
ugualmente” (v.1). Dobbiamo essere attente e ascoltare la Parola perché è un seme
sempre fecondo che germoglia e dà frutti: “Così sarà della parola uscita dalla mia
bocca non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza
aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (v.14).
Condivisione: Is 55
 In questo testo ci sono molte parole di speranza che abbiamo bisogno di
sentirci dire per continuare con più forza il nostro cammino
 Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza
aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, così sarà
della mia Parola” (v.10-11). La Parola nel corso degli anni ha mantenuto in
noi la sua promessa ‘è germogliata’, la sentiamo più nostra, ha cambiato il
nostro modo di progettare e di vivere la vita.
 “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie
vie – oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie
sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri”(v.8-9).
Questi versetti ci aiutano a vedere sotto una luce nuova tante situazioni che
nella nostra vita e nel mondo sono immerse nel buio e non sempre
comprendiamo; non riusciamo a capire certe sofferenze, le guerre, le
persecuzioni e altro ancora. Isaia in questi due versetti ci consola dicendoci che
le vie del Signore non sono le nostre, ma dobbiamo sempre sperare e avere
fede perché Lui sa quello di cui noi abbiamo bisogno. A Lui niente è
impossibile.
 “Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete” (v. 3): ascoltare e
seguire la Parola per vivere. Spesso non riusciamo a capire gli avvenimenti, ma
la Parola di Dio che è parola di vita e mai di morte, ci indica la via da
percorrere, anzi possiamo dire che tutto quello che ci conduce alla vita è Parola
di Dio.
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Ci siamo poi soffermate e ripercorso insieme il programma svolto, facendo una breve
panoramica del cammino fatto fin’ora:
o Abbiamo ricordato il primo incontro con don Antonio Niada, di come il suo
intervento ci ha aperto una grande finestra sull’esilio a Babilonia
o Con Tea Frigerio abbiamo riflettuto che, nella Storia di Israele, ci sono stati
diversi esili, quello di Babilonia è diventato il simbolo di tutti gli altri.
o Gli incontri successivi ci hanno portato a conoscere più da vicino alcune figure
di profeta: Amos, Osea, Isaia, Geremia.
La loro vocazione era legata all’esperienza della loro vita.
o Possiamo dire che i profeti, ciascuno secondo la propria personalità,
l’esperienza e il ruolo che occupavano all’interno della società in cui vivevano,
hanno cercato con le parole, la testimonianza e anche attraverso simboli di
convincere, consolare il popolo e denunciare chi si allontanava dal progetto di
Dio, per seguire progetti di morte e idolatri.
Abbiamo riletto alcuni punti del testo guida, scambiandoci poi le nostre impressioni
ed eventuali difficoltà incontrate. Ecco alcuni interventi:
 In questo gruppo mi sono trovata molto bene, è positivo e importante
scambiarci e condividere le nostre esperienze. I nostri incontri rappresentano
oggi un bel modo di testimoniare e quello che viene approfondito nel gruppo ci
può aiutare nella vita (Emilia).
 E’ da molto tempo che desideravo entrare in un gruppo biblico, perché la
Bibbia l’ho sempre letta; ho sempre amato stare in compagnia e qui mi trovo
molto bene. (Lina)
 Quando vengo al gruppo esco che sono molto più sollevata. (Mariuccia)
 Ho attraversato un momento terribile e devo ringraziare Maria Giulia che mi ha
invitata ad unirmi a voi, questo mi ha aiutato molto. (Carla)
 Questo è il terzo anno che vengo al gruppo, anche se l’anno scorso per
problemi di salute non sono riuscita a frequentare sempre, il fatto di stare con
voi, condividere e ascoltare, per me è un grande piacere. (Anna B.)
 Io, a Cormano, sono animatrice di due gruppi, seguiamo il metodo del card.
Martini legato alla lettura della Parola e alla vita. Sono gruppi che vanno avanti
da dodici o tredici anni ma le persone che partecipano ancora non hanno la
Bibbia, non si preparano, di solito usiamo delle fotocopie con il brano da
analizzare; qui invece è tutto molto diverso, tutte hanno la Bibbia, partecipano
e si preparano con molto interesse. (Virginia)
 Abbiamo imparato ad usare e a leggere direttamente il testo dalla Bibbia, in
altri gruppi, con altre esperienze ci vengono dati regolarmente dei fogli
fotocopiati, già predisposti, da seguire. (Rosarita)
 Leggendo insieme la Bibbia riusciamo ad approfondire e a capire meglio i
testi, a coglierne il significato che da sole avremmo difficoltà a comprendere.
E’ importante confrontarci anche nei gruppetti, riflettere insieme ci stimola a
continuare. (Anna G).
 Sono due anni che frequento il Gruppo, quando mi è stata fatta la proposta ero
molto perplessa anche perché la Bibbia non l’avevo mai usata, invece leggendo
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insieme, preparandoci e confrontandoci anche nei gruppetti, riusciamo a
cogliere e dare un senso al testo, individualmente questo non sarebbe stato
possibile. Ho qualche difficoltà a trovare il filo storico. Questa esperienza è per
me molto positiva. (Rosanna G.)
Il nostro sussidio “Piccola guida alla Bibbia” di Gallazzi è semplice e chiaro,
se ne apprezza di più il suo valore rileggendo le parti interessate dopo che si è
fatto il percorso insieme, in questo modo si capisce molto di più il contesto
storico. Gallazzi ci aiuta a focalizzare il periodo che ci interessa e a trovare il
“filo” che lega tutta la storia del Popolo d’Israele. (Nadia)
Teniamo presente che la Bibbia non dà certezze storiche, la maggior parte dei
testi sono stati scritti moltissimi anni dopo l’avvenimento dei fatti, perciò sono
delle riletture e vogliono trasmettere prima di tutto l’esperienza di un popolo.
Anche noi riusciamo a vedere la presenza di Dio nei fatti che ci sono accaduti,
solo dopo, a volte dopo diversi anni, quando rivedendo o pensando a certi fatti
diciamo: come il salmista: “ se il Signore non fosse stato con noi…ci
avrebbero inghiottiti vivi” (Sal 124).
Il sesto sussidio “I popoli semitici” ci aiuta, sotto il profilo storico, a conoscere
la nascita e l’evoluzione di questi popoli. Il nostro testo “Piccola guida alla
Bibbia” da pag. 81 a pag 100, riassume in poche pagine, i più importanti
avvenimenti storici di tutto il nostro programma di quest’anno. (Mgiulia)
Ho sempre avuto un grande desiderio di frequentare un corso biblico e
incontrando sacerdoti ho sempre cercato di farlo presente, venendo qui ho
trovato quello che desideravo. Ora devo trovare il modo di arrivare agli altri,
anche a persone di famiglia che sono lontane dalla fede. Sappiamo che ‘il Suo
tempo non è il nostro tempo’, e che Dio interverrà: oggi abbiamo letto nella sua
Parola che ‘il seme gettato germoglia e l’acqua che scende disseta’, questo ci
consola. (Gina)
“Questo popolo si avvicina a me solo a parole mentre il suo cuore è lontano
da me” (Is 29,13), nonostante questo, il testo di Isaia continua dicendoci che,
con la sua sapienza, Dio continuerà a operare meraviglie e prodigi con questo
popolo. La Sua Parola in qualche modo porta sempre frutto. (Gianna)
Sono stata molto contenta di aver incontrato questo gruppo in un momento
molto tragico della mia vita. (Fiorella)
Il nostro gruppo ci ha “liberato” e unito. Abbiamo tutte il coraggio di
esprimere il nostro pensiero e di non sentirci giudicate, ci ascoltiamo e ci
confidiamo. (Mgiulia)
Questo modo di stare insieme lo apprezziamo molto di più perché siamo in una
fase della vita in cui abbiamo un’esperienza alle spalle, siamo più serene e
disponibili ad ascoltare con una predisposizione d’animo migliore perché
abbiamo raggiunto una certa maturità e questo ci aiuta a gustare e ad
apprezzare di più il percorso che stiamo facendo. (Luciana P.)
Alla fine le nostre voci si sono sovrapposte, alcune frasi colte qua e là vale la
pena di sottolinearle:
o I tempi del Signore non sono i nostri: quello che non si raccoglie adesso
può dare frutti in futuro.
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o Tutte siamo un po’ Marta e un po’ Maria…
o Sono stata indirizzata a questo gruppo da una persona che non crede.
o Ognuna testimonia la propria fede agli altri come è capace.
Per concludere mentre recitavamo il Padre nostro abbiamo voluto esprimere la
trasmissione della fede attraverso il gesto di bagnare le mani della compagna vicina.
L’acqua, simbolo evidente e molto forte nel brano di Isaia che abbiamo pregato,
passata così, di mano in mano tra di noi sottolinea che ‘quello che riceviamo
gratuitamente, gratuitamente dobbiamo dare agli altri’.
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MEMORIA del undicesimo incontro: 7 febbraio 2013
La distruzione di Gerusalemme: il dolore del popolo
 Accoglienza: cerchiamo di raccontarci qualche bella
notizia!
 Preghiera proposta: Ger 20,7-18
 Testi di studio: Ger 52,1-34; Lam 5,1-22
Ci siamo accolte con il canto di Taizé “Magnificat anima mea Dominum” e con un
nastro multicolore che è stato donato a ciascuna di noi da Nara di Modena. I nastri
provengono dall’incontro che i gruppi di Lettura Popolare hanno avuto nell’Eremo
di Ronzano (BO) della Comunità dei Servi di Maria. Ogni nastro colorato
rappresenta simbolicamente ciascuna di noi ma anche ogni gruppo che si ritrova
sulla Parola: diventare trama e ordito per tessere insieme un tessuto variopinto e
testimoniare gioia, creatività e speranza.
Gioia ma anche dolore per chi in mezzo a noi soffre o per le amiche assenti. Nella
preghiera abbiamo voluto ricordare tutte le persone che subiscono ingiustizie, in
modo particolare la donna pakistana Asia Bibi in carcere da 1300 giorni solo perché
cristiana e la situazione tragica delle carceri italiane, come ha affermato anche il
nostro Presidente Napolitano in un suo recente intervento dopo la visita al carcere di
San Vittore.
Introduzione alla preghiera: Ger 20,7-18
Questo testo rispecchia veramente la sofferenza e il dramma interiore di Geremia. E’
una preghiera, un grido di dolore, c’è tutta la disperazione del profeta che ha deciso di
abbandonare il Signore perché si sente tradito da lui: non vuole più profetizzare per la
situazione che sta vivendo. E' un pianto struggente, drammatico perché il popolo si fa
beffe di lui: non crede alle sue parole e alle sue profezie; tutti gli sono ostili, anche i
suoi più cari amici vogliono vederlo cadere in disgrazia. Geremia non solo perde la
speranza nel futuro ma si sente abbandonato da Dio stesso, dubita, è provato nella sua
fede perché il Signore non gli dà risposta ed è talmente struggente il suo dolore da
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desiderare di non essere mai nato: “Maledetto il giorno in cui nacqui. Il giorno in cui
mia madre mi diede alla luce perché non mi fece morire nel grembo? Mia madre
sarebbe stata la mia tomba e il suo grembo gravido per sempre”.
In questo brano Geremia rivela il suo forte dramma interiore: da una parte non vuole
più pensare al Signore ma dall'altra non può rinunciare all'amore che sente per lui.
Condivisione dopo la lettura del testo:
 Geremia è la figura di Gesù. Anche Lui nell’orto degli ulivi dice al Padre:
“Perché mi hai abbandonato?”
 La crisi di Geremia può riguardare ciascuno di noi, ma soprattutto coloro che
accettano la parola del Signore e poi si ritrovano delusi e si sentono
abbandonati da Lui.
 Questo testo si potrebbe attribuire anche a tutti coloro che nella cristianità, ma
anche in ogni altra religione, si fanno portavoce o attuano progetti di giustizia,
di solidarietà e di pace: l’indifferenza, la solitudine, gli ostacoli che incontrano
li possono portare a sentirsi isolati, delusi, frustrati, proprio come Geremia.
 Spesso, pregando i Salmi, troviamo questi sentimenti: un Dio amorevole che
opera la giustizia e ci conquista con la sua Parola, quando però il male avanza e
ci si sente schiacciati dal dolore e dalla morte, la preghiera diventa supplica ma
anche lamento perché ci si sente abbandonati da Dio.
Ger 52,1-34
Questo testo ci parla della caduta di Gerusalemme e della deportazione in Babilonia.
Ci sono stati molti esìli e deportazioni nella storia del popolo d’Israele, ricordiamo
la distruzione di Samaria che ha provocato la caduta del regno del Nord e la relativa
deportazione in Assiria; Tea ci aveva parlato delle diverse cause che possono
portare il popolo a lasciare la propria terra (vedi anche sussidio 8).
Perché la distruzione di Gerusalemme è così importante?
Giuda si sente ‘il popolo eletto’: possiede la terra, il tempio, l’alleanza, quindi
protetto da Dio e privilegiato rispetto a tutti gli altri popoli. Come però abbiamo già
constatato, lungo la sua storia non è stato sempre fedele al progetto di Dio, non ha
ascoltato e non ha creduto alla parola dei profeti.
Nel regno di Sedecìa, con Nabucodonosor, inizia l’assedio di Gerusalemme: viene
scavato un fossato intorno alla città che impedisce alla gente di entrare e di uscire.
Per non morire di fame, gli abitanti riescono ad aprire una breccia nelle mura ed
escono per procurarsi il cibo: i soldati e il re fuggono, il re viene preso, i suoi figli
uccisi davanti a lui, poi Sedecìa accecato è deportato in Babilonia. Nel 597 insieme
al re, viene deportata la corte e i notabili; questi pensavano che il loro Dio li avrebbe
fatti ritornare in breve tempo, ma non avvenne così.
Dieci anni dopo, nel 587, con la distruzione totale di Gerusalemme e l’incendio del
tempio, avvenne la seconda deportazione, la quale pur essendo massiccia,
riguardava solo la gente della città.
Gli abitanti delle campagne e coloro che abitavano fuori dalla città, rimasero in
Giuda.
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Il popolo non capisce che cosa gli sta succedendo e si pone molte domande, si chiede
il perché, le risposte sono diverse: il primo gruppo pensa di poter tornare e
riconquistare la città, il secondo gruppo invece, che ha assistito a tutti quegli orrori e
alla devastazione di Gerusalemme, si interroga e incomincia a pensare che nulla
potrà essere più come prima, ritornerà ma sarà un popolo nuovo, con una terra
nuova.
Le ‘Lamentazioni’ raccolgono il dolore di chi è rimasto in mezzo alle rovine, ha visto
l’assedio, è desolato, disperato e si rivolge a Dio con queste preghiere di lamento e
di lutto.
Lam 5,1-22
Già abbiamo considerato come le Lamentazioni sono preghiere frutto di una forte
esperienza di dolore e di morte.
Le lamentazioni 1,2 e 4 sono lamenti funebri, la 3 è un lamento individuale e la 5 è
un lamento collettivo chiamato anche “Orazione di Geremia”.
Dopo aver letto il testo abbiamo analizzato e condiviso insieme le varie parti:
 E’ una preghiera collettiva, un grido di dolore, un’implorazione, una supplica.
 Negli ultimi versetti (v.19-22) si intravvede la speranza, ma anche all’inizio il
popolo spera: “Ricordati, Signore, di quanto ci è accaduto, guarda e considera il
nostro obbrobrio” (v.1). La preghiera continua con il ricordo di tutti gli orrori
vissuti e termina con queste parole: “Facci ritornare a te, Signore, e noi
ritorneremo; rinnova i nostri giorni come in antico, poiché non ci hai rigettati per
sempre, né senza limite sei sdegnato con noi” (v.21-22). Il popolo con speranza
chiede al Signore di riaccoglierlo perché solo con il suo aiuto ha la certezza di
rinascere come popolo nuovo.
 “Con un giogo sul collo siamo perseguitati, siamo sfiniti, non c’è per noi riposo
(v.5)” Questo versetto ci ha fatto pensare alla persecuzione che vive sempre il
popolo ebreo. Ci ha ricordato immediatamente la Shoah che gli ebrei hanno subìto
ed è la stessa che, nel corso della storia, sono costretti a sopportare. Anche oggi ci
sono nuove, ricorrenti e tremende Shoah che coinvolgono popolazioni in tutte le
parti del pianeta a volte nell’indifferenza della comunità internazionale.
 La grandezza del popolo d’Israele è la capacità di autocritica, quella di non
addossare la colpa alle nazioni vicine, ma di ricercarla nelle proprie azioni: “I
nostri padri peccarono e non sono più, noi portiamo la pena delle loro
iniquità”(v.7) anche nel v.16 si dice: “E’ caduta la corona dalla nostra testa; guai
a noi perché abbiamo peccato”. E’ partendo da questa autocritica che il popolo
trova la forza di rinascere e di ricostruire l’antica alleanza: invocando Dio,
chiedendo perdono, facendo memoria ma anche ascoltando la voce dei profeti.
 La speranza parte sempre dal “resto” del popolo.
 In Giuda sono rimaste le persone più umili e semplici: contadini e vignaioli.
 Il popolo ha bisogno di Dio ma anche Dio non vuole rompere l’alleanza con il suo
popolo.
 Nel v. 7 “I nostri padri peccarono e non sono più, noi portiamo la pena delle loro
iniquità” c’è la ‘tesi della retribuzione’, le colpe dei padri ricadono sui figli, ma
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anche i figli riconoscono le loro colpe. La tesi della retribuzione c’è sia nel bene
sia nel male: ‘Se noi ritorniamo, tu o Signore ci aiuterai ancora’.
Analizziamo poi il testo versetto per versetto, per capire meglio quali sono le persone,
le circostanze, i luoghi in cui avviene questo dramma. E’ bene ‘scavare’ per arrivare a
far emergere tutte le situazioni, altrimenti possiamo cogliere solo l’aspetto generale e
non quello particolare. Sono emersi i drammi che le guerre portano: tanti orfani,
madri vedove senza sostegno, i padri vengono uccisi, gli è stato portato via tutto, non
hanno più niente, devono pagare persino la loro acqua, sono sfiniti, non hanno riposo,
si sentono oppressi anche dalle colpe dei loro padri.
“Schiavi comandano su di noi, non c’è chi ci liberi dalle loro mani” (v.8): ci siamo
soffermate su questo versetto molto attuale, per sottolineare, come a volte, chi è
schiavo avendone l’opportunità, opprime ancora di più chi è schiavo come lui.
Quando si ha un po’ di potere ci si sente in diritto di esercitarlo sui più deboli, questo
accade anche ai nostri giorni: usare del proprio ruolo per fare violenza sugli altri, lo
sentiamo nei fatti di cronaca.
Continuando l’analisi del testo, notiamo altri obbrobri: per procurarsi il pane si
rischia di essere uccisi, le donne stuprate, tutti sono coinvolti, i giovani, i ragazzi, gli
anziani, nessuno può più vivere come prima, è la fine della comunità, la città si è
spenta, il monte Sion è desolato, in tutta la città e dove c’era il tempio, scorrazzano
animali selvatici. Sembra tutto finito, c’è solo disperazione; ma il popolo vuole
riprendersi e ritorna a supplicare il Signore per rigenerarsi e ricominciare.
Il ver. 9 “A rischio della nostra vita ci procuriamo il pane, minacciati dalla spada del
deserto” rende attuale la notizia di questi giorni che racconta come un centinaio di
siriani in fuga con donne e bambini, sono costretti a vivere nelle grotte del Darkus:
non hanno acqua, luce, medicine, solo i cristiani del vicino villaggio Yakubieh danno
loro il cibo.
Ci siamo poi raccontate alcuni fatti positivi: in America il bambino rimasto sette
giorni nelle mani di uno squilibrato è stato salvato. Un politico ha messo a
disposizione la sua auto blu. In Spagna un maratoneta ha rallentato la sua corsa per
far passare davanti il secondo perché, avendo sostenuto il primo posto per tutto il
percorso meritava la vittoria… e altri fatti ancora ci hanno rallegrato e consolato.
Abbiamo terminato con un ringraziamento al Signore, recitando insieme il Padre
Nostro.
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MEMORIA del dodicesimo incontro: 21 febbraio 2013
Geremia e il popolo: sofferenza e speranza
 Preghiera: Salmo 126 proposto dal gruppo “Maria di Magdala”.
 Testi di studio: Ger 36,1-32; Ger 30,1-22; Ger 31,23-34
Accoglienza:
La luce è il segno principale che sempre ci accompagna: è la Parola che diventa
piano piano luce ai nostri passi. Questa volta abbiamo aggiunto anche un cappio:
l’idea ci è stata data da un manifestante greco che ha girato per le vie di Atene con
un cappio al collo segno della grande sofferenza e oppressione che il popolo greco
sta vivendo. Ci è sembrato un moderno Geremia…lui girava per le strade di
Gerusalemme con un giogo sulle spalle.
Belle notizie:
 Latifa è la madre di Imad uno dei tre paracadudisti magrebini uccisi a
Tolosa, nello scorso maggio, dal terrorista Mohamed Merah, che si è poi
accanito contro bambini di una scuola ebraica: bilancio sette morti. Latifa,
scoprendo che il terrorista era diventato un eroe tra i ragazzi, va nelle scuole
raccontando la sua testimonianza e gridando con forza che “l’odio crea solo
odio”. Il suo scopo è che, tra i ragazzi islamici residenti in Francia, non
nascano altri terroristi come Mohamed Merah.
 Nella Baraccopoli “Kibera”, uno dei quartieri più poveri e violenti di
Nairobi, da 5 anni si stampa un giornale mensile, in lingua inglese e in lingua
swahili, che racconta le buone notizie che succedono in particolare nella
baraccopoli. Se ne stampano 3000 copie, il fondatore e direttore Douglas
Namale e tutti i redattori sono volontari.
Preghiera: salmo 126 (125)
In questo salmo si può cogliere l’esperienza che il popolo d’Israele ha percorso lungo
tutta la sua storia: vengono rappresentati simbolicamente i momenti di aridità, dolore
e pianto, la nostalgia della patria lontana, l’attesa nel desiderio di tempi migliori. Il
salmo diventa allora un grido di esultanza: Dio si manifesta asciuga le lacrime e
concede la libertà.
È considerato il canto dei rimpatriati dall’esilio di Babilonia, esprime la gioia del
ritorno. Gli esuli ricordano ciò che il Signore ha fatto ai loro padri e riconoscono
quello che sta facendo per loro.
La gioia del ritorno, il salmista la esprime con due immagini legate al paesaggio della
Palestina: il torrente del Negheb solitamente è secco e arido, in primavera però le
piogge abbondanti portano acqua rendendo fertile la regione. L’altra immagine è
legata al lavoro dei campi, il seminare e il raccogliere: il lavoro della semina è
faticoso a volte fino alle lacrime, come viene descritto nel salmo, ma al momento del
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raccolto la gioia è così grande che ci si dimentica anche dei disagi e delle lacrime
versate.
Ger 36,1-32
Premessa: Nel 605 Nabucodonosor impone il suo dominio su tutta la Palestina, nel
597 assedia Gerusalemme e deporta una parte dei suoi abitanti; nel 587 la città è
definitivamente conquistata, il tempio incendiato e avviene la seconda deportazione.
E’ in questo periodo che Geremia vive la sua storia drammatica di profeta,
annunciando oracoli, predicando minacce e sciagure e predicendo la rovina ai re che
si sono succeduti. Le autorità non accettano il suo messaggio, preferiscono ascoltare i
falsi profeti che annunciano cose diverse. Geremia vive una vita di vera e propria
persecuzione, è attaccato dalla sua stessa famiglia e dall’intera popolazione di Anatot
(cfr Ger 11,21-23). Sotto il regno di Ioiakim, Geremia condanna il falso culto che si
svolge nel tempio e ne predice la distruzione, per questo viene condannato a morte.
Analisi del testo:
Geremia è imprigionato, non può predicare e andare al tempio, incarica il suo
segretario e amico devoto Baruc, di divulgare il suo messaggio. Baruc, benché
appartenesse ad una nobile famiglia, sceglie la compagnia del profeta prigioniero,
odiato e disprezzato, piuttosto di quella dei principi a cui era abituato. Scrive sotto
dettatura di Geremia, la Parola che Dio suggerisce, per poi leggerla, nonostante il
rischio che ciò comporta, nel giorno del grande digiuno davanti al popolo di Giuda
(vv 4-7). Michea, uno del popolo, si affretta ad informare i principi i quali a loro volta
convocano Baruc perché legga davanti a loro il contenuto del rotolo (vv 11-15).
Sentendo quelle parole tutti si spaventano e, data la serietà di ciò che sta scritto,
vanno a riferire tutto al re Ioiakim. Anche lui vuole conoscere il contenuto del rotolo
ma, man mano che è letto, per niente turbato, il re lo prende, lo tagliuzza e lo getta
nel fuoco, ordinando poi che Baruc e Geremia siano presi per essere incarcerati, “ma
il Signore li aveva nascosti” (vv 21-26).
E’ il modo insensato del re di sbarazzarsi del giudizio di Dio.
Il gesto di Ioiakim è stato però inutile perché il rotolo distrutto, per ordine di Dio,
viene sostituito da un altro rotolo, con l’aggiunta di parole simili a quelle scritte in
precedenza (v 32).
Quante persone disprezzano la Parola di Dio, anche se non imitano
necessariamente il gesto temerario di Ioiakim.
La Parola di Dio non può essere né incatenata né distrutta (cfr Mt 5,18; 24,34-35;
Mc 13,11; Lc 21, 33).
Ger 30,1-22
Con il capitolo 30 ha inizio il “Libro della consolazione”.
Il popolo è ancora in esilio ma ha un forte desiderio di ritornare: “Ecco, verranno giorni
- dice il Signore – nei quali cambierò la sorte del mio popolo, di Israele e di Giuda; li ricondurrò
nel paese che ho concesso ai loro padri e ne prenderanno possesso” (v.3). In questo versetto è
racchiusa tutta la speranza del popolo e la promessa di Dio di realizzarla ed è anche
espresso il desiderio di riunire Israele e Giuda, in un solo popolo.
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Il brano continua con molte parole di speranza e consolazione per tutti: il giogo della
schiavitù verrà rotto e tolto dal collo, le catene saranno spezzate, il popolo vivrà
tranquillo e godrà la pace. La nostra analisi termina al v.22 che riconferma la grande
promessa di Dio: “Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”.
Il testo non ha un ordine cronologico si riferisce infatti sia al periodo in cui il re
Giosia cerca di riconquistare Samaria e nel popolo rinasce la speranza che possano
ritornare i deportati in Assiria, sia al periodo dell’esilio in Babilonia.
Ger 31,23-34 - Analisi del testo
Vv 23-26 - Geremia in sogno sente queste parole del Signore: “Il Signore ti
benedica, o dimora di giustizia, monte santo. Vi abiteranno insieme Giuda e tutte le
sue città, agricoltori e allevatori di greggi”, al risveglio dice che il suo sonno gli è
parso ‘soave’. È l’annuncio della pace messianica (cfr Is 11): la dimora di giustizia e
il monte santo rappresentano Gerusalemme, simbolo di una città che accoglie tutti,
dove la pace dovrebbe essere vissuta e condivisa. Gli agricoltori e i pastori, in eterno
conflitto come ci ricorda l’episodio di Caino e Abele (cfr Gen 4), qui vivono in
armonia. Il sogno è dolce e ci riconduce al salmo che abbiamo pregato: “Quando il
Signore ricondusse i prigionieri di Sion ci sembrava di sognare (Sal 126,1). Il sogno
si potrà avverare perché dopo la caduta di Nabusodonosor, il re persiano Ciro,
permetterà alla gente in esilio di ritornare alle proprie terre.
Ci siamo chieste come mai spesso nella Bibbia si nomina il ‘Signore degli
eserciti’(cfr Ger 31,35). Ecco alcune delle nostre risposte: non è inteso come Signore
delle armi, ma come Signore del cielo e della terra, oppure Signore delle schiere
celesti. “El Shadday” è il Dio della montagna, delle altezze, è un antico nome
patriarcale (cfr Gen 17,1). Sappiamo che il popolo dà il nome a Dio secondo
l’esperienza che sta vivendo, se è in battaglia e vince è il Dio degli eserciti che lo
difende; il Dio dell’Esodo è YHWH, il Dio liberatore; il nome di Dio che Gesù ci ha
trasmesso è il più bello di tutti, ci dice che Dio è nostro Padre con sentimenti anche
materni, dunque Dio è anche madre.
Vv 27-28 - Il Signore veglia sempre sul suo Popolo: nei momenti in cui si
demolisce e si distrugge ma anche quando è il tempo di edificare e piantare, queste
parole non sono solo legate alla semina, al bestiame o alla terra, ma soprattutto
all’esperienza umana. La presenza di Dio rimane sempre sia nei momenti di buio sia
in quelli di rinascita.
Vv 29-30 - Il tema della retribuzione personale è stato già trattato nell’incontro
precedente. Geremia, come Ezechiele, si oppone al vecchio principio della
responsabilità collettiva, dà inizio ad un principio nuovo, quello di una responsabilità
‘personale’: ciascuno riceverà secondo le sue opere.
Vv. 31-34 – Il profeta ha il compito di annunciare una nuova alleanza. La
disgregazione è già avvenuta, soprattutto per coloro che sono andati in esilio e
prendono coscienza che l’alleanza è stata distrutta a causa dei loro peccati. La forza
del popolo è quella di riconoscere le proprie colpe e di ricominciare a sperare in
un’alleanza eterna e universale, come quella stabilita con Noè (cfr Gen 8,15-9,1-17).
La nuova alleanza va oltre quella della legge, è un’alleanza del cuore: “Porrò la mia
legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il
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mio popolo” (v. 33). San Paolo non vuole più circoncidere la carne ma il cuore (Rm
2,29).
Ricordiamo anche il profeta Osea che paragona l’amore di Dio per il suo popolo,
all’amore di un uomo per la sua donna: è l’amore misericordioso, viscerale di Dio, è
l’“Hesed” di cui ci parla per primo il profeta Osea.
Il popolo cresce e trova sempre dei nomi nuovi per il suo Dio: creatore, liberatore,
amorevole, misericordioso, cambia il volto dell’alleanza e Dio assume volti nuovi.
Prima della preghiera del Padre Nostro ci raccontiamo ancora altre belle notizie:
una grande azienda alimentare ha costruito un ospedale pediatrico per 36 bambini:
ci siamo dette che questa è sicuramente una bella notizia, ma sappiamo che è oramai
consuetudine per molte multinazionali usare, come immagine pubblicitaria, la
promozione di progetti educativi o assistenziali nei paesi in via di sviluppo.
L’azienda Morellato Termotecnica di Ghezzano (PI) nonostante fosse in crisi ha
rinunciato, per motivi etici ad un’importante commessa da parte della WAAS, che
tratta materiale bellico, perdendo quindi un proficuo guadagno.
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MEMORIA del tredicesimo incontro: 7 marzo 2013
Il profeta Ezechiele:
speranza per coloro che se ne sono andati
 Preghiera: Salmo 45(46) proposta dal gruppo Rut e Noemi
 Testi di studio: Ger 29,1-14 lettera di Geremia agli esiliati
Ez 37,1-14; Ez 36,22-28
Accoglienza
Luce e acqua: ecco i segni di questo nostro incontro.
Mentre accendiamo la luce che rappresenta la presenza di Dio tra noi,
ricordiamo le nostre amiche assenti.
L’acqua è l’elemento che troviamo nel brano di Ezechiele: “Vi aspergerò
con acqua pura e sarete purificati” (Ez 36,25), insieme richiamiamo alla
mente i brani che nella Bibbia ci parlano dell’acqua: la creazione, il
Battesimo di Gesù nel Giordano, l’acqua scaturita dalla roccia nel
deserto, il pozzo della Samaritana, il testo di Isaia 55 che abbiamo
pregato qualche tempo fa: “O voi tutti assetati venite all’acqua; chi non
ha denaro venga ugualmente” (v.1). L’acqua simbolicamente può
significare essere ‘assetati’ della Parola di Dio, ma principalmente è un
52
elemento concreto e indispensabile per la vita di tutti. In particolare le
popolazioni che vivono nel deserto o in terre aride sanno come l’acqua sia
un elemento vitale, senza di essa la vita sarebbe impossibile.
Preghiera: Salmo 45(46)
E’ un salmo bellissimo perché ci rassicura, ci dà speranza e ci dice che Dio
è sempre con noi.
In chiave storica il salmo si riferisce alla vittoria della città di
Gerusalemme contro l’esercito assiro nel 701, al tempo di Ezechia.
Dopo aver fatto risuonare nella preghiera alcuni versetti che ci consolano e
ci incoraggiano, notiamo che nel v.5 “Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano
la città di Dio” si parla dell’acqua: qui l’acqua purifica e feconda la città
di Dio, portando abbondanza e gioia.
Ci soffermiamo poi sul v. 10 che rassicura come il “Dio con noi farà
cessare le guerre sino ai confini della terra, romperà gli archi e spezzerà
le lance, brucerà con il fuoco gli scudi”…
“Ma quando avverrà tutto questo?” - ci siamo dette - pensando a tutte le
guerre e ai conflitti che ci circondano!
Ecco alcune nostre considerazioni: alla fine dei tempi; qui si preannuncia
la pace messianica, quando ‘il lupo dimorerà con l’agnello…le lance
saranno trasformate in vomeri…’. Questo è il desiderio di sempre, di tutti,
è il desiderio della Gerusalemme celeste, quando tutte le guerre
cesseranno, i conflitti che esistono fin dalle origini del mondo finiranno e
dappertutto regnerà la pace. Anche se ciò non è ancora avvenuto,
dobbiamo continuare ad avere speranza e creare occasioni perché questo
accada; anche noi possiamo spezzare le catene, portare pace e giustizia.
A questo proposito, ricordiamo chi cerca in diversi modi di spezzare le
catene dell’odio.
 Il 6 marzo 2013 si è celebrata la prima Giornata europea dei Giusti.
L’Europa ha stabilito una ricorrenza annuale per la memoria del
bene, cioè per ricordare quanti si sono impegnati a soccorrere i
perseguitati durante i genocidi, a difendere la dignità umana
calpestata nei sistemi totalitari. Grazie all’istituzione di questa
giornata da Milano a Praga, da Varsavia a Bruxelles, da San
Pietroburgo a Sarajevo si sono ricordati gli uomini che hanno
assunto una responsabilità personale di fronte ai genocidi e ai
53
totalitarismi. Anche a Lentate, nel parco delle Groane c’è il ‘Bosco
dei giusti’.
Nei ‘giusti’ c’è il desiderio di salvare anche una sola persona: è la
bontà dell’uomo per un altro uomo.
Le guerre finiscono se prima di tutto le facciamo cessare dentro di
noi.
 Ricordiamo inoltre che il 3 marzo si è tenuta la Giornata mondiale
di preghiera ecumenica di sole donne: una sfida ecumenica che va
avanti da oltre 100 anni. Donne che si incontrano per pregare.
Il loro motto è «informarsi per pregare - pregare per agire», con la
scelta decisa di pregare insieme ed agire insieme, per rafforzare i
legami di comunione e di fraternità. In più di 180 nazioni del mondo
si è così riflettuto sul tema di quest’anno che è di scottante attualità:
“Ero forestiero e mi avete accolto”; anche in Italia, dal Nord al
Sud, si è registrata un’adesione maggiore all’iniziativa.

Un’altra buona notizia che riguarda una nostra amica: il fratello ha
subito un intervento chirurgico e tutto è andato bene.
Notizie storiche sul profeta Ezechiele
Ezechiele è un sacerdote del tempio di Gerusalemme, è stato
deportato a Babilonia nel 597 con la prima deportazione, quella delle
persone più importanti: il re con tutta la corte, gli anziani, i sacerdoti, i
notabili (come ci ricorda Geremia 29,1-13 nella “Lettera agli esiliati”,
testo che abbiamo analizzato nei gruppetti).
Ezechiele è stato inviato dal Signore per dare speranza e aiutare i
deportati. Era sposato, dopo nove anni di permanenza a Babilonia muore la
moglie, il Signore lo invita a non disperarsi per essere di esempio al
popolo che in guerra o in esilio ha subito molte morti, figli, mogli, mariti.
Ezechiele è una persona estremamente sensibile e creativa ed è stato un
aiuto immenso per gli esiliati che avevano perso tutto, è riuscito a
mantenere viva la tradizione in mezzo a loro, a ridare la speranza e in
particolare a far capire che il Signore non è rimasto a Gerusalemme nel
tempio, come loro credevano, ma è in esilio con loro, perché Dio non
abbandona mai il suo popolo.
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Ez 37,1-14 – Analisi del testo: Le ossa aride
Vv 1-2 “Il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella
pianura che era piena di ossa” (v.1). Una valle piena di ossa inaridite
rappresenta Israele in esilio, è un ritratto del momento di scoraggiamento e
di desolazione in cui il popolo si trova, è senza speranza, non ha più
niente.
Vv 3-6 Solo il Signore può intervenire e per mezzo del profeta dice:
“Ossa inaridite udite la parola del Signore. Ecco io faccio entrare in voi
il mio spirito e rivivrete” (v 3-4). Ascoltate, udite abbiate fede nella mia
Parola, dice il Signore, e lo Spirito vi ridonerà speranza se voi crederete
che io sono l’unico vero Dio che può ridonare la vita in ogni momento e in
qualsiasi situazione.
Vv 7-8 Ezechiele ubbidisce al Signore e profetizza come gli è stato
ordinato. Il popolo comincia a prendere coscienza, il profeta per primo
vede che la Parola porta frutto perché quello che dice si realizza
Vv 9-10 Con il soffio dello Spirito il ‘resto’ del popolo riprende vita
e ha speranza di ritornare: è una ri-nascita a nuova vita. Il soffio dello
Spirito ci ricorda la creazione (Gn 2,7).
Vv 11-14 “Perciò profetizza e annunzia loro: Ecco, io apro i vostri
sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel
paese d’Israele (v 12). L’azione del profeta è proprio questa: fare
memoria che Dio salva. Ezechiele ripete l’annuncio per ricordare che
questa parola di speranza si è già realizzata prima con i loro padri ed è per
questo che si realizzerà ancora.
Dio è fedele perché, come in passato ha fatto uscire il suo popolo
dall’Egitto liberandolo dalla schiavitù, così anche ora può ridare vita alle
ossa inaridite. Ezechiele ci mostra come lo Spirito di Dio suscita vita là
dove tutto sembra solo morte.
Questo vale anche per noi oggi, non solo pensando alla risurrezione che
avverrà dopo la morte, ma se crediamo nella forza dello Spirito ‘che apre i
nostri sepolcri’, potremo ritrovare ogni giorno la forza di rinascere a nuova
vita.
Quando Gesù è morto, le donne hanno trovato il sepolcro vuoto e l’Angelo
disse loro: “Non è qui. E’ risorto, come aveva detto” (Mt 28,5).
“Il mattino di Pasqua, il segno che farà credere le donne, che
hanno visto il sepolcro vuoto ma ne hanno ricavato solo timore e
paura, è evocato da un verbo sulla bocca dell’angelo:
“ricordatevi delle sue parole!” (cfrLc24,6). Il ricordo delle sue
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parole riapre il passato, lo risveglia, lo ricrea, lo fa vivo. Ed esse
si ricordarono delle sue parole assicura il vangelo (cfr Lc24,8).
La fede sgorga dal ricordo.
Le donne credono perché ricordano. Non solo la parola ma il
ricordo della parola le fa credere.
(da “Sulla soglia della vita”
di E. Ronchi)
Ez 36,22-28
“Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; vi darò un cuore nuovo,
metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e
vi darò un cuore di carne” (v 25-26).
La pietra è dura, invece un cuore di carne palpita, si lascia plasmare, per
questo può cambiare il nostro pensiero, il nostro modo di agire, perché è
qualcosa che nasce dal di dentro e non dall’esterno, è il cuore che opera e
non la legge scritta sulla pietra. Un popolo che accoglie lo Spirito ha
voglia di agire e di reagire, si lascia alle spalle il proprio peccato e vuole
rinnovarsi.
Sia in Geremia (31,31-34) che nel testo di Ezechiele si ricorda che la
nuova legge o la nuova alleanza è direttamente scritta nel cuore.
Forse c’è una differenza tra Ezechiele e il testo di Geremia che abbiamo
confrontato:
Ezechiele dice: “Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi
sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36,8) riferendosi
soprattutto al popolo di’Israele.
Geremia invece dice:“Porrò la mia legge nel loro animo e la scriverò sul
loro cuore. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il
Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande
(Ger 31,34). Geremia dà una speranza a tutti, l’alleanza di Dio qui è
universale.
Per concludere, il Padre Nostro recitato insieme ci invita a rinnovare la
nostra fiducia in Dio Padre che ci ama.
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MEMORIA del quattordicesimo incontro: 21 marzo 2013
Il Servo di YHWH: profezia e servizio
● Preghiera: Salmo 22(21) Sofferenze e speranze di un giusto
● Testi di studio: Is 52,13-53,12 – “Quarto canto del servo”
Accoglienza
Il nostro saluto oggi è stato molto più festoso del solito: il 19 marzo è stato eletto
Papa Francesco.
Le sue parole ci hanno toccato il cuore: ha parlato di tenerezza, di bontà, di essere
custodi gli uni degli altri e soprattutto di noi stessi. La sua semplicità, il suo modo di
salutare e di avvicinare le persone, la sua attenzione speciale per i poveri, ci hanno
commosso ed entusiasmato. Abbiamo ringraziato insieme il Signore.
Un altro motivo di gioia per tutte noi è stato il ritorno di una nostra amica che
mancava da molto tempo per motivi di salute. La sua commozione ci ha coinvolto ed
emozionato.
Preghiera: Salmo 22(21) Sofferenze e speranze di un giusto
Abbiamo scelto questo salmo perché è legato al “Quarto canto del servo” di Isaia.
Ci aiuta anche a riflettere sui riti che si svolgeranno la prossima settimana: la
Settimana Santa.
Il salmo inizia con le stesse parole che Gesù rivolge al Padre quando è sulla Croce:
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Anche altri versetti ricordano la
passione di Gesù. E’ una preghiera, un lamento di un giusto che soffre e si sente
abbandonato da tutti anche da Dio, ma non perde mai la speranza. Viene schernito,
umiliato, deriso, maltrattato, ma lui non si ribella, continua a confidare nell’aiuto del
Signore. La sua sofferenza produrrà nuova vita. Infatti il salmo termina così: “E io
vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunzieranno la sua giustizia, al popolo che nascerà diranno: Ecco l’opera del Signore”. (vv
30b-32).
Rispondiamo alle domande per identificare oggi il servo sofferente
Quali sono le cause che producono sofferenze di massa?
 Le persecuzioni religiose in varie parti del mondo, la povertà, la mancanza di
lavoro e di certezze, la paura per il futuro, si decide di non avere figli perché
manca la speranza, anche da noi molte persone non riescono più a sostenere le
loro famiglie.
 Ascesa di poteri forti che diventano forme “dittatoriali” con conseguenze gravi
per i più deboli; chi non si sottomette al regime viene perseguitato fino alla
morte. Tutte le dittature producono sempre grandi sofferenze. Ricordiamo la
shoah degli ebrei e le varie persecuzioni razziali e etniche nel mondo, anche
quelle dei nostri giorni. Il male viene da diverse parti, un esempio: Israele ha
subito lo sterminio ora lui stesso diventa oppressore del popolo palestinese.
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 Ricordiamo alcune situazioni drammatiche:
o la guerra fratricida che si sta combattendo in Siria; tutte le dittature che
ancora esistono nel mondo, in Africa in modo particolare.
o in Sud-Africa i coloni ‘bianchi’ hanno rovinato tutto. Pur avendo un
sottosuolo molto ricco d’oro e pietre preziose, la gente è poverissima e
sfruttata, molti dormono per terra, non sanno come sopravvivere per lo
strapotere dei bianchi che si arricchiscono esportando queste materie prime
e lasciando nella miseria la gente del posto. Il popolo incomincia a
ribellarsi, la criminalità continua ad aumentare soprattutto nelle grandi
città, come Johannesburg sempre pattugliata da militari.
o nei Paesi dove la povertà è molto elevata, le persone per sopravvivere
vanno a cercare il cibo nei rifiuti e prendono tutto quello che possono
utilizzare dalla spazzatura. In questo periodo di crisi succede anche al
mercato di Milano e nelle altre città italiane.
o nei manicomi giudiziari persone inermi e indifese, vivono come larve
umane proprio come il servo sofferente.
o c’è la sofferenza del cuore che non si vede ma è terribile. Spesso le
famiglie che vivono lunghe esperienze di dolore, non trovano nessuna
solidarietà, si sentono sole e abbandonate a loro stesse, senza alcun aiuto
concreto da parte delle autorità preposte. Quello che fa più soffrire è
l’indifferenza della gente e di chi è al potere.
o Una di noi, Silvia, ha contatto con tante mamme straniere e l’addolora
vedere come molte persone provino disprezzo verso queste donne; ci sono
tanti pregiudizi negativi, non viene riconosciuta loro un’identità, non sono
accettate, c’è un giudizio ostile generalizzato, questo succede anche nei
confronti delle mamme italiane più povere. Nelle nostre comunità cristiane,
facciamo fatica ad unirci per diventare più solidali con chi vive difficoltà di
inserimento e di povertà.
o Rosanna, quando insegnava, ha avuto un’esperienza analoga: allora la
discriminazione avveniva tra i genitori lombardi e quelli meridionali.
Questi comportamenti però riguardavano solo gli adulti perché i bambini,
in classe, non avevano alcun pregiudizio, erano molto amici tra di loro;
sempre da parte dei genitori avveniva anche l’emarginazione dei bambini
meno dotati.
La sofferenza di massa: è il terzo mondo che grida la sua disperazione, la sua
sofferenza, che chiede giustizia e pare che Dio non ascolti, che non agisca. In realtà
Dio opera attraverso chi fa la sua volontà, chi segue e rispetta la sua alleanza. Noi
cristiani possiamo, individualmente o a piccoli gruppi, agire portando qualche
goccia (preziosissima!), aiutando i missionari, le ONG e le ONLUS. Il cambiamento
radicale però lo può attuare solo chi ha il potere economico, politico e finanziario,
cioè i governi, soprattutto quelli che si richiamano ad una matrice cristiana.
Leggendo la Bibbia vediamo che chi ha il potere è spesso corrotto e dimentica la
giustizia, il bene comune e l’attenzione ai più poveri. Dio agisce attraverso di noi e,
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se vogliamo essere il cambiamento radicale, il “go'el” per i più poveri, dobbiamo
gridare insieme a loro, chiedendo giustizia e dignità.
Gli ‘osservatori’ come reagiscono? Ci sono denunce o prese di
posizione?
 Spesso anche gli Organismi Internazionali di controllo si piegano e sottostanno
alle esigenze dei singoli paesi e quindi “voltano lo sguardo” per non vedere o si
limitano a blandi richiami; non intervengono con forza soprattutto nei Paesi
con grandi interessi economici. Ad esempio: la Cina non viene pubblicamente
condannata per le numerose esecuzioni capitali e per le violazioni sistematiche
dei diritti internazionali perché è considerata un “partner” strategico dai
maggiori Paesi occidentali, pertanto l’interesse economico ha il sopravvento
sulla vita e la dignità della persona.
 La rassegnazione è un sentimento prevalente: ‘Io non ci posso fare niente’. Di
fronte alle ingiustizie però non possiamo tacere e non dobbiamo avere paura di
parlare, anche se il cambiamento vero potrà avvenire solo quando i governi e i
potenti della terra modificheranno il loro modo di agire.
 Spesso non si denuncia per non essere emarginati, per indifferenza e per errata
concezione della privacy. A volte la Chiesa denuncia l’ingiustizia ma non
viene ascoltata.
Noi cristiani come ci poniamo davanti a situazioni di oppressione,
violenza, ingiustizia?
 Come credenti dovremmo confrontarci sempre con le parole del Vangelo di
fronte a queste situazioni. Nelle nostre piccole esperienze a volte abbiamo il
coraggio di far sentire la nostra voce, in altre invece abbiamo paura, ci
sentiamo deboli e ci lasciamo sopraffare da chi riteniamo molto più forte di
noi.
 La comunità cristiana in genere non è molto aperta e unita verso gli immigrati
e le situazioni di ingiustizia, fa fatica a prendere coscienza della realtà e a
denunciare. La Caritas e la San Vincenzo presenti sul nostro territorio sono
sensibili ai bisogni degli ultimi e fanno moltissimo, ma le necessità aumentano
ogni giorno sempre più.
 E’ più facile pensare ai Paesi lontani, al terzo mondo che al nostro vicino di
casa: quando siamo chiamati direttamente ad entrare nelle case di persone in
grosse difficoltà, ci blocchiamo. Le richieste sono così grandi che abbiamo
paura di non farcela, da soli diventa quasi impossibile: occorre una comunità
che accoglie!
 Noi cristiani non siamo forti e uniti per segnalare le grandi
Possiamo fare delle piccole denunce per far sentire la nostra
situazioni più difficili ma sono solo gocce! I cristiani impegnati
quando arrivano al potere, non si distinguono perché non hanno
cambiare le situazioni!
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ingiustizie.
voce nelle
in politica,
la forza di
Alla fine abbiamo fatto questa considerazione: “Molte di noi sono impegnate in
parrocchia. Ma è sufficiente questo per dire che lottiamo contro le ingiustizie? Magari il nostro
impegno è solo l’occasione per avere un piccolo potere…Forse le cose da fare sono altre?
Potremmo essere più utili in un altro modo? Lasciamo queste domande alla riflessione
personale.
Possiamo dire che c’è qualcuno che paga di persona perché la situazione
cambi o migliori?
Sì! Anche solo osservando il nostro Paese ne abbiamo un lungo elenco. Ricordiamo
alcune persone che hanno avuto il coraggio di denunciare, si sono ribellate, hanno
combattuto e combattono ogni giorno contro la corruzione e le ingiustizie: Don
Puglisi, Falcone, Borsellino che hanno pagato con la vita. Ieri si è ricordato
l’omicidio di Ilaria Alpi, uccisa 19 anni fa a Mogadiscio perché indagava sui rifiuti
tossici e sul traffico d’armi in Somalia. Don Ciotti con Libera è in prima linea nella
lotta contro la mafia. A Como, il Centro Puzzle, è un luogo di prima e seconda
accoglienza per minori stranieri non accompagnati, provenienti da diverse regioni e
stati del mondo.
Come e perché Gesù è stato paragonato al Servo del II Isaia?
Perché egli stesso, per una causa giusta, ha dovuto subire i maltrattamenti, il
disprezzo e alla fine la condanna alla morte di croce, senza poter beneficiare del
diritto di difesa, come fosse stato un criminale, solo per aver difeso i poveri e gli
oppressi.
Is 52,13-53,12 – “Quarto canto del servo”
Leggiamo il testo e lo lasciamo alla contemplazione e meditazione personale durante
la Settimana Santa.
Anche oggi ci sono persone che nella sofferenza riescono a trovare la forza di
combatterla non solo per se stessi ma anche per gli altri. Il servo accetta di soffrire,
non si ribella e anche se si sente schiacciato, ha la certezza che Dio non lo
abbandonerà e, se dovrà dare la propria vita, come molti martiri dei nostri giorni,
sarà per salvare e ridare vita e fiducia agli altri.
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MEMORIA del quindicesimo incontro: 4 aprile 2013
Speranza per coloro che ritornano
 Accoglienza: siamo nel Tempo Pasquale, Cristo è Risorto! Alleluia!
 Preghiera: Is 40,1-31 consolazione per il popolo
 Testi di studio: Is 48,20-49,26 – “la missione del Servo”
Accoglienza
Shalom! Pace! Con queste parole e con il canto ‘Risuscitò’ ci accogliamo con gioia
dopo le feste Pasquali.
Riprendiamo due pensieri che ci possono aiutare a gioire della resurrezione di Gesù
ma anche a riconoscerla presente nella nostra vita:
Dice Gesù: Io sono la resurrezione e la vita (cfr Gv 11,25).
“Prima la resurrezione e poi la vita! Prima risorgi e poi vivrai!
Ciò che vivi è quasi una vita, ma non ancora vita. Risorgi dalla vita
addormentata, dalla vita vuota, dalla vita morta che non sa più dare e
ricevere amore” (E. Ronchi).
“Sogno una Chiesa e un Papa che ci aiutino a credere che nessuno sia tanto
povero da non arricchire gli altri con la propria esperienza. Un Papa e una
Chiesa che educhino ‘a liberare la parola che rimane prigioniera dentro le
persone’ (stralcio da una lettera di p. F. Beretta, nostro amico missionario in Brasile).
E’ molto bello poter parlare liberamente, raccontare le proprie esperienze senza
il timore di essere giudicate, sono momenti importanti di conoscenza reciproca
che liberano, aiutano e arricchiscono tutte; anche questo è un piccolo segno di
Risurrezione. Come sono segni di resurrezione i gesti d’amore e di perdono che
possono ridare vita a chi vive intorno a noi.
Preghiera: Is 40,1-31 - Annuncio della liberazione
Il Secondo Isaia (cfr. contesto storico Sussidio 11), ci racconta come il popolo
d’Israele incominci a intravvedere la possibilità di un ritorno in patria. Ciro il re
persiano, è lo strumento che Dio usa per attuare il suo progetto, per dare speranza al
popolo e per allontanarlo dagli idoli.
Ci chiediamo: “Alla fede siamo arrivate da sole o ci ha portato qualcuno?”
Lasciamo la risposta alla riflessione personale.
Preghiamo e condividiamo alcuni versetti che ci hanno colpito in modo particolare:
 “Allora si rivelerà la presenza del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la
bocca del Signore ha parlato” (v.6).
Tutte le cose della nostra vita, oggi ci sono e domani non ci sono più, è solo la
Parola che dà un senso e un valore a tutto quello che facciamo.
61
 “Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri” (v.11).
Dio ci raduna e ci porta in braccio, anche quando ci disperdiamo non ci
abbandona mai. Ci sono dei momenti in cui non riusciamo a pregare ma il
Signore è sempre con noi: è Risorto. L’immagine del pastore ci mostra Dio
come Padre perché è con noi in ogni situazione, è un Padre che conforta nella
paura e che dà senso alla vita. Il Signore è vicino anche a quelli che non
credono, è vicino a tutti.
Dio è amore, Dio è Padre, Dio però non lo vediamo: per vivere questa
esperienza è necessario che la comunità dia amore a tutti, in modo particolare
deve essere vicina alle persone che soffrono. E’ questo il modo per far vedere il
volto di Dio, se non c’è una comunità che ama, non possiamo riconoscere il
suo amore: la comunione tra di noi diventa preghiera, amicizia, perdono…
 “Nel deserto preparate la via del Signore". Ogni valle sia colmata, ogni monte
e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano” (vv.3-4).
Anche quando siamo nel deserto, il Signore ci viene incontro e ci perdona,
però noi dobbiamo preparare ‘la via’; nella vita succede che quando stiamo
molto bene ci dimentichiamo o ci allontaniamo da Lui. Quando dobbiamo
affrontare malattie, dolori o preoccupazioni gravi sentiamo il bisogno di
chiedere aiuto a Dio, a volte però accade il contrario: il dolore che
consideriamo ingiusto, ci fa perdere la fede e possiamo anche maledire Dio.
L’immagine delle valli che devono essere colmate e dei monti abbassati può
rappresentare le divisioni che ci sono tra noi: se non abbiamo la capacità di
superare queste divisioni “colmando e abbassando gli spazi che ci dividono”
non riusciremo a mostrare l’amore di Dio.
Giovanni Battista cita questi versetti perché anche lui sta annunciando un
nuovo esodo, una nuova liberazione: la venuta di Gesù.
 “Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion; alza la voce con forza,
tu che rechi liete notizie in Gerusalemme” (v.9). Questo versetto è descritto al
femminile, è una messaggera di buone notizie che grida con forza sul monte
alto di Gerusalemme. Senza dubbio queste parole richiamano la Risurrezione:
è una voce di donna che per prima annuncia la risurrezione di Gesù, porta la
‘lieta notizia’, cioè il Vangelo. La ‘Buona Notizia’ è questa: Cristo è
risorto! Anche Papa Francesco ha detto che le donne sono le prime a
testimoniare il Signore e a trasmettere la fede ai figli e in famiglia e sono le più
solerti a vivere un servizio all’interno della comunità.
Il capitolo 40 racchiude tutto il messaggio del Secondo Isaia.
Possiamo cogliere:
o la promessa del ritorno, con l’inizio di un nuovo esodo, la speranza è nel
popolo perché capisce che il lungo periodo di schiavitù sta finendo;
o la Buona Notizia è per tutti i popoli e non solo per il popolo eletto;
62
o anche se si riconosce che Ciro è uno strumento nelle mani di Dio per la
liberazione dalla schiavitù, è solo Dio che dirige la Storia, per questo troviamo
una forte polemica contro gli idoli: “A chi potreste paragonare Dio e quale
immagine mettergli a confronto? Il fabbro fonde l'idolo, l'orafo lo riveste d'oro
e fonde catenelle d'argento. Chi ha poco da offrire sceglie un legno che non
marcisce; si cerca un artista abile, perché gli faccia una statua che non si
muova. A chi potreste paragonarmi, quasi che io gli sia pari? dice il Santo.
Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato tali cose? cfr 12-25.”
o Promessa di restaurazione: nuovo esodo, nuovo popolo, nuova vita: “Ecco, io
faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò
anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa
Is 43,19”.
Concludiamo la nostra riflessione con la preghiera ‘Semplice’ di San Francesco:
“Signore fa' di me uno strumento della tua pace.
Dov'è odio, ch'io porti l'amore.
Dov'è offesa, ch'io porti il perdono.
Dov'è discordia, ch'io porti l'unione.
Dov'è dubbio, ch'io porti la fede.
Dov'è errore, ch'io porti la verità.
Dov'è disperazione, ch'io porti la speranza.
Dov'è tristezza, ch'io porti la gioia.
Dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Oh, Maestro, fa' che io non cerchi tanto: ad esser consolato, quanto
a consolare; ad esser compreso, quanto a comprendere; ad esser
amato quanto ad amare. Sì, è donando che si riceve, perdonando,
che si è perdonati, morendo, che si risuscita a vita eterna”.
Is 48,20-49,26 – Analisi del testo
Il testo è stato scritto poco prima del ritorno, 538 a.C.
48,20-21: è un annuncio gioioso “Il Signore ha riscattato il suo servo
Giacobbe”. Viene messa in risalto la figura del riscattatore, del ‘Go’el, di colui che
difende sempre la causa dei più deboli, di quelli che non hanno nessuno che li possa
riscattare tranne Dio. L’immagine del deserto, dell’acqua che scaturisce dalla roccia
ci richiama all’esodo.
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Il messaggio ha dimensioni universali, deve giungere fino agli estremi confini della
terra, è rivolto a tutte le nazioni.
49.1-5 “Ascoltatemi, o isole, udite attentamente nazioni lontane; il Signore dal
seno materno mi ha chiamato”
La chiamata del Signore è universale, è rivolta a tutti, viene dal seno materno, ancora
prima della nascita. “Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra”. Tutti noi dobbiamo cercare di essere esempio per gli
altri. Il Signore chiede al suo servo di diventare ‘luce delle nazioni’: questa è una
chiamata ancora più forte perché rivolta al servo che è disprezzato, reietto, umiliato,
l’ultimo tra gli uomini, è proprio lui che sarà luce per tutti.
Nel Nuovo Testamento è Gesù Cristo che racchiude in sé l’immagine del servo
sofferente.
Il riscatto del popolo provoca un capovolgimento della situazione, saranno i re e i
principi che s’inchineranno e ammetteranno la grandezza e la fedeltà del Signore.
“Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze".
Riconosciamo che da soli non possiamo fare nulla, mentre molto spesso pensiamo di
essere autosufficienti. Nella nostra società e nel mondo, prevale l’idea che l’uomo
possa bastare a se stesso e lasciare Dio fuori dalla propria vita. Invece non è cosi, tutti
abbiamo bisogno d’aiuto, nelle difficoltà è importante avere qualcuno vicino, se
siamo soli ci sentiamo perduti, lo vediamo tutti i giorni dai fatti di cronaca provocati
dalla disperazione e dalla solitudine. La consolazione e la speranza avvengono
attraverso l’aiuto reciproco, l’accoglienza e la partecipazione.
Il Signore è sempre stato fedele, fin dall’inizio. Gesù ci mostra il volto di Dio perché
è stato fedele al suo progetto, donando la sua vita fino alla morte di croce.
49,6-7 “Dio era stato la mia forza e ha detto: È troppo poco che tu sia mio
servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. Io ti
renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra.
Così dice il Signore, il redentore d'Israele, il suo Santo, a colui che è disprezzato,
rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti” questi sono gli Anawîm, i poveri di
YHWH.
Nel Nuovo Testamento, gli Anawîm sono Giovanni Battista, Elisabetta,
Maria…coloro che legano il Primo Testamento al Secondo, ci conducono fino a
Gesù, il quale porta a noi questo forte annuncio di speranza e liberazione.
49,8-13 Questi versetti narrano la gioia del ritorno e sono molto simili a Isaia 40. La
Buona Notizia si diffonde tutt’intorno “Uscite, venite fuori”: dalle tenebre si ritorna
alla luce.
49,14-16 Non dobbiamo mai perdere la fiducia nel Signore, le parole che
seguono ci mostrano il volto materno di Dio: “Si dimentica forse una donna del suo
bambino? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò
mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani”. È soprattutto la donna che
può riconoscere Dio come madre perché è lei che vive l’esperienza della maternità.
49,17-22 Il messaggio è diventato universale e coinvolge tutte le genti: “Ecco, io farò
cenno con la mano ai popoli, per le nazioni isserò il mio vessillo. Riporteranno i tuoi
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figli in braccio e le tue figlie saranno portate sulle spalle. Dio restituisce in
abbondanza: le donne sterili trovano figli che non hanno generato.
Gli ultimi versetti di questo capitolo ci fanno pensare a un Dio violento che distrugge
tutti i nemici del suo popolo, non è così: il male fatto è così forte e cruento che
certamente ritornerà su coloro che l’hanno commesso, così da carnefici diventeranno
vittime per effetto del loro modo di agire.
Il brano si chiude con queste parole: “Allora ogni uomo saprà che io sono il Signore,
tuo salvatore, io il tuo redentore e il Forte di Giacobbe”. Ancora si ripresenta la
figura del Go’el: Dio che non abbandona chi si fida di Lui.
La speranza è per tutti coloro che riconosceranno la Sua grandezza nel Dio creatore;
la Sua forza nel Dio liberatore; il Suo amore nel Dio madre; e la Sua misericordia nel
Dio Pastore.
“Nel Secondo Isaia il potere creatore e redentore di YHWH si manifesta in tre modi
nello stesso tempo:
 nell’esistenza dell’universo che Dio controlla da sempre (Is 41,18-20);
 nella capacità di ricreare il suo popolo, di restituirgli la libertà e condurlo a
un nuovo esodo (Is 43,1-21);
 soprattutto nella capacità di trasformare la vergogna delle nazioni, la scoria
inutile, il popolo dei poveri nel suo servo, affidandogli un compito inaudito, la
missione di portare la salvezza fino all’estremità della terra (in Is 41,1-20 e
negli altri dieci canti del Servo di YHWH: Is 42,1-9, 42,18-25; 43,1-21;44,1-8;
44,21-28; 45,1-7; 48,12-22; 49,1-7; 50,4-11; 52,12-53,12).
Queste novità teologiche erano così sconvolgenti che nei secoli successivi solo un
gruppo minoritario riuscì ad alimentarle: fu il gruppo dei poveri di YHWH”.
(tratto da Piccola guida alla Bibbia di S. Gallazzi)
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MEMORIA del sedicesimo incontro: 18 aprile 2013
Incontro con don Italo: il Deutero Isaia
 Accoglienza
 Preghiera: Is 40,1-31 consolazione per il popolo
Introduzione
Prima di iniziare, Don Italo ci consegna alcuni schemi che
riassumono in modo molto chiaro la storia del popolo d’Israele e di Giuda
dall’VIII al IV secolo a.C., i profeti dei vari periodi e una relazione
dettagliata sul Deutero Isaia.
Don Italo ci introduce al Deutero o Secondo Isaia con il capitolo 40
che leggiamo insieme. E’ uno dei testi più belli di tutta la Bibbia, inizia
con queste parole: “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio”.
Seguendo poi gli schemi, Don Italo ci parla, partendo dall’VIII secolo, dei
re d’Israele e di Giuda e dei profeti attinenti a quel periodo. Tra questi ci
sono il Proto o Primo Isaia che opera in Giuda dal 740 al 701 a.C., Michea,
contemporaneo di Isaia mentre per il regno di Israele, Amos e Osea.
Don Italo ci ricorda i tre re più significativi di tutto Israele: Saul, Davide e
Salomone (1030-931 a.C.), si sono poi susseguiti altri re e giudici.
Ripercorrendo le vicende dell’VIII secolo, Don Italo illustra come in
quel periodo il popolo d’Israele stia vivendo un momento molto difficile e
doloroso. L’Assiria, una potenza in espansione, sta per invadere il suo
territorio. Israele si allea con Damasco e insieme muovono guerra ad Acaz,
re di Giuda, per costringerlo a unirsi a loro, ma questi stringe alleanza con
l’Assiria: è la guerra Siro-efraimita (734-732 a.C.). Israele perde parte del
suo territorio e Giuda diventa vassallo dell’Assiria. Nel 722 l’Assiria
conquista anche Samaria e gli abitanti vengono deportati a Ninive. E’ la
fine del regno di Israele.
Continuando a seguire lo schema incontriamo i re di Giuda: Ezechia,
Manasse e Giosia (VIII e VII secolo). Giuda riprende forza mentre l’Assiria
la perde.
Nel 597a.C. avanza la nuova potenza babilonese che sconfigge
l’Assiria; con l’assedio di Gerusalemme, il re di Giuda Ioiachim viene
deportato a Babilonia insieme alla sua corte, alla classe dirigente e alle
persone più importanti. Non avendo più i capi, il popolo si disperde.
Nel 587 a.C. avviene la seconda deportazione con grande sofferenza
per il popolo, sia per gli esiliati, sia per coloro che rimangono, sappiamo
infatti che non tutti gli abitanti di Giuda vengono deportati.
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Nel 582 terza deportazione.
Osservando gli schemi vediamo in progressione, i profeti di questo periodo
storico: Sofonia, Geremia, Naum, Abacuc, Ezechiele, Abdia e il Deutero
Isaia (cap.40-55).
Nel 550 a.C. avanza Ciro, il re persiano, nel 539 riesce a conquistare e
a distruggere Babilonia, nel 538 emette un editto con il quale permette agli
ebrei di tornare nella loro patria ponendo fine all’esilio babilonese.
Durante il periodo persiano Zorobabele ricostruisce il tempio, Esdra
e Neemia tentano di riorganizzare il regno di Giuda. I profeti di quel
periodo sono: Aggeo, Zaccaria, il Trito o Terzo Isaia (cap. 56-66),
Malachia, Gioele e Giona.
Inizierà poi il periodo ellenistico (322 a.C.), infine l’impero romano
che ci avvicina al Nuovo Testamento.
Don Italo ci ricorda che la Bibbia nasce da papiri, frammenti raccolti
da varie parti e rimessi insieme; questa ricomposizione è durata secoli,
frutto di un lavoro immenso e inimmaginabile.
Ecco perché ci può capitare di trovare nel Proto Isaia (VIII secolo) alcuni
frammenti nei cap. 24-27 che fanno riferimento ai testi di Esdra e Neemia
(V secolo). Anche molte discordanze che scopriamo nei Vangeli sono
dovute a queste ricomposizioni. Le notizie storiche nella Bibbia non
sempre sono attendibili.
Deutero Isaia = Secondo Isaia, ci richiama al libro del Deuteronomio =
Seconda legge.
A distanza di circa 150 anni dal Proto Isaia, probabilmente un gruppo di
discepoli del profeta, scrive il Deutero Isaia.
La storia d’Israele è segnata dall’idolatria: il popolo promette di
osservare la Legge di Dio, non riesce a mantenere la promessa, diventa
infedele, si pente, chiede perdono, ritorna a Dio ma poi ricomincia a
peccare.
Dio però è più grande di tutte le nostre infedeltà, trasforma la maledizione
in benedizione.
Noi siamo fragilissimi ma la potenza di Dio è sempre superiore. Dio si
dimentica delle nostre colpe e ci salva con la sua grazia.
Durante l’esilio il profeta Geremia è rimasto in Giuda; girando tra le
rovine di Gerusalemme si chiede, con il popolo: “Ma dov’è il nostro Dio?”
Da questa esperienza scaturiscono “Le lamentazioni” che sono tra i canti
67
più tragici e dolorosi dell’Antico Testamento: sembra tutto finito, non c’è
più nessuna speranza.
Il profeta Ezechiele invece è deportato in Babilonia con il primo
gruppo.
I profeti annunciano dei fatti, parlano in nome di Dio, ricordano al
popolo la Sua Parola.
Il Deutero Isaia fa un parallelo con la creazione iniziale: il profeta infonde
la speranza nel popolo, quello che racconta è una nuova creazione. Ritorna
la forza creatrice di Dio.
“Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio
una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Is 43,18-19”
Don Italo, ripercorrendo il testo del Deutero Isaia, ci invita a leggere
i “quattro canti del servo”:
il servo citato può rappresentare diverse figure.
Nel primo canto potrebbe essere Ciro, il re persiano considerato il braccio
di Dio per liberare il suo popolo; negli altri canti si pensa sia il popolo
d’Israele o lo stesso profeta.
Ci soffermiamo sul “quarto canto del servo sofferente” dove viene
descritto come attraverso la sofferenza si arrivi alla luce: il servo diventa
lui stesso luce che dona salvezza e vita.
La redenzione dell’uomo passa attraverso la sofferenza.
I nostri interventi sull’esposizione di don Italo sono stati orientati alla
persona del servo sofferente:
 Il quarto canto è un forte richiamo per noi. Dio è vicino al suo servo
perché dedica la sua vita per una giusta causa, la sua esperienza non
è solo sofferenza ma sacrificio.
Il servo può essere ciascuno di noi, dobbiamo dare un senso al dolore
che viviamo.
 A volte è molto difficile vedere la sofferenza in termini positivi,
quando ci sono situazioni molto pesanti spesso non si riesce.
 Rassegnazioni, disfattismi, inattività non sono del servo del Signore.
Nella vita possiamo attraversare momenti molto dolorosi, ma restare
in fondo alla valle a piangere non ci aiuta ad essere testimoni della
Resurrezione.
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Un cristianesimo triste e dolente non appassiona: quando ci sentiamo
oppressi da una croce, la fede ci invita a rivolgerci al Signore che ci
rialza e ci consola.
Nei momenti più tristi facciamo fatica a sentire la solidarietà degli
altri. Ciascuno ha un carico di sofferenze personali e pensa di averne
già abbastanza, invece è importante riuscire a condividere i nostri
dolori con gli altri, stare insieme produce vera consolazione per chi
la riceve, ma anche per chi la dà.
Chi non ha vissuto una forte esperienza di dolore non riesce a capire
la sofferenza degli altri, fino a quando non la vive personalmente.
Nelle comunità cristiane, la sofferenza diventa riscatto se la si
condivide: “portate i pesi gli uni degli altri”, però spesso si ha paura
di avvicinarsi al dolore.
Che cosa dire alle persone che sono così scoraggiate per la perdita
del lavoro fino al punto di togliersi la vita? In questi ultimi anni ci
sono tante famiglie che sono nella disperazione, non hanno più
certezze.
La sofferenza è a livello universale, riprendiamo solo gli ultimi
avvenimenti: a Boston, nel Texas, in Corea. C’è un fermento che
veramente non si sa dove ci porterà. Queste cose ci spaventano
moltissimo, forse perché lasciamo fuori Dio dalla nostra storia.
La comunicazione, TV, giornali, ci presentano tutto il negativo e solo
quello!
Iniziamo noi a desiderare e a cercare con forza un cambiamento, certi
che questo potrà avvenire, così si riaccenderà la speranza per un
futuro migliore.
Concludiamo l’incontro affidando a Dio Padre le nostre situazioni
recitando il Padre Nostro.
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MEMORIA del 9 maggio 2013
Incontro di condivisione e verifica
 Accoglienza
 Preghiera: Lc 1,46-55 Il Magnificat
In un clima gioioso, con tanti bei fiori primaverili che rallegrano i
nostri tavoli, iniziamo l’incontro con il canto “Vi darò un cuore nuovo,
metterò dentro di voi uno Spirito nuovo” che ci richiama il Profeta
Ezechiele (Ez 36,26-27) e la vicina festa di Pentecoste.
Rileggiamo anche le parole di San Paolo nella prima lettera ai
Tessalonicesi; sembrano scritte per noi oggi, ci siamo riconosciute in
queste parole per il percorso che stiamo facendo con convinzione, per
l’amicizia che si è creata fra noi nella fede, per il ricordo vicendevole e per
la speranza che Gesù ci dona.
“Rendiamo sempre grazie a Dio per tutte noi, ricordandoci a
vicenda nelle nostre preghiere e tenendo continuamente
presente l'operosità della nostra fede, la fatica della nostra
carità e la fermezza della nostra speranza nel Signore nostro
Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene che
siamo state scelte da lui. Il Vangelo, infatti, non si diffuse fra
noi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza
dello Spirito Santo e con profonda convinzione” 1Ts 1,2-4.
Preghiera: Lc 1,46-55 Il Magnificat
Pregando “Il Magnificat” affidiamo alla protezione di Maria le nostre
amiche assenti, tutte noi e con lei diciamo: “Grandi cose ha fatto in me
l’Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua
misericordia si stende su quelli che lo temono” (vv.49-50).
Premessa
Prima di iniziare la condivisione abbiamo voluto ricordare Paulo
Freire (1921-1997) famoso pedagogista brasiliano che afferma che
l’esperienza di ciascuna persona è importante qualunque sia la sua classe
sociale e la sua cultura.
A questo proposito abbiamo letto una storiella yiddish che Moni Ovadia
cita nel suo libro “Madre Dignità”: “Tevye, un povero lattivendolo ama
riportare frasi della Torah e del Talmud sbagliandole. Un giorno dopo
70
una citazione sbagliata, mentre in una piazza vende i suoi prodotti, viene
corretto da un ebreo, Tevye gli dà ragione ma il figlio di un rabbino lo
contesta dando un’altra versione, il lattivendolo dà ragione anche a lui ed
ecco un mendicante controbatte dicendo: ‘Tevye o ha ragione lui o ha
ragione lui!’ Tevye non si scompone e dà ragione anche al saggio
mendicante”.
Ovadia commenta così la storiella: Tevye, dà ragione a tutti perché
non vuole escludere nessuno. E’ un appassionato dell’inclusione, vuole
coinvolgere tutti; per lui è più importante partecipare che vincere.
La condivisione è davvero importante! Non c’è nessuna persona che
non possa comunicare le proprie esperienze agli altri: bisogna liberare la
parola che è dentro di noi.
È ormai da diversi anni che ci impegniamo per approfondire e
conoscere la Bibbia e quindi è indispensabile condividere e comunicare la
nostra esperienza agli altri; è fondamentale dare quello che uno ha, anche
se a noi sembra di non essere all’altezza e di non saperne abbastanza.
Condivisione del cammino percorso - eventuali difficoltà
 Luisa: mi piace molto frequentare il gruppo, seguo con attenzione e
interesse tutto quello che facciamo, ma la difficoltà è che poi mi sembra
di non ricordare nulla.
 Alcuni consigli: rileggere i testi proposti magari puntualizzando una
frase, un versetto che sentiamo importante per noi in quel momento;
non dobbiamo scoraggiarci perché il seme gettato non muore ma poi dà
frutti. Ricordiamo un vecchio detto: quando si butta un secchio d’acqua
sul muro, sembra che cada tutta ma non è vero, il muro in parte la
assorbe.
 Laura: da quando mi sono avvicinata alla Bibbia, qualcosa nella mia
vita è cambiato. Vivo sola e la Bibbia ha colmato un vuoto, la tengo
sempre aperta sulla credenza in cucina, anche se non la leggo tutti i
giorni, è sempre lì a portata di mano e, in un momento di tristezza o di
malinconia, è come avere vicino un’amica, leggo un testo, prego un
salmo e ho la sensazione di non essere più sola. Per la mia preghiera ora
uso quasi sempre la Bibbia.
 Ivana: questo libro prende vita, fa parte della nostra vita. E’ un libro
vivo perché abbiamo conosciuto un metodo di lettura che ce lo fa
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
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comprendere, grazie allo straordinario lavoro che stiamo facendo in
questo gruppo ormai da cinque anni.
Regina e Fosca: da quando frequentiamo il gruppo, troviamo molto più
facile comprendere le letture della Messa.
Nadia: con Lidia Maggi abbiamo approfondito il profeta Ezechiele, ci
ha dato una chiave di lettura interessante: Ezechiele ha paragonato la
città di Gerusalemme alla sposa amata. Avendo già analizzato questo
profeta nel gruppo, siamo state in grado di cogliere tante sottigliezze e
sfumature importanti.
Mgiulia: il nostro metodo di lettura parte dai poveri ed è uno dei diversi
modi di leggere e interpretare la Bibbia. Ci sono altre chiavi di lettura
ed è importante non escluderne nessuna perché ciascuna ha un pezzetto
di verità, anche se ci sembra lontana dalla nostra interpretazione.
Nadia: la Bibbia, letta con costanza, si ‘svela’ e la mente si apre. Con
l’approfondimento, molte cose hanno un nuovo senso, è come imparare
una lingua nuova. La lettura della Bibbia è stata permessa dalla Chiesa
solo dopo il Concilio, prima alcuni brani dell’Antico Testamento, per
esempio il Cantico dei Cantici, non venivano letti perché potevano
creare scandalo in un contesto non preparato; mentre con l’evoluzione
che c’è stata nelle famiglie e nel pensiero umano in generale, molti si
sono avvicinati a questo libro che è il più letto nel mondo.
Gianna: voglio ricordare alcuni pensieri di Lidia Maggi che mi hanno
colpito. Il popolo in esilio, riconosce di avere peccato, grida a Dio e
chiede la liberazione, il profeta Ezechiele mette delle condizioni:
domanda al popolo di rivedere la propria storia, di prendere coscienza
delle colpe commesse, di quello che doveva fare e non ha fatto per
mantenere l’alleanza con Dio, gli chiede di assumersi le proprie
responsabilità. Il profeta si fa carico del destino del popolo, lo invita a
convertirsi per ottenere la liberazione: ‘convertiti e Dio ti libererà’. La
salvezza, è collettiva, di tutto il popolo, non solo individuale; anche nel
Nuovo Testamento la resurrezione viene raccontata come un’esperienza
comunitaria: lo Spirito Santo si manifesta quando i discepoli stanno
pregando tutti insieme, è lì che opera.
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La Chiesa cattolica ha continuato la sua missione con il magistero, i
protestanti solo con la Bibbia.
La separazione tra cattolici e protestanti parte da Martin Lutero,
tedesco, agostiniano del XVI secolo, sacerdote e dottore in teologia.
Lutero si oppone con fermezza ad alcune iniziative della Chiesa
cattolica del tempo, invitato a ritrattare le proprie posizioni, si ribella e
viene scomunicato. In seguito i protestanti si divideranno in varie
denominazioni.
 Luisa: in un momento d’immenso dolore, mio marito gravemente
malato stava per lasciarci, ho aperto la Bibbia che tenevo sempre sul
comodino ed è uscito un brano del Qoelet al capitolo tre: “Per ogni
cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere e uno per morire ….” Dopo aver letto questo
testo, inspiegabilmente, mi sono sentita tranquilla, rasserenata, liberata
da un peso, mio marito è mancato la notte stessa.
 Mgiulia: La Parola è profetica quando diventa vita per noi, quando dà
un significato al nostro dolore, alle nostre azione o alle decisioni che
prendiamo.
Terminiamo pregando il Padre Nostro.
◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍◍
Il 30 maggio 2013 abbiamo festeggiato la conclusione del nostro
cammino, con il desiderio e la promessa di ritrovarci a settembre,
pronte per continuare lo studio biblico.
Il tema del prossimo anno sarà:
“La profezia dopo l’esilio”,
Confidiamo nell’aiuto e nell’amore del Signore perché:
“La sua fedeltà dura per sempre,
per questo lo lodiamo e cantiamo la sua lode”.
Gruppo biblico delle donne del giovedì mattina
Parrocchia di San Vito Martire Lentate sul Seveso
24 giugno 2013
Natività di San Giovanni Battista
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INSEGNACI SIGNORE
Insegnaci, Signore, a sostenere il tuo
silenzio,
quando l’ombra s’addensa
e il fuoco si spegne.
Insegnaci a consumare l’attesa,
per far sbocciare l’alba che ci aspetta.
Insegnaci ad ascoltarti,
tu che affiori sulle nostre labbra quando
preghiamo.
Insegnaci a parlarti:
il fuoco sia sulla nostra lingua davanti alla
notte.
Insegnaci Signore a chiamarti Padre nostro:
una preghiera che ha il sapore del pane,
una preghiera che sia la nostra casa.
Pierre Emmanuel (1916-1984)
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Una preghiera di Papa Francesco, di una quindicina di anni fa quando
era vescovo a Buenos Aires.
Preghiera per ogni dito della mano
 Il pollice è il dito a te più vicino.
Comincia quindi col pregare per coloro che ti sono più vicini. Sono
le persone di cui ci ricordiamo più facilmente. Pregare per i nostri
cari è "un dolce obbligo".
 Il dito successivo è l'indice.
Prega per coloro che insegnano, educano e curano. Questa
categoria comprende maestri, professori, medici e sacerdoti.
Hanno bisogno di sostegno e saggezza per indicare agli altri la
giusta direzione. Ricordali sempre nelle tue preghiere.
 Il dito successivo è il più alto.
Ci ricorda i nostri governanti. Prega per il presidente, i
parlamentari, gli imprenditori e i dirigenti. Sono le persone che
gestiscono il destino della nostra patria e guidano l'opinione
pubblica... Hanno bisogno della guida di Dio.
 Il quarto dito è l'anulare.
Lascerà molti sorpresi, ma è questo il nostro dito più debole, come
può confermare qualsiasi insegnante di pianoforte. È lì per
ricordarci di pregare per i più deboli, per chi ha sfide da affrontare,
per i malati. Hanno bisogno delle tue preghiere di giorno e di
notte. Le preghiere per loro non saranno mai troppe. Ed è li per
invitarci a pregare anche per le coppie sposate.
 E per ultimo arriva il nostro dito mignolo, il più piccolo di tutti,
come piccoli dobbiamo sentirci noi di fronte a Dio e al prossimo.
Come dice la Bibbia, "gli ultimi saranno i primi". Il dito mignolo ti
ricorda di pregare per te stesso... Dopo che avrai pregato per tutti
gli altri, sarà allora che potrai capire meglio quali sono le tue
necessità guardandole dalla giusta prospettiva.
75
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l`esilio e il ritorno - La Parola nella Vita