IL DIRITTO DEL BAMBINO ALLA TENEREZZA,
di MARIA RITA CASTELLANI, EDB
3° STEP
- Primo capitolo
UNO SCRIGNO DI TENEREZZA
3. La tenerezza coniugale: primo modello dell’amore (sunto delle
pagg. 45-49 parte)
Partendo dalle caratteristiche peculiari della madre, del padre e dal loro modo di mettersi
in relazione, il piccolo conosce anche se stesso e il mondo che lo circonda. Con il passare
del tempo il bambino imparerà a pensare secondo i parametri della logica comune:
acquisirà i primi rudimenti del linguaggio familiare, assumerà un comportamento regolato
da leggi e proverà i sentimenti propri della cultura i cui vive1. Con il suo essere insieme la
coppia testimonia che amarsi è sempre possibile, anche nelle oggettive diversità sessuali e
di personalità2 e dimostra che l’amore, come offerta di se stessi, è la sola dimensione ad
appagare interamente l’uomo3 (…). Si tratta di un amore coniugale bilaterale che conserva
1
Pertanto, è lecito sottolineare quanto il concetto di uomo sia fortemente legato a quello di educazione e come questa
incida sulla personalità futura di ogni individuo. L’educazione ha inizio con la socializzazione del linguaggio,
dell’intelligenza, dei comportamenti e dei sentimenti, ma si sviluppa esaustivamente solo in un autentico rapporto di
tenerezza, nella dimensione del “dare” e del “ricevere”, in cui i figli: “imparano ad amare in quanto sono amati
gratuitamente, imparano il rispetto di ogni altra persona in quanto sono rispettati, imparano a conoscere Dio in quanto
ne ricevono la prima rivelazione da un padre e da una madre pieni di attenzione. Ogni volta che vengono a mancare
queste esperienze fondanti, è l’insieme della società che soffre violenza e diventa, a sua volta, generatrice di molteplici
violenze” (CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla
collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 13; EV 22/2820).
2
MIA NOTA, NECESSARIA, DI CORREZIONE. La parte sottolineata testuale è caratteriali,. Tale attribuzione è, ad
uno sguardo oggettivo, limitativa, spuria, monca insomma delle diversità reali richiamate, perché il carattere è solo
parte della personalità (vi è contenuto), come ebbi modo già anni fa di delineare con Francesco, nostro attuale
Assistente spirituale dell’Intercomunione. Caratteriale: pertinente al carattere. Carattere: il complesso delle doti e
delle disposizioni (specialmente naturali) che contraddistinguono un gruppo o un individuo: i c. comuni di un gruppo di
lingue; i principali c. della poesia dantesca; particolarmente, il complesso delle qualità spirituali di un individuo che lo
contraddistinguono nei rapporti col prossimo: un c. mite, un c. d’oro, un brutto c., un caratteraccio, un c. impossibile; in
psicologia, l ‘insieme delle disposizioni psichiche proprie di un individuo e dei suoi tipici modi di reagire e di
comportarsi. Personalità: l’ambito relativo alle pertinenze strettamente individuali, specialmente in quanto capaci di
costituire o conferire motivo di integrità o distinzione (specialmente dal punto di vista giuridico o sul piano dei rapporti
sociali): i diritti della p.; quella ragazza manca di p.; l’individualità della singola coscienza, in quanto sussistente
separatamente da ogni altra; da: G. Devoto, G. C. Oli, VOCABOLARIO ILLUSTRATO DELLA LINGUA
ITALIANA, SELEZIONE DAL READER’S DIGEST). Ho ritenuto per questo essenziale procedere alla correzione di
caratteriali con di personalità. La conferma della correttezza di quanto ho operato si ha nell’estratto da p. R.
Cantalamessa alla stessa pag. 46, nota 17, del testo della Castellani, dove si afferma che (…) “Marito e moglie sono
infatti una carne (mia precisazione: corpo + mente, secondo quanto ha sempre precisato Raimondo rifacendosi al
linguaggio biblico) sola, un cuore solo, un’anima sola, pur nella diversità di sesso e di personalità (…)”.
3
MIA NOTA, NECESSARIA, DI CORREZIONE. Raimondo, in tema di amore umano, rifacendosi alla logica, che
può cogliere la legge naturale, imprescindibile, rifacendosi al racconto della creazione dell’uomo nella Genesi e al
Magistero della Chiesa cattolica che insieme confermano la prima, ha sempre correttamente affermato che l’amore del
singolo uomo che procede verso la propria purificazione dopo gli effetti del peccato originale, dei peccati successivi
dell’umanità su di lui influenti (che si accumuleranno, come effetti, anche di fronte al riscatto operato dai santi e dai
santi martiri in particolare, fino alla fine della storia) e dei peccati commessi individualmente anche se rimessi con la
Riconciliazione, è un amore finito, non infinito. Anche quando l’amore umano elevato dalla Grazia divina giunge,
lungo il cammino della vita terrena, a momenti di purezza completa o ad uno stato permanente tale, come quello dei
santi canonizzati (quindi non solamente santi nel senso di salvati, per l’impegno profuso verso la pratica del bene e la
fuga dal male), essendo l’uomo stato creato ad immagine e somiglianza, non uguaglianza di Dio, è, a differenza di
quest’ultimo, un essere limitato, come l’amore anche più sublime che può compiere (questa è la corretta esegesi di
“immagine e somiglianza”, come anch’io ho potuto imparare nel primo corso di Teologia all’Università Cattolica e
ascoltando e leggendo dai papi operanti negli ultimi 25 anni circa - ne ho 43 mentre scrivo; ma soprattutto
sperimentandolo, collaborando con lo Spirito Santo, più volte). Più avanti l’autrice scrive di amore infinito che si può
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le caratteristiche trinitarie della comunione (padre, madre, bambino) ed è molto diverso da
quello unilaterale che si riceve dal genitore che non ama il coniuge. Sono principalmente i
genitori che si amano tra di loro quelli che consegnano ai figli le nozioni “razionali”
dell’amore4. Ogni persona è per natura un essere sociale, cioè fatto per vivere dentro una
relazione, e tuttavia il saper amare, ovvero sia il sapersi donare all’altro/a senza perdersi
in esso/a che il dominarlo/a, è il risultato di un lungo percorso d’integrazione e di crescita
(…).
TERZO PRINCIPIO (pag. 47 parte). Ogni bambino ha diritto di essere amato
da un padre e da una madre che si amano tra loro.
CONFRONTO DI COPPIA (pag. 48-49).
a) Sei consapevole che il maggior bene per i figli derivi dall’amore reciproco
di mamma e papà? Come vivi questa realtà nella tua esperienza di
marito/moglie? Racconta.
b) Per imparare ad amare c’è bisogno di qualcuno che ci ami! Cosa ritieni
più importante trasmettere a tuo/a figlio/a riguardo all’amore?
c) Cosa sei disposto a sacrificare della tua vita per amore di tua
moglie/marito?
d) Gli sposi che si amano assumono l’immagine di Dio in terra. Cosa suscita
dentro di te questo accostamento concettuale della Trinità con la famiglia?
4. Alla scoperta della propria identità come esseri di tenerezza
(sunto delle pagg. 49 parte-52 parte)
L’antropologia cristiana definisce l’uomo come un essere d’amore creato a immagine e
somiglianza di Dio e dunque, essendo creatura, capace di arrivare ad un amore puro, ossia
gratuito, come quello di Dio, sebbene finito, limitato, non infinito come quello del suo
creatore (Mia nota: ecco come va formulata correttamente la frase antecedente rispetto a
quanto riportato nel testo della Castellani alla luce di quanto anticipato, essendocene già
l’occasione in base a quanto scritto dalla scrittrice, alla nota 3) (…). L’esistenza dell’uomo
discende dall’amore di Dio. In altre parole, noi esistiamo perché siamo amati da Dio (…). E’
per questa ragione che l’amore è lo scopo della nostra vita; e tuttavia non è nel ricevere,
ma nel donare amore che troviamo la nostra più vera realizzazione. Inoltre, per
poter donare eterno amore, la creatura necessita di amore eterno, di Dio-Trinità sorgente
inesauribile di tenerezza condivisa5. La dimensione antropologica non può essere separata
da quella teologica; saper amare è certamente una conquista dell’intelligenza e della
volontà ma, per chi ne fa l’esperienza, è soprattutto il frutto di un’affettività risanata6,
realizzare nella vita terrena, deificando, penso proprio involontariamente, l’uomo. Raimondo, facendo notare che
proprio perché in questa vita transitoria, secondo il progetto che Dio ha voluto nel nostro intimo (sete di amore infinito,
ossia sete di Lui) che possiamo volere seguire, raggiungiamo sempre e comunque un amore finito, anche nei momenti
migliori rimaniamo soddisfatti fino ad un certo punto, che ci lascia bisognosi di dare e ricevere più amore, sempre
protesi ad estendere il limite insito nella nostra chiamata a relazionarci pienamente con un Dio-Amore infinito.
4
Lo stesso concetto di Dio-famiglia, ovvero Dio come Trinità d’amore, sembra risultare meno accessibile a chi non ha
ricevuto il modello della tenerezza coniugale dai propri genitori; questa categoria mentale si forma, prevalentemente,
attraverso l’esperienza della comunione tra le persone. La famiglia perciò è fatta per essere immagine di Dio in terra e
per riflettere quella stessa bellezza divina. (…) Questo è il motivo per cui tutti i coniugi cristiani hanno un compito
esclusivo davanti all’umanità e non solo nei confronti dei figli (…).
5
“Vero amore, tuttavia, non c’è senza la consapevolezza che Dio è vero amore - e che l’uomo è l’unica creatura in
terra chiamata da Dio all’esistenza “per se stessa”. L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio non può
“ritrovarsi pienamente” se non attraverso il dono sincero di sé. Senza un tale concettosi uomo, della persona e della
“comunione di persone” nella famiglia non ci può essere la civiltà dell’amore; reciprocamente, senza la civiltà
dell’amore è impossibile un tale concetto di persona e di comunione di persone”; Giovanni Paolo II, Lettera alle
famiglie, n. 13,: EV 14/229.
6
Nel suo primo libretto di una serie di cinque pro-manuscripto, dedicato alla conoscenza di se stessi (Titolo: Io e la mia
persona), Francesco, il nostro Assistente spirituale per l’Intercomunione, con una breve nota avverte che dopo anni di
incontri con un numero significativo di persone può affermare quanto segue. Le persone con grandi carenze/ferite e
quindi sofferenze affettive, spesso subconscie, che si affacciano o rientrano nella età considerata matura sono di una
percentuale che, una volta letta, deve mobilitare innanzitutto a revisionare se stessi: si va dal 95 al 99 % a seconda dei
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ovvero rigenerata dal sangue del redentore. La natura umana, infatti, si trova come in una
condizione di infermità, di limitatezza, come atrofizzata nelle sue più nobili capacità e
oltremodo disorientata a causa del peccato. Essa anela all’amore puro e gratuito,
disinteressato ma, di fatto, essa fatica a donare se stessa. L’amore umano non è quasi mai
veramente disinteressato e spesso viene confuso con il sentimento e il trasporto emotivo.
In conclusione, seppure esseri capaci d’amore puro7 ovvero destinati alla convivenza e alla
tenerezza reciproca, l’uomo e la donna sono esseri limitati ed egoisti: c’è in loro il desiderio
d’amore, ma non la capacità di donarlo con le sole forze umane8. La sessualità (che (…) è
(…) tutto ciò che è tipicamente maschile o femminile) è il modo proprio di relazionarsi
della persona. Mettendosi uno/a di fronte all’altra/o, l’uomo e la donna si riconoscono
“reciprocamente” e riescono a realizzarsi nelle rispettive differenze, attraverso l’accoglienza
vicendevole e lo scambio delle (mia aggiunta, necessaria: differenti e complementari)
tenerezze9. (…) L’identità personale, ovvero la consapevolezza del sé (di quello che si è),
non si può scegliere in modo arbitrario, si può solo accogliere; e tale accoglienza diviene
possibile e positiva in un rapporto di amore fatto di tenerezze ricevute, date e condivise.
QUARTO PRINCIPIO (pag. 52 parte). Ogni bambino ha diritto di essere
accolto per quello che è, con la sua propria identità e il suo fine trascendente.
gruppi considerati a scopo di studio e di intervento sempre più efficace verso chi accetta di essere aiutato, lo chiede
spesso dopo aver ascoltato qualche catechesi in merito. Per poter offrire itinerari di guarigione seguiti da persone
veramente risanate, uomini di Dio, liberi, guariti interiormente. Il cammino di guarigione può durare anche alcuni anni e
avviene con introspezione e preghiera, successivo affioramento e scomparsa del dolore prima nascosto, spesso
attraverso somatizzazioni (indicano il passaggio del dolore dalle profondità dell’essere e della psiche al corpo e che da
questo escono, come evaporando; nulla rimane). Questa guarigione, mi predisse Francesco, lo testimonio dopo oltre
vent’anni dall’avvio (mentre scrivo ne ho ancora 43, fino al 30 aprile, giorno di ricorrenza per Raimondo), si ripete, con
intensità e durata decrescenti, circa ogni dieci anni, come ua riarmatura meno intensa essendo già avvenuto lo scasso
iniziale. Tutto questo è doloroso ma così motivante e appagante nel medio-lungo periodo, almeno per la mia esperienza,
vissuta seguito proprio da Francesco al primo passaggio (terminato il quale mi disse che per i passaggi successivi
potevo arrangiarmi). Francesco denota la scarsa propensione delle ultime generazioni, figlie della secolarizzazione e
della ridotta capacità e abitudine, peraltro recuperabili pagandone il prezzo, al sacrificio, ad avviarsi su questa via. Via
comunque assai meno dolorosa di quella del Purgatorio, dal momento che le carenze/ferite non colmate/sanate spingono
molto di più al peccato, spesso non consapevole ma comunque causa di danno ulteriore da riparare nell’altra vita se non
ci si è dannati. Tali carenze/ferite procurano molta più dolorosa purificazione dopo la morte se tenute lì come sono
anche affidando la propria vita terrena a Gesù Cristo senza partecipare alla sua passione. L’aveva così ben capito
Francesco d’Assisi quando gridava alla folla, come ricordò padre Cantalamessa ad una Convocazione nazionale del
Rinnovamento nello Spirito Santo: “Tanto è quello che mi aspetto che ogni pena mi è diletto!”.
7
Ecco la correzione motivata alla nota 3 e introdotta alla nota 5.
8
Mia nota, confermativa, tratta da San Paolo Apostolo in un suo scritto, quando dice: “Il bene che voglio, non faccio, il
male che non voglio, faccio”. Questa è la situazione dominante nell’uomo che non è sostenuto, aiutato dallo Spirito
Santo, consapevolmente o meno. E anche il cammino con lo Spirito Santo è fatto, almeno in un primo periodo, anche di
cadute, con però la capacità di rialzarsi e proseguire meglio, aumentando l’impegno con la Grazia divina. Questi ultimi
devono agire insieme. Francesco, il nostro Assistente spirituale, dice spesso che “Dio non ci salva senza di noi”. Con
questo, la nostra parte non basterebbe mai a colmare la voragine che esiste tra Lui e noi e che ci vedrebbe, senza la Sua
Misericordia, ossia il Suo dono assolutamente gratuito e costante d’amore, eternamente separati. (Prosegue così la
Castellani, illustrando la realtà esistente: (s)pecialmente noi cristiani abbiamo bisogno di capire che amare non è solo un
bisogno ma una vocazione, e dove c’è una chiamata di Dio avviene sempre un intervento divino, cioè un’unzione dello
Spirito Santo, che ricolma il cuore di vero amore. L’essere umano creato maschio e femmina è stato voluto nella
diversità e pensato nella comunione. Nel racconto della creazione il tema dell’uomo immagine di Dio è fatto seguire
subito dal tema dell’uomo e della donna in relazione.
9
L’uomo diventa più maschio quando impara a relazionarsi con la donna e la donna diventa più femmina quando si
accosta alla sensibilità maschile. Pertanto si può affermare che prima ancora di generare un figlio, gli sposi si
generano reciprocamente: il marito genera la moglie e viceversa; il maschile incrementa il femminile e il femminile il
maschile. In sostanza non può esserci una sposa senza che ci sia lo sposo e soltanto dopo la nascita di un figlio vengono
al mondo i genitori: “Ma in ultima analisi ogni esser umano, uomo e donna, è destinato ad essere per l’altro.In tale
prospettiva ciò che si chiama femminilità/mascolinità è più di un semplice attributo del sesso femminile/maschile. La
parola femminile/maschile designa infatti la capacità fondamentalmente umana di vivere per l’altro/a e grazie
all’altro/a”; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla
collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, n. 14; EV 22/2822.
3°.step. M.R.Castellani.’Il.diritto.del.bambino.alla.tenerezza’, E.D.B., 2007, Pag. 3 di 7
CONFRONTO DI COPPIA (pag. 53-54).
a) L’amore di tua moglie/marito quanto e come ti ha cambiato come uomo/
donna? Racconta.
b) Durante la giornata sei abituato a pensare al tuo coniuge come a un dono?
Ritieni la sua presenza come qualcosa di scontato nella tua vita o sei
consapevole della sua preziosità? Fai qualche esempio.
c) Quante volte ringrazi esplicitamente il tuo coniuge? Mai - qualche volta ogni giorno. Se non lo fai perchè? Per cosa pensi di essergli più grato?
Racconta.
d) L’amore per tuo figlio/a come ti ha cambiato come uomo/donna? Fai
qualche esempio.
e) Quante volte ringrazi Dio per il dono dei figli? Mai - qualche volta - ogni
giorno. Se non lo fai perchè?
DINAMICA
Scrivi una lettera a tua/o moglie/marito ricordando i vostri momenti più belli e
ringraziandola/o della sua presenza nella tua vita.
5. La paura di contenere e di essere contenuti (sunto delle pagg. 55-57
parte)
La parola contenere è un termine che in psicologia indica la disposizione psichica
all’accoglienza. In parole più semplici “si contiene” tutto ciò che si accoglie nel cuore10. Tale
capacità mette la persona nella condizione di amare e di essere amata in maniera profonda,
aprendosi all’altro per condividerne la vita11. L’essere umano desidera intimamente l’unità
con le altre persone e, tuttavia, continua a conservare in se stesso una sorta di timore nei
riguardi del legame affettivo12. Imparare a riconoscer(e il disorientamento temporaneo)
per poterlo inquadrare in una sintesi progettuale rafforza l’autostima e l’identità
personale13.
10
Con la parola “cuore” non intendo riferirmi semplicemente alla sede dei sentimenti, ma a tutta la persona con i suoi
affetti, l’intelligenza e la volontà (mia nota: Raimondo intende invece con lo stesso termine i sinonimi spirito, anima).
11
L’accoglienza è dunque condizione preliminare dell’amore; (…) certifica il bisogno umano di “legarsi” non solo
formalmente, ma in maniera intima e stabile. Infatti dal modo in cui si contiene l’altro e si è contenuti prende forma il
tipo di legame affettivo e si prefigura l’identità d’appartenenza familiare e sociale.
12
La paura più comune è quella di essere messo in “trappola”, ovvero quella di sentirsi chiuso dentro ad un contenitore
soffocante, che toglie la libertà di sentire o agire in maniera autonoma e che non permette di essere se stessi. Si ha
timore, cioè, di non saper gestire liberamente le relazioni (quelle familiari in particolare) e che i legami affettivi possano
risultare, in qualche modo, restrittivi o morbosi e quindi nocivi. Non è quindi così scontato diventare una Matrioska,
ovvero una persona capace di accogliere l’altro in sé con un affetto profondo e libero. Normalmente la paura di essere
contenuti nasce dall’esperienza di un “cattivo” contenitore materno e/o paterno e alcuni disagi coniugali sono spesso
riconducibili a esperienze dolorose vissute nell’infanzia. Che lo vogliamo o no, le generazioni si influenzano
enormemente l’una con l’altra e molti sono i complessi nevrotici derivanti da traumi infantili riconducibili a
comportamenti tipici, quali ad esempio il “giovanilismo”, che è l’atteggiamento di chi fugge le responsabilità familiari,
o quello del “don Giovanni”, che è dominato dalla sensualità ossessiva verso più partner. Talvolta il bambino da
soddisfare e da servire all’interno della famiglia non è il figlio, ma il marito o la moglie, e questa consuetudine
comporta una destabilizzazione dei ruoli e degli affetti. Alcune persone rimangono “bambine” a livello psicologico:
mariti che cercano una moglie-mamma e donne che vivono la soggezione o l’opposizione nei confronti della figura
maschile invece della collaborazione paritaria. Purtroppo, queste realtà sono assai più comuni di quanto non si
immagini e, in parte, tutti quanti viviamo qualche conflitto infantile non perfettamente risolto. Ogni marito è un poco
“padre” della moglie e ogni moglie vive dei momenti nei quali assume il ruolo di “madre” nei confronti del marito; così
come, a volte, c’è una bambina-donna da proteggere e un bambino-umo da consolare. Questi modi di rapportarsisono
piuttosto comuni nelle coppie e scattano, più o meno inconsapevolmente, soprattutto nei momenti critici della vita,
come ad esempio nell’elaborazione di un lutto o di una malattia cronica, e nel caso di un’esperienza violenta o di
privazione, di trasferimento, nella quale si ha bisogno di un sostegno più forte da parte del proprio coniuge, come fosse,
appunto, un genitore. Questi momenti sono assai delicati dal punto di vista psicologico e, tuttavia, hanno la caratteristica
della transitorietà; sono fasi di passaggio nelle quali, gradatamente, i coniugi devono ritrovare una dimensione di
corrispondenza equivalente a livello relazionale.
13
In caso contrario, quando non si accettano le condizioni del cambiamento si vive una sorta di regressione mentale che
frena ogni processo di crescita. Si torna a vivere l’egocentrismo tipico dell’età infantile, caratterizzato da un forte
ripiegamento su di sé, dalla paura delle novità, dall’ansia per il futuro e soprattutto dal deterioramento delle relazioni,
3°.step. M.R.Castellani.’Il.diritto.del.bambino.alla.tenerezza’, E.D.B., 2007, Pag. 4 di 7
QUINTO PRINCIPIO (pag. 57 parte). Ogni bambino ha diritto di avere genitori
capaci di mettersi in relazione tra loro in una forma matura e responsabile.
CONFRONTO DI COPPIA (pag. 58-59 parte).
a) Ti senti felice di “contenere” tua/o moglie/marito, di accoglierla/o e
amarla/o così come essa/egli è, senza pretendere di cambiarla/o? Fai
qualche esempio.
b) Ti senti libero/a di “essere contenuto/a da tua/o moglie/marito o nutri il
timore di essere in qualche modo controllato/a da lei/lui? C’è qualcosa che
ti preoccupa o che ti fa paura del suo modo di amare? Da cosa può
dipendere tale paura?
c) Ti senti legato ai tuoi genitori da un affetto sereno e libero, o li temi ancora
come da bambino? Che tipo di legame credi di avere con loro? Quanto ti
condizionano le loro opinioni su di te e su quello che fai?
d) Riuscite come coppia a parlare serenamente dei rispettivi suoceri o
avvertite inquietudine nei loro riguardi? Da cosa può dipendere questa
difficoltà? Cosa vi renderebbe più sereni nei loro confronti?
e) Cosa sei disposto a cambiare del tuo modo di amare il tuo coniuge per
renderlo più sereno e felice?
DINAMICA
Scrivi tre qualità di tuo padre e tre di tua madre. Poi confronta le rispettive qualità e
differenze dell’uno e dell’altra. Se non riesci a trovare tre qualità, prova con due e, se non
riesci per nulla (che si tratti dell’uno o dell’altro dei genitori) chiediti qualipossono essere le
motivazioni di questa difficoltà.
6. La gelosia patologica: una catena invisibile (sunto delle pagg. 60-63
parte)
La gelosia è uno dei tratti caratteristici dell’amore sponsale che è, fondamentalmente, un amore di
desiderio14; è sempre un amore imperfetto che corre il rischio di deteriorarsi e di spegnersi. La
gelosia è il segno di questa fragilità affettiva tipicamente umana; è il timore misto a dolore che
emerge improvviso davanti al pericolo del raffreddamento affettivo o della fine di un rapporto 15
(…). L’amore umano è un amore di necessità e la gelosia che ne scaturisce risponde a un bisogno
personale. (…)16. Si può quindi parlare di una “gelosia leggera”che è naturale e latente in tutte le
creature, in quanto imperfette, ma esiste anche una gelosia patologica che è una vera e propria
aberrazione dell’amore (…). La gelosia, in questo caso, (…) è un’espressione (…) di paura e di
dominio: si teme cioè la perdita di quell’affetto che non si può controllare. E’ un falso amore che
che scadono, inevitabilmente, in legami di dipendenza e di gelosia. Nei casi più gravi i coniugi hanno serie difficoltà di
relazione: non riescono a contenersi o a lasciarsi contenere e, tanto meno, sono in grado di contrastare le difficoltà
ordinarie che si presentano nel rapporto, sicchè, dopo le prime delusioni, si scoraggiano e scelgono di tornare a vivere
con i genitori, figure rassicuranti ma “castranti”.
14
Non c’è innamorato/a che non provi una qualche forma di gelosia, più o meno intensa, più o meno manifesta, nei
confronti del proprio amore, soprattutto quando sente di perdere, su di esso, una certa esclusività (…). L’amore umano
non è mai totalmente libero dalla gelosia, mai totalmente disinteressato. Raimondo ha sempre definito l’amore sano tra
fidanzati, sebbene provvisorio, e quello sponsale, a differenza degli altri tipi di amore, un amore esigente.
15
Anche l’amore di Dio è un amore di desiderio e le Sacre Scritture parlano di un “Dio geloso” (Es 20,5; Dt 4,24; Ez 8,
3-5), che va continuamente alla ricerca dell’amore della sua creatura. Ma la sua gelosia non è come quella degli uomini:
si tratta infatti di un amore perfetto che non subisce il pericolo di raffreddarsi e non può non amare anche quando non è
amato (…). L’amore di Dio (…) è per grazia e quindi ne deriva una gelosia non personale, che non chiede niente per sé,
ma che mira ai bisogni più profondi dell’animo umano. Di fatto, Dio non ha bisogno dell’uomo per completarsi, perché
in lui tutto è compiuto e la sua gelosia è espressione dell’amore-dono che non aggiunge niente a Dio, ma che tuttavia
perfeziona la creatura e la realizza.
16
“Nell’uomo(, nella donna) la gelosia è indice di debolezza; l’uomo geloso, o la donna gelosa, teme per sé; ha paura
che un’altra persona, più “forte” di lui(/lei), possa portargli via il cuore della persona amata. Dio non teme per sé, ma
per la sua creatura; non per la sua debolezza, ma per la debolezza della sua creatura. Sa che, dandosi in braccio agli
idoli, essa si consegna alla menzogna e al nulla. L’idolatria, in tutte le sue forme, è il terribile rivale di Dio in tutta la
Bibbia; gli idoli sono i falsi “amanti”. La gelosia di Dio è segno di amore e di zelo, non d’imperfezione”; R.
Cantalamessa, La vita nella Signoria di Cristo, Ancora, Milano, 1991, pagg. 23-24.
3°.step. M.R.Castellani.’Il.diritto.del.bambino.alla.tenerezza’, E.D.B., 2007, Pag. 5 di 7
viene estorto con le ripicche e i ricatti e che dunque non è né libero né soddisfacente. La gelosia
morbosa trasforma i legami affettivi in legami di dipendenza, ovvero in rapporti di soggezione che
si subiscono in maniera inconscia e in cui, quindi, non può avvenire la scelta di un amore libero e
maturo17. Per concludere: la gelosia morbosa fomenta la divisione, nutre l’orgoglio, spinge alla
sfiducia, produce frustrazione, fa perdere di vista il vero bene della persona amata e non permette la
costruzione di un legame libero e soddisfacente. La relazione patologica è sinonimo di fragilità
affettiva, contrassegnata da disistima e da una certa dipendenza psicologica18. Non si può pensare di
prendere moglie o di prendere marito (…); il coniuge non si possiede, ma si accoglie per essere
servito19!”. Solo questo tipo di amore vince la gelosia e rende le persone veramente libere e felici!
SESTO PRINCIPIO (pag. 63 parte). I bambini non sono “oggetti” da
possedere, hanno pertanto il diritto di essere amati come “fine” e non come
“mezzo”.
CONFRONTO DI COPPIA (pag. 64-65).
a) Vivi i tuoi legami affettivi come fossero un tuo “possesso” o credi di vivere
le tue relazioni in piena libertà? Fai degli esempi.
b) Quando avverti una qualche forma di gelosia nei confronti del tuo
coniuge, cerchi di domandarti le ragioni di tale sentimento? Riesci a
condividere con lui/lei le tue paure o preferisci chiuderti in te stessa/o?
c) Credi che un amore libero e tenero non debba essere appesantito dalla
paura della gelosia? Cosa fai per vincere un tale sentimento?
d) Ti senti geloso nei confronti dei figli? Come e quando ti succede? Riesci a
capire da dove viene questa insicurezza? Come la combatti?
7. La tenerezza come scelta di fedeltà (sunto delle pagg. 67-72 parte)
Nella pratica clinica si ritiene comunemente accreditata la teoria secondo la quale ogni
persona vive contemporaneamente tre storie: la propria, quella del padre e quella della
madre (ereditate a loro volta dai nonni paterni e materni). La scelta del coniuge, pertanto,
non è mai un fatto casuale: risono molteplici motivazioni razionali e sentimentali che
spingono verso una persona anziché un’altra e soprattutto esiste una dimensione inconscia
particolarmente complessa (…) (individuale, familiare, collettiva), non certo meno
importante di quella cosciente20. Costruire vincoli d’amore sani, “contenuti21 e nello stesso
tempo emancipati non è un fatto scontato! Dobbiamo accettare l’idea che non si trovano al
mondo coppie perfette e nemmeno famiglie perfette! Non esistono persone compatibili e
17
In questi casi particolari, i figli adulti, anche dopo il matrimonio, rimangono fortemente condizionati da un rapporto
possessivo e totalizzante con uno o entrambi i genitori, non riuscendo ad attaccarsi affettivamente al proprio coniuge e
alla nuova famiglia. Questi vincoli “malati” sono retti da un attaccamento anomalo e soffocante che deve essere guarito
(tagliato) e sostituito da un nuovo rapporto più emancipato, dunque più sano. Ovviamente, non si rinnega l’affetto filiale
che è naturale e doveroso, ma solo quella dipendenza psicologica che non rende le persone libere di esprimersi
individualmente (…). A volte è necessario un distacco “fisico” dalla famiglia di origine che aiuti la giovane coppia a
ritrovarsi e a crescere come un’unica cellula familiare. Continuare a vivere nella stessa casa con i suoceri o mantenere
l’abitudine di mangiare insieme ai genitori, alla lunga, può rendere difficile l’attaccamento affettivo nei confronti del
proprio coniuge e condizionare negativamente il rapporto con i figli.
18
L’amore per una persona, fosse anche il proprio coniuge, non ci dà il diritto di possesso, ma solo di donazione e deve
avere le caratteristiche di un amore “libero” e “liberante”: un amore che “si dona” e non che “si arroga” diritti
sull’amore!
19
L’amore, quello vero, “è paziente, è premuroso, non è geloso, non si vanta e non si gonfia di orgoglio, ma è rispettoso
e non va in cerca del proprio interesse, non conosce la collera e dimentica i torti (1Cor 13,4-5).
20
“Nella scelta sentimentale si rivela la vera personalità: l’amore parte dalle profondità. Il fatto che molti si lamentino
della scelta fatta, come se fosse un episodio casuale, mostra invece che la scelta (del partner) è la manifestazione
profonda di parti di sé, di cui spesso non ci si vuole assumere la responsabilità. Le intuizioni non sono sbagliate, sono
legate alla propria storia, soprattutto alla storia familiare; il rapporto col genitore omologo, che è il punto di
riferimento per la costruzione dell’identità psicosessuale, col genitore dell’altro sesso, che è il “primo amore”, sono
fondamentali. E’ molto facile che ci siano delle ripetizioni e delle reattività rispetto al tipo di rapporto che hanno avuto
i nostri genitori; pure i nonni hanno la loro rilevanza”; G. Bassi - R. Zamburlin, I sentimenti nel rapporto di coppia,
San Paolo, Milano, 2001, pag. 29..
21
Con “legami contenuti” intendo riferirmi a tutte le relazioni affettive profonde ma libere da dipendenze psichiche.
3°.step. M.R.Castellani.’Il.diritto.del.bambino.alla.tenerezza’, E.D.B., 2007, Pag. 6 di 7
altre incompatibili: il legame coniugale, anche quello apparentemente più stabile, può
andare in crisi; l’importante è cercare di vivere ogni momento di difficoltà come un
passaggio positivo di crescita, non di rottura. Le crisi sono realtà assolutamente
fisiologiche in ogni rapporto affettivo e pertanto non devono spaventare (…). Ogni
crisi coniugale ripropone nuovi obiettivi, nuovi percorsi, nuove frontiere d’amore (…). (E’)
la relazione che deve essere messa in discussione e non il coniuge22! La fedeltà
coniugale è un dono tanto prezioso quanto fragile, che richiede una sorta di religiosa
vigilanza. Come fa un bravo consacrato sulla propria verginità, così dovrebbero vigilare gli
sposi sul proprio cuore: operando buona guardia dei pensieri23, degli affetti e dei progetti
che pernottano nell’animo e facendo della propria sessualità (fisica, affettiva e mentale) un
dono per l’altro veramente esclusivo (…). La fedeltà è una virtù da salvaguardare con tanta
tenerezza (…) quando è minacciata dall’interno (sentimenti disordinati) o dall’esterno
(tentazioni adulterine24). Il comportamento infedele dei genitori produce nei bambini
un’ansia latente non sempre identificabile25(.) I coniugi sono tenuti, dunque, a essere
reciprocamente fedeli anche nei confronti dei figli. Ma la fedeltà prima ancora di essere un
dovere è un dono (di Dio al credente)26!
SETTIMO PRINCIPIO (pag. 70 parte). Ogni bambino ha diritto di avere
genitori capaci di amore fedele.
CONFRONTO DI COPPIA (pag. 71-72 parte).
a) Cosa fai per renderti più “vicino” mentalmente e materialmente a tua/o
moglie/marito? Fai degli esempi.
b) Quando senti minacciata la tua fedeltà coniugale, come combatti la tua
battaglia per mantenere salda la tua promessa di matrimonio? A quale
aiuto ricorri con più sollecitudine: la preghiera; la condivisione in coppia;
il dialogo con un amico fidato; il confessore; la scaramanzi?
c) Sei disposto ad amare tua moglie/marito anche quando i sentimenti
sembrano raffreddati?
d) Cosa aiuta il tuo amore sponsale a crescere ogni giornodi più e cosa
invece lo minaccia?
e) Quando preghi, sei abituato a chiedere il dono della fedeltà?
22
In ogni storia d’amore c’è sempre bisogno di rifare il punto della situazione, per focalizzare e chiarire le motivazioni
dell’essere insieme e per poter interagire nell’amore. Molto spesso le liti che esplodono tra le mura domestiche sono
alimentate da antiche ferite infantili di cui nemmeno si immagina l’esistenza. Un esempio molto comune è quello della
collera quando esplode improvvisa e violenta per un fatto apparentemente irrilevante, legato magari a una cosa
banalissima, detta dal coniuge o commessa da un figlio. L’episodio scatenante è, di per sé, assolutamente marginale e
non così gravoso, ma viene percepito dalla persona “arrabbiata” come intollerabile e perciò frustrante. (L)e reazioni
esagerate possono nascondere uno o più conflitti non risolti le cui cause risiedono nel passato. Coglierne le implicanze
affettive lontane e vicine e cercare di capire con più chiarezza perché reagiamo in un modo anziché in un altro è
indispensabile per poterci rapportare agli altri in maniera più adeguata. Ci vuole sempre molto tempo per riuscire ad
armonizzare le differenze e tanta pazienza per accogliere le fasi di crescita individuali (…). Più di ogni altra cosa è
necessario un perdono reciproco permanente e totale. Quanto più abbiamo sognato il rapporto ideale, sia con il
partner che con i figli, tanto più dovremo fare i conti con la realtà: con il mistero dell’altro e di noi stessi dei quali, tutto
sommato, conosciamo ben poco.
23
Mia nota confermativa: nel Vangelo Gesù ci ammonisce che basta desiderare una donna col pensiero per commettere
adulterio con lei nel proprio cuore. Il verbo desiderare implica che si può essere adulteri anche verso il proprio coniuge.
24
(. E’) bene rafforzare ogni tipo di difesa, cercando aiuto soprattutto nella preghiera, nella condivisione di coppia e nel
sacramento della Riconciliazione (…). Mia nota integrativa: Raimondo ha sempre raccomandato dall’adolescenza in su
nei rapporti tra maschio e femmina, specie tra fidanzati e sposi, di frequentarsi e, fatta salva la riservatezza di certe
conversazioni, a quattr’occhi per intenderci, a debita distanza quindi ma restando comunque sotto gli occhi della
compagnia o almeno di un amico/a affidabile, leale e attento intendo. Si sa, “Lo spirito è forte ma la carne è debole”. Le
conversazioni sull’auto in coppia appartata non sono sicure neanche sotto i lampioni!
25
(S)olo in alcuni casi si rende manifesta attraverso i tic nervosi, l’enuresi (incontinenza notturna) o nella tante paure
che essi manifestano.
26
Senza questa fedeltà che scende dall’alto non c’è garanzia di amore fedele nel matrimonio! Il Cristo salvatore è
sempre fedele, anche quando noi siamo infedeli, ha il potere di concedere a tutti, ma specialmente ai coniugi che lo
chiedono, lo stesso amore che ha avuto lui, per noi, “fino alla fine”.
3°.step. M.R.Castellani.’Il.diritto.del.bambino.alla.tenerezza’, E.D.B., 2007, Pag. 7 di 7
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